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Introduzione
Vi è una sola umanità e una sola Terra […]: essa è l’arca che sola rende
possibile il senso di ogni movimento, e di ogni quiete quale modalità
di un movimento. Ma la sua quiete non è appunto una modalità di
un movimento. Ora però tutto questo sembrerà stravagante o perfino
folle, in contrasto con ogni conoscenza scientifica della realtà e della
possibilità reale […]. Ma anche se si vorrà ravvisare nei nostri tentativi
la più incredibile hybris filosofica, noi non recediamo dalla conse-
quenzialità del nostro chiarimento delle necessità di ogni donazione
di senso sia per l’ente che per il mondo […]. L’Ego vive e precede ogni
ente reale e possibile, ente inteso in ogni senso, sia reale che irreale1.
alla fine degli anni Trenta. Da qui in avanti ci riferiremo a questo testo con l’ab-
breviazione Umsturz. Su questo manoscritto husserliano, cfr. g.d. neri, Terra e
Cielo in un manoscritto husserliano del 1934, in «Aut Aut» 245 (1991), pp. 19-44; k.
held, Sky and Earth as Invariants of the Natural Life-world, in C.-F. Cheung, E.W.
Orth (eds.), Phenomenology of Interculturality and Life-world, Alber, Freiburg 1998,
pp. 21-41; p. kerszberg, The Phenomenological Analysis of the Earth’s Motion, in
«Philosophy and Phenomenological Research» 2 (1987), pp. 177-208; j. himanka,
Husserl’s Argumentation for the Pre-Copernican View of the Earth, in «Review of
Metaphysics» 3 (2005), pp. 621-644; a.j. steinbock, Home and Beyond: Generative
Phenomenology after Husserl, Northwestern University Press, Evanston 1995 (in
particolare il capitolo vii, Transcendental Concepts of the Lifeworld, pp. 97-121).
3. È ciò che invece sostiene Merleau-Ponty, il quale vede in Umsturz una delle
riflessioni husserliane in cui più esplicitamente emergono direzioni teoriche che
esasperano ed eccedono i limiti della fenomenologia stessa, conducendo a un
intreccio di empirico e trascendentale. Secondo Merleau-Ponty, Husserl sarebbe
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 349
obbligato dall’esito delle sue stesse indagini a smentire il proprio idealismo: «Pro-
getto di possesso intellettuale del mondo, la costituzione diviene sempre di più,
via via che il pensiero di Husserl matura, il mezzo per svelare un rovescio delle
cose che non è stato costituito da noi. Era necessario questo insensato tentativo
di sottomettere ogni cosa allo statuto della coscienza, al limpido gioco dei suoi
atteggiamenti, delle sue intenzioni, delle sue imposizioni di senso, bisognava
spingere all’estremo il ritratto di un mondo saggio che la filosofia classica ci
ha lasciato, per rivelare tutto il resto: quegli esseri, al di sotto delle nostre idea-
lizzazioni e oggettivazioni, che le alimentano segretamente, e in cui si stenta a
riconoscere dei noemi: la Terra, per esempio, che non è in movimento come i
corpi oggettivi, ma neppure in riposo, poiché non si vede a che cosa potrebbe
essere “inchiodata” – “suolo” o “ceppo” dei nostri pensieri come della nostra
vita, che potremo sì spostare o riportare, quando abiteremo altri pianeti, ma solo
perché avremo allora ingrandito la nostra patria, che non possiamo sopprimere»
(m. merleau-ponty, Signes, Gallimard, Paris 1960, p. 227; trad. it. di G. Alfieri,
a cura di A. Bonomi, Segni, il Saggiatore, Milano 2003, p. 234). Per una critica
dell’interpretazione merleau-pontyana di questo manoscritto ci permettiamo
di rimandare a r. sacconaghi, Intrascendibilità dell’esperienza e atteggiamento
naturale in Merleau-Ponty, in «acme» (2011), vol. lxiv, fasc. iii, pp. 165-182.
350 rocco sacconaghi
1. L’obiettivismo, le “omogeneizzazioni”
e l’impossibilità della storia
10. e. husserl, Umsturz, p. 320; trad. it. p. 13. Cfr. anche ivi, pp. 323-324; trad.
it. pp. 16-17.
11. «Io ho tutte le cose di fronte a me, le cose sono tutte “là” – a eccezione di una
sola, appunto del corpo vivo che è sempre “qui”» (hua iv, p. 159; trad. it. p. 160);
«abbiamo insieme stabilito però anche questa limitazione: che esso [il corpo] si
presenta come una cosa di un genere particolare, tanto che non si può ordinare
senz’altro nella natura come un elemento tra gli altri» (ivi, p. 158; trad. it. p. 159).
12. «Il mio corpo [Leib] nell’esperienza primordiale, a differenza dei corpi
esterni, esso non conosce spostamento né quiete, ma solo moto interno e quiete
interna. […] Ma anche il suolo su cui cammina o non cammina il mio corpo non
viene esperito come un corpo [Körper] che possa essere integralmente spostato
oppure no» (e. husserl, Umsturz, p. 314; trad. it. p. 9).
13. Ivi, p. 323; trad. it. p. 16.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 353
14. hua vi, Die Krisis der europäischen Wissenschaften und die transzendentale
Phänomenologie. Eine Einführung in die phänomenologische Philosophie, W. Biemel
(Hrsg.), Nijhoff, Den Haag 1954, p. 60; trad. it. di E. Filippini, La crisi delle scienze
europee e la fenomenologia trascendentale, il Saggiatore, Milano 1961, p. 88.
15. In questo manoscritto si esplicita il legame essenziale tra il piano analitico-
descrittivo della filosofia di Husserl e l’attenzione a tematiche etico-morali che,
sin dai Prolegomeni, ha sempre determinato le sue opere, e che nelle conferenze
di Vienna e di Praga del 1935 ha la più sontuosa e allarmata espressione.
354 rocco sacconaghi
23. Cfr. g.d. neri, Terra e Cielo in un manoscritto husserliano del 1934, cit., p. 38.
24. «Non progredisce inarrestabilmente, da Copernico in poi, proprio l’auto-
rimpicciolimento dell’uomo, la sua volontà di auto-rimpicciolimento? Ahimè, la
fede nella sua dignità, unicità, insostituibilità nella gerarchia degli esseri è spari-
ta – l’uomo è diventato animale, animale, senza metafora, detrazione o riserva, lui
che, nella sua fede di una volta, era quasi Dio […]. Da Copernico in poi sembra
che l’uomo sia finito su un piano inclinato – ormai rotola sempre più velocemente
lontano dal centro – verso dove? Verso il nulla? Verso il “sentimento perforante
del proprio nulla”?» (f. nietzsche, Zur Genealogie der Moral. Eine Streitschrift,
Tredition, Hamburg 2011, p. 132; trad. it. di S. Giametta, La genealogia della morale,
Rizzoli, Milano 1997, p. 207).
25. s. freud, Eine Schwierigkeit der Psychoanalyse, in «Imago», Bd. V/1 1917,
pp. 1-7; trad. it. di C. Musatti, Una difficoltà della psicoanalisi, in s. freud, Opere,
vol. viii, Bollati Boringhieri, Torino 1976, pp. 657-664. Il nesso con questo testo
è sottolineato da G.D. Neri nel suo Terra e Cielo in un manoscritto husserliano
del 1934, cit., p. 21.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 357
26. Prendiamo in considerazione questo breve testo freudiano con la sola inten-
zione di darne una lettura “strategica”, funzionale rispetto allo scopo di questo
contributo, e non certo di desumerne la posizione di Freud su questi problemi,
né tantomeno di affrontare il tema – assai complesso – del confronto tra il padre
della psicoanalisi e Husserl (cfr. f.s. trincia, Husserl, Freud e il problema dell’in-
conscio, Morcelliana, Brescia 2008).
27. Scrive Freud: «Dapprima, all’inizio delle sue indagini, l’uomo riteneva che
la sua sede, la terra, se ne stesse immobile al centro dell’universo, mentre il sole,
la luna e i pianeti si muovevano attorno ad essa con traiettorie circolari. [...]
La posizione centrale della terra era comunque una garanzia per il ruolo do-
minante che egli esercitava nell’universo, e gli appariva ben concordare con la
sua propensione a sentirsi il signore di questo mondo. La distruzione di questa
illusione narcisistica si collega per noi al nome e all’opera di Niccolò Copernico
nel sedicesimo secolo. [...] Quando essa [la scoperta di Copernico] fu universal-
mente riconosciuta, l’amor proprio umano subì la sua prima umiliazione, quella
cosmologica» (s. freud, Eine Schwierigkeit der Psychoanalyse, cit.; trad. it. p. 660).
28. «L’uomo – osserva Freud –, nel corso della sua evoluzione civile, si eresse a
signore delle altre creature del mondo animale. Non contento di un tale predomi-
nio, cominciò a porre un abisso fra il loro e il proprio essere. Disconobbe ad esse
la ragione e si attribuì un’anima immortale, appellandosi a un’alta origine divina
che gli consentiva di spezzare i suoi legami con il mondo animale. [...] Sappiamo
che le ricerche di Charles Darwin e dei suoi collaboratori e predecessori hanno
posto fine, poco più di mezzo secolo fa, a questa presunzione dell’uomo. L’uomo
nulla più è, e nulla di meglio, dell’animale; proviene egli stesso dalla serie animale
ed è imparentato a qualche specie animale di più e a qualche altra di meno. [...]
E questa è la seconda umiliazione inferta al narcisismo umano, quella biologica»
(ivi; trad. it. pp. 660-661).
358 rocco sacconaghi
29. Così Freud descrive la terza umiliazione: «La terza umiliazione, di natura
psicologica, colpisce probabilmente nel punto più sensibile. “[...] Lo psichico non
coincide affatto in te con ciò che ti è cosciente. L’attuarsi di qualche cosa nella tua
psiche e il fatto che questo qualche cosa ti sia anche noto, son faccende diverse.
[...] Tu ti comporti come un sovrano assoluto che si accontenta delle informazioni
del suo primo ministro senza scendere fra il popolo ad ascoltarne la voce. Rientra
in te, nel tuo profondo, se prima non impari a conoscerti, capirai perché ti accade
di doverti ammalare; e forse riuscirai ad evitare di ammalarti”. Così la psicoanalisi
voleva istruire l’Io. Ma le due spiegazioni – che la vita pulsionale della sessualità
non si può domare completamente in noi, e che i processi psichici sono per se
stessi inconsci e soltanto attraverso una percezione incompleta e inattendibile
divengono accessibili all’Io e gli si sottomettono – equivalgono all’asserzione che
l’Io non è padrone in casa propria. Esse costituiscono insieme la terza umiliazione
inferta all’amor proprio umano, quella che chiamerei psicologica. Non c’è quindi
da meravigliarsi se l’Io non concede la propria benevolenza alla psicoanalisi e
continua ostinatamente a non crederle» (ivi; trad. it. pp. 661-663).
30. Possiamo ravvisare un’analogia con la terza omogeneizzazione husserliana
in Al di là del principio di piacere, laddove Freud individua nella “nostalgia per
l’inorganico” la cifra della pulsione di morte che definisce ogni forma di vita or-
ganica (cfr. s. freud, Jenseits Des Lustprinzips, Internationaler Psychoanalytischer
Verlag, Wien, 1921; trad. it. di A.M. Marietti e R. Colorni, Al di là del principio di
piacere, Bollati Boringhieri, Torino 1986).
31. Risulta molto interessante a questo proposito la posizione di Merleau-Ponty,
il quale sostiene che vi sia una convergenza tra i risultati delle analisi fenomeno-
logiche husserliane e alcune intuizioni freudiane. Innanzitutto, egli distingue la
consapevolezza teorica che Freud aveva delle sue stesse scoperte – consapevolezza
in via di maturazione e impregnata di motivi positivisti – e il reale contenuto delle
sue scoperte, che condurrebbe in una direzione opposta: «Bisogna qui ammettere
che resta ancora molto da fare per trarre dall’esperienza psicoanalitica tutto ciò che
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 359
In queste scienze dell’infinità che si riferiscono alla natura nella sua totali-
tà, l’atteggiamento corrente è quello per cui i corpi viventi non sono altro
che dei comuni corpi solo casualmente dotati di una struttura peculiare,
che quindi si potrebbero anche pensare completamente aboliti; cosicché
è possibile una natura senza organismi, senza animali e senza uomini34.
tutti i «tentativi di filosofia della storia» (ibidem). Egli vede nella trasformazione
della concezione cosmologica la radice del decentramento antropologico: «tutte
queste trasformazioni sono avvenute, in linea di principio, per opera delle dottrine
di Copernico e di Giordano Bruno e non già – come molti ritengono – per opera
della biologia moderna» (ivi, p. 122; trad. it. p. 412). Ancor più della rivoluzione
copernicana, per Rickert è stata decisiva «la distruzione dell’idea di un cosmo
chiuso, che si può abbracciare con un solo sguardo», distruzione consumatasi con
«la dottrina dell’infinità del mondo di Giordano Bruno» (ibidem), considerata
come «lo scoglio su cui doveva naufragare ogni filosofia della storia che voleva
essere “storia universale” nel senso rigoroso del termine»: il nesso tra l’infinità del
mondo e la fine della stessa possibilità di una “storia” consiste nel fatto che «di ciò
che è temporalmente e spazialmente illimitato vi è soltanto scienza di leggi; e la
storia universale perde così per sempre il suo significato vero e proprio» (ibidem).
L’uomo perde la centralità che tradizionalmente si è attribuito, poiché «il suo teatro,
la terra, ha perduto il suo significato nel cosmo infinito. Essa è diventata l’esemplare
indifferente di un genere, e altrettanto indifferente diventa, nella prospettiva di
una scienza di leggi, tutto quanto di singolare e di particolare avviene su di essa»
(ibidem). Per un confronto tra Husserl e Rickert, cfr. i. kern, Husserl und Kant.
Eine Untersuchung über Husserls Verhältnis zu Kant und zum Neukantianismus,
Nijhoff, Den Haag 1984; a. staiti, Geistigkeit, Leben und geschichtliche Welt in der
Transzendentalphänomenologie Husserls, Ergon, Würzburg 2010.
38. e. husserl, Umsturz, p. 323; trad. it. p. 16.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 363
39. hua vii, Erste Philosophie (1923-1924). Erster Teil: Kritische Ideengeschichte,
R. Boehm (Hrsg.), Nijhoff, Den Haag 1959, p. 61; trad. it. parziale di G. Piana,
Storia critica delle idee, Guerini, Milano 1989, p. 78.
40. Esso infatti si instaura al prezzo di un duplice oblio del soggetto: l’oblio
dell’esperienza personalistica che dà luogo all’atteggiamento naturalistico («L’at-
teggiamento naturalistico – scrive Husserl in Ideen II – è subordinato a quello
personalistico e […] attraverso l’astrazione o, meglio, attraverso una specie di
oblio di sé da parte dell’io personale, ottiene una certa autonomia, assolutizzando
così, e in modo illegittimo, il suo mondo, la natura» (hua iv, pp. 183-184; trad. it.
p. 188) e l’ulteriore oblio di questa stessa operazione.
41. Questa istanza husserliana è stata colta e ben espressa da Lévinas: «la ri-
duzione non si sforza più di realizzare una semplice astrazione», e «ci rivela la
nostra vita nella sua autentica concretezza, e ciò è molto di più di quanto avviene
nell’atteggiamento psicologico, in cui l’uomo è percepito come una parte della
364 rocco sacconaghi
natura, e dove il senso della sua esistenza è falsato» (e. lévinas, Théorie de l’in-
tuition dans la phénoménologie de Husserl, Vrin, Paris 2001, p. 213; trad. it. di V.
Perego, La teoria dell’intuizione nella fenomenologia di Husserl, Jaca Book, Milano
2002, p. 166); «la riduzione fenomenologica è precisamente il metodo con l’aiuto
del quale ritorniamo all’uomo nella sua vera concretezza» (ivi, p. 163).
42. hua iii/1, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen
Philosophie. Erstes Buch: Allgemeine Einführung in die reine Phänomenologie, K.
Schuhmann (Hrsg.), Nijhoff, Den Haag 1976, p. 120; trad. it. di V. Costa, Idee per
una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, vol. i, libro primo.
Introduzione generale alla fenomenologia pura, Einaudi, Torino 2002, p. 126.
43. e. husserl, Umsturz, p. 324; trad. it. p. 16.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 365
44. e. husserl, Erfahrung und Urteil. Untersuchungen zur Genealogie der Logik,
Claassen, Hamburg 1954, p. 45; trad. it. di F. Costa e L. Samonà, Esperienza e giudi-
zio. Ricerche sulla genealogia della logica, Bompiani, Milano 1995, p. 42: «il dominio
della doxa non è dominio di evidenze di ordine inferiore a quello dell’episteme,
[...] ma è propriamente il dominio dell’ultima originarietà al quale si riferisce per
il suo senso la conoscenza esatta il cui carattere dev’essere scrutato come quello di
un puro metodo e non di una via verso la conoscenza atta a procurare una cosa
in sé». Perciò, anche se il cammino della conoscenza «consiste essenzialmente
nell’elevarsi dalla doxa all’episteme, [...] non ci si deve dimenticare dello scopo
ultimo, dell’origine e del diritto proprio degli strati inferiori».
45. Cfr. m. merleau-ponty, Le visible et l’invisible, a cura di C. Lefort, Galli-
mard, Paris 1964, p. 32; trad. it. di A. Bonomi, riveduta da M. Carbone, Il visibile
e l’invisibile, Bompiani, Milano 1993, p. 42.
366 rocco sacconaghi
48. f. nietzsche, Zur Genealogie der Moral. Eine Streitschrift, cit., p. 132; trad.
it. p. 207.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 369
I miei genitori però non sono originari della nave, essi avevano anco-
ra una residenza [Zuhause] più antica, un’altra patria d’origine. Nel
mutamento delle dimore (se la parola dimora [Heimstätte] designa
come di consueto il territorio, personale o familiare, su cui vivo) resta
acquisito in generale il fatto che ogni io ha una sua patria d’origine – e
una patria siffatta appartiene ad ogni popolo originario [Urvolk] con
il suo territorio d’origine [Urterritorium]. Ma ogni popolo e la sua
storicità, come ogni sovra-popolo (sovra-nazione) ha naturalmente
a sua volta la propria patria, in ultima analisi, sulla “Terra” e tutti
gli sviluppi, tutte le storie relative hanno, pertanto, un’unica storia
originaria [Urhistorie], di cui essi sono episodi57.
57. «Certo è anche possibile che questa storia originaria sia stata [quella di] un
insieme di popoli vissuti e sviluppatisi in modo totalmente separato, tutti disposti
però, gli uni rispetto agli altri, nell’orizzonte aperto ed indeterminato dello spazio
terrestre» (ivi, p. 319; trad. it. p. 13).
372 rocco sacconaghi
61. È interessante notare come anche Rickert – dopo aver attribuito alla rivolu-
zione astronomica la responsabilità della fine dei tentativi di una filosofia della
storia – individui in una prospettiva filosofica trascendentale, quella di Kant, la
possibilità di riaprire la pensabilità della storia – e quindi la legittimità di una
sua considerazione filosofica. Kant, osserva Rickert, ha «paragonato la sua teoria
della conoscenza all’impresa di Copernico» (h. rickert, Filosofia della storia, cit.,
p. 122; trad. it. p. 412): seguendo «questo paragone anche in un’altra direzione»,
possiamo vedere come Kant abbia condotto a una nuova prospettiva sulla storia:
«Grazie a Kant l’uomo viene posto di nuovo – con il pieno riconoscimento della
moderna scienza della natura – al “centro” del mondo: certamente non in senso
spaziale, ma in modo ancor più significativo per i problemi della filosofia della
storia. Ora tutto “gira” nuovamente intorno al soggetto» (ivi, p. 123; trad. it. p.
413); «L’idealismo trascendentale ha significato, proprio in virtù del “punto di
vista copernicano”, una conversione nella via che la filosofia credeva di dover
imboccare sulla base della nuova immagine del mondo fornita dall’astronomia:
una conversione, però – e questo è l’elemento decisivo – la quale lascia del tutto
intatta la nuova immagine del mondo e ciononostante rende possibile riprendere
i vecchi problemi» (ivi, pp. 122-123; pp. 412-413). Nella misura in cui il soggetto
viene pensato al centro in senso trascendentale, si chiede Rickert, «che cosa può
ancora significare di fronte a questo il fatto che il teatro della storia rappresenta
spazialmente e temporalmente una piccola particella destinata a scomparire, posta
in un punto qualsiasi dell’universo?» (ivi, p. 123; trad. it. p. 413). L’opera di Kant
«sgombra anzitutto la via dagli impedimenti che si frappongono a concepire un
essere come la storia» (ibidem), poiché «il corso singolare dello sviluppo dell’uma-
nità ha nuovamente potuto essere concepito – con l’aiuto dei concetti assoluti di
ragione e di libertà – come unità, e venir articolato nei suoi diversi stadi in modo
tale da misurare ogni stadio in base al suo contributo specifico alla realizzazione
del senso del mondo» (ivi, p. 124; trad. it. p. 414). Perciò, anche se «Kant non ha
creato egli stesso un sistema di filosofia della storia», scrive Rickert, «sulla base
del suo pensiero ne sono sorti uno dopo l’altro, e in ciò dobbiamo riconoscere
certo un’influenza non inessenziale» (ibidem).
374 rocco sacconaghi
62. Sul tema della filosofia della storia come storia trascendentale nella fenome-
nologia husserliana ci permettiamo di rimandare a r. sacconaghi, Teleologia e
questione degli inizi in Husserl, in «Rivista di Filosofia Neo-scolastica», 4 (2008),
pp. 537-560.
63. hua vi, p. 318; trad. it. p. 332. In questa direzione, ad esempio, si è mosso Wal-
denfels, il quale sostiene che «in modo analogo a come Husserl parla di una storia
interiore del senso, si potrebbe parlare di una geografia interiore, appartenente ad
una “geografia trascendentale”» (b. waldenfels, L’Europa di fronte all’estraneo,
in r. cristin, m. ruggenini (a cura di), La fenomenologia e l’Europa, Vivarium,
Napoli 1999, p. 52). In questo senso egli attribuisce a Husserl il merito di «aver
riscoperto che il senso e l’idea non hanno soltanto il loro tempo e le loro date, ma
anche il loro luogo nel mondo» (ibidem). Waldenfels in nota indica come fonte
del termine “geografia trascendentale” un frammento di Merleau-Ponty, sebbene
quest’ultimo parli in realtà di “geologia trascendentale” e di “inscrizione quasi
geografica”. In una densa nota di lavoro datata 1 giugno 1960, allegata alla sua
opera incompiuta Il visibile e l’invisibile, Merleau-Ponty scrive: «la geografia, – o
meglio: la Terra come Ur-Arche mette in evidenza l’Ur-Historie carnale (Husserl
- Umsturz...). In realtà si tratta di cogliere il nexus – né “storico” né “geografi-
co” – della storia e della geologia trascendentale [...], l’Urstiftung simultanea di
tempo e spazio la quale fa sì che ci sia un paesaggio storico e una inscrizione
quasi geografica della storia» (m. merleau-ponty, Il visibile e l’invisibile, cit.,
p. 312: trad. it. p. 270). Su questo tema, cfr. a. j. steinbock, Reflections on Earth
and World: Merleau-Ponty’s Project of Transcendental History and Transcendental
Geology, in v.m. fóti (ed.), Merleau-Ponty. Difference, materiality, painting, New
Jersey 1996, pp. 90-111.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 375
64. Su questi temi, cfr. r. gasché, Europe, or the Infinite Task. A Study of a Phi-
losophical Concept, Stanford University Press, Stanford 2009; m. signore (a cura
di), Edmund Husserl. La crisi delle scienze e la responsabilità storica dell’Europa,
FrancoAngeli, Milano 1985; a. masullo, c. senofonte (a cura di), Razionalità
fenomenologica e destino della filosofia, Marietti, Genova 1991; r. cristin, m.
ruggenini (a cura di), La fenomenologia e l’Europa, Vivarium, Napoli 1999.
65. hua vi, p. 318; trad. it., p. 332.
66. Ibidem.
376 rocco sacconaghi
per cui la Terra non è un oggetto potrebbe essere interpretata come implicita attri-
buzione a essa del carattere di soggetto. Si tratterebbe però di una nuova versione
dell’obiettivismo, seppur tradotto in chiave post-dualista (approccio olistico) e
post-meccanicista (paradigma sistemico). In quanto esterno alla soggettività, il
punto di vista si presenterebbe come un’astrazione rispetto all’esperienza origina-
ria tanto quanto quello del naturalismo dualista, il cui esito inevitabile – ancorché
esprimibile con differenti sfumature – sarebbe il misconoscimento della funzione
costitutiva della coscienza. L’interpretazione in senso primariamente ecologico
della critica husserliana all’obiettivismo comporterebbe perciò un’eterogenesi
dei fini che ci condurrebbe alla negazione della fenomenologia stessa e a una
nuova forma di oblio della soggettività. Cfr. j. lovelock, Gaia. A New Look
at Life on Earth, Oxford University Press, Oxford 1979; w.i. thompson (ed.),
Gaia 1. A Way of Knowing: Political Implications of the New Biology, Lindisfarne,
Hudson 1987; trad. it. di L. Maldacea, Ecologia e autonomia. La nuova biologia:
implicazioni epistemologiche e politiche, Feltrinelli, Milano 1988; w.i. thompson
(ed.), Gaia 2. Emergence: The new science of becoming, Lindisfarne, Hudson 1991.
Per le interpretazioni in chiave ecologica della fenomenologia, cfr. c.s. brown,
t. toadvine (eds.), Eco-Phenomenology. Back to the Earth Itself, State University
of New York, Albany 2003; d. macauley (ed.), Minding Nature. The Philosophers
of Ecology, The Guilford Press, New York/London 1996.
Implicazioni metafisiche ed epistemologiche 381