Applicare la legge vuol dire applicare norme generali ed astratte ai rapporti fra gli
uomini: essa traduce in comandi concreti (le sentenze) le generali ed astratte
previsioni della legge.
Questa traduzione presuppone un’operazione preliminare, detta interpretazione,
che serve a stabilire:
Qual è la norma adatta da applicare al caso da risolvere e quindi va tradotta
Qual è il significato da applicare alle norme, sia quelle escluse sia quella scelta
L’interpretazione è condotta in base ai criteri fissati dalla legge, ad esempio l’art. 12
dice che nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso se non
quello letterale e quello teleologico (intenzione del legislatore).
Il criterio di interpretazione letterale impone al giudice di attenersi strettamente al
diritto posto con la legge dello stato (non si erige a creatore di diritto).
Il criterio di interpretazione teleologica persegue lo stesso scopo: le parole sono il
mezzo con cui il legislatore esprime la propria intenzione e devono si essere prese
alla lettera, ma con il limite di non attribuire alla norma un senso diverso da quello
che corrisponde alla finalità della norma.
Ogni ordinamento giuridico deve essere completo: non può avere lacune poiché
deve dare una soluzione di ogni possibile conflitto. A colmare eventuali lacune si
provvede con l’analogia, ovvero utilizzando disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe a quelle per cui non si ha una soluzione.
L’applicazione analogica ha però un duplice limite: non possono essere applicate a
casi simili le norme penali e le norme eccezionali.
Viene detta persona giuridica ogni soggetto di diritto diverso dalla persona fisica,
cioè ogni centro di imputazione di rapporti giuridici che il diritto fa corrispondere a
una organizzazione collettiva.
Dotata di propria capacità giuridica che le permette di essere titolare
di diritti e doveri, di possedere beni, di essere responsabile dei debiti ecc.
Alla persona giuridica viene riconosciuta anche una capacità di agire: compie atti
giuridici per mezzo delle persone fisiche che agiscono come suoi organi.
Questa doppia capacità è presente solo negli enti pubblici territoriali, non in quelli
strumentali. Questi ultimi posseggono solo la capacità di diritto privato.
Dagli enti pubblici territoriali si distinguono altri enti pubblici, i quali hanno compiti
specifici. Possono essere enti:
Monosettoriali una sola funzione
Plurisettoriali più funzioni
Nazionali
Locali
Una serie vasta e importante di questi enti sono gli enti pubblici economici, che
hanno come oggetto principale l’esercizio di una attività commerciale.
Un ulteriore criterio di classificazione è quello che identifica gli enti strumentali
dello Stato e degli altri enti territoriali.
Questi sono enti che svolgono attività proprie dello Stato/ente territoriale, il quale le
potrebbe esercitare direttamente attraverso propri organi o apparati, ma che
preferisce affidare ad altri enti pubblici creati appositamente.
Si può dire che ciò che tutti gli enti pubblici hanno in comune è la persecuzione dei
fini pubblici, ognuno di loro è destinato a soddisfare interessi valutati come pubblici
interessi.
Tuttavia, questi fini possono essere perseguiti anche tramite enti privati (es. società
a partecipazione statale).
ENTI PRIVATI
Sono le organizzazioni collettive costituite secondo le norme del codice civile. Esse
sono persone giuridiche di diritto comune.
Le tipologie più importanti sono:
Associazioni
Fondazioni
Società esercizio collettivo dell’impresa con scopo di lucro. Si dividono in
società di persone e società di capitali: le prima hanno autonomia
patrimoniale (i soci possono essere chiamati a saldare i debiti della società); le
seconde hanno autonomia patrimoniale perfetta (debiti a carico della società
stessa).
LE ASSOCIAZIONI
Sono una manifestazione della natura sociale dell’uomo; una forma di
organizzazione collettiva attraverso la quale vengono perseguiti scopi
superindividuali.
Duplice natura spiegata nell’art. 2 Cost., che assegna alla Repubblica il
compito di garantire i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle
formazioni sociali dove svolge la sua personalità.
L’associazione si costituisce per contratto mediante il quale più persone si
impegnano al perseguimento di uno scopo di natura ideale o di natura NON
economica.
All’associazione costituita possono aderire nuovi membri, così come i membri che
già ne fanno parte possono, in qualsiasi momento, uscirne tramite dichiarazione di
recesso.
L’associazione agisce per mezzo dei propri organi:
Associati riuniti in assemblea organo sovrano, decisioni più importanti;
Amministratori nominati dall’assemblea, sono l’organo esecutivo
Esistono associazioni RICONOSCIUTE e associazioni NON RICONOSCIUTE.
LE FONDAZIONI
È la stabile organizzazione predisposta per la destinazione di un patrimonio privato
ad un determinato scopo di natura ideale. Questo scopo può essere di natura
assistenziale, culturale, scientifica…
La fondazione si pone, come l’associazione, tra le organizzazioni collettive mediante
le quali i privati perseguono scopi superindividuali. Tuttavia, tra le due vi sono
alcune differenze:
L’atto costitutivo della fondazione è un atto unilaterale, produttivo di effetti
giuridici in virtù della sola dichiarazione di volontà del fondatore (di solito una
sola persona). La fondazione si può costituire anche per testamento: in
questo caso, l’atto di fondazione diventerà efficace solo al momento
dell’apertura della successione.
La fondazione ha un solo organo, formato dagli amministratori, nominati nei
modi previsti dall’atto di fondazione. Essi sono vincolati, disponendo dei beni
della fondazione, al perseguimento dello scopo assegnato dal fondatore. Solo
l’autorità pubblica può modificare la destinazione del patrimonio.
Associazioni e fondazioni conseguono il riconoscimento della personalità giuridica in
forza dell’iscrizione nel registro delle persone giuridiche (istituito presso le
prefetture). (al contrario, le società la conseguono con modalità speciale).
Ci sono beni che la natura offre in quantità superiore ai bisogni dell’uomo o alle
possibilità di utilizzazione nelle attività umane. Di questi beni, proprio per la loro
quantità, tutti possono fruire a volontà: l’uso che ciascuno ne fa non impedisce il
contemporaneo uso da parte di altri.
Cose comuni di tutti: cose che appartengono a tutti o non appartengono a
nessuno, perché nessuno ha interesse a stabilire con
esse un rapporto di appartenenza, che ne riservi a sé
l’utilizzo con l’esclusione dell’uso agli altri
Tuttavia, ci sono anche altri beni in natura che hanno una disponibilità limitata:
essendo il rapporto uomo – cose impari, il loro utilizzo da parte di alcuni implica
l’esclusione del loro uso da parte di altri.
Il rapporto fra gli uomini diventa una fonte di conflitto che mira
all’appropriazione di queste cose interesse a stabilire un rapporto di
appartenenza che ne riservi l’uso
In questo caso la definizione giuridica non utilizza l’attitudine della cosa a formare
oggetto di diritti, ma la sua attitudine a formare oggetto di scambio.
Ecco perché CRITERIO DI SCAMBIO e CRITERIO DI OGGETTO DI DIRITTO vanno ad
INTEGRARSI.
Sono beni in senso giuridico solo le cose suscettibili di
valutazione economica
Gli altri diritti reali incidono su cose altrui e hanno contenuto più limitato.
Si dividono in 2 gruppi:
ACCESSIONE
La proprietà di una cosa qualificabile come principale, fa acquistare la proprietà
delle cose qualificabili come accessorie. Ci sono 3 modi:
Accessione di cosa mobile a immobile: un bene mobile materialmente unito
a bene immobile accede a questo e quindi diventa proprietà di chi ha
l’immobile.
Accessione di cosa immobile a immobile: alluvione che trasporta detriti a
valle; il proprietario del fondo acquista per accessione l’estensione che ha
ricevuto il suo fondo.
Accessione di cosa mobile a mobile: se le cose mobili appartenenti a diversi
proprietari sono unite (unione) o mescolate (commistione) formando un
tutt’uno inseparabile, il proprietario della cosa principale lo diventa anche
della cosa secondaria (quindi del tutto), pagando all’altro il valore della cosa.
SPECIFICAZIONE
Modo di acquisto della proprietà della materia altrui da parte di chi la adopera per
formare una nuova cosa.
Es. scultore usa marmo altrui per statua paga all’altro il prezzo del marmo.
USUCAPIONE
Acquisto della proprietà mediante il possesso continuato nel tempo. È irrilevante la
buona o mala fede, basta che il possesso sia alla luce del sole. L’usucapione assicura
la certezza dei diritti sulle cose.
Il tempo necessario è:
Beni immobili 20 anni
Beni mobili registrati 10 anni
Mancanza di titolo idoneo 10 anni
Malafede 20 anni
4. RAPPORTI OBBLIGATORI
L’OBBLIGAZIONE: PRESTAZIONE DOVUTA
Dai diritti reali si distingue un’altra serie di diritti: i diritti di obbligazione.
Questi si presentano come diritti ad una prestazione personale, ovvero ad un dato
comportamento di un soggetto. Può essere una prestazione di fare, non fare, dare o
consegnare.
I diritti di obbligazione sono relativi, poiché spettano ad un soggetto nei confronti di
uno o più soggetti e godono di una difesa relativa: il loro titolare può difenderli solo
nei confronti della persona dell’obbligato, mentre non può agire nei confronti dei
terzi che contestino il suo diritto.
Il diritto di credito attribuisce al creditore la pretesa di esigere una prestazione da
una o più persone determinate
il rapporto tra creditore (soggetto attivo del rapporto giuridico, pretende una
prestazione) e debitore (soggetto passivo, colui a cui è imposto un dovere)
è detto obbligazione
L’ADEMPIMENTO
L’adempimento è l’esatta esecuzione da parte del debitore della prestazione che
forma oggetto dell’obbligazione. Ad esso consegue l’estinzione dell’obbligazione e
la liberazione del debitore.
L’esatta esecuzione viene valutata in base a diversi criteri:
1) MODALITA’ DI ESECUZIONE
“Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon
padre di famiglia” ovvero deve usare la diligenza dell’uomo medio;
2) IL TEMPO DELL’ESECUZIONE
La prestazione deve essere eseguita:
- a richiesta del creditore;
- se è fissato un termine, alla scadenza del termine.
Nel primo caso, il creditore può in qualsiasi momento a sua scelta esigere la
prestazione, finché il diritto di credito non si sia estinto per prescrizione (10
anni).
Nel secondo caso, il termine fissato per l’adempimento si presume a favore
del debitore, salvo che non risulti fissato a favore del creditore o di entrambi.
Ciò significa che il creditore non può esigere la prestazione prima della
scadenza del termine, ma può esigere l’adempimento anticipato solo se il
termine era fissato a suo favore.
3) IL LUOGO DI ESECUZIONE
La prestazione deve essere eseguita nel luogo stabilito dalle parti. Se le parti
non hanno stabilito nulla, valgono 3 regole:
Obbligazione di consegna di cosa determinata si svolge nel luogo dove
si trovava la cosa quando è sorta l’obbligazione;
Il pagamento di una somma di denaro si adempie al domicilio del
creditore al tempo dell’adempimento;
Ogni altra obbligazione si svolge al domicilio del debitore.
4) LA PERSONA CHE ESEGUE LA PRESTAZIONE
La persona che è tenuta ad eseguire la prestazione è il debitore. Tuttavia, la
prestazione può essere di natura tale che sia indifferente se ad adempiere la
prestazione sia il debitore oppure un terzo.
Il creditore può rifiutare l’adempimento del terzo solo in due casi:
Se ha un obiettivo interesse a che il debitore esegua personalmente la
prestazione;
Se il debitore abbia manifestato al creditore la sua opposizione
all’adempimento altrui.
5) IL DESTINATARIO DELL’ADEMPIMENTO
La capacità di intendere e di volere del creditore è rilevante: chi paga nelle
mani del creditore incapace non è liberato, a meno che non provi che quanto
ha pagato è stato rivolto a vantaggio dell’incapace.
L’adempimento deve essere compiuto:
Nelle mani del creditore;
Nelle mani di un rappresentante del creditore;
Nelle mani di un’altra persona autorizzata a riceverlo.
Le ipotesi che si verificano più frequentemente: ad esempio, si paga nelle
mani di un commesso il prezzo delle merci che si comprano nei negozi.
Può accadere che si paghi a chi sia solo apparentemente legittimato a
ricevere il pagamento. Il debitore, in tal caso, è liberato dall’obbligazione solo
se ricorrono due condizioni:
Che l’apparenza sia creata da circostanze univoche, ossia da elementi
obiettivi;
Che il debitore, nel pagare al non legittimato, fosse in buona fede
(ignorava quindi che la persona fosse non autorizzata)
6) L’IDENTITA’ DELLA PRESTAZIONE
Il debitore è liberato solo se esegue la prestazione dovuta: non può essere
liberato eseguendo una prestazione diversa da quella richiesta, anche se di
valore uguale o maggiore.
Tuttavia, il creditore può consentire che il debitore esegua una prestazione
diversa da quella dovuta.
PRESTAZIONE IN LUOGO DELL’INADEMPIMENTO
Detta anche datio in solutum, è frequente per il
debitore in difficoltà finanziaria. Il creditore può
decidere di accettare, al posto del danaro dovuto,
degli immobili o altro che sostituisca il danaro.
Il debitore è liberato quando la diversa prestazione è
eseguita o solo quando il credito è riscosso.
Il debitore che adempie a una prestazione di danaro ha diritto alla quietanza, cioè
una attestazione del creditore che riconosca l’avvenuto pagamento.
L’INADEMPIMENTO
Il debitore si definisce inadempiente se non esegue la prestazione dovuta o se non
esegue esattamente la prestazione. L’inadempimento è considerato un fatto
oggettivo: al prodursi di questo consegue la responsabilità del debitore. Egli deve,
secondo determinate regole, risarcire il danno che il suo inadempimento ha causato
al creditore.
Il debitore, tuttavia, è autorizzato a provare che la mancata esecuzione della
prestazione è stata determinata da sopravvenuta impossibilità della prestazione e
che l’impossibilità sia derivata da una causa a lui non imputabile.
È evidente il favore per il creditore, che può pretendere dal debitore il risarcimento
in base al solo fatto oggettivo dell’inadempimento.
Il debitore invece può liberarsi da responsabilità solo offrendo una duplice prova:
1) Deve provare che la prestazione da lui dovuta è diventata impossibile. Deve
però essere una impossibilità oggettiva: la prestazione dev’essere impossibile
da eseguire e quindi essere ineseguibile da parte di qualsiasi debitore.
2) Una volta data la prova dell’impossibilità, deve provare che questa sia dipesa
da causa a lui non imputabile. Quindi oltre a provare di essersi comportato
con la diligenza del padre di famiglia, deve indicare anche la specifica causa
che ha reso impossibile la prestazione e provare che non fosse prevedibile ed
evitabile da parte sua.
Prestazioni di FARE:
Prestazioni di mezzi: in queste per valutare se il debitore è adempiente
oppure no, si utilizza l’art. 1176. Qui il fondamento della responsabilità può
essere la colpa, e l’onere di provare la colpa del debitore incombe sul
creditore. Anche qui, la prestazione può diventare oggettivamente
impossibile (es. lavoratore si è fratturato un braccio).
L’ulteriore prova della non imputabilità è difficilmente esigibile.
Prestazioni consistenti nel realizzare un risultato: in questi casi, la mancata
realizzazione di un risultato può derivare sia da impossibilità soggettiva che
da impossibilità oggettiva. Si apre quindi il problema delle cause, che il C.C.
affronta con norme che a volte confermano la regola generale e a volte no.
Prestazioni di NON FARE:
in questo caso non ci si pone il problema, perché ogni fatto compiuto in violazione
dell’obbligazione negativa è un fatto volontario del debitore.
Nel caso in cui il debitore è volontariamente inadempiente si dice che è in dolo; nei
casi dove, invece, l’inadempimento dipenda da impossibilità oggettiva derivante da
cause non imputabili al debitore, si dice che è in colpa.
La prestazione che ha per oggetto una somma di denaro non diventa mai
impossibile e il debitore deve comunque eseguirla. In aggiunta, deve pagare gli
interessi moratori.
Il ritardo nell’adempimento può dipendere anche dal creditore: in questo caso si
parla di mora del creditore, ovvero l’ingiustificato rifiuto del creditore di ricevere la
prestazione offertagli dal debitore oppure di mettere il debitore in condizione di
poterla eseguire.
Difatti, il rifiuto del creditore può nuocere al debitore: lo espone al rischio che la
prestazione diventi impossibile, privandolo del diritto della controprestazione.
Il creditore, per non essere in mora, deve compiere “quanto è necessario affinché il
debitore possa adempiere all’obbligazione” dovere di cooperazione del creditore
all’adempimento del debitore
più che un dovere è un onere, altrimenti
il creditore dovrebbe esporsi alle
conseguenze della mora.
La costituzione in mora del creditore si effettua con l’offerta della prestazione al
creditore (reale per le cose mobili da consegnare al domicilio del creditore; per
intimazione per gli immobili e le cose mobili da consegnare in luogo diverso).
Gli effetti della cost. in mora del creditore sono:
L’impossibilità sopravvenuta della prestazione, per causa a lui non
imputabile, è a carico del creditore: il debitore conserva quindi il diritto alla
controprestazione, anche se il creditore non potrà più ricevere la prestazione.
Non sono più dovuti dal debitore interessi sulle somme di danaro.
Sono dovuti dal creditore il rimborso delle spese di custodia della cosa e il
risarcimento dei danni subiti dal debitore a causa della mora.
Oltre a questi effetti il debitore può ottenere la liberazione dal debito con il deposito
della somma dovuta in banca o delle altre cose nel luogo indicato dal giudice.
5. IL CONTRATTO
Si definisce contratto “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere fra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Il contratto è già stato segnalato precedentemente fra i modi di acquisto della
proprietà (e degli altri diritti reali, oltre ai diritti di credito), fungendo da strumento
per la circolazione dei beni, e fra le fonti delle obbligazioni, dove svolge la funzione
di strumento mediante il quale ci si procura il diritto alle altrui prestazioni.
Il rapporto giuridico che il contratto costituisce, regola o estingue, deve essere
patrimoniale deve avere ad oggetto cose o prestazioni personali suscettibili di
valutazione economica; questo requisito è proprio sia dei beni, sia
delle prestazioni che formano oggetto dell’obbligazione.
Ciò che costituisce/regola/estingue un rapporto patrimoniale è l’accordo tra le parti
(art. 1321), ovvero la loro concorde volontà.
Un rapporto patrimoniale può essere costituito/regolato/estinto in molteplici modi.
Fra i tanti modi di costituzione/regolazione/estinzione dei rapporti patrimoniali, il
contratto assume particolare importanza per il ruolo che, con esso, svolge la volontà
dell’uomo: l’effetto giuridico, costitutivo/regolare/estintivo del rapporto è qui
prodotto dalla volontà delle parti interessate. Il sorgere dell’obbligazione è
anch’esso effetto della concorde volontà del creditore e del debitore.
La grande importanza del contratto deriva dall’ampio riconoscimento legislativo
della cosiddetta signoria della volontà, ovvero dal fatto che la legge riconosce ai
privati un ampio potere di provvedere, con proprio atto di volontà, alla
costituzione/regolazione/estinzione dei rapporti patrimoniali.
Per definire questo ruolo della volontà dei privati si parla di libertà o autonomia
contrattuale.
Questa autonomia del privato si manifesta sotto duplice aspetto:
Aspetto negativo: autonomia contrattuale significa, in senso negativo, che
nessuno può essere spogliato dei propri beni o può essere costretto ad
eseguire prestazioni (a favore di altro), contro la propria volontà.
Il contratto vincola solo chi ha partecipato all’accordo, ha espresso il proprio
consenso alla costituzione/regolazione/estinzione di un rapporto
patrimoniale.
Aspetto positivo: autonomia contrattuale significa, in senso positivo, che i
privati possono, con un proprio atto di volontà, costituire/regolare/
estinguere rapporti patrimoniali; possono quindi disporre dei propri beni e
possono obbligarsi ad eseguire prestazioni a favore di altri.
Si manifesta in tre forme:
Libertà di scelta fra i diversi tipi di contratto previsti dalla legge
Libertà di determinare il contenuto del contratto, entro i limiti posti
dalla legge.
Ciascuna determinazione delle parti, inserita in un contratto scritto,
prende il nome di clausola o di patto. Ogni contratto si compone di una
pluralità più o meno estesa di clausole che nel loro insieme formano il
regolamento contrattuale.
Libertà di concludere contratti atipici, ovvero contratti non
corrispondenti ai tipi contrattuali previsti dal codice civile o da altre
leggi, ma ideati e praticati dal mondo degli affari.
I contratti atipici sono validi purché siano diretti “a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”. Questo requisito
di validità altro non è che il generale requisito dei contratti chiamato
causa. I contratti atipici sono sottoposti alle norme generali sui
contratti e sono regolati dalle loro clausole contrattuali.
Il contratto è, come si è visto, l’accordo di due o più parti. Può quindi essere:
BILATERALE: le parti sono due e necessariamente due.
PLURILATERALE: le parti possono essere anche più di due.
Va specificato che il concetto di parte del contratto non coincide con il concetto di
persona: per parte si intende il centro d’interessi e quindi ciascuna parte di un
contratto può essere formata da più persone.
Dai contratti vanno distinti gli atti unilaterali, che sono la dichiarazione di volontà di
una sola parte, di per sé produttiva di effetti giuridici.
A differenza dei contratti, che costituiscono una categoria aperta e ammettono
contratti atipici, gli atti unilaterali formano un numero chiuso: sono solo quelli
previsti dalla legge con esclusione di atti unilaterali atipici.
Gli atti unilaterali non hanno una disciplina generale, ma solo la disciplina particolare
relativa a ciascuno di essi. Tuttavia ad essi si applicano, in quanto compatibili, le
norme sui contratti.
I FATTI ILLECITI
Si definisce fatto illecito “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un
danno ingiusto” (art. 2043)
È presente tra le fonti delle obbligazioni, e l’obbligazione che ne deriva è quella di
risarcire il danno che ha cagionato: consiste nel pagamento di una somma di
danaro che rappresenta l’equivalente monetario del danno cagionato.
L’obbligazione del risarcimento può derivare anche dal contratto, nel caso in cui ci
sia un inadempimento: si parla qui di responsabilità contrattuale.
Si parla invece di responsabilità extracontrattuale per danni cagionati con fatto
illecito. Questa riguarda anche la responsabilità civile (obbligazione a risarcire il
danno) e la responsabilità penale (multa, reclusione).
Il fatto illecito è composto da elementi oggettivi come fatto, danno ingiusto e
rapporto di casualità, e da elementi soggettivi come dolo o colpa.
Elementi oggettivi:
FATTO: comportamento umano commissivo (fare) od omissivo (non fare).
DANNO INGIUSTO: lesione di un interesse altrui meritevole di protezione.
RAPPORTO DI CASUALITA’: è il rapporto di causa ed effetto che c’è tra il fatto
e il danno, ed esiste quando l’evento dannoso appare come conseguenza
prevedibile ed evitabile.
Elementi soggettivi:
DOLO: intenzione di provocare l’evento dannoso.
COLPA: mancanza di diligenza, di prudenza e di perizia.
Per regola generale, l’obbligazione di risarcire il danno cade su chi ha commesso il
fatto. Tuttavia, vi è un’eccezione:
Responsabilità indiretta: il responsabile del danno è un soggetto diverso da
quello che ha commesso il fatto.
Inoltre, per principio generale, il fatto illecito deve presentare l’elemento del dolo o
della colpa. Anche qui però c’è un’eccezione:
Responsabilità oggettiva: si risponde del fatto produttivo di danno anche se lo
si è commesso senza dolo o colpa.
Per quanto riguarda il risarcimento, è risarcibile solo il danno patrimoniale
comprendente il danno emergente e il lucro cessante. I danni morali sono risarcibili
solo nei casi indicati dalla legge. (vedi riquadro giallo sopra).