ELLA POLIT/C"'A
COLLEZIONE FONDATA DA
LUIGI FIRPO
CLASSICI'{$_1JJ!
�UTET
LO SPIRITO
DELLE LEGGI
di
Charles de Seconda!
barone di Montesquieu
A CURA DI
SERGIO COTTA
Volume primo
nire p arti di uno Stato più grande che tutti insieme inten
dono formare. È questa una società di società che ne creano
una nuova, la quale può ingrandirsi grazie a nuovi asso
ciati t , che si sono Ùniti.
Furono queste · associazioni a render fiorente per così
lungo tempo la Grecia 2. Grazie ad esse i Romani attacca
rono il mondo intero, e grazie ad esse sole il mondo intero
si difese contro di loro. Quando Roma raggiunse il massimo
della propria grandezza, fu per mezzo di simili associazioni
poste oltre il Danubio ed il Reno, e sorte per effetto della
paura, che i barbari poterono resisterle.
È per questo che l'Olanda la Germania 1, le leghe sviz
a,
I. Frase che incorse nella censura della Sorbona, cfr. Appendice II.
vol. II, pp. 547-9·
PARTE SECONDA
I . TITO LIVIO, V, I .
2. Nel 346, dopo l a conclusione della guerra contro i Focesi, Filippo
di Macedonia ottenne la partecipazione del suo regno, con diritto a due
voti, al consiglio della Anfizionia pilaico-delfica; cfr. PAUSANIA, X, 3, § 3
e DIODORO, XVI, 6o, che rilevano il fatto riportato da Montesquieu.
3 . L'imperatore.
LIBRO NONO
I . I primi tre cpvv. del presente capitolo sono tratti dal cap. 20 delle
Réfiexions sltr la monarchie universelle.
2. Sul rapporto fra le dimensioni della Francia e la sua forza militare
e sul:a sua differenza dalla Persia e dagli altri Stati dispotici, cfr. Pensées,
LIBRO NONO 243
I, p. 287, n. 271 (1 770), di cui varie parti erano destinate in origine alle
Considéralions, come rivelano note marginali poi cancellate.
r . Il cpv. è tratto dal cap. 21 delle Réfiexions sur la monarchie universelle.
2. Il cpv. è tratto dal cap. 19 delle Réfiexions sur la monarchie universelle.
244 PARTE SECONDA
testo definitivo, comparso nel Supplément all'ediz. del 1754, questa rigida
posizione è attenuata e Montesquieu si accosta allo schema dell'Esprit
des Lois, pur mantenendo la condanna per quei casi in cui si annienti o
si disperda il popolo vinto.
2. Cfr. I, 3·
LIBRO DECIMO 249
diritti del conquistatore non sono fondati che sul fatto che
queste cose non esistono, e che vi è una frattura tra le due
nazioni, tale che una non può fidarsi dell'altra.
Cosi il conquistatore che riduce il popolo in schiavitù
deve sempre riservarsi dei mezzi (i quali sono innumerevoli)
per farnelo uscire 1 .
Non affermo qui delle cose vaghe. I nostri padri, che
conquistarono l'impero romano, agirono in questo modo.
Le leggi che essi fecero nell'ardore, nell'azione, nell'impeto,
nell'orgoglio della vittoria, le mitigarono in seguito: le loro
leggi erano dure, ed essi le resero imparziali. I Burgundi,
i Goti ed i Longobardi volevano sempre che i Romani fossero
un popolo vinto; le leggi di Eurico, di Gundobaldo e di
Rotari resero concittadini i Barbari e i Romani •.
Carlo Magno z, per domare i Sassoni, tolse loro la qualità
di liberi e la proprietà dei beni. Ludovico il Bonario J li
affrancò b: fu questo il miglior atto di tutto il suo regno.
I tempi e la schiavitù avevano addolcito i costumi: quei
popoli gli furono sempre fedeli.
a. Per il Tockembourg 4•
1 . Cfr. Pensées, II, fol. 99 v0, n. I227 ( I 88s): È contro la natura della
•
cosa stessa che, in una costituzione federale come quella svizzera, i Cantoni
facciano conquiste gli uni a scapito degli altri, come è accaduto ultima
mente (per i Protestanti nei riguardi dei Cattolici) . È contro la natura
d'una buona aristocrazia che i cittadini tra cui vengono eletti i magistrati,
il Senato, i Consigli, siano in numero cosi esiguo da costituire una pic
colissima parte del popolo, come a Berna: poichè in tal caso si viene ad
avere una monarchia a molte teste. È pure contro le leggi naturali che
una repubblica che ha conquistato un popolo lo tratti sempre come sud
dito e non come alleato, quando, dopo un notevole periodo di tempo,
tutte le categorie si sono amalgamate fra loro, attraverso matrimoni,
consuetudini, leggi, legami intellettuali: infatti le leggi del conquistatore
non sono buone e tollerabili se non in quanto queste cose non esistono,
e in quanto vi è un tal distacco fra i due popoli da non permettere all'uno
di aver fiducia nell'altro ,; dopo il riferimento alla Svizzera vi è la nota
• Messo nelle Leggi ».
1. Cfr. però quanto affermerà al cap. XI, 19, che cioè una repubblica
conquistatrice non può trasmettere la propria forma di governo. Hume,
nel saggio citato, per dimostrare che le conquiste delle democrazie sono
oppressive e dannose, citava proprio l'esempio dei governatori romani
(op. cit., p. I O I ) .
2. In Considérations, cap. 5 , Montesquieu afferma più semplicistica
mente che Annibale non ricevette aiuti dalla patria per gelosia del par
tito avverso e per troppa fiducia dei suoi fautori.
J. Cfr. VIII, 1 4 , nota 2, p. 223.
4 · Cfr. SAINT-EVREMOND, Réfiexions sur les divers génies du peupli!
PARTE SECONDA
1 . Cfr. Pensées, II, fol. 222 v0, n. 1 490 ( 1 5 7 1 ) :� " Chi avrebbe detto
che le più crudeli massime del dispotismo sarebbero state applicate ai
suoi infelici sudditi da un popolo che si vanta di essere libero ? I Còrsi
sono stati obbligati a stipulare nei loro trattati il diritto naturale, e la
Repubblica di Genova ha firmato il trattato che la copre di vergogna,
con esso si impegna infatti a non far più mettere a morte i Còrsi senza
processo, nè in base alla coscienza informata del governatore ».
2. Nel Ms. (II, fol. 1 36 ro-vo) , il cap. 9, intitolato Della soggezione
dell'Irlanda, ha il seguente tenore: " L'Inghilterra si è comportata meglio.
Essa ha conquistato l'Irlanda, verso la · quale nutre gelosia a causa della
sua posizione, della bontà dei suoi porti, della natura delle sue ricchezze.
Essa le impone delle leggi da nazione a nazione, le quali son tali- che la
sua prosperità sembra esser soltanto precaria e unicamente in deposito
per un padrone. Ma sebbene la opprima mediante il diritto delle genti,
le ha dato un buon reggimento politico e un buon reggimento civile: lo
Stato è schiavo e i cittadini sono liberi >. Il capitolo è passato poi, a un
dipresso, tolti i nomi dei due paesi, nel cap. XIX, 27. Si noti che Hume,
nel citato saggio That Politics ecc., parlava anch'egli della soggezione
dell'Irlanda all'Inghilterra, e la considerava come un esempio del fatto
che " le province delle monarchie assolute sono sempre meglio trattate
di quelle degli Stati liberi. Si paragonino i Pais conquis di Francia con
l'Irlanda, e ci si convincerà di questa verità • · Tuttavia anche Hume
ammetteva già, implicitamente, la distinzione praticata da Montesquieu
fra condizione degli abitanti e soggezione dello Stato, poichè affermava
che l'Irlanda « essendo in larga misura abitata da Inglesi, possiede tanti
diritti e privilegi che potrebbe, naturalmente, reclamare un miglior trat
tamento di quello di una provincia conquistata » (Essays, cit., p. 103) .
J. La nota manca nel Ms. e in A B; in queste si ha invece la seguente
nota: u Si veda anche la " Gazette d'Amsterdam " del 23 dicembre 1 738 •·
PARTE SECONDA
1 . Nel passo delle Pensées citato alla nota r della pagina precedente,
Montesquieu si soflerma ad analizzare l'utilità delle fortezze nei paesi
conquistati, affermando, tra l'altro che le fortezze. . . sono più proprie
•
Questo principe 2, che non fece uso che delle sole sue
forze, causò la propria caduta col formare dei progetti i
quali potevano essere attuati soltanto con una lunga guerra,
che il suo reame non poteva sostenere.
Egli non tentò di rovesciare uno Stato che si trovasse
in decadenza, ma un impero nascente. I Moscoviti si servi
rono della guerra ch'egli faceva loro come di una scuola.
Ad ogni disfatta, essi si avvicinavano alla vittoria, e, scon
fitti al di là dei confini, imparavano a difendersi in patria.
Carlo si credeva il padrone del mondo nei deserti della
Polonia, ove errava, e nei quali la Svezia era come dispersa,
mentre il suo nemico più importante si fortificava contro
di lui, lo stringeva da presso, si attestava sul mar Baltico,
distruggeva o conquistava la Livonia.
La Svezia era simile a un fiume al quale si togliessero
le acque alla sorgente, mutandole al tempo stesso nel loro
corso.
Non fu affatto Poltava J a perdere Carlo: se egli non
fosse stato sbaragliato in quel luogo, lo sarebbe stato in un
altro. Gli accidenti della fortuna si rimediano facilmente,
a. Ibid.
b. Ibid., lib. VII [cap. z8] .
I. Cfr. X, 3·
PARTE SECONDA
nulla mutare alla foggia dell'antico governo dei Cinesi, li hanno obbligati
a uniformarsi a quella delle loro vesti. Ciò perchè non apparisse la diffe
renza del numero • ; la notizia è tratta dal DuHALDE, op. cit., tomo II,
p. 89.
4· Cfr. VIII, 19 e il passo delle Pensées ivi citato alla nota I di p. 229
e XVII, 6.
LIBRO DECIMO
del 2 settembre 1735 relativo alla battaglia di Erivan (1735), in cui Nadia
vinse i Turchi.
LIBRO UNDICESIMO
I . Cfr. Pensées, II, foll. 6-7, n. 884 (63 1 ) : • Il termine libertà in poli
tica è ben lontano dal significato che gli attribuiscono gli oratori e i poeti.
Questo termine non esprime propriamente che un rapporto e non può
servire a differenziare i vari tipi di governo, giacchè lo Stato popolare
consiste nella libertà dei poveri e dei deboli e nella schiavitù dei ricchi
e dei potenti; e la monarchia consiste nella libertà dei grandi e nella
schiavitù degli umili •. Cfr. pure il seguente passo delle Notes sur l'An
gleterre: A Londra, libertà e eguaglianza. La libertà di Londra è la
•
libertà della gente per bene e in ciò differisce da quella di Venezia che
è la libertà di vivere oscuramente e con delle meretrici, e di sposarle:
l'eguaglianza di Londra è anch'essa l'eguaglianza della gente per bene,
e in ciò differisce dalla libertà dell'Olanda che è la libertà della canaglia •·
Le Notes sur l'Angleterre sono di data incerta, comunque in parte con
temporanee e in parte immediatamente posteriori al soggiorno inglese
di Montesquieu (novembre 1 729-1731 ?). La valutazione spregiativa della
libertà come è intesa a Venezia, è una delle prime osservazioni che Mon
tesquieu fece arrivandovi, cfr. Voyages, I, p. 24.
272 PARTE SECONDA
I. Cfr. XI, 7·
2. Il titolo ha subito molte variazioni nel Ms. (II, fol. 163), quello che
dalla calligrafia mi sembra il primitivo era cosi concepito: • Principi della
libertà politica e che la Costituzione d'Inghilterra è fondata su tali prin
cìpi "· Sulla favorevole accoglienza che questa illustrazione della costitu
zione inglese ebbe in Inghilterra cfr. Corr., II, pp. 1 3 5 e 195.
3· Di parere nettamente contrario, in nome dell'unità del potere
sovrano, era invece HoBBES (cfr. De Cive, capi 7. § 4 e 12, § 5) che sarà
seguito anche da RoussEAU (cfr. Du Contrai social, II, 2). Montesquieu
segue invece l'opinione di LocKE (cfr. Two treatises of Government, II,
cap. 12). Si noti come questa prima divisione di poteri tracciata da Mon
tesquieu, che segue la divisione lockiana in potere legislativo, esecutivo
e federativo, scompaia quasi sùbito per dar luogo all'altra, diventata
classica, fra esecutivo, legislativo e giudiziario. Sul valore e sulla fortuna
di questa formula cfr. B. MIRKINE-GUETZÉVITCH, Quelques réfl.exions sur
PARTE SECONDA
nell 'Esprit des Lois nei capitoli dell'Inghilterra "• che si riferisce a questo
potere: Potrebbe darsi che negli affari esteri e lontani, i ministri del
u
a. A Venezia 4.
L Cfr. VI, 5· Si veda invece quanto scriveva Fénelon, che pure era
contrario all'assolutismo regio: « Il re è il primo giudice del suo Stato,
è lui che fa le leggi; è lui che all'occorrenza le interpreta; è lui c):�e spesso
giudica nel suo consiglio secondo le leggi che ha emanate o trovate già
stabilite prima del suo regno; è lui che deve correggere tutti gli altri
giudici » (Examen de conscience, art. I, § 7) .
2. Cfr. la fine del cap. V, 1 4 . Già Locke aveva osservato che la sepa
razione dell'esecutivo dal legislativo era propria delle " monarchie tem
perate e dei governi ben costituiti » (Two treatises of Govcrnment, II,
cap. 14, § 1 59).
J . Cfr. V, 8, nota b e nota 4 di p. 1 30.
4· Sulla natura e i poteri degli inquisitori a Venezia Montesquieu si
era già soffermato nel cap. II, J.
PARTE SECONDA
a. Come ad Atene 2•
(politica) del capo dell'esecutivo, che sarà accolto dal diritto costituzionale
moderno.
1 . Amymoni, dal greco &:[1Uf1WV, senza rimprovero. PLUTARCO (Quae
stiones Graecae, IV) li chiama amnemones, id est imntemores ed afferma
che erano nominati a vita, in numero di sessanta ed erano scelti fra gli
ottimati.
LIBRO UNDICESIMO
popolo vi sono [in Inghilterra) cosi temperate le une dalle altre che si
sostengono vicendevolmente. Al tempo stesso ciascuna di queste tre
potenze, che partecipano al governo, può frapporre degli ostacoli invin
cibili alle iniziative che una delle altre due, o persino tutte e due insieme,
volessero prendere per rendersi indipendenti » (Dissertation sur les Whigs
et les Torys, L'Aja, 1717, p. 4).
2. In questo caso l'esempio inglese non veniva in soccorso a Montc
squieu, anche Locke infatti, riferendosi all'Inghilterra, affermava che il
sovrano aveva parte nel legislativo (op. cit., cap. 1 3 , § 151) ed ammet
teva anzi che, indipendentemente dal legislativo, godesse della prerogativa,
cioè del " potere di deliberare, secondo discrezione, per il pubblico bene
senza la prescrizione della legge, e talvolta anche contro di essa (op. ci t.,
•
I. Cfr. LocKE, op. cit., cap. I I , § I4o: « È vero che il governo non
può sostenersi senza gravi spese, ed è opportuno che chiunque partecipi
della sua protezione paghi, dei propri averi, una parte proporzionale per
il suo mantenimento. Ma ciò deve sempre aver luogo col suo consenso,
cioè a dire col consenso della maggioranza, dato o direttamente dai
membri della società o dai loro rappresentanti da essi eletti; perchè se
uno pretende il potere di imporre e levare tasse sul popolo di sua propria
autorità e senza il consenso del popolo viola con ciò la fondamentale legge
della proprietà, e sovverte il fine del governo Anche in Francia del resto
».
r . Il Ms. (II, fol. 186) cosi continua: " Infine si è abituato l'esercito
di questo paese ad accogliere dei deputati del Corpo legislativo i quali,
con il pretesto di provvedere alla sua sussistenza o con altri pretesti, lo
dirigono sebbene non lo comandino. È questo un sistema moderato: le
LIBRO UNDICESIMO
CAPO VIII. Perchè gli antichi non avevano un'idea ben chiara
della monarchia.
tavia solidi per esser fondati sull'eredità e sulla legittimità» (op. cit.,
1285 a). e la forma di governo spartana come un principato sui generis
o meglio «come un potere militare vitalizio» (op. cit., 1285 a). La dif·
ferenza tra :.VIontesquieu e Aristotele è dovuta al fatto che per il primo
la monarchia è quella forma di governo in cui vige una certa separazione
dei poteri (di tipo inglese o di tipo gotico), in contrapposto con il dispo
tismo in cui tale separazione non vige, mentre per il secondo è quel governo
in cui un capo - ereditario o elettivo - legittimo detiene la somma dei
poteri, distinguendosi così dalla tirannide in cui i poteri sono usurpati.
PARTE SECONDA
d. Ibid .
non vale • repubblica» in senso moderno ma, come intendevano gli antichi,
Stato ordinato secondo le leggi, come aveva già rilevato il D1.IPIN nelle
sue Observations sur tm livre intitulé "De l'Esprit des Lois », 3 voli.,
Parigi, 1757-58, osservazione riferita dal PARRELLE neUa sua edizione
delle Oeuvres complètes de Montesquieu, Parigi, r839, tomo I, p. 202,
nota J. Infatti l'Epiro fu retto a monarchia fino alla conquista romana.
2. In realtà Aristotele non dice che i Molassi avessero due re come
gli Spartani ma che «il regno dei Molassi dura ancora da molto tempo,
e similmente il regno dei Lacedemoni, perchè fin da principio la sovranità
fu divisa, avendola Teopompo temperata con altre costituzioni, soprattutto
con la magistratura degli efori».
J. • Questa è per cosi dire tirannide elettiva che differisce dalla bar
barica non per non essere legittima, ma per non essere ereditaria i suoi
"·
r. Nel Ms. (II, fol. 199 vo) si hanno quindi i due seguenti cpvv. can
cellati: • L'unica monarchia che ai nostri giorni sia paragonabile alle
monarchie greche è quella polacca, nella quale il sovrano ha il potere di
giudicare e non partecipa del potere legislativo, ciò che rende necessa
riamente la condizione della monarchia del tutto precaria. Ma ben più
precaria essa era sotto gli esimneti, poichè, essendo essi sovrani soltanto
di una città, era facile .
. . (la frase è interrotta).
»
PARTE SECONDA
1. Nel Ms. i capi I 2-I8 dedicati alla divisione dei poteri in Roma,
costituiscono un solo capitolo, la cui redazione ha subìto numerosi rima
neggiamenti, vi si riscontrano infatti tre stesure principali, di cui la prima
(II, foll. 202 r0 - 210 v0) e la terza (II, foll. 250 ro - z68 v0) parziali e la
seconda (II, foll. 21 I r0 - 249 ro) sostanzialmente eguale alla lezione attuale.
2. È I'interrex, in genere però si avevano più interreges, ciascuno dei
quali durava in carica cinque giorni e poi, tratti gli auspici, passava il
potere all'altro.
LIBRO UNDICESIMO 299
De orig. iur.
c. PLUTARCO, Vita di Publicola [103 c-d].
d. Comitiis centuriatis.
...
..
A P A R LS, ,...,�
·chez S,IMAai, ::rue ·saint Jatques-t,
· a.u Dauphin. · :
. M.--· D. C C.- X X V.
�'Pec .Approb�ttie1t (7 Privilige du Roi� .•
1. Nel 45I a. C.
LIBRO UNDICESIMO
I. De oratore, I, g.
LIBRO UNDICESIMO
Pro Cluentio [cap. 43] - che un uomo sul quale le parti non si
sono accordate potesse essere giudice non soltanto della riputa
zione di un cittadino, ma nemmeno della più piccola contro
versia pecuniaria 11.
g. Si veda nei frammenti della legge Servilia, della legge
Cornelia e di altre leggi, in qual maniera queste leggi davano
dei giudici nei delitti che esse si proponevano di punire. Spesso
venivano nominati per scelta, talvolta a sorte, oppure infine
unendo l'elezione per sorte con quella per scelta.
a.
SENECA, De benef., lib. III, cap. 7, in fine.
b. Si veda QuiNTILIANO [Orator. Instit.] , lib. IV [cap. 2],
p. 54, ediz. in folio di Parigi, 1541 .
c. Leg. II, § 24, Dig. [I, 2] , De orig. iur. Dei magistrati chia
1 . Cfr. quanto sull'uso inglese ha già detto nel cap. XI, 6; vedi inoltre
Spicilège, p. 53: In talune occasioni si è assai imbarazzati in Inghilterra
«
a trovare dei giudici per punire i criminali, tanto più che ogni criminale
può ricusare trentasei giudici senza dare alcuna ragione e altri cento con
una buona ragione», passo che risale probabilmente al 1716, essendo
preceduto e seguito da passi che portano l'indicazione di quell'anno.
2. Cfr. VI, J.
J. A questa disposizione, con tutta probabilità, aveva inteso alludere
Montesquieu nella vaga lezione del I cpv. del cap. VI, 3·
LIBRO UNDICESIMO 3I I
veda TITo Lrvw, prima deca, lib. IX [cap. z6], sulle congiure
di Capua.
a. Così si fece per le indagini relative alla morte di Postumio,
x. Cfr. Xl, 6.
2. Ma non essi soli, cfr. TITo LrviO, Historiae, V, 7·
3· Cfr. II, 2 .
LIBRO UNDICESIMO
r . Il Ms. (Il, foll. 246 v0, 247, 248) ha erroneamente, sia qui che nella
citazione successiva, " Polibio " invece di " Diodoro "·
1. Cfr. X, 6.
2. In A B la frase suona cosi: • Abbiamo detto altrove che, nella
repubblica, lo stesso magistrato deve mantenere il potere esecutivo, sia
civile che mtlitare "·
3· Ma cfr. X, 6, nota I, p. 255. È quanto aveva già. detto HARRINGTON,
cfr, Oceana, ed. cit., p. 43·
PARTE SECONDA
publicanorum.
2. Nel testo di Giustino si ha calumniae litium, che Montesquieu
stesso altrove ( XIX, 2) traduce " formalità della giustizia •·