Sei sulla pagina 1di 2

RICERCA ANNI DI PIOMBO

Gli anni di piombo identificano in Italia un periodo storico compreso tra il 1965 ed il
1982, in cui si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che produsse
violenze di piazza, lotta armata e terrorismo.

L'espressione deriva dall'omonimo film di Margarethe von Trotta, che trattava


l'esperienza storica analoga e contemporanea vissuta dalla Germania Ovest.

Dire specificamente in quale anno sia iniziato e finito il periodo degli anni di piombo è
molto difficile; certo è però,che la strage di piazza Fontana, a Milano (12/12/1969), fu
uno dei primi atti terroristici che caratterizzarono gli anni successivi. In questo lasso
di tempo molte furono le violenze in piazza fomentate da organizzazioni extra -
parlamentari di sinistra (es. Lotta Continua, Movimento Studentesco), ma si vennero
a creare anche organizzazioni criminali come Prima Linea e le Brigate Rosse.
Non fu però solo la sinistra a creare scompigli, in quanto la maggior parte degli
attentati, tra cui quello di Piazza Fontana, tra il ‘69 ed il ‘74 avvennero ad opera di
gruppi estremisti di destra.

L’inizio degli anni di piombo si sovrappone al periodo di contestazione studentesca


(‘68) e alle proteste dei lavoratori per i rinnovi contrattuali (autunno caldo, ‘69).
Il 25 aprile di quell’anno a Milano scoppiò un ordigno, che fortunatamente non
causò morti, mentre una bomba fu trovata anche nella Stazione Centrale.
Qualche mese dopo, il 9 agosto, vennero fatte esplodere 8 bombe su diversi treni,
provocando vari feriti ma nessun morto.
Il 19 novembre è la data in cui morì un agente di polizia, ritenuto la prima vittima
degli anni di Piombo.
Il 12 dicembre del 1969, in poco meno di un’ora ci furono 5 attentati, il più grave dei
quali fu quello di Piazza Fontana (bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura).

Le stragi contribuirono a far precipitare il clima già agitato ed il livello dello scontro si
alzò sempre di più. Per gli attentati vennero immediatamente accusate persone di
sinistra che poi si riveleranno estranee, e comparvero all'opinione pubblica indizi di
depistaggi e di collusioni occulte di settori dello stato.

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio
Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tentò un colpo di Stato passato alla storia
come «Golpe Borghese» e che, per motivi non chiariti, venne improvvisamente
annullato mentre era in fase di avanzata esecuzione.
Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come strategia della
tensione, la società sembrava sempre più divisa e ben presto venne a crearsi un
clima di insicurezza e pericolo, anche perché non furono compiuti soltanto attentati
clamorosi, ma furono colpite anche le persone comuni. Tra le forze governative e
nell'opinione pubblica moderata prese piede la teoria degli opposti estremismi, che
puntava ad avvalersi dell’unione dei capi centristi per far perdere consensi agli
estremisti di destra e sinistra.

A Milano il 3 marzo 1972 le Brigate Rosse compiono il loro primo sequestro di


persona, rapendo l'ingegner Idalgo Macchiarini, che sarà fotografato con un cartello
al collo con scritto: «Mordi e fuggi. Niente resterà impunito. Colpiscine uno per
educarne cento. Tutto il potere al popolo armato!» e sottoposto ad un interrogatorio
(chiamato «Processo Proletario nel Carcere del Popolo») di quindici minuti sui
processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica. A questa azione ne seguiranno
altre, in un crescendo di intensità e di rilevanza delle persone rapite, fino ad arrivare
al sequestro Moro.

Potrebbero piacerti anche