INDICE
pag 23 • Glossario
pag 27 • Postfazione
Questa pubblicazione è stata realizzata da Elena Cadel, Ph.D., Fondazione Barilla Center for Food
& Nutrition, con la supervisione scientifica di Davide Marino, professore associato di Economia
ed Estimo Rurale presso il Dipartimento di Bioscienze e Territorio dell’Università del Molise, e la
collaborazione di Marta Antonelli Ph.D., e Daniele Fattibene, Fondazione Barilla Center for Food &
Nutrition.
*Dati aggiornati: Settembre 2020
Citazione consigliata:
Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition, 2020. “CIBO IN CITTÀ. Politiche alimentari urbane
per le persone e per il Pianeta”.
www.noiilciboilpianeta.it
ISBN: 9788894399486
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Cibo in città - CAPITOLO 1
L’alimentazione mondiale e il ruolo delle città
Capitolo 1:
L’alimentazione mondiale e il ruolo delle città
Da un punto di vista globale l’umanità non ha mai avuto così tanto cibo a disposizione
e vive un momento storico di relativo benessere. Nelle nostre città il cibo è ovunque,
disponibile sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro. Tuttavia, se ci
fermiamo un attimo e pensiamo che ogni giorno il cibo deve essere coltivato,
trasformato, trasportato, comprato, venduto, consumato e gestito quando diventa un
rifiuto, ecco che la complessità (e le sfumature) dell’intero processo vengono a galla e
quello che diamo per scontato inizia a prendere una nuova consapevolezza.
I sistemi alimentari - intesi come l’insieme dei movimenti del cibo lungo tutte le fasi
della filiera, dalla produzione, al consumo, fi no al trattamento de gli scarti – so no al la
base di una crisi mondiale che porta con sé un carico di malnutrizione e di malattie non
trasmissibili, come l’infarto, alcuni tipi di cancro o il diabete, ma anche problemi legati
all’ambiente e ai cambiamenti climatici. L’attuale composizione delle diete, infatti, non
permette di sfamare adeguatamente tutta la popolazione mondiale né di preservare gli
ecosistemi e le risorse naturali.
Oggigiorno, nel mondo, sono più di due miliardi le persone che sono obese o
in sovrappeso, mentre ci sono più di 690 milioni di persone soffrono la fame. Più
di 500 milioni di queste vivono in Asia, mentre in Africa sono quasi 260
milioni. Paradossalmente, mentre ci sono così tante persone che si ammalano per la
mancanza di nutrimento, ogni anno più di un miliardo di tonnellate di cibo viene
sprecato o perso lungo la filiera: si tratta un terzo del cibo prodotto a livello globale
che, ipoteticamente, sarebbe sufficiente per sfamare quei milioni di persone che
oggi soffrono la fame.
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Cibo in città - CAPITOLO 1
L’alimentazione mondiale e il ruolo delle città
Infine, non va dimenticato che la produzione di cibo è tra i più importanti fattori
che impattano sul cambiamento climatico, sulla produzione di gas a effetto serra (le
emissioni legate al sistema alimentare nel suo complesso sono del 21-37% - IPCC,
2019), sulla perdita di biodiversità, sull’uso delle risorse idriche, sulla compromissione
dei cicli dei nutrienti e sui cambiamenti dell’uso del suolo (Marino e Mazzocchi, 2019).
I sistemi alimentari odierni non sono quindi in grado di sfamare le persone con
tecniche ecologicamente sostenibili, anche perché dominati da diete fortemente
impattanti sugli ecosistemi e sulla nostra salute. Per cambiare il paradigma città
e campagna devono tornare a dialogare in modo stretto ma quando pensiamo
a un modo per migliorare la situazione, il primo pensiero non va alle città ma
alla campagna, con i suoi terreni coltivati e luogo storico di produzione. In realtà,
agricoltura e insediamenti urbani nascono assieme, in quanto gli approvvigionamenti
ciclici e costanti forniti dalla terra hanno permesso all’uomo di abbandonare la vita
da nomade, in favore di quella stanziale. È solo con l’inizio della modernità e della
tecnologia che questi due elementi si sono parzialmente allontanati, in quanto mezzi
di trasporto rapidi e veloci e nuove tecniche di produzione hanno progressivamente
creato una notevole distanza tra luogo di produzione e di consumo.
1 Per un approfondimento su cibo e salute e sulla dieta mediterranea, si consiglia la lettura dell’approfon-
dimento “Vivere Sano: Iniziamo dal Cibo” https://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/insegnanti/
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Cibo in città - CAPITOLO 1
L’alimentazione mondiale e il ruolo delle città
Le città consumano fino al 70% del cibo prodotto a livello nazionale (FAO, 2018)
ma già il 90% delle persone che vivono nelle periferie dei grandi agglomerati
urbani dei Paesi in via di sviluppo soffre di insicurezza alimentare2. Nelle città,
inoltre, i rifiuti alimentari e organici costituiscono più della metà del totale degli
scarti municipali e sono una delle principali voci di spesa dei comuni (Silpa et al.,
2018). Per garantire cibo al crescente numero di abitanti che si sposterà nelle città
è dunque necessario ripensare i sistemi alimentari tradizionali e adottare
politiche comuni in grado di supportare queste transizioni. Al contempo, le città
devono passare da semplici poli di ricezione a catalizzatori di soluzioni per la
sostenibilità alimentare e ambientale, sostenendo le varie trasformazioni e
coinvolgendo diversi attori, per la creazione di soluzioni per rafforzare i rapporti
tra zone rurali e urbane e realizzare un legame tra produttori e consumatori.
2 Insicurezza alimentare: la mancanza di accesso fisico, sociale ed economico ad alimenti sufficienti, sicuri
e nutrienti che garantiscano agli individui le necessità e le preferenze alimentari per condurre una vita sana
e attiva (FAO, 2006).
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Cibo in città - CAPITOLO 1.1
Un’Agenda politica comune:
gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)
Capitolo 1.1:
Un’Agenda politica comune:
gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)
Nel settembre 2015, 193 leader mondiali membri delle Nazioni Unite, hanno
adottato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che descrive 17 obiettivi specifici,
chiamati SDGs (Sustainable Development Goals – Obiettivi di Sviluppo Sostenibile),
corrispondenti a 169 azioni, da raggiungere entro il 2030, per porre fine alla fame e
alla povertà, proteggere il Pianeta e le sue risorse, nonché garantire prosperità e pace.
Secondo il Sustainable Development Solutions Network (SDSN), le città hanno un ruolo
molto importante in questa Agenda in quanto il 65% degli SDGs non potrebbe essere
pienamente realizzato senza il loro coinvolgimento. Infatti, per affrontare la povertà,
la disoccupazione e le disparità socioeconomiche, i modelli insostenibili di consumo
e produzione, i cambiamenti climatici e il degrado ambientale è indispensabile
coinvolgere i sindaci e i leader locali (SDSN & the Brabant Center for Sustainable
Development - Telos, Tilburg University, 2019).
Le città producono l’80% del Pil globale, consumano il 60% - 80% delle energie globali,
sono responsabili del 75% delle emissioni di CO2 , occupando solo il 3% del suolo terrestre
(UN, 2016). Anche dal punto di vista alimentare l’impatto è considerevole. Una recente
pubblicazione, che ha analizzato 40 città nel mondo, sottolinea come le emissioni di
cibo riferibili ai consumi siano state, nel 2017, la fonte principale di emissioni urbane
di anidride carbonica, pari al 13% del totale annuo (C40, Urup & Università di Leeds,
2019). Costruire ambienti urbani che includano la protezione dell’ambiente e dei suoi
cittadini è quindi fondamentale per il futuro e per questo è stato creato l’Obiettivo
11: Città e Comunità Sostenibili. “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi,
sicuri, duraturi e sostenibili”. Nello specifico, questo SDG mira a contenere e a ridurre
progressivamente gli effetti negativi dell’impatto ambientale delle città, soprattutto
in termini di qualità dell’aria, gestione dei rifiuti, accesso agli spazi verdi e pubblici e
all’implementazione di trasporti sicuri e convenienti. Infine, per il 2030 si cercano forme
SCONFIGGERE SCONFIGGERE e sostenibili
più inclusive SALUTE ISTRUZIONE
di urbanizzazione, ACQUA PULITA
PARITÀ DI GENERE partecipativo,
basate su un approccio
LA POVERTÀ LA FAME E BENESSERE DI
integrato e sostenibile alla pianificazione urbana.QUALITÀ E SERVIZI
IGIENICO-SANITARI
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Cibo in città - CAPITOLO 1.1
Un’Agenda politica comune:
gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs)
Sono numerose le ragioni per le quali il cibo deve considerarsi una questione urbana.
Povertà, insicurezza alimentare, cambiamenti di stile di vita, produzione e consumo
di alimenti non sostenibili stanno incidendo profondamente sul benessere delle
popolazioni che vivono nelle città e il sistema cibo deve necessariamente essere
incluso in molte politiche pubbliche urbane. Esso, infatti, è capace di connettere in
modo virtuoso diversi aspetti come, per esempio, la salute e la nutrizione, le relazioni
tra la città e la campagna, i rapporti all’interno delle filiere, i diritti dei lavoratori, la
pianificazione delle aree verdi e la gestione degli sprechi. Le riflessioni sul nesso tra
cibo e città sono iniziate intorno agli anni 2000, grazie all’impulso di città pioniere
come Toronto, New York, Vancouver, Londra e Bristol e oggi si stanno espandendo
grazie al lavoro di centri di ricerca creativi e movimenti della società civile. Tuttavia,
affinché questo processo di inclusione si diffonda globalmente, occorre un cambio di
mentalità, iniziando a riconoscere gli agroecosistemi e la produzione agricola non più
come attività antitetiche rispetto a quelle che si svolgono in città ma come fenomeni
integrati, in grado di svolgere un ruolo chiave nello sviluppo dei sistemi urbani (Marino
D. e Cavallo A., a cura di, 2014).
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Cibo in città - CAPITOLO 2
Cibo e città: quali sfide per il futuro?
Capitolo 2:
Cibo e città: quali sfide per il futuro?
Nel paragrafo precedente è stato illustrato come la fine della malnutrizione, in tutte
le sue forme, e la costruzione di sistemi alimentari sostenibili siano fondamentali per
l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i suoi Obiettivi. È necessario che la produzione e i
consumi diventino sempre più responsabili, affinché tutti possano beneficiare di stili
alimentari e di mezzi di sostentamento sani e accessibili, non solo economicamente
ma anche dal punto di vista fisico. Nei grandi agglomerati urbani moderni crescono
i cosiddetti deserti alimentari (Food Deserts), ossia intere aree isolate dalla possibilità
di accedere a beni di prima necessità e le paludi alimentari (Food Swamps), ovvero
aree caratterizzate da un’elevata percentuale di luoghi che vendono fast food ad
alto contenuto calorico e cibo spazzatura, rispetto alle opzioni più sane (vedi pag.
9), soprattutto nelle aree più povere del Pianeta, che costringono la popolazione
che ci vive a orientare le sue scelte alimentari verso il cibo di strada e i fast food, con
gravi ripercussioni per la salute. Tuttavia, non sono esenti dal problema anche le
città caratterizzate da un elevato benessere, come New York, Detroit, Chicago e San
Francisco, con milioni di persone che vivono senza accesso a cibo sano e nutriente.
3 Soprattutto negli ultimi 50 anni, con la diffusione delle reti e delle infrastrutture adibite per il trasporto.
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Cibo in città - CAPITOLO 2
Cibo e città: quali sfide per il futuro?
che per mancanza di nutrimento), le città hanno ripreso a lavorare attivamente per
gestire in modo integrato tutte quelle politiche che in modo diretto o indiretto incidono
sull’alimentazione.
Sebbene sia difficile classificare in modo univoco le sfide che le città dovranno
affrontare dal punto di vista alimentare, è comunque possibile identificare alcuni
elementi in comune (De Cunto et al., 2017):
• la salute pubblica e il benessere, con particolare attenzione alla lotta all’obesità e
alle patologie legate alle abitudini alimentari scorrette, soprattutto tra i più giovani;
• la ricerca di un equilibrio tra aree urbane e rurali, per esempio per migliorare la
resilienza e diminuire la vulnerabilità delle risorse naturali nelle aree periurbane;
• la tutela dell’ambiente, per esempio la riduzione dell’anidride carbonica, la lotta
agli sprechi e una maggiore efficienza energetica;
• lo sviluppo dell’economia e della comunità locale, per esempio offrendo sostegno
ai coltivatori, ai rivenditori, ai mercati locali;
• la giustizia sociale, per esempio la lotta alla povertà alimentare, la ricerca di una
maggiore equità nella catena alimentare, la lotta alle aree isolate dai beni di prima
necessità, come i deserti alimentari;
• l’apprendimento permanente e la responsabilizzazione dei cittadini. Le persone,
infatti, possono essere un motore del cambiamento ma devono essere formate ed
educate adeguatamente.
Impariamo l’inglese
Secondo il Ministero dell’Agricoltura Statunitense, si definiscono “Food Deserts”,
ovvero deserti alimentari, quelle aree urbane, di solito situate nelle periferie, dove la
mancanza di supermercati, negozi o mercati limita enormemente la possibilità di
acquistare frutta, verdura e altri prodotti alimentari freschi, di qualità, a prezzi accessibili.
Nello specifico, per qualificare un’area “di scarso accesso” più di 500 persone o non
meno del 33% della popolazione censita deve risiedere a più di un chilometro e mezzo
da un supermercato o da un grande negozio di alimentari (quando si parla di aree
rurali, invece, la distanza è di circa 16 chilometri – ANA, 2010).
Si definiscono, invece, “Food Swamps”, ovvero paludi alimentari, quelle aree urbane
caratterizzate da un’elevata concentrazione di fast food, che vendono cibi processati
e/o altamente calorici e junk food, rispetto a negozi e punti vendita di cibo più salutare.
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Cibo e città - CAPITOLO 2.1
Cambiamento della dieta e urbanizzazione
Capitolo 2.1:
Cambiamento della dieta e urbanizzazione
Sono molte le sfide nutrizionali che riguardano il nostro Pianeta, in primis la denutrizione,
la carenza nutrizionale, il sovrappeso e l’obesità. Di primo acchito si è indotti a pensare
che mentre i Paesi ricchi soffrano per gli effetti di una nutrizione votata agli eccessi,
i Paesi più poveri siano affetti da mancanza di cibo. Tuttavia, sebbene esistano delle
differenze sostanziali tra le regioni del Pianeta (vedere box “impariamo la geografia
politica” pag. 12), le città fungono da microcosmi che includono al loro interno entrambe
le problematiche. Rispetto alle zone rurali, infatti, gli ambienti urbani dispongono di una
maggiore varietà di prodotti alimentari e di esperienze gastronomiche tra cui scegliere
ma per ragioni sociali, economiche e di accessibilità, questa ricchezza non è distribuita
in modo uniforme.
4 Rispetto al 1975, la percentuale di bambini e adolescenti obesi nel mondo è aumentata di quasi 3 volte
(Abarca-Gómez, Leandra et al., 2017) e l’Italia non fa eccezione. Secondo i dati dell’osservatorio nazionale
OKkio alla Salute (2016), attualmente, il 21,3% dei bambini partecipanti (8-9 anni) è in sovrappeso, mentre
il 9,3% risulta obeso. Assieme ad altri Paesi del Sud dell’Europa, come la Spagna, Cipro o Malta, l’Italia ha un
grande problema di obesità e sovrappeso infantile (OMS, 2018)
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Cibo e città - CAPITOLO 2.1
Cambiamento della dieta e urbanizzazione
5 Ambienti caratterizzati da un’offerta alimentare costante, soprattutto cibi ricchi di zuccheri e grassi, che
favoriscono l’aumento del peso corporeo (Swinburn & Egger, 2002).
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Cibo e città - CAPITOLO 2.1
Cambiamento della dieta e urbanizzazione
Il mondo può essere diviso tra Nord e Sud non soltanto dal punto di vista
geografico, attraverso la linea dell’equatore, ma anche in funzione dello sviluppo
socioeconomico dei Paesi che lo abitano. In questo caso si usano i termini: Sud
Globale (Global South) e Nord Globale (Global North). Il primo termine, utilizzato in
tempi recenti dalla Banca Mondiale, fa riferimento a quei Paesi, sparsi per il globo,
situati in Asia, Africa, America Latina e Caraibi che hanno un reddito medio-basso
rispetto ai Paesi che vivono nel Nord Globale. Quest’ultimi, invece, includono gli
Stati Uniti, il Canada, tutti gli stati membri dell’Unione Europea, la Russia, Israele,
il Giappone, Singapore, la Corea del Sud, nonché l’Australia e la Nuova Zelanda
che, pur trovandosi geograficamente nel sud del mondo, sono economie molto
avanzate ad alto reddito.
Tuttavia, è bene ricordare che si tratta di una distinzione basata sul Prodotto
Interno Lordo (PIL), che è una misura della crescita economica mentre il
concetto di sviluppo è ben più ampio. Esistono altri modi di classificare i Paesi,
per esempio, attraverso l’Indice di Sviluppo Umano 6.
6 Rispetto al Prodotto Interno Lordo (PIL), l’indice di sviluppo umano (ISU, in inglese: Human Deve-
lopment Index, HDI) non guarda solamente alla crescita economica ma tiene conto delle condizioni
di sviluppo della popolazione di un Paese, offrendo così un quadro più olistico. L’ISU si calcola
attraverso la media ponderata (ovvero una media che tiene conto dell’importanza dei diversi valori)
di tre fattori di sviluppo: il PIL, la speranza di vita e il livello di istruzione. In questo modo la distribu-
zione geografica del benessere cambia, non è più divisa tra Nord e Sud del mondo. Infatti, Paesi con
PIL simili possono avere ISU molto diversi e questo dato è fondamentale per organizzare in modo
strategico le politiche nazionali, come i piani per l’educazione o per la salute.
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Cibo in città - CAPITOLO 2.2
La connessione tra urbano e rurale
Capitolo 2.2:
La connessione tra urbano e rurale
Il binomio città-campagna ricorre nei secoli ed è associato a una forma di pensiero
dicotomica, che è stata accentuata dalla rivoluzione industriale e dalla delocalizzazione
della produzione. Prima di allora, invece, si è già visto come il mondo urbano e quello
rurale erano strettamente collegati e gli affreschi del Lorenzetti “Allegoria ed Effetti
del Buono Governo in Città e in Campagna” (esposti al Palazzo Pubblico di Siena)
ne sono un’affascinante testimonianza artistica. In epoca medioevale, infatti, si era
profondamenti convinti (e con ragione) che la cura e l’attenzione verso la campagna
avesse effetti benefici anche sulla città, in quanto le zone rurali erano fonte diretta di
risorse e prodotti alimentari, indispensabili per la vita della comunità.
Per questo il rafforzamento dei legami tra aree urbane e rurali è un tema che coinvolge
diversi livelli. Innanzitutto, oggi, come allora, la connessione tra queste due dimensioni
è fondamentale per migliorare la sicurezza alimentare7 e nutrizionale delle persone,
perché facilita la disponibilità di cibi freschi a prezzi accessibili, a un numero sempre
più crescente di persone. Tuttavia, gli effetti di questa combinazione non si limitano
alla qualità della dieta ma hanno una ricaduta anche sugli aspetti economici e
ambientali del territorio coinvolto, quali, ad esempio, il miglioramento del reddito degli
agricoltori, lo sviluppo di mercati e altri luoghi di vendita, l’incremento del turismo
rurale, ma anche la valorizzazione della varietà dei prodotti locali e il mantenimento
del territorio, fondamentale per fare fronte ai rischi ambientali dovuti all’abbandono
delle aree agricole. L’agricoltura e le sue pratiche, infatti, sono fondamentali per aiutare
le città a fronteggiare gli eventi traumatici, perché gli agroecosistemi facilitano i
processi di filtraggio idrico, nonché contribuiscono a migliorare la qualità dell’aria. Per
fare un esempio, si pensi alla città di New York che, grazie al filtraggio e depurazione
delle acque da parte delle foreste circostanti, ha potuto evitare i costi di trattamento
dell’acqua, con un risparmio di almeno 6 miliardi di dollari (Marino D. e Cavallo A., a
cura di, 2014; TEEB, 2010;).
In questo contesto il tema delle filiere corte ha trovato negli ultimi anni un notevole
interesse all’interno dei dibattiti sul legame tra urbano e rurale. Si tratta di un sistema
7 Dall’inglese, food security: la disponibilità di cibo in misura adeguata al soddisfacimento delle esigenze
biologiche, ovvero, che ci sia da mangiare per tutti e che tutti possano accedervi in maniera equa.
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Cibo in città - CAPITOLO 2.2
La connessione tra urbano e rurale
Anche in questo caso, l’integrazione dell’alimentazione e della nutrizione nei piani, nelle
strategie e nelle politiche di sviluppo nazionali, regionali e “urbane” è fondamentale.
Affinché questo si realizzi, però, occorre prevedere un approccio integrato che
comprenda la pianificazione trasversale ai confini amministrativi, nonché l’inclusione
di diversi soggetti, provenienti sia dalle aree urbane che rurali, e la cooperazione tra i
diversi livelli di governo con la società civile, il settore privato e le università (Loose,
Githiri, Oyuela, Sietchiping, UN Habitat – BCFN, 2018).
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Cibo in città - CAPITOLO 2.2
La connessione tra urbano e rurale
La filiera corta nasce proprio con l’obiettivo di stabilire una relazione diretta fra
chi consuma e chi produce, per esempio, attraverso la vendita diretta in azienda,
i negozi collettivi degli agricoltori, i mercati locali degli agricoltori (detti anche
mercati contadini) e le varie forme di gruppi di acquisto solidale (GAS), in cui
gruppi di consumatori si organizzano e si rivolgono direttamente agli agricoltori
per acquistare i loro prodotti.
Infine, non vanno dimenticati anche i luoghi addetti alla ridistribuzione degli
alimenti, come, per esempio le banche del cibo, ovvero quelle organizzazioni
benefiche, non a scopo di lucro, che raccolgono donazioni di generi alimentari
non deperibili e le ridistribuiscono alle persone che ne hanno bisogno e/o
agli enti che si occupano di loro (per ulteriori approfondimenti e per attività a
completamento del tema Cibo e Città consultare il capitolo “Esercitazione per la
classe” a pag. 19)
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Cibo in città - CAPITOLO 3
Come le città contribuiscono alle diete sostenibili:
le politiche alimentari urbane
Capitolo 3:
Come le città contribuiscono alle diete sostenibili:
le politiche alimentari urbane
Nei paragrafi precedenti è stato raccontato come nutrire le persone nelle città, in
maniera sostenibile, non sia un’impresa facile e l’incremento dell’urbanizzazione,
soprattutto nei Pasi in via di sviluppo, richieda una rivoluzione alimentare radicale,
basata sulla filiera corta, la stagionalità, un legame più stretto tra i sistemi alimentari
urbani, periurbani e rurali, nonché l’educazione dei cittadini. Le città sono entità
dinamiche e i sistemi al loro interno devono evolversi per promuovere una nuova
visione delle filiere alimentari, dalla campagna alla discarica, attraverso un approccio
circolare al cibo, integrando tutte quelle sfide che oggi sono affrontate in modo isolato,
quali acqua, energia, cibo, salute, rifiuti, infrastrutture e logistica.
Negli ultimi vent’anni sono state implementate in tutto il mondo politiche alimentari
urbane (Urban Food Policy), proprio per guidare e regolare le attività legate al cibo,
andando a coordinare la filiera agroalimentare in ogni suo passaggio, dalla coltivazione
al post consumo. Nello specifico, attuare una politica alimentare urbana significa
creare un corpo politico e amministrativo a livello locale (ad esempio nei comuni o
nelle aree metropolitane) che, in maniera integrata, mette insieme tutte quelle pratiche
che, in modo diretto o indiretto, hanno un impatto sull’alimentazione urbana, peri-
urbana e rurale. In questo senso è fondamentale trattare il cibo come parte integrante
della pianificazione urbana, attraverso approcci multisettoriali e multi-scalari che
comprendono una vasta gamma di questioni, che vanno dalla pianificazione del
territorio, alla distribuzione formale e informale degli alimenti, dall’accessibilità fisica al
cibo, alla gestione dei rifiuti alimentari e del riciclo. Uno degli esempi più significativi di
città che hanno lanciato una politica alimentare urbana è Milano che, a partire da Expo
2015, si è dotata di una vera e propria struttura amministrativa (Ufficio Food Policy),
che oggi coordina tutte quelle politiche che incidono sull’alimentazione dei suoi
cittadini, in Italia. L’esempio di Milano sta influenzando positivamente altre metropoli,
tanto che numerose città in Italia (e.g., Torino, Trento, Livorno tra le altre) e nel mondo
(e.g., Quito, Antananarivo, Nairobi) stanno lanciando delle politiche alimentari urbane
integrate e innovative.
Dal punto di vista pratico, il settore pubblico è fondamentale per promuovere sistemi
alimentari sostenibili. I sindaci e gli amministratori possono utilizzare i giusti incentivi
normativi e fiscali (in particolare detrazioni fiscali) per sostenere filiere più corte (ad
esempio rivitalizzando i mercati alimentari locali o i mercati degli agricoltori, ecc.),
aumentare la tracciabilità dei prodotti locali e favorendo la nascita di nuove imprese.
Inoltre, per coloro che possono, c’è la possibilità di dare la precedenza ad appalti pubblici
più verdi, per riformare, per esempio, le mense scolastiche o gli ospedali e/o facilitando
l’accesso ai mercati per i piccoli produttori, garantendo al contempo l’accesso a cibo
sano e sostenibile per tutte le fasce di popolazione, in modo che tutti gli attori in gioco,
compresi i cittadini, possano partecipare attivamente al cambiamento.
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Cibo in città - CAPITOLO 3
Come le città contribuiscono alle diete sostenibili:
le politiche alimentari urbane
L’unione fa la forza
Nel mondo le città stanno facendo diversi sforzi per cambiare il modo in cui il cibo
viene prodotto e consumato. Per esempio:
Il Milan Urban Food Policy Pact (MUFPP) è un patto tra i sindaci sulle politiche
alimentari urbane che oggi coinvolge 209 città piccole, medie e grandi nel mondo
(quelle in Italia sono 26). Attraverso il patto, i sindaci si impegnano volontariamente
a lavorare insieme affinché i loro cittadini possano beneficiare di sistemi alimentari
locali più sostenibili, equi, rispettosi del clima, sicuri, diversificati, resilienti, inclusivi
e in grado di fornire cibo sano e a prezzi accessibili a tutti, in un quadro basato sul
rispetto dei diritti umani 8.
Il C40, invece, è una rete globale di megalopoli, che è stata creata per aiutare le città
con tanti milioni di abitanti ad affrontare i cambiamenti climatici. Grazie a questo
circuito i sindaci e le amministrazioni possono collaborare più efficacemente,
possono scambiarsi informazioni e conoscenze, nonché promuovere azioni
significative, misurabili e sostenibili. Nell’ottobre del 2019, 14 sindaci di altrettante
città facenti parti di questa rete (i.e. Barcellona, Copenaghen, Guadalajara, Lima,
Londra, Los Angeles, Milano, Oslo, Parigi, Quezon City, Seoul, Stoccolma,
Tokyo e Toronto) hanno firmato una dichiarazione intitolata “C40 Good Food
Cities” letteralmente città del buon cibo. Con questa dichiarazione, queste città si
impegnano ufficialmente, prima del 2030, a:
• Allineare le politiche di approvvigionamento alimentare della propria città
verso la cosiddetta dieta per la salute del Pianeta9, cercando di privilegiare il cibo
prodotto da agricoltura biologica;
• Allontanarsi il più possibile dalle diete poco sane e insostenibili, aumentando il
consumo di cibi sani e a base vegetale;
• Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari del 50% rispetto ai dati del 2015;
• Collaborare con cittadini, aziende, istituzioni pubbliche e altre organizzazioni
per sviluppare una strategia comune per attuare queste misure e raggiungere
così questi obiettivi in modo inclusivo ed equo, nonché incorporare questo
disegno nel Piano d’azione per il clima della città.
Queste 14 città firmatarie servono 500 milioni di pasti all’anno nelle scuole, negli
ospedali e in altri edifici pubblici e in questo modo hanno la possibilità di migliorare
la disponibilità e l’accessibilità (anche economica) di cibo sano, nutriente, sostenibile
e buono per i loro 64 milioni di cittadini, portando notevoli vantaggi per la loro
salute e per quella dell’ambiente.
8 www.milanurbanfoodpolicypact.org
9 Secondo il report stilato dalla Fondazione EAT e dal Lancet nel gennaio 2019, la dieta per la salute del
Pianeta (the planetary health diet) prevede cibi bilanciati e nutrienti che possono fornire fino a 2.500 calo-
rie al giorno per tutti gli adulti, consiglia di non superare i 16 kg di carne per persona all’anno (o 300 g per
settimana) e i 90 kg di prodotti lattiero-caseari per persona all’anno (o i 250 g per giorno), nonché limitare
il più possibile gli alimenti altamente processati https://eatforum.org/content/uploads/2019/01/EAT-Lan-
cet_Commission_Summary_Report.pdf
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Cibo in città - CAPITOLO 3.1
Esperienze dal mondo
Capitolo 3.1:
Esperienze dal mondo
Per esempio, la capitale dell’Equador, Quito, ha lanciato una vera e propria strategia
alimentare urbana e ha dato vita a un progetto partecipativo di agricoltura urbana
(chiamato AGRUPAR) volto a promuovere l’autoproduzione di cibo attraverso l’uso di
terreni pubblici e privati come sistema per ridurre l’insicurezza alimentare. La città di
Mezitli, in Turchia, ha invece sviluppato un’azione per incrementare la produzione di
cibo da parte delle donne, chiamata “Mercato dei produttori delle donne di Mezitli”,
che riduce le differenze di genere e aumenta le opportunità di lavoro per le donne
attraverso i mercati alimentari. Con questo progetto 650 donne sono state in grado di
sviluppare le competenze necessarie per produrre e vendere cibo in 9 diversi mercati
femminili. Dall’altra parte del globo, a Melbourne, in Australia, in assenza di spazi
pubblici accessibili, i residenti hanno creato degli orti urbani a misura di famiglia
utilizzando campi da bocce in disuso. Invece, Da Nang (Vietnam) gestisce un nuovo
modello di distribuzione per prodotti biologici e salutari in grado di garantire lavoro
e migliori mezzi di sostentamento alle persone che subiscono gli effetti collaterali della
grande urbanizzazione legata a un massiccio sviluppo industriale (come la mancanza
di accesso a cibi freschi e i deserti alimentari). Sempre in Asia, ma nella Corea del Sud,
la città di Seoul si sta impegnando a promuovere la salute delle future generazioni,
attraverso un progetto multi-stakeholder, chiamato Seoul Eco Public Plate (SEPP), che,
a partire dal 2015, ha iniziato trasformare i pasti serviti alle mense scolastiche, in veri e
propri “Eco Meals” (pasti ecologici). Questi ultimi sono forniti gratuitamente a tutte le
studentesse e gli studenti delle scuole elementari e medie, sulla base delle loro necessità
nutrizionali, collegando il mondo della città a quello della campagna, attraverso un
sistema di rifornimento che interessa principalmente zone agricole locali, rispettose
dell’ambiente. In tema di sprechi alimentari, invece, la città di San Paolo (Brasile) ha
promosso la donazione degli eccessi, creando banche alimentari municipali che
hanno raccolto 170 tonnellate di cibo. L’iniziativa ha stabilito una partnership tra 310
organizzazioni benefiche e ha raggiunto 120 mila persone bisognose. In Italia, invece,
la città di Milano si propone di tagliare gli sprechi alimentari del 50% entro il 2030. Per
raggiungere questo obiettivo, l’ufficio di Food Policy coordina una vasta gamma di
azioni, tra cui alcune dedicate alla sensibilizzazione dei cittadini, compresi quelli più
piccoli. Per esempio, la campagna educativa “Io non spreco”, lanciata in collaborazione
con l’assessorato all’Educazione e all’Istruzione del Comune e Legambiente, fornisce
agli alunni delle scuole primarie aderenti un sacchetto “salva merenda”, in materiale
lavabile, per incoraggiarli a portare a casa i prodotti non deperibili che non hanno
consumato durante il pranzo (pane, frutta, budini, ecc) 10.
In conclusione, che si tratti di iniziative su piccola o larga scala, il cibo deve rimanere
un elemento imprescindibile dell’identità e dello sviluppo di una città, per affrontare
con successo le molteplici sfide e contribuire alla sua resilienza.
10 Ulteriori esempi sono disponibili nella pubblicazione BCFN “Food & Cities” 2018. https://www.barillacfn.
com/it/pubblicazioni/cibo-e-citta/
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Cibo in città
Esercitazione per la classe
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Cibo in città
Esercitazione per la classe
Esercitazione:
Il docente spiega l’impatto delle città e il loro legame con i sistemi alimentari sostenibili.
Per i ragazzi più grandi è possibile integrare la spiegazione con una discussione di
gruppo, che li aiuti a riflettere sugli ambiti in cui può intervenire una politica alimentare
urbana (vedere capitolo 2.). Esempi di domande per facilitare la discussione sono:
• Come fa la politica a influenzare il sistema alimentare?
• Dov’è presente/venduto il cibo nelle città?
Il docente presenta l’iniziativa scelta (o una rosa di iniziative fra cui far scegliere i ragazzi)
e il suo legame con il tema cibo e città. I ragazzi prendono coscienza dell’iniziativa e
stilano, con l’aiuto del docente, una lista di domande che dovranno fare ai titolari del
progetto in questione. L’intervista può essere fatta sia in loco, magari dopo una visita
al sito (per esempio, nel caso di una fattoria didattica) oppure a voce tramite il mezzo
che si ritiene più idoneo (per esempio, una videochiamata con l’Assessore del proprio
Comune sulle Policy urbane legate al cibo o con il responsabile della mensa scolastica
per capire come si definisce il menu).
Compito a casa:
a seconda delle capacità cognitive dei discenti, si suggerisce:
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Cibo in città
Esercitazione per la classe
Esercitazione
LE BANCHE DEL CIBO
Target consigliato: scuola secondaria di primo grado.
Preparazione: Approfondire i temi delle politiche urbane legate allo spreco e alla
ridistribuzione delle eccedenze (vedi per esempi capitolo 3 e 3.1). Si consiglia anche
di guardare la tematica dello spreco alimentare attraverso la monografia a esso
dedicata: Non sprechiamo! (https://www.educazionedigitale.it/noiilciboilpianeta/
insegnanti/).
Le banche del cibo offrono notevoli vantaggi sociali, economici e ambientali, tra
i quali:
• contribuire a ridurre l’insicurezza alimentare;
• ridurre le disuguaglianze tra la popolazione, migliorando il potere di acquisto
delle fasce più povere;
• recuperare le risorse che importanti per il benessere del Pianeta, riducendo al
contempo i costi dello smaltimento.
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Cibo in città
Esercitazione per la classe
Dopo aver descritto che cos’è una banca del cibo, chiedere ai ragazzi, suddivisi in
piccoli gruppi, di ricercare su Internet esempi di banche che operano sul territorio
di riferimento o sul territorio nazionale. Ciascun capogruppo riferisce quanto
trovato e si selezionano una o due opzioni. Sempre a piccoli gruppi si procede
stilando una serie di domande da fare alle persone che lavorano per l’ente scelto
e, alla fine, dopo aver preso visione di tutti i quesiti, si scelgono collettivamente
cinque domande principali (il numero è solo indicativo. Spetta al docente scegliere
quante domande sono più idonee per la situazione). Successivamente, il docente
con o senza l’aiuto degli studenti, contatta la realtà scelta per fissare un’intervista,
anche telefonica o tramite Internet, che verrà fatta dai ragazzi in classe con le
domande che hanno preparato.
Compito a casa:
Una volta fatta l’intervista, chiedere ai ragazzi di scrivere un breve resoconto
dell’esperienza svolta, focalizzando il contenuto sugli aspetti legati
all’apprendimento (cosa ho imparato di nuovo) e alle emozioni che l’esperienza
ha suscitato (come mi sono sentito).
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Cibo in città
Glossario
Glossario
Gas a effetto serra: sono gas presenti nell’atmosfera che tendono a bloccare l’emissione
di calore proveniente dalla superficie terrestre, dall’atmosfera e dalle nuvole, ostacolando
così la sua fuoriuscita nello spazio. Essi funzionano come i vetri in una serra per la
coltivazione e da qui, infatti, prendono il nome. Questi gas possono essere di origine
sia naturale che antropica (ovvero a causa dell’uomo).
SDGs: Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (in inglese, Sustainable
Development Goals, SDGs) sono un insieme di 17 Obiettivi, pensato per il futuro
dello sviluppo del Pianeta, che disegnano un grande programma d’azione, che
comprende 169 traguardi. Gli Obiettivi di Sviluppo sono stati sottoscritti nel 2015 dai
193 Paesi membri delle Nazioni Unite, per l’arco temporale 2015-2030. Al contrario dei
Millennium Development Goals, gli SDGs sono pensati per tutti i Paesi del mondo e ci
ricordano come lo sviluppo sostenibile sia un obiettivo universale.
Perdite alimentari: è il cibo che viene perso prima di arrivare ai punti vendita.
Le perdite alimentari sono una diminuzione della quantità di cibo commestibile lungo
la parte della filiera che porta al consumo umano. Il focus è il sistema produttivo stesso,
dalla coltivazione fino alla trasformazione, prima di arrivare ai luoghi in cui il cibo
viene venduto.
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Cibo in città
Glossario
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Cibo in città
Bibliografia essenziale
Bibliografia essenziale
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Cibo in città
Bibliografia essenziale
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Cibo in città
Postfazione
POSTFAZIONE
La Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) è un centro di pensiero e
di ricerca che studia la complessità degli attuali sistemi agro-alimentari e con le sue
iniziative promuove il cambiamento verso uno stile di vita più sano e sostenibile, per
il raggiungimento degli Obiettivi sanciti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite (SDGs).
Con le sue ricerche scientifiche ed iniziative pubbliche, la fondazione promuove un
dialogo aperto tra scienza e società, a livello nazionale ed internazionale. Affronta
con un approccio multidisciplinare le principali questioni relative al cibo nelle sue
dimensioni ambientale, economica e sociale, per il benessere e la salute delle persone
e del nostro Pianeta.
Advisory Board
Million Belay, Barbara Buchner, Danielle Nierenberg, Livia Pomodoro, Gabriele
Riccardi, Camillo Ricordi, Gerry Salole, Riccardo Valentini, Stefano Zamagni.
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