Sei sulla pagina 1di 3

ANTOINE CHRYSOSTOME QUATREMÈRE DE QUINCY

Il contributo offerto da Quatremère de Quincy (1775-1849) è sostanzialmente duplice:


• da un lato troviamo la definizione di restauro nel suo Dizionario storico di architettura, pubblicato in Francia nel
1832 e successivamente tradotto nel 1842 in Italia;
• dall'altro, deriva dalla sua costante attività di opposizione all’alienazione dei maggiori monumenti francesi e
dell'opera di spoliazione di quelli stranieri.

Dizionario storico di architettura: Costituisce già di per sé un'opera laboriosa e complessa in quanto l'autore si era
proposto di riunire nella forma e con il metodo di un dizionario i principali materiali di una storia universale
dell'architettura. Otterrà molto successo, e costituirà un momento di confronto quasi obbligato per gli storici
dell'architettura, al pari di quanto accadrà gli architetti che operano sulle antichità rispetto alla voce “restauro”.
Quatremère precisa, in primo luogo, come questo termine venga impiegato più frequentemente parlando di scultura che di
architettura.
Essa si può suddividere in due parti distinte:
• Nella prima parte l'autore puntualizza la distinzione tra interventi sulle sculture e quelli sulle architetture.
Viene sottolineata la differenza sostanziale che separa il restauro scultoreo da quello architettonico: mentre
il completamento delle opere d'arte scultore necessità di un contributo creativo, questo non può dirsi vero per
quanto riguarda il restauro architettonico. L'architettura infatti, dice l'autore, si compone di parte similari che
possono, mediante osservazione delle misure, essere copiate riprodotte. L'integrazione nel monumento e dunque
auspicabile in quanto è la materia a essere sostituita, mentre il modello viene recuperato. Parallelamente però viene
sostenuta la necessità di una distinzione tra le parti originali e quelli aggiunte, al fine di evitare che l’osservatore
posso incorrere in errori di lettura ed interpretazione. Viene comunque esplicitata che è preferibile la manutenzione
al più pesante intervento di restauro.
• Nella seconda parte denuncia la concezione inglese, romantica del ruinismo ovvero l'esaltazione delle rovine,
antitetica a quella del ripristino. Per quanto riguarda l'opera di restauro dei ruderi, questo è auspicabile solo nel
caso i resti possono somministrare all'arte dei modelli o alla scienza dell'antico delle autorità preziose.
L'autore francese va oltre giudizio di valore, inteso come parametro discriminante, sottolineando come la valutazione sul
tipo di intervento da eseguire dipenda anche dal grado di deterioramento in cui si trova il monumento, che può comportare
anche lavori minimi, di puro consolidamento.
(La voce restauro traduzione italiana iniziava diversamente da quella francese in quanto i traduttori hanno inserito parte di
un vocabolo che in Italia esisteva nel 1600: “Rifare a una cosa le parti guaste mancanti per vecchietta o per accidente.”)

L'altro fondamentale contributo dato da Quatremère alla cultura del restauro si deve alla sua decisa lotta contro tutte le
forme di spoliazione dei monumenti, in special modo quelle operate da Bonaparte in Italia, considerando tali operazioni
contrarie ai Principi di progresso e civilizzazione della Rivoluzione francese. In decisa opposizione alle tendenze francesi
del primo ‘800, egli sostegno con piena Indipendenza di giudizio e anticipando un moderno essenziale concetto di tutela,
che i beni culturali sono proprietà inalienabile.
Le teorie di Quatremère si traducono in un libretto “Lettere a Miranda”, costituito dalla raccolta di 7 lettere indirizzate al
generale Miranda, pubblica nel 1796. L'obiettivo dichiarato è quello di riuscire a scongiurare la massiccia spoliazione di
opere d'arte che la Francia voleva portare territorio francese dall'Italia. Solo dopo la caduta di Napoleone, iniziò la
restituzione delle opere d'arte sottratte.
Il francese afferma come, con la nascita dell'età dei lumi e della Repubblica delle Arti e delle Scienze, la patria intellettuale
non possa coincidere con i confini nazionali.

Un altro merito che va riconosciuto a Quatremère è proprio quello di essere stato uno dei primi è più convinti sostenitori
della conservazione in situ delle opere d'arte. Questa convenzione si esplicitò in pronunciamenti pubblici e atti concreti. Tra
questi ultimi il più eclatante è la messa fine, grazie a due ordinanze da lui emesse, dell'opera di Alexandre Lenoir,
guardiano generale del museo dei Petits augustins, poi dei Monumenti francesi. Con le due ordinanze l'autore paragonava
l'opera di Lenoir a un cimitero, frutto di decenni di rapine e disponeva rispettivamente la restituzione alle chiese ai privati.
Sono tante le idee innovative dell'autore tra cui: sistematica produzione dei calchi, intensificazione degli scavi, consentire
il libero accesso ai modelli di istruzione e salvaguardare le molteplici radici che ne caratterizzano la contestualità.
LA TUTELA IN FRANCIA TRA RIVOLUZIONE E SECONDO IMPERO, LETTERATI, ARCHEOLOGI, ISPETTORI
La rivoluzione e i monumenti
La Rivoluzione francese segna un solco decisivo rispetto al passato, facendo assumere un carattere di particolare urgenza
alla questione della conservazione dei monumenti.
La distruzione dei simboli del potere - mobili e immobili - sarà continua e determinata, soprattutto dopo la caduta della
monarchia: le statue dei sovrani cadranno dai piedistalli, le effigi della galleria dei Re di Notre-Dame saranno decapitate e
accatastate i piedi della Basilica, scalpellate le tombe di Saint Denis, bruciati i ritratti reali. Le diffuse pratiche di azzeramento,
da parte giacobina, dei simboli del sistema politico precedente saranno accompagnate anche da decisioni di tipo legislativo
come quella del 1792 della soppressione dei monumenti e dei resti della feudalità.
I frequenti mutamenti di uso delle architetture del passato comporteranno spesso notevoli cambiamenti: nel caso degli
edifici religiosi, ad esempio, la chiusura delle cappelle rispetto alle navate sarà dettata dal nuovo utilizzo di queste come
magazzini d’armi.
Alle ragioni ideologiche si accompagneranno altre di tipo economico-speculativo miranti spesso a recuperare materiali per
il nuovo mercato edilizio: dalle statue medievali delle cattedrali si potrà ricavare una sabbia finissima e ferro.
I decreti rivoluzionari e le mutilazioni renderanno il termine vandalismo di dominio pubblico.
L'alienazione dei beni reali, nobiliari e religiosi comporterà la necessità di elaborare un metodo di inventario e di gestione
degli stessi. Verrà a tale scopo insediata nel 1790 la Commissione dei monumenti con l'obiettivo di classificare i beni
acquisiti e verificarne lo stato.
Riguardo ai beni mobili, posti fuori circolazione dei decreti rivoluzionari, il primo passo costituirà nel raggrupparli in
depositi, spesso predecessori del museo.
L'impresa di Alexandre Lenoir, custode del Depot de monuments des Arts si lega a tale finalità, ma Lenoir dispone frammenti
raccolti secondo improbabili cronologie: come sottolineerà anche Viollet-le-Duc, Lenoir, non sostenuto da un solido sapere
storico, contribuirà allo smembramento di numerosi monumenti francesi; giudizio che condividerà anche Quatremère.

L'influenza di un approccio di stampo enciclopedico, tendente a razionalizzare la materia, si farà ben presto strada nel
contesto francese con gli scritti di alcuni antiquari, che porranno le basi per gli scritti di Ludovic Vitet e Prosper Mérimée.
Con i voyages, pellegrinaggi pittoreschi alla ricerca dell'architettura medievale nazionale, si afferma un nuovo genere di
letteratura che registra sul campo le vestigia dell'età classica. Si pongono così le premesse per una cospicua opera di
catalogazione del patrimonio storico-artistico francese, soprattutto medievale.

L'ispirazione a stabilire un confronto tra il mondo dell’operatività e quello della ricerca scientifica può individuarsi
nell'opera di Adolphe-Napoleon Didron, che divulgherà le Annales archéologiques, repertorio di forme disegnate del
Medioevo a cui ispirarsi per la progettazione del nuovo.
Egli interverrà in numerose occasioni per formulare una critica serrata alla diffusione di opere di ricostruzione stilistica sui
monumenti, come ad esempio gli interventi di Debret a Saint-Denis O la distruzione del campanile di Peronne.
Il suo contributo alla teoria e alla prassi del restauro si condensa in un fortunato adagio, ripreso da Boito alla fine del secolo,
teso ad anteporre l'intervento di consolidamento ai propositi di abbellimento della fabbrica o di eliminazione selettiva delle
stratificazioni presenti: “In materia di monumenti antichi, è meglio consolidare che riparare, è meglio riparare che restaurare,
meglio restaurare che rifare, meglio rifare che abbellire: in nessun caso, bisogna aggiungere nulla, soprattutto niente
sopprimere.”
Agli approcci archeologico filologici, impegnati alla ricognizione dei resti dell'Antico, si affianca una concezione estetico-
contemplativa, di matrice romantica. Elemento unificatore per entrambi sarà il fascino attribuito alla rovina. Nell’opera di
Francois Auguste Renè de Chateaubriand (1786-1848), il binomio bellezza-religione accompagna la celebrazione della
rovina. Come un quadro di Friedrich, i resti inutili del passato si intrecciano alla natura che li circonda.
La letteratura fornisce un contributo sostanziale al formarsi di una più matura coscienza della conservazione, pur
rimanendo naturalmente sul campo della riflessione teorica. Il richiamo al dovere della conservazione da parte di figure
come Mercier, Hugo, de Montalembert anticipa questioni affrontate solo successivamente e in un altro contesto culturale.

Victor Hugo (1802-1885): La sua penna è contraddistinta da un tono sferzante e lucido di fronte alle profanazioni
perpetrate sui monumenti. Il confronto diretto con la realtà emerge sin dalle prove giovanili del romanziere.
A questo l'autore affianca la denuncia per lo stato di abbandono in cui versano i monumenti francesi, per richiamare lo
stato alle proprie responsabilità. In Notre Dame de Paris, affresco in posa dell'architettura parigina e delle sue trasformazioni,
Hugo affiancherà la condanna verso la speculazione e l'indifferenza quella verso i nuovi vandalismi in atto sui monumenti;
con ciò si riferisce all'opera dei restauratori che danneggiano le antiche pietre insieme al degrado e segni dei rivoluzionari.
Il messaggio del romanziere francese fa emergere precocemente tematiche come l'attenzione alla dimensione materica del
costruito storico e ai segni impressi dal tempo, le unicità di ciascun edificio, il valore collettivo dei monumenti e la necessità
di un appropriato sistema di tutela legislativa.

Charles de Montalembert (1810-1870): Strenuo sostenitore dell'arte medievale, egli difenderà indissolubile legame tra
fede cristiana e conservazione. Cercherà di accreditare il linguaggio gotico nell'architettura contemporanea e la necessità
di porsi in conformità e in armonia con esso anche nel restauro architettonico.

Il restauro come attività istituzionale


Il trapasso dal clima rivoluzionario e post-rivoluzionario a quello della Monarchia di Luglio, all'indomani del 1830, si
accompagna di un passaggio dal concetto di monumento nazionale a quello di monumento storico.
Il medioevo diventa simbolo della nazione francese, rappresenta libertà.
Testimonianza di tale trasformazione può considerarsi il Rapport au roi, presentato dal Ministro degli Interni del 1830 a
Luigi Filippo d'Orleans, mirante a istituire la figura di un ispettore generale dei monumenti storici.

Ludovic Vitet (1802-1873): Fu il primo a ricoprire tale carica dal 1830 al 1834. Un'attività tanto breve quanto significativa
per la storia del restauro francese. Percorrerà i dipartimenti nazionali, documentando le fabbriche visitate e le
problematiche di conservazione riscontrate in ciascuna.
Ostile ad ogni forma di imitazione nella progettazione del nuovo, Vitet si impegnerà in prima linea nella formazione di una
nuova classe di tecnici restauratori che, partendo dallo studio dell'architettura medievale, potesse approdare al
progetto mediante un rigoroso processo logico. Dirà: “Il principale merito di un restauro è di passare inosservato.”

Prosper Mérimée (1803-1870): Farà rientrare alle problematiche della conservazione tra i compiti fondamentali dello
Stato. Mérimée riuscirà istituire per la prima volta un fondo destinato esclusivamente al restauro dei monumenti. Egli invita
al restauro stilistico, in quanto quando non ci sono fondamenti storici bisogna riproporre per analogia dei motivi della
stessa epoca e provincia.

In questo periodo il nodo del restauro e mantenere intatto il fascino di qualcosa che mostra i segni della decadenza, che
mostra i segni della fine oppure l'idea di stabilire in uno stato di completezza. Infatti, ci sono due modi di guardare le cose:
quello degli archeologi e letterati, suggestionati dalla rovina pittoresca, e quello degli architetti, che tentano di
comprendere, studiare e riproporre il linguaggio medievale.

Potrebbero piacerti anche