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STUDI DI DIRITTO PRIVATO ITALIANO E STRANIERO

FONDATI DA MARIO ROTONDI STUDI DI DIRITTO PRIVATO ITALIANO E STRANIERO


DIRETTI DA GIULIO LEVI
VOL. XXXI
FONDATI DA MARIO ROTONDI
NUOVA SERIE DIRETTI DA GIULIO LEVI
NUOVA SERIE VOL. XXXI

GIULIO LEVI

L'ABUSO
DEL DIRITTO

MILANO D O T T. A. G l U F F R È EDIT OR E - l 993


ISBN 88-14-04282-9

F~ G- . INDICE SOMMARIO

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-- PREMESSA .. o • '"0 • o • o •••••• o •• o ••••• o ••••• o •••••••• o •• o • o •••• o •• o • IX

CAPITOLO I
LE ORIGINI DELL'ABUSO DEL DIRITTO

1. Le origini dell'abuso del diritto e sua evoluzione storica ..... o • o •• o • 1


2. La giurisprudenza francese, il legislatore .svizzero e la codificazione te-
desdl: raffronto comparatistico o • o ••• o • o •••• o o o • o o • o ••••••••• o • 4
3. Buona fede e abuso del diritto nella normativa tedesca ... o • o •• o • • • • 6

CAPITOLO II
I « LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO

-L'abuso del diritto e il principio di buona fede in relazione alle nuove


tecniche circa il formalismo giuridico o •••• o • o •••• o •• o • o • o •••• o •• 9
TUTTE LE COPIE DEVONO RECARE IL CONTRASSEGNO DELLA S.I.A.E. Codice civile, Code Napoléon e BGB: è proponibile un sistema di
« correttivi» quale quello dell' abuso del diritto? .. o •• o •• o • o • o •••• o 12
Exceptio doli: spunto per una verifica circa la sistematica dell' abuso
del diritto nella nostra legislazione . o • o •••• o • o • o •• o •••• o • o •• o • o • 14
L'abuso del diritto nella concorrenza sleale e riscontro dell'influenza
franco-tedesca nel progetto di unificazione del diritto delle obbligazio-
ni e nel progetto del codice civile del 1942. o • o •••••• o •• o • o o o •• o •• 16
Alcuni orientamenti giurisprudenziali' recenti in merito all'abuso del
diritto (l'abuso del diritto si identifica con l'uso abnorme del diritto?) o 18
L'abuso del diritto: diritti, libertà e comportamenti .. o ••••••• o ••••• 21
L'abuso del diritto, fenomeno sociale o categoria concettuale? 23

CAPITOLO III
ANALISI STORICO-COMPARATIVA DELL'ABUSO
© Copyright 1993 Dott. A. Giuffrè Editore, S.p.A. Milano
La traduzione, l'adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi, 'Abuso del diritto e atti di emulazione nel diritto romano ... o •• o • o • o 25
mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie), nonché la memorizzazione Presunzioni, aemulatio e abuso del diritto ... o •••••• o •••• o •• o • o ••• 26
elettronica, sono riservati per tutti i Paesi.
La proprietà e le servitù legali: l'abuso del diritto e le consuetudini
germaniche . o •• o •• o •••••••• o •••• o • o •• o • o •••• o o • o •• o • o •••• o • 28
Tipografia «MORI & C. S.p.A.» - 21100 VARESE - VIA F. GUICCIARDINI 66
VI INDICE SOMMARIO INDICE SOMMARIO VII

pago pago
14. La giurisprudenza francese: i primi casi in cui si presentò l'abuso' del 36. Buona fede e abuso del diritto nel contratto . 65
diritto . 29 37. L'abuso del diritto nella attività negoziale, non ex contractu, ma ex
15. L'influenza dell'« idea sociale del diritto» nella casistica sopra accennata lege . 66
31
16. L'abuso del diritto e l'art. 2043 cod. civ. ai fini di una possibile siste-
matica legislativa . 32 CAPITOLO VI
17. L'espressione legislativa « danno ingiusto », nell'ambito della limitazione L'ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCÌATIVA IN GENERALE
delle libertà private anche in riferimento agli altri codici (svizzero e au-
striaco) . 33
38. L'abuso del diritto nella impresa in generale . 69
18. L'abuso del diritto nell'ordinamento liberale del XIX secolo: le figure di Recésso ex artt. 2118-2119 cod. civ. e suoi riflessi sull'abuso del di-
39.
abuso del diritto nei più svariati campi e la scomparsa della teoria teleolo- ritto ' . 70
gica sull' abuso del diritto . 35 40. , Limiti alla libertà di recesso ex art. 2118 cod. civ. ed abuso . 72
19. Conclusioni a seguito dell'indagine storico-comparatistica sull'abuso del 41. Il recesso secondo la nuova normativa (L. n. 108 del 1990) . 73
diritto-aemulatio . 36 42. I motivi e la giusta causa del recesso . 75
43. Il recesso del socio . 76
44. L'esclusione del socio ' . 77
45. Le delibere"assembleari e l'abuso . 77
CAPITOLO IV 46. Deliberazioni.cvalide e deliberazioni inesistenti . 79
PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISTICI 47. Conflitto di interessi: danno della società e danno delle minoranze .. 81
DELL'ISTITUTO DELL'ABUSO 48. L'interesse leso . 82
49. Il dettato dell'art. 2373 cod. civ. come norma che esprime un princi-
pio generale . 82
20. L'art. 833 cod. civ.: esegesi e casistica ai fini della ricerca dell'abuso del 50. 'Abuso ed eccesso di potere nelle delibere assembleari . 84
diritto . 39 51. Le maggioranze assembleari, l'abuso di potere dei soci ed i suoi ri-
21. L'art. 833 cod. civ. e gli altri diritti reali (estensibilità del divieto) . 41 medi . 86
22. Natura degli atti emulativi . 42 52. Il controllo giudiziario sugli atti della società . 87
23. Gli atti emulativi nel condominio: il concetto di« utilità economica» . 44 53. Il contratto di società, la sua organizzazione e l'interesse sociale, co-
24. Gli artt. 833 e 2373 cod. civ.: delibere assembleari, conflitto di interessi e me interesse alla produttività dell'impresa . 89
atto emulativo . 46
25. Gli atti emulativi e la correttezza nelle trattative pre-contrattuali . 47
26. La buona fede nel rapporto obbligatorio e l'abuso del diritto . 49 CAPITOLO VII
27. Il diritto delle obbligazioni: la buona fede e la « fedeltà al contratto» .,. 50 L'ABUSO E LA CONCORRENZA
28. L'interpretazione della legge ex art. 12, 2° comma preleggi e art. 1337
cod. civ . 52 54. " L'abuso nella concorrenza: cenni storici di giurisprudenza e dottrina. 95
29. I principi generali del diritto e la sistematica legislativa a partire dalla atti- 55. /Limiti contrattuali e legali alla concorrenza . 96
vità negoziale : . 53 56. La concorrenza sleale: le fonti normative in relazione alla azienda . 98
57. La concorrenza: limiti costituzionali : . 100
58. La concorrenza: limiti costituzionali e utilità sociale . 102
59. L'utilità sociale: l'iniziativa economica e il dettato costituzionale . 103
CAPITOLO V 60. Gli artt. 2595 e segg. cod. civ.: considerazioni in ordine ai limiti di
L'ABUSO DEL DIRITTO NELLA ATTIVITÀ NEGOZIALE , tale normativa . 105
61. La normativa comunitaria e l'abuso . 106
30. I vizi del volere: l'incapacità di agire e la rappresentanza . 55 62. Patti restrittivi della concorrenza . 107
31. L'abuso di mandato ,. . 63. L'art. 86 C.E.E., la normativa antitrust italiana (L. 10 ottobre 1990,
56
n. 287) e l'abuso di posizione dominante . 109
32. L'abuso del diritto nella rescissione " . 59 64.' La .normativa C.E.E. in materia di concentrazione di imprese . 110
33. L'art. 1448 cod. civ. e l'art. 644 cod. pen . 60 65. L'abuso di posizione dominante nei fenomeni di gruppo . 111
34. Il codice germanico e l'abuso nel caso di rescissione del contratto: rescis- 66. L'abuso di posizione dominante è effettivamente « abuso di diritto »? 112
sione o annullamento? . 62 67. Le imprese editoriali: concentrazioni, abusi (la legge sulla editoria:
35. La riduzione ad equità e l'abuso del diritto . 63 art. 4 L. n. 416 e art. 15 L. n. 223 del 1990) .. 114
vm INDICE SOMMARIO

pago
68. Il patto di non concorrenza per il per~odo successivo alla creazione
del rapporto di lavoro (art. 2125 cod. CIV.) ••..•.•.••.•••.••••.•• 115

CAPITOLO VIII
L'« AREA» DELL'ABUSO PREMESSA

69. L'« area» dell' abuso: diritti soggettivi e diritti potestativi, abuso del
diritto ed eccesso di potere . 117
Conclusioni ' . 118 L Il tema che intendiamo svolgere deve essere preceduto da al-
70.
cune osservazioni di carattere generale, e cioè non necessariamente
giut:Jdiche, se si considera che dell'« abuso del diritto» si è parlato
come dell'« anticamet:a del diritto »: è 1'abuso del diritto un concet-
to morale, sociale, prima ancora che giuridico? Si è detto, infatti,
che non omne quod licet honestum est, dove, evidentemente, si rile-
va una divergenza tra ciò che è «gil,ltidicamente protetto» (quod
licet) e ciò che è solo onesto per la coscienza della coUettività e,
quindi, del singolo: è «morale» (honestum est), ma non è tutelato
dal diritto (1).
Non solo, dunque, una «divergenza» dovuta, in linea astrat-
ta, tra ciò che è leç;ito e ciò che è onesto, ma una «diveÌ::genza»
che si fa sempre più sentire in un regime di norme scritte rispetto
alla evoluzione della coscienza morale.
Proprio' per questo siamo lieti di rilevare che 1'abuso del dirit-
to è stato disciplinato in primo luogo, e a chiare lettere, soltanto
nell'« aemulatio », mentre, solo successivamente, tale concetto è sta-
t9 loca..li~:z.ato giuridicamente, sia in materia contrattuale sia in
quella extra7con.trattuale. Sembra, infatti, che il legislatore abbia
voluto toccare 1'argomento solo «in punta di piedi », quasi non
fosse di sua competenza. Del resto è stato detto - ed è compren-
sibile - che, là dove si scorge l'abuso del diritto, si rischia di sci-
volare sul terreno della « non certezza del diritto » (2).
Conseguente~ente, per la mancanza di norma scritta atta a
prevenire o. reprimere abusi, si rileva che siamo su un terreno ferti-
le di statuizioni giurisprudenziali, nel senso che la giurisprudenza

(1) Cfr. M. ROTONDI nella prefazione al suo L'abuso del diritto-aemulatio, Padova, 1979, p.
5, dove si dice espressamente: « non omne quod licet honestum est e la divergenza della valutazione
diventa tanto più facile nel ,processo del tempo, se si confronta, in un regime di norme scritte, la
lenta modifica di queste rispetto alla continua evolu;z.ion.e della coscienza morale l>.
(2) Cfr. U. SCIALOJA, Degli atti di emulazione nell'esercizio di diritti, in Foro it., 1978, I,
c. 481.

so
x PREMESSA PREMESSA XI

ha potuto adeguarsi alla mutata sensibilità senza essere m alcun fa parola di « abuso del diritto », il giudice è libero nel suo apprez-
modo vincolata dalla norma scritta. zamento, a differenza di altri, come si vedrà, dove, viceversa, si
Abbiamo già detto in altra sede (3) che il diritto è inteso nel pone espressamente il concetto di abuso del diritto (7). Da alcuni
suo naturale processo dinamico e nella risoluzione della attuazione ordinamenti, poi, può essere represso solo l'esercizio emulativo del
(sattisfattiva) di quell'interesse in ragione del quale è stata concessa diritto; in altri, l'esercizio che sacrifichi troppo gravemente l'inte-
la tutela giuridica e per questo si è affermata, in contrapposizione, resse altrui. In altri ordinamenti ancora, poiché il legislatore stabili-
la teoria dell'abuso del diritto, come limitazione della libertà indi- sce dei metodi di interpretazione nel çaso di lacune della norma, e
viduale e della maggiore tutela degli interessi collettivi. Presuppo- cioè con il rinvio alla analogia e ai principi generali del diritto, sus-
sto, dunque, di una categoria di atti di abuso del diritto, l'esisten- siste solo il ricorso alla equità in singole fattispecie. E, per finire,
za di quei principi di diritto prestabiliti in modo astratto e di l'applièazione della consuetudine e desuetudine può essere diversa-
« una repulsa d'ordine etico a rièonoscerne la necessaria e universa- mente riconosciuta nei vari ordinamenti (8).
le applicazione, di cui il giudice si rende interprete» (4).
Sarà appunto compito del giudice «interpretare» per rendere
dinamico il diritto (che non sarebbe tale, se fissato in una norma
scritta) e, quindi, adeguarlo al rapido mutamento dei costumi.
Se, da una parte, il non avere codificato in alcun modo l'abu-
so del diritto lascia libero l'interprete, dall'altra, non si può non ri-
scontrare in questa stessa formula una contraddizione in termini. Il
riferimento cioè all' abuso del diritto, cui il giudice devè mirare, è
pur sempre vago,perché, se il «diritto (soggettivo)>> vuoI dire
',"
« potere di azione », di esercitare questo diritto e, quindi, «libertà
di esercizio », questa libertà dall'« abuso del diritto» viene limita-
ta, ed una « libertà limitata» è stata considerata una contraddizio-
ne in termini, e, perciò, si è radicato un orientamento dottrinale
che considera assolutamente illogico il concetto dell' abuso del dirit-
to (5). Viceversa, noi riteniamo che l'abuso abbia sièùramente ra-
gion d'essere, perché è un limite alla norma, che deve adeguarsi al
cambiamento continuo della realtà sociale: la nascita dell'« abuso
del diritto », come abbiamo avuto già occasione di rilevare, corri-
sponde appunto al rapido mutamento della realtà sociale, allo stes-
so degradarsi del concetto di diritto soggettivo in interesse social-
mente ed economicamente apprezzabile (6).
Senza ripercorrere il ragionamento fatto a suo tempo sulla
«crisi del diritto soggettivo» osserviamo ~ considerando anche il (7) Cosl dice l'art. 2 del codice svizzero: « Ognuno è tenuto ad agire secondo la buona
tema a livello comparatistico - che, negli ordinamenti dove non si fede cosl nell'esercizio dei propri diritti come nell' adempimento dei propri obblighi. Il manife-
sto abuso del proprio diritto non è protetto dalla legge ».
(8) ,~fr. M. ROTONDI, L'abus de droit, in M. ROTONDI, Inchieste di diritto comparato,
(J) Cfr. G. LEVI, Responsabilità civile e responsabilità oggettiva, Milano, 1986, p. 77. 1979, p. XIV, dove si afferma che «il problema dell'adeguamento della norma precostituita
(4) Cfr. M. ROTONDI, op. cit., p. 6. non si limita ovviamente al diritto privato, ma si estende al diritto pubblico. Per limitarci al
(5) Cfr. lùPERT, Abus ou relativité des droits, in Rev. crit. de lègisl. et de ;urisprudence, diritto penale, certo è che, anche.escludendo l'abrogazione della norma penale per desuetudi-
1929, p. 300 sgg. • ne, si assiste al fatto di una più rara applicazione di certe norme e di una tendenza a mitigarne
(6) Cfr. G. LEVI, op. cit., p. 78. le sanzioni l>.
CAPITOLO I
LE ORIGINI DELL'ABUSO DEL DIRITTO

SOMMARIO: 1. Le origini dell' abuso del diritto e sua evoluzione storica. - 2. La giurispruden-
za francese, il legislatore svizzero e la codificazione tedesca: raffronto comparatistico.
- 3. Buona fede e abuso del diritto nella normativa tedesca.

1. Prima di approfondire il discorso là dove manca un espresso


divieto e, quindi, stabìlìre un rapporto tra paesi di common law e
quellì di civi! law, riteniamo di dover dare uno sguardo alle origini
dell'« istituto ».
Poiché 1'abuso del diritto non può non nascere dove si ha una
« collettività », se è vero che ubi societas, ibi ius, nello stesso modo si
può dire dell'abuso; dove c'è diritto non può non profilarsi un even-
tuale abuso del diritto: se l'individuo ha la libertà di esercitare la
propria attività per il conseguimento dei propri fini (sempreché sia
lecita naturalmente), tale libertà non può non essere limitata per per"
mettere anche agli altri individui, del cui raggruppamento sociale fa
parte, di godere della stessa libertà, secondo le esigenze della civile
convivenza (1).
Rotondi, che fu tra gli autori che maggiormente approfondirono
il tema (e di cui ai riferimenti in nota), giustamente pone in dubbio,
tuttavia, l'esattezza del concetto sopra espresso, poiché, in effetti, se
ogni individuo ha una sua sfera di libertà, anche nel caso di società
ogni individuo ha intorno a sè un limitato perimetro entro cui
« muoversi », che potrebbe combaciare esattamente con quello di al-
tro individuo, cosicché ogni penetrazione nella sfera giuridica altrui
non farebbe che qualificare illecito tale comportamento, e, quindi,
essere sanzionato dalla norma: o l'attività è lecita o è illecita. V~ce­
versa, l'esigenza di disciplinare l'abuso del diritto, anche' dove que-
sto abuso trovi una regolamentazione in una norma scritta, ha dimo-

(I) Ritorniamo cioè ai-tempi della Rivoluzione francese e precisamente ci riferiamo all'art.
4 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1791.
2 L'ABUSO DEL DIRITTO ORIGINI DELL'ABUSO DEL DIRITTO 3

strato che, in realtà, il confine tra le varie sfere individuali, non è nell'esercizio delle libertà sindacali, e sia nei paesi come gli D.S.A.,
così chiara, vi sono cioè le cosiddette «zone grige », l' hinterland dove non si può pensare ad un sistema organico ed uniforme di
che sta fra i due campi giuridici, come è stato detto esatta- norme, sia nei paesi continentali in Europa.
mente (2). Da una parte (U.S.A.), tuttavia, come è noto, vi è una sovrap-
Infatti il confine non può non essere labile, se si pensa che il posizione di una legislazione e di una giurisdizione federale a quel-
diritto non è un fenomeno statico, ma in continuo movimento, do- la dei singoli stafi, per cui, per esempio, non è facile prefigurare
ve l'abuso del diritto può essere campo di elezione della giurispru- una regolamentazione della concorrenza Su tutto il territorio della
denza. Anche là dove il legislatore ha tentato di porre dei confini Federazione, che però trova una uniformità nella giurisprudenza
(per cui si avrebbe solamente illiceità nel varcarli), essi, in realtà, americana; dall'alt,ra (Francia), per esempio, si ha una giurispruden-
non possono essere cristallizzati in una norma che debba tenere za che ha ricavato dal principio della responsabilità per illecito la
conto di tutte le situazioni che si possono presentare e, solo per dottrina della concurrence dèlo;al; dall'altra ancora (Germania), si
tornare al nostro ordinamento, se una normativa sull'abuso del di- ha la legge tedesca del 7 giugno 1969, che l:'iprende -la enunciazione
ritto si può intravvedere negli atti emulativi, tale normativa non degli. atti ritenuti di concorrenza sleale dalla pJ;ecedente legge 27
può non ricomprendere tutte le fattispecie che danno luogo a tali maggIo 1896 e dertunciaun principio generale con l~ condanna de-
atti, e sarà proprio la giurisprudenza a discernere i vari atti per 9.i,- gli atti contrari alla onestà- commerc.iale (5).
chiararne l'abuso del diritto. Quindi, si nota da una parte e dall'altra il ricorrere frequente-
Sulla questione degli atti emulativi nel diritto romano e nel mente, in materia, ai principi generali, con Jo svincolo del concetto
diritto intermedio ri,m,andiamo per il momento alla indagine appro- di concorrenza sleale dalle semplici ipotesi della « confusione» alla
fondita del Rotondi svolta nel suo lavoro già citato (3). Non inte- quale, pareva legato il secolo precedente.
ressa in questa sede conoscere l'origine degli atti erpulativi che so- E dunque col finire dell'800 - primi del 900, che si fa strada
no solo un «tassello» dell'abuso del diritto, come si è accennato, questa nllova tendenza, e non solo in materia cO!TImerciale, mentre
anche se l'abuso del diritto trova una codificazione nel nostro ordi- nel secolo scorso, l'abuso del diritto si ritrova in materia di pro-
namento solo negli atti emulativi. A noi ora interessa, invece, an- prietà. Ci si chiese se ogni forma di esercizio del diritto soggettivo
dare alle origini di quell'abuso del diritto che nasce in una società f?sse da. c.onsiderarsi legittima; se, viceversa, gli atti del proprieta-
che ha avuto una svolta sul piano economico alla metà circa del se- no postl In essere solo al fine di nuocere, non dovessero essere
colo scorso; che è cambiata con l'evoluzione del sistema capitalisti- considerati abusivi, anche se rientranti nel limite del diritto' se tali
co, dove il problema dell' abuso del diritto ha riguardo soprattutto atti non dovessero essere tutelati, ma, addirittura, sanzionati con la
ai rapporti economici, dove si parla di «esercizio delle libertà ~co­ dichiarazione di responsabilità del titolare del diritto (6). Ma questo
nomiche », cioè libertà, individuali e collettive, nei rapporti econo- ricorrere ai principi generali, come si è visto, è la conseguenza del-
mici (4). . l'assolutezza dei principi enunciati dopo la Rivoluzione francese
Tali origini dell'abuso del diritto si ritrovano appunto nei fe- Proprio la realizzazione dei principi di uguaglianza e liber~à si
nomeni dell'era moderna, vuoi nell'ambito della cOJ;lcorrenza, vuoi è avvertita in tema di proprietà e, quindi, è servita ad individuare
nell'ambito del sindacato, in particolare nel fenomeno dei trusts, gl~ «. abusi dei .proprietari ». Così il legislatore tedesco, pur non di-
sClphnando espressamente l'abuso del diritto come, al contrario, è
stato fatto dal legislatore svizzero, è stato influenzato dalla giuri-
(2) Cfr. M. ROTONDI,L'abuso del diritto-aemulatio, p. 20. sprudenza francese, ha accolto il principio dell'abuso del diritto,
(3) Cfr. M. ROTONDI,op. cit., da p. 36 a p. 94.
(4) Cfr. P. RESCIGNO, L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1965, I, p. 217, che afferma
che manifestazioni tipiche della economia capitalistica e di cui alla seconda metà del secolo (') Anche il legislatore italiano si è rifatto, all'art. 2598, n. 3 cod. civ., ai principi della
scorso si ritrovano per esempio nella concorrenza tra imprenditori commerciali, contrarie alle « correttezza professionale ».
regole della correttezza professionale, cosÌ come nel caso di monopolista che si rifiuti di con- (6) Cfr. L. JOSSERAND, De l'esprit des droits et de leur relativité. Théorie dite de l'abtts de
trattare. droit, Paris, 1939, p. 15 sgg., 365 sgg.
.,-,.

4 L'ABUSO DEL DIRITTO ORIGINI DELL' ABUSO DEL DIRITTO 5

collegandolo alla intenzione di nuocere (7) e soprattutto alla,norma in Se la metodologia svizzera in materia è a metà strada tra ghiri-
tema di buona fede (§ 242 BGB) (8). sprudenza e legislazione, un «intermedio », cioè, tra quello che è
avvenuto in Francia e quello che è successo in Germania, in que-
2. Dunque, anche il legislatore tedesco, come quello svizzero, st'ultimo paese si è arrivati sl ad una legislazione su influenza giuri-
ha regolamentato con due disposizioni (§ 226 e 826 BGB) l'abuso del sprudenziale francese, ma, successivamente, si è ragionato non solo
diritto, anzi lo ha represso (9). Questo, a differenza appunto del codi" stilla norma scritta, ma su una cosiddetta « prassi giudiziale» (13).
ce italiano, ma anche .francese, dove non si è mai avuto un riconosci- Dunque, anche in Germania si è corsi, nella codificazione del
mento dell' abuso del diritto in una norma scritta, dove tale abuso è 900, alla stesura della norma in materia di abuso del diritto, rite-
frutto di una prassi del Tribunale. Difatti, si parla solo di giurispru- nendo necessario mettere «nero su bianco» quasi che questo con-
denza francese al riguardo, e, addirittura, a partire dal XIX seco- cetto, altrimenti, potesse « volatilizzarsi » ç, viceversa, poi, si è no-
lo (10). La base dunque normativa viene offerta dal codice tedesco. tato che proprio la natura dell' abuso del diritto tollera male la nor-
Agli inizi del secolo il legislatore tedesco andava di pari passo alla giu- ma scritta. Ci si è chiesti, perciò, se non abbia fatto bene la Fran-
risprudenza francese. In Germania si sentiva l'esigenza di codificare cia a tenere l'abuso del diritto nell' alveo della giurisprudenza, anzi-
l'abuso del diritto, mentre in Francia « l'abuso del diritto» si ritrova ché dargli un riconoscimento nel diritto positivo (14). La giurispru-
nella giurisprudenza già del secolo scorso ed in particolare in tema di denza francese ha osservato che l'abuso del diritto assurge a princi-
proprietà. Difatti, come si è detto, quest'ultima risentì particolarmen- pio generale dell' ordinamento giuridico e, quindi, è assurdo che
te della assolutezza dei principi enunciati a seguito della Rivoluzione venga disciplinato dalla norma: principio generale, che, in tal modo,
francese. Proprio la proclamazione dei diritti e la garanzia delle liber- viene sfruttatà dalla giurisprudenza, la quale, creando il « preceden-
tà diedero luogo ad un uso indiscriminato di questi diritti: di qui la te », diviene a sua volta fonte di diritto (15).
nascita dell' abuso del diritto specie nell' ambito del diritto soggettivo. Tornando, dunque, alla Germania, dove, come si è detto, si è
Questo concetto sensibilizzò i legislatori degli altri paesi, tra cui ap- voluto disciplinare con una norma scritta l'abuso del diritto, in
punto quello svizzero e quello tedesco. realtà anche in questo paese ha giocato un ruolo particolarmente
Se la disposizione adottata, come si è visto, dal legislatore sviz- importante la prassi giudiziale.
zero, si riporta ad un « abuso manifesto » che lascia poi campo al giu- È stato detto bene che la norma si sarebbe rivelata per null'al-
dice di decidere in merito (11), non cos1 nella legislazione tedesca, do- tra che « una disposizione nata morta » (16).
ve si è sentita l'esigenza di formulare l'abuso del diritto con il § 226 La giurisprudenza a cavallo tra il XIX e il XX secolo ha fatto
BGB sopracitato, a cui è stata preferita sia in dottrina sia in giuri- riferimento agli atti emulativi; anzi, talora, ha negato la sussistenza
sprudenza la norma in tema di buona fede e di cui al § 242 BGB (12). del principio del divieto degli atti emulativi (17). Forse la norma
scritta, proprio perché tale, lasciava poco spazio alla applicazione
(7) Il § 226 del BGB stabilisce: « L'esercizio del diritto è inammissibile se può avere sol-
tanto lo scopo di provocare danni ad altri >l.
(8) Cfr. F. RANIERI, Norma scritta e prassi giurisprudenziale nell'evoluzione della dottrina (13) Cfr. F. RANIERI, op. cit., p. 1216.
tedesca del Rechtsmussbrauch, in Riv. trim. dir. e proc., 1972, p. 1216. (14) Dopo varie ricerche in merito alla formula definitiva da darsi all'abus de droit, nel-
(9) Recita esattamente il § 226: «die Ausiibung eines Rechtes ist unzuliissig, wenn sie nur la sentenza della Chambre des réquetes del 26. 12. 1893, in Dalloz period., 1895, 1, p. 531,
den Zweck haben kann, einem anderen Schaden zuzufugen >l. nota 3) è detto: « ... s'il est de principe que l'usage d'une faculté légale ne saurait constituer une
(lO) Cfr. La funzione della giurisprudenza nella vita giuridica francese, in Rev. interno fr. dir., faute, ni motiver par suite une condamnation, il en est autrement lorsque l'usage d'une telle
1923, p. 4. faculté dégénére en abus... >l.
(11) Cfr. P. TERCIER, L'abus de droit, in Droit privé suisse, in M. ROTONDI, L'abus de droit, (15) I giudici francesi hanno cosl potuto ispirarsi a ragioni di convenienza ed equità,
Padova, 1979, p. 443, dove si fa riferimento all'art. 1 del codice svizzero che attribuisce ampi caso per caso (cfr. ARMIJUJON-VOLDÈ, WOLFF, Traité de droit comparé, I, Paris, 1959,
poteri al giudice, dandogli la possibilità di decidere nei casi non previsti dalla legge e in man- p. 216).
canza di consuetudine, « secondo la regola che egli adotterebbe come legislatore >l. (16) Cfr. F. RANIERI, op. cit., p. 1220.
(12) Cfr. A. LARENZ, Methoderleher der Rechtswissenshaft, Berlin-Heidelberg-New York, (17) Cfr. Oberlandesgericht, Celle, 7.11.1867, in Seuffert's Archiv. 21 (1868), n. 192,
1979, p. 220 sgg. p. 324.

L G. LEVI
6 L'ABUSO DEL DIRITTO ORIGINI DELL'ABUSO DEL DIRITTO 7

del « principio» dell' abuso del diritto, in casi che non fossero stret- La riprova della «ristrettezza» della norma di cui al § 226
tamente riconducibili agli atti emulativi. BGB, che si rifà alla aemulatio, è data dal fatto che essa non viene
Più facilmente la giurisprudenza ha fatto riferimento al princi- applicata, anzi, come è stato giustamente detto, essa si è rivelata in
pio della buona fede di cui al § 242 BG;B per reprimere il comporta- realtà come una disposizione « nata morta » (22). I t,tibunali tedeschi,
mento abusivo (18). cioè, non riusciron() ad applicare la suddetta norma se non in casi
particolari (23).
3. Vediamo, dunque, come l'aver voluto codificare l'abuso del Nell' allargare, dunque, !'indagine nell'ambito tedesco a cavallo
diritto, secondo quanto rileviamo nella legislazione tedesca, abbia tra il XIX e il .XX secolo, osserviamo che vi è tensione ad uscire dal-
portato a «legiferare », là dove, viceversa, siamo nell'ambito dei lo ius strictum del~ BGB per andare « per principi» come quello, ap-
principi generali. punto, di buona fede, che trova la sua ispirazione non solo nel §242,
Già nei lavori preparatori della codificazione germanica ci si era ma anche a proposito della applicazione del § 826 dove venivano co-
attestati su una previsione normativa riguardo ai limiti morali dell'e- dificate le figure dell' actio ed exceptio doli sulla tradizione del diritto
sercizio del diritto. In realtà la norma venne trasformata in principio romano comune.
generale, quello appunto di cui al § 226 BGB. La stessa dottrina te- Interessante osservare che nella evoluzione del sistema capitali-
desca fu molto critica riguardo a tale previsione normativa, anch~ s~ stico, ed, anzi, in una società industriale, 1'« idea », di cui ai §§ 242
in via generale (19). Si osservò, infatti, che non si poteva disciplinare e 826, si ritrova nell'ambito della concorrenza ai fini della repressio-
l'abuso del diritto con una norma che vietasse l'aemulatio o preve- ne dei mezzi sleali, tant'è vero che il § 826 viene collegato al § 1
desse il divieto di un comportamento abusivo nell'esercizio di un di- della legge sulla concorrenza sleale del 1969 (24).
ritto reale. Non potendo dunque a norma di çui al § 2.26 BGB con- Proprio da un esame della dottrina e' giurisprudenza tedesche si
tenere i vari casi di abuso del diritto che si presentavano nella prati- osserva che nessuna rilevanza ha avuto la disciplina dettata dal BGB
ca, si è ricorsi, per sanzionarlo, al § 242 BGB che considera inam- in ordine all'apuso del diritto, che esso in realtà è stato disciplinato
missibile o « abusivo» anche l'esercizio di un diritto che non abbia da una sorta di «prassi », che ha tenuto conto della evoluzione dei
come unico scopo quello di arr~care danno ad altri, come appunto costumi, che dalla violazione dei boni mores è passata al principio di
quello del § 226. buona fede, che in un certo senso ha assorbito quanto codificato sia
Il §242 BGB si rifà al tema della buona. fede e in riferimento al § 226 sia al § 826, con riferimento, viceversa, al § 242 (principio
quindi a tale norma si può enucleare il ptipdpio dell'abuso del dirit- di buona fede e principio di equità, che, storicamente, si sono iden-
to che, secondo l'ordinamento tedesco, costituisce Utl effkac e stru- tificati).
mento di controllo dell'esercizio di diritto e di bilanciamento dei Assistiamo, infatti, a conferma di questo, nell' ambito della prassi
contrapposti interessi (20). Si parla al riguardo di sopravvivenza della tedesca, a decisioni di un giudice legislatore, che dovrebbe rifarsi ad un
cosiddetta exceptio doli e ci si riferisce non solo ai rapporti obbliga-
tori, malgrado il riferimento fatto dal § 242 (21).
contra factum proprium: il titolare non può esercitare il diritto quando ciò risulta in contrasto
con. un comportamento - sia pure lecito - tenuto in precedenza; b) Verwirkung: il titolare
(18) Cfr. NORMANN, in Soergel-Silbert. Kommentar zum BGB, Stuttgart, 1967, § 226. che non esercita il diritto o non reagisce alla sua violazione commette un abuso facendolo vale'
(19) Cfr. BLUMMER, Die Lehere des bOswilligen Rechtmissbrauchs, Leipzig, 1891; PLANlC, re dopo aver determinato con il suo comportamento un affidamento degno di tutela nella con-
Kommentar zum BGB, Berlin, 1913, sub § 226. troparte, e pertanto decade dal diritto; c) ricorrendo determinate circostanze è abusivo il
(20) Cfr. K. LARENZ, Methodenlehere der Rechstwissensha/t, Berlin-Heidelberg-New York, richiamo a vizi di forma.
1979, p. 411. (22) Cfr. F. RANI~I, op. cit., p. 1220.
(21) Cfr. G. CATTANEO, Buona fede obiettiva e abuso del diritto, in Riv. frim. dir. proc. (23) Reichsgericht 3.12.1909, in Entscheidungen des Reichsgerichts, in Zivilsachen, 72, p.
civ., 1971, p. 613; cfr. anche W. 5mBERT, Verwirkung und Unziilassigkeit der Rechtsausiibung, 251 e sgg. o Reichsgericht 27. 6. 1919, in Reichsgericht in Zivilsachen, 96, p. 184.
Marburg, 1934, p. 68 sgg., dove si afferma in realtà che la giurisprudenza tedesca ha specifica- (24) Dice il § 1 della legge contro la concorrenza sleale: « W er im geschaftlichen Verkehre
to la figura dell' exceptio doli generalis n.el diritto comune in sottogruppi e cioè: a) esercizio di zu Zwecken des Wettbewerbes Handlungen vomimmt, die gegen die guten Sitten verstossen, kann
una situazione giuridica formalmente garantita ma contrastante con gli usi del traffico; venire auf Unterlassung und Schandensersatz in Anspruch genommen werden i>.
l
8 L'ABUSO DEL DIRITTO

« diritto giusto », ad una « valutazione imparziale dei diritti contrap-


posti» (25).
Se è vero che la buona fede ha ritrovato il suo fondamento nel cor-
pus iuris, dove appunto la bona fides venne a confondersi con l'equitas,
una volta scomparso il processo formulare (26), la tendenza a giudicare
secondo buona fede si sviluppò soprattutto con l'intensificarsi dei traf- CAPITOLO II
fici internazionali, dove l'applicazione troppo formalistica delle fonti o I « LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO
della norma codificata fossilizzano, anziché vitalizzare, lo sviluppo in- "-.
dustriale della società capitalistica del '900 (27).
Proprio nella giurisprudenza tedesca, anche anteriore al '900, si SOMMARIO: 4. L'abuso del diritto e il principio di buona fede in relazione alle nuove tecniche
nota come la teoria della aemulatio abbia avuto scarsa applicazione. circa il formalismo giuridico. - 5. Codice civile, Code Napoléon, e BGB.: è proponibile
Addirittura in alcune sentenze si nega la sussistenza del principio del un sistema di « correttivi» quale quello dell' abuso del diritto? - 6. Exceptio doli: spun-
to per una verifica circa la sistematica dell'abuso del diritto nella nostra legislazione. _
divieto degli atti emulativi (28). Se qualche volta si faceva valere il sud"
7. L'abuso del diritto nella concorrenza sleale e riscontro dell'influenza franco-tedesca
detto principio, lo si faceva soprattutto a livello di obiter dictum (29). nel progetto di unificazione del diritto delle obbligazioni e nel progetto del codice civile
Dunque, se la tendenza a giudicare secondo buona fede era già del 1942. - 8. Alcuni orientamenti giurisprudenziali recenti in merito all'abuso del di-
ritto (l'abuso del diritto si identifica con l'uso abnorme del diritto?). - 9. L'abuso del
presente anche all'entrata in vigore del § 226 BGB (come si è detto, diritto: diritti, libertà e comportamenti. - lO. L'abuso del diritto: fenomeno sociale o
« disposizione nata morta »), a maggior ragione tale tendenza si svilup- categoria concettuale?
pò con l'intensificarsi dei traffici, a giudicare, cioè, secondo i principi
di correttezza e buona fede, anche per porre un limite ad attività diver- 4. Riteniamo a questo punto sia opportuno accennare al for- .
se dall' esercizio del diritto di credito, come, per esempio, in materia di malismo del codice civile, prima di entrare pienamente in argomen-
concorrenza sleale, responsabilità civile, scioperi ecc. Tuttavia in Ger- to, vedere « a monte» in che modo si possa creare una legislazione
mania non si è voluto, proprio per la formazione formalistica dei giuri- « per principi », in che modo cioè si possa, per spiegare un certo fe-
sti dell'epoca (800/900), dare una interpretazione estensiva alla norma nomeno, appunto quello dell'abuso del diritto, rifarsi ai principi ge-
di cui al § 226, né, d'altra parte, si è voluto facilmente imboccare la nerali dell'ordinamento giuridico.
strada segnata dal principio della buona fede di cui al § 242 BGB: alla Qualcuno si è domandato in effetti se la stessa normativa costi-
fine si è giunti, ma con una certa riluttanza (30). tuzionale soddisfi l'esigenza di coloro che sostengono 1'abuso del di-
ritto (anche se non codificato), se cioè essa dia delle direttive, come
per esempio quella di « solidarietà », a cui i predetti sostenitori pos-
sono più facilmente avvicinarsi a questo scopo.
E allora un breve excursus storico si impone, al fine di esamina-
(25) Cfr. Treu und Glauben, in Rechte der Schuldwerhaltnisse des BGB, Miinchen, 1902,
p. 107.
re fino a che punto il nostro legislatore sia stato informato da una
(26) Cfr. P!uNGSHEIM, Aeqùitas und bona fides, in Gesammelte Abhandlungen, I, Heidel- certa scuola « concettualistica », o meglio « formalistica ». Si è detto
berg, p. 154 sgg. che il nostro codice civile è nato in una epoca in cui preponderante
(27) Cfr. M. WEBER, Economia e diritto (sociologia giuridica) , in Economia e società, tra-
duz. it., II, Milano, 1961, p. 191, dove si parla esattamente di «onestà mercantile» necessaria
era il rigore formalistico (1). E proprio tale formalismo stride con il
per favorire lo sviluppo degli affari. rapido mutare, come si è detto, dei costumi, al punto che si è parla-
(28) Cfr. Oberlandesgericht, Celle 7.11.1867, in Seuffert's Archiv., 21 (1868), n. 192, to di «relatività dei concetti giuridici », quelli in particolare posti
p. 324; Oberappellationsgericht, Darmstadt, 24.8.1875, ivi, 31 (1876), n. 118, p. 152.
(29) Cfr. Obertribunal, Stuttgart, 1.12.1874, in Seuffert's Archiv, 32 (1877), n. 204,
dalle norme del codice civile, al contrario di quelli che trovano una
p. 258-259; Oberappellationsgericht, Jena, 29.11.1878, ivi, 35 (1880), n. 273, p. 395.
(30) Cfr. NORMANN, in Soergel-Siebert. Kommentar zum BGB, Stuttgart, 1967, sub § (l) Cfr. RODOTÀ, Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, in Riv. dir. comm, 1967,
226; HEFERMEHEr., in Herman. Kommentar zum BGB, Miinster, 1967, sub § 226. 1,83.
10 L'ABUSO DEL DIRITTO I «LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO 11

protezione nella n()rmativa costituzionale. Di qui appunto il fenome- modo il giurista potrà essere maggiormente attento ai vari aspetti
no della « solidarietà» di cui all'art. 2 Cost., che ci riguarda da vici- della realtà sociale, ossia al rapido mutare dei costumi, della «co-
no. Questo conferma quanto si è detto a suo tempo in materia di re- scienza sociale» o « morale sociale'» (8).
sponsabilità civile e oggettiva, dove si affermava: «se è vero che il Si assiste, infatti, nei primi anni del dopoguerra ad una « rivolta
comportamento del singolo e, quindi, la sua responsabilità si ricolle- contro il formalismo », come con una espressione felièe ebbe a dire il
ga ad attività e non ad atti, è altrettanto vero che il principio della BOBBIO (9); rivolta, che, noi diciamo, è anche contro lo «statuali-
solidarietà deve operare oltre l'ambito segnato dalle disposizioni par- smo », secondo il, quale il diritto appare unicamente una manifesta-
ticolari » (2). zione della volontà~ dello Stato (10).
Si è detto pure giustamente che, per poter far fronte alla sud- Il- diritto, in conclusione, per poter rispondere alle esigenze del-
detta dinamicità, in cui vive l'operatore del diritto, si devono abban- la società (ubi societas, ibi ius) deve essere inteso come un insieme di
donare i tradizionali procedimenti dogmatici per far posto ai principi norme « effettivamente applicate in una determinata società» (11).
costituzionali; si dovrà andare ben oltre alla normativa «particola- Intendiamo con questo un diritto che abbia un profilo c~ntenu­
re » del codice civile. Si tende cioè ad abbandonare le polemiche fra tistico, liberato cioè dalle pastoie del formalismo che travisa la realtà
« formalismo giuridico» e « formalismo legislativo », per poter risol- sociale.
vere i problemi posti da fep.omeni concreti: ed ecco la sempre ~ag­ Tornando, dunque, al discorso sulla legislazione « per principi »,
giore esigenza di ricollegare il «diritto» al «fatto» (3), «fuori da che riteniamo possa illuminare iI tema che ci siamo proposti sull'abu-
ogni astratta concettualizzazione e fuori dalle strettoie di ogni angu- so del diritto, osserviamo che un limite alla elasticità in cui gli ope-
sto « codicismo » » (4). Adeguare, cioè, il diritto alla realtà (5). l?ari- ratori del diritto (i giudici in particolare) avrebbero possibilità di
menti è stata, dunque, rivalutata l'opera del giudice, avente funzio- muoversi, è data dal fatto che il nostro codice civile, che riprende
ne, quindi, creativa, più adatta ad adeguare gli schemi giuridici esi- per molti versi quello napoleonico, è il codice delle libertà indivi-
stenti alle nuove esigenze. duali: la codificazione cioè ha posto, almeno secondo alcuni, un fre-
Il «codicismo », in una prospettiva a lungo term.ine, sembra no alla creazione di certe ideologie politiche, eversive degli ideali di
dunque avere esaurito la propria funzione, tant'è che si è proposto libertà (12).
un apparato più elastico per permettere al giudice di aggiornare e Vi è però da ribattere, come è stato fatto da più parti, che,
completare il « sistema »: allargare cioè le « maglie» del diritt,? per il piuttosto che al codicismo, sarebbe opportuno rifarsi alla Begriffjurì-
lasciar spazio all'operatore, e precisamente al giudicante (6). E per sprudenz secondo le categorie concettuali appunto elaborate dalla giu-
I
questo che si parla ora di giurisprudenza come fonte del diritto. risprudenza.
Ecco che in quest' ottica la funzione del giurista è più libera dal Tuttavia, proprio la legge scritta ci dà la « certezza del diritto »,
dettato normativo. Il diritto, di conseguenza, non devç essere inteso che rappresenta essa stessa un principio generale di giustizia. Ma
come « sistema » di regole di condotta o come « sistema» di norme questo si scontra con iI rapido mutare della realtà, come si è visto. È
imperative, ma deve esprimere un « sistema di valori» (7). In questo certezza del diritto, anche e soprattutto, quella che coglie fino in
fondo questa mutevole realtà. Di qui la contrapposizione tra diritto
(2) Cfr. G. LEVI, op. cito , p. 49. naturale e diritto positivo, dove il primo ha la funzione di seguire
(3) Cfr. G.B. FERRI, Anti/ormalismo, democrazia, codice civile, in Riv. dir. comm., 1968,
I 347.
, (4) Cfr. CARNELLUTTI, Bilancio del positivismo giuridico, in Discorsi intorno al diritto,
Padova, 1953, II, p. 255. (8) Cfr. G.B. FERRI, op. cit., p. 354.
(5) Proprio, M. ROTONDI avvertiva questa esigenza già trent'anni fa, quando ancora (9) Cfr. BOBBIO, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, 1965, p. 96.
dominava il concettualismo e la dogmatica, creando la Raccolta sistematica di giurisprudenza (lO) CESARlNI SFORZA, Guida allo studio della filosofia del diritto, Roma s.d., 4" ed.,
commentata. p. 143.
(6) Cfr. GENY, Méthode et sources en droit positi/, Paris, 1919, I, p. 91 sgg. (11) Cfr. BOBBIO, op. cit., p. 357.
(7) Cfr. KELSEN, Dottrina pura del diritto, Torino, 1956, p. 29. (12) Cfr. NICOLÒ, Codice civile, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1960, VII, p. 248.
'Ir

12 L'ABUSO DEL DIRITTO 1« UMITI » DELL'ABUSO DEL DIRITTO 13

l'evolversi della società, sino ad incontrarsi con il diritto positivo al figlio della Rivoluzione francese e in questo clima esso deve essere
fine di stabilire la cosiddetta « norma di comportamento ». Il « fat- esaminato. E allora in che senso si deve incidere con dei correttivi,
to » e il « diritto» devono andare di pari passo, proprio al fine della quali quello dell'abuso del diritto, di cui si sente sempre più l'esigen-
certezza del diritto di cui si è detto: il dir.itto deve essere espressione za nell'era moderna, nell'età industriale, nell'epoca cioè in cui i gio-
della realtà sociale ed il diritto positivo è diritto in quanto si adegui chi di mercato si fanno sempre più serrati?
alla realtà sociale. Proprio l'interesse storico, e precisamente la relazione che vi è
In una prospettiva di riforma della legislazione civile, si ha la tra codificazione ed organizzazione delle forme giuridic:he del merca-
tendenza, quindi, alla creazione di un sistema « elastico », ad un si- to, ci dà la misura del problema.
stem~ di principi generali, dove la fun~ione del giudice - ripetiamo- Si è detto, però, che, laddove, come nel caso del BGB, l'impero
lo - non è solo quella di giudicare, ma di creare diritto (giudice"le- ha dato la sua impronta (la direzione politica non era affidata alla
gislatore) (13). borghesia), vi è stato bisogno di organizzare un mercato.
Si è detto ancora che nei paesi di Common Law (Stati Uniti e
5. Ci limitiamo, al fine del presente studio e in questo excur- Inghilterra) dove la rivoluzione inçlustriale è stata maggiormente in-
sus storico, a dare un panorama e, quindi, a contrapporre i maggiori tensa, non è stata sentita l'esigenza di « codificare », e allora viene
« sistemi », che sono appunto a tutt'oggi quello napoleonico (Code spontaneo chiedersi se sia necessario un codice al fine di organizzare
Napoléon) e quello tedesco (BGB), per capire maggiormente quale un mercato.
fosse il terreno, da un punto di vista di formulazioni tecniche, su cui È stata in realtà, dunque, la giurisprudenza anche in Francia e
si apprestava a nascere l'abuso del diritto, nei suoi risvolti moderni in Germania a creare quel correttivo di cui si è detto, ed il principio
in una epoca, cioè, industriale, quale quella dei primi del '900. dell'abuso del diritto, se è uno strumento di controllo dell'esercizio
Si parla, infatti, di Code Napoléon e BGB, come di codici mo- del diritto soggettivo e, quindi, di bilanciamento di contrapposti in-
derni, codici che fecero da sfondo anche al progetto di codice italo- teressi, ha un' area di applicazione più ristretta di quella del principio
francese delle obbligazioni e del codice civile del 1942. di buona fede e di cui alla giurisprudenza tedesca, come si vedrà.
Come qualcuno ha detto, questi codici « moderni» non possono Vi è una tendenza, anche secondo la dottrina italiana, a genera-
non essere studiati nel loro contesto storico, perché è appurato che lizzare il principio dell' abuso del diritto, sino a ricomprenderlo in
la nascita di un codice è « il frutto della coincidenza tra la volontà quello di buona fede: cioè proprio l'exceptio doli generalis rivela che
politica di un legislatore sufficientemente sicuro della validità non un principio di car'attere generale domina la materia e questo, tra
transeunte delle proprie idee e le capacità architettoniche di una cul- l'altro, conferma il discorso çli coloro che dicono che in realtà non
tura giuridica che sappia racchiudere le proprie esperienze in modelli esiste l'abuso del diritto, anzi che questo è una contraddizione in
formali adatti» (14). termini. Sulla spinta tedesca, dunque, addirittura si è parlato di
Dunque, tale sistematica del codice è anche l'espressione di una principio di correttezza e buona fede, principio che investirebbe non
scelta politica, che, tuttavia, viene supportata da radici culturali, in solq i rapporti obbligatori, ma verrebbe applicato anche in tema, per
particolare dottrinali e filosofiche, tant'è che « tra cultura e legisla- esempio, di concorrenza sleale, di responsabilità civile (16).
zione vi fu perfetta solidarietà in quanto entrambe erano espressione In ogni caso, vuoi che si ritenga che l'abuso del diritto abbia
della stessa ideologia ovvero della stessa classe » (15). una sua ragion d'essere anche « isolato », vuoi che lo si faccia rien-
Questo conferma il fatto che il codice va effettivamente studia- trare nella più vasta area della buona fede, si ritorna sempre al con-
to nel suo contesto storico: così il Code Napoléon non è altro che il

(13) Cfr. BOBBIO, Teoria della norma giuridica, Torino, 1958, p. 67. (16) Cfr. NATaLI, Note preliminari ad una teoria dell'abuso del diritto nell'ordinamento giu-
(14) Sono le parole di GAMBARa, v. Codice civile, in Digesto delle discipline privatistiche, ridico italiano, in Riv. mm. dir. proc. civ., 1958, p. 30. Cfr. anche GALOPPINI, Appunti sulla
Sez. civile Torino, 1988, p. 445. rilevanza della regola di buonafede in materia di responsabilità extracontrattuale, in Riv. mm. dir.
(15) GAMBAR.o, op. cit., p. 447. proc. civ., 1965, p. 1386 sgg.
14 L'ABUSO DEL DIRITTO I « LIMITI » DELL'ABUSO DEL DIRITTO 15

cetto che la legislaziorie;idonea a disciplinare l'istituto In esame è per la sua stessa natura, in una norma di diritto positivo (19). Abbiamo
una legislazione « per prJ.ncipi ». visto, infatti, come un grande lavoro svolse la giurisprudenza in Fran-
cia, per dare un volto all'abus de droit (20).
6. Vediamo se, effettivamente, e Cloe In tutti i suoi risvolti, Quanto alla giurisprudenza tedesca, essa cercò di interpretare il §
l'abuso del diritto debba fare riferimento ai principi generali più 242 del BGB, che lascia in effetti ampio spazio alla interpretazio-
che alla legislazione del codice. È noto come l'exceptio doli copra ne (21). Proprio l'ultima parte di questo paragrafo « ... con riguardo ai
gran parte dei casi di abuso del diritto, pur non avendo rilevanza costumi del traffico », dà rnaggiore dinamicità all'« abuso del diritto »,
come istituto autonomo del diritto positivo. Precisamente l'exceptio cosicché la staticità che si rileva nel fatto che il debitore è obbligato ad
doli generalis, trattandosi di manifestazione dolosa dell'esercizio del eseguire la sua prestazione come esige la buona fede, e di cui alla prece-
diritto, vale a paralizzare la pretesa altrui, che si fonda su tale ma- dente parte del paragrafo (disposiziofle, peraltro, anche questa abba-
nifestazione. Ma essa non deve confondersi né con il dolo, né con stanza generica) (22), trova poi il suo sfogo nella possibilità di adegua-
la frode, malgrado l'affinità verbale; ed anzi, tale concetto viene si- mento all'evolversi dei costumi.
curamente a legarsi a quello di abuso del diritto perché completa, Addirittura in Germania, recentemente, ha avuto una parte im-
in un certo senso, la sua area di applicazione che, originariamente, portante la dottrina della Verwirkung, secondo la quale, se qualcuno at-
era quella dei diritti assoluti (vedi gli atti di emulazione), con il di- tende cosi a lungo a far valere il proprio diritto che a causa del suo
sciplinare anche l'area delle obbligazioni: ciò che conta éhe entram- comportamento anteriore si origini nella controparte illegittimo affi-
be (exceptio doli e aemulatio) abbiano come denominatore comune il damento che il diritto non sarà più esercitato, l'esercizio di questo di-
fatto abusivo (o doloso) sottoposto all' apprezzamento del magistra- ritto può e~sere paralizzato dall' eçcezione di abuso. In altri termini la
to (17). Verwirkung è una sorta di decadenza pretoria fondata sul fatto che il
Proprio per questo, e, precisamente, poiché la exceptio doli (e qeditor.e ha tardato troppo, anche se nei termini della prescrizione le-
la replicatio doli) moderna potrebbe definirsi come la giuridica pos- gale, a far valere le proprie pretese, ingenerando nel debitore la convin-
sibilità di opporsi ad ogni altra pretesa (o eccezione) che sarebbe in zione di potersi considerare di fatto liberato. Exceptio doli generalis,
astratto fondata, ma costituisce in concreto una manifestazione di dunque, anziché semplice exçeptio doli, perché viene applicata dalle
esercizio del diritto soggettivo ripugnante alla comune coscienza (18), corti germaniche ad un gran numero di casi, tant' è che essa sfociò nel
!'istituto di che trattasi non può trovare posto in una sistematica principio diJJuona fede di cui al § 242 BGE. In effetti, la Verwirkung
legislativa, se non a livello di principi generali, per lasciare, vicever- si applica ai più va,ri fatti estintivi di un diritto o di un potere (23).
sa, al giudice-legislatore accertare di volta in volta se, effettivamene Se vogliamo, come qualcuno ha fatto, possiamo notare un paralle-
te, ricorra 1'« abuso del diritto ». lismo tra il § 242 BGB e il U 75 cod. civ., in una interpretazione evo-
Si è detto, in questo modo, che il BGB al § 242, nel discipli-
nare l'exceptio doli, ha contribuito a disciplinare l'istituto dell'abuso (19) Il divieto dell'abuso del diritto è però previsto dall'art. 69 dall'avant prajet de saus
del diritto, che, in Francia, al contrario, era visto, nella nozione di titre <I des draits », in Travaux de la Cammissian de réfarme du code civil Année 1946-1947 Paris
s. d., ma 1948. ' ,
abus de droit, come qualcosa che non potesse avere riconosCimento, (20) Cfr. la C. Appel Colmar, 2.5.1855, in Dalloz, 1856, 2, p. 9 e più tardi Chambre
des requètes 26.12.1893, cito
(21) Il § 242 del BGB intatti dice: «Il debitore è obbligato ad esigere la prestazion.e
come esige la buona fede, con riguardo ai costumi del traffico ».
(17) Cfr. PELLIZZI, Exceptia doli (diritto civile), in Navissima Dig. It., Torino, 1960, .p. (22) I Vedasi la giurisprudenza del Bundesgerichtshaf, e tra le più significative le sentenze
1077. È stato anche esattamente detto che si potrebbero verificare dei casi di abuso del del 14.10.1958 e 27.11.1958 in Neue juristiche Wachenschriften, 1959, rispettivamente p. 96 e
diritto soggettivamente non doloso e quindi fuori dell' ambito dell' exceptia doli, ma si è repli- p. 241.
cato dicendo che la semplice contestazione di tale oggettivo difetto pone anche soggettiva- (23) Cfr. Bundesgerichtshof, 27.6.1957, in ]uristenzeitung, 1957, 624, con nota di A.
mente in stato di dolo chi persiste nel far valere la pretesa (cfr. BIGIAVI, L'exceptia doli nel HUECK, e 29.10.1957, ibid, 1958, 312, con nota di H. VON GODIN; 12.5.1959, in Neue jur.,
diritto cambiario, in Foro it., 1938, IV, 177). cit., 1959, 1629; Bundesarbeitsgericht, 26.6.1958, ibid., 1958, 1988; Bundessozialgericht,
(18) Cfr. !'ELUzZI, op. cit., p. 1077. 20.5.1958, ibid, 1958, 1607.
16 L'ABUSO DEL DIRITTO I « LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO 17

lutiva di quest'ultima norma, ma non riteniamo sia sufficiente stabilire del codice delle obbligazioni e nel progetto definitivo del codice civi-
un comportamento secondo correttezza per disciplinare, o meglio san- le del 1942 (25).
zionare, l'abuso del diritto. La norma, infatti, di cùi all'art. 1175, im- Il discorso, tuttavia, in precedenza iniziato sulla validità dei
pone eventualmente un risarcimento del danno per eventuali scorret- principi generali dell' ordinamento giuridico, trova conferma nel fatto
tezze (fatto illecito). che il legislatore del 1942 non ha inteso disciplinare l'abuso del di-
Siamo dunque a livello di interpretazione di una norma di legge ritto, anzi il, fatto di averlo tolto dal progetto, dimostra 1'orienta-
oppure si deve invocare nel caso il principio generale di repressione del mento assunt'o dal legislatore conscio del danno che avrebbe com-
dolo? Siamo cioè a livello di principi generali dell'ordinamento giuridi- messo nel volerlo codificare a tutti i costi, senza lasciar spazio vice-
co, oppure è sufficiente la semplice interpretazione estensiva della nor- versa alla giurisprudenza, chiamata a decidere su innumerevoli casi
ma a far scattare 1'exceptio doli e quindi a far rientrare tale « catego- fuori da quelli tradizionali. Da una parte, dunque, si riscontra la
ria » in quella dell' abuso del diritto? Per rispondere a questa domanda, sempre maggior presenza dell' abuso nei campi più svariati, dall' altra,
riteniamo necessario affrontare anche il tema dei principi generali inte- la sempre maggior validità dei principi generali e la sempre minore
si in senso formale e non, tema che si risolve nell' antitesi tra diritto efficacia della disciplina delle singole norme codificate.
scritto e applicazione giurisprudenziale, tra ius civile e ius pretorium. Da osservare, però, che si è dato per postulato il fatto che l'a-
buso del diritto si ritrovi nel sistema dei principi generali, quando
7. Iniziando ad esaminare dal vivo il concetto di abuso del dirit- non lo si ritrovi in una norma del codice. Si è detto, infatti, anche,
to, diciamo che terreno fertile alla sua nascita fu quello offerto dalla so- che, se la norma del codice non disciplina espressamente l'abuso del
cietà industriale dei primi del '900 e precisamente il campo della con" diritto, si hanno tuttavia delle cosiddette «clausole generali» che
correnza sleale. fanno riferimento ad intere categorie di diritti soggettivi, e che im-
IntereSsante osservare come si è comportato al rigùardo il giudice pongono un certo tipo di comportamento: per esempio, quello del
tedesco, col supporto della legislazione di cui ai §§ 826 B.G.B. e 1 del- debitore e del creditore che debbono comportarsi secondo le regole
la legge del 1969 contro la concorrenza sleale (24). Infatti, anche in di correttezza (art. 1175, cod. civ.) oppure quello secondo il quale il
Germania ci si era accorti che talmente vasta era la casistica che si pre- proprietario non può compiere atti, i quali non abbiano altro scopo
sentava al riguardo, che la legislazione non avrebbe mai potuto ricom- che quello di nuocere o recare molestia ad altri (833 cod. civ.). Da
prenderla in poche norme: si va dall'ipotesi, per esempio, della rovina queste clausole generali, riferentesi a casi specifici, si può ricavare il
del buon nome del concorrente con notizie e pubblicità tendenziose, principio generale che copra l'area delle situazioni giuridiche patri-
all'ipotesi in cui taluno approfitti slealmente della notorietà e della at- moniali (26).
tività pubblicitaria del concorrente. Addirittura le ipotesi di repressio- Una breve indagine, quindi, in merito ai principi generali e loro
ne degli atti arrivano fino a quelle di boicottaggio, alla sleale sottrazio- influenza nella normativa del nostro codice si impone.
ne di dipendenti al concorrente. Cosa si intende, dunque, per « principi generali di diritto »?
Dunque, non solo, come si diceva, campo di elezione dell' abuso Il codice del 1865 nelle preleggi, art. 3, 2° comma, diceva
del diritto fu la proprietà, ma in epoca industriale (primi del secolo), espressamente: « Qualora una controversia non si possa decidere con
anche in Germania la repressione si sviluppò nei campi sia della re- una precisa disposizione di legge, si avrà riguardo alle disposizioni
sponsabilità contrattuale, sia di quella extracontrattuale. che regolano casi simili o materie analoghe: ave il caso rimanga tut-
Una certa influenza naturalmente subì anche il nostro ordinamen- tavia dubbio, si deciderà secondo i principi generali di diritto ». Pro"
to (come la subì appunto il legislatore tede$.co dall'esperienza francese)
e questo si può riscontrare massimamente nel progetto itala-francese (25) Cosi dice l'art. 74 del Progetto italojrancese del codice delle obbligazÙmi. «È tenuto
al risarcimento colui che ha cagionato danno ad altri eccedendo nell'esercizio del proprio dirit-
to e i limiti posti dalla buona fede e dallo scopo per i quali il diritto gli fu riconosciuto ».
(26) Cfr. NATOU, Note preliminari ad una teoria dell'abuso del diritto nell'ordinamento giu-
(24) Cfr. § 1 della Legge contro la concorrenza sleale, cito ridico italiano, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, 26 sgg.
18 L'ABUSO DEL DIRITTO I «LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO 19

prio questa formula ci induce a ricorrere,~ detti principi per rimedia- lecito la Cassazione si è pronunciata affermando che, se l'esercizio
re alla incompletezza dell'ordinamento giuridico (27). del diritto che importi un danno ad altri per effetto di un uso abnor-
Tale ricorso ai principi generali non riguarda soltanto il diritto me non viene considerato dalla legge fonte di risarcimento, riprende
privato, ma anche le altre branche del diritto (diritto pubblico-ammi- vigore il principio generale che rende irrisarcibile il danno derivante
nistrativo), tant'è che si può ragionevolmente dire che « per la sua da atto lecito (30).
incidenza sugli sviluppi recenti della coscienza giuridica universale, In tem~, dunque, di atto illecito, si è parlato di abuso quando
sempre più orientata verso il superamento del positivismo di stretta vi sia un superamento di un limite che circoscrive l'estensione di un
osservanza e del nazionalismo giuridico, da tema secondario, confi- diritto soggettivo.
nato di solito nelle ultime pagine o righe del capitolo sulla interpre- L'atto abusivo si pone fuori dal diritto soggettivo, ma qualcuno
tazione, sta diventando un capitolo fondamentale della teoria genera- non ne ha individuato una fattispecie autonoma: al di fuori del dirit-
le del diritto » (28). to soggettivo ci si pone in una situazione di atto abusivo che si po-
Come si è detto, infatti, e qui viene confermato, la cultura giu- trebbe configurare addirittura come un « eccesso dal diritto »; anzi,
ridica attuale è sempre più sensibile all' opera creativa del giudice. da considerarsi non solo come figura autonoma, ma in antitesi al di-
Ora, il principio generale non deve essere inteso come « horma ritto soggettivo (31).
(o regola) generale », come talora si è inteso anche nel linguaggio tec- In realtà la Cassàzione ha cercatò di tenere bene distinte le atti-
nico-giuridico, ma come una entità tutt'affatto diversa qualitativa- vità lecite da quelle illecite, di modo che o si è nel diritto soggettivo
mente (non solo quantitativamente) dalle norme generali o speciali, o si è fuori; non vi può essere una categoria intermedia, perché sa-
tant'è vero che, secondo autorevole dottrina, come le norme singole rebbe una èontraddizione in termini. Ci si è domandati, cioè, perché
non si possono ricavare deduttivamente dai principi, così i principi si dovrebbe creare una ulteriore categoria concettuale che, viceversa,
non si possono ricavare induttivamente dalle norme singole. potrebbe trovare una sua collocazione all'interno del principio del
neminem laedere: cioè i singoli atti qualificabili come abusivi potreb-
8. Abbiamo accennato al problema dell'abuso del diritto, che bero ben rientrare nel più generale divieto dell'illecito (32).
si è presentato nell' ambito della concorrenza sleale. Vediamo ora Proprio, però, l'esistenza degli artt. 833 cod. civ. e 1175 cod.
quali sono gli orientamenti giurisprudenziali, nell'ambito soprattutto civ., come si è detto, rispettivamente riguardanti il divieto degli atti
della responsabilità extracontrattuale. emulativi e l'esercizio del diritto di credito, dove effettivamente si
Si è detto che i giudici hanno dovuto enucleare un principio, pongono dei limiti all' esercizio del proprio diritto, dimostra che an-
cosa che ha comportato una certa difficoltà nell'individuare i caratte- che il legislatore ha sentito l'esigenza, se non di codificare l'abuso
ri distintivi dell'abuso, cioè a riconoscerne i connotati. Giudice, dun- del diritto, quantomeno di disciplinarlo attraverso l'opera del giudice
que, legislatore, giudice che crea la norma, anzi il principio, che cer- e quindi porre in tal modo limiti all'esercizio del diritto, limiti il cui
ca di farsi strada nel sistema, ai fini di individuare l'esistenza di superamento non porta necessariamente all'atto illecito (contrattuale
qualcosa che in apparenza non esiste, ma di cui si percepisce l'esi- e non). Difatti si è osservato che la tipicità del comportamento abu-
stenza, anzi se ne ha la necessità (29). Per esempio, in tema di atto il- sivo consiste nel fatto di presentarsi al tempo stesso «contrario e
conforme alla norma » (33).
(27) Questa formula, riguardante i « principi generali di diritto» era stata introdotta già
dal legislatore del codice civile albertino (1837) all'art. 15, che aveva accolto con una trascri-
zione quasi letterale l'art. 7 del codice civile austriaco del 1811. Anche lo statuto della Corte
permanente di giustizia internazionale (1920) all' art. 38 ha annoverato tra le fonti cui essa (30) Cfr. Cass., 4.6.1968, n. 1683, in Giur. it., 1969, I, 1, 1574, con nota di DOSSETTI,
avrebbe potuto fare riferimento, per risolvere le controversie, oltre ai trattati internazionali ed Orientamenti giurisprudenziali in tema di abuso del diritto.
alla consuetudine internazionale, ai principi generali di diritto. Pl) Cfr. SANTORO-PASSARELLI, Dottrina generale del diritto civile, Napoli, 1966, p. 76 sgg.
(28) Sono le parole di BOBBIO, in Novissimo Dig. It., v. «Principi generali di diritto », (2) Cfr. Cass., 15.11.1960, n. 3040, in Mass. Giur. it., 1960, 788.
Torino, 1967, p. 888 sgg. (H) Cfr. GIORGIANNI, L'abuso del diritto nella teoria della norma giuridica, Milano, 1963,
(29) Cfr. BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1941, p. 205-212. p. 105 sgg.
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20 L'ABUSO DEL DIRITTO \


I «LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO 21

Inoltre, qui non siamo soltanto nell'ambito del diritto soggetti- I conosciuto dall'ordinamento giuridico positivo, oppure anche quello
vo in senso stretto, ma nell' ambito delle cosiddette « libertà », come che risponda al.concetto giuridico della buona fede).
si è accennato; proprio il carattere tipico delle « libertà» è quello di Ecco che i principi generali dell'ordinamento giuridico non do-
essere « indefinite », e quindi non possono essere catalogate nelle at- vrebbero intendersi come quelli a cui dover far ricorso per riempire
tività illecite, piuttosto che in quelle lecite, ai fini di farne scattare una lacuna dell'ordinamento giuridico, ma devono essere inquadrati
la relativa responsabilità. nel sistema giuridico, non « in via sussidiaria »; cioè ad essi non deve
Siamo, come è stato autorevolmente detto, se non nell'antica- darsi una intèrpretazione restrittiva; essi hanno una loro ragion d'es-
mera del diritto, alla radice dell'edificio «ed in un certo senso nel sere perché solo detti principi possono tenere conto dei mutamenti
vestibolo che ci conduce al centro della costruzione » (34). della storia. Ben si attaglia l'applicazione del principio generale, se si
Infatti il concetto di «libertà» è compatibile con l'esistenza considera l'abuso del diritto come « fenomeno sociale », così qualifi-
dell'« abuso del diritto », libertà, che, proprio perché sono indefini- cato, quando si avverte il contrasto appunto tra la formulazione rigi-
te, non possono rientrare, come si è detto, nella categoria del lecito da di una norma giuridica e la mutata coscienza giuridica del popo-
e dell' illecito (35). lo (39).
La giurisprudenza, comunque, si è occupata dell' abuso del dirit-
to anche individuandolo nell'« uso anormale del diritto ». Si afferma 9. Da una parte, dunque, abbiamo dei principi generali che re-
cioè che si avrebbe un abuso tutte le v9lte che risulti un « uso ogget- golano 1'« abuso del diritto », di cui ci pare avere dimostrato l'esi-
tivamente anormale del diritto », espressione che si è ipterpretata nel stenza, dall'altra abbiamo delle « libertà », che bene si conciliano con
~enso di esercizio del diritto che si ponga « in contrasto con i prip.ci- i primi per la indefinitività delle stesse, Come sopra accennato.
pi fondamentali dell'ordinamento giuridico» (36), oppure si ponga Ma queste « libertà» in realtà in che cosa consistono? Consisto-
« in contrasto con specifiche norme di legge che lo disciplinano» (37), no in « comportamenti », i quali a loro volta fanno parte del cosid-
oppure ancora quando l'uso del diritto non attui un contemperamen- detto « fenomeno sociale» che si avverte appunto nell'evolversi della
to con esigenze sociali né sia « comunque in correlazione ed in armo- coscienza giuridica del popolo, come pure si è accennato. Uno svilup-
nia alla soddisfazione di un vero e reale interesse» (38). Proprio il po, del resto, che si svolge con ritmo sempre più crescente. Di qui lo
fatto che vi sia tanta varietà di casistica giurisprudenziale dimostra stemperamento della rigida norma per far posto ai « principi genera-
che il concetto di abuso del diritto si presenta sotto vari aspetti, tan- li », cosicché essi possono regolamentare sempre nuovi comportamen-
t'è che è difficile dare una configurazione compiuta al « fenomeno ». ti soggettivi in relazione al rapido mutarsi della coscienza sociale.
Il discorso dei principi fondamentali dell'ordinamento, a cui si appel- Si parla di limite al diritto soggettivo, come è limite, per esem-
lano i giudici nel decidere i casi sopramenzionati, dimostra che il fe- pio, di interesse privato della proprietà, 1'« atto emulativo ». Si par-
nomeno dell'abuso del diritto non può essere visto che alla luce di la, infatti, di « atti» perché appunto trattasi di comportamenti, che,
questi principi (come, per esempio, quello della rispondenza dell'e- secondo il diritto positivo, potrebbero anche non essere sanzionati,
sercizio del diritto agli scopi etici e sociali per cui il diritto viene ri- proprio per la rigidità delle norme che vi fanno parte, ma che, in
realtà, devono essere considerati vietati quando essi travalichino i li-
miti che la coscienza sociale ha posto.
(34) Sono le parole di RouBIER, Les prerogatives juridiques, in Arch. de Philos du droit, Se si parla, dunque, di «coscienza sociale », non si può non
1969, p. 65 sgg.
(3~) Già ROUAST, Les droits discrétionnaires et les droits controlés, in Rev. trìm. dr. civ.,
parlare di «interessi collettivi », che devono essere tutelati, quindi
1944, p. 4 affermava: « I diritti indefiniti, che sono le libertà di cui gode ciascuno di noi, non non con i meccanismi offerti per la difesa dell'interesse individuale,
possono dare luogo che ad una applicazione pura e semplice della teoria della responsabilità ma con i meccanismi atti a tutelare i primi.
civile l>.
(36) Cass., 15.11.1960, n. 3040, cito
(37) Cass., 19.7.1957, n. 3052, in Giust. civ., 1958, I, 305.
(38) Cfr. Cass., 7.3.1952, n. 607, in Mass. Giur. it., 1952, 172. (39) Cfr. ROTONDI, L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1923, p. 104 sgg.

2. G. LEVI
)

22 L'ABUSO DEL DIRITTO I « LIMITI» DELL'ABUSO DEL DIRITTO 23

Tali meccanismi si ritrovano appunto non nella norma, ma nei lO. Abbiamo visto come l'abuso del diritto, indubitabilmente,
principi, e questa è una ulteriore conferma della validità di essi al fi- nasce, allorché la norma non sta al passo con il mutare rapido della
ne di regolare 1'« abuso del diritto ». Questa è anche la riprova del coscienza sociale. Si è parlato al riguardo di « comportamenti », che
fatto che l'abuso del diritto viene a collocarsi al di fuori del diritto rientrano nelle « libertà », che ogni individuo ha, pur facendo parte
positivo (40). di una società, per la cui esistenza è necessario l'ordinamento che la
Si è osservato, tuttavia, da autorevole dottrina, che non siamo regoli.
nei limiti dell'esercizio del diritto, ma li travalichiamo, non siamo Ma vediamo sino a che punto l'abuso del diritto debba conside-
nell'abuso del diritto, ma nell'« illecito» (41). Questo presuppone pe- rarsi come « fenomeno sociale », se si intende questa espressione co-
rò che si tratti di formula contraddittoria, quella dell' abuso del dirit- me un quid che sta al di fuori dell'ordinamento giuridico. Si è detto
to, cosa che, viceversa, abbiamo escluso. È per questo, che, secondo che un « uso legittimo» può diventare « abuso» in quanto soprav-
alcuni, sarebbe stata tolta dal Progetto di unificazione italo-francese venga, in processo di tempo, una diversa valutazione degli interessi
delle obbligazioni, la formulazione dell' art. 74 (42). Ma, ragionevol- contrastanti (45). Si è detto anche che il problema, in realtà, è solo
mente, anche questa spiegazione della mancata collocazione dell' abu- accademico, nel senso che, se il diritto viene distolto dal suo fine, in
so del diritto nell'art. 74 sopramenzionato, lascia perplessi, perché, effetti si ha un uso del diritto che non è fatto per un interesse « se-
in realtà, la formulazione dell'art. 74 poggia sullo scopo, come ele- rio e legittimo» (46). Si avrà che abusa di una norma di diritto chi si
mento cui riferire l'abuso. Non è possibile, cioè, sanzionare l'abuso vale di essa, ma manifestamente, non mirà a perseguire l'interesse
solo in relazione allo « scopo ». Ed, a ragione, è stato detto che più che da essa viene protetto (47).
che lo scopo è la funzione che si deve prendere in considerazione, e Possiamo, quindi, prospettare una categoria concettuale in rela-
cioè l'alterazione della funzione obiettiva dell' atto rispetto al potere zione all'abuso del diritto, ma accompagnata da una indagine che de-
di autonomia che lo configura in relazione alle condizioni cui è su- ve bàsarsi su elementi della vita sociale umana, perché, altrimenti,
bordinato l'esercizio del potere stesso (43). sarebbe «relativa» al soggetto che compie l'atto, al suo comporta-
Non si deve, però, far solo riferimento ai «motivi» ed alla mento.
« causa» per giustificare l'esistenza e, quindi, la disciplina dell'istitu- L'indagine che, dunque, viene proposta da una parte della dot-
to in esame. Infatti, sia i « motivi» sia la « causa» attengono ai ne- trina, è quella delle cause che hanno ingenerato l'abuso del diritto.
gozi, dove domina, cioè, l'autonomia privata, mentre qui non sia- Ecco che l'abuso del diritto non è una categoria puramente concet-
mo , come
.. si è detto , nell' ambito di interessi individuali, ma di in- tuale, perché, altrimenti, sarebbe preclusa l'indagine della relazione
teressi çollettivi. Ritorna, dunque, l'idea del « consenso della comu- che corre tra realtà e diritto. Tuttavia, non si deve arrivare a dire
nità sociale» all' esercizio del diritto che si avvicina a sua volta all'i- che la giurisprudenza, che deve tenere quindi conto della realtà, ol-
dea, o meglio alla « pretesa di indagare la moralità dell' atto sulla ba- tre che della norma, deve affidarsi al sentimento, come è stato pure
se di un criterio di legittimità che trascende la legalità del diritto po- affermato da autorevole dottrina (48).
sitivo » (44).

(40) Cfr. ROTONDI, op. cit., p. 105 sgg. e 209 sgg. e 417 sgg.
(41) Cf~. BARASSI, La teoria generale delle obbligazioni, voI. II, Fonti, Milano, 1964, p.
165 sgg.
(42) Cfr. BARASSI, op. cit., passim.
(43) Cfr. S. ROMANO, v. Abuso del diritto, Diritto attuale, in Encicl. del diritto, Milano, (45) Cfr. MilLLER-ERZBACH, L'abuso di diritto secondo la dottrina giuridica teleologica, in
1958, voI. I, p. 166. Riv. dir. comm., 1950, 1, 89, nota 2.
(44) Sono le parole di RESCIGNO, op. cit., p. 229, il quale afferma anche che tali conside- (46) Cfr. JOSSERAND, op. cit., passim.
razioni del problema si incontrano « nel ritenere insufficiente una ricerca che si fermi ai carat- (47) Cfr. MULLER-ERZBACH, op. cit., p. 90.
teri esteriori della giuridicità formale ». . (48) Cfr. MULLER-ERZBACH, op. cit., p. 91.

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CAPITOLO III
ANALISI STORICO-COMPARATIVA DELL'ABUSO

SOMMARIO: 11. Abuso del diritto e atti di emulazione nel diritto romano. - 12. Presunzioni,
aemulatio e abuso del diritto. - 13. La proprietà e le servitù legali: l'abuso del diritto e
le consuetudini germaniche. - 14. La giurisprudenza francese: i primi casi in cui si pre-
sentò l'abuso del diritto. - 15. L'influenza dell'« idea sociale del diritto» nella casisti-
ca sopra accennata. - 16. L'abuso del diritto e l'art. 2043 cod. civ. ai fini di una possi-
bile sistematica legislativa. - 17. L'espressione legislativa «danno ingiusto », nell'ambi-
to della limitazione delle libertà private anche in riferjmento agli altri codici (svizzero e
austriaco). - 18. L'abuso del diritto ne)l'ordinamento liberale del XIX secolo: le figure
di abuso del diritto nei più svariati campi e la scomparsa della teoria teleologica sull'a-
buso del diritto. - 19. Conclusioni a seguito dell'indagine storico-comparatistica stùl'a-
buso del diritto-aemulatio.

11. Fatte queste premesse, in ordine, prima alla evoluzione


storica dell' abuso del diritto e quindi alla sua sistematica, poi al suo
contenuto, è ora opportuno risalire alle prime « avvisaglie» dell'« a-
buso del diritto », se, e quando, lo si ritrovi per la prima volta negli
atti emulativi.
Il problema sembra di non grande attualità se si pensa che
avrebbe già trovato una sua disciplina nel diritto romano giustinia-
neo. In realtà, come è stato autorevolmente detto, il diritto romano
giustinianeo represse soltanto alcuni casi di atti emulativi (1). Non è
cioè l'istituto degli atti emulativi che viene disciplinato, ma vengono
presi in considerazione singoli casi, che non possono essere sussunti
in una norma. Questo, a riprova che 1'abuso del diritto non può es-
sere compresso nella rigidità di una disposizione.
Proprio partendo dal diritto giustinianeo, quindi, si dimostra la
« forza dinamica» dell'istituto di che trattasi. Infatti, l'indagine sto-
rica ci illumina sul fatto che non è possibile una trattazione dogmati-
ca dell' abuso del diritto, e, quando si parla di abuso nel diritto ro-
mano, in effetti si parla di alcuni casi, o gruppi di casi, che sono sta-

(1) Cfr. M. ROTONDI, op. cit., p. 121 sgg.


26 L'ABUSO DEL DIRITTO ANALISI STORICO-COMPARATIVA 27

ti disciplinati all'epoca giustinianea; altrimenti non si parlerebbe di periodo dei post-glossatori, furono molto più frequenti, proprio per.:.
abuso in diritto romano, ma si farebbe una storia del diritto privato ché il suddetto divieto, in effetti, sarebbe sicuramente. potuto essere
romano (2). esteso a nuovi casi, anche i più svariati, per la elasticità di tale divie-
Prima, quindi, di scendere. alla casistica contemporanea o, co- to, elasticità dovuta anche al fatto che i casi più svariati si sono pre-
munque, di questi ultimi secoli, interessante appare conoscere la ca- sentati in riferimento al continuo adattamento e trasformazione del
sistica dell'abuso nel diritto romano, verificando in tal modo, che diritto, trasformazione e adattamento dovuti anche al radicarsi, a li-
non vi può essere continuità in un discorso del genere, proprio per il vello legislativo delle cosiddette « presunzioni »: da fatti noti, da ele-
mutare dei costumi ed il rincorrere, da parte dell' abuso del diritto, menti puramente materiali, si ricavano fatti ignoti, si cristallizza cioè
questa rapida mutevole realtà. il principio del divieto in un gran numero di casi. Da casi in cui il
Addirittura nel diritto romano la stessa terminologia di abusus, diritto faceva riferimento all'elemento subiettivo, si passa a fattispe-
abuti, ecc., ha un significato totalmente diverso da quello che oggi cie in cui si avvertono limitazioni obiettive all'esercizio del diritto;
ricorre: abusus vuoI dire « uso intenso », non «uso cattivo» o «ri- per esempio, in materia di proprietà, specie nel diritto inteJ;medio,
provevole », quell'uso cioè che non è concesso all'usuario, che si con- con le consuetudini germaniche. (8).
trappone al godimento del diritto d'uso (3). Proprio con il nascere delle prime codificazioni moderne, si svi-
Neppure si parla in epoca classica di abuso come di emulazione luppò la tendenza, da una parte, a disciplinare 1'aemulatio, dall' altra,
in senso giuridico, dove per atto emulativo si intende l'esercizio di con le presunzioni di cui si è detto, a creare dei principi rilevabili
facoltà rientranti nel diritto di chi agisce, mancanza di utilità di tale dalla stessa casistica.
esercizio, intenzione di nuocere e danno derivante ad altri (4). Con la rinascita, poi, del diritto romano ad opera dei giusnatu-
In realtà, anche nel diritto romano si distingue tra la norma giu- ralisti, si sviluppò la tendenza ad una rivalutazione del diritto giusti-
ridica ed ogni altra norma etica o religiosa ed anche all'epoca di Ul- nianeo che forma appunto la base delle codificazioni moderne e che
piano si ragionava « per principi » (honeste vivere, alterum non laede- fece risorgere il diritto classico imbevuto di idee individualistiche (9).
re, suum cuique tribuere) (5); come si diceva: non omne quod licet ho- Ma il codice prussiano entrato in vigore il 10 gennaio 1794 (Allge-
nestum est (6). meines Landrecht fur die koniglichen preussischen Staaten) accolse il di-
Fu dunque avvertita anche nel diritto romano la divergenza tra vieto di quelle forme del diritto di proprietà, che, per essere dirette
diritto e sentimenti etici, e questo si riflesse evidentemente nell'ope- all'esclusivo scopo di danneggiare altri, apparivano antisociali e da
ra della giurisprudenza e del pretore, dove si rileva non solo il lavoro reprimersi (lO).
interpretativo, ma anche creativo del magistrato (ius praetorium) (7). Tale ultima codificazione, però, restò abbastanza isolata e fu in-
fluenzata dal pensiero di Leibniz che cercò di dare al diritto naturale
12. Sin dal diritto giustinianeo, dunque, si sono avuti casi, un portato autonomo e razionale. Infatti la stessa codificazione fran-
seppure eccezionali, in cui venne applicato il divieto degli atti emula- cese, che ha influito sulla nostra, ha assorbito piuttosto le tendenze
tivi. Ma questi casi, nel periodo successivo a quello giustinianeo, nel giusnaturalistiche di Grozio e Pufendorf (11), le quali, viceversa,

(l) Cfr. M. ROTONDI, L'abuso del diritto, Padova, 1979, p. 37. (8) Facciamo riferimento in particolare alle limitazioni della proprietà che è il portato
(3) Cfr. l.12.§1 D.7.8 « ... usurum non usque ad compendium, sed ad usum. scilicet non delle consuetudini germaniche e delle legislazioni statutarie (cfr. PERTILE, Storia dir. reali, 2 a
usque ad abusum l>. • ed. § 145, p. 370).
(4) Cfr. ANCONA, Degli atti di emulazione nell'esercizio del diritto di proprietà, in Arch. (9) Cfr. SOLARI, La scuola del diritto naturale nelle dottrine etico-giuridiche dei secoli XVII
giur., 1952 (1813), p. 299-330. e XVIII, Torino, 1904, p. 49 sgg.
(5) Cfr. Imt. l.l.§3; D.l.UO. (10) È scrittò esattamente al § 27 (I, 8): « Niemand dar! sein Eigenthum zu Kriinktmg oder
(6) Cfr. D.50.17.144. Beschiidigung Anderer missbrauchen» e al § 28: «Missbrauch heist ein solcher Gebrauch des
(7) Ius praetorium, di cui si è data la seguente definizione dalle fonti: « ius quod praetores Eigenthumes welcher vermoge seiner Natur, nur die Kriinkung eines Anderen zue Absicht haben
introduxerunt adiuvandi vel supplendi vel corrigendi imis civilis gratia» (L. 7. §l. D.l.l., Papinia- kann l>,
nus libro secundo definitionum). (11) Cfr. SOLARI, op. cit., p. 120 sgg.
(~
28 L'ABUSO DEL DIRITTO ANALISI STORICO-COMPARATIVA 29

svuotavano il diritto naturale da assolutismi etici e razionali, e dava- Si parla, dunque, di proprietà fondiaria e delle sue limitazioni,
no invece maggior spicco all'individualismo ai fini della tutela della indicate nelle servitù legali, piuttosto che negli atti emulativi.
personalità e della proprietà; un conflitto, insomma, tra un pensiero Nel sostituire, però, le servitù legali alla aemulatio, i compila-
dove 1'aemulatio veniva bene individuata nella norma scritta (in cui, tori non si avvidero che ci si trovava di fronte ad un rigido sistema
però, viene esclusa ogni influenza statuale, specie della proprietà fop- di norme, non certo idoneo al continuo evolversi della normativa
diaria) e un abuso del diritto che trovava il suo terreno fertile, come del codice e delle leggi ad esso collegate.
si è detto, nelle consuetudini con minuziosa regolamentaiione dei Perciò la repressione dell' abuso veniva ribadita, ma attraverso
rapporti di vicinato e delle distanze legali tra costruzioni, basate su le cosiddette servitù legali, che venivano a sostituire l'aemulatio.
elementi obiettivi. Anche gli ex codici italiani hanno trovato nel codice francese
il loro modello ispiratore, e pertanto la proprietà, come le sue limi-
1.3. Proseguendo l'analisi storica, sino ad arrivare al Code Na- tazioni, si ritrovano in essi come si ritrovano nel Code Napo-
poléon, che maggiore influenza ebbe sul nostro « sistema di leggi », !éon (14).
si inizia ora ad intravvedere nella proprietà, specialmente fondiaria, In tali codici non si trova traccia della aemulatio, così come
il limite posto dall'istituto in esame. non si trova traccia nelle sentenze dell'epoca (15).
Si è detto, giustamente, che questo è il riflesso di un cerio tipo Anche nel codice civile del 1866 non vi è alcun divieto dell' ae-
di mentalità che attiene piuttosto alla tutela della personalità, sotto mulatio, nella disciplina della proprietà: si parla solo, al proposito,
la spinta di una filosofia individualista dominante alla fine del secolo di limitazioni della proprietà di interesse privato, di servitù stabilite
XVIII ed a seguito della dichiarazione dei diritti dell'uomo del dalla legge (Sez. I, cap. II, del II libro, così intitolato).
1789. Se non si parla di divieto dell' aemulatio, si accenna, però, al
Come si è accennato, tuttavia, se questo era il campo principe principio del divieto degli atti emulativi, nella giurisprudenza, spe-
dell' aemulatio in quegli anni, soprattutto per !'influenza del Code cie in materia di rapporti di buon vicinato (16).
Napo!éon, non di meno le consuetudini di origine germanica regola-
mentavano i rapporti di buonY vicinato. Ed i punti di contatto di 14. Se è vero che fu la dottrina francese, come abbiamo vi-
questi due orientamenti «legislativi» fecero si che il nostro codice sto, a costruire una teorica sull'abuso del diritto, essa, però, fu si-
subisse in effetti l'influenza di entrambi (12). Del resto, la stessa co- curamente influenzata dall'orientamento giurisprudenziale, che ave-
dificazione francese contiene in sé 1'elemento germanico informatore va subito a sua volta l'influsso di correnti che sottolineavano l'esi-
delle coutumes dei paesi di droit coutumier.
Da una parte, dunque, con la minuziosa regolamentazione delle
(14) Ci riferiamo cioè al codice per il Regno delle due Sicilie (1819) (artt. 469 e
consuetudini viene cristallizzato il divieto degli atti emulativi, dal- 562-600), al codice civile per gli Stati di Parma, Piacenza e Guastalla (1820) (artt. 403 e
l'altra, si ha un divieto generale in materia di abuso del diritto. Ora, 498-538), al codice civile per gli Stati di S.M. il re di Sardegna (1837) (artt. 439 e 551-633).
nel codice napoleonico non si trova una enunciazione del divieto del- (15) Il Tribunale di Nizza 7.2.1859, in Giurisprudenza sarda XI, 2, 136, in materia di
servitù di stillicidio, ha stabilito che quando si presenta in tale esercizio uno spirito emulati-
la aemulatio: gli stessi compilatori del codice non ne fecero cenno, vo i magistrati sono autorizzati ad adottare quei temperamenti che mentre giovano ad una
mentre si preoccuparono affinché venisse represso in generale l'abu- parte non nocciano all' altra.
so del diritto (13). . (16) Cfr. Casso Torino, 2.12.1869, in Annali giurisprudenza italiana, 1869, p. 300; Casso
Torino, 22.7.1874, in Giur. it., 1875, p. 42; Casso Torino, 2.7.1875, in Mon. trib., 1875, p.
938 sgg.; Casso Firenze, 13.12.1877, in Legge XVIII, p. 722; Casso Palermo, 20.2.1878, in
Foro it., 1879, I, C. 109; App. Messina, 17.3.1880, in Foro it., 1880, Rep. V. Comunione n.
(12) Cfr. gli artt. 188, 189, 191 e 217 della coutume di Parigi e gli artt. 243, 246, 247 e 4; App. Macerata, 1.3.1883, in Legge, 1883, II, p. 15; App. Firenze, 12.3.1889, in Annali di
248 della coutume d'OrIéans. V. POTHIER, Traité de contract de Société,Appendice I, art. II, n. giurisprudenza italiana, 1890, I, p. 73; App. Palermo, 24.1.1890, in Mon. trib., 1890, p. 743;
211, in Oeuvres, Par!s, 1821, voI. V, p. 211 sgg. App. Venezia, 17.12.1890, in Temi veneta, 1891, p. 44; App. Firenze, 3.5.1891, in Annali di
(D) Cfr. LOCRÉ, La législation civile, commerciale et criminelle de la France, Parigi, 1807, giurisprudenza italiana, 1891, III, p. 268; Casso Firenze, 11.2.1892, in Temi veneta, 1892,
VIII, p. 115 sgg. p. 152.
30 L'ABUSO DEL DIRITTO ANALISI STORICO-COMPARATIVA 31

genza di una «socializzazione del diritto» (17). E la materia che un fenomeno sociale, sfugge ad una rigida schematizzazione giuri-
maggiormente si è prestata all'effettività del principio dell' abuso del dica.
diritto è la proprietà; in particolare la casistica offerta è quella relati- Si ragiona, dunque, da una parte « per principi », dall'altra, in
va ai rapporti di buon vicinato, sia prima che dopo il Code Napo- base ad una casistica, e, se esiste una casistica, vuoI dire, tuttavia,
léon (18). Ma la casistica non poteva che essere rara e limitata alla che l'abuso del diritto non è soltanto un fenomeno sociale, ma un fe-
proprietà fondiaria; solo in un secondo tempo essa riguarderà l'eser- nomeno che va disciplinato, a seconda delle questioni che si presen-
cizio dell'industria, che non deve nUocere al lavoro dei vicini, anche tano. Si ritorna così in questi casi alla figura del giudice-legislatore.
se è utile a chi lo svolge; quindi, si sviluppò solo dopo l'entrata in
vigore del Code Napoléon una grande casistica, che investì i problemi 15. Significativa è l'opera del Solari sull'idea individuale e l'i-
di carattere industriale, appunto con il diffondersi delle grandi indu- dea sociale nel diritto (21), che riflette la mentalità solidaristica fran-
strie. cese che fa capo principalmente al Bourgeois (22).
Dalle « officine », dunque, del XVI secolo, ai grandi stabilimen- Da taluno si è detto che la teorica sull' abuso del diritto venne
ti, con la nascita dell'industria, ed i casi non so1,1o più soltanto quelli influenzata da correnti di pensiero che sottolineavano l'esigenza di
relativi ai rapporti di buon vicinato, come, per esempio, quello di una « socializzazione » del diritto (23); altri, invece, hanno inteso que-
una casa di cura danneggiata dal fumo e dal rumore delle vicine mi- sta influenza dovuta piuttosto al contatto che ogni individuo ha con
niere (19). gli altri membri della società, in quanto egli agisce sempre col con-
Qual è la conseguenza dell'accerta~ento dell'abuso del diritto corso di tutti gli altri individui.
da parte di questa giurisprudenza? Esso obbliga al risarcimento; l'e- Dunque le due teorie sopra enunciate hanno scopi diversi, non
sercizio del diritto - si è detto =- nel caso in cui nuoccia a terzi, partendo dalle stesse premesse, perché la prima ha come finalità la
obbliga al risarcimento: è un comportamento, cioè, che potrebbe collettivizzazione dei mezzi di produzione eIa completa subordina"
rientrare nella fattispecie dell'art. 2043, dove viene disciplinata la zio1,1e dell' individuo alla società; l'altra, invece, il cosiddetto « solida-
responsabilità extra-contrattuale. rismo », ha, come scopo, la proprietà frazionata e l'autonomia indivi-
Quindi, non solo l'espressione deve essere riferita a particolari duale (24).
situazioni, che oggi si potrebbero ricondurre a quelle di cui all'art. Proprio la società post-industriale (borghese capitalistica) ha
384 cod. civ. (abuso del potere del tutore) o all'art. 833 (atti diemu- maggiormente recepito questa seconda teoria, che ha influito sui giu-
lazione), ma essa deve riguardare una casistica che si allarga sempre dicati delle corti francesi.
più in quest'epoca post-industriale, e che nel divieto degli atti emula- Abbiamo già detto in altre occasioni (25), come il principio della
tivi ha trovato solo l'origine o meglio la « pratica occasione origina- solidarietà si accompagni e si intrecci a quello economico. Abbia-
ria » (20). mo detto anche che proprio la responsabilità civile è quella che mag-
La conferma di questo - e punto d'arrivo della nostra indagine giormente è sensibilizzata da questo problema, al punto che si svuo-
- il fatto che stride il contrasto tra un rigido corpo di norme e la ta diventando responsablità oggettiva. Cioè, in una società industria-
valutazione sempre mutevole dei fenomeni offerta dalla coscienza so- le il concetto di « individualismo» si perde per far posto al « solida-
ciale. È per questo che l'abuso del diritto, essendo in primo luogo rismo ».

(17) Al proposito si può ricordare il diritto sovietico, secondo il quale è punito ogni uso
del diritto contrastante con la sua destinazione economico-sociale. (Cfr. RonoTÀ, in Enciclope- (21) Cfr. SOLARI, L'idea individuale e l'idea sociale, Torino, 1911.
dia Forense, v. diritto (l'abuso del), Milano, 1958, p. 197. (22) Cfr. GROPPALl, Il principio dell'uguaglianza sociale iniziale ed il solidarismo, in Rend.
(18) Si ricordano, tra le sentenze precedènti il code Napoléon, quella, per esempio, che R. Istituto lombardo, 1913, p. 313.
obbliga un fabbro a sloggiare, oppure quella di uno scardassatore che disturba lo studio di un (23) Cfr. RonoTÀ, op. cit., p. 197.
avvocato (Cfr. MERUN, Répertoire, v. voisinage, III, 5' ed., Bruxelles, 1878, v. 36. p. 280). (24) Cfr. GROPPALI, La concezione solidaristica del Bourgeois ecc., in Arch. giur., 1907,
(19) Cfr. Corte di Cassazione di Parigi del 27.U.1844, in Dalloz, 45, I, 13. p. 271.
(20) Cfr. RonoTÀ, op. cit., p. 198. (25) Cfr. G. LEVI, Responsabilità civile, p. 51.
32 L'ABUSO DEL DIRITTO ANALISI STORICO-COMPARATIVA 33

Ora, questa teoria sull' abuso del diritto si basa su di un princi, lo che si è detto, la « pratica occasione originaria », la seconda con-
pio che si ritrova in un gran numero di applicazioni giurispJ;udenzia- tiene il principio che noi potremmo chiamare quello del neminem lae-
li (26). Come il Code Napoléon ebbe influenza sul nostro codice, an- dere e di cui appunto all'art. 2043 cod. civ., riguardante cioè il divie-
che in via generale, con la tradizionale partizione delle fonti delle to e la repressione dell'animus nocendi, anche in quelle attività che
obbligazioni in contrattuale ed extracontrattuale, cos1 la giurispru- pure obiettivamente appaiono come rientranti nell'esercizio del dirit-
denza francese influ1 sui nostri tribunali, e questo principio dell' abu- to soggettivo.
so del diritto rimase anche da noi a livello giurisprudenziale, come Proprio perché nel § 226 del BGB si parla di « esercizio del di-
vedremo. ritto », mentre nel § 826 di « esecizio di libertà» (se si vuoI fare un
Tuttavia, se è vero che nel nostro ordinamento non è possibile collegamento tra le due disposizioni), potremmo appunto paragonare
trovare un generale divieto dell'abuso del diritto, si ha una moltepli- quest'ultima norma a quella dell'art. 2043 cod. civ., che si fonda sul
cità di disposizioni particolari dalle quali risulta l'illiceità dell' attività principio del neminem laedere. Ecco che si ritorna alla tematica, già
considerata. in parte svolta, che l'abuso del diritto, se fuori dal suo alveo origina-
rio dell' aemulatio, trova una collocazione disciplinatrice-sanzionato-
16. Come abbiamo visto, a fronte del Code Napoléon e della ria, solo se viene regolato « per principi ». Si è voluto, cioè, discipli-
giurisprudenza delle corti francesi antecedenti e susseguenti quest'ul- nare al § 826 un principio, dicendo che si risponde dei danni cagio-
timo, si osserva un orientamento dottrinale, quello del diritto comu- nati ad altri con comportamenti contrari ai buoni costumi, e contrari
ne in Germania, che si stava preparando a creare il nuovo codice te- ai buoni costumi sono quei compòrtamenti che il diritto non ammet-
desco: si venivano, cioè, formando nel 1887 delle commissioni di te (e che quindi "rendono responsabili!). Ma il collegamento tra i due
studio, le quali avevano anche il compito di decidere se e in che mo- articoli è dato dall' essenzialità del requisito che l'attività non possa
do dovesse essere disciplinato l'abuso del diritto. avere altro scopo che di nuocere, tendendosi cos1 a restringere l'ap-
Si diceva, per esempio, che non poteva non essere sancito il plicazione del § 826.
« doloso abuso del diritto », con ciò, però, lasciando non sancito (o Si tende, cioè, a sancire il comportamento esplicantesi nell' eser-
meglio represso) il divieto generale di un comportamento avente l'u- cizio abusivo del diritto, facendolo rientrare in quegli atti contrari al
nico scopo di danneggiare altri. buon costume, cioè negli atti illeciti in generale.
Viceversa, in materia di proprietà non sorgevano questioni nelle
proposte fatte dalle commissioni, ma le qiscussioni vertevano sul fat- 17. Il discorso che deve essere affrontato preliminarmente è
to, fino a che pùnto tale divieto dovesse essere esteso anche ad altre quello della relazione tra l'esercizio abusivo del diritto e la responsa-
materie, cioè, per esempio, a quella contrattuale: insomma l'abuso bilità civile, proprio perché l'abuso riguarda in definitiva l'intero
del diritto avrebbe dovuto essere preso in considerazione in via ge- campo delle prerogative individuali e delle libertà.
nerale, a principio generale da collocarsi in testa a tutte le disposizio- Dando uno sguardo al codice svizzero, che è tra i più recenti
ni sull'esercizio del diritto? (27). E difatti, mentre nel § 226 del vi- codici moderni, e che ha dato un gran peso, come si è accennato, al
gente BGB ci si limitava a sancire il divieto degli atti emulativi, nel problema dell' abuso del diritto, osserviamo che il legislatore svizze-
§ 826 veniva sanzionata la lesione del generale universale diritto di ro (28) sentl il bisogno di codificare il divieto dell' abuso del diritto,
libertà di tutti i consociati: il collegamento da farsi tra le due norma- in quanto rispondente alla teoria del diritto libero, cosicché le appli-
tive è nel senso che, se la prima riguarda il caso specifico, ed è quel- cazioni giurisprudenziali furono le più svariate, non solo in materia
di proprietà, ma anche di famiglia e delle obbligazioni (29). L'inter-
(26) Cfr. App. Besançon, 3.8.1859 e Casso 3.12.1860 (s. 60, 2, 255), dove viene sancito
1'obbligo del risarcimento per danni, derivanti da ferrovie, da vicinanza di case di tolleranza (28) Il codice svizzero venne approvato all'unanimità il 10.12.1907 dal Consiglio degli
ecc. Stati.
(27) V. Bericht der Reichstags Kommission ilber den Entwurf eines B.C.B. und EinfUrung- (29) Cfr. REICHEL, in Kommentar zum Schweizerischen Zivilgesetzbuch, voI. I (einleitung),
sgesetzes nebst einer Zusammenstellung der Kommissionsbeschliisse, Berlin, 1896, p. 50, § 220 a. p. 11.
34 L'ABUSO DEL DIRITTO

pretazione che si è data, cioè, al divieto, è di repressione di un atto


che, nell'esercizio del diritto da parte del suo agente, minacci altri di
r ANALISI STORICO-COMPARATIVA 35

facenti parte della collettività; dall'altra, si ha un abuso del diritto


quando questi sia finalizzato a causare un pregiudizio ad altri: l'atto
un danno materiale e morale, di un atto che non arrechi alcuna utili- diviene abusivo, quando diviene intenzionale.
tà all' agente; ed, inoltre, che tutto ciò risulti dallo stato di fatto e da
elementi obiettivi senza che si debba procedere ad indagini intenzio- 18. Si è già detto come il sistema capitalistico abbia portato
nali. ad allontanare il concetto di abuso del diritto da quello basato sullo
Il riferimento, dunque, obiettivo dell' atto da reprimersi nell'am- « scopo» dell' agente, abbia abbandonato la proposizione secondo la
bito dell'abuso del diritto fa si che il codice svizzero (art. 2) si avvi- quale l'atto dannoso sarebbe di per sé lecito, se non messo in rela-
cini piuttosto al § 226 che al § 826 di quello germanico. zione con l'intenzione dell'agente: è, cioè, abusivo il comportamen-
Viceversa, il codice austriaco sancisce tale divieto facendo riferi- to, indipendentemente dalle finalità di chi lo pone in essere. L'abu"
mento all'intenzionalità del danno, tant'è che nel progetto di revisio- so, quindi, prende la strada dell'obiettività, viene cioè considerata
ne al codice si faceva espresso riferimento all'elemento soggetti- 1'« abusività » secondo parametri oggettivi.
vo (30), anche se detto progetto non ebbe seguito e ci si trovò in una Si parlerà più avanti dell' abuso del diritto nella concorrenza tra
posizione vicina a quella tedesca, facendo in realtà una fusione tra il imprenditori e della rilevanza dell'istituto di che trattasi in tale ma-
§ 226 e 826 del codice germanico. teria, così come in materia di correttezza nel comportamento tra de-
Il problema, rimane, però, a tutt'oggi, appunto nell'allargamen- bitore e creditore, e di cui si è già fatto cenno.
to del campo di applicazione dell' abuso del diritto e cioè anche nella Sé non si dà pertanto rilevanza alla intenzionalità dell'atto, lo
materia delle obbligazioni. Sembrerebbe che nelli ordinamento italia- stesso diritto non è più visto in senso soggettivo, non si riguarda il
no l'atto con cui si esercita il diritto sia considerato legittimo anche diritto in funzione egoistica di chi lo esercita, ma secondo una « fun-
se causa un danno ad altri. Il danno eventualmente arrecato, proprio zione sociale ». Non si parla più, infatti, di « diritti egoisti» ma di
perché non presenta il requisito dell'ingiustizia di cui all'art. 2043 « diritto-funzione» (31).
cod. civ., non determinerebbe il sorgere dell'obbligo al risarcimento. Dunque, « abusività », «diritto-funzione », sono termini che ci
Sarebbe, cioè, preclusa l'indagine sullo « scopo» dell'atto di eserci- indicano come l'istituto dell'abuso, dopo una prima precisa caratte-
. zio del diritto, e quindi sull'elemento subietti~o, che ha portato l'a- rizzazione, abbia- esteso la sua influenza in vari campi del diritto, per
gente ad esercitare il suo diritto, non arrecando cioè una utilità a se potere rivelare la sua « funzione sociale ». E questa idea di funzione
stesso e nello stesso tempo arrecando danno ad altri: danno sì, ma nel diritto privato si amplia sempre di più, tant'è che lo stesso con-
non ingiusto, dunque. cetto di diritto soggettivo viene a riséntirne: l'autonomia privata su
Non sempre, tuttavia, la visione letterale del codice soddisfa: in cui si fonda il negozio giuridico (categoria pure creata dalla dottrina)
effetti, proprio perché si ha un allargamento dell'indagine al riguar- viene intaccata, o meglio viene « controllata» dal principio di'repres-
do, dall'art. 833 cod. civ. all'art. 1175 cod. civ., per esempio, si ri- sione della « abusività »; le «libertà », di cui appunto all' origine di
scontra sicuramente un certo legame tra diritto soggettivo (e del suo queste dichiarazioni di volontà dei privati i cui effetti sono tutelati
abuso) e la responsabilità civile, poiché, tra l'altro, il diritto indivi- dall'ordinamento giuridico, sono pure limitate dallo stesso ordina-
duale deve assicurare una certa libertà nell'agire. mento giuridico nella loro discrezionalità.
Da una parte, si ha una configurazione del diritto «egoista », Addirittura, quando, per impedire l'abuso, il legislatore ponga
diritto, quindi, individuale che non tiene conto del sacrificio di altri dei divieti, si cade nella « illegalità », ed allora si potrebbe dire che,
solo quando il giudice abbia il potere creativo di reprimere un deter-
(30) v. § 152 del Progetto di revisione del codice austriaco che dice: « Chi arreca intenzio- minato comportamento, siamo nell'« abusività >~.
nalmente un danno ad altri, in un modo contrario al buon costume e all'ordine pubblico è
tenuto a risarcirlo. Se il danno venga arrecato mediante l'esercizio di un proprio diritto l'ob-
bligo di risarcire si ha solo quando l'esercizio del diritto non poteva avere altro scopo che
quello di. arrecare un danno ad altri l>. (31) Cfr. DABIN, Le droit subjecti/, Paris, 1952, p. 237 sgg.
36 L'ABUSO DEL DIRITTO ANALISI STORICO-COMPARATIVA 37

Una cosa è certa, e cioè che l'abuso del diritto non è una cate- di «impresa familiare », si parla, cioè, di «commercializzazione »,
goria metafisica, proprio perché si è sentito il bisogno di disciplinar- anche del diritto di famiglia.
lo, vuoi nell'ambito della legislazione, vuoi attraverso un giudice-legi- Se l'indagine storica ci ha portato a questo, il raggiungimento
slatore, anche a discapito di quelle libertà che ogni individuo ha nel- di tale meta è dovuto anche allo studio degli altri sistemi che han-
l'esercitare il suo diritto soggettivo, come quella rifacentesi alla auto- no contribuito a dare un contenuto al nostro: indagine, dunque,
pomia privata nelle contrattazioni. storico-comparatistica.
Se è vero che siè parlato di diritti che devono essere esercitati Chiaramente, questa indagine, ai fini di una influenza sul no-
civiliter (32), non è soltanto un « fatto civile» che esige quèsta tutela: stro ordinamento, deve tenere conto del tessuto sociale in cui si ri-
dove vi è tutela del diritto, non vi può non essere tutela dell' abuso flette: ogni paese ha, a sua volta, infatti, una sua caratterizzazione.
del diritto. Cerchiamo lo stesso di fare il punto, per poter proseguire e, cioè,
Rifiutiamo l'idea che, da una parte, vi sia una morale che pro- approfondire l'abuso del diritto, cosl come si ritrova nelle varie fat-
tegga in un certo modo coloro che vengono « toccati» dall'esercizio tispecie in cui ha avuto occasione di trovarsi sinora: ricordiamo che
del diritto altrui, separata dal « diritto ». Anche l'adempiere UtI debi- la « iniziale pratica occasione» è stata, infatti, quella dell' aemulatio.
to prescritto comporta una tutela giuridica in chi ha ricevuto il rela- Ma è stata solo l'inizio del discorso sull'abuso del diritto. Tale isti-
tivo pagamento e lo si vede nell'istituto delle cosiddette « obbligazio- tuto ha preso una piega totalmente diversa nel corso dei secoli.
ni naturali », dove - è vero - non si può costringere taluno ad Si diceva del tessuto sociale in cui l'abuso del diritto ha messo
adempiere dette obbligazioni, ma una volta che queste vengano le sue radici: il tessuto sociale, come si è accennato, è quello di una
adempiute, non si può esercitare l'azione di ripetizione. Si parla, in- popolazione dubbiosa se percorrere o meno la via «laica» nell'af-
fatti, anche da parte del legislatore, di « doveri morali o sociali »nel- frontare tale argomento; diritto sl, ma fino a che punto? Si è detto
l'art. 20.34 cod. civ. a proposito delle obbligazioni naturali. Esiste, al riguardo come i diritti devono essere esercitati civiliter. Si è det-
cioè, il diritto, in ogni caso; la legge non accorderà la relativa azione to anche che « il limite all'esercizio del diritto finisce per essere se-
di ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato (33). gnato da doveri che incombono a ciascun soggetto verso Dio, verso
se stesso, verso il prossimo» (34).
19. Traendo le prime conclusioni, dopo' aver esaminato il per- Una via laica e una via religiosa; anzi si parla di teoria « catto-
corso che ha fatto l'istituto in oggetto, possiamo confermare la preci- lica » (35) e di teoria « socialista », dove, da una parte, si dà rilevan-
sa caratterizzazione di esso nell' aemulatio, nel diritto romano-giusti- za giuridica alla moralità, dall'altra, alla socialità dell'atto di eserci-
nianeo, e la duttilità dello stesso a partire dalla civiltà industriale: zio del diritto.
addirittura, nel primo capitolo di questo lavoro abbiamo dato uno L'insegnamento, dunque, che si trae dall'esame delle codifica-
sguardo d'insieme all' abuso del diritto con le codificazioni moderne zioni moderne, specie di quella tedesca, è quello che, oggi, l'abuso
e, poi, abbiatno ritenuto di «tornare, indietro », volgere cioè lo del diritto ha consentito il passaggio, da una «morale dell'econo-
sguardo agli albori dell'abuso del diritto, e cioè al diritto romano; mia» di stampo liberale, ad una di tipo sociale (36). L'abuso, cioè, è
ora stiamo concludendo l1el senso che, forse, due sono gli i.stituti che stato, infatti, lo strumento che ha consentito una progressiva ero-
vanno ricompresi nell'abuso del diritto: 1) quello dell'aemulatio sic et sione del principio, su cui sono stati costruiti gli ordinamenti bor-
simpliciter di duemila anni fa; 2) quello di oggi che è soprattutto vol- ghesi, dell' assoluta discrezionalità e della immunità da ogni forma
to a controllare l'individuo nell'e~ercizio del suo diritto e, quindi,
delle sue facoltà; in una collettività, però, cpe non è più agricola, ma (34) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 222.
industriale, dove 1'« industrialità » è talmente esasperata, che si parla (35) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 222, che afferma precisamente: « La meditazione cat·
tolica sul problema giuridico dell' abuso rischia cosl di concludersi nella teologia morale, e
rischia di identificare l'abuso col « peccato », poiché la sanzione erogata dalla norma positiva
(;2) Cfr. DABIN, op. cit., p. 298. si aggiunge e presuppone la censura morale ».
(33) Cfr. G. LEVI, Il pagamento dell'indebito, Milano, 1989, p. 72 sgg. (36) Cfr. WIEACKER, Privatrechtsgerichichte der Neuzeit, G6ttingen, 1967, p. 518.

3. G. LEVI

I
38 L'ABUSO DEL DIRITTO

di controllo compiuta In nome della libertà e della autonomia pri-


vata.
Proseguendo, quindi, !'indagine, esamineremo la casistica offer-
ta dalla giurisprudenza per poter stabilire se l'abusQ del diritto si sia
effettivamente posto come « elemento dinamico di ,tutto il processo
evolutivo del diritto» (37). Andremo cioè ad esaminare come si sono CAPITOLO IV
scontrate nell'esercizio del diritto la « moralità» e la « socialità » del
relativo atto. Ad esempio, nell'ambito del negozio, che rilevanza giu- PUNTI DI RIFERIMENTÒ CODICISTICI
ridica possa avere il «motivo» dell'atto (della dichiarazione di vo- DELL'ISTITUTO DELL'ABUSO
lontà) e se maggiormente « meritevole di tutela» è la « causa» del
negozio (38).
SOMMARIO: 20. L'art. 833 cod. civ.: esegesi e casistica ai fini della ricerca dell'abuso del dirit-
Come si nota, l'abuso del diritto ha impregnato di sé l'ordina- to. - 21. L'art. 833 cod. civ. e gli altri diritti reali (estensibilità del divieto). - 22.
mento giuridico, non solo nei più vari settori del « privato », ma an- Natura degli atti emulativi. - 23. Gli atti emulativi nel condominio: il concetto di
che nel «pubblico ». Iniziamo, comunque, dall'esame delle norme «utilità economica l>. - 24. Gli artt. 833 e 2373 cod. civ.: delibere assembleari, con-
flitto di interessi e atto emulativo. - 25. Gli atti emulativi e la correttezza nelle tratta-
che hanno assorbito questo principio, con la relativa interpretazione tive pre-contrattuali. - 26. La buona fede nel rapporto obbligatorio e l'abuso del dirit-
giuri sprudenziale. to. - 27. Il diritto delle obbligazioni: la buona fede e la « fedeltà al contratto >l. - 28.
L'interpretazione della legge ex art. 12, 2° comma preleggi e art. 1337 cod. civ. - 29.
I principi generali del diritto e la sistematica legislativa a partire dalla attività negoziale.

20. L'art. 833, intitolato « atti di emulazione », è innovativo


rispetto al codice del 1865, che non contenev~ alcuna disposizione
circa un divieto di tal genere, anche se tale problema era molto sen-
tito, non tanto in riferimento all' abuso del diritto, che si poneva co-
me problema generale riguardante tutti i diritti soggettivi, quanto il}
riferimento agli atti emulativi (1).
Secondo la giurisprudenza della Cassazione, l'abuso del diritto,
qualificato dalla intentio nocendi, sarebbe considerato atto giuridica-
mente illecito e quindi darebbe luogo a responsabilità ex deltcto (2).
Secondo l'interpretazione data dalla giurisprudenza all' art. 833,
tuttavia, chi agisce in giudizio deve provare l'animus nocendi, ossia la
malvagia inten;done del proprietario di compiere atti emulativi. Si
dice, però, che, non essendovi alcuna presunzione in tal senso, diffi-
cile è fornire tale prova. Difficile, dunque, è l'applicazione di tale di-
sposizione e, del resto, tale interpretazione non si può non ricavare
da quella letterale della norma. Ma, proprio per evitare 1'« azzera-
mento» degli atti emulativi, la giurisprudenza ha esteso t'inter:preta-
zione, 4a cioè integrato l'intentio con l'elemento obiettivo della man-

(37) Sono le parole di ROTONDI, op. cit., p. 140. (1) Cfr. DE RUGGERO, Istituzioni, II, Messina, p. 352.
(38) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 230. (2) Cfr. Casso 4.7.1933, n. 2511, in Foro it., 1933, I, 1305.
40 L'ABUSO DEL DIRITTO PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISTICI 41

canza di utilità. Si è detto, infatti, recentemente, dalla giurispru- 1942), per esempio, in Germania, come, del resto, si è accen-
denza, che dai principi generali dell'ordinamento giuridico si ricava nato (5).
l'esistenza dell'istituto generale del «divieto di abuso del diritto »:
intendendosi per « abuso di diritto », l'esercizio o la rivendicazione 21. Se è vero che gli atti di emulazione fanno capo al diritto
giudiziale di un diritto che in astratto spetta effettivamente a colui dominicale, ossia alla figura della proprietà, se non altro per la collo-
che lo esercita o lo rivendica, ma, che, in concreto, non comporta cazione posta dal legislatore con 1'art. 833, che si trova proprio sotto
alcun vantaggio apprezzabile degno di tutela giur;idica a favore di il titolo Della proprietà, tuttavia non si può non pensare che l'atto
tale soggetto e comporta, invece, un preciso danno a carico di un emulativo possa essere anche compiuto da chi è usufruttuario o da
altro soggetto, e che viene esercitato o rivendicato proprio al solo, chi è titolare di una servitù o da un superficiario ecc.
esclusivo fine di cagionare un tale danno all'altro soggetto (3). La dottrina non ha avuto alcuna esitazione nel ritenere estensi-
Come si vede, si sposta l'indagine dall'elemento soggettivo a bile la norma di che trattasi, per cui l'abuso del diritto che, come si
quello oggettivo, proprio perché, altrimenti, la disposizione in esa- è accennato, contiene in sé 1'« atto emulativo» nel rapporto di genus
me verrebbe disapplicata, non potendo chi intende agire in giudizio a species, si sposta dalla sua tipica sedes materiae, quella della proprie..,
provare l' animus nocendi; molto più facile, invece, è per lui l'one- tà, per porsi a disposizione degli altri diritti reali (6).
re della prova riguardante l'evento dannoso e, soprattutto, l'inutili- Del resto anche la Corte Costituzionale (7) ha affermato che la
tà di tale evento per il soggetto che pone in essere l'atto. tutela della proprietà, prevista dall'art. 42, 30 comma, si estende an-
I! problema, quindi, è di carattere interpretativo dell' art. 833, chè ai diritti di usufrutto, uso e abitazione. Quindi, se nella norma-
ed, in particolare, di interpretazione estensiva della norma: vedia- tiva costituzionale non si riscontra alcuna incertezza sulla sua esten-
mo come la giurisprudenza, poco dopo l'entrata in vigore del codi- sibilità" evidentemente anche il legislatore, non costituzionale, non
ce del 1942, ha inteso. il suo significato. La Cassazione ha afferma- può non avere avuto lo stesso pensiero in ordine alla interpretazione
to al riguardo che, sebbene non possa discutersi che gli atti emula- da darsi all'art. 833.
tivi devonsi ritenere manifestazione degli atti di godimento, tutta- Tale estensibilità della norma, tuttavia, si riferisce anche al con-
via non può essere esclusa a priori l'esistenza degli estremi dell'e- dominio di edifici, nei rapporti tra le parti, oggetto di proprietà
mulazione anche in qualche atto di disposizione (4). Quindi, già su- esclusiva, tra loro, ed in relazione alle parti comuni, come ha soste-
bito dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, la giurisprudenza si nuto la giurisprudenza in una sentenza piuttosto recente (8). I! caso
è orientata verso una interpretazione non solo non letterale, ma riportato nella predetta pronuncia giurisprudenziale è interessante,
addirittura estensiva della norma. Addirittura si estende l'applica- perchç dimostra che, anziché procedersi, come si è detto, ad un « az-
zione non solo ai diritti reali di godimento, ma di disposizione, zeramento » della norma per le ragioni sopra esposte, questa cerca,
cioè si dice che non è affatto concepibile l'esistenza di un atto di viceversa, sempre più spazio, anche in questo ambito, particolarmen-
disposizione della cosa stessa da parte del proprietario o comunque te angusto.
dell'avente diritto, senza che un vantaggio benché minimo ne deri-
vi all'alienante. Ma l'estensione della norma non riguarda soltanto
(5) Reichsgericht 5.12.1933, in GCompDC, II, 1938, p. 250.
gli atti di disposizione; si estende anche all'esercizio di altri diritti (6) La dottrina che ha accolto tale interpretazione estensiva della norma è: Au.ARA, Atti
reali come l'usufrutto, le servitù ecc. Cioè l'art. 833 pone un prin- emulativi (dir. civ.), in Encicl. del diritto, IV, Mill\llo, 1959, p. 37, n. 7; TORRENTE, Emulazione
cipio generale (quindi non codificato), che si estende a tutti questi (dir. civ.), in Novissimo Digesto It., voI. VI, Torino, 1960; COSTANTINO, Contributo alla teoria
della proprietà, Napoli, 1967, p. 162; PERUNGIERI, Introduzione alla problematica della proprietà,
diritti reali, e più tardi anche ai rapporti obbligatori, come succe- Napoli, 1971, p. 196; COMPORTI, Contributo allo studio del diritto reale, Milano, 1977, p. 264.
deva già nella stessa epoca di transizione tra i due codici (1865- e) Cfr. Corte Cost., 11.7.1966, n. 95, in Giust. civ., 1966, III, p. 262.
(8) Cfr. App. Torino, 12.5.1971, in Giur. it., 1973, I, 2, 1146, dove si ravvisano gli
estremi dell'atto emulativo nell'opposizione di un condomino all'ammodernamento di un edifi-
(3) Cfr. Trib. Torino, 13.7.1983, in Rep. civ. e prev., 1983, p. 815. cio condominiale effettuata al solo scopo di arrecare agli altri condomini il maggior danno pos-
(4) Cfr. Casso 5.10.1948, n. 1683, in Giur. Casso civ., 1948, III, p. 726. sibile, senza ricavarne il benché minimo vantaggio.
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42 L'ABUSO DEL DIRITTO PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISTICI 43
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Ciò spiega perché si è voluta ampliare la sfera di operatività del- cazione, a maggior ragione, una volta codificato, esso non può non
la norma, dandosi prevalenza all'evento dannoso e quindi all'inutilità essere esteso, se non altro ricorrendo alla analogia (13).
per chi lo compie, piuttosto che all' elemento soggettivo, all' animus Ed allora, approfondendo il significato del divieto, sempre in ri-
nocendi, che ridurrebbe il divieto degli atti emulativi ad una sotto- ferimento al tema che si sta trattando, il limite da esso posto all'e-
specie dell' art. 2043, ciò che cQmporterebbe da parte dell' attore, coc sercizio della proprietà si è detto essere un limite estrinseco, perché
me si è già avuto occasione di dire, l'onere di provare tale elemento è qualcosa che si aggiunge alla proprietà, e non intrinseco. Ma non
soggettivo (9). potrebbe in realtà tale limite, proprio in conformità all'analisi giuri-
Non solo per una questione di applicabilità della norma, ma an- sprudenziale svolta, essere comune a tutti i diritti soggettivi, riferen-
che perché il legislatore, come si è visto, ha voluto questa « estensio- tesi al diritto di proprietà?
ne» (altrimenti a che cosa sarebbe servito l'art. 833?), il «baricen- In realtà, se si ponesse il divieto dell' aemulatio, come limite alla
tro» dell'atto emulativo si sposta dal soggetto all'oggetto: l'atto « funzione» della proprietà, non si potrebbe parlare di atti emulativi
emulativo, cioè, non è quello con cui il proprietario intende nuocere che sono vietati in quanto costituiscono un « eccesso» nell'esercizio
o recare molestia, ma è quello che in effetti reca molestia. del diritto soggettivo? (14). Ma, se si va nell'« eccesso », si esce dall'a-
Nondimeno, difficile è la prova che deve dare chi agisce in giu- rea della proprietà, fuori del suo esercizio, addirittura fuori dell' abu-
dizio sull'effettiva mancanza di utilità rispetto a chi ha posto in esse- so, che, proprio perché è un modo patologico di esercitare il diritto,
re l'atto: si richiede, cioè, più di una « minima utilità »; ma allora si trova nei confini di questo.
deve esserci una propòrziol1alità tra l'interesse che si intende realiz- Se si andasse nell'« eccesso », ossia « sviamento » di potere, non
zare e !'interesse sacrificato? (10). Ciò che è sicuro, che l'atto emulati- si parlerebbe, dunque, neppure più di abuso che, come si è detto,
vo non si pone come limite di diritto privato della proprietà, ma vuoI dire trovarsi all'interno del diritto. Il contenuto del diritto di
contiene un obbligo imposto dal legislatore, qualcosa che si aggiun- proprietà, infatti, può comprendere, in ipotesi, anche l'abutere, entro
ge al rapporto di proprietà, che costituisce una figura di rapporto limiti più ragionevoli nell'interesse sociale (15). Insomma atti, quelli
giuridico simmetrica rispetto a quella del diritto assoluto, cioè erga sanzionabili in tal senso, che, comunque, si ricollegano all'esercizio
omnes (11). del diritto. Un'indagine, dunque, da farsi è quella sul motivo dell' a-
zione, ma che, proprio perché rientrante nella sfera intima dell' agen-
22. Abbiamo accennato alla casistica in materia di atti emula- te, secondo dottrina autorevole, sembrerebbe inammissibile (16).
tivi, al fine 'di considerare meglio il significato della disposizione del- Da rilevare, infatti, che giustamente si è fatta una distinzione
l'art. 833. Abbiamo visto anche come la giurisprudenza abbia cerca- tra « atti del proprietario» ed « esercizio del diritto» (17). Si è detto,
to di estendere l'interpretazione dell'art. 833, seppure sempre nel· cioè, che non può esservi una identificazione tra atti del proprietario
l'ambito dei diritti reali (a quelli minori), e ciò in considerazione del e esercizio del diritto di proprietà. Ci si è chiesti, precisamente, se
fatto che, come è stato detto, già prima che il codice contemplasse tutte le «facoltà» del proprietario dirette al godimento della cosa
l'esistenza del divieto, essa ne ammetteva l'esistenza (12). siano da comprendere nel « contenuto» del diritto, oppure ne resti-
Sintomatico appare il fatto che, ancor prima della codificazione no fuori le possibilità materiali o facoltà naturali appartenenti alla
del divieto, si proibisse l'atto emulativo, tant'è che - si dice dalla sfera di libertà del soggetto. Ma, anche se dette facoltà vengono tu-
giurisprudenza -, se tale divieto esisteva ancora prima della codifi-
(13) Cfr. Corte Cost., 11.7.1966, n. 95, cito
('4) Cfr. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1952, v. II, parte I,
p. 250.
(9) Cfr. DOSSETII, Su un caso di atto emulativo tra condomini, in Giur. il., 1973, I, 2, ('5) Cfr. Casso Civ., II, 14.2.1949, n. 246, in Giur. Casso civ., 1949, II quadrimestre,
p. 1147. p. 73.
(10) Cfr. DOSSETII, op. cit., p. 1155. (16) Cfr. V. SCIALOJA, V. Aemulatio, in Encicl. giuro it., I, 2, 1892, p. 426 sgg.
(11) Cfr. G. LEVI, La proprietà immobiliare nella giurisprudenza, Padova, 1973 p. 1 sgg. (17) Cfr. GIORDANO, Gli elementi degli atti di emulazione, in nota a sentenza Cass.,
(12) Cfr. TABET, OTTOLENGHI, SCALITI, La proprietà, Torino, 1981, p. 36. 14.2.1949, cit., p. 74.
·.
44 L'ABUSO DEL DIRITTO PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISTICI 45

telate, per essere tutelato il diritto che le comprende, è stato detto Tuttavia il termine « utilità» deve essere inteso, ai fini dell' ap-
che tra « atti del proprietario» e «esercizio del diritto» esiste UJ1a plicazione dell'art. 833 nel senso di « economicità », cioè si deve par-
normale ma non necessaria correlazione (18). lare di «utilità economica », come del resto si sono espresse al ri-
Questo è il senso dato all'art. 833, dove alla comunanza dell'a- guardo alcune decisioni giurisprudenziali (21). Ciò, in conformità an-
spetto formale della titolarità del diritto dell'agente, sia agli atti che che allo spirito del codice civile del 1942 (a differenza di quello del
il proprietario può fare, sia a quelli che egli non può fare, si contrap- 1865), dove l'attività economica produttiva dell'impresa giunge a sa-
pone un aspetto contenutistico, dove gioca l'elemento materiale e so- crificare anche le « ragioni » del proprietario (22).
ciale, e precisamente l'interesse a protezione del quale la norma rico- Abbiamo detto che ci troviamo di fronte, nel caso citato, ad un
nosce il diritto soggettivo: elemento materiale, dunque, contenuto conflitto di interessi tra condomini, che offre l'occasione per stabili-
nel diritto soggettivo. re se ciò che conta, ai fini dell'applicazione o meno dell'art. 833, è
Se, dunque, vi è correlazione (normale), e non identità, tra « at- l'utilizzazione del bene e, precisamente, 1'« utilizzazione concreta »,
ti del proprietario» ed « esercizio del diritto di proprietà », la man- nell'ambito dell'esercizio della proprietà, inteso, questo esercizio, in
canza di utilità è proprio quella che fa cessare tale correlazione. È modo razionale, tant'è che, al riguardo, si è parlato di « razionalizza-
proprio la mancanza di utilità, indipendentemente dall'elemento sog- zione » dell'esercizio (23).
gettivo (animus nocendi), a rendere incompatibile la signoria sulla co- Ripetiamo, dunque - e l'analisi giurisprudenziale di cui sopra
sa (di cui appunto al diritto di proprietà), senza che, peraltro, si deb- ce lo conferma - che non è tanto l'elemento psicologico quello che
ba parlare al riguardo di incongruenza o sviamento dell'atto (19). conta ai fini dell'individuazione dell'atto emulativo e, quindi, ai fini
della disposizione del suo divieto, ma il risultato che l'azione deter-
23. Per poter meglio conoscere l'aemulatio, riteniamo che il di- mina; è l'atto emulativo che effettivam.ente arreca molestia, che va
scorso possa essere approfondito prendendo come spunto alcuni casi, proibito, non quello con cui il proprietario intend~ 1;luocere o arreca-
come quelli, per esempio, dell'atto emulativo tra condomini (20). re molestie.
È stato, infatti, ritenuto costituire atto emulativo l'opposizione TaIe considerazione è «tangibile» nello stesso progetto per il
di un c01;ldomino all' ammodernamento di un edificio, quando questo nuovo codice civile, dove, per evitare la cosiddetta « cristallizzazio-
agisca al solQ evidente scopo di arrecare agli altri condomini il mag- ne» del condominio, cui poteva portare l'art. 677 del codice del
gior danno possibile, senza che da tale comportamento possa derivar- 1865 (24), tale norma, con cui si chiedeva il consenso di tutti i con-
gli il minimo vantaggio. . domini per l'effettuazione di innovazioni (riconoscendosi, quindi, lo
Nell'ambito dell'« utilità », abbiamo visto come la sua mancan- ius prohibendi del singolo condomino), veniva ritenuta « espressione
za, indipendentemente dall' animus nocendi, possa dar luogo ad atti di un concetto egoistico ed esclusivista del diritto di ciascun condo-
di ernulazione e, proprio nel caso, si verifica una situlilzione in cui vi mino » (25).
è conflitto di interessi tra condomini di maggioranza e condomini di Proprio !'introduzione dell' art. 1120 nel nostro codice dimostra
minoranza, condomini che, nella specie, intendono ricostruire un come gli interessi inqividuali debbano essere subordinati a quelli del-
edificio con gli opportuni ammodernamenti e condomini (di mino- la collettività. Ma il divieto di cui all'art. 833 è da considerarsi nor-
ranza) che, viceversa, intendono rispristinare l'edificio esattamente ma sussidiaria, qualora, come nel caso, altre norme, tra cui quella del
com'era..
(21) Cfr. Trib. Verona, 17.4.1956, in Corti Brescia e Venezia, 1957, p. 72; Trib. Napoli,
8.4.1957, in Riv. giuro edil. , 1958, I, p. 35; Trib. Udine, 14.2.1969, in Giur. merito, 1970,
p. 308.
(18) Cfr. BETTI, Teoria generale del negoZio giuridico, Torino, 1943, p. 17 sgg. e p. 54; (22) Cfr. RESCIGNO, Per una rilettura del codice civile, in Giur. it., 1968, IV, C. 208 sgg.
BETTI, Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949, p. 275; CARIOTA FERRARA, (23) Cfr. DOSSETTI, op. cit., p. 1147.
Il negozio giuridico, Napoli, 1947, p. 375-495. (24) Cfr. Relazione della Commissione Reale al Progetto per il nuovo libro sulla proprietà,
(19) Cfr. GIORD,ANO, op. cit., p. 75. p. 141.
(20) Cfr. App. Torino, 12.5.1971, in Giur. it., 1973, I, 2, 1146. (2') Cfr. DOSSETTI, op. cit., p. 1150.
46 L'ABUSO DEL DIRITTO
r PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISTICI 47

1120, indichino quali interessi abbiano la prevalenza in caso di loro Osserviamo al riguardo, che, se è vero che esiste questa valu-
conflitto, come qualcuno ha sostenuto? (26). tazione discrezionale dei propri interessi da parte dell'assemblea,
Secondo noi, non di « norma sussidiaria» si deve parlare, ma di secondo alcuni il giudice può, a sua volta, valutare la inopportunità
un «principio », attorno al quale ruota il concetto di abuso del di- della deliberazione per eventualmente pronunciare l'anniillamento
ritto. per conflitto di interessi, così come al giudice è concesso di esami-
nare l'opportunità degli atti compiuti dal proprietario per conside-
24. Riteniamo che, nell'ambito del conflitto di interessi, si rarli, eventualmente, come « atti emulativi» (29).
possa far posto a quello che avviene in sede di deliberazioni assem- Altri hanno 'notato, che, nel caso, potrebbe trattarsi di «ec-
bleari. Ci spostiamo, ciòè, dalla tematica del condominio a quella cesso di potere », perché il voto nelle delibere assembleari è dato
societaria, con ciò verificandò come l'atto emulativo, «tassello» non solo nell'interesse proprio, ma anche nell'interesse altrui (30).
dell'« abuso del diritto », debba affrontarsi appunto, come si è det- In realtà, se si guarda proprio al fine cui tende il vòto, si nota
to, non « per norme », ma « per principi ». come questo è una dichiarazione negoziale che, se viene considerata
Precisamente, la figura dell' atto emulativo trova una sua collo- come atto della società e non dei soci di maggioranza, presenta i ca-
cazione in materia di deliberazione di assemblea di società per ratteri dell' atto emulativo perché presa al solo scopo di nuocere alla
azioni, con la quale la maggioranza, senza perseguire alcun interes- minoranza. « Se, invece, la dichiarazione viene considerata quale at-
se sociale, faccia prevalere il proprio interesse extra-sociale sull'in- to dei soci di maggioranza, allora essa perde il carattere emulativo
teresse della minoranza. perché questi, nell'ipotesi, hanno voluto sì nuocere alla minoranza,
Il caso, per esempio, è quello della maggioranza dell' assemblea ma allo scopo di procurare un vantaggio a se stessi» (31). Ciò, pro-
che, per rafforzare la propria posizione nella società, delibera un prio perché il divieto degli atti emulativi, in questo caso, dipende da
aumento di capitale indipendentemente da ogni interesse sociale e una violazione del dovere di correttezza nell' ambito contrattuale.
in un momento in cui possa approfittare della impossibilità finan- Difatti i soci e la società sono legati da un vincolo contrattuale
ziaria della minoranza di concorrere all' acquisto delle nuove azioni. ed « il dovere di correttezza, dal quale discende il divieto degli atti
Cosa si intende per interesse sociale? Vediamo, cioè, se il te- emulativi, è molto più spiccato fra soggetti legati da un vincolo con-
ma può essere ricondotto in quello di «utilità economica », di cui trattuale quale il socio e la società, che non fra il proprietario (al
abbiamo fatto cenno nella configurazione dell' atto emulativo. Ora, quale si riferisce l'art. 833) e il terzo qualsiasi che può essere dan-
in particolare, è stato detto in giurisprudenza (27) che il giudice, nel neggiato dagli atti emulativi di questo» (32).
giuèlicare sull'impugnazione di una deliberazione assembleare di so- Quindi, si opera « per principi »; non si tratta di applicazione
cietà per azioni da parte di azionisti dissenzienti, non si deve limi- analogica della disposizione dell'art. 833, ma Fatto emulativo è insi-
tare a sindacare la legittimità formale, ma può esaminare la situa- to nelle norme degli artt. 1337 e 1375 cod. civ., che impongono la
zione finanziaria della società, se siano da considerarsi o meno buona fede nella formazione e nell'esecuzione dei contrattI.
fraudolenti o lesive degli interessi della minoranza i provvedimenti
deliberati dall' assemblea in ordine alla modificazione dello statuto. 25. Abbiamo visto come l'abuso del diritto non si trovi soltan-
È stato detto in dottrina (28) che il giUdice non avrebbe il po- to nell' ambito dei diritti reali, ma anche in quello contrattuale, pro-
tere di incidere sulla volontà dell' assemblea, che ha discrezionalità prio perché l'altra faccia di esso è costituita dalla« correttezza », sia
nella valutazione dell'interesse sociale.
(29) Cfr. in tal senso P. TRIMARCHI, Invalidità delle deliberazioni di assemblea di società
(26) Cfr. DE MARTINO, Della proprietà, nel Commentario al codice civile di Scialoja e per azioni, Milano, 1958, p. 171.
Branca, libro III, Della proprietà (art. 810-956), Bologna-Roma, 1968', sub. art. 833, p. 133. (30) Cfr. CARNELUTTI, Eccesso di potere nelle deliberazioni delle assemblee nell'anonima, in
(27) Cft. Casso 12.5.1951, n. 1177, in Rep. Giur. it., 1951, v. Società, nn. 110-113. Riv. dir. comm., 1926, I, p. 176.
(2S) Cfr. A. SCIALO]A, Sui poteri del Giudice nel procedimento di impugnazione di delibera- (31) Cfr. P. TRIMARCHI, op. cit., p. 174.
zioni assembleari, in Foro it., 1951, I, p. 694. (32) Cfr. P. TRIMARCHI, op. cit., p. 175.
F~

I 49
48 L'ABUSO DEL DIRITTO
I PUNTI DI RIFERIMENTO CODICrSTICr

nell' esecuzione del contratto, sia nella formazione dello stesso, anZI renza il comportamento potrebbe corrispondere all'esercizio del dirit-
durante le trattative. to; nella sostanza tale comportamento non sarebbe « congruo» con
Si è «letto », dunque, l'art. 1375 (secondo il quale il contratto lo scopo oggettivo per il cui raggiungimento esso è stato riconosciuto
deve essere eseguito secondo buona fede) nel senso che esso deve es- dall'ordinamento (36).
sere eseguito appunto secondo determinati crismi, tenendo cioè un Fatta, dunque, una correlazione tra buona fede e abuso del di-
determinato comportamento (comportamento che può estrinsecarsi, ritto, in questo senso, troviamo che, effettivamente, l'abuso non si
anche, come abbiamo visto, nella maggioranza, in caso di delibera trova soltanto nella sfera della proprietà, ma anche nella attività pre
assembleare, che si valga del proprio potere in assemblea al solo sco- negoziale, prima ancora che si formi un rapporto intersoggettivo tra
po di danneggiare la minoranza). debitore e creditore, prima cioè della formazione del contratto.
Abbiamo visto, però, che, secondo autorevole dottrina (33), non La formazione del contratto, per esempio, non è istantanea,
basta la violazione del principio della buona fede, non basta l'atto quando si debbano concludere per corrispondenza contratti a distan-
scorretto, per l'individuazione dell'atto emulativo e, quindi, farne za, e, proprio per questo, l'iter per arrivare alla conclusione del con-
scattare il divieto, ma è necessario che tale atto non produca alcuna tratto può essere lunga fra proposte e accettazioni continue da una
utilità, per chi l'ha posto in essere. parte e dall' altra. Durante questo iter può capitare che taluno senza
Questo può avvenire anche nel periodo pre-negoziale, e non so- un giusto motivo interrompa i contatti con l'altra parte, violando in
lo perché l'art. 1337 afferma che le parti nello svolgimento delle questo caso il dovere di correttezza. Ma si tratta di atto emulativo,
trattative e nella formazione del contratto devono comportarsi se- quando a' tale atto scorretto si accompagni la mancanza assoluta di
condo buona fede. utilità da parte dell' altro, quando il primo receda al solo scopo di
T aIe obbligo di correttezza e buona fede nelle trattative deve nuocere. Non basta, cioè, avere rotto le trattative tenendo, quindi,
essere inteso in senso oggettivo; non occorre cioè ricercare ed accer- un comportamento contrario alla buona fede, ma tale comportamen-
tare un particolare comportamento soggettivo di mala fede, determi- to deve essere privo di qualsiasi vantaggio per chi l'ha posto in esse-
nato dalla malvagia intenzione di recare pregiudizio all'altro (34). re. In effetti, se parliamo di atto emulativo, non possiamo discostar-
Quindi deve essere sanzionata l'attività in cui si estrinseca il ci dal tenore dell'art. 833.
comportamento, nocivo per gli altri e di nessuna utilità per chi lo
pone in essere. Insomma il termine « buona fede », avendo carattere 26. Passando ora dalla fase delle trattative alla formazione del
oggettivo, equivale appunto a correttezza (35). Il caso è quello della vincolo contrattuale, osserviamo che di buona fede, in realtà, nel no-
interruzione delle trattative all'unico scopo di nuocere all' altra parte stro codice si parla soprattutto in relazione a questo vincolo e, co-
e non per un vantaggio proprio. Si è accostata la buona fede all' abu- munque, a seguito del rapporto obbligatorio.
so del diritto, nel senso che si è riscontrata l'esistenza dell'abuso nel Non a caso il legislatore ha collocato l'art. 1175 cod. civ., dove
quadro dell'attività negoziale privata. si afferma che il debitore e il creditore devono comportarsi secondo
Si è, cioè, parlato di abuso, non solo con riferimento alla pro- le regole della correttezza, nelle disposizioni preliminari delle obbli-
prietà, ma anche al credito, così come ai diritti attinenti alla perso- gazioni in generale (capitolo I, titolo I, libro IV Delle obbligazioni).
nalità del soggetto (art. 2598, n. 3 cod. civ.), come vedremo. Abbiamo visto come il § 242 del BGB, dove la buona fede è
Anche nell' ambito delle trattative, vi può essere il caso in cui in estesa a tutti i rapporti obbligatori, possa paragonarsi al nostro art.
astratto vi sia conformità del comportamento del soggetto al conte- 1175 cod. civ. e come, anche antecedentemente al rapporto obbliga-
nuto del suo diritto, ma in concreto esso sia « scorretto »: all' appa- torio, nel periodo cioè delle trattative, si possa parlare di correttezza
e possa, viceversa, individuarsi quindi l'atto emulativo, in caso di
scorrettezza. Ma abbiamo detto anche che, perché si integrino gli
(H) Cfr. P. TRJMARcm, op. cit., p. 174.
(34) Cfr. Cass., 5.9.1952, n. 2843; Cass., 17.1.1981, n. 430.
(35) Cfr. DEll' AQUILA, La correttezza nel diritto privato, Milano, 1980, p. 41. (36) Cfr. BIGLIAZZI, Digesto W, v. Buonafede nel diritto civile, Torino, 1988, p. 187.
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I
I

50 L'ABUSO DEL DIRlTTO PUNTI DI RlFERIMENTO CODICISTICI 51

estremi dell'atto emulativo, è necessario che all'attività dell'agente si Dalla correttezza, che si evince, come si è visto, anche nella at-
accompagni una sua utilitas. tività pre-nego~ia1e, nella formazione del vincolo, si può passare
Con l'intensificarsi del commercio anche internazionale, la man- quindi al contratto, in r!fermento all'affidamento reciproco che le
canza di correttezza deve essere intesa come qualcosa che sconfina i parti danno ad esso, tant'è che si parla di buona fede e fedeltà al
limiti dell'atto emulativo, tanto che si parla di. abuso del diritto da contratto. Si è detto al riguardo che « l'una parte nel rapporto obbli-
un punto di vista quantitativo, quando vi è cioè una sproporzione gatorio è pronta ad adempiere le aspettative di prestazione della con-
tra vantaggi e svantaggi da una parte e dall'altra. Si va, cioè, oltre i troparte » (40).
limiti ristretti di cui all'art. 833, ed altri elementi vanno ad integrare Si parla, in effetti, di « aspettative », che riguardano anche il
gli estremi dell'abuso del diritto (al dr là dell'utilitas dell'agente) e caso di eventuali dichiarazioni di revoca o rifiuto nella formazione
cioè la buona fede, la correttezza: nQn vi è più identificazione tra del contratto, nell'attività, cioè, pre-negoziale. Di qui, anche-la con-
l'atto emulativo e l'abuso del diritto, ma vi è abuso del diritto, là siderazione fatta da alcuni (41), che il legislatore avrebbe dovuto di-
dove si riscontra un suo uso distorto, proprio per quella «onestà sciplinare tutta una serie di comportamenti relativi alle operazioni
mercantile » che deve favorire lo sviluppo dei traffici (37). che conducono alla conclusione del contratto, in contraddizione, pe-
Se ci si porta, quindi, su un'area di « principi », piuttosto che rò, con il fatto che essi, posti di fronte all'art. 1337 cod. civ., ne
di « norme », coerentemente a quanto sosteniamo in ordine al con- hanno limitato l'applicazione al « recesso arbitrario ».
cetto di abuso del diritto, non possiamo facilmente ritrovare la Viceversa, opportuno sarebbe allargare il campo di applicazione
« buona fede» in un campo che non sia quello contrattuale', e cioè in dell'art. 1337, in modo da ricomprendersi in esso tutte quelle even-
tema di responsabilità extracontrattuale, tp.entre abbiamo detto, fa- tuali attività pre-negoziali, che si possono indicare, esemplificativa-
cendo riferimento alla « correttezza », che essa trova terreno fertile mente, oltre che nella proposta e accettazione, anche nella revoca,
comunque in tema di rapporto obbligatorio, indipendentemente dalla nel rifiuto e nei vari comportamenti omissivi, quali l'omessa revoca,
fonte da cui esso deriva. rifiuto ecc.
Stiamo, infatti, esaminando l'art. 1175 e, solo successivamente Se, allora, l'art. 1337 deve avere dimensioni più ampie, esso de-
imboccheremo la strada prima del « contrattuale» e poi dell'« extra- ve ricomprendere non solo la « correttezza », ma la buona fede; anzi,
contrattùale », ma sinora il discorso è comune. A conferma di que- tale norma deve anch'essa, come l'art. 833 e l'art. 1175, rientrare in
sto, è stato osservato, come si è accennato, che l'abuso va oltre i quell'area, che trova il suo denominatore comune nell'abuso del di-
rapporti intersoggettivi, è un problema sociale (38). Esso si estende al ritto.
campo delle libertà, delle facoltà, che vanno ben oltre alla aspettati- La bùona fede obiettiva torna, dunque, in auge al fine di spie-
va creata dal singolo negozio. Si è parlato al riguardo, come abbiamo gare diversi fenomeni, o meglio al fine di dare una giusta sistematica
visto, anche di « prerogative» (39). legislativa a questo concetto limitativo dell'esercizio del diritto.
Anzi, la buona fede si accompagna, o meglio coesiste, con altri
criteri « elastici », quali l'equità, la diligenza, l'ordine pubblico e il
27. Abbiamo parlato di correttezza anche correlandola alla buon costume, e, questo, proprio al fine di garantire la certezza dei
buona fede, per individuare con maggior precisione il concetto di rapporti, la sicurezza e la speditezza dei traffici (42).
abuso del diritto assurto a livello di principio, come intendiamo di- Dunque, se vogliamo rifarci al nostro codice - per avere un
mostrare, principio di cui sono impregnati, non solo i diritti reali, punto di riferimento - e, cioè, non solo alle norme sopracitate, ma
ma i diritti di credito. anche a quella dell'art. 1337, vediamo come un certo canone di con-

(37) Cfr, WEBER, op. cit., p. 191. (40) éfr. BETI'!, Teoria generale dell'obbligazione, I, Milano, 1953, p. 76.
(38) Cfr. CAITANEO, op. cit., p. 637. (41) Cfr. PrETROBON, L'errore nella dottrina del negozio giuridico, Padova, 1963, p. 105.
(39) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 210 sgg. (42) Cfr. CAITANEO, op. cit., p. 630.
52 L'ABUSO DELDIRÌTTO

dotta deve essere tenuto sia nelle trattative, sia nella formazione, sia
nell'esecuzione del contratto, come vedremo: l'idea è quella, non
r PUNTI DI RIFERIMENTO CODICISnCI

sanzionato il modo scorretto di agire nelle attività negoziali e pre-ne-


goziali.
53

tanto di « limitare» la libertà contrattuale, ma anzi di assicurare il In sostanza, la buona fede, così intesa, fa da sfondo alla con-
funzionamento del sistema fondato sull'autonomia privata, proprio trattazione tra privati e, nello stesso tempo, è strumento proprio de-
per agevolare il commercio. gli ordinamenti fondati sull'iniziativa economica privata (45). Autono-
Ad un libero gioco di domanda e offerta si contrappone una in- mia nella contrattazione e, nello stesso tempo, uguaglianza tra i sog-
dicazione delle cosiddette «regole del gioco », che non vietano di getti, parti del contratto. Tale «buona fede », come è stato det-
comportarsi in modo immorale nei rapporti intersoggettivi, purché si to (46), non è portatrice di istanze rivolte alla riforma radicale di un
proceda con un minimo di lealtà (43). Ed allora si ritorna al brocardo ordinamento, ma favorisce soltanto una razionale evoluzione del si-
latino citato nelle premesse e cioè: non omne quod licet honestum est. stema esistente, entro i limiti segnati dai principi generali di
La libertà contrattuale deve essere limitata in funzione di « una esso (47).
astratta eguaglianza tra i soggetti privati che prendono parte alla vita Buona fede, dunque, anche come principio regolatore dell' auto-
dei traffici» (44). nomia privata. E n,on è vero che l'abuso del diritto si astrae dal rap-
porto intersoggettivo derivante dal vincolo contrattuale e che esso
valuti gli interessi che non attengano ad un vincolo determinato.
28. Sappiamo che, se una controversia non può essere decisa Proprio perché l'abuso del diritto è teso a valutare gli interessi da un
con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che re- punto di vista di principi generali di tutto l'ordinamento, in esso si
golano casi simili o materie analoghe ex art. 12, 2° comma preleggi. ricomprendono tutti i rapporti obbligatori, anche se il discorso va ol-
Nell'interpretazione dell' art. 1337, qualcuno ha sollevato il pro- tre il semplice diritto soggettivo, ma ha una valenza più ampia fino
blema che, in effetti, se tale norma non abbraccia tutte le possibilità ad arrivare, come si è accennato, alle libertà ecc. Non si tratta di im-
di attività prenegoziale, e cioè i vari comportamenti attinenti ad essa perativi « etici e sociaJi » (48), ma essi vengono calati nella realtà di
(anche omissivi), ai fini di stabilire se in essi ricorra quella buona fe- tutti i giorni, ossia nella casistica giurisprudenziale, a cui più volte
de obiettiva di cui si è parlato, correlata alla correttezza sino ad arri- abbiamo fatto riferimento.
vare a quel comportamento che non dia luogo all'« abuso del dirit-
to », perché inteso a limitare la libertà contrattuale quando questa 29. Sappiamo anche che, se, malgrado l'analogia, il caso rima-
sia fuori dalle cosiddette « regole del gioco », è necessario o ricorrere ne ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell' ordina-
alla analogia o, sempre in conformità al disposto dell'art. 1337, ai mento giuridico dello Stato ex art. 12, 2° comma, disposizioni sulla
principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. legge in generale.
Possiamo dire, a questo punto, che è lo stesso legislatore che Abbiamo visto che l'iter perseguito, nell'interpretazione della
qui ci indica la strada affinché una norma, anche al di là di quelle norma, è quello che passa attraverso la via analogica; si inizia così un
del codice, sia comprensiva di tutte le attività accennate. Si è parlato processo di « generalizzazione », sino ad arrivare ai cosiddetti « prin-
proprio a proposito delle dichiarazioni attinenti alla formazione del cipi generali ». Proprio avendo questa possibilità di interpretazione,
contratto, di « abuso », per esempio, nel caso in cui questa sia otte- con una estensione di questo tipo, si dà maggiormente spazio all'ope-
nuta con circonvenzione, inganno, minaccia. In questi casi la buona ra del giudice: da una parte, quindi, rilevante è la casistica giuridica,
fede obiettiva non incide sui singoli comportamenti, ma porta alla dall'altra, vi è la possibilità dell'interprete di spingersi sino a giun-
inefficienza di alcuni elementi della fattispecie negoziale ed, in ulti-
ma analisi, se il contratto si è formato, alla sua invalidità. Così viene
(45) Cfr. CATIANEO, op. cit., p. 633.
(46) Cfr. LOMBARDI, Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1967, p. 247.
(43) Cfr. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto e procedura civile, II, Napoli, 1934, p. 309. (47) Cfr. GADOW, Die Einrede der Arglist, in ]herings ]., p. 188.
(44) Sono le parole di CATIANEO, op. cit., p. 633. (48) Cfr. CATIANEO, op. cit., p. 636.

4. G. LEVI
54 L'ABUSO DEL DIRITTO

gere a quelle « tendenze generali» alle quali, peraltro, il legislatore


nella formulazione delle singole norme, è rimasto fedele (49).
Di qui anche la considerazione che questi principi danno una
organicità .al sistema, soddisfacendo, quindi, esigenze sia pratiche,
sia teoriche.
Proprio percorrendo la strada della « generalizzazione », per ar- CAPITOLO V
rivare ai principi generali al fine di dare organicità al sistema, o~se~­
L'ABUSO DEL DIRITTO NELLA ATTIVITÀ NEGOZIALE
viamo che esso ricomprende in sé, come si è osservato, non solo 1 d1-
ritti, ma le potestà; non solo cioè i diritti soggettivi sono « interessa-
ti» all'abuso, ma, anche, soprattutto, i diritti potestativi, dove, ad
SOMMARIO: 30. I vizi del volere: l'incapacità di agire e la rappresentanza. - 31. L'abuso di
una posizione attiva del titolare, dovrebbe corrispondere una mera mandato. - 32. L'abuso del diritto nella rescissione. - 33. L'art. 1448 cod. civ. e
soggezione del destinatario, a differenza dei. diritti soggettivi,. dove, l'art. 644 cod. peno - 34. Il codice germanico e l'abuso nel caso di rescissione del con-
ad una situazione del titolare, dovrebbe corr1spondere un obbhgo del rratto: rescissione o annullamento? - 35. La riduzione ad equità e l'abuso del diritto.
- 36. Buona fede e abuso del diritto nel contratto. - 37. L'abuso del diritto nella at-
soggetto passivo. . tività negoziale, non ex contractu, ma ex lege.
Tuttavia le figure delle potestà sono « a monte» anche d1 rap-
porti intersoggettivi, così come le « libertà », le « prerogati~e »..
30. Siamo dunque nell'ambito della attività negoziale, e preci-
« A monte» cioè di aftività negoziali si riscontrano, mfattl, del
samente nel contratto: tra i requi,siti sappiamo che l'art. 1325 cod.
resto come si è accennato, le «libertà »; precisamente, nell'ambito
civ. dispone che vi sia accordo tra le parti, che nasce appunto dal-
contrattuale, sempre in riferimento ai principi generali del diritto, si
l'incontro delle dichiarazioni di volontà.
tende , da parte del legislatore, a tutelare le. « libertà
.. di volere », .tan- A questo punto il discorso, ai fini di stabilire dove si individua
t'è che esso interviene quando, per esemp10, V1 S1a una sproporZlOne
l'abuso del diritto, porta necessariamente ad esaminare come viene
tra prestazioni; può, cioè, proteggere l'equilibrio tra le presta~ioni
protetto quell'interesse di natura patrimoniale, che l'ordinamento tu-
collegandolo con la protezione della libertà del volere. ProtezlOne,
tela, allorché le parti si siano accordate, come si è detto.
cioè contro l'abuso, che si può verificare in diversi casi: nell'ipotesi
del ~ontratto concluso dall'incapace naturale; nell'ipotesi del contrat-
Ora, in riferimento alla capacità di intendere e di volere e,
quindi, all'interesse cui si riferisce l'attività negoziale, si è portati a
to concluso in caso di necessità o pericolo; nell'ipotesi di contratto
trattare della rappresentanza, in particolare della rappresentanza le-
concluso sotto la minaccia dell'esercizio del diritto (50).
gale (artt. 327-328 cod. civ.), di coloro cioè che o legalmente o vo-
Esamineremo, dunque, nei prossimi paragrafi l'abuso nel campo
lontariamente (art. 1395 cod. civ.) o, addirittura, attraverso una rap"
contrattuale, in riferimento ai vizi del volere, ai comportamenti con-
presentanza organica (art. 1391 cod. civ.), fanno dichiarazioni di vo-
trattuali sproporzionati. I temi, cioè, che si dovrann~ s~olgere sara~­
lontà, i cui effetti ricadono in capo a colui che ha la capacità giuridi-
no dunque quelli dell'incapacità di agire, della reSC1SS10ne, della h-
ca (minore, interdetto), ma non la capacità di agire: rappresentanza,
bertà associativa, dell'abuso di posizione dominante ecc.
infatti, che viene definita dalla dottrina come quel meccanismo giuri-
dico per il quale la volontà negoziale viene formulata e dichiarata dal
soggetto (rappresentante), mentre gli effetti del negozio fanno capo
ad un soggetto diverso (rappresentato) (1).
Il cosiddetto « abuso di potere» si avrà dunque, quando vi sarà
conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato, si avrà cioè
(49) Cfr. M. ROTONDI, L'interpretazione della legge, in Novissimo Digesto il., Torino,
1962, p. 900 sgg.
(50) Cfr. SACCO, Il contratto, in Trattato di dir. civ. il., Torino, 1975, p. 275. (1) Cfr. TRIMARCm, Istituzioni di diritto privato, Milano, 1989, p. 256.
56 L'ABUSO DEL DIRITTO
ABUSO DEL DIRITTO NELL'ATTIVITÀ NEGOZIALE 57

quando il rappresentante abuserà del suo «potere di rappresen- prestazione con puntualità e precisione in perfetta corrispondenza al
tanza ». suo contenuto, siamo fuori del mandato e siamo anche nell' abuso (3).
Si parla, perciò, in tal caso, di qualcosa che sta « a monte» del Nell'ambito della rappresentanza, l'abuso sarebbe circoscritto,
diritto, che è appunto il « potere» che può derivare, come si è det- come si è visto, dal legislatore nell'ambito della disposizione dell'art.
to da una rappresentanza volontaria, organica o legale. 1394 cod. civ. (conflitto di interessi); nell'ambito, invece, del man-
, Chiaramente, tuttavia, il negozio con cui viene conferita la rap- dato, l'abuso non viene circoscritto dal legislatore in una norma, non
presentanza è la « procura », ed allora quando si parla di abuso, si fa si riferisce cioè solo alle situazioni di conflitto di interessi, ma « in
un ulteriore gradino, sino ad arrivare all'« abuso della procura ». Il esso si dovrebbe far rientrare qualunque fattispecie di negligente cu-
rappresentante, cioè, dovrà compiere gli atti che sono indicati dalla ra dell'affare da parte del mandatario» (4).
procura: quindi, si avrà abuso tutte le volte che. ~ rappresentant~ Dunque, nell' abuso del mandato rientrano tutte le figure che
avrà oltrepassato « i limiti» della procura, o, addmttura, quando SI non riguardano solo l'eccesso di mandato. Quando si parla di « abu-
sarà simulata l'esistenza della procura. so », anche terminologicamente si « generalizza» e, a questa stregua,
Nel caso in cui il rappresentante abbia travalicato i limiti, egli l'abuso comprende a sua volta anche 1'« eccesso ». In realtà nel man-
può sostenere di avere agito in buotla fede, cosa, evidentem~nte, im- dato si è tesi a circoscrivere l'abuso nell' ambito di dolosa utilizzazio-
possibile nel caso abbia travalicato i limiti della procur~. SIamo, co- ne del mandato da parte del mandatario per la cura dell'interesse
munque: sempre, in tema di « conflitto di interessi ». L'abuso in tal proprio o di un terzo e a danno dell'interesse del mandante (5).
senso non è solo quello di avere fatto « cattivo uso» della procura, La delimitazione, fatta in sede di rappresentanza da parte del
ma è quello che indica il « contrasto tra il fine cui deve naturalment~ legislatore nel caso di abuso, ha una sua rilevanza, se si pensa che, in
tendere l'attività del rappresentante ed il fine, cui, invece, questa sI materia di rappresentanza, si sente l'esigenza di tutela dell' affida-
è diretta deviando dai confini della procura » (2). mento (incolpevole) dell'altro contraente che emerge nell'art. 1394
Evidentemente la conseguenza del superamento dei limiti della cod. civ., oltreché dalla necessità della conoscenza (o conoscibilità)
procura comporta una responsabilità del rappresentante, obbliga cioè del conflitto di interessi da parte del terzo.
il rappresentante a rispondere con il suo patrimonio. L'abuso, viceversa, del mandato, ha, come abbiamo detto, un
campo più vasto di applicazione, riguarda cioè tutti gli inesatti
31. Nel compimento di atti giuridici per conto, o in no~e ~ adempimenti dell'obbligazione di cui all'art. 1703 cod. civ., oltre
per conto di altri, si riscontra la figura del matldato e, anche qUl, dI quelli che danno luogo ad eccesso di mandato e di cui all'art. 1711
riflesso, la figura di abuso del mandato. cod. civ. E, perché si possa parlare di eccesso di mandato, non basta
Il mandatario che cura l'affare per conto, o in nome e per conto che questo ponga dei limiti ai poteri del mandatario, ma occorre an-
del mandante, può eccedere dal suo mandato. . che che quest'ultimo, nell'esecuzione del mandato affidatogli, perse-
Ma l'eccesso di mandato è abuso di mandato o sono due fIgure gua uno scopo diverso ed incompatibile con quello prefissogli dal
distinte? Come si è detto del rappresentante che deve compiere gli mandante, o quantomeno tale da non corrispondere all'espressa vo-
atti indicati nella procura, così nel mandato, secondo noi, si ha iden- lontà di lui (6).
tità tra eccesso di mandato e abuso. Nel mandato, inoltre, proprio perché si parla di «eccesso di
Ora quando si parla di eccesso di mandato, si vuoI dire che il mandato », mentre si stenta ad adottare la formula di «abuso di
mandata;io non ha adempiuto esattamente all'obbligazione di çui al- mandato », poiché quest'ultima non sarebbe da considerare autono-
l'art. 1703 cod. civ., cioè, se il mandatario non ha eseguito la sua
(J) Cfr. LUMINOSO,Mandato, Commissione, Spedizione, Milano, 1984, p. 393.
(4) Cfr. LUMINOSO,op. cit., p. 553.
(') Cfr. BACCIGALUPI, Note esegetiche sull'art. 1712 cod. civ., in Foro pad., 1953, I,
(2) Cfr. D'AVANZO, Rappresentanza (dir. civ.), in Novissimo Digesto it., Torino, 1967, c.419.
p. 827. (6) Cfr. Cass., 12.1.1978, n. 142; Cass., 8.2.1968, n. 417.
58 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DEL DIRITTO NELL'ATTIVITÀ NEGOZIALE 59

ma categoria normativa, sembra che il legislatore non abbia dato tan- ta all' adempimento delle obbligazioni in generale ed ai «rimedi»
to peso a questa figura, anche perché, nell'ipotesi di abuso di man- che la legge ci offre, di riflesso, in caso di inadempimento.
dato, qualora l'atto non venga annullato ex artt. 1394-1395 cod.
civ., perché coincidente con 1'eccesso di mandato, scatta la normati- 32. Si è parlato di risoluzione per inadempimento, in caso di
va relativa ai casi di anomalia funzionale del negozio giuridico, qùel- eccesso-abuso di mandato. Qui si parla di rescissione in riferimento
li, cioè, di risoluzione per inadempimento, proprio perché, &e inesat- sempre ai vizi del volere, con cui abbiamo iniziato questo capitolo.
to è l'adempimento, esso è inadempimento. Qual è il rimedio che ci offre l'art. 1448 cod. civ. e in che rela-
Il problema, tuttavia, della ratifica dell'opera del mandatario da z.ione esso sta con l'abuso del diritto?
parte del mandante, che integra, comunque, una attività negoziale, Siamo nella normativa indicata dal legislatore come « azione ge-
ci chiarisce maggiormente i limiti dell'eccesso di mandato, facendoci nerale di rescissione per lesione ». Si dice cioè al 10 comma dell' art.
di riflesso individuare meglio 1'abuso del mandato. 1448 cod. civ. che una parte abbia « approfittato» dello stato di bi-
Sappiamo che il mandante ha la facoltà di procedere alla ratifica sogno dell' altra, per concludere un contratto dove vi sia sproporzio-
dell'atto eccedente il mandato. È stato effettivamente detto che sco- ne tra le due prestazioni.
po della ratifica è di fare «rientrare» l'eccesso di mandato, di far Si tratta di un « approHttamento » che si opera con un compor-
« rientrare» cioè 1'attività del mandatario che è « straripata» .nell'a- tarpento « attivo» della parte che ne trae vantaggio, comportamento
buso proprio del mandato. che può consistere o nella diehiaraz.ione di volontà di concludere solo
Dunque, nell'ipotesi dell'art. 1711, 10 comma cod. civ., l'atto a condizioni inique, oppure in un'opera di convincimento a condu-
eccedente rimarrà nella sfera giuridica ed economica del mandatario dere a dette condizioni. Questo per potersi dimostrare che vi è, da
e, quindi, la disponibilità dei risultati della gestione non può ricadere parte di chi trae « profitto », la conoscenz.a dello stato di bisogno, in
sul mandante; il mandato, cioè, non produce quegli effetti di cui agli particolare la con~apevolezza di trarre dalla stipulazione del contrat-
artt. 1705 cod. civ. e segg. In sostanza si verifica il caso dell'inesatto to una determinata utilità economica. Quindi, da una parte, una
adempimento che, rifiutato da una delle due parti, offre lo spunto considerazione sulle circostapze oggettive di sproporzione tra le due
evidentemente per la risoluzione, così come si era detto in generale pre~taz.ioni, dall'altra, su quelle soggettive di conoscenza di conclu-
in caso di abuso, qualora non si addivenga all'annullamento del con- dere un coptratto per trarne vantaggio, ai fini di ottenere una sen-
tratto ex artt. 1394-1395 cod. civ. Tuttavia, per salvare questa situa- tenza che accolga la domanda di rescissione per lesione.
zione, che porterebbe ai « rimedi» di cui si è detto, vi può essere In questo senso, dunque, «approfittare» è termine vicino a
appunto la ratifica, la ratifica cioè dell'atto eccedente il mandato. quello di « abusare ». Come si diceva a proposito cJell' atto emulativo,
La ratifica del mandato consiste, dunque, in una dichiarazione così ora, in materia contrattuale, l'elemento psicologico è di fonda-
del mandante di equivalenza dell' atto difforme concretamente com- mentale importanza. Non esiste cioè abuso se non si ha la consape,
piuto ad un atto confor.me al mandato, così come avviene in relazio- volezza di abusare.
ne all'ipotesi di pagamento eseguito dal debitore a soggetto non le- Del resto, la giurisprudenza è concorde in tal senso, e cioè che
gittimato a riceverlo (art. 1188 cod. civ.), cosicché la dichiarazione la consapevolezza dello stato di bisogno deve determinare la volontà
del creditore conduce ad una equiparazione della stessa ad un esatto dell'approfittamento (8): non solo, precisamente, la consapevolezza
adempimento (7). dello stato di bisogno, ma la consapevolezza ançhe che dallo stato di
Anche in relazione alla ratifica e, quindi, agli eventuali rimedi, bisogno derivi una utilità, cioè un ingiusto vantaggio.
in caso di sua mancanza, si conferma come eccesso e abuso di man- Ai fini dell'onere della prova, il soggetto leso, dunque, deve di-
dato siano da considerarsi sullo stesso piano: in entrambi ci si ripor- mostrare la volontà di «approfittare» e, oltre la lesione, il nesso
causale tra il vizio del volere e la lesione stessa.

(7) Cfr. LUMINOSO, op. cit., p. 185. (8) Cfr. Cass., 3.3.1967, n. 507; Cass., 20.1.1964, n. 111; Cass., 27.3.1963, n. 753.
60 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DEL DIRITTO NELL' ATTIVITÀ NEGOZIALE 61

L'interpretazione del termine « approfittamento », che abbiamo Anche nella fattispecie prevista nella norma penalistica, il risul-
avvicinato a quello di « abuso », trova conferma nello stesso processo tato dell' approfittamento è quello di ricevere, in corrispettivo di
di formazione dell'art. 1448 cod. civ.; infatti il precedente legislativo una prestazione di denaro o altra cosa mobile, interessi o vantaggi
dell'art. 1448 cod. civ. è l'art. 22 del Progetto italo-francese per un usurari, in linea con chi, appròfittando dello stato soggettivo altrui,
codice delle obbligazioni e dei contratti (9), nonché il § 138 BGB e ottiene uno sproporzionato vantaggio contrattuale. Addirittura nella
l'art. 21 codice svizzero. Relazione del Guardasigilli sopracitata si fa riferimento sia alla
Si diceva, infatti, nell' art. 22 del Progetto italo-francese che si « sanzione », sia all'« abuso ». Anzi si dice che i confini della fatti-
trattava di vizio nella determinazione volitiva; esattamente: « difetto specie sono già noti nel nostro ordinamento e ci si richiama al ri-
di libertà del consenso ». guardo al reato di circonvenzione d'incapaci, di cui all' art. 643 cod.
Facendo, dunque, riferimento in particolare all' art. 22, dove si pen., dove si afferma: «Chiunque, per procurare a sé o ad altri un
riconosceva una azione generale di rescissione per lesione nei con- profitto, abusa.ndo dei bisogni. .. »: norma, questa, che, rientra nello
tratti, la sproporzione di prestazioni non è assunta né come vizio stesso quadro della fattispecie dell'usura (12).
obiettivo del contratto, né come effetto di una condotta sfruttatoria Il fatto che il legislatore, dando cosl una interpretazione del-
della parte avvantaggiata. Tale 'vizio della vòlontà, secondo il Proget- l'art. 1448 cod. civ., ci indichi in che cosa consista l'approfittamen-
to, consisterebbe nella assoluta indeterminatezza, cosicché sarebbe to e lo identifichi con l'abuso, facendo riferimento alle norme pena-
lasciata alla discrezionalità del giudice la valutazione di certe « circo- listiche, vuoI dire che dell'abuso non si deve fare riferimento in una
stanze ii nella stipulazione del contratto. Non avrebbero, cioè, dovu- specifica collocazione normativa, ma proprio il suo carattere tenden-
to essere provati l'esistenza di un vizio, il nesso di causalità ecc. (10). te alla « generalizzazione », fa si che dell'abuso del diritto si dia lo
Non pare che tale «libertà» sia stata riprodotta nell'art. 1448 stesso significato in materie diverse. Proprio l'interdisciplinarità del-
cod. civ., dove viene appunto indicato 1'« approfittamento »; forse l'abuso ci porta alla considerazione che esso esiste, è sanzionato e,
tale sistemazione sarebbe stata ricompresa in quelle generiche circo- tuttavia, rientra in uno schema che non è quello della norma, ma
stanze di cui all'art. 2.2. E allora, andando nel particolare, illegisla- dei principi generali del diritto·. Tutto questo, cioè, ne è una veri-
tore del 1942 ha voluto appigliarsi al concetto penalistico di usura fica.
(art. 644 cod. pen.), oltre che al codice tedesco, come abbiamo vi" Proprio il termine «abuso» era indicato nella Relazione del
sto (11). Guardasigilli; poi tale termine diventò quello di «approfitta-
mento ».
33. Vediamo ora quale influenza abbia avuto il codice penale È stato detto, e ne abbiamo dunque le prove, che il concetto
italiano sulla disposizione dell'art. 1448 cod. éiv. L'approfittamento di approfittamento deriva anche dal codice germanico (art. 138
dello stato di bisogmo è bene indicato nell' art. 644 cod. pen., in ri- BGB), dove si contempla nella stessa norma,' sia l'ipotesi penalisti-
ferimento cioè al reato di usura. ca, sia la rescissione, relativa alla circonvenzione d'incapaci. Di qui
appunto la deduzione logica che il codice germanico abbia influen-
zato il nostro codice penale, il quale ha avuto un gran rilievo, da
(9) Cfr. G. LEVI (a cura di), Il Progetto italojrancese di codice delle obbligazioni, in M.
Rotondi. Inchieste di diritto comparato, Padova, 1980, p. lO. questo punto di vista, nella elaborazione del codice civile.
(IO) Cfr. MIRABELLI, La rescissione del contratto, Napoli, 1962, p. 78.
(11) Nella Relazione della commissione Reale per la riforma del codice, Libro obbligazio-
ni e contratti, Roma, 1936, p. 14: «Questa disposizione si avvicina all'art. 138 del codice (12) Si afferma precisamente nella Relazione del };uardasigilli n. 186: «Il contenuto
tedesco: essa ne differisce, tuttavia, dapprima perché è formulata in un modo generale ripor- generico dell'art. 22 del Progetto del 1936 aveva dato luogo ad alcune critiche, sostanzial-
tandosi alla presunzione (semplice presunzione e non prova piena) cii un vizio del consenso, mente rivolte a porre in rilievo che esso turbava la sicurezza dei contratti. In realtà, però, il
mentre il codice tedesco prevede espressamente i casi di abuso della inesperienza e della legge- codice penale ha reagito contro i contratti usurari (art. 644) e poiché il codice penale non dà
rezza di uno dei contraenti, e d'altra parte il codice tedesco annulla semplicemente il contratto criteri per la determinazione del concetto di vantaggi usurari, mi è sembrata anzi utile una
lesivo come illecito, mentre il nostro progetto dà al giudice, più equitativamente, anche la corrispondente disposizione del codice civile che in definitiva potesse intendersi come limite
facoltà di ridurre la obbligazione eccessiva ». della nozione di usura l>.
62 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DEL DIRITTO NELL'ATTIVITÀ NEGOZIALE 63

34. Entrambi gli artt. 644 cod. peno e 1448 cod. cjv. hanno un negozio a quella stregua; immoralità, precisamente, consistente
risentito, come si è detto, anche della legislazione tedesca (art. 138 nell'aver posto in essere particolari manovre fraudolente per spingere
BGB), poiché è stato rilevato, sia nell'una, sia nell'altra disposizione, l'altra parte alla conclusione del contratto (14). Lo stesso termine di
un elemento oggettivo, dato dalla sproporzione delle prestazioni, e lo approfittamento inserito da una parte e dall' altra, ci dà il metro per
stato di minor libertà del volere, elementi, questi, accompagnati sia valutare esattamente l'espressione usata dal legislatore. Se si conside-
dalla conoscenza dello stato della controparte, sia dalla consapevolez- ra la norma penale, si vede come l'approfittamento dipenda da un
za di trarre dalla stipulazione del contratto un approfittamento, os- comportamento dell' agente che tende flan solo a ricevere particolari
sia, come è stato detto dalla giurisprudenza, «la consapevolezza di vantaggi, ma a riceverli, inciden<;lo sulla situazione dell' altra parte.
trarre dalla stipulazione del contratto una immoderata utilità econo- L'intenzione, comunque, di trarre profitto, tuttavia, mentre ha
mica » (13). una rilevanza nel diritto penale, dove si qualifica il reato di usura,
Come si vede, anche l'interpretazione giurisprudenziale si rifà al reato con dolo specifico, non ha la stessa rilevanza nel diritto priva-
filone tedesco, dove, in effetti, il vizio soggettivo, la mancanza di li- to: sappiamo che il motivo perché possa essere rilevante, deve essere
bertà del volere, è il perno su cui si basa l'approfittamento: insom- illecito e comune alle parti e, qui, il motivo di trarre profitto dall'al-
ma, è l'immoralità dell'atto che porta appunto all'abuso, comune sia trui stato non può che essere da un~ parte sola.
al reato di usura, sia all'azione generale di rescissione per lesione. Se, dunque, i! motivo illecito comune alle parti, nel caso, non
Non è, cioè, sufficiente il solo oggettivo squilibrio tra le oppo- esiste, e, quindi, non si potrà avere nullità del contratto, il compor-
ste prestazioni, ma occorre che questo sia determinato dallo stato di tamento del soggetto, che intende trarre profitto incidendo sulla si-
bisogno di uno dei contraenti, di cui l'altro abbia tratto profitto. È tuazione di bisogno altrui, è sanzionato con il rimedio della rescissio-
stato detto che l'immoralità sta nella Ausbeutung, cioè nella cono- ne, e tale tipo di illiceità riscontrata nella condotta del cosiddetto
scenza dello stato della controparte. « profittatore », poiché contrario al buon costume (non può che esse-
In realtà, vi è da osservare che l'elemento subiettivo e quello re tale quella di colui che ottiepe Utl.a prestazione spoporzionalmente
obiettivo si possono considerare un tutt'uno. Nella sproporzione tra vatltaggiosa sfruttando lo stato di bisogno altrui), conduce appunto
le due prestazioni consiste 1'« immoralità », e tale unificazione tra i alla rescissione del contratto; nel penale, il fatto illecito, viceversa,
due momenti si scorge nella differenza tra le due dichiarazioni di vo- porta al reato di usura con la relativa sanzione penale.
lontà, quella dell'accettante e quella di colui che dichiara di volere
perché pressato (coactus, ma non fisicamente) in un certo modo, nel 35. Il discorso relativo alla rescissione del contratto e relativa
diverso atteggiarsi cioè di colui che vuole liberamente e colui che azione di rescissione per lesione, ai fini di stabilire sino a che punto
vuole condizionato da una determinata situazione. È forse per que- in esso si possa individuare la figura dell' abuso (abbiamo visto come
sto che i due istituti (644 cod. peno e 1448 cod. civ.) hanno un loro si sia identificato l'approfittamento con l'abuso) ci porta anche a
denominatore comune, che, tra l'altro, nell' art. 138 BGB, è bene in- considerare l'alternativa alla suddetta azione, che è quella tendente a
dividuato, tant'è che abbiamo visto come l'istituto penalistico e la mantenere il contratto in vita, offrendo di modificarlo in modo suf-
rescission,e, relativa alla circonvenziol}e d'incapaci, si trovi nella stes- ficiente per ricondurlo ad equità (art. 1450 cod. civ.).
sa disposizione.
Si è detto come l'approfittamento si rilevi nel fatto di colui che
Proprio questa unicità del tenore delle due norme fa si che si voglia trarre profitto facendo leva su una determinata situazione in
possa parlare dell'abuso, prendendo spunto sostanzialmente dalla cui si trovi l'altra parte, e questa situazione lo conduca alla stipu1a-
norma penalistica: l'approfittamento, ossia l'abuso, trova il suo ri- zione di un contratto a prestazioni sproporzionate l'una rispetto al-
scontro nell'immoralità, come si è detto, consistente nello stipulare l'altra.

(13) Cfr. Cass., 17.3.1970; n. 697, .in Giur. il., 1970, l,l, 1981; Cass., 3.3.1967, n.
507, in Foro pad., 1967, I, 553; Cass., 21.7.1967, n. 1910, in Mass. Giur. it., 1967, 729. (14) Cfr. MARClANO, Il nuovo codice penale, innovazione, Napoli, 193;2, p. ~2.4.
64 L'ABUSO DEL DIRITTO
r ABUSO DEL DIRITTO NELL' ATTIVITÀ NEGOZIALE

Dunque il giudice decide, non con gli strumenti apprestati dal


65

Il legislatore ha voluto dare la possibilità di riequilibrare tale si-


legislatore, quando il legislatore lo lascia arbitro di decidere al di
tuazione, ossia ha ritenuto si potesse cancellare l'approfittamento
fuori delle « norme di diritto ». Cos1, per esempio, quando si rifà al-
con la relativa sanzione della rescissione in sede civile, allorché si ri-
l'abuso del diritto per stemperare la rigorosità della norJ:Ila. Ma, in
stabilisca 1'equilibrio tra le due prestazioni. Il riequilibrio dipende
questo caso, effettivamente, si risale ai principi generali del diritto e
dall'equità (o meglio da un giudizio di equità). Si fa rientrare, paral-
di cui all'art. 12 preleggi; si rimane, cioè, al di fuori dell'ordinamen-
lelamente a quanto si diceva in tema di eccesso-abuso di mandato
to giuridico.
l'abuso-approfittamento nell'alveo dell'equità. Dalle condizioni « ini:
que» si passa, di riflesso, all'equo compenso di cui all'art. 1447 cod.
.36. Al di fuori, dunque, delle « norme di diritto », si nota nel
civ. ~ all'equità, appunto di cui all'art. 1450 cod. civ.
giudice una «funzione creativa », funzione, che ricorre, del resto,
E proprio tale « rientro» che ci delimita sempre di più il con-
come abbiamo già accennato, là dove si fa riferimento al principio di
cetto di abuso, che, tuttavia, tende alla « generalizzazione », come si
C01:rettezza nel rapporto obbligatorio o alla clausola generale della
è visto, proprio perché non costretto in una norma, ma allargato tan-
buona f~de p.ella esecuzione del contratto (artt. 1175-1375 cod. civ.),
to da essere soggetto ai principi generali dell'ordinamento.
per « eludere» il tema dell' abuso nell' ambito dell' attività negoziale.
Per questo si è parlato di una legislazione « per principi ». Ora,
Il legislatore stesso, all'art. 1321 cod. civ, definendo il contrat-
parlando di equità, si deve pure ricorrere ad essi, cosicché abuso ed
to, ha affermato che l'esercizio del diritto si compie attraverso la
equità trovano una comune fonte legislativa.
modifica e l'estinzione di un precedente rapporto negoziale. Ta-
Ricondurre ad equità vuoI dire far ricorso ai principi generali
Ie esercizio presuppone, dunque, una autonomia del soggetto, tito-
dell'ordinamento giuridico di cui all'art. 13 preleggi: in effetti se-
lare di tale esercizio e l'autonomia deve essere considerata nell' ambi-
condo alcuni, l'equità coincide con tali principi (15). '
to deUe libertà, delle prerogative, come già si è avuto occasion~ di
In realtà, il problema dell'equità, come identificazione con i co- dire (18).
sidd~tti principi generali, lascia perplessi. Difatti l'equità, proprio
L'abuso, pertanto, non può far riferimento solo ai diritti ma fa
consIderata nella sua evoluzione storica, ha un significato diverso'
riferimento anche alle « libertà », che - vedremo - non rigdardano
cioè l'equità farebbe riferimento ad un complesso di precetti no~
solo la sfera contrattuale, ma vanno oltre. Si parla, infatti, anche di
contemplati dal diritto positivo: si parla al riguardo addirittura di
libert~ ,« economica »: «associativa », ed, anzi, esamineremo più
principi del diritto naturale (16). avantl l abuso anche 10 tale prospettiva. Vedremo anche al riguardo
NelI' abuso, se è vero che si lascia al magistrato una certa discre- (per esempio, in tema di recesso del lavoro di rapporto subordinato a
zionalità di valutazione, anche nell'equità troviamo la fonte nella tempo indeterminato), come l'esercizio della libertà deve essere con-
giurisprudenza, tant'è che l'equità è nata per temperare i rigori della temperato con gli « affidamenti» suscitati da tale esercizio, o dalla
legge, « necessaria al giudice per applicare la norma di legge, elimi- comunione di interessi, costituita, per esempio, nell' ambito societa-
nando gli errori e le ingiustizie che potrebbero derivare da una inter- rio, « affidamenti» che si pongono, quindi, come limite all'esercizio
pretazione troppo angusta» (17). delle libertà.
La legge, espressamente, attribuisce al giudice il potere in certi Il capitolo dell' abuso del diritto nell' ambito negoziale non si li"
casi di decidere secondo equità, anziché secondo le norme di diritto mita, dunque, al discorso strettamente « contrattuale », ma va oltre
(art. 113 cod. proc. civ.). per spaziare in più campi del diritto. '
Il principio di buona fede è strettamente connesso alla « formu-
la dell' abuso del diritto », e non solo relativamente a rapporti con-
(15) Cfr. OSlLlA, L'equità, in Foro pad., 1948, III, p. 42 sgg.
(16) Cfr. DEL VECCHIO, Sui principi generali del diritto, in Arch. giur., 1921, LXXXV,
trattuali obbligatori. L'abuso del diritto, tuttavia, attiene, come si è
p. 33 sgg.
. (17). Cfr. MlRABELLI, op. cit., p. 195, il quale fa riferimento anche all'art. 822 cod. proc. (18) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 27.
CiV. relativo ad analogo potere riconosciuto agli arbitri.
66 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DEL DIRITTO NELL'ATTIVITÀ NEGOZIALE 67

detto, piuttosto alle situazioni di conflitto, riconducibili all'esercizio mittente può recedere dal contratto »); cosl si parla di facoltà di re-
di un diritto, ma, talora, trascende quei limiti, trovando punti di cesso sempre nell'ambito negoziale, non contrattuale, quando si fa ri-
contatto con la buona fede (19). ferimento al recesso del contratto a tempo indeterminato (anche qui
Dei confini, però, tra buona fede e abuso del diritto abbiamo l'art. 2118 cod. civ. dice che ciascuno dei contraenti può recedere
già parlato, facendo riferimento al codice tedesco (§ 157 e 242 BGB) dal contratto di lavoro...): in questi casi, infatti, siamo nell'esercizio
e facendo riferimento alla normativa «per principi », anziché « per di una facoltà che dà luogo all'attuazione di un negozio giuridico
norme ». L'abuso del diritto, precisamente, va al di là dei canoni (non facoltà ex contractu, ma facoltà legale) (22). Si parla qui di auto-
previsti dal principio di buona fede, che riguardano « la fedeltà del nomia negoziale che non fa riferimento al contratto, ma appunto al
contratto, la lealtà reciproca e la tutela dell'affidamento, il rispetto negozio.
delle altrui aspettative, la coerenza, l'adozione del significato che alla
dichiarazione le parti avrebbero potuto e dovuto attribuire in base
alle convenzioni del traffico, il divieto di ingannare la controparte o
comunque di «sorprenderne la buona fede»» (20), va oltre, cioè, i
rapporti contrattuali, le obbligazioni in genere, come avremo occasio-
ne di vedere nei prossimi paragrafi.

37. Prima di addentrarci nella tematica dell' abuso a livello as-


sociativo, chiudiamo il tema a livello contrattuale, facendo alcùne
considerazioni in merito a situazioni che si riportano arbitrariamente
al contratto, ma che, in realtà, derivano dalla legge, riferendoci in
particolare a quel comportamento che sta tra libertà e diritto, tra au-
tonomia contrattuale e legge.
Vi sono, cioè, dei diritti che non derivano dal contratto, come
le facoltà di recesso, che sono attribuite dalla legge indipendente-
mente da ogni previsione o interesse delle parti (21).
Siamo, comunque, nell'ambito negoziale, anche se non stretta-
mente contrattuale, proprio in riferimento- alle libertà, alle prerogati-
ve, che abbiamo fatto rientrare, come abbiamo detto sopra, nell'abu-
so del diritto, qualora di queste si usi in modo anomalo, come, per
esempio, nel caso di recesso, tant'è che la legge al proposito parla di
« facoltà di recesso », non di « diritto di recesso ».
La facoltà di recesso si ritrova all'art. 1373 cod. civ., nelle di-
sposizioni sull'esecuzione del contratto, precisamente sugli «effetti
del contratto ». E cosl, come ci si rifà agli effetti del contratto par-
lando di « facoltà », cosl di « facoltà» si parla in caso di recesso, nel
contratto d'appalto (anche nell'art. 1671 cod. civ. si dice «il com-

(19) Cfr. ALPA e BESSONE, I contratti in generale, in Giur. sist. di giurisprudenza commer-
ciale, val. IV, Torino, 1991, p. 796.
(20) Cfr. CATrANEO, op. cit., p. 622.
(21) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 234. (22) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 234.
CAPITOLO VI
L'ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA IN GENERALE

SOMMARIO: 38. L'abuso del diritto nella impresa in· generale. - 39. Recesso ex artt. 2118-2119
cod. civ. e suoi riflessi sull'abuso del diritto. - 40. Limiti alla libertà di recesso ex art.
2118 cod. civ. ed abuso. - 41. Il recesso secondo la nuova normativa (1. n. 108 del
1990). - 42. I motivi e la giusta causa del recesso. - 43. Il recesso del socio. - 44. L'e-
sclusione del socio. - 45. Le delibere assembleari e l'abuso. - 46. Deliberazioni invalide
e deliberazioni inesistenti. - 47. Conflitto di interessi: danno della società e danno delle
minoranze. - 48. L'interesse leso. - 49. Il dettato dell'art. 2373 cod. civ. come norma
che esprime un principio generale. - 50. Abuso ed eccesso di potere nelle delibere as-
sembleari. - 51. Le maggioranze assembleari, l'abuso di potere dei soci ed i suoi rimedi.
~ 52. Il controllo giudiziario sugli atti della società. - 53. II contratto di società, la sua
organizzazione e l'interesse sociale, come interesse alla produttività dell'impresa.

38. Abbiamo parlato delle « facoltà» nell'ambito negoziale, an-


zi contrattuale. Ora, esaminiamo in particolare, tra le libertà, quella
di carattere associativo, ai fini di stabilire. fino a che punto ci si possa
avvalere di essa, senza oltrepassare quel limite, il cui superamento
porta, infatti, all'abuso.
Nell'ambito pure dell'autonomia negoziale, non contrattuale, ci
ritroviaplO a parlare d'abuso, allorché esaminiamo, nelle società sem-
plici, il recesso del socio. Anche l'art. 2285 cod. civ. usa l'espressione
« facoltà », quando afferma che « ogni socio può recedere dalla socie-
tà... ». Si osserva, infatti, come il legislatore abbia giustificato tale fa-
coltà con l'esigenza di tutela della libertà individuale, quella, precisa-
mente, di evitare la perpetuità del vincolo contrattuale. Esattamente,
ciò che si vuoI tutelare, è il principio di libertà di associazione, liber-
tà, che comprende anche quella di recedere, che, tuttavia, deve trova-
re un limite nell'abuso. -
Come si è detto, qui non siamo in presenza di scioglimento di
contratto per mutuo consenso, e di cui all'art. 1372 cod. civ., ma si
deroga a tale principio, proprio per la tutela di libertà di iniziativa
economica sopra accennata.
Tale possibilità di recesso si ha, evidentemente, in caso di società
contratta a tempo indeterminato, e, proprio per evitare la perpetuità

5. G. LEVI
70 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 71

del vincolo contrattuale, la facoltà di recesso viene esclusa, quando conduce inevitabilmente a un loro controllo, ai fini di impedire che
la società sia contratta a tempo determinato. In questo caso si avrà si esercitino indiscriminatamente i suddetti diritti potestativi.
recesso solo per giusta causa, e di cui al 2° comma dell'art. 2285 Non è una contraddizione in termini parlare di « controllo» in
cod. civ. diritti che, perché « potestativi », sono « discrezionali »? Come si è
Tuttavia, l'abuso è anche in coloro che hanno inteso escludere il detto, si è voluto da parte del legislatore contemperare, da un lato,
socio dalla società, e di cui all'art. 2287 cod. civ. In questo caso il l'esigenza di indeterminatezza del rapporto di lavoro, dall' altro la lie
socio può mettere in moto il procedimento per ottenere la sospensio- bertà di far cessare il rapporto di lavoro anche a tempo indetermina-
ne della esecuzione del provvedimento di esclusione facendo opposi- to, libertà che, a sua volta, trova un limite neUa disciplina dell' a-
zione; il Tribunale accerterà se la deliberazione per escludere il so- buso.
cio, sia affetta da « abuso », ossia se la volontà negoziale della mag- In sostanza, il legislatore ha voluto limitare temporalmente il
gioranza che ha deliberato l'esclusione, non sia l'effetto di un even- vincolo contrattuale che ha portato al rapporto a tempo indetermina-
tuale « abuso » o « eccesso di potere » della stessa. to, appunto con lo strumento del recesso.
Tornando al recesso del socio, anche se il contratto non è a Al riguardo si è osservato che si parla, in tal caso, di « facoltà
tempo indeterminato, si avrà recesso quando ricorra una giusta legale », in contrapposizione a « facoltà ex contractu », proprio per-
causa. Difatti, se vi è una « giusta causa », non vi può essere abuso ché si è voluto in tal modo rispondere ad una esigenza di ordine
nella facoltà di recesso. pubblico del nostro ordinamento.
Una libertà, perciò, quella del socio, che trascende quella del Anche la disposizione dell'art. 2119 cod. civ. dà la possibilità,
gruppo, una libertà, cioè, che va oltre il vincolo contrattuale, ma a con il recesso sic et simpliciter di una parte, di estinguere il rapporto
condizione che, nel caso di contratto a tempo determinato, ricorrano di lavoro, se si tratta di contratto a tempo determinato e, senza
i presupposti del~a giusta causa, ciò che comporta una indagipe sui preavviso, nell'ipotesi di contratto a tempo indeterminato, quando vi
motivi dell' atto che ha portato al recesso. sia la presenza di « una causa che non consenta la prosecuzione, an-
Giusta causa, che abbiamo visto ricorrere anche nel rapporto di che provvisoria, del rapporto ». Sia nella fattispecie clell'art. 2118
lavoro subordinato a tempo indeterminato e di cui all'art. 2118 cod. cod. civ., sia in quella dell'art. 2119 cod. civ., siamo nell'area delle
civ.: anche qui essa stempera l'esercizio discrçzionale dei diritti co- libertà sopramenzionate, ma la distinzione che si fa nelle due ipotesi
siddetti « potestativi » (1) è questa: nel recesso ordinario si ha una estinzione sattisfatoria,
mentre in quello straordinado si ha risoluzione (3).
39. Esaminiamo, dunque, il recesso, cos1 come disciplinato nel Nel secondo caso, infatti, si deve parlare più propriamente di
nostro ordinamento giuridico. Iniziamo dal contratto di lavoro (a « risoluzione », proprio perché il « recesso » viene in essere, quando
tempo determinato o non), per poi fare un raffronto con la normati- si riscontri uno squilibrio tra le due prestazioni, ricorra, appunto, la
va del recesso del socio. « giusta causa» del recesso.
L'art. 2118 cod. civ. ha previsto per entrambe le parti del rap- Quindi, nel considerare l'abuso del diritto; dobbiamo fare riferi"
porto il recesso con preavviso e, quindi, « ha predisposto lo strumen- mento piuttosto alla fattispecie dell'art. 2118 cod. civ. e, cioè, al
to per l'estinzione sattisfatoria del contratto a tempo indetermina- « recesso» nella sua esatta espressione, per, poi, esaminarla nella
to » (2). normativa costituzionale, per esempio, nc::ll'art. 41, dove si fa riferi-
Abbiamo fatto rientrare questa facoltà, che le parti hanno di re- mento alla libertà di iniziativa economica; ma, non solo in tal senso,
cedere, nella sfera delle libertà, ma l'esistenza di esse, di riflesso, proprio perché nel recesso del prestatore d'opera si rileva non solo
una sua libertà « di carattere imprenditoriale », ma una libertà che
pure viene sancita dalla Costituzione, nelle altre norme, in quelle,
(1) Cfr. RESCIGNO, op. cit., p. 254.
(2) Cfr. MAZZIOTTI, L'estinzione del rapporto di lavoro, in Trattato di diritto privato diretto
da Rescigno, voI. XV, p. 316. (3) Cfr. MAZZIOTTI, op. cit., p. 318.
72 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DJ;:~LA UBERTÀ ASSOCIATIVA 73

precisamente, che tutelano la sua stessa persona (vedasi, per esem- Le disposizioni degli artt. 2118-2119 cod. civ. devono, del re-
pio, l'art. 4 della Costituzione): libertà, cioè, di lavoro tutelata in sto, essere « lette» con i limiti di cui alla L. 15 luglio 1966, n. 604
maniera incondizionata. e con quelli che, ai fini della nostra indagine, interessano ancor più,
e cioè quelli di cui alla L. 25 maggio 1970, n. 300, dove il recesso
40. Per potere, dunque, vedere se, effettivamente, e fino a del prestatore viene limitato nel rispetto della sua libertà di opinio-
che punto, il prestatore abbia questo diritto (al lavoro) in maniera ne (art. 1), di associazione (art. 14), sindacale (art. 19).
« incondizionata », abbiamo dovuto far riferimento alla Costituzione , Di converso, l'abuso del diritto è facilmente individuabile, qua-
cioè ai principi generali dell'ordinamento giuridico. lora nel recesso, così come oggi viene disciplinato, il datore di lavo-
Se è vero che il diritto al lavoro è riconosciuto da questo ordi- ro non fornisca ragioni valide, legate, non tanto al « pensiero» del
namento, al punto che esso è tutelato come «diritto personalissi- prestatore (vedasi la libertà di opinione ecc.), quanto alla sua attivi-
mo », non tosì il diritto del datore di recedere. tà, o meglio al suo comportamento contrattuale. Si parla, iflfatti,
Abbiamo detto che entrambe le parti hanno la « facoltà» di re- come conseguenza, di licenziamento ingiustificato. E allora il con-
cedere; tuttavia diverso è il recesso del prestatore, dove si ha riguar- trollo, che si diceva, su questi diritti potestativi (come tali, discre-
do non solo alla attività economica da questi espletata, ma anche alla zionali), consiste nell'esamiflare se vi sia, nel caso specifico, merite-
sua « dignità », da quello del datore, dove il recesso ha riguard9 solo volezza dell'interesse di tutela del datore all'estinzione del rapporto
all' attività economica. di lavoro raffrontata al diritto di conservazione del posto del presta-
I limiti di tale libertà del datore, il cùi sconfinamento porta al- tore.
l'abuso, sono riconducibili a ciò che è predisposto in via generale
dalla Costituzione. Ci riferiamo, in particolare, all'art. 41 Cost., 2° 41. La nuova normativa (n. 108/90) ha esteso il limite del
e 3° comma. giustificato motivo a tutti i datori di lavoro, anche a quelli con nu-
Il 2° comma dell'art. 41 comprende una serie di limiti, che, di mero di dipendenti inferiore a cinque. Si è, dunque, sentita l'esi-
riflesso, si sostanziano anch'essi nella tutela della persona del presta- genza di « controllare» sempre di più il recesso del datore, proprio
tore. Ossia, se, da una parte, non vi è limite (art. 4 Cost.), la ragio- perché quest'ultimo può tenere un determinato comportamento nei
ne sta nel fatto che la « dignità» non può essere, per definizione, li- confronti del prestatore, comportamento, che deve, però, essere
mitata; se, dall'altra, vi è limite (art. 41 Cost.), questo trova la sua « giustificato ». Solo in presenza di tale comportamento giustificato
giustificazione, nel fatto che l'attività imprenditoriale non può non vi può essere risoluzione-estinzione del rapporto di lavoro.
trovare un limite nella « dignità» della persona del prestatore. Due Distinguendo, dunque, il rapporto a tempo determinato da
identità, dunque, diverse: una, che non può tollerare il limite dell'a- quello a tempo indeterminato, osserviamo che, nel primo, la scaden-
buso, l'altra, che deve tollerarlo per le ragioni suddette. za del termine darà luogo alla estinzione del rapporto, che coincide
Qual è, dunque, in concreto questo limite che 1ascia spazio, non con la realizzazione dello scopo, mentre la giusta causa opera crean-
oltre una certa misura, alla attività dell'imprenditore? Il limite è be- do upa anomalia funzionale del negozio, dando luogo, quindi, alla
ne individuato nella tutela, che deve, sempre, incondizionatamente, risoluzione del contratto. Nel contratto a tempo indeterminato, vi-
proporsi per fini che riguardano, per esempio, la libertà religiosa ceversa, tale distinzione tra recesso «ordinario» e « straordinario»
(art. 22 Cost.), o ·la libertà di associazione politica (art. 49 Cost.). è meno evidente: si avrà fattispecie estintiva, nel recesso libero, sal-
Due « libertà» di natura diversa e che si riflettono in imprese di va- vo preavviso, e fattispecie risolutiva, nel recesso per giusta causa.
rio genere, come quella giornalistica (art. 21 Cost.) o scolastica (art. Ma, come si è visto, il recesso libero è quasi completamente scome
33 Cost.) (4). parso (5). Sempre di più, dunque, il recesso è sottoposto al «con-
trollo ». Si dovrà controllare che, effettivamente, ci si trovi di fron-
(4) Cfr. DE SANCTIS RrCCIARDONE, L'ideologia nei rapporti privati, Napoli, 1980,
p. 28 sgg. (5) Cfr. FERGOLA, La teoria del recesso e il rapporto di lavoro, Milano, 1985, p. 193 sgg.
74 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 75

te ad un evento che altera «l'assetto di interessi contraftùalmente interviene per una causa (evento), che porta ad uno squilibrio negli
definito» (6). interessi delle parti.
Interviene, perciò, in questo caso in modo evidente illegislato- Come si dirà più avanti, in tema di concorrenza sleale, quando
re, incidendo sull'autonomia delle parti, propria dell'attività negozia- interviene una giusta causa, non vi è libera competizione tra le parti,
le, imponendo una sua « direttiva ». si altera, cioè, il gioco della concorrenza.
Qui la « facoltà », di cui si diceva, non è limitata ex contractu, Si vedrà, al riguardo, come il legislatore abbia ritenuto di inter-
ma ex lege. L'ordinamento giuridico, cioè, sempre di più limita lo venire, per imporre limiti alla libertà delle imprese di accordarsi tra
spazio di disponibilità delle parti, per evitare che si creino situazioni loro con patti restrittivi della concorrenza, vietandoli e, quindi, con-
di evidente squilibrio tra le prestazioni, o meglio tra i comportamen- siderandoli nulli. Si parla, in tal caso, di abuso (abuso di posizione
ti delle parti. dominante) (7).
Di contro, se da rispettarsi è !'incrocio degli interessi, quelli del
datore e quelli del prestatore, si deve tener conto, comunque, come 42. Abbiamo parlato di giusta causa ai fini del recesso: in real-
già si è accennato, di quel « diritto al lavoro » sancito dalla Costitu- tà, l'art. 2 L. n. 604/66 afferma che il prestatore può chiedere al da-
zione, per cui, nei confronti del prestatore, la disciplina degli artt. tore entro otto giorni dalla comunicazione i motivi che hanno deter-
2118-2119 cod. civ. è ancora in vigore, per quanto rigùarda il suo minato il recesso.
recesso ad nutum, salvo sempre il preavviso. In questo modo si andrà a verificare se si tratta di motivo che
Con questo si mette in evidenza la diversa tutela che viene pre- attiene al comportamento del prestatoree che comporta inadempi-
disposta, tutela, che, in poche parole, si dice essere stata predispo- mento, quindi, colpevole, o di motivo che attiene ad un evento
sta, inderogabilmente, a favore dellavòratore. esterno alla sfera del prestatore e che si identifica con l'impossibilità
Già da una prima analisi del recesso nel contratto di lavoro, si sopravvenuta (8).
nota come l'abuso del diritto sia sempre più presente, anche se non Ora, l'inadempimento cosiddetto « soggettivo» mina la fiducia
se ne fa parola nelle varie leggi, che si sono susseguite recentemente. del datore, se manca, cioè, quell'intuitus personae, che è alla base del
Se, per il recesso del datore, ormai è sempre più frequente (anzi rapporto di lavoro in senso lato. È la mancanza, precisamente, di fi-
in quasi tutti i casi) la « giusta causa» con conseguente valutazione ducia, che fa ritenere che il prestatore, che non ha adempiuto in pas-
da parte del giudice, ecco che questo tipo di controllo, di cui si è sato, possa adempiere in futuro. In sostanza, la mancanza di fiducia
detto, è anch'esso sempre più frequente, affinché si eviti di cadere mina a sua volta la continuazione del rapporto nell'ambito dèll'im-
nell'« abuso ». presa, intesa nelle sue varie ramificazioni, per cui il prestatore, di cui
Non così per il prestatore; il diritto del prestatore al recesso ri- si è persa la fiducia, non viene adibito neppure ad altre mansioni,
pete la sua legittimità dalla sua « libertà personale ». anche in unità produttive diverse, pur rientranti nella stessa impresa,
Il recesso del prestatore, a differenza di quello del datore, è cio~ nelle varie localizzazioni della organizzaziòne imprenditoriale.
espressione dell' autonomia delle parti, propria del negozio giuridico: Dunque, se il datore di lavoro deve ricorrere al « giustificato moti-
la volontà deve essere liberamente eSpressa. Il recesso del datore sof- vo », vuoI dire che, in caso contrario, egli, nel recedere, cade nell'a-
fre, invece, di limiti, dovuti appunto al principio della «giusta buso (9).
causa », la cui valutazione è sottoposta a controllo del giudice, e, Da osservare che il motivo, ço~iddetto « soggettivo », si riferi~
quindi, non è espressione della libera volontà del datore: il recesso sce, in realtà, all'inadempimento del prestatore, sicché qui ci trovia"
non è, forse, neppure un atto negoziale, perché « limitato », è un at- mo nella «risoluzione per inadempimento », argomentando ex art.
to, cioè, che dà luogo alla risoluzione del rapporto, risoluzione, che
(7) Vedasi L. 10.10.1990, n. 287.
(8) Cfr. AULETIA, La risoluzione per inadempimento, Milano, 1942, p. 182.
(9) Cfr. G. LEVI, L'azienda. Rilevanza giuridica dell'articolazione: stabilimento, sede, zona,
(6) Cfr. MAziroTTI, op. cit., p. 324. ramo, Rimini, 1983, p. 172 sgg.
76 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 77

1564 cod. civ.: in particolare, nel contratto di somministrazione, ric 44. Anche l'esclusione del socio e di cui all'art. 2286 cod. civ.
soluzione si ha in caso di inadempimento di una delle parti relativo a può far riferimento a gravi inadempienze delle obbligazioni che deri-
singole prestazioni, tale da menomare la fiducia dell'altro contraente, vano dalla legge o dal contratto sociale: siamo anche qui in tema di
sempreché l'inadempimento sia di « notevole importanza ». risoluzione per inadempimento alla fin fine. Cioè, anche se non si fa
Quindi, o questo è un caso di «risoluzione» o di «recesso riferimento alla giusta causa, però la « gravità» delle inadempienze
straordinario », più che di « recesso vero e proprio» (lO), proprio per giustifica il recesso; non altrettanto, se tale gravità non esiste e,
una identificazione tra giusta causa del recesso e motivo soggettivo quindi, non è giustificata la risoluzione: in questo caso, siamo anche
del recesso. in tema di abuso. Sia il recesso, sia l'esclusione del socio sono visti
in parallelo al recesso del rapporto di lavoro subordinato, perché sia
43. Il tema del recesso, come si è accennato, è ripreso dal no- i primi due, sia il terzo, rientrano nel cosiddetto obbligo di « colla-
stro legislatore nella disciplina delle società, in particolare nella so- borazione », che è comune alle figure del rapporto di lavoro subordi-
cietà semplice, allorché si preveda lo scioglimento del rapporto socia- nato e della società, proprio perché anche per quest'ultima si parla di
le limitatamente ad un socio. contratto, ossia di negozio bi-plurilaterale (le parti non si limitano
Anche qui si prevedono i casi di scioglimento del contratto so- solo a destinare beni o servizi all'esercizio di una attività economica,
ciale in riferimento alla durata dello stesso, cioè si riprende il discor- ma conferiscono beni e servizi per l'esercizio in comune di una atti-
so del contratto a tempo indeterminato (o per tutta la vita di uno vità economica (art. 2247 cod. civ.)).
dei soci ex art. 2285, 2 0 comma cod. civ.) e a tempo determinato. Proprio perché si parla di negozio, quando si parla di esclusio-
Da una parte, si avrà recesso « ordinario» (ad nutum, cioè, immoti- ne, in realtà ci si riferisce alla risoluzione per inadempimento e di
vato), dall'altra, un recesso «straordinario », quando, cioè, sussista cui all'art. 1455 cod. civ. La gravità dell'inadempimento, cui si rife-
una « giusta causa ». risce l'art. 2286 cod. civ., non è altro che una applicazione in mate-
Cosa si intende in questo caso per « giusta causa »? ria societaria delle disposizioni relative alla risoluzione del contrat-
In questo caso il concetto di giusta causa si ricollega sempre alla to, dove, appunto, all'art. 1455 cod. civ. si disciplina l'importanza
altrui violazione di obblighi contrattuali o alla violazione dei doveri dell'inadempimento (11).
di fedeltà, di lealtà, di correttezza ecc., che ineriscono alla natura fi-
duciaria del rapporto. 45. Nella categoria delle libertà « assocIative» facciamo rien-
A differenza che nel rapporto di lavoro subordinato, qui siamo trare anche quelle relative alle delibere assembleari.
in presenza di un negozio plurilaterale, e, quindi, il recesso del socio In particolare ci riferiamo ai diritti (individuali) dei soci messi a
può essere determinato dalla mancanza di fiducia nel comportamen- confronto con l'abuso di potere della maggioranza, in occasione delle
to, non dell'altro contraente (datore o prestatore di lavoro), ma degli delibere assembleari, e di cui agli artt. 2377-2379 cod. civ.
altri soci (in realtà la società può essere formata da due soli soci, ed In tale normativa, come nella precedente, e di cui all'art. 2373
il recesso lascia in vita la società, con la possibilità, per il socio rima- cod. civ., non si fa parola dell'« abuso », non si identifica la fattispe-
sto solo dopo il recesso, di ricostituire la pluralità dei soci). cie dell' abuso nelle deliberazioni assembleari.
Qui, però, non vi è la distinzione tra comportamento del presta- Qualcuno ha affermato che la nozione di abuso è «dottrina-
tore e quella del datore ai fini di stabilire se il recesso vada oltre i li- le» (12). Noi diciamo, ancora una volta, che nel nostro ordinamento,
miti, cada, cioè, nell'abuso, ma il recesso deve essere sempre per giu- se non si è fatta menzione dell'« abuso» in tale materia, si è tuttavia
sta causa, nel senso che esso è tale in riferimento all'inadempimento fatto riferiweJ;lto a tale pt;i t1cipio, seppure implicitamente.
degli altri soci, consistente in particolare in un comportamento scor-
retto ecc. (11) Nelle associazioni riconosciute il riferimento è fatto ai «gravi motivi» di cui
all'art. 24, III comma cod. civ.
(12) Cfr. PRErrn, L'« abuso » della regola di maggioranza nelle deliberazioni assembleari del-
(IO) Cfr. MANCINI, Il Tecesso straordinario, il negozio di recesso, Milano 1965, p. 29. le società per azioni, Milano, 1992, p. 2.
78 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 79

In particolare questo si nota nell' art. 2373 cod. civ., e cioè in E «impugnabilità» non vuoI dire altro che « annullabilità» delle
tema di conflitti di interessi, tant'è che si è voluto sul piano della relative delibere.
fattispecie controllata (la delibera assembleare) e sul piano dei sog- Proprio questa esigenza di certezza giuridica che ha voluto dare
getti tutelati (le minoranze) accomunare la disciplina dell' abuso a la prevalenza ad uno dei due interessi in conflitto, ha inteso sacrifi-
quella dell'art. 2373 cod. civ., in quanto il loro interesse coincide care alla sicurezza dei rapporti giuridici gli interessi del socio. Di
con l'interesse sociale (13). qui, il problema appunto dell'abuso del diritto del socio, voluto daUo
Il principio, che si sostiene, è quello che le deliberazioni del- r
stesso legislat9r~. S~ è vero che ~!UIlJll~bUità sodçU~fa gli interessi
l'assemblea, prese in conformità alla legge o all'atto costitutivo, di stabilità qelle deçisioni societarie, dall'altro lato si è voluto repri-
vincolino tutti i soci, ancorché non intervenuti o dissenzienti. mere l'abuso, che così si attua nei confronti dei soci (di minoranza),
Chiaramente le delibere assembleari, alle quali facciamo riferi- circoscrivendo i casi di annullabilità, con la creazione, di riflesso,
mento, sono quelle che non importano il consenso unanime dei so- della categoria delle deliberazioni inesistenti (nel caso, per esempio,
ci, ma quelle, dove ad uqo schieramento di soci di maggioranza se in c~i le decisioni siano state apottate senza convocazion.e dell'as-
ne contrappone un altro di minoranza. Di qui, i limiti di questo semblea, se alla assernblea abbiano partecipato estranei alla società e
potere della maggioranza, che, altrimenti, si trasformerebbe in la qeliberazjove si sia formata qm il loro voto determinante, se man-
abuso. . chi il verbale della delibera assembleare (15).
Abbiamo visto come in materia di esclusione del socio, ci si ri-
faccia alla norma generale in materia contrattuale e, cioè, a quella 46. Per salvaguardare, dunque, il diritto del socio, dottrina e
di risoluzione .per inadempimento e ci si rifaccia all'art. 1418 cod. giurisprudenza hanno inteso distinguere le deliberazioni invalide da
civ., allorché il contratto è contrario a norme imperative, dove vie- quelle addirittura inesistenti. Infatti, se si può parlare di validità e
ne sancita la nullità. invalidità, ciò significa, evidentemente, che la deliberazione è esi-
Non così in tema di invalidità di deliberazioni assembleari, stente (16).
quando, cioè, queste non siano prese in conformità alla legge o al- Al riguardo, si è osservato che, proprio per contemperare le esi-
l'atto costitutivo: esse possono essere impugnate dagli amministrato- genze sopra enunciate (certezza delle delibere e diritto del socio),
ri, dai sindaci e dai soci dissenzienti. sulla base dei concetti espressi dalla dottrina in ordine al negozio
Qui il principio è quello dell'annullabilità, non della nullità. giuridico, si parla di esistenza dell'atto (in questo caso còllegiale,
Solo se il socio dissenziente si attiva, impugnando, allora la delibe- perché deliberazione assembleare), anche quando si sia formato senza
ra verrà annullata; essa non è cioè nulla, anche se in contrasto con l'osservanza dell'iter procedimentale che gli è proprio (17).
le norme imperative, nel caso di inerzia del socio. Ora, proprio questo iter fa si che si in.dividui quell!! che effetti-
La spiegazione di questo si trova nell'intendimento del legisla- varn..epte è l' espres~i<:me dçlla volontà collegiale, iter che può ·essere
tore, secondo cui si deve dare prevalenza all'interesse della stabilità previsto dalla legge o dallo statuto.
delle decisioni societarie sull'interesse del socio: si è voluto che le Può avvenire che qualche elemento dell'iter manchi e questo sia
decisioni, prese in sede di delibera, non siano esposte per un tempo particolarmente importante, anzi si ritenga essenziale.
indefinito alle azioni di nullità (14). Quando, dunque, manchi un momento essenziale qell'iter, si
Solo allorché le delibere assembleari abbiano un oggetto illecito può dire chç la volontà sociale non si è formata.
o impossibile, verrà comminata la nullità della deliberazione, con la
conseguenza appunto prevista in tema di contratti. In tutti gli altri (15) Cfr. G. FERRI, op. cit., p. 393.
~asi, le deliberazioni sono «impugnabili» nel termine di tre mesi. (16) Cfr. in giurisprudenza, Cass., 13. 8. 1951, n. 2513, in Foro it., 1952, I, p. 13;
Cass., 9.8.1956, n. 3107, in Foro it., 1957, I, p. 1226; Casso 26.6.1956, n. 2286, in Foro it.,
1957, I, p. 1037; Casso 20.4.1961, n. 883, in Foro it., 1961, I, p. 1711; Casso 4.1.1966, n. 45,
(13) Cfr. PREITE, op. cit., p. 4, n. 7. in Giust. civ., 1966, I, p. 490.
(14) Cfr. G. FERRI, Sulle delibere cosiddette inesistenti, in Riv. dir. comm., 1967, I, p. 391. (17) Cfr. G. FERRI, Le società, Torino 1971, p. 461 sgg.
80 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA UBERTÀ ASSOCIATIVA 81

Se, dunque, è acclarato che esistono dei momenti dell' iter proce- 47. Siamo, dunque, in tema di conflitto di interessi, ed allora
dimentale essenziali ed altri non, ma tutti vengono trattati alla stessa il riferimento va fatto alla disposizione dell' art. 2373 cod. civ.: tale
stregua ai sensi dell'art. 2377 cod. civ., tant'è che per tutti si parla di disposizione, così come formulata, pone come tutela principale quel-
impugnabilità nei tre mesi, vi sarà contraddizione, tra un dato di fat- la della società, anche se, di riflesso, tale problema si pone tra i soci
to certo, quello della differenza di gravità dei momenti dell'iter, e di maggioranza e quelli di minoranza. Il legislatore, sempre per il
quello della parità di trattamento, al fine della invalidità della delibe- principio della certezza, nel funzionamento dell'ente societario, « sa-
ra. Da un sistema che vuole essere improntato alla certezza e stabili- crifica » tra i due interessi, quelli della minoranza.
tà, si passa, in effetti, ad un sistema del tutto incerto, proprio perché Una volta che i soci non impugnano un certo tipo di delibere
soggettiva è la valutazione circa i momenti dell' iter, e, quindi, non si non inesistenti, ma invalide, esse sono da considerarsi valide. Così,
saprà mai con sicurezza quando una deliberazione sia da considerarsi una volta raggiunta la maggioranza, sempre per lo stesso principio,
in realtà inesistente: quando, cioè, si pòssa parlare di volontà sociale, la minoranza viene « sacrificata ». Ma tale prevalenza, data ad uno
frutto dell'espressione collegiale, anche se viziata nella sua formazio- schieramento piuttosto che all'altrò, non deve però portare ad uno
ne e, quando, questa espressione non vi sia del tutto. La giurispru- « strapotere» della maggioranza.
denza (18), quindi, ha cercato di uscire da questo empasse, ai fini di in- Difficile, perciò, è il contemperamento di queste esigenze, tro-
dividuare le situazioni in cui si possa rilevare l'abuso del diritto del vare, cioè, un punto di equilibrio.
socio, soggetto, cioè, ma entro certi limiti, alla volontà collegiale, che, Per potere, quindi, trovare un giusto equilibrio contro l'abuso
certamente, non è rilevabile, allorché essa sia inesistente. della maggioranza, la lesione operata sulla minoranza deve essere
A differenza, infatti, del disposto dell'art. 1418 cod. civ., dove ispirata unicamente a fini extra-societari (20). In sostanza, se la lesio-
si afferma che il contratto è nullo, quando è contrario a norme impe- ne è assolutamente ingiustificata, ci troviamo nel campo dell'« abu-
rative o manchi uno dei requisiti indicati nell'art. 1325 cod. civ. (ac- so ». Ricordiamo, infatti, che l'origine dell' abuso è nella formula
cordo delle parti, causa, oggetto o forma) o si abbia illiceità della dell' aemulatio, cioè in linea con la disposizione che afferma che il
causa o del motivo determinante comune o manchino nell'oggetto i proprietario non può fare atti, i quali non abbiano altro scopo, che
requisiti stabiliti dall'art. 1346 cod. civ., l'art. 2379 cod. civ. delimita quello di nuocere o recare molestia ad altri (art. 833 cod. civ.). Qui
le nozioni di nullità delle deliberazioni delle società per azioni, circo- la minoranza verrebbe «sacrificata », senza peraltro, alcun giova-
scrivendo le ipotesi a quelle di nullità per impossibilità o illiceità del- mento per la società, perché ci si riferisce ad atti posti in essere so-
l'oggetto. lo ai fini « extra-sociali »: in particolare, questo si ha quando l'atto
Proprio per questo motivo, poiché l'art. 2379 cod. civ. delimita collegiale, e di cui alla delibera assembleare, non porta alcun utile
le nozioni di nullità delle deliberazioni delle assemblee di società per alla società.
azioni alle ipotesi di illiceità, impossibilità dell'oggetto senza riferi- Siamo, di conseguenza, al di fuori del dettato dell'art. 2373
mento alla causa, l'illiceità della causa della delibera che non sia in- cod. civ.; è necessario che ci si rifaccia, come abbiamo più volte
formata all'interesse della società, «ma all'intento depredatorio del- detto, ai « principi generali », quelli appunto che tutelano l'abuso di
l'amministratore unico è di alcuni soci a danno degli altri» (19), non diritto o l'eccesso di potere. Ricordiamo al proposito che si è fatto
renderebbe nulla la delibera, ma annullabile. ricorso all'« eccesso di potere» in una recente sentenza della Cassa-
Sono i problemi, per esempio, degli aumenti di capitale delibera- zione, che ha ritenuto fosse configurabile 1'« eccesso di potere» co-
ti in danno della minoranza. me causa di annullamento della delibera assembleare, quando la de-
liberazione risulti il frutto di una fraudolenta attività della maggio-
ranza, diretta a ledere i diritti degli altri partecipanti (21).
(18) Cfr. Casso 4.3.1963, in Riv. dir. comm., 1964, II, p. 93.
(19) Sono le parole della Casso 7.2.1963, n. 195, dove si afferma anche che è annnulla-
bile per illiceità della causa, ai sensi dell'art. 2377 cod. civ. la delibera di aumento di capita- (20) Cfr. TRIMARCm, op. cit., p. 169.
le presa allo scopo fraudolento di danneggiare una parte dei soci a favore dell' altra. (21) Cfr. Cass., 7.2.1979, n. 818, in Foro il., 1980, I, p. 440.

6. G. LEVI
82 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 83

48. In riferimento, dunque, all' abuso e quindi al collegamento Tale disposizione, infatti, potrebbe esprimere il princIpIo, per
da farsi, secondo noi, con l'art. 833 cod. civ., os~erviamo che si po- cui il voto è un dovere da esercitare nell'interesse sociale o, secondo
trà parlare di delibere invalide, solo allorché la lesione dell'interesse altri, per cui l'interesse sociale è un limite all'esercizio del voto come
delle minoranze non sia necessaria per realizzare l'interesse premic diritto. Di qui, appunto, l'abuso del diritto, se viene varcato tale li-
nente: il sacrificio, cioè, imposto alle minoranze sia del tutto gratqi- mite (24).
to, non porti alcun giovamento, non solo all'interesse preminente, La verifica che l'art. 2373 cod. civ. contiene l'espressione di un
ma anche, allorché tale sacrificio non sia proporzionato all'interesse principio è data dall'esistenza di altre norme che « ruotano » intorno
della maggioranza, e, quindi, anche in t~ senso non sia necessario. a tale disposizione, tant'è che si è detto che essa non avrebbe una
Problema, conseguentemente, che si è posto, è quello di capire sua « autonoma applicazione » (25).
fino a che punto la lesione sia giustificata. E, proprio perché nessun Che l'art. 2373 rifletta un principio generale, risulta anche dal
riferimento può essere fatto alla norma, sarà demandato al giudice fatto che in esso si possono far rientrare i principi di correttezza e
decidere, nella sua sfera di discrezionalità, se la realizzazione dell'in- buona fede, tant'è che deve essere « letto» nel contesto degli artt.
teresse sociale debba comportare la lesione dell'interesse della mino- 1175 e 1375 cod. civ. (e art. 2 Cost.).
ranza. È necessario, cioè, un contemperamento tra i due interessi: si Non si può non considerare, infatti, che, parlando di società, si
parla al riguardo di « soppesamento » di itlteressi (22). Tale « soppesa- fa riferimento al contratto e, quindi, ai principi generali in materia,
mento » deve essere visto in concreto al fine di considerare quali so- quelli, appunto, della correttezza e della buona fede. Quindi, l'art.
no i vantaggi di una delibera per tutti i soci e quali gli svantaggi per 2373 cod. civ. è una norma che, in linea con le altre succjtate, trova
le minorapze. In tema di conflitto di interessi dovrebbero, cioè, esse- i! suo fondamento nello stesso principjo: l'intendimento dellegislato-
re adottati i criteri della necessità e della adeguatezza elaborati in te- re è sempre quello del perseguimento dell'interesse sociale, che com-
ma di Missbrauch (abuso) dalla giurisprudenza tedesca: precisamente, porta un limite alla autonomia privata.
il sacrificio di un interesse a favore di un altro, deve essere necessa- Anche in materia societaria, dunque, proprio per i! collegamen-
rio per la realizzazione del secondo, e di entità non eccessiva, rispet- to che si è fatto, i principi di autonomia privata e di solidarietà ri-
to all'importanza di soddisfacimento di quest'ultimo, nel senso che, corrono in, riferimento all'art. 2 Cost. Nel contemperamento di inte-
tanto più grave è il sacrificio, tanto più forte deve essere il soddisfa-
c
ressi, in quel « soppesamento », di cui si è detto, i! principio di soli-
cimento (23). darietà si ritrova anche nelle altre disposizioni in materia societaria
Si conferma, perciò, il fatto che magna pars ha la giurispruden?a e, cioè, negli artt. 2373, 2399 e 2441 cod. civ.: in tutte queste verrà
nella interpretazione, Pl;'Oprio perché si lascia ad essa ampia discre- sacrificato !'interesse individuale, non certo l'interesse sociale co-
zionalità nella valutazione di cui sopra, sempre in riferimento ai mune.
principi generali dell'ordinamento giuridico. Il ragionamento sopra enunciato postula una interpretazione
contrattualistica e ,non istituzionalistica dell'art. 2373 cod. civ. Ma è
49. Si tratta, a nostro parere, di andare a fondo nell'esame stato assodato che la S.p.A. nasce da l,ln contratto, non è istituzione;
dell~art. 2373 cod. civ., al fine di capire, nell' ambito del conflitto di solo durante la vita della società, essa non avrà solo una qualificazio-
interessi, se tale disposizione ponga, in effetti, un principio, quello, ne contrattualistica, ma assumerà quella istituzionalistica. Tale impo-
cioè, di limitazione dei poteri della maggioranza. . stazione, che noi diamo per pacifica, ha, quindi, giustificato, a sua

(24) Cfr. GRECO, Le società nel sistema legislativo italiano, Torino, 1959, p. 244; G. Ros-
(22) Cfr. App. Milano 21.11.1961, in Banca, borsa tit. cred., 1962, II, p. 258; Trib. SI, Controllo pubblicistico sulle società per azioni, in Riv. soc., 1958, p. 209; L. MENGONI,
Pavia 26.11.1970, iq Giur. it., 1971, I, 2, c. 389; Trib. Bologna, 29.11.1969, in Giur. it., Appunti per una revisione della teoria sul conflitto di interessi nelle deliberazioni di assemblea delle
1970, I, 2, c. 165; App. Torino, 28.5.1974, in Foro pad., 1974, I, p. 225. società per azioni, in Riv. soc., 1956, p. 460 sgg.
(23) Cfr. K. STERNE, Das Staatsrecht in der BRD, B. III, Miinchen, 1988, p. 901 sgg.; B. (25) Cfr. A. GAMBINO, Il principio di correttezza nella assemblea delle società per azioni,
SCHLINCK, Abwiigung in Verfassungsrecht, Berlin, 1976, p. 127 sgg. Milano, 1987, p. 105-106.
84 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 85

volta, l'interesse sociale, inteso sia come interesse che i s9ci perse- naria perché il fatto che il voto abbia anche il carattere di funzione
guono con la società, sia come interesse che giustifica la tutela che nell'interesse altrui, è sufficiente a giustificare la sua sottoposizione
l'ordinamento offre ex art. 1322 cod. civ. al contratto sociale (26). al regime dell'eccesso di potere (29).
L'equilibrio degli interessi varia a seconda che si segua la teoria Al di là, però, della disquisizione, se l'eccesso di potere, in ma-
contrattualistica o, viceversa, quella istituzionalistica, che tiene an- teria di deliberazione assembleare, sia, effettivamente, tale, vi è da
che conto dell'interesse dei terzi. osservare che non si ritiene di sbagliare se si parla, nel caso, di abu-
so del diritto, questa volta facendo riferimento proprio al diritto che
50. Abbiamo più sopra fatto riferimento all'abuso ed eccesso viene leso, previa, cioè, valutazione se sia, effettivamente, un diritto
di potere, quasi fossero una unica entità. Sarà il caso di spiegare, soggettivo, quello che deve essere tutelato, al fine di evitare l'abuso.
prendendo spunto dai conflitti di interesse che possono sorgere in Se si afferma che il diritto, che viene tutelato, è un diritto suo
sede di delibere assembleari, perché si sia proceduto in tal senso. proprio, del socio, che è in winoranza, egli subisce, per esempio, la
Il concetto di « eccesso di potere» è proprio della disciplina del- volontà di altri soci nel caso di aumento di' capitale: si parla nella
la invalidità dell' atto amministrativo, disciplina che viene mutuata in fattispecie di diritto soggettivo; altrimenti, l'interesse tutelato è un
campo privatistico in questo senso: «Come l'organo amministrativo interesse altrui.
- si è scritto - , cosl anche il votante nell'assemblea della società Nell'ambito dell'assemblea dei soci, per tornare al tema, siamo,
per azioni è chiamato ad attuare un interesse non proprio, bensl al- dunque, nel campo del diritto soggettivo oppure nella sfera dell'inte-
trui, è chiamato cioè a svolgere una funzione. Perciò alle deliberazio- resse legittimo, ossi.a dell'interesse di tutti i soci che l'organo-società
ni di assemblea si potrebbe applicare la disciplina dell'invalidità del- tutela tramite l'assemblea, in contrasto con gli interessi del singolo
l'atto amministrativo e, in particolare, come ai cittadini titolari di un socio che fa gli interessi suoi propri?
interesse protetto leso viene concessa l'azione di annullamento del- Quando la legge attribuisce un potere di maggioranza alla as-
l'atto viziato da eccesso di potere, cosl una analoga azione deve ve- semblea (organo della società), lo fa perché si dirige nei confronti di
nire concessa ai soci di una società per azioni, contro la deliberazio- tutti, e, facendo l'interesse di tutti i soci, fa indirettamente anche
ne che persegua esclusivamente un fine extra-sociale, o che appaia quelli della minoranza.
manifestamente iniqua o erronea» (27). In realtà, l'assemblea fa gli interessi della società e, quindi, dei
Il concetto, però, di « eccesso di potere» in campo privatistico soci appartenenti alla società, ma potrebbe nello stesso tempo non
non è esattamente identico a quello che si ritrova nel settore pubbli- fare gli interessi individualmente dei singoli soci (di minoranza), sen-
co, perché « la persona investita di pubbliche funzioni deve attuare za che con ciò vi possa essere contraddizione.
un interesse che non è suo se non a quel modo, assai indiretto, in Solo quando il diritto del singolo socio viene «sacrificato »,
cui è interesse di qualsiasi cittadino, a differenza del socio, il quale, senza che alcuna utilità si riscontri nella delibera assembleare a favo-
in assemblea, agisce per un interesse che gli appartiene molto più im- re della società, si avrà, in effetti, « abuso del diritto ».
mediatamente, pur essendo comune agli altri soci, cosl che egli, di Si ritorna, dunque, all'atto emulativo, Proprio perché, in tal
fronte a tale interesse, si trova nella posizione intermedia fra chi re. senso, la dichiarazione negoziale che forma il contenuto della delibe-
gola un interesse altrui, e deve agire secondo un certo criterio, e chi ra viene c:onsiderata come atto della società, e non dei soci di mag-
agisca esclusivamente nella propria sfera di interessi, e a cui è con- gioranza. Infatti, se l'atto non fosse della società, ma dei soci di
cesso, nel nostro ordinamento, di agire anche irrazionalmente» (28). maggioranza, non si avrebbe atto emulativo, perché inteso a nuocere
Ma qualcuno ha pure osservato che tale discrepanza è solo immagi- la minoranza, ma non ad arrecare vantaggi a se stessi (soci di mag-
gioranza).
(26) Cfr. GAMBINO, op. cit., p. 107 sgg.
(27) Cfr. TRIMARCHI, op. cit., p. 171. (29) Cfr. CARNELUTTI, Eccesso di potere nelle deliberazioni delle assemblee dell'anonima, in
(28) Sono ancora le parole di TRIMARCHI, op. cit., p. 172. Riv. dir. comm., 1926, I, p. 176.
/
86 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 87

51. Individuato, dunque, l'abuso nell' ambito delle delibere as- teresse diverso da quello sociale, ma tale divieto deve essere accom-
sembleari, vediamo quali rimedi si possano attuare perché, da una pagnato dal danno per !'interesse sociale, proposizione, quest'ultima,
parte, si possa rispettare la libertà dei cittadini, dall'altra, perché il che non si rileva nella suddetta disposizione. Questo, in riferimento
potere possa essere esercitato responsabilmente. anche qui a quanto si diceva a proposito degli atti emulativi, e, cioè,
Il rimedio è quello del controllo, attraverso la sostituzione del che non vi può essere emulazione, se non quando un comportamento
giudice nella politica economica della società, come è stato detto ,au- arrechi danno altrui, senza arrecare alcuna utilità a chi l'ha compiu-
torevolmente da alcuni (30). to: il caso è quello di invalidità del voto ispirato a fini extra-sociali e
La valutazione del giudice sarà quella, per esempio, di esamina- dannoso alla società (32).
re fino a che punto, effettivamente, si possa parlare di minoranza
« disarmata» e maggioranza, viceversa, «depredatrice ». Qualche 52. Abbiamo, dunque, visto come la tutela del socio sia intesa
volta, infatti, si assiste alla formazione di minoranze che assistono al come tale per l'interesse che egli ha nella società, da distinguersi dal
procedimento deliberativo, allo scopo di svolgere attività di ricatto suo interesse in relazione agli interessi 'extra-sociali: vi è un interesse
ecc. (31) comune della società che sta al di sopra dell'interesse che ha il singo-
Come si è detto, l'abuso di potere è comprensivo dell'eccesso di lo socio e che lo porta, quindi, al di fuori della società; un interesse
potere, e la sanzione che ne deriva, 'quindi, è il riflesso della dispari- comune che si contrappone ad un interesse individuale.
tà tra i soci, quando, in particolare, vi sia un manifesto contrasto tra Da una situazione di tal genere abbiamo visto come sorgano
deliberazione e interesse sociale. Anche il singolo azionista persegue conflitti di interessi e, quindi, possibilità di abusi che devono essere
!'interesse sociale; quando questo manchi, egli viene « sanzionato », ovviati con i « rimedi» per la tutela del socio, della minoranza ecc.,
così come viene « penalizzata » la maggioranza, o la minoranza, che che si vedano limitati nel loro diritto al perseguimento dell'interesse
non persegua il fine sociale. comune, dell'interesse della società. Quando la maggioranza, per
Il controllo, dunque, del giudice sarà appunto quello di vedere esempio, prenda delle decisioni in sede di delibere assembleari che
se sia stato perseguito il fine comune o, viceversa, se si sia persegui- ledano i diritti della minoranza, nel senso che la prima persegua fini
to un fine extra-sociale. che, in realtà, non sono sociali, ecco che provoca un « abuso », usa,
L'abuso, perciò, deve essere inteso in questo senso, non sempli- cioè, del suo diritto in modo distorto, non in conformità allo scopo
cemente ,come un problema di maggioranza, che abusa del suo potete societario.
nei confronti della minoranza, ma l'abuso si intende anche in riferi- Proprio questa finalità è quella che scaturisce dall' accordo che si
mento alla minoranza, così come è abuso anche quello di un socio è instaurato tra i soci alla costituzione della società, di comunanza,
che persegua un fine, che è al di fuori di quello proprio della società. cioè, di beni e servizi al fine di ripartirne l'utile; quindi, l'interesse
L'eccesso di potere si sostituisce e si confonde con il concetto sociale (superiore) è quello « economico ».
di abuso, perché si ha tale figura, allorché si devia dal perseguimento TaIe impostazione del problema ai fini, da una parte, di indivi-
dello scopo sociale, dall'interesse sociale. E il controllo sarà, appun- duare 1'abuso, dall' altra, di trovare il rimedio migliore per evitarlo o
to, quello di vedere se, effettivamente, vi sia discrepanza tra interes- reprimerlo, risale ai primi del secolo, prima, cioè, dell'entrata in vi-
se comune (superiore) dei soci e interesse dei soci singolarmente. gore del codice del 1942 (33). Forse, in tempi recenti, il gioco degli
Perché si abbia abuso della maggioranza, o anche del singolo, o
della minoranza, come abbiamo visto, dovremo, in realtà, dire che,
. (32) Cfr. CANDIAN, Nullità e annullabilità di delibere di assemblea delle società per azioni,
non solo non si deve, ai sensi dell'art. 2373 cod. civ., attuare un in- Milano, 1942, p. 110; ASCARELLI, Studi in tema di società, Milano, 1952, p. 166; DE MARTINI,
La tutela delle minoranze nel controllo giudiziario sugli atti delle società in Riv, dir. comm., 1953,
I, p. 48.
(lO) Cfr. GAMBINO, Abuso di potere nelle assemblee delle S.p.A., in Riv. dotto comm., (33) Cfr. Trib. Milano, 20.1.1919, in Riv. dir. comm" 1919, II, p. 652, con nota di
1969, I, p. 1037. ASQUINI, Conflitto di interessi tra il socio e le società nelle deliberazioni di assemblee delle società
(31) Cfr. GAMBINO, op. cit., p. 1035. per azioni.
88 L'ABUSO DEL DIRITTO

interessi in contrasto si è fatto più serrato e, sempre di maggiore at-


r ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA

Mentre nel.primo caso, di sostituzione, perché trattasidi volon-


taria giurisdizione, non ci troviamo di fronte ad un controllo sull'ec-
89

tualità, è il tema dell'abuso.


Se è vero che abbiamo un interesse individuale del socio che si cesso o sviamento di potere (per esempio, in materia fallimentare,
contrappone all'interesse del socio, in quanto partecipante all'orga- dove il giudice coopera alla gestione fallimentare), nel secondo caso,
nizzazione dell'impresa, è altrettanto vero che l'interesse del socio di tale controllo porta, appunto, al rilievo di difetto di legittimità nel-
impugnare la delibera assembleare, in realtà, non è un rimedio per la l'esercizio del potere.
tutela del suo interesse personale, ma di un interesse della società at- Nell'ambito societario, il controllo va fatto a tutela delle minoran-
traverso il retto funzionamento del principio della maggioranza al- ze, sul presùpposto .che, una volta costituita la società, sia la maggio-
l'interno della società, come pure è stato ~detto (34). Facendo, dun- ranza assembleare ad esercitare il potere, proprio perché, costituita la
que, il suo interesse, impugnando la delibera, il socio fa l'interesse società, si sarà creato 'un ente, una « organizzazione» che deve appun-
della società. In effetti, perciò, è semplicistico parlare dell'interesse to essere gestita dalla maggioranza in un sistema democratico, come
del singolo socio, in contrapposizione a quello della società. l'interesse dell'incapace viene gestito dal suo rappresentante (genitore,
Una volta individuato l'interesse sociale rispetto a quello extra- tutore ecc.).
sociale, chiarito che il socio, impugnando la delibera assemblear~, Si ha il caso di controllo di volontaria giurisdizione, quando, per
non fa solo il suo interesse individuale, ma, perseguendo quest'ultI- esempio, il Tribunale venga a controllare, sostituendosi agli organi so-
mo, in realtà persegue un interesse societario, i mezzi per la tutela ciali, quando vi sia sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei
del predetto interesse possonp essere interni o ester.ni alla società. doveri degli amministratori e dei sindaci e clicui all'art. 2409 cod. civ.
Con i primi si fa riferimento all'autotutela dell'interesse del socio, Il controllo contenzioso interviene, viceversa, quando si tratti di
perché si prescinde dal ricorso al giudice; con i secondi, invece, si irregolarità di funzionamento dell'assemblea; in questo caso il socio o
opera attraverso l'intervento del giudice un controllo esterno, quello la minoranza potranno, appunto, fare ricorso al controllo contenzioso
sui singoli atti. Ci si domanda se il giudice possa riconoscere una invali-
giudiziale (35).
Ora, il controllo giudiziario, come si è osservato, può svolgersi, dità dell'atto in caso di sviamento di potere rispetto all'interesse comu-
o attraverso la volontaria giurisdizione, allorché il giudice si sostitui- ne. Può, cioè, il giudice operare un sindacato in sede contenziosa sulla
sce, anzi si « surroga » nell'attività negoziale (36), oppure, può svo~­ conformità della delibera all'interesse comune? Si è detto che il giudice
gersi con l'imposizione della volontà obiettiva della legge, allorché il ha tale sindacato, proprio perché egli ha la possibilità di controllare, se
giudice si pone al di fuori del negozio, per dare un giudizio di legit- vi è stata corrispondenza della attività della società all'interesse comu-
ne, che costituisce appunto la causa del contratto di società (37).
timità.
Da un lato il giudice diventa parte di un negozio, sostituendosi
all'interessato, ed esprimendo lui, a~ posto dell'interessato, la volontà 53. Abbiamo parlato di « interesse comune », come causa del
tendente alla formazione di quel negozio; dall' altro, il giudice è al di contratto di società. L'organismo « società », che è venuto in essere a
sopra delle parti e, quindi, imponendo una volontà superiore, si pone seguito dell'iter procedimentale sopra acèennato, mira ad uno scopo. Il
in posizione di regolatore di conflitti di interessi, con la sanzione legislatore, del resto, all'art. 2247 cod. civ. ha bene precisato in che co-
della invalidità dell' atto e la dichiarazione di responsabilità di chi lo sa consista il contratto di società e quali sono, dunque, le obbligazioni
ha posto in essere. che ne derivano, nonché la causa. Di qui, non possiamo non affermare
che lo scopo è « economico », che l'interesse è quello volto alla produ-
zione. Se, da una parte, la ripartizione degli utili potrebbe sembrare
(34) Cfr. ASQUINI, Limiti dei diritti dell'azionista in relazione all'art. ~63 cod. comm., Ì!1
Riv. dir. comm., 1940, II, p. 4-5.
(3') Cfr. DE MARTINI, op. cit., p. 32.
(36) Cfr. DE MARTINI, Natura, efficacia ed impugnabilità dei provvedimenti di volontaria (37) Cfr. ASCARELLI, Interes~e sociale e interesse comune del voto, in Riv. trim. dir. proc.
civ., 1951, p. 1145.
giurisdizione, in Giur. compI. Casso civ., 1945, II, p. 293.
90 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 91

soddisfare solo l'interesse individuale, in realtà, essendo proprio di tonomia limitata dall'intervento giurisdizionale, allorché si profili
tutti i soci, il soddisfacimento è quello dell'interesse comune. l'abuso.
Perciò la deliberazione di distribuzione degli utili non potrà es- Per tornare allo scopo lucrativo della società, che è il riflesso
sere in contrasto con l'interesse sociale, se questo è inteso in con- della sua produttività, intesa come organizzazione, si parla, al riguar-
creto come interesse conforme all'interesse dell'impresa (38). do, di aggregazione di mezzi e di uomini, questi ultimi, facenti parte
Si viene, quindi, a spostare il campo in direzione della produ- di un gruppo che costituisce l'organo della società e cioè l'assemblea.
zione della società, intesa, essa, come organizzazione produttiva. Da una parte, cioè, libera espressione degli interessi individuali; dal-
L'interesse, pertanto, .particolare, in contrasto con quello sociale, e l'altra applicazione del principio maggioritario, una volta che il grup-
di cui all'art. 2373 cod. civ., si riflette su una situazione di concre" po sia a tutti gli effetti organo della società, sia la società.
tezza e, precisamente, fa riferimento alla causa del contratto di so- Tale peculiarità fa rilevare che ci troviamo di fronte ad un eser-
cietà. Così a contrario, se l'interesse che viene perseguito con una cizio in comune di una attività economica, e che tale attività è stru-
espressione di volontà, per esempio, attraverso l'esercizio del diritto mentale rispetto all'interesse finale, quello di lucro (ossia di riparti-
di voto, è in contrasto con l'interesse patrimoniale della società, si zione degli utili), e per il quale è stata creata l'organizzazione socie-
avrà un danno che darà luogo ad una lesione dell'interesse comune taria. L'organizzazione societaria fa si che debbano essere sacrificati
dei soci. Verrà, precisamente, ridotto quel patrimonio che è desti- i poteri dei soci, così come i doveri di questi ultimi devono confor-
nato alla attività comune. marsi alla struttu~a organizzativa.
Si fa, dunque, riferimento al « danno» alla società, come si è Se il socio, nel perseguire l'interesse sociale, persegue anche il
fatto riferimento al patrimonio della società, perché la società è in- suo interesse personale, ciò non dà luogo ad alcun divieto. Il divieto
tesa come organizzazione e, quindi, è impresa. vi sarà, quando sarà incompatibile la realizzazione di un interesse co-
Si è detto che si ha un profilo soggettivo, dato dal gruppo socia~ mune « tipico », e cioè l'interesse ad un lucro comune da realizzarsi
le, e un profilo oggettivo della società, dato dal patrimonio dei so- attraverso l'attività produttiva e da dividersi fra tutti i soci (40).
ci (39). Entrambi questi profili compongono, appunto, l'imp.t:,esa socie- Se è vero che la peculiarità della fattispecie ci riporta alla dispo-
taria. sizione dell'art. 2373 cod. civ., proprio perché in ultima analisi è
In riferimento, quindi, all' abuso, questo deve essere una sempre il principio dell'abuso quello che domina, i limiti posti dal-
« spia» che controlla l'andamento soeietario nei suddetti due profili l'ordinamento non si riscontrano solo nella suddetta norma, ma, in
e con lo scopo societario di cui all'art. 2247 cod. civ. generale, come si è detto, in una normativa di « correttezza », che
Anche qui, perciò, osserviamo come si debba contemperare il abbiamo avuto occasione di incontrare in tema di formazione, effica-
controllo giudiziario, perché venga in effetti perseguito l'interesse cia, interpretazione, esecuzione del contratto, tant'è che, al riguardo,
comune al fine della rn,assima produttività dell'organismo-società, e abbiamo dovuto fare riferimento anche ai canoni di buona fede, ed,
la libertà di determinazione privata; per esempio, allorché il giudice anzi, ai principi posti dalla Costituzione.
si sostituisca ai privati nella scelta economico-societaria. Abbiamo La disposizione dell'art. 2373 cod. civ. dove, nel conflitto di in-
visto, infatti, come ciò sia un ulteriore sintomo di crisi della liber- teressi, si rileva l'eventuale abuso, è disposizione non eccezionale,
tà, di declino della certezza. In questo caso, la limitazione della li- ma - si può dire - sintomatica di una situazione, in cui viene net-
bertà consiste nel dare la possibilità al giudice, con il suo interven- tamente respinta la concezione individualistica dei diritti soggettivi,
to, di reprimere l'abuso a 'tutela dei soci, a tutela dell'interesse del- e viene lasciato il posto a principi di solidarietà nell' ambito del grup-
la società: da una parte, dunque, autonomia privata; dall' altra, au- po sociale, principi che dominano il rapporto societario, là dove vie-
ne formata la volontà collegiale dei membri del gruppo.
(38) Cfr. GAMBINO, La disciplina del conflitto di interessi del socio, in Riv. dir. comm.,
1969, I, p. 409.
(39) Cfr. GAMBINO, op. cit., p. 412. (40) Sono le parole di GAMBINO, Abuso di potere nelle assemblee, p. 1046.
92 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO DELLA LIBERTÀ ASSOCIATIVA 93

Il giudizio collegiale, dunque, è vincolante per tutti i membri Vedremo, successivamente, se ciò sia vero, se, cioè, si possa al-
del gruppo, ma, qualora vi sia conflitto di interessi, questo deve es- largare il concetto di abuso, anche ai casi in cui non vi sia nocumen-
sere risolto nel rispetto dei doveri di correttezza e di buona fede. to in chi abbia posto in essere il relativo comportamento.
In ogni caso, non si coqsidera la società, come ente, risultato di Forse tale estensione del concetto di abuso dipende dal diffe-
una pluralità di espressione di volontà (negozio plurilaterale), ma co- rente ambito in cui si riflette: nel caso, per esempio, del voto, la re-
me ente, nel senso di organismo, dove le volontà sioggettivizzano; lativa deliberazione non riguarda un rapporto intersoggettivo, non si
come in tema di responsabilità si è creato il concetto di « colpa og- rivolge ad altre persone, ma si esercita nell' ambito di una organizza-
gettiva» (41), cos1 qui, ai fini di derimere il conflitto di cui si è det- zione. Infatti, gli effetti giuridici del voto si producono nei confron-
to, si opera, facendo perno su interessi obiettivamente rilevanti nella ti del gruppo sociale solo per il collegamento dei singoli atti di eser-
sfera sociale. cizio del potere con gli altri, sl da determinare la decisione maggiori-
La violazione delle norme di correttezza sarà conseguente: cioè taria (44).
si dirà che «non è conforme a correttezza -e invalida la delibera-
zione se determina la maggioranza- il comportamento dell'azioni-
sta, che, nel procedimento deliberativo, realizzi uno specifico inte-
resse particolare a danno degli altri componenti dell'ordinamento so-
ciale » (42).
In particolare, dall'indagine compiuta in tema di società, anzi di
società di capitali, dove appunto si riscontra una autonomia patrimo-
niale, la delimitazione normativa ex art. 2373 cod. civ. dell'esercizio
del diritto di voto pone una garanzia allo svolgimento del procedi-
mento deliberativo, ci garantisce da comportamenti abusivi che vi
sarebbero, qualora il potere di cui al diritto di voto non fosse circo-
scritto; con ciò non si tutela necessariamente, come si è accennato,
la minoranza, ma la tutela primaria è quella dell'ordinamento sociale
nel patrimonio destinato alla attività sociale. Dunque, si garantisce
cos1 la legalità del procedimento deliberativo e, nello stesso tempo,
l'integrità del patrimonio destinato alla attività comune: anzi, vi è da
domandarsi se si integrino gli estremi dell' abuso, allorché non vi sia
un interesse personale dei soci di minoranza, come in materia di di-
ritti soggettivi, in materia, precisamente, di proprietà. Sembra, come
si è accennato, e a verifica di quanto detto, che qui non sia riferibile
il concetto dell'atto emulativo, perché vi sarebbe abuso, anche quan-
do ai soci di rnaggioranza faccia capo un interesse particolare e,
quando, in conseguenza del voto di questi, la deliberazione sia obiet-
tivamente idonea a realizzare quell'interesse a danno della società o
di altri (43).

(41) Cfr. G. LEVI, Responsabilità civile, Milano, 1976, p. 73.


(42) Sono le parole di GAMBINO, Abuso di potere nelle assemblee, p. 1051.
(43) Cfr. GAMBINO, La disciplina del conflitto di interessi, p. 422. (44) Cfr. A. ROMANO, Note in tema di decadenza, Milano, 1962, p. 16 sgg. e 35 sgg.

7. G. LEVI
r
CAPITOLO VII
L'ABUSO E LA CONCORRENZA

SOMMARIO: 54. L'abuso nella concorrenza: cenni storici di giurisprudenza e dottrina. - 55. Li·
miti contrattuali e legali alla concorrenza..- 56. La concorrenza sleale: le fonti normative
in relazione alla azienda. --,- 57. La concorrenza: limiti costituzionali. - 58. La concorren-
za: limiti costituzionali e utilità soçiale. - 59. L'utilità sociale: l'iniziativa economica e il
dettato costituzionale. - 60. Gli artt. 2595 e segg. cod. civ.: considerazioni in ordine ai li-
miti di tale normativa. - 61. La normativa comunitaria e l'abuso. - 62. Patti restrittivi
della concorrenza. - 63. L'art. 86 C.E.E., la normativa antitrust italiana (L. 10.10.1990,
n. 287) e l'abuso di posizione dominante. - 64. La normativa C.E.E. in materia di con-
centrazione di imprese. -,- 65. L'abuso di posizione dominante nei fenomeni di gruppo. -
66. L'abuso di posizione dominante è effettivamente« abuso di diritto l>? - 67. Le impre-
se editoriali: concentrazioni, abusi (la legge sulla editoria: art. 4 L. 416 del 1981 e art. 15
L. 223 del 1990). - 68. Il patto di non concorrenza per il periodo successivo alla creàzione
del rapporto di lavoro (art. 2125 cod. civ.).

54. Abbiamo detto come le società, specie quelle di capitali,


debbano essere considerate enti con autonomia patrimoniale perfetta o
imperfetta, risultato di un iter procedimentale, dipendente da un nego-
zio plurilaterale teso ad una attività economica produttiva. Si è parla-
to, al riguardo, di organismo economico produttivo e, quindi, di « vo-
lontà oggettivizzata », come, in altra sede, si era parlato di « colpa og-
gettiva ». Anziché, dunque, osservare questa attività produttiva nel
suo aspetto soggettivo, esaminiamola sotto il profilo produttivo, consi-
deriamo, cioè, 1'« azienda », e vediamo quali rilievi si possono fare, al
fine di evitare che in questa « area» si profili un mercato che nob. sia
conforme alle regole di correttezza proprie della disciplina di cui agli
artt. 2595 cod. civ. e segg.; vediamo quali sono i meccanismi (o corret-
tivi), perché si possa parlare di libera contrattazione, perché si attui il
libero gioco della domanda e dell'offerta, senza che si abusi della liber-
tà e proprietà altrui nell'esercizio dell'industria e del commercio, come
già la giurisprudenza di fine secolo scorso aveva avuto occasione di af-
fermare (1).

(1) Cfr. Trib. Milano, 8.9.1895, in Mon. mb., 1895, p. 840.


96 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA 97

È stato detto precisamente che « costituisce abuso tutto ciò che, di legge, aventi carattere meramente dispositivo e, pertanto, deroga-
non essendo necessario all' esercizio del proprio commercio o della pro- bili dalla contraria volontà contrattuale delle parti; i limiti legali, vie
pria industria, offende la libertà di commercio degli altri » (2). ceversa, sono quelli di cui all'art. 2595 cod. civ.
Quindi, a fine secolo scorso-primi di questo secolo, si era pre- In realtà, proprio perché vi sono dei limiti alla concorrenza, an-
sentata l'occasione, con l'intensificarsi dei traffici, di delimitare che se essa si contrappone al monopolio, si può dire che la concor-
l'ambito in cui le imprese avrebbero dovuto svolgere la propria atti- renza « perfetta» non esiste.
vità senza ledere quella altrui, anche in relazione ai segni distintivi Se, comunque, si può dire che varie sono le « concorrenze» ne-
con cui vengono offerti al pubblico i prodotti (3). gli stadi intermedi tra concorrenza vera e propria e monopolio (6) e
Dunque, importante nella indagine che si sta conducendo all'ine che di queste ci si occupa, osserviamo, ai fini di una indagine rile"
terno della società-impresa-azienda, stabilire come si è regolata la vante per il nostro studio, che si possono definire concorrenti due o
materia e, se anch'essa, nel rapido mutarsi dei costumi, ha dovuto più imprenditori che offrono o richiedono contemporaneamente sul
fare riferimento più a principi che a norme. mercato in un dato tempo prodotti o servizi per acquisire a sé la
Il discorso si porta necessariamente al patrimonio aziendale, a clientela.
tutto ciò che compone l'azienda nei suoi beni materiali e immateria- Tuttavia, i limiti alla concorrenza non sono da confondersi con
li, tant'è che si parla sempre più di « propriçtà industriale» (4). le « restrizioni alla concorrenza ». Un conto, cioè, è parlare di limiti
Al riguardo già si diceva che l'art. 1151 del codice civile del contrattuali della concorrenza, un conto di « atti di concorrenza slea-
1865, corrispondente all'art. 1382 del codice francese, « imprigionas- le » (7): in questo caso, infatti, si parla di esercizio dell' attività di
se » la concorrenza sleale nell' ambito sanzionatorio, senza che vi fos- concorrenza con atti illeciti. E, comunque, ci si domanda ora come
se, in effetti, una norma primaria, a cui risalire, per capire la fonte gli atti di concorrenza sleale previsti dall'art. 2598 cod. civ. possano
della disposizione sopra menzionata; anche in tale materia, perciò, si « armonizzarsi» con le norme comunitarie (artt. 85 e 86 Trattato
è sentita l'esigenza di far riferimento ai principi generali dell'ordina- C.E.E.). Già la giurisprudenza anteriore al codice attuale aveva sot-
mento giuridico (5). tolineato l'erroneità del richiamo ad una norma (art. 1151 codice
abrogato) e, viceversa, aveva ritenuto ricercare in altre disposizioni
55. Rifacendoci ai principi generali, possiamo dire che l'attivi- di legge e, comunque, nei principi generali di diritto la norma giuri-
tà di concorrenza è libera: libertà di concorrenza, in quanto è stato dica per determinare l'illecito nella concorrenza (8).
sancito il principio della libertà della iniziativa economica privata Si ritorna, cioè, ai principi-cardine su cui si fonda l'attività del-
nell'art. 41, 10 comma della Costituzione. Ma, a tale principio ven- l'uomo: l'ordinamento giuridico pone dei limiti a tale attività, sem-
nero posti «limiti contrattuali» e «limiti legali ». Nei primi non preché, tuttavia, vengano rispettati il diritto alla libertà, il diritto al-
rientrano solo quelli derivati da clausole contrattuali espresse, ma li- la vita.
miti che si ricollegano a determinati contratti, in base a disposizioni Quando la Costituzione parla di libertà di iniziativa economica
privata, vuoI dire appunto questo: nel campo industriale e commer-
(2) Cfr. Cass.Bologna, 24.2.1908, in Mon. trib., 1908, p. 431· ciale la concorrenza è sl libera, ma a patto che non vengano sacrifi-
(3) Cosl si è espressa l'App. Firenze, 13.11.1898, in Foro it., 1899, I, p. 227: «La con-
correnza... si rende sleale appunto perché viola il diritto di proprietà che ogni commerciante cate le suddette « libertà» e, soprattutto, che la libertà di ciascun in-
ha sopra i segni distintivi che a lui servono per offrire al pubblico i propri prodotti ». dividuo non venga sacrificata a favore di quella dell' altro: insomma,
(4) Facciamo riferimento a AMAR, Dei nomi, dei marchi e degli altri segni e della concor- un ordine economico-sociale, che impone che le attività individuali si
renza nell'industria e nel commercio, Torino, 1893, p. 503; GIANNINI, La concorrenza sleale-della
concorrenza sleale in senso proprio ed extra-contrattuale, Napoli, 1898, p. 51 e sgg.; BOZZINI, La possano dispiegare adeguandosi al principio dell'uguaglianza di diritti
conCorrenza illecita nei traffici, Milano, 1904, p. 65 sgg.; BONFANTI, Il diritto al nome commer-
. ciale e la concorrenza sleale, in Riv. dir. comm., 1908, II, p. 164 sgg.; CARNELUTTI, Diritto al
marchio e registrazione, in Riv. dir. comm., 1912, II, p. 340. (6) Cfr. DI FENIZIO, Economia politica, Milano 1949, p. 252.
(5) Cfr. PESTALOZZA, Rassegna critica della giurisprudenza in materia di concorrenza illecita (7) Cfr. GHIRON, La concorrenza e i consorzi, Torino, 1954, p. 51 sgg.
(anni 1916-1917), in Riv. dir. comm., 1919, I, pp. 200 sgg. (8) Cfr. Trib. Milano, 6.10.1928, in Riv. dir. comm., 1928, p. 598.
98 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA 99

e doveri reciproci. Ognuno deve avere la sua sfera di azione per po" di concorrenza. La libertà vi è, ma è limitata, nel senso che illegisla-
ter esercitare il suo diritto: coesistenza di potestà, perché possa tore, all'art. 2557, 2° e 3° comma cod. civ., ha affermato che è vali-
ognuno esercitare il proprio diritto. Concorrenza, perciò, e non con- do il patto di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli
correnza illecita, seppure non perfetta, come si è detto. previsti dalI ° comma dell'art. 2557 cod. civ., «purché non impedi-
Si è detto giustamente dalla giurisprudenza anteriore al codice sca ogni attività professionale dell'alienante ».
del 1942: «Il problema dei limiti giuridici della libera concorrenza Il contenuto, dunque, di tale divieto è quello di contempera-
può, ad avviso del Collegio, essere risolto in base agli artt. 436 e mento di due esigenze; da una parte, quella di garantire al cessiona-
438 del cod. civ. La massima di ragione naturale che il frutto del k rio dell' azienda il pacifico godimento della stessa, contro il tentativo
voro appartiene a chi lo ha con le proprie fatiche ottenuto è il pre- dell'alienante di riappropriarsi di fatto di ciò che egli ha alienato;
supposto sottinteso di tale disposizione di legge e costituisce quindi dall'altra, quella di non menomare la libertà professionale dell'alie-
un principio generale di diritto avente efficacia di norma giuridica nante oltre certi limiti di ragionevolezza (11).
(art. 3 preleggi) » (9). Tuttavia, la normativa a cui deve farsi riferimento in materia di
Diretto è il collegamento tra il diritto personalissimo alla salute, concorrenza, nell' ambito dell'azienda, non è solo quella indicata nel
alla dignità, alla reputazione e le libertà che presiedono all'iniziativa codice civile all'art. 2557 cod. civ., ma anche quella che deve essere
economica privata. Le norme a cui si faceva riferimento nel codice « armonizzata» con quest'ultima, nell'ambito del mercato unico eu-
abrogato erano, dunque, quelle degli artt. 436-438 codice civile del ropeo.
1865; tuttavia il riferimento alla proprietà non è solo quello delle co- Si deve, cioè, far riferimento all'art. 86 del Trattato C.E.E.,
se corporali, ma anche quello del godimento e della disponibilità dei dove viene ribadito il principio del divieto di « abuso di posizione
beni immateriali; appunto, quelli, che compongono, come accennato, dominante ». E tale principio richiede l'effettiva applicazione di con-
l'azienda, proprio perché sempre più nella attività economica si viene dizioni non eque, come è stato ribadito anche dalla Corte di Giusti-
diffondendo il concetto di proprietà industriale. zia 9 aprile 1987 (12). Talora, infatti, l'iniquità delle condizioni è di-
versamente rilevante se trattasi di giudice nazionale o internazionale.
56. Fatti alcuni cenni sui limiti contrattuali e legali della con- La posizione dominante, poi, nell'ambito dell'azienda, può ri-
correnza, torniamo, ai fini della nostra indagine, alle norme che re- guardare anche il marchio, nel senso che esso può essere oggetto di
golano la concorrenza, sia interne, sia convenzionali, sorte poprio sfruttamento abusivo. Ed, al riguardo, è stato affermato sempre dal-
per evitare che si possa parlare di « abuso» e quindi si impedisca iI la Corte di Giustizia (18.2.1991), che non basta, a tale scopo, la fa-
gioco della libera contrattazione. coltà di impedire le importazioni di prodotti recanti iI marchio con-
Esiste iI « mercato », in quanto esiste pluralità di operatori eco- traffatto. Occorre anche che sia ostacolata l'esistenza di una concor-
nomici che offrono o richiedono contemporaneamente sullo stesso renza effettiva da parte di prodotti analoghi (13).
mercato in un dato tempo prodotti o servizi per acquisire a sé la Come si rileva, quindi, la normativa, che disciplina· la concor-
clientela (10). Ed « offrono e richiedono contemporaneamente », pro- renza in tale materia, non può essere soltanto nazionale, come non
prio perché vi è «libertà» in tal senso, quella libertà di iniziativa può essere soltanto nazionale il giudizio di « idoneità» del magistra-
che non può tollerare che quei limiti, una volta travalicati, possano to chiamato a sua volta a decidere su tale « idoneità ».
danneggiare analoghe libertà altrui. D'altra parte, è necessario che l'indagine venga fatta ~aso per
Nell'ambito, per esempio, dell'azienda, dove sono riuniti ele- caso, al fine di poter controllare se, effettivamente, vi sia « concor-
menti materiali e immateriali, la legge interviene là dove si fa divieto

(11) Cfr. Cass., 20.1.1975, n. 225, in Giur. it., 1975, l,l, 1846.
(9) Cfr. Trib. Milano, cit., p. 600. (12) Cfr. CELONA, La libera circolazione delle merci e il mercato unico europeo nella giuri-
(lO) Cfr. GUGUELMETTI G. e G., v. La concorrenza, Digesto IV, Torino, 1988, sprudenza, Milano, 1991, p. 376 sgg.
p. 300 sgg. (13) Cfr. Corte Giust., 18.2.1971, in CELONA, op. cit., p. 374.
100 L'ABUSO DEL DIRITTO
T ABUSO E CONCORRENZA
101

renza sleale» o, meglio, « posizione dominante », ai sensi dell' art. 86 Se si trasferisce l'azienda, infatti, si trasferisce tutto il comples-
del Trattato C.E.E. so di cui essa fa parte, e cioè anche la clientela, così come l'avvia-
Si torna, dunque, al discorso delle «libertà» e dei relativi mento di cui la clientela è in effetti una espressione di tale qualità
« abusi », proprio perché si parla di «libertà di circolazione », «li- come è stato detto (16). '
bertà di stabilimento» nei vari stati membri della C.E.E., che com- Questa possibilità, dunque, che ha l'acquirente di potere godere
portano, da una parte, eventuali abusi, come si è detto, dall' altra li- dell'a:denda nelle sue varie qualità (clientela, avviamento ecc.), e, di
miti agli stessi, proposti con norme che « disciplinano una armoniz- riflesso, l'astensione dell'alienante, per il periodo di cinque anni dal
zazione delle legislazioni nazionali e conferiscono gli strumenti atti a t~asf~rimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'u-
propiziare emendamenti e innovazioni, anche di rilievo, nei rispettivi blcazlOne o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell' a-
ordinamenti giuridici degli stati membri: per esempio, nel campo fi- zienda ceduta, si pone in contrasto con quanto statuito dalla Costi-
scale e del diritto societario e industriale» (14). tuzione, e cioè con la libertà di iniziativa economica privata. In real-
tà, non vi è contrasto con il dettato costituzionale, perché, se la Co-
57. Se è vero che le norme nazionali devono essere « armoniz- stituzione dice all'art. 41, l° comma, che l'iniziativa economica pri-
zate » con quelle comunitarie di cui si è detto, è anche vero che esse vata è libera, il 2° comma dello stesso articolo afferma che essa non
non devono trovare, per poter essere applicate, un limite nella fonte può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recar
primaria del nostro ordinamento e cioè nella Costituzione; non pos- danno alla sicurezza, alla dignità umana.
sono, cioè, essere in contrasto con quest'ultima. La stessa fonte primaria dell'ordinamento giuridico sacrifica l'i-
Se è vero, secondo l'art. 2557, 2° comma cod. civ., che il patto niziativa economica privata a favore di quei diritti personalissimi,
di astenersi dalla concorrenza in limiti più ampi di quelli previsti dal che sono appunto il diritto alla libertà, dignità ecc.
comma precedente, è valido, purché non impedisca ogni attività pro- Da una parte, dunque, regolamentazione della concorrenza (e li-
fessionale dell'alienante, il limite temporale, tuttavia, è sempre quel- bertà di iniziativa economica privata), dall'altra, concorrenza entro
lo di cinque anni dal trasferimento dell' azienda, indipendentemente certi limiti, in riferimento, cioè, alla libertà, sicurezza, dignità del
dall'ambito in cui ci si deve astenere dalla concorrenza. Infatti, il li- singolo. Competizione sì, « gara », se vogliamo, ma secondo certe re-
mite di cinque anni, se dovesse essere stato pattuito in misura supe- gole, che, comunque, non devono ledere quei diritti personalissimi
riore verrebbe automaticamente ridotto a tale termine. sopra accennati. Devono, cioè, coesistere i concetti di concorrenza e
Quanto, in particolare, alla «clientela », di cui pure all'art. quello di libertà: libertà nella concorrenza e, solo in questo modo, si
2555 cod. civ., perché elemento che fa parte di quel complesso di può parlare di libero mercato, libertà di iniziativa economica privata
beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa, che è e di sviluppo della concorrenza. Questi c.oncetti, poi, non riguardano
appunto l'azienda, essa riflette la possibilità di «incontro» tra do- soltanto l'ambito nazionale, ma anche quello comunitario, perché in
manda e offerta in un mercato che ha le sue regole, come si è già ac- esso si abbia una leale ed equa competitività, come si è detto.
cennato. Tuttavia, libertà di iniziativa economica e libertà del singolo so-
Quindi, la clientela è rappresentata da quel « flusso di persone no regolate in modo che i rispettivi diritti che le « sottendono », ri-
che conosce e richiede i prodotti dell' azienda, in conseguenza dei schiano di trovarsi in collisione.
pregi qualitativi dei prodotti medesimi, del buon nome commerciale, La libertà, intesa in senso economico, può essere limitata, ma
della pubblicità e così via» (15). chi ha questa libertà, dovrebbe avere il potere di autolimitarla; tale
libertà, viceversa, può essere limitata solo dall'esterno, solo quando
essa sia in contrasto con la libertà del singolo individuo, quando ven-
(14) Cfr. MOAVERO MILANESI, Antitrust e concentrazioni fra imprese nel diritto comunita-
rio, Milano, 1992, p. 9.
ga lesa la sua personalità ecc.
(15) Cfr. Lo CIGNO, Commentario del codice civile, Libro V, Tomo IV, artt. 2462-2642,
Torino, 1978, p. 144. (16) Cfr. Cass., 20.1.1975, n. 225 sopracitata, in Giur. it., 1975, l,l, 1846.
102 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA 103

Si parla al riguardo di soggetti « concorrenti» e, ql1 indi, di tute- l'imprenditore, che non osserva gli obblighi previsti dall'art. 2089
la della concorrenza, nel senso che essa, anche se non perfetta, può cod. civ.
essere tutelata, senza che si renda « emulativa ». Limiti, dunque, alla libertà di iniziativa, nel caso in cui, senza
alcuna utilità sociale, si arrechi danno all'economia nazionale.
58. Abbiamo detto che il 2° comma dell'art. 41 Cost. contem- Tutto questo, in una sfera più ampia, si presenta come un'altra
pera l'iniziativa privata con l'utilità sodale, ovvero con la sicurezza, espressione di quell'abuso del diritto, che nasce - ripetiamolo -
libertà, dignità umana. con l'art. 833 cod. civ., secondo il quale il proprietario non può fare
In sostanza, se questa iniziativa economica privata, di cui al 1° atti, i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare
comma dell' art. 41, non trova una rispondenza in una « utilità », ec- molestia ad altri.
co che essa fa scaturire, a livello di mercato e, quindi, di concorren- Il principio è di grande portata: dalla proprietà (di cui ad una
za, una « gara inutile », la gara « emulativa », di cui sopra. L'iniziati- economia non di mercato) si passa all'impresa, e cioè ad una econo~
va economica privata, per avere una ragion d'essere deve essere mia di mercato, ma il risultato non cambia, perché, comunque, esiste
« utile ». Mentre il 2° comma dell' art. 41 è direttamente applicato sempre il divieto dell' abuso del diritto.
dall'operatore giuridico (magistrato ecç.), Senza intermediazione del
legislatore, non è così, per quanto riguarda il 3° comma dell'art. 41, 59. Proseguendo nell'esame della Costituzione, per quanto ri-
dove « la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché guarda l'iniziativa economica ed i limiti posti dalla fonte primaria
l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e del diritto, al fine di contemperare le esigenze di « utilità sociale »,
coordinata a fini sociali ». Nell'un caso e nell'altro, tuttavia, si osser- ribadiamo che non sempre la Costituzione ha demandato al magistra"
va come ricorrano « l'utilità sociale» o i « fini sociali ». Non avrebbe to ordinario di verificare se le attività dell'imprenditore si riportino
ragion d'essere, sia nel « pubblico» che nel « privato », una iniziati" al « parametro costituzionale» (17). Il legislatore costituzionale, cioè,
va economica che non portasse ad una utilità e, viceversa, creasse si è evidentemente domandato sino a che punto l'autorità giudiziaria
'danno, come si evince, per esempio, dal disposto dell'art. 2089 cod. ordinaria avrebbe potuto interpretare 1'« utilità sociale », che si trova
civ., nel caso di inosservanza degli obblighi dell'imprenditore imposti negli artt. 41-43 della Costituzione, senza falsarne il contenuto.
dall'ordinamento nell'interesse della produzione. D'altra parte, il legislatore costituzionale, pur volendo, non avrebbe
Riass\1mendo, dunque, secondo il modo di procedere del legisla- mai potuto scendere troppo in particolari, proprio per il carattere
tore costituzionale, si ha, in principalità, una affermazione della ini- precettivo e programmatico delle sue norme.
ziativa economico-privata al punto che essa si considera libera in un È vero che il legislatore costituzionale, all'art. 41, 2° comma,
mercato, dove, però, esistono delle regole circa la contrattazione di ha ben specificato quale fosse .l'utilità che avrebbe dovuto essere sa-
un prodotto, offerto da una pluralità di persone da una parte,. e ri- crificata nell' ambito della iniziativa economica; che, qualora vi fosse
chiesto da un'altrettanta pluralità di persone, dall'altra. E, se cl tro~ stato dubbio sul contrasto tra utilità e lesione del diritto alla libertà,
viamo in questa libera contrattazione, in un mercato, e dobbiamo ri- sicurezza ecc., egli sarebbe ricorso, come è ricorso, alla legge, de-
spettarne le regole, dobbiamo affermare per prima cosa che tale con- terminando programmi e controlli opportuni (1 ° comma); che non si
trattazione non deve arrecare danno alla società. Di qui, la libera fa differenza tra attività economica privata e pubblica, purché tale
iniziativa non deve essere in contrasto con 1'« utilità sociale », così attività possa essere indirizzata e coordinata a «fini sociali »; che
come non deve essere in contrasto con i diritti costituzionalmente (art. 42) la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge,
garantiti al singolo individuo, facente parte della società, e, nello che ne, determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo sco-
stesso tempo, essa si deve ricollegare necessariamente alle disposizio-
ni sull'impresa in generale (art. 2082 e segg. cod. civ.). L'iniziativa Questa espressione, che rispecchia bene il pensiero del legislatore è offerta da GRI-
(17)
economica, cioè, non deve arrecare danno, perché, altrimenti, l'ordi- SOLI,v. ia concorrenza, in Trattato di diritto privato diretto da Rescigno, val. XVIII, Torino,
namento giuridico provvederà a sanzionare il comportamento del- 1984, p. 301.
104 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA 105

po di assicurarne la « funzione sociale »; che (art. 43) ai fini di « utilità 60. Abbiamo detto che il nostro mercato è a « regime di con-
generale », la legge può riservare originariamente o trasferire, median- correnza imperfetta », ha dei limiti contrattuali e legali, che rischiano
te espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a co- di circoscrivere, più rigorosamente, dopo il tracciato costituzionale in
munità di lavoratori o di utenti, imprese o categorie di imprese che si materia, la disciplina di cui agli artt. 2595 e segg. cod. civ. Se si parla
riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o situazioni di libertà nella concorrenza, dobbiamo, in realtà, dire che essa è inte-
di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale; sa come l'affermazione dell'uguaglianza di tutti i cittadini esercenti
che (art. 44) al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e una attività economica di produzione o di scambio nei confronti degli
di stabilire equi rapporti sociali la legge impone obblighi e vincoli alla effetti della concorrenza e, quindi, anche dei suoi limiti, proprio per-
proprietà terriera privata... ». Tuttavia, cos1 facendo, il legislatore co- ché si è detto che « in realtà, la libera concorrenza non è, presa nel
stituzionale ha sl inteso lasciare !'iniziativa economica all'individuo, suo contenuto giuridico, l'affermazione di una assoluta e inconcepibile
ma ha cercato anche di seguirla passo passo, affinché di questi diritti, libertà nell'esercizio della concorrenza commerciale - ripugnante alla
sanciti dalla Costituzione, non si faccia abuso, abuso che creerebbe esistenza di un ordinamento giuridico quale che sia, che alla libertà
ùno squilibrio tra il diritto del singolo e quello della collettività. pone sempre necessariamente dei limiti - sibbene l'affermazione del-
Se il legislatore costituzionale ha toccato gli argomenti dell'« utili- l'eguaglianza di tutti i cittadini esercenti una attività economica di produ-
tà sociale », degli « equi rapporti sociali », lo ha fatto sapendo che solo zione o di scambio nei confronti degli effetti della concorrenza, e quindi,
a livello di « principi» avrebbe potuto difendersi e, quindi, difendere anche dei suoi limiti, tanto interni naturali, insopprimibili, quanto
la collettività dagli « abusi »; solo a livello costituzionale può fare rife- esterni, ed in particolare a quelli giuridici posti dalla sovranità dello
rimento a tali concetti, demandando al magistrato ordinario l'ulteriore Stato» (19).
interpretazione del suo dettato. Insomma alla libertà si pongono sempre necessariamente dei limi-
Quindi, quando si parla (da parte del legislatore non costituzionale) ti, anche perché la libera concorrenza, se anche è rivolta a fini di utili-
di disciplina della concorrenza (art. 2595 cod. civ.), non si fa che realiz- tà sociale, se anche produce effetti utili, può portare conseguenze dan-
zare« normativamente »quel principio che trova la sua sede nella Costi- nose agli individui e alla società. L'abuso si ha, poi, quando addirittu"
tuzione, come trova la sua« sede », nel sistema di principi, l'abuso. ra nessuna utilità si riscontra nella libera concorrenza, ma solo danni.
Alla libertà di iniziativa economica privata si affianca, come si ve- Più che in altri istituti, dunque, si è sentita l'esigenza di parlare
drà, l'azione sindacale, che trova ancora nella Costituzione, all' art. 46, dei « limiti ». Di qui, la prima considerazione, che ha fatto illegislato-
la sua espressione: la cosiddetta « libertà sindacale », che è irrinuncia- re (non costituzionale), che la concorrenza deve svolgersi in modo da
bile in una economia di mercato, come lo è per l'imprenditore quella di non ledere gli interessi dell'economia nazionale e nei limiti stabiliti
iniziativa economica, come lo è il diritto alla sicùrezza ecc. del lavora- dalla legge e dalle norme corporative (art. 2595 cod. civ.).
tore nei confronti del datore di lavoro. Tale articolo si pone, dunque, come integrativo della norma co-
In tal modo si arriva alla identificazione tra libertà di iniziativa stituzionale, ed in particolare in riferimento all'art. 41 Cost., I parte,
economica e libertà di concorrenza. 2° comma; fin qui, cioè, non si parla ancora, come, viceversa, si fa
Nell'incertezza interpretativa del dettato costituzionale si è inse~ nell'art. 2598 cod. civ., di « atti di concorrenza sleale », e, perciò,
rita la decisione della Corte Costituzionale (21 gennaio 1957, n. 29), la l'art. 2595 cod. civ. è ancora norma « asettica» in riferimento agli at-
quale ha ribadito i concetti di libertà di iniziativa economica e libertà ti di concorrenza sleale: traspone sul piano strettamente normativo
di concorrenza, nel senso che tali libertà devono mantenersi secondo quello che già il dettato costitUzionale aveva enunciato. L'art. 2595
un criterio di « utilità sociale »: si fa espressamente riferimento a « fini cod. civ., cioè, non fa che riproporre in concreto il principiò della li-
di utilità sociale» (18).
l'iniziativa privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, intesa come consegui-
(18)Corte Cast., 21.1.1957, n. 29 in Giur. cost., 1957, p. 404 sgg. e 406, la quale ha esat- mento del bene comune... ».
tamente detto: « A tale libertà la Costituzione pone il limite del pubblico interesse, in quanto (19) Cfr. M. ROTONDI, Diritto industriale, Milano, 1965, p. 469.
106 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA
107

bertà di concorrenza, rimandando alle altre norme di legge quanto alle quello internazionale, è da scongiurarsi, perché possa esserne benefi-
restrizioni a tali libertà (20). ciato tutto il sistema e cioè gli individui che ne fanno parte a partire
princ!palmente dal « consumatore ». '
61. Quando si parla di limiti legali della concorrenza, pon si fa . E a questo proposito che il concetto di « abuso» torna in superfi-
riferimento solo a quelli indicati dalla Costituzione e, di riflesso, indi- cIe anche in questa materia, anzi, soprattutto, sotto il profilo comuni-
cati nel codice civile agli artt. 2595 e segg., ma si deve far riferimento tario, e in una ampia visione del mercato, quindi, dell'impresa-azienda,
anche alla normativa comunitaria, con la quale, abbiamo detto, si deve che si riflette, ancora una volta, nella tutela della singola persona, quel-
« armonizzare» quella di ciascun paese, membro della C.E.E. Quan- la appunto del « consumatore »; ma anche quella dell'« imprenditore»
do, cioè, si parla di « libera concorrenza» o di libero mercato, tali con- il quale deve muoversi sul mercato, sapendo di essere garantito dall'e~
cetti devono essere usati alla luce di una normativa anche sovranazio- q~o rispetto delle libertà economiche da parte degli altri imprenditori,
nale. Ecco che si sente l'esigenza di dare un significato comune o me- CIO che.deve ~ortare ad una continua gara emulativa tra imprese, per la
glio « comunitario », ai predetti termini, e si è visto come nella Comu- prodUZIOne dI qualcosa che sia l' optimum e ad un prezzo sempre più
nità, quando si parla di concorrenza, si vuole significare « una leale ed competitivo: vepgono, cioè, premiati gli sforzi per migliorare per
equa competitività tra imprenditori, che si pone come garanzia di una esempio, la qualità del prodotto. '
più equilibrata crescita della società» (21). La verifica di tale comportamento dell'imprenditore sta nell'at-
Difatti, la libertà di concorrenza, normativamente regolata da teggiamento del consumatore: ogni imprenditore troverà, quindi sod-
norme comunitarie, è il segno visibile del graduale processo di integra- dis.fazione nella scelta fatta dal consumatore del suo prodotto, ch: sarà,
zione europea. Proprio le disposizioni degli artt. 85 e 86 Trattato di qumdi, per quest'ultimo, il migliore, sia da un p\lnto di vista qùalitati-
Roma, già accennate, hanno dato l'avvio a tale processo, poiché già al- vo, sia da un pup.to di vista economico.
lora si sentiva l'esigenza di porre dei divieti ad accordi anticompetitivi
tra imprese, atti ad evitare abusi di posizione dominante sul mercato, 62. Nell'ambito, dunque, di queste restrizioni alla libertà di ini-
ad evitare, cioè, concentrazioni tra imprese. Se è vero che esiste una ziativa, si hanno appunto i «patti» di cui all'art. 2596 cod. civ., che è
distiplina nazionale in ordine ai patti restrittivi della concorrenza, e di anch'esso una « norma di carattere generale, che afferma i limiti al di
cui all'art. 2596 cod. civ., tale disciplina deve « fare i conti» con la là dei quali l'ordinamento giuridico non può ammettere questa anoma-
normativa antitrust, che era già in vigore negli V.S.A. a partire dalla fi- la compressione delle libertà individuali nel perseguimento di un' atti-
ne del secolo scorso (22). vità economica, » (23).
Si ha, dunque, da una parte, una normativa che sprona alla libertà . . Proprio per il suo carattere di norma generale, in essa rientra qual-
di inziativa economica, dall'altra, una normativa che restringe tale li- SIaSI clausola contrattuale intesa a regolare l'esercizio di attività com-
bertà. Se esse, a prima vista, sembrano in contrasto, in realtà entrambe merciali concorrenti (24). Difatti la terminologia stessa adottata dal le-
sono necessarie perché il mercato si sviluppi, sia competitivo, eviti gli gislatore, cioè quella di « patti », dà l'indicazione di quello che egli ha
eccessi e quindi l'autodistruzione: proprio perché c'è, e ci deve essere, voluto in essi ricomprendere, e cioè ogni convenzione restrittiva della
concorrenza, seppure imperfetta, come si è avuto occasione di dire, vi concorrenza, tranne, tuttavia, i patti per i quali è prevista una normati-
deve essere tale normativa limitativa, che porti appunto ad una « equa va specifica (25).
competitività », che a sua volta stimoli il « mercato ». Fra gli accordi che sono previsti nell'ambito dell'art. 2596 cod.
Se ciò non fosse, si cadrebbe inevitabilmente ip un altro sistema civ., vi sono quelli dei« cartelli », per limitare la concorrenza reciproca
economico, quello del monopolio, che, sia nell'ambito interno, sia il!
(23) Cfr. Relazione del Guardasigilli al re n. 1045.
(lO)Cfr. GRECO, Corso di diritto commerciale-impresa azienda-società, Milano, 1948-52, (24) Cfr. Tribunale Udine 21.12.1964, in Giur. it., 1965, I, 2, i338.
p. 220-221. (25) Vedansi per esempio le clausole di esclusione di cui agli artt. 1567-1568 cod. civ. il
(lI) Sono le parole di MOAVERO MILANESI, op. cit., p. Il. patto di preferenza di cui all'art. 1566 cod. civ.; vedasi anche la normativa in materia di c~n­
(l2) Cfr. SHERMAN Act. del 1890 U.S.C.A. §§ 1-7,26 Stato 209 (1890). sorzi (Cfr. al riguardo MmERVINI, Concorrenze e consorzi, Milano, 1961).
ABUSO E CONCORRENZA 109
L'ABUSO DEL DIRITTO
108

tra imprenditori esercenti una medesima attività eco~omica o atti~ità


tamento abusivo, da parte di una o più imprese, di una posizione domi-
economiche connesse sotto forme mutevoli, ma aventllo stesso ob1et- nante, detenuta a livello comunitario.
tivo cosicché vengono disciplinate, sul terreno della competizione
eco~omica, attività imprenditoriali antagoniste, che possono riguarda- 63. Come si è detto, la disciplina europea della concorrenza in
ipotesi di abuso di posizione dominante, è riservata all'art. 86 Trat;ato
re la quantità e la qualità della produzione, le zone riservate alla pe-
C.E.E. (31). Questo, nella prospettiva di creazione di un mercato con-
netrazione commerciale dei contraenti, i prezzi e altre condizioni del-
correnziale unico (32).
le vendite (26). Cos1 si è proposta l'estensione a contratti di cartello,
Sulla scia di tale di~ciplina è ,stata approvata in Italia la legge
pur mancanti di una organizzazione comune, della disciplina relativa
1?1O.~99~, n. 287, che d1spone, alI art. 1, che la nuova normativa tro-
ai consorzi, e di cui agli artt' 2602-26p cod. civ. (27). V1 apphcaz10ne « alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle
In tema di « consorzi» e di « cartelli» si deve, come si è detto,
asto con~entrazioni di imprese che non ricadano nell'ambito di applicazione
ragionare, non in termini « provinciali », ma in un ambito 'più , :r degh artt. 65 e/o 66 del Trattato istitutivo della Comunità Economica
e cioè a livello comunitario, dove notiamo una rilevante leg1slazlOne a
Europea (C.E.E.), dei regolamenti della C.E.E. o dati comunit~ri con
tutela della libertà di concorrenza, che evita la stagnazione del merca-
efficacia normativa equiparata ».
to ed anzi suscita reazioni emulative tra imprenditori, tanto da ren-
" , · . (28) . ,Per quanto riguarda in particolare gli abusi di posizione dominan-
dere il mercato veramente dmam1co t:, 1 art. 3 ~a vietat~.l'abuso da parte di una o più imprese di una posi-
In questa ottica più vasta, infatti, megli~ si p~~ rilevare com~ .sia
z~one dommante all mterno del mercato nazionale o in una sua parte
severa la disciplina relativa ai comportamentl postl m essere dagh 1m-
rl1evan~e, ~orqua~do è teso ad impedire o limitare la produzione, gli
prenditori dei vari stati membri, come siano, p~r ~s~mpio, san~ionati sbocch1 o g~l accesS1 al mer.cato, nonché lo sviluppo tecnico o il progres-
gli « abusi di posizione dominante» (29). Tale d1sc1phna, tuttaVia, raf- so tecnolog1co, a danno del consumatori (lettera c) (33).
forza nell'ambito internazionale la competitività tra imprese. Tutto ciò, in up quadro più ampio, indicato dall' art. 2 della citata
Si dà, dunque, sempre più risalto, una volta eliminata ogn~,bar­ legge, dove si afferma che sono vietate le intese tra imprese che abbia-
riera tecnica e fiscale, a dimensioni aziendali che non hanno plU al- no per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in manie-
cun senso se ricondotte in un ambito nazionale. La competitività si ra consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazio-
fa a livello di stati membri, in materia di cooperazione a vari livelli, ~al.e ,o in una sua parte rilevante, e si elencano in tale disposizione le at-
specie in quelli della ricerca tecnologica. Della reali~zaz~on~.?i que- tlv1ta attraverso le quali viene ristretto o falsato il gioco della concor-
sto grande mercato europeo si è occupata la Corte d1 GlUst1Z1a, sa~­ rem;a.
zionando più volte il comportamento abusivo (di posizione dom1- , . l,n. sos~anza, dal momen~o c~e già esistevano dei principi generali,
nante), anche se esso resti entro i confini di uno stato membro (30). e d1 cm alI art. 41 della COstltuzlOne, ed una disciplina europea di cui
Malgrado, quindi, !'interesse comunitario sia se~pre più verso tale
regolamentazione, si può dire che le norme relatlve a~a conc?rren~ (~~) Abbiamo visto come negli U.S.A. una disciplina antitrust risalga al 2.7.1890.
za, di cui agli artt. 85 e 86 C.E.E., non hanno sub1to ne~h ann~ . .() Cfr. R. FRANCESCHELLI, P. PLAISANT, ]. LASSIER, Droit européen de la concurrence
successivi sostanziali modifiche, e perciò ad essi ci si deve tIfare al PartgI, 1978. '
. (J3). Dice l'ar.t.. 3 della L. 10.10.1990, n. 287: «È vietato l'abuso da parte di una o più
fini di un attento esame, in particolare per quanto riguarda lo sfrut- Imprese dI. una po~IZI?ne domin~nte all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rile-
vant~, ed Inoltre e ~Ietato: a) Imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto di
vendlt~ o altr~ condlz.ioni ~ontratt~ali ingiustificatamente gravose; b) impedire o limitar~ la
produzIone,. gli sbocchi? gli acce.ssi al m~rcato, l~ sviluppo tecnico o il progresso tecnologico,
(26) Cfr. Cass., 28.10.1965, n. 2287. a dan~o del cons~matorI; c) applicare nel rapportl commerciali con altri contraenti condizioni
(27) Vedasi anche L. 10.5.1976, n. 377. oggettlv~ente dIverse per prestazion~ equivalenti, cos1 da determinare per essi ingiustificati
(28) Cfr. recentemente BERNINI, Un secolo di filosofia antitrust, Bologna, 1991.
svantag~I ne~a concorr~nz~; ti) sub~rd~are la conclusione dei contratti all' accettazione da par-
(29) Si veda per esempio l'Atto Unico Europeo, firmato a Lussemburgo il 17.2.1986 e a
te deglr ~t.rI contrae?tl dI prestazlonr supplementari che, per loro natura e secondo gli usi
l'Aja il 18.2.1986, in GUCE 1, n. 169 de129.6.1987, p. 1 sgg. commercIali, non abbIano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi ».
(JO) Cfr. Corte Giust., 9.11.1983, in CELONA, op. cit., p. 379.

8. G. LEVI
-
110 L'ABUSO DEL DIRITTO ABUSO E CONCORRENZA 111

all'art. 86 C.E.E., si sono voluti ben specificare, a tutela del consumac tazione tra i paesi comunitari (38). Ma tale soppressione non portava la
tore e, di riflesso, come si è detto, a verifica del « regolare gioco» della fine dei controlli alle frontiere degli stati membri, anche se ancora non
concorrenza, e, perciò, a tutela anche dell'imprenditore, le attività vie- si avvertiva il pericolo delle grandi concentrazioni, della « grande im-
tate, addirittura fissando eccezionalmente il periodo in cui possono es- presa ». Veniva, tuttavia, approvata dal Parlamento europeo la Risolu-
sere autorizzate (34). zione 7 giugno 1971, dove si rileva, per esempio, che il Parlamento
Tempo e luogo vengono bene individuati: anche il luogo, perché si « ritiene necessario che le concentraiioni che superano una determina-
è inteso attribuire rilevanza anche allo sfruttamento abusivo da parte ta quota di mercato o un determinato ordine di grandezza, sia.no pre-
di una posizione dominante su una parte rilevante del mercato nazio- ventivamente notificate ... (e) considerate autorizzate solo se la Com-
nale (35). missione non avrà sollevato obiezioni entro un termine che dovrà anco-
ra essere stabilito... » (39). Il pericolo si avverte più tardi, all'inizio de-
64. Proprio l'aumentare delle impresé, sia in senso numerico, sia gli anni '80, tant'è che il Parlamento europeo si risolve a prendere altri
in senso quantitativo, ha indotto gli organi comunitari a dare impulso provvedimenti (40). Si arriva, pertanto, dopo varie proposte di modifica
ad un iter per l'approvazione di un regolamento specifico in materia. al primo progetto di Regolamento, ad un secondo progetto nell'aprile
L'art. 86 del Trattato è solo il punto di partenza; anzi, come è sfato '88 (41), all'introduzione nell'ordinamento C.E.E. di un sistema idoneo
giustamente detto, esso può valere quale « origine rispetto agli eccessi per il controllo delle concentrazioni tra imprese, sino a giungere al Re-
di natura più grave ed alle tendenze più marcatamente monòpolisti- golamento n. 4064/89.
che» (36). Si è, quindi, cercato di vedere sino a che punto l'art. 86 po- Il discorso, tuttavia, non può andare oltre, per potere rimanere
tesse ancora arginare le nuove concentrazioni di imprese, valutare, entro i confini dell'« abuso », che, questa volta, si trova in un' area più
cioè, sino a che punto si potesse parlare di « abuso ». ampia, quella, non interna, ma comunitaria. Questo, anche per la di-
Nella ricerca suddetta, si è tenuto presente, anche negli anni '70, mensione delle imprese, che, ancora una volta, ha reso scottante il te-
il profilarsi di un « mercato comune europeo », che maggiormente tor- ma che si sta trattando.
na utile al consumatore, perché con imprese di dimensioni eùropèe;
quindi, vantaggi della produzione di massa, e prezzi e qualità del pro- 65. Abbiamo visto come si parli di posizione dominante nelle
dotto che aumentano di competitività. Ma, proprio la creazione di tali grandi imprese. Il discorso vale anche per i fenomeni di gruppo, specie
nuovi tipi di concentrazioni fa si che debbano essere fatti controlli più nel settore della ricerca, nell' ambito delle conoscenze tecniche. Si ha il
caso, per esempio, di imprese dominanti su mercati separati e non
idonei (37).
Interessante osservare, tra le norme che furono adottate, quella omogenei, che cooperano per mettere a punto un nuovo prodotto o
relativa alla soppressione dei dazi doganali, alla importazione ed espor- processo.
Gli accordi tra imprese nell'ambito della ricerca potranno essere
« tollerati », a differenza delle pattuizioni riguardanti la commercializ-
(34) Dice l'art. 4 della succitata legge: « L'autorità può autorizzare, con proprio provve- zazione del prodotto. Negli Stati Uniti, per esempio, sono tollerati gli
dimento, per un periodo limitato, intese o categorie di intese vietate, ai sensi dell' art. 2, che
diano luogo a miglioramenti... ».
(35) La cura con cui il legislatore ha voluto individuare tempo e luogo dell'abuso di posi- (38) L'abolizione dei dazi doganali avvenne al termine del primo semestre 1968
zione dominante si rileva nella soppressione del disegno di legge governativo che « sembrava (1.7.1968).
subordinare l'identificabilità dell'abuso allo scopo di eliminare o ridurre .in maniera sostanziale (39) Cfr. Art. 9 della Risoluzione 7.6.1971 del Parlamento Europeo.
e durevole la còncorrenza» (Cfr. FAUCEGLIA, Invenzioni e concorrenza nella ricerca industriale, (40) Nel giugno del 1981 il Parlamento Europeo nella Nona Risoluzione sulla politica di
in Quaderni di Giurisprudenza commerciale, Milano, 1992, p. 192). concorrenza presentata dalla Commissione rileva una « .•• evoluzione costante del mercato ver-
(36) Cfr. MOAVERO MILANESI, op. cit., p. 268. so un nuovo equilibrio oligopolistico che... potrebbe mettere in grave pericolo la concorren-
(37) Lo studio che venne fatto è stato pubblicato nel 1966 a seguito di una presentazio" za... '>, in GUCE n. c. 144 del 15.6.1981, p. 19 sgg.
ne dello stesso nel giugno 1965 al Parlamento Europeo e in esso la Commissione incaricata ha (41) Progetto presentato esattamente il 25.4.1988 al Consiglio. Cfr. Proposta modificata
potuto constatare i vari tipi di concentrazione presenti e quali misure dovessero essere adotta- di regolamento (CEE) del Consiglio sul controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, in
te per evitare forme monopolistiche del mercato. GUCE, n. c. 130 del 19.5.1988, p. 4 sgg.

~ --- --.--
1
112 L'ABUSO DEL DIRITIO
I ABUSO E CONCORRENZA
113
scambi di informazioni e di collaborazione e commercializzazione del È, cioè, « abuso di diritto» sic et simpliciter, quello che si verifica in ta-
prodotto, allorquando questi siano « ragionevolmente » collegabili. alla li casi? (45).
ricerca (42). In questo caso la « libertà» (di svolgere ricerche) non vIene Q~alcuno ha osservato che, più che di abuso, si può parlare, nel
limitata. Ma anche qui non è facile demarcare il confine tra attività di caso, dI eccesso nell'esercizio del diritto di impresa, che consisterebbe
ricerca vera e propria e, quindi, pattuizioni in ordine al settore della ri- in un comportamento dell'imprenditore in contrasto con i limiti ester-
ni. ~d inte:~i ~el no~tro ordinamento giuridico al diritto d'impresa, li-
cerca da una parte, e disciplina della concorrenza, dall'altra. Del resto,
bene è stato detto dalla L. 10.10.1990, n. 287 (art. 4, comma l°), se- mIti che SI e VIstO rIguardare l'esercizio del diritto in buona fede e se-
condo cui bisogna procedere a deroghe con provvedimenti per intese c~ndo i 'princ~?i di correttezza. Ma abbiamo visto anche che l'obbligo
restrittive della libertà di concorrenza o con il progresso tecnico e tec- dI eserCItare l Impresa deve essere fatto anche in conformità all'« inte-
nologico. È, però, ben difficile capire quando un accordo di rice~ca resse generale ».
non coinvolga lo sfruttamento in comune dei risultati, e non basta dIre . . Tuttavia è stato detto anche che, parlando sempre di abuso di po-
che questo avviene solo quando non si~ prevista la p~o~uzi~ne.o l'~t~­ SIZIone dominante, si faccia in realtà riferimento ad una situazione di
lizzo industriale delle procedure, propno per questa dlfhcolta dI equilI- fatto, ~iù che di diritto. Abbiamo, infatti, parlato di prassi, di compor-
brio, tra esigenze di sviluppo tecnologico, e pratiche res~ri~tive aventi tamentI, oggetto di valutazioni, da parte della giuriprudenza anche re-
ad oggetto lo sfruttamento di conoscenze, che non costitUIscono pro- cente (46).
priamente il frutto di una « ricerca in comune» (43). Il legislatore, cioè, è andato cauto nel definire legislativamente i
In effetti, il maggior progresso tecnologico è a favore del consu- comportamenti effettivamente «abusivi », anche perché, come si è
matore cos1 come lo sfruttamento di conoscenze che costituiscono il detto, t~ora l'abuso, per esempio nell'ambito della ricerca, può essere
frutto di una ricerca'in comune. Ciò darà luogo ad un prodotto innova- vantaggIOSO al consumatore. Insomma, o si lascia spazio all'interpreta-
tivo, o al miglioramento del prodotto, ma si scontra con il principio di zione, o si valuta con minor rigore da parte del legislatore anche il pro-
una « pura concorrenza ». Ecco perché nel regime attuale, il modello è blema della posizione dominante in riferimento ai fenomeni concentra-
quello di una « concorrenza imperfetta », non solo nell' ambito interno, tivi. Il discorso fa riferimento sempre alla normativa comunitaria e di
cui ~'~rt. 86 del !~att.ato, ma la~cia spazio alla interpretazione: ~uan­
ma anche a livello comunitario.
Proprio in funzione della tutela del consumatore, si cerca di bilan- do SI dICe, come SI e VIstO, che SI ha abuso di posizione dominante in
ciare gli interessi di quest'ultimo con gli svantaggi di una politica con-
cas~ di imposizione diretta o indiretta di prezzi d'acquisto, di vendita
correnziale eccessivamente « rigorista ». o dI altre condizioni contrattuali « non eque », non si capisce che cosa
Di converso, il concetto di posizione dominante è assai elasti: sia la « non equità ». L'equilibrio che si instaura ai fini dell'equità o
co, talora suscettibile di interpretazione, data anche da una sorta dI
meno del comportamento, non è solo in riferimento alla posizione con-
prassi (44).
~orr~nz~ale perfetta, come è stato affermato dalla legge tedesca (47), ma
In rIferImento, da una parte, alle capacità economiche dell' azienda,
66. Abbiamo fatto riferimento alla pOSIZIOne dominante nel-
dall:altra, a far sl che si eviti, entro queste capacità, di limitare la pro-
l'ambito interno e comunitario anche in relazione alle dimensioni del-
dUZIO?e a danno del.consumat?re. Autonomia sl dell'imprenditore, ma
l'impresa, anzi in relazione ai « gruppi ». Ci si domanda, ora, se la posi-
che dI tale autonomIa non « SIa fatto uso vessatorio e tale da turbare
zione dominante comporti, effettivamente, abusi, incidendo nel rego- l'equilibrio del mercato» (48).
lare gioco della concorrenza, anche se « imperfetta », come si è detto.

,(45) ~fr. SENA, Brev:tto e monopolio, in Studi per Ascarelli, Milano, 1962, che ha dato
(42) Cfr. National Cooperative Research Act del 1984. senz altro rIsposta affermatIva.
(43) Cfr. FAUCEGUA, op. cit., p. 202. (;6) Cfr. L.A. BIANCm, Il caso Rizzoli, in Giur. comm., 1987, II, p. 431.
(44) Cfr. G. SonANO DI PEPE, Il gruppo di imprese, in Quaderni di Giurisprudenza com" (7) Cfr. M1KSCH, Weltbewert als Aufgabe, 1947, p. 101.
merciale, Milano, 1990, p. 3 sgg. (48) Cfr. ASQUINI, L'impresa dominante, in Riv. dir. comm., 1963, I, p. 13.
114 L'ABUSO DEL DI~TTO
1 ABUSO E CONCORRENZA
115
Anche questa volta, quindi, si deve ragionare « per princip~ »: è
Il pro~l~ma, q~indi, è nel. « controllo» di competenza delle pre-
proprio il tema dell'abuso che non si presta ad una regolamentazlO~e,
anche se, recentemente, sia nel diritto interno, che in quello CO~U~1t~­
~ett~ autor~ta a cm la legge nmanda, che deve rifarsi, sia a quanto
0
nfento dall art. 4, 2 comma L. 416/81, sia anche a quanto disposto
dall'art. ~, 10 comma stessa legge. Ed il riferimento, quindi, per l'in-
rio si è tentato di definire la posizione dominante; sempre, pero, m n-
ferimento all'« abuso di fatto », piùttosto che all'« abuso di diritto »,
terpretazlOne della nozione di « controllo », all'art. 1, 10 comma, è
proprio per l'impossibilità oggettiva di creare un parametro ident~co
fatto proprio perché in esso si fa parola, in ultima analisi, dello
nei vari settori. Vediamo, per esempio, cosa è stato fatto nell'ambIto « scopo comune ».
dell'impresa editoriale.
Si è parlato, dunque, di « pubblico interesse» nel Regolamento
~. 4064/89, per ribadire il concetto di « pluralismo », ossia si fa rife-
67. In materia di concentrazioni di impresa, possiamo fare rife-
nmento allo «scopo comune », concetti che trovano il loro collega-
rimento al caso di concentrazioni di imprese giornalistiche, particolar-
mente dibattuto recentemente, anche per l'entrata in vigore della L.
m~nto nell'ab.us~ ~he, propri? perché da valutarsi caso per caso, non
puo essere d1sc1phnato, come più volte detto, «per norme» ma
416/81, art. 4, 2 0 comma, ·relativamente alla nozione di posizione do-
«.per pri?ci~i .», sia a livello di concentrazioni d'impresa, sia a livello
minante nel mercato editoriale.
dI gruppI dI Impresa. Infatti la legge del 1981 rinvia all'art. 2359
Si può, infatti, affermare che tale normativa rappresen:a il primo
cod. civ., cioè fa riferimento alle società controllate e controllanti
esempio di disciplina antitrust itali.ana, seguita poi, i~ ~atena, dall~.L. così come alle società collegate (50). '
6.8.1990, n. 223. Tuttavia in essa si indica un cnterlO .per stab1hre
La ~iff!coltà che ha incontrato il legislatore nella disciplina in
quando si verifichi la posizione dominante e, q~i~~i, il. rel~tivo abuso;
oggetto SI nleva anche nel fa.tto che si è sentito il bisogno recente-
in effetti si indka un « principio », tant'è che Cl SI e ch1estl se tale nor-
mente di approfondire il divieto di posizione dominante con la legge
mativa tuteli in concreto un maggior pluralismo.
6 agosto 1990, n. 223, che riguarda tale posizione nell'ambito dei
Difatti, l'apposita Commissione ministeriale, nel Regolam~nt~
mezz.i di .co~~nicazione di massa, senza, tuttavia, poter « abbraccia-
4064/89 sopra citato, si è richiamata alla «. ~luralità ». ~ei. mez~l ~1
:e» 11 prmc1plO che ne sta alla fonte. Compito, quindi, nell'ambito
informazione, proprio perché, in .ultima anallSl, come SI e VIsto, 11 n-
mte~no. e ~omuni.tario, di verificare se, attraverso le autorità compe-
ferimento è sempre al « pubblico interesse ». E, proprio per questo
tentI, SI SIa raggIunto lo scopo del « pluralismo» (nell'ambito delle
riferimento generico, non si poteva creare u~a norn:~tiva che non
cot'lce~trazi,oni. del~e. imprese. editoriali), pluralismo che è un aspetto
fosse «per principi », atta a regolare la materIa ~pe:1f1~a delle con-
delle hberta dI opmlOne e dI espressione in un mercato che rispetti
centrazioni delle imprese giornalistiche, anche se Il nfenmento d~lla
le regole della concorrenza e che dia al lettore un panorama di infor-
pormativa è specifico a quotidiani e televisione. Cos1 la normatl~a,
mazioni diversificato. Il consumatore, in questo caso, deve rifarsi al-
di cui al testo del Regolamento sopra citato !l. 4064/89, nella VersJO-
la migliore qualità del prodotto, intesa, nel particolare, come infor-
ne del dicembre 1981 non faceva che tradurre il concetto anglosas- maziòne che sia la più obiettiva possibile.
sone di prudential rul;s con «misure cautelari », lascia~do all'inte~­
prete la determinazione esatta di esse, anche nella versl.one succes~l­
68: Per concludere l'argomento in esame, non si può non fare
va del settembre 1990, quando si parlava di «norme prudenz1a-
cenno, m riferimento ai limiti contrattuali della concorrenza, e di cui
li » (49). Ma tale interpretazione veniva poi applicata agli organi usua-
all'art. 2596 cod. civ., al particolare patto di non concorrenza disci-
li di controllo delle banche, società di borsa e assicurazioni. Si fa, ~l
plinato .specificatamènte all'art. 2125 cod. civ., perché trattasi di
riguardo, riferimento alle autorità di vigilanza competenti secondo Il
patto d1'tlOn concorrenz~ nell'ambito di rapporto di lavoro subordi-
disposto dell'art. 20 della L. n. 287/90.
nato, di patto, cioè, stipulato tra datore di lavoro e dipendente, di-

(49) Cfr. MOAVERO MILANESI, op. cit., p. 423. (~O) Cfr}A~GER, Concentrazioni de/la stampa quotidiana e diritto di voto in una sentenza
del Tnbunale dz Mzlano, 14.5.1986, in Giur, comm. 1986, p. 593.
116 L'ABUSO DEL DIRITTO

retto ad evitare lo svolgimento di attività del prestatore, nel periodo


successivo alla cessazione del rapporto.
Abbiamo visto come la tutela della iniziativa economica, di cui
all'art. 41, 2 0 comma della Costituzione, si ponga in conflitto con
quella della persona, in questo caso della persona del lavoratore: da
una parte, libertà di iniziativa economica, dall'altra, riconoscimento CAPITOLO VIII
del diritto al lavoro e di cui all'art. 4 Co§t. Due interessi si pongono
1'« AREA» DELL'ABUSO
in conflitto: quello del datore di lavoro, il quale, per potere addiveni-
re al patto di non concorrenza con il lavoratore, deve avere un « reale
interesse »; dall' altra, la restrizione alla libertà del lavoratore nel rico-
SOMMARIO: 69. L'« area» dell'abuso: diritti soggettivi e diritti potestativi, abuso del diritto
noscimento del suo diritto al lavoro. Il « reale interesse» è giustifica- ed eccesso di potere. ~ 70. Conclusioni.
to dal principio del favor del prestatore d'opera e, proprio per questo
principio, il patto deve essere fatto per iscritto e deve altres1 essere
69. Prima di concludere l'argomento in esame, non possiano
pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro.
non rilevare, del resto come abbiamo già accennato, che, talora, si
In sostanza, le caratteristiche di tale figura autonoma, inquadra-
parla di abuso del diritto, ma, in realtà, si vuoI fare riferimento al-
ta appunto nella norma specifica dell'art. 2125 cod. civ., è costituita
l'eccesso di potere. Per esempio, si parla di abuso non solo nel-
da un nesso sinallagmatico tra l'obbligo di non fare concorrenza a
l'ambito dei diritti soggettivi, ma anche quando si fa riferimento
danno dell'ex-datore di lavoro e la contrapposta obbligazione di un
all'abuso di autorità, degli organi amministrativi ecc. Si parla, cioè,
corrispettivo, che le parti possono liberamente determinare in un .
di abuso dei diritti soggettivi privati, ma si parla anche di abuso
qual$iasi adeguato vantaggio economico per il lavoratore (51).
come «sviamento di potere» della pubblica amministrazione: abu-
La libertà del lavoratore viene sl sacrificata, ma la sua perdita
so, dunque, che interessa i conflitti tra privati ed abuso che si evi-
viene ricompensata, a prescindere dal fatto che questa restrizione alla
denzia nei rapporti tra privato e pubblica amministrazione.
libertà deve essere determinata entro limiti di tempo e di luogo. Ol-
Tuttavia, la tendenza a trasferire l'eccesso di potere nell'ambi-
tre certi limiti il patto è nullo e la norma, che ne prevede la nullità è
to privatistico è forte, tant'è che si è parlato nei precedenti para-
inderogabile. È demandata poi al giudice l'indagine circa la validità o
grafi di « abuso di posizione dominante ». E, tale tendenza di mu-
meno del patto anche in relazione ai limiti dell'oggetto in cui è conte-
tuare dal « pubblico» tali concetti, è ancora più forte, se si consi-
nuto (52). Anche qui, dunque, si è voluto porre un argine ad eventuali
dera come si è trasformata la società negli ultimi secoli, in cui alla
« arbitrii » dei datori, o meglio ad « abusi » che ~ssi potrebbero porre
proprietà fondiaria si è $ostituita la proprietà industriale, ~ove.l'in~
in essere nei confronti dei lavoratori.
dividualismo e, quindi, il diritto cosiddetto « egoista », e dI cUI aglI
Non più abuso di posizione dominante, e di cui alla normativa
atti di emulazione, lascia il posto alla «solidarietà sociale» (1), do-
della concorrenza, ma normativa specifica, dove la restrizione della li-
ve la tutela del singolo si prospetta nel momento in cui egli si tro-
bertà del lavoratore, non può essere sacrificata se non dietro corri-
va di fronte ad una società: tutela del singolo, che equivale alla tu-
spettivo ed entro i limiti di tempo e di luogo: in questo caso il sacrifi~
tela delle minoranze. In funzione, dunque, di questo allargamento
cio viene molto ridotto, quasi azzerato dal pagamento al prestatore dI
del concetto di abuso, si nota come la formula dell'abuso entri an-
lavoro, anche non in pendenza di rapporto di lavoro subordinato e,
che nei poteri dello Stato, tant'è che si parla di abuso del potere
per un interesse, quello del datore di lavoro, che deve essere, come si
giudiziario, ciò che porta, in realtà, ad un «pericoloso attentato ai
è detto, « reale ».

(51) Cfr. Cass., 30.7.1987, n. 6618. (I) Cfr. MAZZONI, Atti emulativi, utilità sociale e abuso del diritto, in Riv dir. civ., 1969,
(52) Cfr. Cass., 12.6.1981, n. 3837. p. 618 sgg.
118 L'ABUSO DEL DIRI'ITO
L'« AREA» DELL'ABUSO
119
principi della certezza del diritto e dell'eguaglianza formale dei cit- trollare un fenomeno che (se non dominato) può essere in grado di
tadini davanti alla legge » (2). incrinare le linee di organizzazione e distribuzione del potere tra am-
In questo modo, continuando, cioè, su questa strada, osservia- ministrazione e giurisdizione » (5).
mo che ci si richiama all' abuso anche nei rapporti tra cittadino e Secondo alcuni, quindi, l'abuso di diritto sarebbe da distinguere
pubblica amministrazione. dall'abuso di potere (6). Sostanzialmente, solo l'abuso di diritto si av-
Talora, addirittura, si è fatto riferimento all'abuso del diritto vicinerebbe a quello da cui abbiano tratto le mosse e, cioè, quello
anche nel diritto internazionale, ma si è - vorrei dire - « abusa- che fa riferimento al divieto degli atti emulativi espressamente stabi-
to » di tale formula, perché, in effetti, non può che essere contrad- liti in materia di proprietà (art. 833 cod. civ.). La teoria dell'eccesso
dittorio parlare di abuso nel diritto internazionale, quando questo di potere e, quindi, dell'abuso del potere rifiuta di considerare la le-
concetto non può che operare in « sistemi rigidi» (3). sione di interessi di chi sia soggetto al potere altrui, ove non si rea-
tuttavia, si è ritenuto di « abusare» di questa formula, anche lizzi l'interesse in funzione del quale si è conferito il potere.
quando si è parlato di abuso di diritti « potestativi », diritti dove si In effetti, anche l'abuso di potere, secondo noi, rientra nella
rileva che « la posizione del destinatario è simile a quella del sogget- fattispecie dell'abuso di diritto: si veda, per esempio, il caso del tu-
to su cui viene esercitata una potestà (per esempio, del figlio in con- tore che, nominato dal giudice tutelare per quelle determinate fun-
fronto de~ genitori) » (4). zioni, abbia- ecceduto nel suo mandato, sia andato, cioè, oltre le
Dunque, il tema dell' abuso si è molto ampliato, lo si trova in competenze proprie del suo incarico (art. 384 cod. civ.).
materia di potestà, di poteri, ma anche di diritti potestativi, anzi l! Infatti, nell'un caso e nell'altro, si lascia alla giurisprudenza di
« discrezionali », perché non soggetti a controllo, ma la trattazione indagare sino a che punto i limiti vengano travalicati (abbiamo visto
della « discrezionalità» e del « controllo» ci porterebbe lontano. Il ~e « tecniche di accertamento» determinate dalla prassi giudiziaria);
tema stesso dell' abuso è un tema fluido che, seppure ancorato ad un In secondo luogo, anche nell'ambito societario si può constatare un
principio, è pure esso mutevole a seconda delle diverse concezioni abuso di potere, quando, per esempio, la delibera (atto della società
che si hanno, nel mutare dei costumi, delle prerogative private. e non dei soci) in pregiudizio dei soci, non realizzi l'interesse sociale.
Si fa distinzione tra un interesse superiore, quello della società, e in-
70. Abbiamo parlato di « abuso di diritto ». Talora, tuttavia, teresse individuale del socio, come abbiamo già avuto occasione di
si è fatto ricorso alla formula « abuso di potere », considerandolo an- dire: sappiamo, infatti, che la società per azioni non si può conside-
ch'esso « abuso di diritto ». In realtà, anche nel diritto socie,tario si rare solo da un punto di vista contrattualistico, ma anche da un pun-
scorge l'abuso di potere, come fattispecie che sarebbe mutuata dal to di vista istituzionalistico (l'ente ha un interesse distinto da quello
diritto amministrativo. Tale fattispecie, infatti, si ha in riferimento dei soci).
all'interesse sociale che viene distinto dagli interessi individuali dei Quindi, non riteniamo si possa fare una distinzione tra abuso di
soci, che sono subordinati al primo. Nel diritto amministrativo, pe- potere e abuso di diritto. Si può, viceversa, confermare che l'eccesso
rò le figure dell'« eccesso di potere» sono state raggruppate nella di potere è figura che trova comunque la sua radice nell'« atto emu-
vi~lazione dei principi di giustizia sostanziale, nella violazione, cioè, lativo » di cui si è detto, «atto emulativo », che viene valutato di
dei limiti dell'esercizio del potere amministrativo, limiti, tuttavia, volta in volta nella giurisprudenza in base ai «principi », non alla
« impliciti », tant'è che, per capire sino a che punto siano inyalidanti
« norma» (che continuamente dovrebbe evolversi secondo il mutare
dell'atto amministrativo, devono usarsi delle «tecniche di accerta-
dei costumi), principi, appunto, che non possono non essere inter-
mento », di cui si avvale la prassi giudiziale « nel far emergere e con-
pretati dal giudice. Del resto, è stato giustamente detto che la for-
(2) Cfr. RESCIGNO, Istituzioni, p. 241.
(3) Cfr. ].D. ROULET, Le caractère artificial de la théorie de l'abus en droit intemational
(5) Cfr. CARDI e COGNETTI, Eccesso di potere (atto amministrativo), in Digesto IV, Torino,
public, Neuchatel, 1958, p. 150. 1990, p. 342 sgg.
(4) Cfr. RESCIGNO, Istituzioni, p. 243.
(6) Cfr. GAMBINO, Il principio di correttezza nella società per azioni, Milano, 1987, p. 84.
, .

I
120 L'ABUSO DEL DIRITTO

I mula « abuso del diritto », scomposta nei suoi due termini « diritto» J
e « abuso », vuoI dire (a contrario) libertà garantita all'individuo, o a
II, un gruppo privato, dà una norma giuridica: vuoI dire « potere di vo-
lontà e di azione che la norma concede al soggetto o al gruppo, nei I
I
I
I confronti di uno, o di più, o di tutti gli altri soggetti dell'ordinamen-
to » (7).
Tuttavia, proprio perché è da valutarsi caso per caso l'interesse
che viene violato, tanto che si parla di « abuso del diritto », ci chie-
diamo di nuovo, dopo l'indagine di cui sopra, se, in effetti, quest'cl-
timo sia una « categoria giuridica» o un « fenomeno» e, cosl, anche,
come si è detto, mutuando 1'« abuso di potere» (e preferendolo
all'« abuso del diritto ») dal diritto amministrativo, dove, peraltro,
abbiamo visto di quale importanza siano le « tecniche di accertamen-
to giudiziale» al fine di considerare quale sja la lesione degli interes-
si in gioco. Proprio a conferma di quanto si è detto, e proprio anche
in questi termini, si può forse concludere con le parole di Rotondi
secondo il quale « 1'abuso di diritto è un fenomeno sociale, non un
concetto giuridico, anzi uno di quei fenomeni che il diritto non po-
trà mai disciplinare in tutte le sue applicazioni che sono imprevedibi-
li: è uno stato d'animo, è la valutazione etica di un periodo di transi-
zione, è quel che si vuole, ma non una categoria giuridica, e ciò "per
la contraddizion che noI consente" » (8).

(7) Cfr. RESCIGNO, L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1965, I, 206.
(8) Cfr. M. ROTONDI, L'abuso del diritto, in Riv. dir. civ., 1923, p. 116.

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