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Cozzi G.

– Venezia dal Rinascimento all’Età barocca, in Storia di Venezia,


vol. VI, Treccani, 1994, pp. 3-128.

1. La pace d’Italia (1530)


Tra guerra e pace. PP. 5-6, dopo il sacco di Roma e le vittorie conseguite contro i francesi, CV riesce a
firmare una pace con CVII, il 29 giugno a Barcellona. Questo accordo spianava la strada per uno con FI,
che venne siglato il 5 agosto dello stesso anno a Cambrai. In entrambi i trattati alcune clausole
comprendevano anche gli interessi delle Repubblica di Venezia. Secondo il trattato di Barcellona, CV si
sarebbe impegnato a far restituire a CVII Cervia e Ravenna, recentemente occupate da Venezia. Mentre in
quello di Cambrai FI si impegnava nella restituzione dei porti pugliesi che durante il conflitto i veneziani
avevano occupato. Verso Venezia stessa CV decise di fare pace, tramite anche la mediazione del papa.
Al Senato pareva opportuno riavvicinarsi al papa e stringere buoni rapporti. Per fare questo era stato
inviato come ambasciatore a Roma Gasparo Contarini, all’inizio del 1528, un senatore molto attento ai
problemi della chiesa. Il Contarini era stato inviato ambasciatore anche presso CV.

Bologna, fine del 1529, inizio del 1530: lo schiudersi per la Repubblica di Venezia di un periodo di pace.
P.7, la pace d’Italia verrà trattata a Bologna tra ottobre e dicembre 1529: presenti CV, CVII e Contarini
rappresentava la Serenissima. Il trattato venne concluso il 23 dicembre 1529e ratificato il 5 gennaio 1530 a
Bologna. CV riconosceva a Venezia lo stato di Terraferma e rinunciava a tenere per sé il ducato di Milano,
che né Venezia né il papa consideravano accettabile; l’imperatore aveva già ricevuto i porti pugliesi.
P. 8, in Senato v’erano stati dissensi e discussioni sulla pace di Bologna, su Contarini, reputato
filopapale, e su una clausola apertamente antiturca.
La Serenissima aveva ribadito le sue scelte politiche confermando il 20 maggio 1535 il trattato di
Bologna; a novembre morirà il duca Francesco II Sforza. A contendersi nuovamente il ducato CV e FI; P.
Giovio commentava «la contesa non è picciol cosa, ma della monarchia d’Europa». P. 9, CV decise di
tenere per sé il ducato. In quel periodo l’imperatore era in forte ascesa: in primavera aveva compiuto
l’impresa contro Tunisi. FI decise di riavviare le guerre d’Italia invadendo il Piemonte e puntando a
Milano e prese anche la decisione di coinvolgere il Turco. Solimano e FI avevano stretto un accordo
segreto secondo il quale il sultano avrebbe sferrato un attacco contro CV sul mare.

L’espansione demografica ed economica: una città che acquista nuova consapevolezza di sé.
P. 26, dopo la pace di Bologna, e anche dopo la pace con il Turco (1540) Venezia aveva avuto una
ripresa economica (v. Sella e Pezzolo).

3. La Repubblica di fronte all’Impero Ottomano


P. 28, dalla fine del ‘400 l’impero ottomano era in continua espansione verso est, contro i Safavidi,
verso Sud-ovest, contro l’impero dei mamelucchi, e iniziava a farsi sempre più presente nel Mediterraneo
Orientale ed anche in quello occidentale (p. 29), soprattutto con l’intesa con il corsaro Barbarossa che
ricevette Algeri da Solimano e divenne anche gran ammiraglio della flotta ottomana. Nel 1534, Barbarossa
conquistò Tunisi e da lì attaccò le coste del Sud Italia. Nel 1535, CV passò al contrattacco e conquistò
Tunisi. Era quanto bastava a Solimano a schierarsi dalla parte di FI.
La Serenissima si trovava in una situazione piuttosto difficile. Poteva allearsi con FI e Solimano, di
questo modo i suoi traffici con il Levante sarebbero stati salvaguardati, però sarebbe stata contraddetta la
politica di Bologna. La Serenissima decise di confermare nel febbraio 1536 la lega con l’imperatore; l’aveva
fatto prendendo tutte le precauzioni possibili.
La posizione migliore per la Serenissima era la neutralità, questa politica coincideva anche con quella
del papa PIII, il quale desiderava la composizione dell’ostilità tra FI e CV, cosa che riuscirà a fare in parte a
Nizza, nel 1538. La tregua era la condizione indispensabile per la lega antiturca che era stata conclusa nel
febbraio 1538 tra Venezia, PIII, CV e Ferdinando d’Austria. P. 30, Andrea Doria avrebbe avuto il comando
della flotta congiunta.
La Repubblica superando le incertezze di molti senatori, si decide alla lega e alla guerra antiturca.
Cercando di sfruttare l’esitazione di Venezia, Solimano passò all’attacco e mise sotto assedio Corfù (N.B.
non è andata proprio così). La Serenissima, prevedendo la possibilità di un attacco turco, nel 1532 aveva
deciso di rinforzare la fortezza, ma non fece a tempo ad iniziare i lavori. Corfù però resistette, ma da quel
momento Venezia aveva poche alternative: trattare subito con il Turco o continuare la guerra al fianco di
CV e PIII.
La disputa in Senato fu molto vivace: Francesco Longo, tramite le memorie del padre Antonio, riporta
le discussioni tra chi promuoveva la guerra contro il Turco e chi invece affermava che i veri nemici erano
l’imperatore e il papa, non Solimano. P. 31, se la Repubblica aveva resistito a tutte le difficoltà dei decenni
precedenti era anche merito dell’atteggiamento turco, relativamente amichevole, nei suoi confronti.
Prevalse la parte della lega, con riserva; dalla parte della lega c’era Matteo Dandolo, degli stessi ideali
politici del cognato Gasparo Contarini.
Ciascuno dei collegati aveva motivi per diffidare degli altri: chi avrebbe avuto i vantaggi maggiori, chi
oneri più gravi, chi le spese ecc. Già dopo la stipula del trattato emersero le prime diffidenze: Venezia non
era convinta delle intenzioni di CV di impegnarsi a fondo contro il Turco e le diffidenze erano reciproche.
Lo scontro tra le flotta avvenne nel settembre 1538 al largo della Preveza, la flotta cristiana ne uscì sconfitta.
Poi Doria tentò di rifarsi conquistando Castelnuovo, ma la fortezza venne ripresa da Barbarossa l’anno
dopo (p. 32.).
P. 33, dopo la Preveza divenne chiaro a Venezia che da sola non poteva combattere contro il turco e
anche che era impossibile coordinarsi con degli alleati che avevano delle intenzioni non molto chiare.

Il Consiglio dei X e la zonta si sostituirono al Senato per condurre e concludere le trattative di pace con
il turco. Il partito della pace a Venezia andava rafforzandosi: la delusione per gli sforzi militari ed
economici era talmente dura che si era disposti a trattare la pace separatamente. Le trattative erano state
affidate dal Senato ad Alvise Badoer, che era stato ambasciatore presso CV, ma il turco temporeggiava e
faceva richieste spropositate. Il CDX, con un colpo di mano costituzionale, velocizzò il tutto e il 19
gennaio 1540 inviò al Badoer una commissione segreta con cui lo si autorizzava a concludere la pace
accettando anche le condizioni più gravose, vennero così cedute Malvasia e Napoli di Romania. La pace
sarà firmata a Cpl il 2 ottobre 1540.
Solo successivamente si venne a sapere che le trattative erano falsate: i turchi conoscevano tutte le
disposizioni, anche quelle segrete, date agli ambasciatori, perché ricevevano informazioni dagli
ambascaitori francesi, che a loro volta le ricevevano dai fratelli Cavazza, uno segretario del Senato, l’altro
del CDX.
P. 34, saputo delle trattative separate, CV fece sentire a Venezia tutto il suo sdegno e disappunto
tramite il suo amb.e don Diego Hurtado de Mendoza, che fece un’orazione che andò a ferire l’orgoglio
veneziano nel profondo. Dopo la defezione veneziana e papale, CV di ritrovò a dover fronteggiare da solo
Solimano.

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