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GERMANIA E FRANCIA
Tra il 1507 e il 1508, durante un viaggio, rimase colpito dall’unione e dalle tradizioni delle comunità che si
trovavano tra la Svizzera e la Germania e scrisse il “Rapporto delle cose della Magna”, poi rielaborato in
“Ritratto delle cose della Magna”. Nel 1510 fu di nuovo presso Luigi XII, per fare da mediatore in un
conflitto con il papa, e scrisse il “Ritratto delle cose di Francia”.
Nel settembre del 1511 Machiavelli venne licenziato da tutti i suoi incarichi. L’esclusione dalla vita politica
fu per lui un colpo durissimo, e a ciò si aggiunse il fatto che nel febbraio del 1513 fu sospettato di aver preso
parte a una congiura antimedicea e venne torturato e tenuto in prigione per 15 giorni. Dopo essere stato
liberato si ritirò in una sorta di esilio forzato nel suo podere dell’Albergaccio, presso San Casciano. Lì si
dedicò agli studi, rimanendo in contatto con la vita politica grazie alla corrispondenza con Francesco Vettori,
che era un ambasciatore a Roma. In questo periodo scrisse: Il Principe nel 1513, i Discorsi sopra la prima
deca di Tito Livio e la commedia La Mandragola nel 1518. Al fine di riavvicinarsi ai Medici dedicò nel 1516 il
Principe a Lorenzo de’ Medici che governava Firenze, ma le sue speranze furono deluse. Nel 1519, morto
Lorenzo, il governo di Firenze fu assunto dal cardinale Giulio de’Medici, più favorevole a Machiavelli e gli
procurò l’incarico di stendere la storia di Firenze.
L’EPISTOLARIO
Le lettere familiari, scritte da Machiavelli ad amici e conoscenti, ci sono pervenute solo parzialmente. Non
sono lettere composte per essere pubblicate quindi sono stese con molta immediatezza e formano un
colloquio libero con i destinatari. In esse si alternano argomenti e toni vari: riflessioni di teoria politica,
analisi dei problemi contemporanei, scherzi, motti, sfoghi…Tra queste lettere spiccano quelle scritte a
Francesco Vettori successive alla perdita degli incarichi politici, tra il 1513 e il 1515. Contengono riflessioni
sulla situazione politica ma anche resoconti della propria vita quotidiana. Molto famosa è quella del 10
dicembre 1513 che ci da un quadro completo di Machiavelli. Lettera in cui descrive la sua giornata nell’esilio
dell’Albergaccio, le sue occupazioni al mattino e al pomeriggio e lo studio serale dei classici. La lettera è
importante anche perché fornisce la notizia della composizione del Principe. Fra le varie lettere vanno
ricordati i cosiddetti Ghiribizzi al Soderini, un abbozzo di lettera indirizzata al nipote del gonfaloniere
fiorentino ma non finita. Risale al 1506 circa ed è molto interessante perché contiene alcuni dei punti
fondamentali del pensiero di Machiavelli: la necessità di adattare il proprio modo con il procedere dei
tempi assecondando la fortuna, la conoscenza della realtà che può avvenire sia attraverso l’esperienza
diretta e sia attraverso i libri e l’idea che <si abbi nelle cose a vedere il fine e non il mezzo> (il fine giustifica i
mezzi).
LE ISTORIE FIORENTINE
Nel 1519 Machiavelli riceve l’incarico di scrivere una storia di Firenze. Nel 1525 l’opera venne consegnata
manoscritta al cardinale Giulio de’Medici, ormai diventato papa Clemente VII. Reca il titolo di Istorie
Fiorentine, redatta in lingua volgare ed è divisa in otto libri. Verrà stampata postuma nel 1532. L’opera
inizia con una sintesi della storia d’Italia ai tempi della caduta dell’Impero Romano e termina con la morte
di Lorenzo il Magnifico nel 1492. Machiavelli si sofferma soprattutto sulla storia interna di Firenze e sulle
civili discordie, per individuare le cause della decadenza della città.
LA MANDRAGOLA
Il testo letterario più importante di Machiavelli è una commedia, la Mandragola, scritta probabilmente nel
1518, risale quindi al periodo nel quale Machiavelli era forzatamente escluso dall’attività politica e riflette il
triste stato d’animo di quel periodo. L’intreccio si svolge a Firenze e si basa su una vicenda d’amore
contrastato che si risolve felicemente e intrecciata ad essa, la vicenda di uno sciocco beffato. La commedia
rappresenta un mondo senza luce, dove domina solo la legge dell’interesse economico, l’astuzia e l’inganno
ed in cui ogni principio morale appare assente.
La trama:
Callimaco è innamorato di Lucrezia, moglie di Nicia, uomo di mezz’età. Poiché la castità della donna è
inespugnabile, con l’aiuto del parassita Ligurio e del corrotto frate Timoteo, Callimaco ricorre ad uno
stratagemma: siccome Nicia è tormentato dal non avere figli, gli viene fatto credere che la moglie
sicuramente resterà incinta se berrà una pozione magica di Mandragola, ma il primo che avrà rapporti con
lei morirà. Si propone quindi di sostituire a Nicia un ragazzo preso dalla strada. Costui è in realtà Callimaco
travestito che così può godere di Lucia con le grazie del marito. Lucrezia viene convinta da fra Timoteo, suo
confessore, che le dimostra come l’adulterio non sia un atto riprovevole ma meritorio perché indirizzato a
fin di bene per il concepimento della prole. Lucrezia, conosciuta poi l’identità di Callimaco, acconsente a
diventare una sua amante abituale. Nicia, soddisfatto della futura paternità accoglie in casa Callimaco come
un amico fraterno ignaro del suo legame con la moglie.