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VII Congresso Associazione Italiana di Valutazione – Milano 25 – 27 marzo 2004

Stato e Prospettive dell’Azione di Risarcimento del Danno Ambientale


Ing. Giuseppe Di Marco
APAT- Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici
Settore Studi e Valutazioni
Via Vitaliano Brancati, 48 00144 Roma
Tel. 0650072868 Tel. fax 0650072198 dimarco@apat.it

1 Introduzione
Comunemente, per danno ambientale si intende le conseguenze negative indotte sull’ambiente
o su una sua risorsa, intesa come componente unitaria (fauna e flora selvatica; aria; atmosfera;
quiete; suolo; corpo idrico; salubrità) o integrata (ecosistema/habitat/territorio) o valore a queste
riferito (paesaggio), da una attività, comportamento o pratica antropica.

In termini giuridici con danno ambientale si intendono le conseguenze negative indotte


sull’ambiente da una attività, comportamento o pratica antropica che implica una responsabilità
civile e quindi un obbligo al risarcimento specifico o equivalente.

Molte sono le attività, i comportamenti e le pratiche antropiche che determinano un impatto


negativo sull’ambiente, ma, in accordo ai vari regimi giuridici vigenti, solo alcuni di questi o parte
delle conseguenze di questi danno luogo a danni risarcibili.

In questa relazione viene presentato lo stato e le prospettive dell’azione di risarcimento del


danno ambientale a livello nazionale e comunitario. In particolare vengono illustrate le modalità
attraverso cui viene esercitata l’azione di risarcimento e lo schema dell’istruttoria tecnica,
giuridica ed economica per la quantificazione del risarcimento (la Valutazione del danno
ambientale).

2 La situazione italiana
Nel nostro ordinamento il principio della responsabilità civile per danno ambientale è stato
introdotto con l’art. 18 della Legge n. 349 del 1986, con l’obiettivo di creare uno strumento
giuridico per la tutela dell’ambiente, che recepisse un principio fondamentale del diritto
internazionale, quello tradizionalmente noto come “chi inquina paga”. Infatti, tale strumento
introduce un regime di prevenzione e riparazione del danno ambientale, rendendo consapevoli
gli operatori che effettuano pratiche e comportamenti che comportano rischi per l’ambiente
riguardo agli obblighi di risarcimento del danno ambientale eventualmente causato1.
1
ANPA (Manuali e linee guida 12/2002) – Il danno ambientale ex art. 18 L. 349/86. Aspetti teorici e
operativi della valutazione economica del risarcimento dei danni (Allegati I –II).
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Il comma 1 dell’articolo 18 L. 349/86 stabilisce che “Qualunque fatto doloso o colposo in


violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta
l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in
parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato”.

L’azione di risarcimento è finalizzata al recupero economico dei danni ambientali o al ripristino


originario della risorsa ambientale danneggiata. Il risarcimento viene pertanto effettuato in forma
specifica (ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile) o per equivalente (attraverso
una precisa quantificazione economica/monetaria del danno o attraverso una valutazione
equitativa operata dal Giudice sulla base della gravità della colpa, del profitto conseguito dal
trasgressore e del costo necessario per il ripristino dei luoghi).

Il principio della responsabilità civile nei confronti del danno ambientale viene esercitato dal
Giudice ordinario nell’ambito di un procedimento penale o civile e per essere applicato
necessita che:
 il danno sia causato da un fatto doloso o colposo in violazione di una disposizione di legge o
di provvedimenti adottati in base a una legge;
 siano identificati gli autori/responsabili del danno;
 il danno sia determinato e quantificato in termini di alterazione, deterioramento o distruzione
totale o parziale dell’ambiente;
 venga dimostrata la relazione causa effetto tra fatto doloso/colposo e danno ambientale,
 lo Stato o un Ente territoriale competente (come regioni, province, comuni, enti parco, ecc.)
promuova, di fronte al giudice penale o civile, una azione di risarcimento a beneficio dello
Stato.

Per lo Stato, la richiesta di risarcimento viene promossa dal Ministero dell’Ambiente e per la
Tutela del Territorio. Il Ministero può avviare l’azione di risarcimento in un procedimento civile
con un’autonoma iniziativa nei confronti dei responsabili di una presunta compromissione
dell’ambiente, mentre nell’ambito di un procedimento penale, può essere avviata, previa
autorizzazione della Presidenza del Consiglio, solo se l’Autorità giudiziaria riconosce che i reati
contestati hanno potuto causare una compromissione dell’ambiente ad esempio con l’invio del
Decreto di Citazione a Giudizio.

Il Ministero può richiedere all’APAT, o a un altro Organo Tecnico (Corpo Forestale dello Stato,
ICRAM, ecc.), una nota tecnico-giuridica per valutare l’opportunità di procedere all’azione di
risarcimento. Sulla base di questa valutazione il Ministero può avviare l’azione di risarcimento

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nell’ambito del procedimento giudiziale tramite l’Avvocatura Distrettuale dello Stato competente.
In questa fase, APAT può essere ancora chiamata, sempre dal Ministero dell’Ambiente e per la
Tutela del Territorio, a supportare l’azione di risarcimento, condotta dell’Avvocatura Distrettuale
dello Stato, attraverso la Valutazione del danno ambientale connesso alla presunta
compromissione dell’ambiente.

3 La proposta di direttiva comunitaria


A livello comunitario, il regime di responsabilità, basato sul principio “chi inquina paga“ (art. 174
del Trattato istitutivo della CE - Roma, 1957), è stato riconosciuto fondamentale per rafforzare
la prevenzione e incentivare l’adozione di sistemi di contenimento/abbattimento delle fonti
inquinanti, per indurre comportamenti più ecocompatibili e per dissuadere da comportamenti
incauti o colposi, ed è stato oggetto di molteplici iniziative (Libro Bianco sulla responsabilità per
danni all’ambiente - Bruxelles, 2000; Proposta di Direttiva in materia di prevenzione e
riparazione del danno ambientale - Bruxelles, 2002).

In particolare, la Proposta di Direttiva in materia di responsabilità, di prevenzione e di


riparazione dei danni all’ambiente è stata presentata dal Parlamento e dal Consiglio europeo
nel mese di gennaio del 2002.

La Proposta trae origine da una serie di atti preparatori pubblicati dalla Commissione europea
nel corso degli anni ’90 (il Libro Verde del 1993 e il Libro Bianco del 2000), nei quali si
evidenziava l’esigenza di creare un regime uniforme di responsabilità per danno ambientale
presso tutti gli Stati membri.

Tale regime di responsabilità si fonda, secondo l’attuale schema di Direttiva, su tre ipotesi di
danno ambientale: i danni alla biodiversità (ossia i danni che ledono lo stato di conservazione
della biodiversità, individuato ai sensi delle direttive 79/409 e 92/43), i danni alle acque (ossia i
danni che ledono la qualità delle acque, individuata ai sensi della direttiva 2000/60), i danni al
suolo (ossia i danni che ledono la salute umana a seguito di una contaminazione del suolo).

Si prevede una forma di responsabilità oggettiva, per la cui sussistenza é sufficiente dimostrare
il rapporto causale esistente tra l’attività e il danno, ma circoscritta ai soli casi in cui l’autore del
danno abbia esercitato una attività intrinsecamente pericolosa. Un apposito allegato elenca le
attività classificate come intrinsecamente pericolose.

Soltanto in caso di danno alla biodiversità la responsabilità dell’autore può discendere


dall’esercizio di qualsiasi tipo di attività. A tal fine è tuttavia necessario dimostrare il dolo o la
colpa del responsabile.
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L’accertamento della responsabilità, secondo la proposta di direttiva, obbliga l’autore del danno
a porre in essere apposite misure di riparazione, atte a ricostruire la risorsa ambientale lesa
ovvero a costituire una risorsa ambientale equivalente a quella lesa. Non sono previste forme di
risarcimento puramente economiche.

Si prevede inoltre che la responsabilità sia esclusa nel caso in cui l’autore del danno abbia
esercitato la propria attività in modo conforme alle leggi ed alle autorizzazioni e nel caso in cui il
danno non fosse prevedibile con le conoscenze esistenti all’epoca dell’esercizio dell’attività. Tali
eccezioni non si applicano, tuttavia, nei casi in cui sia comunque possibile dimostrare il dolo o la
colpa del responsabile.

Infine si sottolinea l’incoraggiamento al ricorso degli operatori ad apposite coperture


assicurative o ad altre forme di garanzia finanziaria che sono rese obbligatorie per specifiche
attività a rischio.

Al riguardo si osserva che tale regime di responsabilità non appare compatibile con la
normativa vigente in Italia, la quale non circoscrive il danno ambientale ad alcune specifiche
ipotesi di lesione delle risorse ambientali e consente di determinare il risarcimento anche
mediante parametri economici indipendenti dai costi di ripristino delle risorse.

La proposta di direttiva é attualmente all’esame dei competenti organi comunitari nel quadro
delle procedure previste dal Trattato dell’Unione europea per l’elaborazione e l’adozione delle
direttive. Nel mese di settembre del 2003 il Parlamento ha deliberato una “posizione comune” in
merito alla proposta, a seguito della quale potranno essere introdotte modifiche e integrazioni al
testo attuale.

4 La Valutazione del Danno Ambientale


La Valutazione del danno ambientale è una istruttoria tecnica, giuridica ed economica
finalizzata, nell’ambito dell’azione di risarcimento da parte dello Stato nei confronti dei
responsabili che hanno causato il danno all’ambiente a seguito di una violazione di legge, alla
Quantificazione del risarcimento.

La Quantificazione del risarcimento viene effettuata a valle di due fasi preliminari e successive:
la Determinazione e la Quantificazione del danno.

La figura seguente schematizza le diverse fasi attraverso cui si sviluppa la Valutazione del
danno ambientale.
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Valutazione
del Danno Ambientale

Determinazione
del Danno Ambientale

Quantificazione
del Danno Ambientale

Quantificazione del risarcimento

Figura 1 Fasi della Valutazione del danno ambientale

4.1 La Determinazione del Danno Ambientale


Per Determinazione del danno si intende l’accertamento e la documentazione dello scenario di
riferimento (termine di sorgente, vie di esposizione e bersagli) e degli effetti/conseguenze alle
diverse componenti ambientali (atmosfera e ambiente idrico, suolo e sottosuolo, vegetazione
flora, fauna, ecosistemi, paesaggio e salubrità) riferibili alle specifiche e presunte violazioni
contestate ai responsabili.

Il termine di sorgente viene descritto in termini di tipo, quantità, forma (fisico, chimica, biologica,
ecc.) e le modalità con cui il fatto doloso (rilascio di sostanze tossiche e/o nocive, trasformazioni
territoriali illecite, ecc.) si è verificato. Le vie di esposizione vengono descritte in termini di
modalità con cui la sorgente impatta sui bersagli. I bersagli vengono descritti in termini di risorse
ambientali sicuramente o potenzialmente esposte all’impatto del termine di sorgente.

Gli effetti/conseguenze riferibili alle specifiche e presunte violazioni contestate ai responsabili,


ovvero la relazione causa-effetto tra scenario e danni arrecati alle diverse componenti
ambientali, vengono descritti in termini di evidenze oggettive e/o di una serie di elementi di
supporto precedentemente già dimostrati in quanto in sede processuale spesso mancano molte
delle condizioni necessarie a dimostrarne l’esistenza ex novo.
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Le evidenze oggettive sono costituite da misure, foto, analisi, testimonianze, ecc. che possono
dimostrare/attestare gli effetti sulle risorse ambientali, attraverso caratteristiche che evidenziano
in modo quantitativo e oggettivo le alterazioni, i deterioramenti e le distruzioni alle diverse
componenti ambientali rispetto alle condizioni preesistenti, naturali o di riferimento.

Costituiscono elementi di supporto alla dimostrazione dell’esistenza di un effetto alle diverse


componenti ambientali gli studi scientifici, le indagini statistiche, le simulazioni e le evidenze
oggettive riferite a stesse o “analoghe” situazioni.

La Determinazione del danno ambientale è per molti versi analoga all’analisi di rischio e alla
valutazione di impatto ambientale relative a un impianto/progetto/evento definito, ma differisce
da queste in quanto non fa riferimento a un fatto/situazione/scenario “ipotizzato a priori” quanto
ad una situazione reale da identificare e valutare di volta in volta, a seguito della violazione di
una disposizione di legge.

In particolare la situazione reale viene identificata e valutata attraverso un’analisi delle


attività/comportamenti/pratiche antropici che sono state condotte in violazione della
disposizione di legge (inquadramento tecnico e giuridico) e attraverso un’analisi delle
componenti ambientali che possono essere interessate dagli effetti/conseguenze dannose delle
condotte illecite (inquadramento territoriale).

La Valutazione del danno viene in genere effettuata relativamente ad eventi avvenuti, in media,
due anni prima, e ciò spesso comporta l’impossibilità/difficoltà che, in tempi successivi
all’istruttoria dei PM e/o lontano dagli eventi, si possa effettuare autonome e più approfondite
indagini in grado di migliorare (integrare, chiarire, completare, quantificare) gli accertamenti
effettuati dai PM, specialmente per quanto riguarda lo scenario originario e la raccolta delle
evidenze oggettive degli effetti riferibili alle specifiche e presunte violazioni contestate agli
imputati portati in giudizio. A riguardo è importante evidenziare che l’istruttoria di un
procedimento giudiziario, condotta dai PM per la formulazione dei relativi capi di imputazione, è
essenzialmente finalizzata ad accertate le violazioni di legge (azione penale) e trascura
l’accertamento degli effetti/conseguenze dannose che le condotte illecite possono aver arrecato
all’ambiente (azione civile).

4.2 La Quantificazione del Danno Ambientale


Per Quantificazione del danno si intende la misura articolata/analitica del danno arrecato
all’ambiente in termini di grado di alterazione, grado di deterioramento e grado di distruzione,

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parziale o totale, (per tipo, valore, estensione, durata, ecc. delle risorse ambientali) a seconda
se si ha:
1. una variazione del grado di compromissione/qualità (alterazione);
2. una perdita del grado di usabilità e/o di funzionalità-ecologica (deterioramento);
3. una perdita di uno o più usi e/o di funzioni-ecologiche (distruzione parziale);
4. una perdita di tutti gli usi e/o di funzioni-ecologiche (distruzione totale).

In modo ingegneristico ciò può essere ottenuto attraverso l’introduzione di una serie di
parametri, definiti all’interno di una scala da 0 a 1, facilmente riportabili in %, che esprimano il
grado di alterazione (Alt), deterioramento (Det) o distruzione (Dis) delle risorse ambientali,
calcolati sulla base di un confronto degli indicatori di compromissione/qualità dello stato attuale
(Ia), dello stato di riferimento (Ir) e con i limiti di compromissione massimi ammissibili (Lmax)
consentiti ai fini degli usi/funzioni-ecologiche della risorsa ambientale.

Caratterizzando, ad esempio, le matrici mediante un indicatore di compromissione dello stato


attuale (per esempio la concentrazione di una sostanza inquinante), il danno arrecato alle
risorse dell’ambiente potrà essere quantificato attraverso le seguenti relazioni:

Alt = (Ia - Ir)/Ia


Det = (Ia-Ir)/(Lmax-Ir)
Dis = 1 se Ia>Lmax

Una tabella che riassuma questi parametri (per di tipo di contaminante e per tipo di risorsa
ambientale) è, pertanto, in grado di quantificare lo scostamento relativo dello stato attuale
rispetto a quello di riferimento e/o al limite massimo ammissibile e fornisce quindi una
quantificazione articolata/analitica del danno.

La raccolta sistematica dei livelli di compromissione massimi ammissibili (Lmax) è essenziale


per la determinazione della perdita degli usi e/o delle funzioni-ecologiche (Dis) e del grado di
usabilità e/o di funzionalità-ecologica (Det), mentre la raccolta dei livelli preesistenti/naturali (Ir)
è essenziale per la determinazione della variazione del grado compromissione (Alt).

Nel caso in cui non sia possibile fornire una valutazione del grado di alterazione o
deterioramento o distruzione della risorsa ambientale come nel caso di rilasci di sostanze
inquinanti in ambienti estesi e/o non confinati (mare, atmosfera, ecc.), il danno ambientale può
essere descritto in termini di carico dell’inquinante immesso nell’ambiente a seguito dell’evento

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pericoloso (termine di sorgente) e di peggioramento massimo raggiunto/raggiungibile dagli


indicatori dello stato attuale.

Infatti, nel caso del rilascio di inquinanti nei grandi corpi idrici (laghi, mari) e in atmosfera, è
evidente la difficoltà oggettiva ad individuare un danno permanente, dal momento che, una
volta che l’inquinante si diffonde nella matrice ambientale “non confinata”, il forte effetto dovuto
ai fenomeni di dispersione e diffusione contribuisce in maniera sostanziale alla diluizione della
contaminazione stessa.

In ogni caso l’immissione nell’ambiente di una certa quantità di inquinanti comporta una
compromissione dell’ambiente e quindi un’alterazione e un deterioramento dello stato originario
e complessivo del recettore che si traduce in una diminuzione, seppure temporanea e/o
infinitesima, della capacità di carico dell’ambiente e mette a repentaglio le usabilità e/o le
funzionalità-ecologiche del recettore, da indagare in base alla possibilità che il peggioramento
massimo raggiunto/raggiungibile dagli indicatori dello stato attuale abbiano superato, seppure
temporaneamente e/o localmente, i livelli massimi ammissibili.

Per questi motivi gli accertamenti per verificare gli impatti negativi sulle diverse matrici coinvolte
vanno effettuati sin dai primi momenti successivi al verificarsi dell’evento pericoloso e, a fronte
di situazione di rischio pianificate, vanno predisposti appositi sistemi di monitoraggio.

4.3 La Quantificazione del Risarcimento


La Determinazione e la Quantificazione del danno costituiscono fasi preliminari della
Valutazione del danno ambientale, ed è importante sottolineare che, se venissero condotte
durante la fase istruttoria del procedimento giudiziario, potrebbero concorrere all’accertamento
delle violazioni e alla formulazione dei relativi capi di imputazione, mentre questi da soli non
esauriscono tutte le informazioni necessarie per la definizione degli elementi tecnici, giuridici ed
economici che concorrono alla Quantificazione del risarcimento.

La Quantificazione del risarcimento è finalizzata a raccogliere gli elementi tecnici ed economici


utili per avanzare la richiesta per il recupero economico dei danni ambientali (risarcimento per
equivalente) o per il ripristino originario della risorsa ambientale danneggiata (risarcimento in
forma specifica).

4.3.1 Il Risarcimento per Equivalente: la Quantificazione Economica del Danno


In via prioritaria la Legge italiana privilegia il risarcimento economico per equivalente, valutato
sulla base di una “precisa” quantificazione economica/monetaria del danno.

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La quantificazione economica del danno avviene attraverso l’attribuzione di un valore/prezzo in


base alle utilità sociali ricavate dalle risorse ambientali danneggiate. Una precisa
quantificazione deve pertanto fare riferimento a tutte le possibili utilità dell’ambiente e porta alla
valutazione del cosiddetto Valore Economico Totale (VET).

Alcune delle utilità delle risorse ambientali sfuggono al mercato e quindi sono prive di un
valore/prezzo. Le utilità che non trovano uno specifico riconoscimento nel prezzo sono
riconducibili ai valori di non uso delle risorse (di esistenza, di lascito e di opzione) e agli usi non
governati o non governabili dal mercato.

Una ricerca del Dipartimento Territorio e Sistemi Agroforestali dell’Università di Padova,


promossa dall’APAT, illustra gli aspetti teorici e operativi della stima economica delle utilità delle
risorse ambientali a partire dalle modificazioni che una loro danneggiamento induce nella
funzione di spesa dei consumatori (approccio duale). Un altro approccio interessante che è
stato indagato nell’ambito della stessa ricerca è la possibilità di stimare il valore economico del
danno ambientale attraverso un mercato virtuale realizzato con interviste che raccolgono la
somma di quanto i membri della “comunità interessata” sono disposti a pagare per
mantenere/ripristinare integra e disponibile la risorsa ambientale danneggiata (valutazione
contingente).

Tuttavia, una quantificazione economica precisa e oggettiva delle risorse ambientali


danneggiate è, ad oggi, tecnicamente difficile da realizzare e i risultati non sono sempre
condivisi e quindi deboli ad essere utilizzati in sede giuridica in quanto si prestano a varie
contestazioni.

Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione (economica) del danno ambientale
il comma 6 dell’art. 18 della legge 349/86 prevede la possibilità che il Giudice possa
determinare il risarcimento economico in via equitativa sulla base dei seguenti parametri:
 l’illecito profitto conseguito dal trasgressore;
 la gravità della colpa;
 il costo per il ripristino dello stato dei luoghi.

L’illecito profitto conseguito dal trasgressore, tiene conto degli eventuali costi di gestione,
ottimizzazione, ristrutturazione e ammodernamento tecnico-gestionale dell’impianto che, se
attuati, avrebbero evitato il danno ambientale contestato ma che non sono stati sostenuti dai
responsabili del danno (altre interpretazioni ipotizzano come profitto del trasgressore quello
maturato dai responsabili durante e a seguito delle condotte illecite contestate).

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La gravità della colpa, tiene conto delle situazioni aggravanti/attenuanti che specificano le
circostanze in cui sono maturati gli illeciti (colpa, dolo, continuità, associazione, ecc.).

Il costo per il ripristino dello stato dei luoghi, comprende le spese necessarie, eventualmente già
sostenute dalle amministrazioni dello Stato, per il monitoraggio, la messa in sicurezza, la
bonifica e la rinaturalizzazione dei luoghi/matrici compromesse.

In questo ambito l’azione di ripristino viene ipotizzata indipendentemente dalla reale/opportuna


fattibilità dell’intervento in quanto l’unica finalità è quella di fornire un quadro più realistico
possibile per poter effettuare una stima dei costi sulla base delle estensioni dei luoghi/matrici
compromesse (in termini di volumi, superfici, pesi, ecc.) e dei prezzari regionali relativi alle
attività necessarie per il ripristino.

Nel caso in cui non sia possibile determinare le estensioni dei luoghi/matrici compromesse,
come nel caso di rilasci di sostanze inquinanti in matrici ambientali estese e non confinate
(mare, atmosfera, ecc.), le quantità possono essere stimate attraverso il prodotto dei quantitativi
delle sostanze rilasciate per la loro capacità di inquinamento valutata in base alle
concentrazioni massime ammissibili.

In alcuni casi, dove le contaminazioni sono state causate da rilasci cronici e/o da quantitativi
importanti, le estensioni dei luoghi/matrici compromesse possono assumere valori enormi e
portano alla stima di costi di ripristino proibitivi. La tabella 1 riportata, a titolo d’esempio, alcuni
di questi casi “emblematici”.

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Tabella 1

Descrizione dell’evento Volume compromesso Costi totali di


dannoso [mc] ripristino
[€]
Caso Inquinamento da formaldeide, Acque:169.765.283 16.976.518,30
“formaldeide” COD, e azoto ammoniacale
dovuto a scarichi non
autorizzati nel Lago Maggiore.
Caso “DDT” Inquinamento da DDT e da Sedimenti: 2.392.934.000,00
metalli pesanti causato da  Torrente Marmazza e
perdite da impianti e linee fiume Toce: 125.000
interrate nello stabilimento  Lago Maggiore (Baia di
industriale. Pallanza): 3.872.000
Matrici ambientali coinvolte:
aria, acque, suoli. Suoli: 3.502.800
Caso “cromo Inquinamento delle falde Acque:11.350.000 158.900.000,00
esavalente” acquifere da cromo
esavalente a causa di perdite
dallo stabilimento (industria
galvanica)

4.3.2 Il Risarcimento in Forma Specifica: Il Ripristino dello Stato dei Luoghi


Il risarcimento in forma specifica ha finalità prettamente riparatrici, a differenza di quello per
equivalente il cui carattere è prevalentemente economico. Ove e per quanto è possibile, il
Giudice, su richiesta dello Stato e in accordo a quanto previsto dal comma 8 dell’art. 18 L.
349/86, dispone il risarcimento in forma specifica, ovvero l’obbligo al ripristino dello stato dei
luoghi a spese del responsabile.

L’applicazione delle modalità di risarcimento previste nell’ambito dell’art. 18 della Legge 349/86
richiede la colpevolezza, ma l’obbligo di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di
suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee che risultino contaminate ai sensi del D.M.
471/99 (o in situazione di pericolo concreto ed attuale di contaminazione) prescinde dalla
colpevolezza: la bonifica è imposta in via amministrativa, mentre il risarcimento va chiesto
davanti al Giudice ordinario, sempre dimostrando che la contaminazione è frutto di una
violazione di legge colpevole.

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L’obbligo grava su chiunque, purché abbia violato le disposizioni del Dlgs 22/97 e/o del Dlgs
152/99. Infatti l’art. 17 del Dlgs 22/97 e l’art. 58 del Dlgs 152/99 prevedono ed impongono
l’obbligo di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale di acque, suolo, sottosuolo ed
altre risorse ambientali che risultino danneggiate/contaminate (o in situazione di pericolo
concreto ed attuale di inquinamento).

Pertanto, la bonifica ed il ripristino sono obblighi (non sanzioni amministrative) gravanti sul
responsabile e sono presidiati da apposita sanzione penale (l’obbligo è imposto dalla Pubblica
Amministrazione e la relativa ottemperanza può essere oggetto di verifica/valutazione da parte
del Giudice penale).

L’obbligo di intervento sorge da una situazione di contaminazione definita dalla norma


(superamento o pericolo di superamento di limiti legali di accettabilità di inquinanti) e sorge per
il solo fatto che un comportamento, anche accidentale, abbia causato la contaminazione
giuridicamente rilevante: basta il nesso di causalità tra comportamento ed effetto, non occorre
che il fatto sia colpevole (non occorre verificare dolo o colpa, si tratta di una forma di
responsabilità oggettiva).

Il ripristino, tuttavia, non esaurisce l’azione di risarcimento in quanto è solo uno dei fattori che
possono entrare nella richiesta di risarcimento e non copre i costi connessi alla temporanea
indisponibilità del bene. Inoltre, l’obbligo al ripristino, non è sempre applicabile in quanto
richiede la reversibilità del danno e la fattibilità (tecnica ed economica) dell’azione di ripristino.

La reversibilità del danno è la capacità del sistema ambientale danneggiato di attivare


meccanismi di reazione fisici, chimici, biologici, ed ecologici che annullano gli effetti provocati
dall’evento avverso. Quindi la reversibilità è condizionata dalla natura fisico-chimico-biologica
dagli effetti e dalle peculiarità dei beni colpiti. Nelle situazioni più gravi, ad esempio, gli effetti
iniziali continuano a propagarsi nell’ambiente e ne peggiorano la qualità anche dopo la
sospensione dell’evento dannoso oppure la reversibilità avviene su tempi estremamente lunghi.

La ripristinabilità del danno, si riferisce invece alla possibilità, mediante opportuni interventi
dell’uomo, di favorire il ristabilirsi delle condizioni esistenti prima dell’evento di danno.

In linea con la direttiva comunitaria il concetto di ripristino non deve intendersi come ripristino a
qualunque costo delle condizioni precedenti l’evento dannoso, ma un’equilibrata scelta
riparatoria che assicura il miglior risultato al minor costo.

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Un ripristino totale e definitivo delle attività economiche o del patrimonio costruito dall’uomo che
è stato danneggiato è verosimile, perché coinvolge dei beni prodotti dall’uomo e, quindi,
riproducibili. Al contrario, gli effetti sull’ecosistema e sulla salute possono produrre dei danni
irreversibili ed il ripristino delle condizioni iniziali appare di difficile fattibilità.

Pertanto, in seguito all’accertamento e alla cessazione dell’evento dannoso, i responsabili


possono o sono chiamati ad eseguire interventi di ripristino che attenuino la gravità del danno
fino al completo o parziale ristabilimento delle condizioni iniziali, ma spesso tali interventi
consentono solo un recupero parziale.

5 Stato di applicazione della responsabilità civile


A fronte di innumerevoli fatti lesivi dell’ambiente, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2003,
APAT è stata chiamata a fornire un supporto tecnico all’azione di risarcimento dello Stato in
circa 160 procedimenti giudiziari (di cui solo 6 in ambito civile) relativi a casi di danno
ambientale sulle diverse componenti o fattori ambientali (inquinamento dell’aria e dell’ambiente
idrico, inquinamento del suolo e del sottosuolo, questioni riguardanti l’insieme delle componenti
naturali-paesaggistiche, ecc.). Le figure seguenti mostrano la distribuzione, sul territorio
nazionale, delle azioni di risarcimento supportate dall’APAT nel periodo 2000-2003 e la loro
distribuzione per tipologie di danno.

Figura 2 Aree interessate da procedimenti di Danno ambientale

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A fronte di poche liquidazioni giudiziali, ma che cominciano ad essere significative a livello di


alcune regioni come il Veneto, vanno ricordati i procedimenti che hanno sentenziato l’obbligo
del ripristino dello stato dei luoghi a carico dei responsabili come il caso dell’inquinamento (di
DDT e altre sostanze pericolose) causato dallo stabilimento Enichem di Pieve Vergonte
(Verbania) in cui il Giudice ha concesso il patteggiamento della pena solo sulla base di una
fideiussione di 53,700 miliardi di lire a favore del Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del
Territorio per la realizzazione di un progetto di bonifica del sito approvato dal stesso Ministero,
fatto salvo ogni eventuale azione di risarcimento del danno ambientale residuo (che per i soli
costi di ripristino relativo ai terreni circostanti l’impianto e i sedimenti del fiume Toce e della baia
di Pallanza del Lago Maggiore ammontano a € 2.392.934.000,00).

Inoltre va ricordato che il danno ambientale è stato più incisivamente quantificato in occasione
della definizione transattiva di alcuni contenziosi, sulla base di un accordo liberamente stipulato
delle parti in causa. Tra tutte si possono ricordare le due transazioni che hanno definito
l’ammontare del risarcimento del danno ambientale conseguente all’inquinamento del mare
provocato dal naufragio della petroliera Haven (100 miliardi di lire) e all’inquinamento provocato
nel corso degli anni dallo stabilimento del Petrolchimico di Porto Marghera (550 miliardi di lire).
In entrambi i casi, l’accordo transattivo è stato raggiunto a prescindere dall’esito del giudizio che
riguardava il fatto lesivo.

Infine si segnala il ruolo sicuramente propulsivo che il principio della responsabilità civile ha
avuto nei confronti degli operatori economici che eserciscono attività potenzialmente inquinanti.
Ad esempio, sono state promosse convergenze tra proprietari/responsabili degli stabilimenti
(chimici, industriali, ecc.) e istituzioni (Comune, Provincia, Regione e Ministero) intorno a un
accordo di programma, al fine di impegnare l’impresa al raggiungimento di una serie di obiettivi
relativi alla qualità/risanamento/bonifica ambientale per migliorare la qualità ambientale
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mediante l’adozione delle migliori tecnologie disponibili nonché per la riduzione degli impatti
ambientali come, ad esempio, nel caso dello stabilimento Solvay di Rosignano Marittimo
(Livorno).

In questo contesto e in attesa che il Governo provveda a riorganizzare l’intera materia anche
mediante l’emanazione di testi unici, APAT ha promosso ed ha avviato in accordo con il
Ministero dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio, una serie di azioni per rafforzare l’efficacia
dell’azione di risarcimento dello Stato.

In particolare APAT ha stipulato apposite convenzioni per promuovere l’azione sinergica del
sistema delle Agenzie (APAT/ARPA/APPA) nell’istruttoria tecnica economica necessaria
all’azione risarcitoria del danno ambientale 2, sta sviluppando in collaborazione con l’ARPA
Veneto un manuale operativo per la valutazione del danno ambientale da approvare nell’ambito
del sistema delle Agenzie, ed ha avviato una nuova collaborazione con il Dipartimento Territorio
e Sistemi Agroforestali dell’Università di Padova per l’aggiornamento degli aspetti teorici e
operativi della valutazione economica del risarcimento dei danni ambientali.

APAT ha, inoltre, assicurato nell’ambito di una specifica convenzione con il Ministero
dell’Ambiente e per la Tutela del Territorio, un supporto specifico all’Avvocatura Distrettuale
dello Stato di Venezia nei procedimenti di danno ambientale rilevanti ai fini della salvaguardia
della Laguna di Venezia; ha avviato, sempre nell’ambito di una convenzione (stipulata ad aprile
2003), un’azione di supporto tecnico al Commissario straordinario di Cengio per promuovere
un’azione di risarcimento dei danni ambientali causati dall’attività industriale esercita nel sito; ed
ha avviato un’azione di supporto e promozione nei confronti dei Parchi Nazionali che intendono
esercitare un’azione di risarcimento del danno ambientale nell’ambito del territorio da loro
tutelato.

Infine, con lo spirito di promuovere le problematiche connesse al risarcimento del danno


ambientale, APAT ha organizzato seminari sul tema del danno ambientale (Roma 7 luglio 2003
e Milano 24 novembre 2003), ha inviato il testo “Il danno ambientale ex art. 18 L. 349/86” a tutte
le Avvocature Distrettuali dello Stato e alle Procure della Repubblica, per estendere l’iniziativa a
tutte le ARPA/APPA, ai Parchi Nazionali, e ad altre istituzioni/organismi dello Stato
interessati/coinvolti in questa problematica.

2
Attualmente sono state stipulate convenzioni con le Agenzie del Veneto, Campania, Abruzzo, Friuli
Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trento, Sicilia, Marche, Umbria, Lazio, Toscana, Valle
D’Aosta, Calabria e sono in corso le attività per completare la lista con tutte le altre Agenzie.
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6 Conclusioni e Prospettive
I danni ambientali causati dalle attività, dai comportamenti e dalle pratiche antropiche
rappresentano un problema urgente per tutta la comunità internazionale in quanto comportano
una contaminazione e/o un degrado dell’ambiente quantitativamente e qualitativamente molto
diffuso e sono tra le cause maggiormente responsabili della perdita e dell’impoverimento
generalizzato delle risorse ambientali (degli ecosistemi, delle bellezze naturali, dei paesaggi,
ecc.) e di minaccia alla salute umana.

Con la diffusione del concetto di sviluppo sostenibile si è imposta con forza la necessità che gli
organi di governo nazionali e internazionali promuovano l’adozione di un regime giuridico della
responsabilità civile nei confronti del danno ambientale in grado di favorire la salvaguardia, il
ripristino e la valorizzazione delle risorse ambientali (acqua, aria, suolo, biodiversità, paesaggio,
ecc.).

Il principio della responsabilità civile nei confronti del danno ambientale, ovviamente, non
stabilisce un principio per la monetizzazione del degrado ambientale perché non sancisce una
generalizzata libertà di inquinare subordinata al pagamento di somme di denaro. Al contrario,
tale principio tende a valorizzare le esigenze primarie di conservazione, di salvaguardia e di uso
razionale delle risorse ambientali, la cui scarsità costituisce preoccupazione condivisa dalla
comunità nazionale e internazionale unitamente alla consapevolezza del carattere non
esauribile delle risorse e sostanzia gli sforzi sociali ed economici verso uno sviluppo sostenibile.

Infatti il rispetto/efficacia delle leggi e dei regolamenti emanati per la regolamentazione e la


limitazione dei consumi e/o degli usi delle risorse ambientali verrà sicuramente rafforzato
dall’introduzione di un fattore economico (responsabilità civile) che va a disincentivare la spinta
ad una fruizione ambientale eccedente le tollerabilità/compatibilità stabilite.

Gli inquinatori potenziali saranno tenuti responsabili dei danni ambientali che potranno
provocare e l’azione di risarcimento dello Stato incentiva la prevenzione e il recupero dei costi
relativi ai danni ambientali presenti e futuri riferibili a responsabili identificati e solventi.

Inoltre il risarcimento del danno ambientale non è più la chimera del panorama risarcitorio,
anche il bene ambiente, quale bene fuori mercato, può essere valutato per assicurare la
risarcibilità delle lesioni ad esso arrecate attraverso un’istruttoria tecnica, giuridica ed
economica.

Il punto chiave in questo contesto è l’adozione di un unico/omogeneo regime giuridico a livello


comunitario e internazionale (come la Direttiva comunitaria sulla responsabilità ambientale) che
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scoraggi i tentativi che i soggetti economici potrebbero adottare per sfruttare le diverse
impostazioni adottate nei vari Stati per avvalersi di argomentazioni giuridiche artificiali (ad
esempio: affidare le operazioni rischiose a società giuridicamente separate e undercapitalised;
spostare la sede legale per sfruttare vuoti giuridici in materia di responsabilità senza grandi
cambiamenti in termini di comportamento preventivo) nella speranza di evitare la responsabilità.

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