L’EFFICIENZA ALLOCATIVA richiede che le risorse siano allocate nel modo più
efficiente possibile. Si ha efficienza allocativa quando viene massimizzato il surplus
totale. Fino a che la curva di domanda (disponibilità a pagare) sta sopra la curva di
costo marginale (disponibilità a vendere), un aumento dell’output (delle quantità
vendute fa aumentare il surplus totale, migliorando l’efficienza allocativa. La piena
efficienza allocativa si ha nel punto in cui il costo marginale eguaglia la curva di
domanda. Se la quantità è inferiore alla quantità di equilibrio si avrà una PERDITA
DI EFFICIENZA.
CAPITOLO 3 – L’IMPRESA
Il modello principale agente è un modello che rispecchia la maggior parte delle aziende presenti nel settore
industriale mondiale, nel quale il controllo dell'azienda è detenuto da tanti azionisti non in grado di ottenere una
chiara posizione dominante all'interno del vertice aziendale.
In questo caso, il comando dell'azienda è affidato al consiglio di amministrazione, che a sua volta nomina dei
manager che operino all'interno dell'azienda perseguendo in linea di massima gli obiettivi degli azionisti.
Domande E.O.I. di A.A.
Il modello principale – agente, si basa su una tipologia di contratto che il principale (azionista) presenta al
manager (agente) per allineare i suoi obiettivi con quelli aziendali.
Esistono varie tipologie di contratti:
- se il manager è neutrale rispetto al rischio la soluzione ottimale è un contratto in cui il manager paga
una quota fissa al proprietario (agente) e tiene per se ciò che rimane tra il profitto realizzato e la quota
del proprietario (si ha una sorta di unificazione tra proprietà e gestione); abbiamo una
massimizzazione degli incentivi ma anche del rischio;
- se il manager è avverso al rischio la soluzione ottimale è un contratto in cui il proprietario paga il
manager una quota fissa e tiene il resto per se; abbiamo una situazione in cui viene minimizzato il
rischio ma anche gli incentivi.
Il CONTRATTO OTTIMALE dovrà in primo luogo rispondere all’esigenza di assicurare il manager contro il
rischio e in secondo luogo fornire loro gli incentivi appropriati. Nella realtà i contratti dei manager tendo ad
essere semplici: vi è un salario fisso più una parte variabile collegata ai profitti realizzati dall’impresa.
Esistono dei FATTORI CHE CONTRIBUISCONO AD ALLINEARE GLI INTERESSI tra manager e
azionista:
- DISCIPLINA INTERNA, contratti che incentivano i manager a perseguire gli stessi obiettivi degli
azionisti;
- DISCIPLINA DEL MERCATO DEL MERCATO DEL LAVORO, in questo caso si parla di
EFFETTO REPUTAZIONE secondo il quale i manager non rimarranno sempre nella stessa impresa di
conseguenza avranno interesse ad avere e mantenere una buona reputazione;
- DISCIPLINA DEL MERCATO DEL PRODOTTO, essendo in concorrenza con altre imprese, i
manager non possono scaricare la responsabilità di cattive performance ad altri fattori se nel mercato
vi sono altre imprese simili efficienti;
- DISCIPLINA DEL MERCATO DEI CAPITALI, parliamo in questo caso di MINACCIA DI
SCALATE (minaccia di acquisizione o fusione dell’impresa), poichè se l’impresa è inefficiente e poco
produttiva, un RAIDER potrebbe avere interesse ad acquistare l’azienda e cambiare il management.
Questo avviene anche se si parla solo di minaccia.
● Il caso/dilemma della Fischer Body. Discutere gli aspetti teorici di economia industriale
Per spiegare i motivi per i quali ciascuna impresa ha una certa dimensione, può essere utile distinguere
due aspetti:
- che cosa determina l’estensione orizzontale dell’impresa: per estensione orizzontale
intendiamo quanti prodotti diversi produce l’impresa, e quanto di ogni prodotto. Essa è
determinata essenzialmente dai suoi costi. Se la curva dei costi è a forma di U e c’è libertà di
entrata, le imprese tenderanno a produrre in corrispondenza del punto minimo dei costi medi.
Domande E.O.I. di A.A.
L’evidenza empirica mostra che la parte in cui i costi sono minimi è piatta per cui esiste un
ampio intervallo di livelli di produzione in corrispondenza dei quali i costi medi sono vicini al
minimo. Di conseguenza la struttura dei costi potrebbe non essere sufficiente a determinare
univocamente la dimensione dell’impresa.
- che cosa determina il grado di integrazione verticale dell’impresa: per integrazione verticale
intendiamo quanti stadi del processo produttivo vengono svolti all’interno dell’impresa. Da un
settore all’altro si osserva una variabilità nel grado di integrazioni verticali. Perché? Una delle
decisioni più importanti dell’impresa è come ottenere gli input (acquistarli o produrli
internamente?).
Il caso Fischer Body. All’inizio del secolo scorso si realizzò il passaggio dalle carrozzerie in legno delle
prime automobili a quelle in metallo. La produzione di carrozzerie in metallo, a differenza di quelle in legno,
richiede ingenti investimenti che sono specifici in quanto una volta acquisite, le attrezzature possono essere
utilizzate solo per quel particolare tipo di carrozzeria per il quale sono state progettate (CAPITALE
SPECIFICO). Nell’epoca del legno la General Motors acquistava le carrozzerie dalla F. B., con contratti
brevi rinnovati frequentemente. Il passaggio da un materiale all’altro avrebbe dato la possibilità di adottare
comportamento opportunistici; infatti, una volta che F. B. avrebbe realizzato impianti specifici per G. M.
sarebbe stato molto difficile cambiare cliente e produrre per un’altra casa automobilistica. Nel 1919 le due
aziende sottoscrivono un contratto di fornitura per 10 anni. Accadde però che le vendite della G. M. fossero
più elevate del previsto e il contratto stipulato non basta più tanto che G. M. propose di rinegoziare l’accordo.
Inoltre la G. M. voleva che la F. B. spostasse i suoi impianti vicino ai suoi in modo da facilitare le operazioni
di assemblaggio. Ciò avrebbe aumentato l’efficienza produttiva ma avrebbe reso quasi impossibile il passaggio
a nuovi clienti per la F. B. . Comprendendo che questa situazione sarebbe stata fonte di grossi problemi, la G.
M. acquista la F. B. (INTEGRAZIONE VERTICALE).
Questo esempio suggerisce una spiegazione del perché un’impresa si integra verticalmente. La chiave di
questa spiegazione sta nella presenza di capitali specifici, con la conseguente possibilità di mettere in atto
comportamenti opportunistici una volta che gli investimenti sono stati realizzati. In altri termini, chi ha
realizzato più investimenti specifici può essere facilmente “preso per il collo” (problema dell’hold up).
Tuttavia, l’integrazione verticale non risolve tutti i problemi di incentivazioni, anzi ne crea nuovi. Nel caso
esaminato uno dei problemi sviluppati successivamente all’integrazione è quello della qualità. Sì notò che le
componenti fornite da società controllate dall G. M. erano di qualità inferiore di quelle fornite da imprese
indipendenti. La ragione è che i produttori indipendenti si rendevano conto che se avessero abbassato la qualità
avrebbero rischiato di perdere le commesse della G. M. mentre le società da questa controllate sapevano che
avrebbero continuato a rifornire la G. M. anche se la qualità sì fosse un po’ ridotta.
Entrambe le soluzioni estreme (completa separazione o integrazione verticale) implicano problemi di
incentivazioni. Soluzioni potrebbero essere quelle intermedie come:
- integrazione residuale (input acquistati in parte da un fornitore indipendente e in parte da società
controllata);
- franchising (gli investimenti specifici sono pagati dalla casa madre e i franchisee hanno forti incentivi
Domande E.O.I. di A.A.
ad essere efficienti perché i profitti restanti dopo il pagamento della tassa di franchising spettano a
loro);
- keiretsu (relazione di fornitura in uso in Giappone, l’impresa e i suoi fornitori sono legati da una
relazione di lungo periodo ma informale; non è una completa integrazione verticale ma sì avvicina a
questa nel fornire i giusti incentivi ad investire in capitali specifici).
Il ruolo della STORIA è importante nel determinare la performance di un’impresa. Negli anni ‘70 ci fu una
“feroce battaglia” per il dominio del mercato degli aerei di grandi dimensioni. I 3 concorrenti erano la
boeing, la McDonnel Douglas e la Lockheed. Un aspetto molto importante in questa competizione era la
presenza di una CURVA DI APPRENDIMENTO molto pronunciata, cioè che il costo di produzione di
ciascun aereo tendeva a diminuire significativamente al crescere del numero degli aerei prodotti in passato.
Bisogna quindi avanzare più velocemente nella curva di apprendimento. Inizialmente avevano tutte e 3 la
stessa quota. Negli anni ‘70 il principale fornitore di motori della Lockheed ebbe difficoltà tecniche e
finanziarie e la Looc. fu obbligata a diminuire la produzione e dopo un po di anni non riuscì a recuperare il
livello di efficienza delle concorrenti. La McDonnel Douglas, a causa di una serie di disastri aerei diminuì la
vendita del suo prodotto a causa di una minor fiducia da parte dei clienti, pur avendo la certezza dopo un po’ di
tempo che erano solo delle casualità e che i suoi aerei non avevano alcun difetto. La boeing ebbe la meglio su
tutti, in quanto, negli anni acquistò una efficienza produttiva talmente superiore da poter disporre di un grande
vantaggio competitivo rispetto i suoi rivali.
Questo è un esempio di come circostanze casuali, di durata limitata nel tempo, possano avere effetti persistenti
sulla struttura di mercato.
Gioco: modello stilizzato che descrive situazioni di interazioni strategiche tra gli agenti (imprese) di un mercato.
Quando c’è interazione strategica tra imprese, il risultato ottenuto da un’impresa dipende dalle proprie scelte ma
anche dalle azioni delle altre imprese del mercato. L’impresa deve decidere la propria strategia tenendo conto
(anticipando) delle reazioni dei propri concorrenti. Deve scegliere la propria strategia ottimale.
La teoria dei giochi analizza il processo decisionale ottimo (strategia ottima) quando tutti gli agenti sono
razionali e ognuno tenta di anticipare azioni e reazioni dei concorrenti.
• Elementi di un gioco:
Domande E.O.I. di A.A.
- giocatori (imprese);
- un insieme di azioni (strategie) per ogni giocatore;
- un insieme di payoff per ogni giocatore (l’utilità in corrispondenza di ogni profilo di azione).
All'interno della teoria dei Giochi possiamo identificare come Eq. Di Nash il punto di ottimo del pay-off, il
quale viene inquadrato dall'analisi delle scelte ottime di entrambi i Giocatori. Una coppia di strategie è un Eq. Di
Nash se nessun giocatore può unilateralmente modificare il proprio pay-off , in altre parole un Giocatore non ha
incentivi a deviare dalla strategia scelta inizialmente, in quanto non è conveniente per la massimizzare del
proprio pay-off. Inoltre esistono dei giochi dove non è possibile ottenere un eq. Di Nash e altri invece dove è
possibile aver più di un equilibrio (battaglia dei sessi).
Una strategia è detta STRATEGIA DOMINANTE di un giocatore quando è la sua migliore strategia
indipendentemente dalle scelte strategiche dell’altro giocatore.
Il DILEMMA DEL PRIGIONIERO rappresenta tutte quelle situazioni in cui vi è conflitto tra incentivi
individuali e collettivi.
Una strategia è detta STRATEGIA DOMINATA quando offre payoff inferiori ad almeno un’altra strategia per
ogni strategia scelta dell'altro giocatore. Assumendo razionalità dei giocatori, tale strategia non dovrebbe mai
essere scelta. Quando non esistono strategie dominanti, la soluzione del gioco si ottiene attraverso
l’eliminazione iterata di strategie dominate.
Una coppia di strategie è un EQUILIBRIO DI NASH se nessun giocatore può unilateralmente aumentare il
proprio payoff cambiando strategia. In altre parole possiamo dire che una copia di strategie è un equilibrio di
Nash se nessun giocatore ha incentivo a deviare dalla strategia scelta, non c’è una deviazione profittevole. La
soluzione (equilibrio) in strategia dominanti del gioco è un equilibrio di Nash. Un equilibrio di Nash non è un
equilibrio in strategie dominanti. Esistono giochi in cui non è possibile trovare un equilibrio (in strategie pure).
Esistono giochi con molteplici equilibri di Nash.
GIOCHI STATICI: i giocatori scelgono le loro strategie simultaneamente. Nella vita reale è molto raro che gli
agenti prendano decisioni esattamente nello stesso momento. Un’impresa prenderà una scelta di investimento
questa settimana, le sue rivali tra due o tre settimane. Se è così, in che senso è realistica una assunzione in base
alla quale i giocatori scelgono le strategie nello stesso momento? L’idea è che ci sia un ritardo di osservazioni,
ovvero che occorra del tempo affinché il giocatore 1 possa osservare cosa sceglie il giocatore 2. In questo
contesto è perfettamente possibili che i giocatori prendano decisioni in momenti diversi ma che, al momento di
prendere le decisioni, nessun giocatore sappia quale sia la scelta dell’altro giocatore. E’ COME SE I
GIOCATORI SCEGLIESSERO SIMULTANEAMENTE le proprie strategie. I giochi a scelta simultanea
vengono quindi visti come un modo realistico di modellare situazioni in cui i periodi di osservazione sono così
Domande E.O.I. di A.A.
GIOCHI DINAMICI: nella teoria dei giochi sono giochi dinamici tutti quei giochi dove l'interazione tra i
giocatori è intrinsecamente dinamica; oppure le ripetizioni di giochi che normalmente vengono giocati solo una
volta. Nella prima di queste situazioni, i giocatori sono in grado di osservare le azioni degli altri giocatori prima
di scegliere la loro miglior risposta. Mentre nella seconda i giocatori osservano il risultato del gioco precedente
prima di rigiocarlo successivamente. Si intuisce che la caratteristica principale di questi giochi è che le azioni di
un giocatore possono influenzare le azioni ottimali degli altri, e questo incrementa le loro possibili strategie, che
adesso non coincidono più con le possibili azioni, infatti a queste vanno aggiunte le cosiddette strategie
condizionali. È importante che i giocatori successivi abbiano informazioni sulle scelte precedentemente
effettuate dagli altri giocatori, altrimenti la differenza di tempo non avrebbe alcun effetto strategico.
GIOCHI DINAMICI NON RIPETUTI: in questa categoria rientrano i giochi sequenziali, nei quali i giocatori
prendono decisioni osservando a turno l'azione dell'avversario e stabilendo di conseguenza l'azione ottimale da
adottare. Si noti che l'attenzione non è posta nell'alternanza sequenziale dei turni, bensì al fatto che i giocatori
effettuano la loro scelta dopo che altri giocatori hanno già effettuato la loro scelta. Si pensi al gioco della
briscola (che rientra tra i giochi sequenziali), dove l'alternanza dei turni è stabilita di volta in funzione di chi si è
aggiudicato la mano precedente.
Una classe importante di giochi sequenziali è data dai giochi a informazione perfetta che possono essere risolti
con il metodo dell'induzione a ritroso, nel caso in cui siano giochi finiti.
GIOCHI DINAMICI RIPETUTI: sono quei giochi che comportano ripetute interazioni tra i decisori, e quindi si
prestano a modellare situazioni spesso ritenute interessanti in economia. Intuitivamente si può immaginare, che
la ripetuta interazioni tra i giocatori man mano che il gioco viene rigiocato, aumenti la conoscenza su cui basare
l'azione ottimale, ad esempio se nel ripetere il gioco della morra cinese uno dei giocatori si accorge che l'altro
gioca più frequentemente la strategia Carta allora modificherà le sue strategie in modo da giocare con più
frequenza Forbici, oppure pensando al Dilemma del prigioniero, si può supporre che una ripetizioni aumenti le
possibilità di coordinarsi e di migliorare le soluzioni ottenute per dominanza o mediante l'equilibrio di Nash.
I giochi ripetuti un numero finito di volte, per i quali il gioco (il singolo gioco che viene ripetuto) ha un unico
equilibrio di Nash ( i giochi dinamici possono avere più di equilibrio di Nash), portano al paradosso
dell'induzione a ritroso. Il paradosso rimane anche se vengono eseguite un numero anche elevato di ripetizioni.
Il motivo va ricercato nel fatto che nel gioco finito la struttura del gioco cambia (infatti essendo finito il numero
di ripetizioni ogni volta ci avviciniamo alla conclusione), mentre nei giochi ripetuti un numero infinito di volte
la struttura del gioco rimane invariata, in ultimi non c'è un punto finale del quale iniziare la logica dell'induzione
a ritroso. Esistono modi per evitare questo paradosso e tra questi: Bounded Rationality, Multiple Nash
Equilibria, Uncertainty about the future, Uncertainty about other players.
Per i giochi dinamici spesso vengono preferite le rappresentazioni in forma estesa, in quanto illustrano
esplicitamente gli aspetti sequenziali del gioco. Inoltre la forma estesa si presta bene all'applicazione
dell'induzione a ritroso.
Domande E.O.I. di A.A.
● Discutere il caso in cui il regolatore impone al monopolista un prezzo regolamentato pari al costo
marginale PR=MC *
Domande E.O.I. di A.A.
La conclusione a cui giunge questo modello è che le imprese applicano in equilibrio un prezzo pari al costo
marginale, e di conseguenza ottengono profitti nulli; se dunque dovesse verificarsi che per un periodo le imprese
ottengono profitti positivi, ci sarebbero nuovi entranti sul mercato, fino a ristabilire un livello nullo dei profitti;
se viceversa esse registrassero dei profitti negativi, alcune uscirebbero dal mercato, finchè nuovamente non si
arriverà all'equilibrio.
Nella realtà, però, i dati dimostrano come le imprese facciano registrare livelli di profitto positivo (tra l'altro le
imprese che fanno registrare i più alti profitti oggi, sono le stesse che li facevano registrare più altri anche gli
anni scorsi), come l'uscita e l'entrata delle imprese dal mercato avvengano contemporaneamente e come non
tutte abbiano la stessa dimensione.
Il modello di selezione competitiva cerca di spiegare questi dati, confermando tre ipotesi del modello di
concorrenza perfetta:
- atomicità delle imprese;
- omogeneità del prodotto;
- perfetta informazione;
A differenza del modello di concorrenza perfetta supponiamo che:
- le imprese debbano sostenere un COSTO IRRECUPERABILE per entrare nel mercato;
- non tutte le imprese hanno accesso alla stessa tecnologia.
Secondo questo modello, dunque, le imprese decidono di entrare nel mercato e impongono un prezzo pari a
quello che si aspettano possa essere il loro costo marginale. Col passare del tempo, le imprese acquisiscono
informazioni sul mercato, e quando queste sono positive, esse ampliano la capacità produttiva, mentre se sono
negative la diminuiscono, fino anche a poter uscire dal mercato.
Questo modello è efficiente, in quanto le imprese inizialmente fissano il prezzo pari al costo marginale
Domande E.O.I. di A.A.
(sebbene si tratti di un prezzo atteso, e non sicuro), e successivamente reagiscono efficientemente alle notizie
che ricevono dal mercato, e riesce a spiegare i dati empirici osservati.
La concorrenza perfetta è basata sull’ipotesi di omogeneità del prodotto. In molti mercati opera un numero
molto elevato di imprese che producono beni non esattamente identici. La concorrenza monopolistica è una
variante del modello di concorrenza perfetta. Conserva tutte le ipotesi della concorrenza perfetta tranne quella
dell’omogeneità del prodotto. Vi è quindi una DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO e, per via di questa, la
curva di domanda non è più orizzontale ma inclinata negativamente (l’impresa non è più price taker ma diventa
PRICE MAKER).
Abbandonando l’ipotesi di omogeneità del prodotto, alcuni risultati del modello i concorrenza perfetta non sono
più validi.
Concorrenza monopolistica. Equilibrio nel breve periodo:
Il prezzo praticato da ogni impresa è maggiore del costo medio. Ci potrebbero essere degli equilibri diversi in
cui il prezzo potrebbe essere più basso del costo medio. Tutto dipende dal numero delle imprese che operano nel
mercato e che sono attive nel breve periodo.
SE NEL BREVE PERIODO IL PREZZO SARA’ MAGGIORE O MINORE DEL COSTO MEDIO, l’equilibrio
di breve periodo non sarà anche l’equilibrio di lungo periodo. Se prezzo>costo medio ci saranno altre imprese
che desiderano entrare nel mercato; al contrario se prezzo<costo medio le imprese attive ottengono profitti nulli
e preferiscono uscire dal mercato.
Nel lungo periodo invece, ogni impresa massimizza i suoi profitti in modo che ricavo marginale=costo
marginale e le imprese ottengono profitti nulli e di conseguenza nessuna impresa attiva desidera diventare
inattiva e viceversa.
Comunemente con la concorrenza perfetta, anche nella concorrenza monopolistica i profitti di lungo periodo
sono nulli.
Diversamente dalla concorrenza perfetta (prezzo=costo medio minimo) in equilibrio nel modello di concorrenza
monopolistica prezzo>costo medio minimo ed è maggiore e anche del costo medio marginale.
● La distribuzione della dimensione delle imprese dello stesso settore nei diversi paesi risulta essere
simile. Discutere.
(PAG. 116)
L’evidenza empirica suggerisce che la dimensione media delle imprese che entrano ed escono dal mercato
è molto più piccola di quella delle imprese che continuano ad operare. Indicano poi che i tassi di crescita
attesi sono una funzione decrescente della grandezza e dell’età delle imprese. In altre parole, le imprese
più giovani e più piccole sono in media quelle che crescono più velocemente. E allo stesso modo si può
dire del tasso di sopravvivenza delle imprese: sono quelle più giovani e più piccole quelle che escono.
Uno studio che è stato effettuato ha dimostrato che la distribuzione della grandezza di imprese
manifatturiere in quattro paesi molti diversi tra loro (Francia, Giappone,Ucraina, U.S.A.) presentano
notevoli somiglianze; risultati simili sono stati ottenuti confrontando le distribuzioni delle dimensioni delle
imprese in diversi settori industriali. A differenza di ciò che dice la concorrenza perfetta sulla dimensione
delle imprese (ovvero che sono tutte della stessa dimensione), si può notare come ci sia regolarità nella
distribuzione della dimensione delle imprese.
CAPITOLO 7 (NON NEL PROGRAMMA)?
Domande E.O.I. di A.A.
Un tale risultato di equilibrio si ottiene in un mercato oligopolistico in cui le imprese competono à la Bertrand.
Affinché ciò possa accadere, è necessario che le imprese fissino prima il prezzo (variabile di lungo periodo) del prodotto o
del servizio offerto, e successivamente stabiliscano la quantità da produrre (variabile di breve periodo).
Un esempio di un mercato in cui ciò accade è quello dei software.
Il modello di Bertrand afferma che è sufficiente che in un mercato operino due imprese, affinché esse raggiungano un
equilibrio uguale a quello di concorrenza perfetta. Questa conclusione viene detta paradosso di Bertrand, in quanto nella
realtà le imprese oligopolistiche ottengono profitti positivi, e all'aumentare del numero di esse, il livello dei profitti tende a
diminuire.
Il modello di Bertrand giunge a questa conclusione perché non tiene conto di tre aspetti:
1) in realtà è molto difficile che due aziende forniscano un prodotto perfettamente identico; qualsiasi caratteristica può
essere enfatizzata per far notare le differenze esistenti, e talvolta anche la pubblicità può contribuire a rendere due prodotti
più diversi di quanto non siano effettivamente.
La differenziazione del prodotto è uno dei motivi per i quali il prezzo è maggiore del costo marginale;
2) il modello di Bertrand è unitemporale. Se si considera che le imprese competono in più periodi successivi, si nota come
queste possano sostenere accordi collusivi, con l'obiettivo di aumentare i profitti
3) il modello di Bertrand non tiene conto dei vincoli di capacità: se infatti due imprese hanno una capacità produttiva
ridotta, esse producono al limite della propria capacità, e i prezzi saranno più alti di quelli di concorrenza perfetta.
La discriminazione di prezzo è la pratica di fissare PREZZI DIVERSI PER LO STESSO BENE, in funzione
della quantità acquistata, delle caratteristiche dell’acquirente o di certe clausole contrattuali. Per questo
argomento CONSIDERIAMO IL CASO IN CUI UN’IMPRESA - OLIGOPOLISTA O MONOPOLISTA - E’
IN GRADO DI DISCRIMINARE (fare delle differenze di prezzo) TRA I CONSUMATORI E FISSA COSì
PREZZI DIVERSI PER DIVERSI SEGMENTI DI MERCATO.
Dobbiamo prendere in considerazioni alcune condizioni che consentono ad un‘impresa di fissare prezzi
diversi per lo stesso bene.
L’ impresa costantemente si trova a fronteggiare diversi problemi, uno dei tanti è quello di fissare i prezzi al
consumatore finale. La scelta del livello dei prezzi è molto importante, poiché questi ultimi influenzeranno il
volume di vendita ed in generale i profitti dell'impresa. Un problema cardine che il venditore si pone per
determinare i prezzi finali di vendita è: il prezzo per un prodotto o servizio deve essere fisso per tutti i
consumatori oppure flessibile? Nel linguaggio economico la strategia dei prezzi flessibili viene definita col
nome di discriminazione dei prezzi. Tale politica deriva dal fatto che, normalmente, la disponibilità a pagare
un bene ad un determinato prezzo non è uguale per tutti gli individui.
La discriminazione è conveniente ove un’impresa sia in grado di applicare prezzi diversi ad acquirenti diversi:
può far pagare un prezzo elevato ai consumatori con una maggior disponibilità monetaria e,
contemporaneamente, riuscire a vendere il suo prodotto a consumatori con una disponibilità inferiore.
Affinché tale strategia di pricing possa essere applicata è necessario che ricorrano alcune condizioni, ovvero:
- la presenza di un certo potere di mercato che permette all’impresa di far pagare ai consumatori un prezzo
diverso dal costo marginale (per questo motivo la discriminazione è prevalente nei mercati monopolistici);
- la capacità di conoscere le preferenze del consumatore, in modo da poter segmentare la domanda dei
consumatori in diversi gruppi a seconda del prezzo che sono disposti a pagare;
- l’assenza arbitraggio.
Analizzando nello specifico la terza condizione sappiamo che in un mercato perfettamente competitivo deve
valere la legge del prezzo unico, ossia non possono esserci prezzi diversi per la vendita dello stesso bene
(arbitraggio); se ci fossero due prezzi diversi allora l’agente potrebbe ottenere un profitto comprando al prezzo
più basso e vendendo al prezzo più alto. Nel mondo reale si osserva che anche se un bene apparentemente
omogeneo viene offerto a prezzi diversi l’attività di arbitraggio è scarsa se non completamente assente di
conseguenza non si sviluppa un mercato secondario. In alcuni casi la rivendita del bene è da considerarsi
illegale, in altri invece i costi di questa operazione sarebbero così alti (esempio in termini di tempo) da non
renderla conveniente.
Domande E.O.I. di A.A.
● Quanti tipi di discriminazione di prezzo conoscete? Spiegate in cosa consiste ognuno di essi e
spiegate da quale fattore dipende la tipologia di discriminazione attuata dalle imprese.
(PAG. 211)
La discriminazione di prezzo è la pratica che consente di fissare prezzi diversi per uno stesso bene,
aumentando così il benessere dei produttori.
Esistono 3 tipi di discriminazione di prezzo:
1) DISCRIMINAZIONE DI TERZO GRADO: quando la discriminazione avviene in base alle diverse
caratteristiche dei clienti (localizzazione geografica, età, status sociale...) si parla di discriminazione di
terzo grado, detta anche segmentazione del mercato. In questo modo, un'impresa riesce a praticare
prezzi più alti per i consumatori che presentano una domanda più rigida. Ne fanno parte la
discriminazione di prezzo spaziale in cui l’elemento discriminante è la localizzazione geografica, ma
anche abbonamenti diversi a seconda delle fasce di età o status occupazionale (anziani,studenti).
loro massima disponibilità a pagare. L'esempio classico è quello di un medico che lavora in un piccolo
paese e conosce le caratteristiche di ogni singolo paziente.
● Nelle teorie delle relazioni verticali si usano concetti di doppia marginalizzazione e di tariffa a due
Domande E.O.I. di A.A.
stadi . Discutere i due concetti. Quale parte della tariffa a due stadi è detta tassa di franchising?
Discutere.
(PAG. 236)
La relazione tra produttore (impresa a monte) e dettagliante (impresa a valle) è diversa dalla relazione tra
impresa e consumatore finale. Le vendite di un produttore che vende attraverso il dettagliante dipendono dal
prezzo all’ingrosso che egli fissa ma anche da altri fattori cui non è in grado di controllare direttamente
(qualità dei servizi di vendita, l’ammontare di pubblicità…). La competizione tra rivenditori è determinante
per i profitti del produttore. Inoltre i rivenditori (a differenza dei consumatori) sono in competizione l’uno con
l’altro. Il prezzo all’ingrosso determina il costo marginale del rivenditore.
Le relazioni verticali analizzano le relazioni che esistono tra imprese che operano in stadi successivi del
processo produttivo, ad esempio la vendita tra un’impresa a monte e un’impresa a valle. Le relazioni
contrattuali sono note come restrizioni verticali poiché solitamente vincolano in qualche modo le scelte
dell’impresa a valle. Le restrizioni verticali riguardano: restrizioni di prezzo, vincoli territoriali, volumi minimi
distribuzione in esclusiva, diritti di franchising, obbligo di commercializzare tutta la linea di prodotti.
Nell’analisi delle relazioni vengono analizzati due casi: il primo in cui due imprese, dettagliate (D) e
produttore (P) sono separate verticalmente e hanno dei rapporti contrattuali; il secondo in cui le due imprese
sono integrate verticalmente. Il problema che si genera è noto come DOPPIA MARGINALIZZAZIONE.
Quando le imprese sono separate (ipotizzando che l’unico contratto possibile fra P e D consiste nella
determinazione del prezzo all’ingrosso, e che le imprese abbiano informazioni complete sui costi) si ha una
situazione in cui due monopolisti fissano il prezzo in successione. Se il solo strumento contrattuale che P e D
possono usare è la scelta di prezzo all’ingrosso contante, verranno aggiunti dei mark-up invece di un solo costo
marginale, il che porterà ad un prezzo maggiore del prezzo di monopolio: la somma dei profitti di P e D è
minore di quanto le due imprese otterrebbero se fossere verticalmente integrate.
Il problema della doppia marginalizzazione dipende principalmente dalle ipotesi che vengono fatte.
Supponiamo ora che, oltre a determinare il prezzo all’ingrosso, l’impresa a monte P possa stabilire che
l’impresa a valle D debba pagare una certa somma f p iù il prezzo all’ingrosso w se vuole fare affari con P. Il
contratto sarà chiamato TARIFFA A DUE STADI. Spesso la somma fissa è detta tassa di franchising. In
generale questi tipi di contratti sono detti CONTRATTI NON LINEARI.
Supponiamo che l’impresa a monte fissi w=c e f=Profitto monopolio dell’impresa integrata verticalmente.
Dobbiamo fare alcune osservazioni:
- dal punto di vista delle imprese questo contratto è efficiente, cioè massimizza i profitti congiunti. Il
costo marginale percepito dall’impresa a valle w è uguale al vero costo marginale, c. L’impresa a valle
quindi fissa il prezzo ottimale, cioè al livello che sarebbe scelto dall’impresa verticalmente integrata
(prezzo di monopolio);
- fissando il prezzo in questo modo, l’impresa a valle ottiene un profitto lordo come il profitto di
monopolio (al lordo della tassa di franchising); pertanto è pronta a pagare per la tassa di franchising un
massimo del valore del profitto di monopolio per fare affari con l’impresa a monte;
Domande E.O.I. di A.A.
- l’impresa a monte ottiene un profitto variabile nullo (vende a un prezzo uguale al costo marginale) ma
può recuperare l’intero profitto di monopolio attraverso la tassa di franchising.
In conclusione, se sono possibili contratti non lineari, la soluzione ottimale quando due imprese sono separate
è identica al caso di integrazione verticale.
Se c’è competizione a valle, il risultato ottenuto dalla tassa di franchising non è più valido. Abbiamo ipotizzato
che le imprese hanno informazione completa sui costi (diversamente può essere ottimale fissare un prezzo
all’ingrosso non costante e maggiore dei costi marginali); La tassa di franchising non è l’unico strumento per
aumentare i profitti dell’impresa a monte (può essere utilizzato un prezzo al dettaglio massimo).
● Discutere i casi in cui le imprese di un mercato operino un’effettiva differenziazione del prodotto
oppure non differenziano il prodotto, ma esistono dei forti switching cost per i consumatori.
La DIFFERENZIAZIONE è una strategia di marketing delle imprese che operano in un medesimo mercato per
distinguere (differenziare) i proprio prodotti da quelli della concorrenza (i prodotti differenziati sono beni
succedanei in grado di soddisfare, con forme e modi differenti, bisogni essenziali della stessa natura). Parliamo
di DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO quando ai consumatori è offerta la possibilità di consumare una o
più varietà del medesimo bene. Il principale obiettivo di una strategia di differenziazione del prodotto consiste
nel far percepire differente il prodotto al consumatore. Per raggiungere questo obiettivo l’impresa ha
prevalentemente due strade:
- CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO. Le caratteristiche del prodotto sono appositamente
modificate dal produttore al fine di distinguere il prodotto dai prodotti degli altri concorrenti.
- IMMAGINE PRODOTTO E MARCA. L’impresa adotta una strategia di comunicazione per
rafforzare la riconoscibilità e il valore dell’immagine del prodotto e/o della marca.
La differenziazione del prodotto riduce la concorrenza poiché attira l’attenzione dei consumatori su particolari
aspetti (caratteristiche) dei prodotti, facendoli percepire differenti l’uno dell'altro.
Nella realtà gran parte dei prodotti sono combinazioni di elementi di differenziazione orizzontale e verticale.
Anche se tutti i consumatori considerano una certa caratteristica positivamente, poiché i beni sono combinazioni
di caratteristiche, può succedere che non tutti diano la stessa importanza alle varie caratteristiche.
APPROCCIO PER CARATTERISTICHE: i bei possono essere concepiti come insiemi di caratteristiche
misurabili. Gli individui sono interessati alle caratteristiche che un prodotto può avere non al prodotto in sé.
L’individuo domanda il prodotto che possiede la combinazione di caratteristiche ed il prezzo che massimizza la
sua utilità. La domanda dei consumatori dipende quindi dalla combinazione di caratteristiche presenti nel
prodotto.
l’approccio per caratteristiche permette di modellare sia il caso di beni differenziati verticalmente o
orizzontalmente. Aiuta inoltre le imprese, permettendogli di concentrare l’analisi empirica della domanda del
consumatore su di un numero relativamente contenuto di caratteristiche. Consente di strutturare le strategie di
posizionamento nel mercato.
spiaggia (ovvero i prodotti hanno il massimo grado di differenziazione) e competano à la Bertrand. Dato un
gelato che può essere venduto da due imprese ai due estremi di una spiaggia (una a sx, o ovest, e una a dx, o
est). Dati un certo numero di consumatori uniformemente distribuiti lungo la spiaggia (in modo che 0-1
costituisce l’intera domanda di mercato, e una porzione di tale segmento la quota di domanda che serve
un’impresa).Immaginiamo che ciascun consumatore che voglia comprare il gelato all’impresa 1 (sx) debba
percorrere una distanza pari a x, mentre se vuole comprare il gelato all’impresa 2 deve percorrere una distanza
pari a 1-x.
In sintesi le rivendite (a differenza dell’equilibrio di Bertrand in cui sì realizzano profitti nulli perché p=cm),
ottengono profitti positivi (p>cm), poiché i consumatori devono sostenere un costo di trasporto. Quest’ultimo
non è altro che il grado di differenziazione del prodotto. Infatti un consumatore più vicino al rivenditore di
destra è disposto (per evitare di farsi una lunga camminata fino al rivenditore di sinistra) a pagare un prezzo più
alto di quello che pagherebbe se il costo di trasporto fosse nullo. La differenziazione dei prodotti sta nella loro
distanza dal consumatore. Se il costo di trasporto fosse nullo (prodotti omogenei) allora, dato che ai consumatori
non costerebbe niente, essi valuterebbero solo il prezzo, acquistando dalla rivendita col prezzo più basso
(paradosso di Bertrand).
Se la concorrenza di prezzo è intensa, le imprese tendono a collocarsi lontano una dall’altra (la differenziazione
del prodotto è elevata). Se la competizione di prezzo è poco intensa, le imprese tenderanno a collocarsi verso il
centro (la differenziazione del prodotto è limitata).
Informazione asimmetrica e switching costs. La presenza di informazione imperfetta e di costi per passare da un
venditore all'altro (switching costs) fa si che anche prodotti identici siano percepiti come differenziati dai
consumatori, aumentando il potere di mercato.
Informazione Imperfetta: se non c'è perfetta informazione sui prezzi, il consumatore deve sopportare costi di
ricerca (ad esempio per visitare più di un negozio), che hanno un effetto analogo ai costi di trasporto nel
modello di Hotelling. Questo significa che se il costo di ricerca eccede la differenza di prezzo tra i due prodotti,
cioè il consumatore per scoprire che lo stesso prodotto ha da un’altra parte un costo più basso, spende più di
quello che risparmia nel comprare lo stesso prodotto dal venditore più economico, allora preferisce acquistare il
prodotto più costoso. Quindi l’informazione asimmetrica favorisce il potere di monopolio.
Switching costs: sono i costi che un consumatore deve sostenere per passare dall’acquisto di un prodotto
all’altro, soprattutto nel caso dei beni durevoli. (Esempio, nel caso del passaggio da un pc windows ad un pc
apple l’utilizzatore dovrà spendere un po’ di tempo per impratichirsi con il sistema operativo dei notebook
apple, la stessa cosa vale ovviamente al contrario per il passaggio da apple a windows). L’esistenza di costi per
cambiare prodotto creano equilibri in cui le imprese hanno potere di mercato e possono fissare prezzi di
monopolio senza farsi guerre sui prezzi.
Domande E.O.I. di A.A.
CAPITOLO 13 - LA PUBBLICITÀ’
● Esporre la classificazione dei beni per tipologia pubblicitaria. Verso quale tipo di prodotti è rivolta
la pubblicità persuasiva?
(Più un punto con un piccolo esercizio compito Maggio 2013)
● Parlare dei beni d’esperienza e beni di ricerca, della pubblicità informativa e persuasiva.
Le spese per la pubblicità (per la promozione delle vendite) sono ingenti in molti settori, come per esempio in
quello farmaceutico o in quello delle bevande analcoliche. Per questa ragione le spese pubblicitarie si
configurano come una scelta strategica (di investimento) da parte delle imprese.
Pubblicità e Beni
Abbiamo beni di Ricerca, beni di Esperienza e beni di Fiducia.
I beni di ricerca sono quei beni di cui si sanno o si viene a conoscenza delle caratteristiche prima ancora del
consumo o dell' acquisto ( macchine, pc e articoli sportivi). I beni di esperienza sono quei beni di cui si
Domande E.O.I. di A.A.
accertano le caratteristiche solo dopo il consumo (bibite, cibi, saponi per la lavatrice). I beni di fiducia invece
non si accertano le caratteristiche neanche dopo il consumo (vaccini e servizi legali).
Per ogni tipologia di bene descritta si affianca un tipo di pubblicità ben definita, in modo particolare per i beni di
ricerca si usa una pubblicità informativa, che è volta a far conoscere le caratteristiche del prodotto (volantini).
Per i beni di esperienza e di fiducia invece viene usata la pubblicità persuasiva, volta a far cambiare i gusti dei
consumatori ad esempio mostrando le caratteristiche e i risultati ottenuti dal proprio prodotto piuttosto che
usandone un altro.
Analisi semplificata: ipotesi le imprese nel mercato sono uguali. La struttura del mercato e quindi il grado di
concentrazione del mercato è dato semplicemente dal numero delle imprese. Un mercato si definirà concentrato
se il numero di imprese è piccolo.
Se il prezzo di mercato fosse costante rispetto al numero delle imprese allora la relazione tra dimensione del
mercato e numero di imprese sarebbe esattamente proporzionale.
Tuttavia, quando aumenta il numero delle imprese, il mercato diventa più competitivo e quindi il margine di
profitto unitario (p-c) diminuisce.
Di conseguenza diminuisce anche il profitto lordo per unità di prodotto, che limita il numero delle imprese che
possono operare nel mercato.
Al crescere del mercato i profitti che le imprese possono spartirsi crescono meno che proporzionalmente.
Quindi anche se l’intensità della competizione tra le imprese rimanesse costante il numero delle imprese
crescerebbe meno che proporzionalmente rispetto alla dimensione del mercato.
sono rilevanti la differenziazione del prodotto o l'intensità della concorrenza, l'ingresso di un nuovo entrante
potrebbe non riuscire a catturare integralmente i vantaggi derivanti dall'ingresso nel mercato, e il numero di
imprese in equilibrio potrebbe essere troppo basso dal punto di vista sociale.
● Se i costi di entrata sono funzione crescente della dimensione del mercato, il numero delle imprese
NON VARIA PROPORZIONALMENTE alla dimensione del mercato: spiegare con il caso delle
aste pubbliche (con N imprese, costo entrata pari a F e ricavi S).
(PAG. 303 304)
ESERCIZIO
SOLUZIONE ASTA
In alternativa si può decidere di attribuire la licenza con una asta.
Una volta sostenuto il costo fisso F ciascuna delle n imprese fa simultaneamente e segretamente la sua
Domande E.O.I. di A.A.
d. L’equilibrio dell’asta comporta che tutte le imprese facciano un'offerta pari a S (RICAVI).
I profitti quindi sono nulli perché l’offerta=al ricavo.
Solo con un partecipante ci saranno profitti positivi.
Per n>1 il profitto e nullo.
e. La differenza tra i due casi sta nel fatto che il numero di imprese nel primo caso è proporzionale
alla dimensione del mercato mentre nel secondo no. PERCHE’?
Nel primo caso il costo di entrata è esogeno e pari a F, e poiché non c’è competizione di prezzo,
cioè le imprese non si fanno concorrenza, si ottiene il risultato di proporzionalità.
Nel secondo caso invece i costi di entrata sono endogeni, e pari ad F+B (dove B è l’offerta
presentata).
Il fatto che B vari proporzionalmente con S (RICAVI) implica che il numero delle imprese
rimarrà costante al variare della dimensione del mercato.
● Discutete gli effetti sulla struttura di mercato del cambiamento tecnologico (R&S), quale risultato
dell’attività di R&S delle imprese.
Domande E.O.I. di A.A.
Il passaggio ad una nuova tecnologia è spinto principalmente da un cambiamento dei gusti e delle richieste
della clientela. Tale cambiamento risulta più conveniente in particolari tipologie di mercato, principalmente
in mercati più concentrati.
Il cambiamento strutturale delle aziende operanti all'interno di un particolare mercato, come abbiamo detto,
sono derivanti dal un miglioramento tecnologico che è portato avanti da ingenti investimenti in ricerca e
sviluppo.
La domanda fondamentale è in quali mercato è più conveniente investire e conviene investire in tecnologie
già esistenti o innovare sia processo che prodotto?
Per rispondere a questa domanda è importante capire le caratteristiche di ogni mercato.
Un investimento in ricerca e sviluppo secondo S. è più profittevole in un mercato di monopolio, in quanto il
monopolista non solo possiede più risorse rispetto ai potenziali entranti, ma investendo in nuove tecnologie
crea una barriera all'entrata di quel mercato, riuscendo ad abbattere i costi e pertanto a giocare con il
prezzo.
Teoria completamente opposta è stata illustrata dal teorico Arrow che al contrario di quanto detto da S.
riteneva che la maggior espressione dell'investimento in R&S sia il modello di concorrenza perfetta, in
quanto l'acquisizione di una nuova tecnologia porterebbe l'azienda detentrice ad un livello di quasi
monopolio. Tuttavia per le caratteristiche del modello di concorrenza perfetta questo vantaggio competitivo
non potrebbe durare molto anzi quasi nulla.
● Discutere i motivi che dovrebbero portare le imprese con forte potere di mercato ad investire di più
in ricerca e sviluppo. Discutere anche le ipotesi che hanno portato altri economisti a sostenere,
invece, che il valore di una innovazione è maggiore in concorrenza. (Leggere riassunto capitolo)
(PAG. 357)
Una riduzione del costo marginale dovuta ad una nuova innovazione garantisce un maggiore guadagno alle
imprese concorrenziali che non ai monopolisti (effetto di rimpiazzo), ma questi ultimi hanno maggiori risorse
da investire nell'attività di R&S, che talvolta richiede esborsi ingenti.
Non sempre quindi è possibile che le piccole imprese concorrenziali, ben chè siano incentivate, possano
dedicare grandi risorse all'innovazione.
Inoltre una impresa che riesce a ridurre i propri costi marginali e ad ottenere profitti positivi, non rispetta più
l'ipotesi di accesso alla stessa tecnologia del modello di concorrenza perfetta. Sarebbe più opportuno parlare
quindi di concorrenza dinamica, che genera potere di mercato, sebbene solo temporaneamente.
Se è possibile acquistare un brevetto e a contenderselo sono un monopolista e un potenziale entrante, il primo
Domande E.O.I. di A.A.
è disposto a pagarlo fino alla differenza tra i profitti di monopolio, che ottiene al momento) e quelli di
duopolio (che otterrebbe se il concorrente entrasse nel mercato), mentre il secondo pagherebbe fino al profitto
di duopolio. In questo caso il monopolista è disposto a pagare di più (effetto di efficienza), e la sua posizione
dominante viene mantenuta nel tempo.
Se invece non si sa se il concorrente farà o meno l'offerta, a seconda della probabilità che egli offra o meno si
determina la disponibilità a pagare del monopolista, che può essere maggiore o minore di quella dell'entrante.
In caso di innovazione drastica, invece, dato che non si sa se il concorrente farà o meno l'offerta, quest'ultimo
ha una maggiore disponibilità a pagare rispetto al monopolista.
Questo conferma il fatto che, in genere, chi gode di una posizione di un vantaggio preferisce investire per
investimenti meno costosi, ma anche più sicuri, mentre chi vuole raggiungere una posizione dominante è
più propenso a investire per innovazioni drastiche (meno sicure).
Se un mercato è caratterizzato da una marcata curva di apprendimento, infine, il leader tende a rafforzare
progressivamente la sua posizione.
La compatibilità (può essere definita come adattabilità forse) tra diverse tecnologie sembra una caratteristica
positiva per consumatori. Per i produttori invece, da un lato riduce il grado di differenziazione del prodotto
(cosa che solitamente rende la competizione più intensa), dall'altro lato, dato che la compatibilità è valutata
positivamente dal consumatore (e di conseguenza aumenta la disponibilità a pagare dello stesso consumatore),
i produttori possono estrarre una parte di questo surplus. Di conseguenza se la quota del surplus ottenibile è
sufficientemente elevata, anche i produttori possono preferire la compatibilità.
Consideriamo un semplice gioco a due stadi. Nel primo stadio due imprese decidono di rendere compatibili
due tecnologie oppure no. Se non c’è accordo, inizia UNA GUERRA PER LA DEFINIZIONE DELLO
STANDARD, al termine della quale una delle due tecnologie è universalmente adottata. Nel secondo stadio, si
ha competizione nel mercato del prodotto. Se nel primo stadio è stato raggiunto un accordo, ciascuna impresa
ottiene i profitti di duopolio; altrimenti l’impresa che è uscita vincitrice dalla “guerra degli standard” ottiene il
profitto di monopolio. Ma le imprese stanno meglio con o senza compatibilià? Nel primo scenario ipotizziamo
che ci sia una “guerra degli standard” combattuta in modo da cercare di attrarre il più possibile i clienti. Per
riuscire ad attrarli, le imprese devono investire risorse e l’impresa che investe di più vince la guerra
(conquisterà il profitto di monopolio solo per se). C’è da considerare però che l’investimento delle risorse sarà
talmente alto quanto da assorbire il profitto di monopolio ottenuto. Per questo motivo, per quanto siano piccoli
Domande E.O.I. di A.A.
Consideriamo ora un secondo caso, in cui la scelta dello standard dipende da eventi al di fuori del controllo
delle imprese. Ad esempio i consumatori preferiscono una delle due tecnologie e iniziano ad adottarla
(EFFETTO VALANGA, ovvero l’adozione iniziale della nuova tecnologia da parte di un numero limitato di
agenti induce gli altri a seguirli). O la regolamentazione o altre politiche pubbliche danno un vantaggio iniziale
ad una delle due tecnologie. Supponiamo che in caso di disaccordo le due tecnologie abbiano possibilità del
50% di diventare lo standard comunemente accettato. Se le imprese scelgono la compatibilità, ciascuna otterrà
i profitti di duopolio. Se le imprese non raggiungono un accordo, ognuna otterrà il profitto di monopolio con
probabilità del 50%. SARÀ PREFERITA L’INCOMPATIBILITÀ SOLO SE IL VALORE DEL 50% DEL
PROFITTO DI MONOPOLIO E’ SUPERIORE AL VALORE DEL PROFITTO IN DUOPOLIO (50%
𝝅m>𝝅d). E’ MEGLIO ESSERE MONOPOLISTA CON PROBABILITÀ’ 50% CHE NON UN
DUOPOLISTA CON CERTEZZA. Questo è vero specialmente QUANDO LA COMPETIZIONE E’
MOLTO INTENSA per cui i profitti di duopolio sono molto molto più piccoli di quelli di monopolio.
● Spiegare il concetto di esternalità di rete e massa critica, in che modo influiscono con l’adozione di
un nuovo prodotto e l’adozione di uno standard.
Le esternalità di rete implicano che per uno stesso prezzo ci possono essere diversi livelli della domanda.
Quale valore della domanda effettivamente si realizzi, dipende dalle aspettative dei consumatori relativamente
alla dimensione della rete.
Supponiamo che nell’acquisto di un prodotto, una minima parte dei consumatori inizia ad acquistarlo,
nonostante si sia pessimisti sul fatto che ci sarà convergenza all’equilibrio in cui tutti adotteranno la nuova
tecnologia. La convergenza all’equilibrio dipende dal fatto che si sia oltrepassata una certa soglia critica
(MASSA CRITICA di consumatori che conduce alla espansione della rete). Una volta che questa viene
oltrepassata, la domanda continua a crescere in un processo che si autoalimenta e che arriva nell’equilibrio in
cui tutti adottano la nuova tecnologia. Possiamo dire anche che più basso è il prezzo, maggiore sarà la
probabilità che si raggiunga la massa critica.
Domande E.O.I. di A.A.
In un mercato concorrenziale , quando il prezzo dipende essenzialmente dai costi di produzione e il progresso
tecnico spinge i costi verso il basso, inizialmente dovremmo aspettarci un elevato prezzo di equilibrio o poca
diffusione della rete (nessun adotta la nuova tecnologia). Col tempo i costi si riducono e di conseguenza si
riduce anche il prezzo. Alla fine si raggiunge la massa critica e la domanda arriva all’equilibrio in cui tutti
adottano la nuova tecnologia.
● Discutere le caratteristiche del modello con adozione tecnologica sequenziale. Illustrare tramite il
grafico delle barriere di assorbimento delle due tecnologie.
(PAG. 385)
Non ci sono ragioni per cui si possa prevedere che uno dei due equilibri sia più probabile dell’altro. Facciamo
un esempio in cui vi sono due prodotti incompatibili tra loro (VHS e Betamax) per cui le esternalità di rete si
manifestano soltanto tra chi acquista la stessa versione. Supponiamo che i prezzi siano gli stessi. I
CONSUMATORI ARRIVANO NEL MERCATO SEQUENZIALMENTE. Questo significa che in ogni
periodo un nuovo consumatore deve prendere una decisione relativa a quale versione scegliere della nuova
tecnologia. Ogni consumatore avrà un vantaggio se la tecnologia che ha scelto ha una vasta diffusione. Ogni
consumatore ottiene come utilità u (utilità di base che ha il consumatore che sta scegliendo senza considerare
gli altri consumatori) + na o nb (il numero dei consumatori che hanno scelto o una o l’altra). Se non vi è una
maggioranza ogni consumatore continuerà a scegliere la sua tecnologia preferita. Se una di queste due
tecnologie ha una diffusione sufficientemente più grande dell’altra, allora i consumatori acquisteranno la stessa
tecnologia. Questa situazione può essere rappresentata nel GRAFICO DELLE BARRIERE DI
ASSORBIMENTO: sull’asse orizzontale, rappresentiamo la sequenza di consumatori che arriva sul mercato ,
uno in ciascun periodo. Sull’asse verticale, rappresentiamo la differenza tra il numero di consumatori che
adottano la tecnologia A e quelli che adottano la tecnologia B. fino a quando questa differenza è compresa
nell’intervallo -u;u, ciascun consumatore sceglierà la sua tecnologia preferita. Tuttavia, una volta che si esce
da questo intervallo, ciascun consumatore sceglierà la tecnologia più diffusa, cosa che rafforza la scelta dei
consumatori successivi. Siamo in presenza di un PROCESSO CHE SI AUTOELIMINA. Le barriere u e -u
sono chiamate BARRIERE DI ASSORBIMENTO. Una volta che queste barriere sono state oltrepassate,
diciamo che il mercato si è CRISTALLIZZATO su una delle due tecnologie.
GRAFICO
(PAG. 391)
Domande E.O.I. di A.A.
Considerando un modello stilizzato, supponiamo che ci sia una tecnologia vecchia, O, e una tecnologia
nuova, N. Per semplicità supponiamo che ci siano 2 utenti, ed entrambi stanno utilizzando la tecnologia O.
Questi utenti devono decidere, uno dopo l’altro, ma senza sapere le preferenze dell’altro, se passare o meno
alla nuova tecnologia. Un utente conservatore può preferire la tecnologia O; un utente innovatore la
tecnologia N. Un utente non saprà quello che sceglierà l’altro, ma a causa dell’ ESTERNALITÀ’ DI RETE
(beneficio che un consumatore ottiene utilizzando un certo prodotto, cresce al crescere del numero degli altri
consumatori che lo utilizzano), il beneficio di passare alla nuova tecnologia dipende precisamente da quello
che farà l’altro.
La situazione migliore è quella in cui entrambi fanno la stessa scelta. Per un conservatore la scelta è una
strategia dominante: qualunque sia la scelta dell’innovatore a lui conviene scegliere di non cambiare
tecnologia. Anche se vi è un’elevata probabilità che tutti gli utenti preferiscano la nuova tecnologia e anche
se entrambi gli utenti sono quasi sicuramente innovatori, l’unico equilibrio prevede che nessuno adotti la
nuova tecnologia. Questa inerzia eccessiva che può caratterizzare l’equilibrio di certi giochi mostra quanto
sia importante distinguere i casi di completa e incompleta informazione, anche se l’incompletezza
dell’informazione è molto limitata.
Il fenomeno delle esternalità, d’altra parte, può creare un effetto valanga, che fa sì che l’adozione iniziale
della nuova tecnologia da parte di un numero limitato di agenti induca tutti gli altri a seguirli. In certi casi le
preferenze degli utenti sono tali che il benessere sociale sarebbe massimizzato se non si pensasse alla nuova
tecnologia. In questi casi, se la nuova tecnologia viene adottata, abbiamo un esempio di eccessiva mobilità.
Riassumendo: le esternalità di rete possono comportare un eccesso di inerzia, il che significa che la nuova
tecnologia non viene adottata anche se la maggioranza ne trarrebbe un beneficio, ma possono comportare
anche un eccesso di mobilità, il che significa che la nuova tecnologia viene adottata anche se la maggioranza
preferirebbe che ciò non avvenisse.
Prima della guerra mondiale l’unione sovietica si era rapidamente industrializzata attraverso i piani
quinquennali di Stalin, ma il progresso era stato irregolare e l’economia sovietica era ancora relativamente in
ritardo. Nonostante la riduzione notevole del PIL e i 14000 morti dopo la seconda guerra mondiale, nel
dopoguerra l’unione sovietica recuperò molto terreno e nel 1957 lanciò il primo uomo nello spazio.
Alla fine degli anni ‘70 l’economia pianificata sembrava garantire uno sviluppo più veloce di quello
capitalistico e molti paesi si erano convertiti ad un modello simile a quello sovietico.
- proprietà dei capitali da parte dello stato e introduzione di un sistema di pianificazione centralizzata da parte
del partito comunista (questo decideva quanto di ciascun bene doveva essere prodotto in ciascun periodo e da
quali strutture produttive);
- le decisioni di investimento e produzione venivano decise dall’autorità di piano (decidevano quindi dove gli
input dovevano essere prodotti, dove gli output sarebbe dovuti finire e quali prezzi dovevano essere pagati);
- venivano proposti degli incentivi basati sulle performance dell’anno precedente per motivare le singole unità
produttive.
Alla fine degli anni ‘80 l’unione sovietica era in profonda crisi, in quanto:
Di conseguenza:
- i prezzi non potevano funzionare come segnali per indirizzare domanda e offerta, causando appunto il
razionamento;
- la massa di informazioni era enorme ma spesso incompleta, inoltre la capacità di calcolo e previsione
era limitata, causando difficoltà ad ottimizzare la produzione;
- le singole unità produttive erano incentivate ad essere efficienti (EFFETTO RATCHET = particolare
problema di incentivi; i pianificatori centrali non poterono mai essere bene informati sulla capacità
produttiva di ogni singolo stabilimento quanto lo fossero i direttori degli stabilimenti stessi. I
pianificatori decidevano dunque degli obiettivi per l’utilizzo degli input e i livelli di output, e
utilizzavano i risultati di quell’anno per stabilire e stimare gli obiettivi futuri. Gli stabilimenti che
producevano le quote assegnate erano ricompensati in vari modi e quelli che fallivano venivano puniti.
Produrre più della quota assegnata non era conveniente perché significava avere una quota obiettivo
Domande E.O.I. di A.A.
maggiore gli anni successivi. Non vi era dunque alcun motivo per superare la quota in quanto gli
incentivi spingevano per arrivare a quella fissata)
Negli anni successivi l’economia pianificata fu abbandonata da un numero sempre più elevato di paesi.
Le economie che si muovono verso sistemi maggiormente orientati al mercato fronteggiano grandi problemi.
Si devono definire i diritti di proprietà e decidere chi possieda le imprese attualmente in mano dello Stato, e
come i titoli potranno essere trasmessi e a quali prezzi. Si deve creare un mercato di capitali e stabilire i
sistemi bancari, finanziario e monetario. È necessario definire i sistemi contabili che permettono di valutare le
imprese e giudicare le loro performance. La popolazione deve essere educata alle nuove regole del sistema di
mercato e decidere le politiche di competizione e regolamentazione. Si deve definire la misura nella quale le
industrie vanno private dei sussidi statali e sviluppare un sistema di tassazione al fine di finanziare l'attività del
governo. Tutte queste componenti devono funzionare congiuntamente in modo reciproco per permettere al
sistema economico di funzionare.
L’organizzazione è una rete di contratti, ovvero di relazioni che regola i rapporti tra individui e impresa. (es.
mercato, partito, famiglia…)
Le organizzazioni economiche sono delle entità all’interno delle quali le persone interagiscono tra loro al fine
di raggiungere obiettivi economici individuali e collettivi.
L’analisi economica delle organizzazioni economiche ipotizza che: le organizzazioni esistono per facilitare le
transazioni, ovvero il trasferimento di beni e servizi, volti al soddisfacimento dei bisogni e dei desideri degli
individui; le organizzazioni sono il risultato dei tentativi di ottenere la massima efficienza; le transazioni di
beni e servizi implicano dei costi. Sono i COSTI DI TRANSAZIONE e si dividono in:
- costi di coordinamento (sorgono nella necessità di determinare i prezzi e gli altri dettagli delle transazioni e
di rendere nota la loro esistenza ai potenziali compratori);
- costi di incentivazione, che comprendono:
● asimmetrie informative (situazioni nelle quali le parti di una transazione potenziale non possiede tutte
le informazioni rilevanti per determinare se i termini della transazione sono accettabili e se verranno
rispettati effettivamente);
Domande E.O.I. di A.A.
● incompletezze informative (imperfetta capacità di tenere fede agli impegni “perfect commitment”,
impossibilità delle parti di vincolarsi a tener fede delle minacce o delle promesse che desiderano
formulare ma alle quali potrebbero preferire rinunciare).
La teoria dei costi di transazione (che si fa risalire solitamente al teorema di Coase) nasce per comprendere
perché le imprese nascono e come queste prolungano la loro organizzazione; suppone che le organizzazioni
servono a minimizzare i costi totali di transazione. I problemi di questo approccio risultano dal fatto che i costi
di transazione non sono logicamente distinguibili dalle altre forme di costo, e dal fatto che l’efficienza di per
se non implica necessariamente la minimizzazione dei costi totali.
Quando le preferenze degli individui non presentano effetti ricchezza, cioè quando si considera ogni esito
possibile completamente equivalente al ricevimento, o all’effettuazione, di un pagamento monetario, e non
esistono restrizioni sull’ammontare degli eventuali trasferimenti effettuabili, allora le allocazioni efficienti
sono precisamente quelle che massimizzano il valore totale e lo distribuiscono completamente tra le parti
partecipanti. Tale proposizione è nota come PRINCIPIO DI MASSIMIZZAZIONE DEL VALORE. Il
TEOREMA DI COASE asserisce che, quando non vi sono effetti ricchezza, tutte le decisioni circa le attività
produttive e le modalità organizzative non vengono alterate dalla ricchezza, dalla disponibilità di specifiche
attività, o dal potere contrattuale delle parti: questi fattori influenzano solo la ripartizione dei costi e dei
benefici.
Secondo Coase ci sono dei costi che vengono sostenuti durante l’effettuazione delle transazioni (COSTI DI
TRANSAZIONE) che differiscono in relazione alla natura della transazione e al modo in cui essa è
organizzata. Sulla base del PRINCIPIO DI EFFICIENZA (secondo il quale se gli individui sono capaci di
contrattare tra loro efficacemente, e possono realizzare con certezza le loro decisioni, allora gli esiti
dell’attività economica tenderanno ad essere efficienti), vi è una tendenza all’adozione delle modalità
organizzative che riducono tali costi.
TEOREMA DI COASE: se le parti contrattano efficientemente, e se le loro preferenze non presentano effetti
ricchezza, allora l’attività creatrice di surplus (Y) sulla quale sì accordano non dipende ne dal potere
contrattuale delle parti, ne dalla distribuzione delle dotazioni iniziali; al contrario, è la sola efficienza che
determina la scelta di tale attività. Ogni altro fattore influenza unicamente la maniera nella quale i costi e i
benefici vengono divisi tra le parti (X).
La teoria dei costi di transazione suppone che le organizzazioni servano a minimizzare i costi totali di
transazione. I problemi di questo approccio risultano dal fatto che i costi di transazione non sono logicamente
distinguibili dalle altre forme di costo, e dal fatto che l'efficienza di per se stessa non implica necessariamente
Domande E.O.I. di A.A.
la minimizzazione dei costi totali. C'è tuttavia un caso particolare nel quale almeno l'ultimo problema
scompare. Quando le preferenze degli individui non presentano effetti ricchezza, cioè quando si considera ogni
esito possibile completamente equivalente al ricevimento, o all'effettuazione, di un pagamento monetario, e
non esistono restrizioni sull'ammontare degli eventuali trasferimenti effettuabili, allora le allocazioni efficienti
sono precisamente quelle che massimizzano il valore totale e lo distribuiscono completamente tra le parti
partecipanti. Ciò è noto come principio di massimizzazione del valore.
L'efficienza è una soluzione parziale al problema della scelta, intesa come una accordo tra due o più parti in
relazione a un obiettivo comune. Per parlare di efficienza bisogna considerare che gli attori operanti nella
decisione siano pienamente razionali e che non sia presente l'effetto ricchezza. Questo perché per ottenere una
scelta pienamente unanime e efficiente ogni individuo deve avere le stesse capacità di scelta ed investimento.
Per quanto riguarda l'effetto ricchezza, è il disequilibrio nelle scelte tra i vari operatori del mercato. In altre
parole un individuo povero avrà un ventaglio di scelte sicuramente inferiore a quello di un ricco, inoltre a parità
di condizione avendo la possibilità di comprare o investire in una determinata attività un povero potrebbe non
rischiare a confronto del ricco che sicuramente investirebbe.