1 Introduzione
Comunemente, per danno ambientale si intende le conseguenze negative indotte sull’ambiente
o su una sua risorsa, intesa come componente unitaria (fauna e flora selvatica; aria; atmosfera;
quiete; suolo; corpo idrico; salubrità) o integrata (ecosistema/habitat/territorio) o valore a queste
riferito (paesaggio), da una attività, comportamento o pratica antropica.
2 La situazione italiana
Nel nostro ordinamento il principio della responsabilità civile per danno ambientale è stato
introdotto con l’art. 18 della Legge n. 349 del 1986, con l’obiettivo di creare uno strumento
giuridico per la tutela dell’ambiente, che recepisse un principio fondamentale del diritto
internazionale, quello tradizionalmente noto come “chi inquina paga”. Infatti, tale strumento
introduce un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale, rendendo consapevoli
gli operatori che effettuano pratiche e comportamenti che comportano rischi per l’ambiente
riguardo agli obblighi di risarcimento del danno ambientale eventualmente causato1.
1
ANPA (Manuali e linee guida 12/2002) – Il danno ambientale ex art. 18 L. 349/86. Aspetti teorici e
operativi della valutazione economica del risarcimento dei danni (Allegati I –II).
Pag. 1
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Il principio della responsabilità civile nei confronti del danno ambientale viene esercitato dal
Giudice ordinario nell’ambito di un procedimento penale o civile e per essere applicato
necessita che:
il danno sia causato da un fatto doloso o colposo in violazione di una disposizione di legge o
di provvedimenti adottati in base a una legge;
siano identificati gli autori/responsabili del danno;
il danno sia determinato e quantificato in termini di alterazione, deterioramento o distruzione
totale o parziale dell’ambiente;
venga dimostrata la relazione causa effetto tra fatto doloso/colposo e danno ambientale,
lo Stato o un Ente territoriale competente (come regioni, province, comuni, enti parco, ecc.)
promuova, di fronte al giudice penale o civile, una azione di risarcimento a beneficio dello
Stato.
Per lo Stato, la richiesta di risarcimento viene promossa dal Ministero dell’Ambiente e per la
Tutela del Territorio. Il Ministero può avviare l’azione di risarcimento in un procedimento civile
con un’autonoma iniziativa nei confronti dei responsabili di una presunta compromissione
dell’ambiente, mentre nell’ambito di un procedimento penale, può essere avviata, previa
autorizzazione della Presidenza del Consiglio, solo se l’Autorità giudiziaria riconosce che i reati
contestati hanno potuto causare una compromissione dell’ambiente ad esempio con l’invio del
Decreto di Citazione a Giudizio.
Il Ministero può richiedere all’APAT, o a un altro Organo Tecnico (Corpo Forestale dello Stato,
ICRAM, ecc.), una nota tecnico-giuridica per valutare l’opportunità di procedere all’azione di
risarcimento. Sulla base di questa valutazione il Ministero può avviare l’azione di risarcimento
Pag. 2
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
nell’ambito del procedimento giudiziale tramite l’Avvocatura Distrettuale dello Stato competente.
In questa fase, APAT può essere ancora chiamata, sempre dal Ministero dell’Ambiente e per la
Tutela del Territorio, a supportare l’azione di risarcimento, condotta dell’Avvocatura Distrettuale
dello Stato, attraverso la Valutazione del danno ambientale connesso alla presunta
compromissione dell’ambiente.
La Proposta trae origine da una serie di atti preparatori pubblicati dalla Commissione europea
nel corso degli anni ’90 (il Libro Verde del 1993 e il Libro Bianco del 2000), nei quali si
evidenziava l’esigenza di creare un regime uniforme di responsabilità per danno ambientale
presso tutti gli Stati membri.
Tale regime di responsabilità si fonda, secondo l’attuale schema di Direttiva, su tre ipotesi di
danno ambientale: i danni alla biodiversità (ossia i danni che ledono lo stato di conservazione
della biodiversità, individuato ai sensi delle direttive 79/409 e 92/43), i danni alle acque (ossia i
danni che ledono la qualità delle acque, individuata ai sensi della direttiva 2000/60), i danni al
suolo (ossia i danni che ledono la salute umana a seguito di una contaminazione del suolo).
Si prevede una forma di responsabilità oggettiva, per la cui sussistenza é sufficiente dimostrare
il rapporto causale esistente tra l’attività e il danno, ma circoscritta ai soli casi in cui l’autore del
danno abbia esercitato una attività intrinsecamente pericolosa. Un apposito allegato elenca le
attività classificate come intrinsecamente pericolose.
L’accertamento della responsabilità, secondo la proposta di direttiva, obbliga l’autore del danno
a porre in essere apposite misure di riparazione, atte a ricostruire la risorsa ambientale lesa
ovvero a costituire una risorsa ambientale equivalente a quella lesa. Non sono previste forme di
risarcimento puramente economiche.
Si prevede inoltre che la responsabilità sia esclusa nel caso in cui l’autore del danno abbia
esercitato la propria attività in modo conforme alle leggi ed alle autorizzazioni e nel caso in cui il
danno non fosse prevedibile con le conoscenze esistenti all’epoca dell’esercizio dell’attività. Tali
eccezioni non si applicano, tuttavia, nei casi in cui sia comunque possibile dimostrare il dolo o la
colpa del responsabile.
Al riguardo si osserva che tale regime di responsabilità non appare compatibile con la
normativa vigente in Italia, la quale non circoscrive il danno ambientale ad alcune specifiche
ipotesi di lesione delle risorse ambientali e consente di determinare il risarcimento anche
mediante parametri economici indipendenti dai costi di ripristino delle risorse.
La proposta di direttiva é attualmente all’esame dei competenti organi comunitari nel quadro
delle procedure previste dal Trattato dell’Unione europea per l’elaborazione e l’adozione delle
direttive. Nel mese di settembre del 2003 il Parlamento ha deliberato una “posizione comune” in
merito alla proposta, a seguito della quale potranno essere introdotte modifiche e integrazioni al
testo attuale.
La Quantificazione del risarcimento viene effettuata a valle di due fasi preliminari e successive:
la Determinazione e la Quantificazione del danno.
La figura seguente schematizza le diverse fasi attraverso cui si sviluppa la Valutazione del
danno ambientale.
Pag. 4
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Valutazione
del Danno Ambientale
Determinazione
del Danno Ambientale
Quantificazione
del Danno Ambientale
Il termine di sorgente viene descritto in termini di tipo, quantità, forma (fisico, chimica, biologica,
ecc.) e le modalità con cui il fatto doloso (rilascio di sostanze tossiche e/o nocive, trasformazioni
territoriali illecite, ecc.) si è verificato. Le vie di esposizione vengono descritte in termini di
modalità con cui la sorgente impatta sui bersagli. I bersagli vengono descritti in termini di risorse
ambientali sicuramente o potenzialmente esposte all’impatto del termine di sorgente.
Le evidenze oggettive sono costituite da misure, foto, analisi, testimonianze, ecc. che possono
dimostrare/attestare gli effetti sulle risorse ambientali, attraverso caratteristiche che evidenziano
in modo quantitativo e oggettivo le alterazioni, i deterioramenti e le distruzioni alle diverse
componenti ambientali rispetto alle condizioni preesistenti, naturali o di riferimento.
La Determinazione del danno ambientale è per molti versi analoga all’analisi di rischio e alla
valutazione di impatto ambientale relative a un impianto/progetto/evento definito, ma differisce
da queste in quanto non fa riferimento a un fatto/situazione/scenario “ipotizzato a priori” quanto
ad una situazione reale da identificare e valutare di volta in volta, a seguito della violazione di
una disposizione di legge.
La Valutazione del danno viene in genere effettuata relativamente ad eventi avvenuti, in media,
due anni prima, e ciò spesso comporta l’impossibilità/difficoltà che, in tempi successivi
all’istruttoria dei PM e/o lontano dagli eventi, si possa effettuare autonome e più approfondite
indagini in grado di migliorare (integrare, chiarire, completare, quantificare) gli accertamenti
effettuati dai PM, specialmente per quanto riguarda lo scenario originario e la raccolta delle
evidenze oggettive degli effetti riferibili alle specifiche e presunte violazioni contestate agli
imputati portati in giudizio. A riguardo è importante evidenziare che l’istruttoria di un
procedimento giudiziario, condotta dai PM per la formulazione dei relativi capi di imputazione, è
essenzialmente finalizzata ad accertate le violazioni di legge (azione penale) e trascura
l’accertamento degli effetti/conseguenze dannose che le condotte illecite possono aver arrecato
all’ambiente (azione civile).
Pag. 6
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
parziale o totale, (per tipo, valore, estensione, durata, ecc. delle risorse ambientali) a seconda
se si ha:
1. una variazione del grado di compromissione/qualità (alterazione);
2. una perdita del grado di usabilità e/o di funzionalità-ecologica (deterioramento);
3. una perdita di uno o più usi e/o di funzioni-ecologiche (distruzione parziale);
4. una perdita di tutti gli usi e/o di funzioni-ecologiche (distruzione totale).
In modo ingegneristico ciò può essere ottenuto attraverso l’introduzione di una serie di
parametri, definiti all’interno di una scala da 0 a 1, facilmente riportabili in %, che esprimano il
grado di alterazione (Alt), deterioramento (Det) o distruzione (Dis) delle risorse ambientali,
calcolati sulla base di un confronto degli indicatori di compromissione/qualità dello stato attuale
(Ia), dello stato di riferimento (Ir) e con i limiti di compromissione massimi ammissibili (Lmax)
consentiti ai fini degli usi/funzioni-ecologiche della risorsa ambientale.
Una tabella che riassuma questi parametri (per di tipo di contaminante e per tipo di risorsa
ambientale) è, pertanto, in grado di quantificare lo scostamento relativo dello stato attuale
rispetto a quello di riferimento e/o al limite massimo ammissibile e fornisce quindi una
quantificazione articolata/analitica del danno.
Nel caso in cui non sia possibile fornire una valutazione del grado di alterazione o
deterioramento o distruzione della risorsa ambientale come nel caso di rilasci di sostanze
inquinanti in ambienti estesi e/o non confinati (mare, atmosfera, ecc.), il danno ambientale può
essere descritto in termini di carico dell’inquinante immesso nell’ambiente a seguito dell’evento
Pag. 7
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Infatti, nel caso del rilascio di inquinanti nei grandi corpi idrici (laghi, mari) e in atmosfera, è
evidente la difficoltà oggettiva ad individuare un danno permanente, dal momento che, una
volta che l’inquinante si diffonde nella matrice ambientale “non confinata”, il forte effetto dovuto
ai fenomeni di dispersione e diffusione contribuisce in maniera sostanziale alla diluizione della
contaminazione stessa.
In ogni caso l’immissione nell’ambiente di una certa quantità di inquinanti comporta una
compromissione dell’ambiente e quindi un’alterazione e un deterioramento dello stato originario
e complessivo del recettore che si traduce in una diminuzione, seppure temporanea e/o
infinitesima, della capacità di carico dell’ambiente e mette a repentaglio le usabilità e/o le
funzionalità-ecologiche del recettore, da indagare in base alla possibilità che il peggioramento
massimo raggiunto/raggiungibile dagli indicatori dello stato attuale abbiano superato, seppure
temporaneamente e/o localmente, i livelli massimi ammissibili.
Per questi motivi gli accertamenti per verificare gli impatti negativi sulle diverse matrici coinvolte
vanno effettuati sin dai primi momenti successivi al verificarsi dell’evento pericoloso e, a fronte
di situazione di rischio pianificate, vanno predisposti appositi sistemi di monitoraggio.
Pag. 8
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Alcune delle utilità delle risorse ambientali sfuggono al mercato e quindi sono prive di un
valore/prezzo. Le utilità che non trovano uno specifico riconoscimento nel prezzo sono
riconducibili ai valori di non uso delle risorse (di esistenza, di lascito e di opzione) e agli usi non
governati o non governabili dal mercato.
Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione (economica) del danno ambientale
il comma 6 dell’art. 18 della legge 349/86 prevede la possibilità che il Giudice possa
determinare il risarcimento economico in via equitativa sulla base dei seguenti parametri:
l’illecito profitto conseguito dal trasgressore;
la gravità della colpa;
il costo per il ripristino dello stato dei luoghi.
L’illecito profitto conseguito dal trasgressore, tiene conto degli eventuali costi di gestione,
ottimizzazione, ristrutturazione e ammodernamento tecnico-gestionale dell’impianto che, se
attuati, avrebbero evitato il danno ambientale contestato ma che non sono stati sostenuti dai
responsabili del danno (altre interpretazioni ipotizzano come profitto del trasgressore quello
maturato dai responsabili durante e a seguito delle condotte illecite contestate).
Pag. 9
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
La gravità della colpa, tiene conto delle situazioni aggravanti/attenuanti che specificano le
circostanze in cui sono maturati gli illeciti (colpa, dolo, continuità, associazione, ecc.).
Il costo per il ripristino dello stato dei luoghi, comprende le spese necessarie, eventualmente già
sostenute dalle amministrazioni dello Stato, per il monitoraggio, la messa in sicurezza, la
bonifica e la rinaturalizzazione dei luoghi/matrici compromesse.
Nel caso in cui non sia possibile determinare le estensioni dei luoghi/matrici compromesse,
come nel caso di rilasci di sostanze inquinanti in matrici ambientali estese e non confinate
(mare, atmosfera, ecc.), le quantità possono essere stimate attraverso il prodotto dei quantitativi
delle sostanze rilasciate per la loro capacità di inquinamento valutata in base alle
concentrazioni massime ammissibili.
In alcuni casi, dove le contaminazioni sono state causate da rilasci cronici e/o da quantitativi
importanti, le estensioni dei luoghi/matrici compromesse possono assumere valori enormi e
portano alla stima di costi di ripristino proibitivi. La tabella 1 riportata, a titolo d’esempio, alcuni
di questi casi “emblematici”.
Pag. 10
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Tabella 1
L’applicazione delle modalità di risarcimento previste nell’ambito dell’art. 18 della Legge 349/86
richiede la colpevolezza, ma l’obbligo di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di
suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee che risultino contaminate ai sensi del D.M.
471/99 (o in situazione di pericolo concreto ed attuale di contaminazione) prescinde dalla
colpevolezza: la bonifica è imposta in via amministrativa, mentre il risarcimento va chiesto
davanti al Giudice ordinario, sempre dimostrando che la contaminazione è frutto di una
violazione di legge colpevole.
Pag. 11
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
L’obbligo grava su chiunque, purché abbia violato le disposizioni del Dlgs 22/97 e/o del Dlgs
152/99. Infatti l’art. 17 del Dlgs 22/97 e l’art. 58 del Dlgs 152/99 prevedono ed impongono
l’obbligo di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di acque, suolo, sottosuolo ed
altre risorse ambientali che risultino danneggiate/contaminate (o in situazione di pericolo
concreto ed attuale di inquinamento).
Pertanto, la bonifica ed il ripristino sono obblighi (non sanzioni amministrative) gravanti sul
responsabile e sono presidiati da apposita sanzione penale (l’obbligo è imposto dalla Pubblica
Amministrazione e la relativa ottemperanza può essere oggetto di verifica/valutazione da parte
del Giudice penale).
Il ripristino, tuttavia, non esaurisce l’azione di risarcimento in quanto è solo uno dei fattori che
possono entrare nella richiesta di risarcimento e non copre i costi connessi alla temporanea
indisponibilità del bene. Inoltre, l’obbligo al ripristino, non è sempre applicabile in quanto
richiede la reversibilità del danno e la fattibilità (tecnica ed economica) dell’azione di ripristino.
La ripristinabilità del danno, si riferisce invece alla possibilità, mediante opportuni interventi
dell’uomo, di favorire il ristabilirsi delle condizioni esistenti prima dell’evento di danno.
In linea con la direttiva comunitaria il concetto di ripristino non deve intendersi come ripristino a
qualunque costo delle condizioni precedenti l’evento dannoso, ma un’equilibrata scelta
riparatoria che assicura il miglior risultato al minor costo.
Pag. 12
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Un ripristino totale e definitivo delle attività economiche o del patrimonio costruito dall’uomo che
è stato danneggiato è verosimile, perché coinvolge dei beni prodotti dall’uomo e, quindi,
riproducibili. Al contrario, gli effetti sull’ecosistema e sulla salute possono produrre dei danni
irreversibili ed il ripristino delle condizioni iniziali appare di difficile fattibilità.
Pag. 13
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
Inoltre va ricordato che il danno ambientale è stato più incisivamente quantificato in occasione
della definizione transattiva di alcuni contenziosi, sulla base di un accordo liberamente stipulato
delle parti in causa. Tra tutte si possono ricordare le due transazioni che hanno definito
l’ammontare del risarcimento del danno ambientale conseguente all’inquinamento del mare
provocato dal naufragio della petroliera Haven (100 miliardi di lire) e all’inquinamento provocato
nel corso degli anni dallo stabilimento del Petrolchimico di Porto Marghera (550 miliardi di lire).
In entrambi i casi, l’accordo transattivo è stato raggiunto a prescindere dall’esito del giudizio che
riguardava il fatto lesivo.
Infine si segnala il ruolo sicuramente propulsivo che il principio della responsabilità civile ha
avuto nei confronti degli operatori economici che eserciscono attività potenzialmente inquinanti.
Ad esempio, sono state promosse convergenze tra proprietari/responsabili degli stabilimenti
(chimici, industriali, ecc.) e istituzioni (Comune, Provincia, Regione e Ministero) intorno a un
accordo di programma, al fine di impegnare l’impresa al raggiungimento di una serie di obiettivi
relativi alla qualità/risanamento/bonifica ambientale per migliorare la qualità ambientale
Pag. 14
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
mediante l’adozione delle migliori tecnologie disponibili nonché per la riduzione degli impatti
ambientali come, ad esempio, nel caso dello stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo
(Livorno).
In questo contesto e in attesa che il Governo provveda a riorganizzare l’intera materia anche
mediante l’emanazione di testi unici, APAT ha promosso ed ha avviato in accordo con il
Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio, una serie di azioni per rafforzare l’efficacia
dell’azione di risarcimento dello Stato.
In particolare APAT ha stipulato apposite convenzioni per promuovere l’azione sinergica del
sistema delle Agenzie (APAT/ARPA/APPA) nell’istruttoria tecnica economica necessaria
all’azione risarcitoria del danno ambientale 2, sta sviluppando in collaborazione con l’ARPA
Veneto un manuale operativo per la valutazione del danno ambientale da approvare nell’ambito
del sistema delle Agenzie, ed ha avviato una nuova collaborazione con il Dipartimento Territorio
e Sistemi Agroforestali dell’Università di Padova per l’aggiornamento degli aspetti teorici e
operativi della valutazione economica del risarcimento dei danni ambientali.
APAT ha, inoltre, assicurato nell’ambito di una specifica convenzione con il Ministero
dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio, un supporto specifico all’Avvocatura Distrettuale
dello Stato di Venezia nei procedimenti di danno ambientale rilevanti ai fini della salvaguardia
della Laguna di Venezia; ha avviato, sempre nell’ambito di una convenzione (stipulata ad aprile
2003), un’azione di supporto tecnico al Commissario straordinario di Cengio per promuovere
un’azione di risarcimento dei danni ambientali causati dall’attività industriale esercita nel sito; ed
ha avviato un’azione di supporto e promozione nei confronti dei Parchi Nazionali che intendono
esercitare un’azione di risarcimento del danno ambientale nell’ambito del territorio da loro
tutelato.
2
Attualmente sono state stipulate convenzioni con le Agenzie del Veneto, Campania, Abruzzo, Friuli
Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trento, Sicilia, Marche, Umbria, Lazio, Toscana, Valle
D’Aosta, Calabria e sono in corso le attività per completare la lista con tutte le altre Agenzie.
Pag. 15
VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004
6 Conclusioni e Prospettive
I danni ambientali causati dalle attività, dai comportamenti e dalle pratiche antropiche
rappresentano un problema urgente per tutta la comunità internazionale in quanto comportano
una contaminazione e/o un degrado dell’ambiente quantitativamente e qualitativamente molto
diffuso e sono tra le cause maggiormente responsabili della perdita e dell’impoverimento
generalizzato delle risorse ambientali (degli ecosistemi, delle bellezze naturali, dei paesaggi,
ecc.) e di minaccia alla salute umana.
Con la diffusione del concetto di sviluppo sostenibile si è imposta con forza la necessità che gli
organi di governo nazionali e internazionali promuovano l’adozione di un regime giuridico della
responsabilità civile nei confronti del danno ambientale in grado di favorire la salvaguardia, il
ripristino e la valorizzazione delle risorse ambientali (acqua, aria, suolo, biodiversità, paesaggio,
ecc.).
Il principio della responsabilità civile nei confronti del danno ambientale, ovviamente, non
stabilisce un principio per la monetizzazione del degrado ambientale perché non sancisce una
generalizzata libertà di inquinare subordinata al pagamento di somme di denaro. Al contrario,
tale principio tende a valorizzare le esigenze primarie di conservazione, di salvaguardia e di uso
razionale delle risorse ambientali, la cui scarsità costituisce preoccupazione condivisa dalla
comunità nazionale e internazionale unitamente alla consapevolezza del carattere non
esauribile delle risorse e sostanzia gli sforzi sociali ed economici verso uno sviluppo sostenibile.
Gli inquinatori potenziali saranno tenuti responsabili dei danni ambientali che potranno
provocare e l’azione di risarcimento dello Stato incentiva la prevenzione e il recupero dei costi
relativi ai danni ambientali presenti e futuri riferibili a responsabili identificati e solventi.
Inoltre il risarcimento del danno ambientale non è più la chimera del panorama risarcitorio,
anche il bene ambiente, quale bene fuori mercato, può essere valutato per assicurare la
risarcibilità delle lesioni ad esso arrecate attraverso un’istruttoria tecnica, giuridica ed
economica.
scoraggi i tentativi che i soggetti economici potrebbero adottare per sfruttare le diverse
impostazioni adottate nei vari Stati per avvalersi di argomentazioni giuridiche artificiali (ad
esempio: affidare le operazioni rischiose a società giuridicamente separate e undercapitalised;
spostare la sede legale per sfruttare vuoti giuridici in materia di responsabilità senza grandi
cambiamenti in termini di comportamento preventivo) nella speranza di evitare la responsabilità.
Pag. 17