STELLA ORFANA
(Orphan Star, 1977)
CAPITOLO PRIMO
CAPITOLO SECONDO
La porta che dava sul pozzo centrale della torre si aprì mentre la
superstite guardia del corpo cercava di fuggire. Invece di un
ascensore vuoto si trovò ad affrontare una figura di proporzioni
ciclopiche, che la sollevò urlante dal pavimento e le strappò di mano
la pistola ad ago, Il nuovo arrivato rese prontamente innocua l'arma
schiacciandola entro un pugno che aveva la forza di una pressa
meccanica. Il dito di Nolly, ancora ripiegato intorno all'arma, fu
strappato via dalla mano e finì impastato col metallo, mentre Nolly,
cacciato un urlo, sprofondò nell'incoscienza.
Piccolo Symm si chinò, scaraventando sul pavimento il corpo
esanime. Nel medesimo istante una lunga forma sottile si adagiò
mollemente sulle spalle di Flinx, salutandolo con un umido schiocco
dietro l'orecchio. Flinx, portato indietro il braccio in un gesto fin
troppo consueto, grattò il minidrago sotto la mandibola e sentì la
lunga forma muscolosa che si rilassava. — Grazie, Pip.
Si alzò infine dalla sedia, girò intorno al tavolo-forziere e ma
novrò i comandi sull'altro lato. Non gli occorse molto per illuminare
vivamente la stanza. Là dove Nanger aveva vacillato, crollando poi
al suolo, la costosa mobilia giaceva contorta e fracassata. Il corpo
di Nanger, che già cominciava a irrigidirsi per il veleno, giaceva
accartocciato su una sedia rovesciata. Il corpo del suo compagno,
altrettanto immobile, era disteso di fianco accanto alla porta. Dalla
mano maciullata colava il sangue.
— Mi stavo appunto chiedendo — disse Flinx a Symm, —
quando saresti arrivato.
— È stato difficile — si scusò il barista. La sua voce uscì
rimbombando dal pozzo senza fondo del suo petto. — La tua
bestiolina era impaziente. Continuava a guizzar via e a ricomparire
quando restavo indietro. Come faceva a sapere dov'eri?
Flinx girò il capo e lanciò un'occhiata affettuosa alla testa di Pip,
adesso sonnolenta. — Ha annusato la mia paura. Vita-d'Acqua sa
che io la trasmettevo fin troppo forte. — Porse a Piccolo Symm i
polsi ammanettati: — Puoi far qualcosa con queste? Devo dare la
caccia a Challis.
Piccolo Symm diede un'occhiata alle manette, con
un'espressione di lieve sorpresa disegnata sul volto. — Non avevo
mai creduto che la vendetta facesse parte del tuo temperamento.
Strinse fra il pollice e l'indice della mano destra una delle fasce
metalliche che imprigionavano Flinx, scrutandola con attenzione.
Strinse le dita per un attimo: si udì un pop e il metallo ricadde,
stracciato come carta. Una seconda operazione altrettanto rapida li-
berò anche l'altro polso di Flinx.
Scrutandosi il polso destro mentre se lo sfregava con la sinistra,
Flinx non riuscì a trovare nessun segno — non la più piccola traccia
— dell'intenso dolore che gli era stato inflitto.
Quindi pensò al modo in cui avrebbe potuto ribattere all'amico.
Come avrebbe potuto chiarire a quell'omaccione benevolo l'impor
tanza che aveva per lui quell'osservazione casuale? — Credo che
Challis sappia qualcosa dei miei genitori. Non posso certo lasciar
perdere un simile fatto.
L'insolita amarezza nella risposta di Symm lo sorprese. — Ma
cosa sono, per te? Cos'hanno fatto, per te? Hanno lasciato che tu
fossi trattato come un oggetto, qualcosa che si poteva vendere e
comperare. Se non fosse intervenuta mamma Mastino, ora saresti
uno schiavo di qualcuno... qualcuno, magari, dello stampo di
Challis. Ai tuoi veri genitori non devi nulla, e men che meno la
soddisfazione di fargli sapere che sei sopravvissuto!
— Io non conosco le circostanze del mio abbandono — ribatté
Flinx. — Devo scoprirle. Devo.
Il gigantesco proprietario del bar, anche lui orfano, scrollò
ostentatamente le spalle. — Flinx, sei un idealista fuori dal mondo.
— E tu lo sei anche più di me — replicò il ragazzo. — Ed è per
questo che mi aiuterai.
Symm borbottò qualcosa d'inintelligibile, che avrebbe potuto es
sere un'imprecazione o anche no. — Da dove è fuggito?
Flinx gli indicò la porta interna. Symm si avvicinò e si limitò ad
appoggiarsi col corpo al pannello metallico. I cardini si schiantarono
con ammirevole prontezza. Oltre la porta trovarono un breve corri
doio che conduceva a un piccolo ascensore privato. La cabina li
portò rapidamente alla base di quella torre fastosa.
— Ma dimmi, come hai fatto a entrare? — chiese Flinx rivolto
all'amico.
Symm fece una smorfia. — Ho detto alle guardie che avevo un
appuntamento con relativo lasciapassare: è il procedimento
consueto in una torre come questa.
— Ma nessuno ti ha chiesto di vederlo?
Symm lo fissò. — Tu lo faresti? Soltanto una delle guardie ha
osato tanto, e credo che si rimetterà in sesto solo se la cureranno a
lungo e come si deve. Attento, adesso! — esclamò appena
l'ascensore giunse a fermarsi. Rannicchiatosi su un lato della cabina,
balzò fuori appena lo sportello si aprì a sufficienza per consentirgli di
passare. Ma non c'era nessuna imboscata ad attenderli. Si
trovarono in un garage di veicoli di superficie che mostrava ampi
segni di essere stato evacuato di recente.
— Ora — disse Flinx al gigante, senza scomporsi, — tu tieni
aperti i tuoi enormi orecchi, e vedi di scoprire dov'è scappato
Challis. Io lavorerò alle mie fonti...
Quando uscirono dalla porta spalancata del garage, nessuno in
timò loro di fermarsi, anche se dispositivi nascosti li stavano osser
vando. Ma chi si trovava all'altra estremità di quei dispositivi fu lieto
di constatare che se ne andavano.
— Sei sicuro che non siano ancora qui? — chiese Symm. —
Qualcuno potrebbe aver preso l'auto per creare una falsa pista.
Flinx rispose con quella sua irritante sicurezza, che Symm non
pretendeva di capire ma aveva finito con l'accettare: — No, qui in
torno non ci sono più.
I due si separarono appena superata l'ultima recinzione che cir
condava il quartiere privilegiato. Non ci furono formalità, niente
strette di mano: fra loro due non era richiesto niente del genere.
— Se vieni a sapere qualcosa, mettiti in contatto con me al
negozio di mamma Mastino — disse Flinx al gigante. — Qualunque
cosa accada, ti farò conoscere i miei piani.
Mentre riattraversava i cerchi concentrici del mercato, Flinx si
strinse bene addosso il mantello. Stavano cadendo le ultime gocce
della pioggia del mattino, in lontananza, un sole sempre fiducioso
accennava a voler sbucare dalle basse nuvole grevi d'acqua.
Intorno a Flinx l'attività turbinava frenetica. In quell'autentico
fulcro dei commerci dell'intero Commonwealth gli affari si facevano
giorno e notte senza interruzione.
Flinx conosceva di vista un gran numero degli abitanti di quel
mondo dentro il mondo. Alcuni erano ricchi e grandi, altri poveri ma
altrettanto grandi. Certi erano non-umani, e vi erano rappresentate
tutte le gradazioni di non-umanità, anche se tutti rivendicavano una
specie d'inespressa fratellanza universale.
Passando accanto al banco del venditore di dolciumi, Kiki, Flinx
mantenne lo sguardo risolutamente rivolto davanti a sé. Era troppo
presto, e il suo stomaco era troppo vuoto per i dolciumi. Inoltre i
suoi visceri si contraevano ancora per i postumi del gioiello
apparentemente innocuo esibitogli da Challis. Perciò, giunto davanti
al banco del presidente Nils, si limitò ad acquistare una pagnottella
di pane integrale spalmata di burro di noci.
Nils era un venditore di alimentari sulla quarantina, dai modi
autoritari. Tutti lo chiamavano «presidente»: infatti governava il suo
angolo di mercato con modi dittatoriali, non sospettando che i suoi
colleghi merciai e ambulanti assecondavano quella sua lieve mania
solo perché la trovavano divertente. Tuttavia le sue merci cotte al
forno non riservavano mai brutte sorprese ai clienti. Flinx addentò
avidamente la pagnottella triangolare, godendosi il crocchiare delle
noci frammiste al burro scuro.
Un'occhiata al cielo gli diede un nuovo briciolo di speranza che il
sole si decidesse davvero a spuntare: comunque sarebbe stato un
evento raro a Drallar, mondo nuvoloso come nessun altro.
Terminato rapidamente lo spuntino, Flinx si addentrò in un set
tore del mercato in cui negozi eleganti ostentavano ricche vetrine:
tutto, lì, era ben diverso dalle baracche e dai magazzini improvvisati
fra i quali era cresciuto. Quando aveva proposto di trasferire il ve
tusto chiosco dalle rumorose profondità del mercato, mamma
Mastino aveva reagito protestando vivacemente. — Non saprei
come comportarmi — aveva obbiettato. — Cosa ne so, io, sul
modo in cui si deve trattare con i clienti ricchi ed eccentrici?
— Credimi, mamma — (lui la chiamava così anche se entrambi
sapevano che non era la sua vera madre, e del resto lei si
comportava come una madre affettuosa verso una buona metà dei
senza tetto di Drallar) — sono tali e quali i tuoi vecchi e affezionati
clienti... soltanto che questi idioti verranno da te con rotoli di
banconote molto più pingui. E poi, cos'altro potrei fare di tutti quei
soldi che Malaika ha voluto darmi per forza?
Ma alla fine era stato costretto a comperare il negozio di nasco
sto e a offrirglielo, mettendola davanti al fatto compiuto. Lei gli
aveva inveito contro per ore, dopo che lui le aveva fatto la rivelazio-
ne; alla fine si era lasciata convincere a venirlo a vedere con i propri
occhi. Anche se aveva continuato a proferire i più spaventosi
improperi a ogni nuovo oggetto che lui le esibiva (l'alta classe delle
merci esposte, il lussuoso alloggio al piano di sopra, la sfavillante
cucina automatizzata) la sua resistenza era crollata in un batter
d'occhio.
Ma c'erano due cose che lei si rifiutava ancora cocciutamente di
fare. Una era decidersi finalmente a gettar via il suo abbigliamento
confezionato in casa: una congerie stupefacente di perline, campa
nellini e toppe dei più svariati tessuti e colori. L'altra era servirsi del
piccolo e comodo ascensore che metteva in diretta comunicazione il
negozio al pianterreno con l'alloggio al primo piano. — Il giorno in
cui non sarò più capace di farmi una rampa di scale — protestava,
— potrai farmi imbalsamare e mettermi in vetrina come una
curiosità in vendita. — E per mostrare quant'era decisa, fin dal
primo giorno aveva cominciato a salire e a scendere i gradini a
quattro per volta.
Nessuno sapeva quanti anni avesse mamma Mastino, e lei si
guardava bene dal rivelarlo. E neppure era disposta a sottoporsi
all'estesa chirurgia estetica che adesso Flinx avrebbe potuto offrirle,
o a usare qualcuno dei congegni che avrebbero potuto ringiovanire
artificialmente il suo aspetto generale. — Ho passato troppo tempo
ad allenarmi per questo ruolo di vecchia befana, e non ho intenzione
di rinuciarci proprio adesso — gli aveva dichiarato una volta per
tutte. — Inoltre, più disgraziata e decrepita sembrerò, più cortesi e
compassionevoli si mostreranno quegli schiocchi... ma sì, i clienti.
E, fatto per nulla sorprendente, il negozio prosperava. Soprattut
to perché molti dei migliori artigiani di Drallar avevano le stesse umili
origini di mamma Mastino, e riservavano a lei le creazioni più belle.
Mentre Flinx svoltava l'angolo, vide che lei lo stava aspettando
all'ingresso posteriore. — Di nuovo fuori per tutta la notte! Immagi
no che tu sia stato in qualche posto salubre come il Palazzo Rosa o
Peccatoville. Vuoi proprio farti tagliare la gola prima ancora di aver
compiuto diciott'anni? — Prese subito a rampognarlo, agitandogli
sotto il naso un dito ammonitore.
— Sarà un po' difficile, mamma. — La superò, e lei (senza
lasciarsi per niente rabbonire) lo seguì nel magazzino sul retro del
negozio.
— Quel tuo grondone volante non ti salverà tutte le volte, sai?
Non certo in una città come questa, dove tutti sono pronti a
stringerti la mano mentre nel medesimo istante ti pugnalano alla
schiena. Continua pure a passeggiare così nel cuore della notte, ra
gazzo mio, e una mattina ti porteranno qui pallido e svuotato di ogni
goccia di sangue. Ma ti avverto — proseguì lei, alzando la voce, —
il tuo sarà un funerale molto alla buona, poiché io non intendo
rompermi la schiena lavorando per pagare un corteo lussuoso a uno
sciocco!
Si udì un acuto ronzio, che però non interruppe la sua concione:
— Perciò ti dico per l'ultima volta, ragazzo mio...
— Mamma, non hai sentito la porta? — Flinx sorrise. — È
arrivato il primo cliente della mattina.
Mamma Mastino scrutò attraverso la cortina di perline: — Uff!
— sbuffò. Ma subito cambiò tono: — Dovresti vedere la tanzanite
all'anello della donna... — Esitò, combattuta dalla necessità di
soddisfare allo stesso tempo l'affetto per il figlio e l'avidità. — Ma
cosa vuoi che siano un paio di clienti, quando... — Nuova
esitazione. — Dodici carati almeno, quella tanzanite. E i loro vestiti
indicano che forse sono terrestri... — Sollevò infine le braccia, in
preda alla confusione e al disgusto. — Tu sei la mia punizione
vivente, il castigo per tutti i peccati della mia giovinezza. Sparisci
dalla mia vista, ragazzo! Va' di sopra, datti una lavata, spruzzati di
disinfettante da capo a piedi... puzzi tremendamente di fogna.
Asciugati bene, e sta' attento! Non sei ancora troppo vecchio o
troppo grosso perché io non possa farti diventare paonazzo il
sederino a furia di sculaccioni. — Scivolò attraverso la fitta tendina
di perline, ed ebbe luogo una trasformazione quasi miracolosa:
— Ah, signore... signora — tubò, con voce mielata e lusinghiera,
la sua tipica voce da vecchia nonna con cui sapeva incantare tutti:
— Voi onorate con la vostra presenza il mio modesto negozio. Mi
sarei subito precipitata da voi, ma stavo accudendo al mio
sventurato nipote che è gravemente malato e ha bisogno di molte
cure costose. Il dottore teme che perda la vista a meno che
l'operazione venga eseguita il più presto possibile, e...
Il suo fluido discorso da consumata imbonitrice s'interruppe
quando la porta dell'ascensore si chiuse alle spalle di Flinx. Al con
trario di mamma Mastino, lui non rifuggiva dal servirsi delle como
dità moderne: certo non vi avrebbe rinunciato adesso, stanco
com'era dopo le fin troppo intense esperienze della notte
precedente. Quando infine mise piede nell'alloggio al piano
superiore, si chiese come fosse possibile che una voce emessa da
una gola raggrinzita dalla vecchiaia potesse assumere toni così
diversi, dalla minaccia più truce all'invito più suadente e insincero.
Più tardi, durante il pasto serale (che lui stesso aveva preparato,
visto che mamma Mastino era stata occupata coi clienti per tutta la
giornata), cominciò a spiegarle ciò che gli era successo. Una volta
tanto lei non gli tenne concioni né lo sgridò, ma si limitò ad ascol
tarlo con sufficiente condiscendenza finché lui ebbe finito.
— Così, ora gli darai la caccia — fu il suo commento finale.
— Devo farlo, mamma.
— E perché?
Lui distolse lo sguardo. — Preferirei non dirlo.
— E va bene. — Mamma Mastino spazzò via dal piatto con un
pezzo di pane l'ultima traccia di sugo. — Ho sentito parlare molto,
di quel Challis: i più svariati commenti sui suoi gusti, e nessuno
buono. Sui suoi affari si sa molto meno, anche se corre voce con
insistenza che la ditta Challis abbia conosciuto un impulso decisivo
quando lui ne è diventato il capo. — Concluse la concione con un
fragoroso grugnito e si pulì la bocca con un lembo della sua gonna a
più strati.
— Sei proprio sicuro di doverlo fare, ragazzo? Finora sei stato
fuori pianeta una volta sola, sai?
— Credo di potermela cavare, mamma.
— Ma sì, ne sono convinta — replicò lei, ma senza riuscire a
dissimulare una sfumatura di scherno nella sua voce. — Anche se,
stando a tutte le probabilità logiche, tu avresti dovuto morire non
meno di una decina di volte prima del tuo quindicesimo
compleanno; e non credo che quel diavoletto che ti sogghigna lì
sulle spalle possa garantirti la salvezza in ogni occasione.
Allungò un'occhiata velenosa alla riproduzione di un albero in oro
e smeraldi. Pip era comodamente arrotolato intorno a uno dei rami,
e neppure alzò la testa: il rapporto fra lui e mamma Mastino era
sempre stato quello di una tregua in armi.
— Prima che tu scappi via, lasciami fare una telefonata — ter
minò lei.
Mentre era intento a staccare laboriosamente frammenti di gelati-
na nera dagli interstizi fra i molari, Flinx tese l'orecchio al borbottio
di mamma Mastino seduta accanto a un piccolo comunicatore all'e
stremità opposta della stanza. Quel radiotelefono le dava una mobi
lità che in tanti anni non aveva mai conosciuto: era una delle poche
innovazioni tecnologiche, lì nel negozio, di cui lei avesse accettato
subito di servirsi. In pochi giorni il radiotelefono l'aveva trasformata
nel terrore di qualunque funzionario cittadino in qualche modo re
sponsabile del corretto funzionamento di quella bolgia che era il
mercato.
Mamma Mastino fu ben presto di ritorno al tavolo. — Il tuo ami-
co Challis è partito stamattina a bordo dell'astronave di crociera
Auriga in compagnia di sua figlia e di una folla di servi. —
Sogghignò. — Da quanto mi hanno riferito, se n'è andato davvero
in fretta. Tu e quel grosso tonto di Symm dovete averlo spaventato
davvero a morte; ma d'altra parte quel gigante, da solo, è sufficiente
a far crepare uno specchio, se gli si avvicina.
Fissò Flinx con sguardo interrogativo. Lui non le ricambiò lo
sguardo e cominciò invece a giocherellare con l'orlo della tovaglia.
— Qual è la destinazione dell'Auriga?
— Hivehom — fu la risposta. — La Challis ha un bel po'
d'investimenti sul tavoliere Mediterranea. Immagino che lui si
precipiterà là appena l'astronave sarà atterrata.
— Sarà meglio che mi prepari. — Flinx si alzò e fece per
avviarsi verso la propria stanza.
Una mano raggrinzita ma robusta lo agguantò a un polso, e un
volto simile a una valle scoscesa scrutò minuziosamente il suo. —
Non farlo, ragazzo — lo pregò lei in un sussurro.
Lui scosse la testa. — Non ho scelta, mamma. Non saprei dirti
cos'è, ma mi chiama... Un richiamo irresistibile. Devo andare.
La stretta al suo polso si allentò. — Non so che razza di affari tu
abbia con quell'uomo infame, ma non posso credere che sia una
faccenda così seria. — Flinx non replicò, e quando il silenzio si pro
lungò oltre ogni limite lei finì col lasciarlo libero. — Se pensi di do
ver andare, allora va'. — Distolse lo sguardo. — Non so come
funzioni la tua testa, ragazzo. Non l'ho mai capito, sai? Ma so che
quando ti ficchi qualcosa dentro il cervello, poi solo tu sei capace di
spremerlo fuori. Vai, allora, e abbiti la mia benedizione. Anche se
— concluse, sibilando fra i denti, — non vuoi dirmi il motivo.
Flinx si chinò e baciò la crocchia grigia arrotolata dietro la testa
della vecchia. — Sii benedetta anche tu, mamma — le disse,
mentre lei si contorceva ostentando una viva ripugnanza per quel
gesto affettuoso.
Non occorse molto a Flinx per impacchettare i pochi averi che
voleva portare con sé. All'improvviso gli parve che per lui
contassero così poco... Quando si avviò per uscire, vide la vecchia
ancora seduta al tavolo, immobile: una figura all'improvviso
minuscola e fragile. Come avrebbe potuto farle capire che lui
doveva rischiare la vita — quella vita che lei aveva salvato e
protetto — in una ricerca quasi certamente inutile di due persone
che non avevano fatto niente per lui se non metterlo al mondo...?
CAPITOLO TERZO
CAPITOLO QUARTO
CAPITOLO QUINTO
CAPITOLO SESTO
CAPITOLO SETTIMO
CAPITOLO DECIMO
CAPITOLO UNDICESIMO
CAPITOLO DODICESIMO
FINE