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I RIVELATORI NELLA PET

Carlo Chiesa (1), Maria Carla Gilardi (2)

1) S.C. Medicina Nucleare – Istituto Nazionale Tumori - Milano


2) IBFM CNR, Università di Milano Bicocca, Istituto scientifico H S.Raffaele, Milano

Introduzione
Lo ricerca tecnologica attuale sui sistemi di rivelazione per i tomografi PET si indirizza
sostanzialmente verso tre obiettivi (Humm et al 2003).
Il primo deriva da motivazioni legate alla introduzione relativamente recente della modalità di
acquisizione 3 D (Muehllehner et al 2002). Si vogliono superare i due punti deboli con rivelatori a BGO
del 3 D rispetto al 2 D costituiti dal limite sul rateo di conteggi e dal limite sulla qualità delle immagini
evidenziato come contrasto ridotto delle lesioni a seguito dell’alta frazione di scatter.
Lo studio di rivelatori più veloci (LSO), ossia con minor tempo morto e miglior risoluzione
temporale del BGO, porta ad purtroppo solo ad ambire al secondo obiettivo, che ha radici lontane nella
storia della PET: la creazione di tomografi “a tempo di volo”, cioè in grado di rivelare la posizione di
annichilazione lungo la retta di propagazione dei due fotoni.
Sono invece disponibili una vasta serie di prototipi che mirano alla risoluzione del terzo
obiettivo, anch’esso intrinseco nella metodica PET sin dalla nascita dei tomografi con struttura a
blocchi: il miglioramento della risoluzione spaziale per posizioni lontane dall’asse del tomografo
mediante la misura in linea della “Depth Of Interaction” (DOI) nei cristalli rivelatori, eliminando l’errore
di parallasse che deteriora sensibilmente la risoluzione transassiale in senso radiale.
Occorre ini ricordare nell’ultimo decennio la grande richiesta e la realizzazione di tomografi
commerciali dedicati all’imaging di piccoli animali nell’ambito della ricerca farmacologia, genetica e
dell’imaging molecolare.

Scintillatori inorganici
La sezione d’urto per interazione fotoelettrica dipende da ρ Z eff 4 / E• 3 (ρ densità del materiale,
Zeff numero atomico efficace, E• energia dei fotoni). La necessità in PET di individuare materiali con
alta efficienza intrinseca, ossia con alto coefficiente di attenuazione lineare •, per fotoni di alta energia
(511 keV) impone l’uso di scintillatori inorganici1 le cui caratteristiche fisiche sono riportate in tabella 1.
Infatti, nella rivelazione in coincidenza, la probabilità di interazione fotoelettrica dei due fotoni di
annichilazione è data dal prodotto delle due probabilità di interazione in singola. Ciò riduce
quadraticamente l’efficienza in coincidenza di scintillatori a Zeff basso rispetto al BGO, che, impiegato
usualmente con spessore di 30 mm, è al primo posto in quanto a efficienza di rivelazione. Questo è
stato il motivo della sua introduzione nella PET 2D in sostituzione del NaI delle gammacamere.

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Esiste tuttavia un tomografo commerciale per piccoli animali costituito da rivelatori a gas.
Tabella 1: Proprietà fisiche degli scintillatori utilizzati in tomografi PET clinici (parte superiore) e
per piccoli animali (parte inferiore).

Scintillatore Composizione Densità Zeff 1/µ Prob. Nphoton τscint Indice Risoluz.
fotoel. /MeV rifrazione Energetica
(g/cm 3) (mm) (ns)
3 137
(%) (x 10 ) Cs (%)

NaI NaI:Tl 3.7 51 29.1 17 41 230 1.85 6.6

BGO Bi 4Ge3O12 7.1 75 10.4 40 9 300 2.15 10.2

LSO Lu2SiO5:Ce 7.4 66 11.4 32 30 40 1.82 10.0

GSO Gd2SiO5:Ce 6.7 59 14.1 25 8 60 1.85 8.5

CsI CsI:Tl 4.5 52 22.9 21 66 900 1.80

LuAP LuAlO 3:Ce 8.3 64.9 10.5 30 12 18 1.94

YAP YAlO3:Ce 5.5 33.5 21.3 4 17 30 1.95

LPS Lu2Si 2O7:Ce 6.2 63.8 14.1 29 30 30

LuAG Lu3Al 5O12:Ce 6.7 62.9 13.4 27 5.6

Ai fini delle proprietà di rivelazione in PET, oltre ai già citati ρ e Z eff, occorre introdurre altri
parametri fisici importanti. La scintillazione è la conversione dell’energia del fotone gamma incidente in
un elevato numero di fotoni nello spettro visibile. Questo processo radiativo consiste nella
diseccitazione di stati eccitati molecolari di tipo elettrone-lacuna, che vedono il ritorno degli elettroni
dalla banda di conduzione alla banda di valenza del materiale scintillante accompagnati da fotoni nel
visibile. In generale lo spettro luminoso di emissione e di assorbimento si sovrappongono, e la luce
emessa non può propagarsi all’interno del cristallo. Perciò il materiale viene appositamente attivato con
l’introduzione di altri elementi (drogaggio con tallio o cerio) che creano livelli di eccitazione intermedi tra
la banda di valenza e quella di conduzione. Lo spettro di emissione relativo alla diseccitazione di tali
livelli non viene assorbito dal resto del cristallo. E’ chiaro che le proprietà dell’emissione luminosa
possono variare se varia, accidentalmente o intenzionalmente, la concentrazione di drogante tra lotti
diversi o cristalli diversi. Per alcuni scintillatori invece l’attivazione non è necessaria (“self activated
scintillators”) perché spettro di emissione e di assorbimento si sovrappongono msura minima. Questo è
il caso del BGO.

Risposta temporale del rivelatore


Dopo l’interazione primaria, la scintillazione avviene nel tempo con una curva esponenziale
exp(-t/τscint ), a parte fenomeni tardivi di “afterglow” dovuti ad imperfezioni nel drogaggio o nella struttura
del cristallo. La costante di tempo della scintillazione τscint riveste l’importanza primaria relativamente
alle proprietà di conteggio in singola del sistema, in quanto ne costituisce il limite intrinseco, ossia il
tempo morto del singolo rivelatore, poiché le altre componenti del sistema di rivelazione (catena
elettronica) hanno risposte temporali che possono essere tecnologicamente ridotte a valori trascurabili
rispetto a τscint (Muehllehner et al 2002), sebbene con conseguente perdita di informazione. Infatti
modellizzando un rivelatore come un circuito RC in serie, si ha che il segnale (curva biesponenziale) ha
una salita caratterizzata da τscint, mentre la discesa dalla costante di integrazione RC. Una riduzione di
RC porta a segnali più veloci (anche di durata inferiore a τscint ) ma taglia il segnale in salita, sacrificando
la risoluzione energetica (di cui si parlerà in una prossima sezione). Questa si ottimizza solo integrando
il segnale in salita per tempi più lunghi di τscint (Knoll, Muehllehner 2002), soprattutto per cristalli con
scarsa resa luminosa quali il BGO (τscint = 300 ns, RC = 770 ns), mentre per NaI è possibile “clippare” il
segnale a 140 ns e integrare per soli 240 ns (contro τscint = 230 ns) e ottenere una buona risoluzione
energetica e spaziale (tomografo C-PET ADAC).
Passando alla rivelazione in coincidenza, è facile comprendere (Knoll) che dati due elementi di
rivelazione 1 e 2 collegati ad un’unità di coincidenza avente una finestra temporale pari a τ (da non
confondere con τscint ), il rateo di coincidenze casuali (Random) registrate è dato da R = 2 τ r1 r2, ove r1
e r2 sono i ratei di conteggio in singola dei due elementi di rivelazione. Quindi, passando da modo 2 D
a modo 3 D, un aumento dei conteggi in singola di un fattore 5 si traduce in un aumento delle
coincidenze casuali non volute (rumore) di un fattore 25. La riduzione dell’ampiezza τ della finestra di
coincidenza quindi riduce R, ma non può essere portato al disotto della risoluzione temporale dei singoli
rivelatori, pena la perdita di coincidenze vere. Fortunatamente il valore di τ (dell’ordine di qualche ns)
può essere notevolmente inferiore di τscint (dell’ordine di decine o centinaia di ns) grazie alle tecniche di
time pickoff, per cui l’unità di coincidenza non necessita dell’integrazione completa del segnale, ma ha il
suo start con una soglia sulla rampa di salita del segnale, lungo un circuito indipendente. Migliore è la
risoluzione temporale ∆t del sistema, minore può essere l’impostazione della finestra di coincidenza,
minore il rumore delle random.
∆t è migliore quanto maggiore la velocità di salita del segnale (τscint breve) e quanto maggiore Nph
(Humm et al 2003):
∆t = τscint / Nph
Questi motivi (riduzione del tempo morto in singola e delle random mediante riduzione della finestra di
coincidenza) hanno spinto i costruttori ad adottare cristalli “più veloci”, quali l’ortosilicato di lutezio (LSO)
e l’ortosilicato di gadolinio (GSO), che hanno τscint rispettivamente pari a 40 e 60 ns contro i 300 ns del
BGO. Purtroppo la scintillazione veloce è spesso accompagnata da una scarsa resa luminosa, tranne
nel caso particolarmente fortunato dell’LSO. Il BGO è invece limitato su entrambi i fronti (Tabella 1).

Risoluzione energetica
L’alta frazione di scatter è il secondo punto debole del modo 3D. Questa può essere ridotta
solo mediante l’aumento della risoluzione energetica del sistema che permetta l’uso di finestre di
discriminazione energetica più strette delle attuali senza perdita di eventi fotoelettrici. Un confronto delle
risoluzioni energetiche di cristalli singoli accoppiati a fotomoltiplicatore (PMT) è nell’ultima colonna della
tabella 1. La risoluzione energetica di sistema dipende dalla risoluzione intrinseca del cristallo, dalla
trasmissione della luce all’interno dello stesso (tagli stretti e lunghi riducono la trasmissione e
peggiorano la risoluzione energetica intrinseca), dalla geometria dell’accoppiamento con il
fotomoltiplicatore (nella struttura a blocchi, i cristalli periferici inviano meno luce al PMT), dalla
riflessione all’interfaccia cristallo-vetro del fotomoltiplicatore (importanza degli indici di rifrazione del
cristallo vicini a quello del vetro ≈ 1.5), dalla corrispondenza tra lo spettro dei fotoni di scintillazione e lo
spettro di assorbimento del fotocatodo, dall’efficienza quantica del fotocatodo, e dal rumore del PMT.
Tutti questi fattori sono affrontati a livello di ricerca per migliorare la risoluzione energetica e anche
quella spaziale. In questa corrente si inseriscono nuovi tipi di PMT sensibili alla posizione (PSPMT) e
una serie notevole di sforzi per sostituire i PMT con diodi a semiconduttore (fotodiodi, PD), che
potrebbero superare i due punti deboli dei PMT: a) La bassa efficienza quantica del fotocatodo (≈20%),
che riduce il numero dei portatori di informazione e quindi aumenta il ruolo delle fluttuazioni statistiche
secondo Poisson; b) le dimensioni dei PMT, che non possono essere ulteriormente ridotte, e che
impediscono il miglioramento della risoluzione spaziale. I PD hanno un’efficienza quantica doppia dei
PMT e possono essere di dimensioni molto ridotte. I limiti dei PD sono l’elevato rumore elettronico e
l’assenza di moltiplicazione. A questo si è ovviato con l’introduzione dei PD a valanga (APD), in cui la
polarizzazione inversa viene attuata con tensioni molto più elevate che nei PD, e ciò crea un effetto di
moltiplicazione (fino a 1000) dei fotoelettroni generati nella zona di svuotamento dai fotoni di
scintillazione. Sia i PD che gli APD possono essere in forma matriciale per una lettura accurata della
posizione dell’evento. Il punto delicato degli APD è la forte dipendenza della risposta dalla temperatura.
L’ultima classe di PD proposti è quella a drift (Silicon Drift Detectors SDD) che riduce il rumore
elettronico. Allo stato attuale nessuna delle tre classi di semiconduttori è in grado di competere
globalmente con i PMT, ma sono stati realizzati in laboratorio vari prototipi con prestazioni incoraggianti
e migliori dei PMT sotto alcuni aspetti. I punto sostanziale è ottenere un unico dispositivo a basso
rumore ed elevata risoluzione energetica e temporale. La risoluzione energetica degli APD e SSD è già
migliore dei PMT. Inoltre il loro costo è decisamente inferiore.

Tomografi a tempo di volo (Moses 2003)


L’identificazione del punto di annichilazione lungo la linea di risposta richiede risoluzioni
temporali attualmente non raggiungibili, ma a cui LSO inizia ad orientarsi. Per una indeterminazione
spaziale di 7.5 cm è richiesta ∆t ≈ 500 ps, per 0.75 cm ∆t ≈ 50 ps. Quest’ultimo valore eliminerebbe la
necessità della ricostruzione tomografica.

Miglioramento della risoluzione spaziale ai bordi del campo di vista


E’ ben noto che nei tomografi con struttura a blocchi la risoluzione transassiale (TX) è solo
idealmente indipendente dalla posizione radiale. Di fatto vi è un peggioramento non lineare della
risoluzione TX radiale quando la sorgente si allontani dall’asse del tomografo. Questo effetto, noto
come errore di parallasse, peggiora con la riduzione del diametro dell’anello, e con la riduzione delle
dimensioni del cristallo in senso TX e assiale (fattori che sembrerebbero migliorare la risoluzione
spaziale). Il problema potrebbe essere ridotto o eliminato con la determinazione del punto di interazione
del fotone nel cristallo di rivelazione (Depth Of Interaction, DOI), mentre attualmente i sistemi
assumono come posizione il centro del cristallo. Nessun tomografo commerciale è dotato di questa
prerogativa, ma la ricerca tecnologica ha realizzato una incredibile varietà di proposte che si possono
classificare come: a) rivelatori di luce doppi, che posti agli estremi del cristallo possono determinare la
posizione di interazione in base alla percentuale di luce trasmessa ai due estremi; b) rivelatori
phoswich, basati su assemblaggio di cristalli con diverso τscint (es. BGO+GSO accostati), oppure dello
stesso materiale con diverse percentuali di drogaggio, per identificare il punto di interazione mediante
time shape discrimination.

Imaging di piccoli animali


Se in questo campo il problema dello scatter è assente date le dimensioni ridottissime dei
“pazienti”, dall’altro le richieste sulla risoluzione spaziale e sulla sensibilità sono esasperate. I modelli
attualmente disponibili raggiungono risoluzioni volumetriche ormai prossime al limite intrinseco dato dal
range dei positroni nei tessuti, ma le sensibilità necessitano di miglioramento. A fronte di molti prototipi
realizzati, esistono tre modelli commerciali: microPET4 della Concorde Microsystems (cristalli in LSO+
PSPMT, risoluzione 8 mm 3, sensibilità 24.3 cps/kBq); YAP-(S)PET, progettato e realizzato
dall’Università di Ferrara (cristalli rotanti con raggio variabile in ittrio alluminio perovskite, risoluzione 5.8
mm3, sensibilità 17.3 cps/kBq con raggio 15 cm), HIDAC-PET , che usa come rivelatori contatori
proporzionali multifilii a gas (risoluzione 1.05 (radiale) x 1.0 (assiale) x 1.04 (tangenziale) mm 3)

BIBLIOGRAFIA

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- Moszynski M, Kapusta M, Wolsky D, Szawolsky M, Klamra W – Energy resolution of scintillation


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