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Filosofia

Lezione 15 04

Croce delinea in questo scritto sulla classificazione dello scibile: da un lato ci sono le scienze proprie, che
individuano leggi, che puntano a conoscere l’universale e dall’altro le scienze che puntano a conoscere
l’individuale. Questa impostazione ha delle affinità con quello che negli stessi anni viene concepito dai
neokantiani del Bade, che anche in questo caso la differenza tra le scienze è una differenza che si può
cogliere solo se si mette in evidenza lo scopo della scienza. Le scienze hanno scopi differenti e a partire da
quello che è il fine specifico delle diverse scienze si possono distinguere tra loro le scienze. Ci sono scienze
che puntano alle leggi, e tutto sommato in questo non ha torto il positivismo sia per i neokantiani che per il
giovane croce, perché le scienze naturali puntano a ricondurre i fenomeni alle leggi, il problema è che non
tutte le leggi fanno questo e alcune scienze invece si indirizzano verso la conoscenza dell’individuale e per il
giovane croce come per i neokantiani del Baden l’individuale si dà solo nell’intuizione, ed è l’intuizione che
ci dà il reale. E quindi così come per i neokantiani del Baden è vero che le scienze storico culturali sono
scienze di realtà, ma è anche vero che i neokantiani del Baden esplicitamente, tipo Likert, esprimono
chiaramente questo concetto cioè che in verità le scienze che dicono il reale sono le scienze storico culturali
e lo fanno attraverso l’intuizione dell’individuale e questa stessa idea viene contemporaneamente e
autonomamente elaborata da Croce, in questi stessi anni, cioè l’idea secondo cui ci sono scienze che
guardano all’individuale e al reale e queste scienze sono le scienze improprie e la prima di esse è la
storiografia.
Ma in generale quelle che i neokantiani chiamano scienze storico sociali, anche per i neokantiani del Baden
in ultima istanza ricercano l’individuale ma non hanno sempre e solo come scopo la ricerca dell’individuale
o meglio in ultima istanza ricercano sempre il fatto che è individuale, unico e irripetibile ma talvolta
adottano anche il metodo generalizzante della ricerca di leggi. Quindi in verità per i neokantiani non c’è un
metodo esclusivamente usato dalle scienze naturali e uno usato esclusivamente usato dalle scienze storico
culturali, perché in entrambe le scienze c’è una compresenza dei due metodi, quello generalizzante e quello
che cerca l’individuo, anche se ovviamente nelle scienze storico culturali, dice Likert ad esempio, prevale
assolutamente il metodo del comprendere e quindi il metodo non generalizzante, mentre in quelle naturali
prevale quello generalizzante. E nel giovane Croce la situazione è simile tutto sommato, perché croce ad
esempio dice esplicitamente parlando della psicologia che c’è una psicologia intesa come scienza propria
ma poi c’è un’altra intesa come scienze impropria, cioè si può guardare il mondo della psiche sia
cercandone le leggi, sia invece cerando di spiegare l’unicità della vita psichica di un individuo. Quindi tra
scienze proprie e improprie c’è una differenza non tanto di oggetto, anche se ovviamente per croce
essenzialmente come per i neokantiani, la storia non la si può capire veramente fino in fondo attraverso la
individuazione delle leggi. L’elemento antipositivistico emerge già nel 93, ed è ribadito da croce tra il 93 e il
96. In questi scritti che precisano il saggio sulla storia intesa come qualcosa di riducibile all’arte.
Questo discorso crociano investe ad un certo punto anche la riflessione su Marx, perché Croce leggendo il
testo di Labriola “in memoria del manifesto”, si pone la questione su cosa sia il materialismo storico
elaborato da Marx e Engels, quel materialismo storico da cui Croce è affascinato in questi anni in cui entra
spinto da Labriola e in contatto diretto con Engels elabora la propria idea di marxismo. Croce diceva che
leggendo questo testo cerca di capire fino in fondo cosa sia il materialismo storico ed esplicita la sua lettura
in quello che è il primo saggio teorico di croce sul marxismo che è quella memoria del 1896 nell’anno in cui
croce ripubblica anche nella versione ampliata lo scritto sull’arte aggiungendo una serie di precisazioni e di
scritti elaborati tra il 94 e il 95.
I due testi sono strettamente connessi e ciò che la storia del marxismo non ha mai compreso è proprio
questo punto, perché Croce in questi anni delinea una propria posizione in stretto rapporto con Labriola, se
ne fa di fatto discepolo e Labriola lo accoglie come discepolo, ma poi come vedremo tra i due si pone un
contrasto. Croce intensamente studierà Marx e pubblicherà una serie di saggi molto significativi tra il 96 e il
99 attraversando due fasi in questi anni: una prima fase che è quella di un marxismo labriolano, in linea
secondo Croce con le intuizioni di fondo sulla filosofia della storia e sulla storiografia sviluppate da Labriola;
ma poi appunto già dal 97 si delinea una non coincidenza di lettura di Marx tra Labriola e Croce, e Croce di
fatto vira progressivamente e progressivamente si allontana da Marx scrivendo un altro importante
capitolo, anche questo sottovalutato dalla storia del marxismo, e sviluppa qui un riflessione sull’altra legge
fondamentale individuata da Marx, ma certamente meno centrale rispetto alla legge del plus valore, e
questa volta Croce si confronta con questa teoria di Marx e la contesta dall’interno. Questa teoria è la
teoria della caduta tendenziale del saggio del profitto, questo per dire quanto Croce si allontana
progressivamente da Marx anche perché scopre o ritiene di scoprire che appunto la legge della caduta
tendenziale del saggio del profitto in realtà non tiene.
Certo è che comunque Labriola non apprezza affatto il marxismo critico di Croce, ne vede la convergenza
con il nascente revisionismo e Croce a questo punto si avvicina sempre di più ad un modo diverso di
concepire Marx e si avvicina in particolare alle posizioni di George Sorel, ad un marxismo della prassi e
sicuramente in questo mutamento crociano c’è anche una significativa incidenza della lettura che Croce fa
degli scritti di Giovanni Gentile, il giovane amico che inizia a collaborare con lui.
Alla fine nel 1900 Croce raccoglie i suoi scritti su Marx in un volume intitolato materialismo storico e
economia marxistica e scrivendo la prefazione a questo volumetto dichiara esplicitamente di essere vicino
alla posizione di Sorel. Questo significa evidentemente essersi allontanato da quelle che erano le indicazioni
di Labriola perché negli scritti di Sorel, in quelli del suo discepolo, che Labriola considererà sempre fino alla
fine ben più dotato di Sorel e di ogni altro pensatore che riflette in questi anni su Marx almeno in Italia.
Croce appunto manifesta la sua vicinanza con Sorel e l’aver sposato un’idea di Marx che sottolinea
l’importanza del lavoratore, perché come scriverà in un bello e significativo scritto che è dedicato alla
morte del socialismo nel 1911, come dirà Croce con Sorel per qualche anno il sogno di Marx si è
ripresentato, con forza, con questa esaltazione dell’uomo che lavora, dell’uomo nuovo che il sindacalismo
rivoluzionario di Sorel proclama e Croce si sente di condividere in questa fase. Ma come spiega croce in
questo testo dell’11 in realtà il sogno di Marx era destinato a cadere, è destinato a cadere perché oramai
nell’11 Croce vede retrospettivamente gli studi su Marx come degli studi che hanno avuto nel suo percorso
personale un solo scopo fondamentale quello di avergli fatto scoprire che c’è una forma dello spirito e
questo è un riconoscimento non irrilevante, che croce manterrà fino alla fine della sua vita nonostante il
suo antimarxismo, nei confronti di Marx, i suoi studi su Marx gli hanno fatto scoprire una forma dello spirito
su cui la filosofia non aveva mai indagato prima e che croce incorpora nel suo sistema della maturità ed è
appunto l’utile, l’economico. La prima delle due forme pratiche, perché la filosofia secondo il Croce maturo,
si è sempre dedicata alle altre tre forme dello spirito, ha indagato i tre valori di riferimento dello spirito cioè
ha sviluppato l’etica e ha indagato il bene, ha sviluppato l’estetica e ha indagato il bello e ha sviluppato la
logica, la filosofia e ha indagato il vero, ma la filosofia non ha mai indagato adeguatamente l’altra forma
dello spirito cioè l’economico, l’economia e il merito di Marx è stato quello di mettere l’economia al centro
della sua riflessione e quindi croce gli riconoscerà sempre il merito di aver portato all’attenzione della
propria filosofia l’utile. Ma il Croce maturo che scrive nel primo decennio del 900 il suo sistema, quello che
dopo la lettura e la rilettura attenta di Hegel spinto anche da Gentile, diventa hegeliano, quel croce che
abbandona sostanzialmente l’impostazione kantiana o meglio una logica che è ispirata al ritorno a Kant, e
diventa appunto il Croce del sistema, il Croce della logica, ebbene questo Croce non sarà più disposto a
riconoscere nessun valore teorico a Marx e riterrà appunto che Marx e il marxismo abbiano avuto due
fondamentali meriti: il primo è quello di aver portato all’attenzione della cultura e della filosofia
l’economia; l’altro connesso al primo è quello di aver elaborato un canone storiografico invitando gli storici
a guardare i fatti, i fatti concreti e materiali.
Quindi Marx resta per il Croce maturo colui che ha spinto la storiografia e la cultura contro la filosofia della
storia, intesa come quell’errore che Croce riterrà essere sempre anche nella matura età, tipico di Hegel
nonostante si proclamerà hegeliano, l’errore di concepire una filosofia della storia, cioè una storia che
secondo croce Hegel avrebbe concepito non guardando ai fatti, ma imponendo una logica ai fatti, pensando
che ci sia una logica nei fatti, e che questa logica non è che qualcosa che si impone e quindi per Hegel poi
infondo non sono importanti i fatti più di tanto, ma la legge dei fatti, la razionalità dei fatti che Hegel
avrebbe, secondo il Croce maturo, non tanto ricercato dentro i fatti empirici come invita invece
giustamente a fare Marx, ma avrebbe concepito la ragione come una potenza metafisica che viene prima
dei fatti. E quindi per questo avrebbe concepito una filosofia della storia, riconducendo la storia alla legge
razionale. Per il Croce maturo resterà comunque un elemento culturale positivo anche sotto questo
aspetto, dell’attenzione ai fatti economici e per l’attenzione appunto alla storia concreta. Poi Marx stesso si
farà prendere dalla filosofia della storia e penserà la storia come un qualcosa che ha un fine precostituito,
cioè lo penserà in modo metafisico come Hegel.
Invece dal punto di vista strettamente teorico il marxismo non interessa più, le opere di Marx non
interessano più il croce maturo, Croce dirà che quel che di concreto c’è nella filosofia della storia di Hegel e
quindi la capacità di Hegel di indagare la storia non solo dall’esterno ma anche dall’interno, lui l’ha preso da
Marx, e appunto questo riconoscimento però non fa sì che consideri l’opera che ha un suo spessore teorico.
Il marxismo in fondo è prassi e Marx è rilevante per la prassi, ma dal punto di vista teorico il marxismo non
è una filosofia, non ha forza teorica e questo croce lo dirà nel modo più esplicito nel 1936 quando
pubblicherà gli scritti, le opere di Labriola e scriverà una importantissima introduzione dedicata al tema
“come nacque e come morì il marxismo teorico in Italia”, questo perché il marxismo teorico per il Croce
maturo è morto.
Questo testo fondamentale che Croce scrive nel 36 siamo in pieno fascismo, Croce ha scritto il manifesto
degli intellettuali antifascisti, è un antifascista, è l’unico intellettuale tollerato dal sistema in quanto
antifascista e che certamente non gli risparmia critiche né accuse, ma Croce è senatore del regno, è stato
nominato senatore del regno all’inizio del secolo, è ormai una personalità internazionale e il regime ha
paura di toccarlo nonostante il suo espresso antifascismo. Ma Croce è d’altra parte anche, all’origine, di
alcune idee di fondo sulla prassi sviluppate da Sorel, riprese a suo modo dalla filosofia dell’atto di Gentile, è
un autore che mussolini ha letto negli anni della sua formazione,
E quando croce con discreto ritardo prende le distanze dal fascismo mussolini comunque lo tollera e
addirittura croce riesce, proprio rivolgendosi direttamente a mussolino, nel 36 a pubblicare le opere del più
grande marxista italiano che è Labriola e lo fa però in parte riconoscendo il proprio legame di fondo con
questo pensatore marxista in pieno fascismo, ma anche sottolineando la sua profonda distanza dal
marxismo in questo scritto introduttivo ricchissimo che si intitola “come nacque e come mori il marxismo
teorico in Italia”. La tesi di croce in quel saggio è che il marxismo teorico non aveva possibilità di svilupparsi
e mantenersi effettivamente vivo e quindi era inevitabilmente destinato a morire e in un solo momento il
marxismo teorico è riuscito ad essere vivo e lo è stato grazie a Labriola per pochi anni nella seconda metà
degli anni 90 e poi però muore e muore in Italia e nel mondo perché non aveva possibilità di essere
effettivamente una teoria, poteva essere una elaborazione teorica rilevante capace di stimolare con il
canone storiografico che invita a guardare i fatti, ma non è filosofia quella di Marx, non è vera teoria.
Dunque c’è un tentativo di farla essere teoria compiuto da Labriola, quindi Croce in questo testo
ricostruisce il suo rapporto con Labriola dicendo che in fondo egli fin dall’inizio aveva capito la debolezza
teorica di Marx e lo aveva fatto fin dal suo primo scritto del 96.
Cosa avrebbe capito croce? Cosa dice Croce di sé stesso? Dice che aveva capito fin da allora l’errore
fondamentale di Marx che consiste nel voler ridurre la storia alle leggi, nel voler cercare le leggi della storia.
Aveva sostanzialmente capito che quella di Marx è una metafisica della storia, è una filosofia della storia e
che quindi in fondo Marx compie l’errore fondamentale di non guardare la storia da dentro, non guardare i
fatti, ma imporre alla storia la ragione: questa è la tesi fondamentale auto interpretativa di Croce.
Il prof si è accorto nel Marx possibile che l’auto interpretazione di croce non tiene, perché croce maturo
attribuisce a se stesso quando era molto più giovani alcune tesi che sono perfettamente in linea con il suo
sistema della maturità ma che non sono affatto in linea con quello che croce effettivamente pensava e
scriveva quando aveva scritto questo saggio del 1896. Perché se andiamo a leggere questo saggio del 96
leggiamo che Croce dice e scrive che il materialismo storico di Marx non è scienza, ma significativamente
scrive non è scienza nel senso proprio del termine. Croce dimentica nel 36 o forse ha cancellato,
reinterpretandosi, quello che invece aveva scritto nel 94/95, e la questione fondamentale da capire era la
distinzione tra le scienze proprie e improprie, quindi quando Croce nel 96 scrive che non è interesse di
Marx individuare le leggi, quando dice che il marxismo non può essere ridotto in formule o non vuole
ridurre la storia in formule sta certamente dicendo che il marxismo non è scienza propria e invece come si
legge in questo testo dice che il marxismo è una teoria che serve a capire la storia e quindi in verità se si
legge questo breve testo che si intitola “sul materialismo storico”, e che poi viene pubblicato
successivamente con il titolo “sulla scientificità del materialismo storico”, e che croce continuerà a
pubblicare sostanzialmente invariato fino alla fine dei suoi giorni. Quando croce scrive questo testo come
lui in parte dice anche nel 36, lui era pienamente preso dalle teorie di Marx e riteneva che Marx aveva
indicato la via regia per l’umanità, mentre nel 36 ci dice che aveva visto fin dall’inizio l’errore metafisico di
Marx, aveva visto che Marx era un metafisico della storia, sì uno capace di stimolare tutti a guardare
l’economia, ma comunque un metafisico della storia. Invece il testo del 96 dice esattamente il contrario,
croce ispirato da Labriola pensa a Marx, che non vuol ridurre in nessun modo la storia a formule, non vuole
fare scienza propria della storia, non vuole fare quello che volevano fare i positivisti; non solo, ma questo
testo è importante perché croce se la prende esplicitamente proprio con quei marxisti che interpretano
Marx in modo positivistico o in modo metafisico. Se la prende esplicitamente con uno dei padri del
marxismo internazionale, cioè con Plechanov e lo accusa di non aver capito nulla di Marx, cioè di non aver
capito quel nocciolo del pensiero di Marx che secondo invece Croce, Labriola ha compreso fino in fondo,
cioè che quella che Marx propone non è una teoria monista della storia, cioè Marx non vuole ridurre la
storia alle leggi e questo Marx lo ha scritto esplicitamente e in modo ancora più esplicito Engels, dice Croce,
quando ha richiamato, e Croce lo cita, i marxisti proprio a non leggere Marx come un autore che voleva
semplicemente ridurre tutta la storia alla legge secondo cui l’intera società è determinata solo
esclusivamente dall’economia.
A pag.37 croce scrive: “Engels nelle non poche lettere responsive che scrisse, lascia intendere che quando
insieme a Marx sotto la suggestione dei fatti, concepiva una nuova veduta storica non aveva inteso di
formulare una teoria rigorosa (qui teoria rigorosa significa scienza propria della storia, cioè riduzione della
storia ad una legge generale). In una di queste lettere si scusava di quel tanto di esagerazione di parole, che
potevano egli e il Marx aver messo nell’affermazione polemica delle loro idee e raccomandava di badar
piuttosto alle loro applicazioni pratiche che non alle espressioni teoriche. Bella cosa -Engels esclamava- se si
potesse dar la formula per intendere tutti i fatti storici”.
Croce si riferiva in particolare ad una lettera del 1890 in cui Engels scriveva: “il fatto che i giovani talora
annettono al lato economico un’importanza maggiore di quello che gli spetta, è in parte colpa di Marx e
mia. Di fronte agli avversari dovevamo sottolineare il principio essenziale, da loro negato e allora non
trovammo sempre il tempo, luogo e occasione di rendere giustizia agli altri fattori che partecipano
all’azione reciproca. Ma non appena si giungeva all’esposizione di un periodo della storia, cioè
all’applicazione pratica, la cosa cambiava e nessun errore era possibile”. Quindi Engels e Marx hanno messo
in evidenza come non solo il fattore economico ma anche gli altri fattori giocano un ruolo determinante e lo
hanno fatto attraverso studi storici concreti. E prosegue Engels: Ma purtroppo accade anche troppo di
frequente che si creda di aver perfettamente compreso una teoria e di poterla senz’altro maneggiare, non
appena ci si è appropriati dei principi essenziali e per di più non sempre in modo esatto.” Quindi Engels
diceva che non si può ridurre la storia in formule, che lui e Marx per ragioni polemiche hanno a volte
insistito sull’importanza dell’economia, e l’economia è importantissima ma in realtà non volevano scrivere
una legge che dice che ciò che conta nel mondo sociale è solo l’economia e tutti i fatti derivano
dall’economia. Engels in quella lettera faceva anche esempi concreti, parlava ad esempio della divisione
della Germania in tanti piccoli stati, diceva che è assurdo poter pensare che questa divisione della
Germania che è durata per troppi secoli abbia solo una motivazione di tipo economica, ridicolo sarebbe
quello storico che non volesse considerare gli altri fattori rispetto a quello economico.
L’idea di fondo è questa: molti giovani annettono al lato economico un’importanza eccessiva e soprattutto
hanno cercato di ridurre questa affermazione ad una regola generale.
Come interpreta il Croce del 96 questa tesi di Engels? Dice il Croce che nel 95 aveva distinto tra scienze
proprie e improprie, che Engels come Marx che non volevano puntare ad una sociologia che sia scienza di
leggi, e Croce in questi anni lo dirà esplicitamente, dirà addirittura che ci sono scienziati che studiano la
società cercando leggi generali, e ci sono scienziati che fanno una sociologia diversa, non una sociologia
astratta, non una sociologia che è scienza di leggi ma una sociologia che guarda alla realtà, che è strumento
fondamentale della storiografia, della scienza storica, una sociologia che punta alla conoscenza
dell’individuale.
Croce cita Durkheim e Simmel, distinguendo la loro sociologia, considerata sociologia astratta da lui, che
cerca le regole generali della società, e quella di Marx che non vuole trovare le leggi generali della società
ma come Croce scrive, in questi scritti del 97-97, è una sociologia che vuole scoprire le leggi di una
particolare società, la società capitalistica e certo studia delle regole generali di un tipo di società ma lo fa
perché il vero obiettivo è capire la storia, è capire il fenomeno storico completo, e quindi una sociologia che
guarda a fenomeni concreti.
E cosa dice anche di rilevante già in questo testo alla fine Croce? Alla fine di questo testo Croce dice due
cose fondamentali: prima di tutto dice che in verità Marx ha chiamato la sua teoria della storia
materialismo storico, ma il nome non è in verità adeguato al concetto, perché il termine materialismo è
fuorviante. Marx, per questo testo di Croce del 96, non è un materialista, ma è un realista, bisognerebbe
chiamare il materialismo storico in modo più coretto “realismo storico”. Qui naturalmente croce sta
pensando al realismo di Herbert, quindi a Labriola, sta pensando che Labriola volesse intendere con il suo
saggio proprio questo.
Perché invece il nome di materialismo è improprio? Perché il materialismo è una forma di metafisica, e
Marx invece non vuole proporre una metafisica e non vuole proporre l’idea che c’è un’unica legge della
realtà per cui ogni realtà è materia, e lo spirito non conta nulla, conta solo l’elemento materiale e non conta
nulla tutto ciò che è spirituale, non è questo quello che Marx voleva dire ma è quello che volevano dire i
materialisti. I materialisti sono coloro che sostengono che l’essere è essenzialmente materia e quindi le
idee sono un derivato della materia, non sono rilevanti. Per Marx non è così, secondo croce, e ci sono
invece materialisti storici e ci sono marxisti che hanno compiuto proprio questo errore, cioè confondere la
teoria di Marx sulla storia con una metafisica della storia, e questo è l’errore di Plechanov, il monismo cioè
ricondurre tuto ad un unico principio cioè la materia e non è questo il nucleo profondo delle tesi di Marx, il
suo è realismo non materialismo metafisico. A dimostrazione di questo ,croce cita il fatto che nella storia
del materialismo Langhe , importante teorico neokantiano che aveva scritto la storia del materialismo e che
avrà un’incidenza indiretta sulla storia del socialismo neokantiano in Germania, Langhe trattando del
materialismo pur conoscendo bene il fenomeno del socialismo e quindi il marxismo, non inserisce affatto
Marx nella storia del materialismo, perché Marx non è un materialista nel senso metafisico del termine,
semmai lo è nel senso più generale che è l’unico senso positivo che dal punto di vista kantiano Langhe
sottolineava nella metafisica del materialismo e non a caso è proprio questo che croce rileverà come
elemento positivo: I metafisici materialisti hanno un solo pregio, quello di invitare a guardare il mondo
dell’esperienza, ma comunque Marx non è un metafisico e non ha voluto concepire la storia in modo
metafisico, non ha voluto proporre un materialismo metafisico ma semplicemente un realismo, ha invitato
a guardare la storia senza ridurla ad un unico fattore. E qui Croce insiste sul tema secondo cui la storia
risulta dall’azione reciproca di più fattori, quel tema che abbiamo visto sottolineato da Engels e ribadito da
Croce in questo testo. Nella storia operano più fattori, ridurre la storia solo alla materia o all’economia, è
una banalità, di cui si accontentano molti marxisti, ma il vero Marx non è un pensatore metafisico della
storia.
Questa è la tesi che si legge in questo saggio, questa è la tesi che Croce difende in questi anni, se vediamo
le lettere che scambia con il suo amico che si inizia ad occupare di Marx che è gentile, che propone una
lettura diversa di Marx e lo interpreta come un filosofo, un metafisico, come un filosofo che ha voluto
sostenere che la realtà è prassi, che la realtà è fare, dice Gentile, e la realtà è il farsi della materia, quindi
quello di Marx è una filosofia, secondo Gentile, contraddittoria perché capisce Marx che la realtà è
dinamica, che la realtà è prassi ma poi concepisce la prassi come se questo movimento potesse essere
opera di un soggetto metafisico e questo oggetto sarebbe la materia, la natura. E questo è l’errore di Marx
secondo Gentile, l’errore metafisico di aver concepito una metafisica materialista, di aver capito si come
dimostrano le tesi su Feuerbach che la realtà è prassi, ma di non essere poi stato coerente e di aver aderito
al materialismo, ma dice gentile che si può sostenere che la realtà è prassi ma non si può dire che il
movimento è cosa della materia perché il movimento è cosa dello spirito. Poi Gentile svilupperà questa tesi
e dirà che la realtà è movimento ed è l’atto dello spirito. Quindi Marx aveva ragione nel cogliere che la
realtà è atto, è prassi, ma proprio perché è prassi non si può concepirla materialisticamente. E Croce in
questi anni gli risponde delle lettere private dicendo che doveva fare attenzione, perché la figura di Marx
era molto interessante ma in verità Marx non è un filosofo, è un sociologo, e croce voleva dire che Marx
non è un metafisico non è interessato ad individuare la legge generale della realtà, ma Marx è interessato a
studiare la realtà storica nella sua concretezza e cerca di opporsi a questa lettura di Gentile che valorizza
Marx come filosofo e non considera le analisi concrete di Marx e della sua sociologia concreta che non è
quella astratta di Durkheim e simmel ma è quella che studia i fenomeni storici.

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