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LA CITTÀ DELLE DONNE

Un approccio di genere alla geografia urbana


A cura di Gisella Cortesi, Flavia Cristaldi, Joos Droogleever Fortuijn
SEZIONE I
SENTIRE LA CITTÀ: IDENTITÀ E SENSO DEL LUOGO
Concetti di identità, appartenenza, senso del luogo nelle esperienze quotidiane: come le donne nelle
loro diversità etniche, nazionali e culturali si sentono a loro agio nelle città in cui vivono e identificarsi
con esse.

1° SAGGIO
Città e genere: nozioni di comfort, appartenenza e impegno a Londra e a Gerusalemme
Tovi Fenster

I 3 concetti di comfort, appartenenza e impegno sono indagati nelle interviste con donne e uomini di Londra e
Gerusalemme: attraverso le narrazioni si coglie il significato della vita quotidiana in città e le differenze di
genere nelle pratiche quotidiane in cui si riflettono le relazioni di potere. Il predominio di tali relazioni negli
spazi pubblici si esprime nella costruzione di spazi di genere simbolici – proibiti e permessi – e nelle norme
patriarcali sull’abbigliamento femminile.

Comfort, appartenenza e impegno: intesi come conoscenze locali e di genere culturalmente definiti e
vengono proposti come criteri (accanto ai tradizionali strumenti degli urbanisti) da includere nella
pianificazione urbana.

CITAZIONE: Donna palestinese intervistata dice che nella Gerusalemme Orientale lo spazio non è suo e
che la deurbanizzazione sta riportando le tradizionali strutture sociali patriarcali del
villaggio. Aziza
→ Esperienza quotidiana sul confort che innesca questioni sul potere, l’esclusione e l’esperienza di
genere nella vita urbana, enfatizzando la connessione tra genere e politiche di pianificazione
urbana: più la città viene trascurata più diviene patriarcale.
→ Le donne palestinesi di Gerusalemme esprimono giudizi positivi sui servizi cittadini e le
opportunità che la città offre ma hanno parlato anche di discriminazione e oppressione nella loro
vita quotidiana per cui la città diviene un luogo ambivalente perché oltra la possibilità di scelta
diventa spazio di restrizioni e oppressioni reali
→ MANCA nella letteratura urbana e sulla globalizzazione un approccio di genere e alla vita quotidiana (aspetti
informali) nelle città nella misura in cui la sfera economica la influenza, producendo relazioni di potere e
controllo a diverse scale.

Gerusalemme > città santa, luogo ricco di simbolismo per diverse culture (cristiani, ebrei, musulmani)
ma allo stesso tempo associata alla rigidità, al fanatismo, all’intolleranza di genere.
Londra > città globalizzata, cosmopolita, tollerante per eccellenza ma negativa e deprimenti per i non-
inglesi.
CAI > comfort, appartenenza e impegno > relazioni persone-ambiente nella gerarchia spaziale
casa>edificio>strada>quartiere>centro>parchi>trasporti come
rappresentative della qualità di vita visto che la sfida della
pianificazione urbana di questo secolo è fare in modo che la
gente si senta a casa in spazi urbani globalizzati.
Conoscenza di genere e pianificazione urbana
Harding: conoscenza locale etnocentrica e conoscenza bianca occidentale sono entrambi saperi locali
(denuncia al colonialismo culturale occidentale prodotto nelle università alla base anche della pianificazione
urbanistica, esportando modelli di sviluppo occidentalizzati anche nei luoghi altri) → necessità di promuovere
nuovi modelli urbanistici a partire dalle “conoscenze locali di genere” (esperienze soggettive quotidiane che
derivano dalle identità sociali personali)

Pratiche quotidiane e divisioni di ruoli di genere nella famiglia


Le relazioni di genere e le espressioni del CAI nella famiglia forniscono una prospettiva sul ruolo
femminile e maschile negli spazi pubblici, nella sfera economica, sociale e politica.
CAI delle DONNE > PRIVATO/CASA
a. La maggior parte delle donne (single o sposate) lega il senso di confort e impegno a casa al ruolo
riproduttivo, alla cura, pulizia e ordine della casa (responsabilità domestiche) mentre x gli uomini è difficile
definire tale tema in casa, o risultava diverso → deduciamo che in casa la divisione dei lavori/ruoli
(divisione responsabilità familiari) rimane quella tradizionale
b. Confort nel quartiere con la maternità
CAI degli UOMINI > SFERA PUBBLICA
Gli uomini enfatizzano il ruolo dell’ordine spaziale (familiarità, ordine e conoscenza delle strade) che gli dà
il senso di comfort
→ I ruoli di genere nella famiglia formulano diverse conoscenze locali relative al CAI a diverso
livello spaziale: casa>strada>quartiere>città riflettendo un diverso livello di coinvolgimento di
uomini e donne nelle attività pubbliche e riflettendo relazioni di potere

Relazioni di potere di genere nelle esperienze delle donne relative al CAI


espresse dalle narrazioni con i termini: controllo, libertà, sicurezza, privacy.
a. Nelle testimonianze delle donne di diversa cultura, età, stato civile, condizioni sociali, in casa
emergono le relazioni patriarcali anche implicite (le donne sono a loro agio, confort, libere,
sicure, quando sole o fuori controllo dei vari familiari) → forse ancora più forti nelle città
globalizzate
b. Il patriarcato non rimane privato: si esplicita anche nella città, connesso alle politiche di
pianificazione e sviluppo urbano.

La costruzione di genere degli spazi pubblici


A Gerusalemme e a Londra le relazioni di potere negli spazi pubblici sono espresse dalla paura (di
molestie), senso di insicurezza nelle strade, nei trasporti e nei parchi urbani, e nelle norme patriarcali
di abbigliamento imposte alle donne, che trasformano alcuni spazi pubblici in spazi proibiti alle
donne → riflesso delle rel. patriarcali alla base della pianificazione urbana: i parchi di notte diventano
aree maschili ostili e altri spazi “trappola” permettono situazioni di molestie poiché progettati senza
visibilità, illuminazione, entrate/uscite.
→ combinazione tra pianificazione al maschile e comportamento pubblico maschile che porta al
senso di esclusione e di appropriazione maschile degli spazi urbani (che li controllano escludendo alle
donne una libera circolazione), oltre a regole culturali implicite che limitano i movimenti delle donne
negli spazi pubblici.
Il ruolo dell’abbigliamento e le politiche di pianificazione e gestione in città
A Gerusalemme l’abbigliamento riflette norme culturali e determina dove è proibito o sconveniente per le
donne → barriere simboliche espresse da segni alle due entrate della strada principale (divieto alle donne
vestite impudicamente di entrare nella strada e nei negozi) → chiaro esempio della nozione di autorità e
potere riguardo a chi può entrare negli spazi pubblici (non legale ma legittimata pubblicamente dall’assenza di
provvedimenti municipali contrari)
→ le relazioni patriarcali influenzano la costruzione di spazi permessi e proibiti alle donne, determinando
controllo sugli spazi pubblici e sul corpo della donna e influenzando la politica di pianificazione e gestione degli
spazi pubblici (influenzano fortemente le donne perché i loro corpi sono percepiti come espressione di castità,
onore e norme religiose)
A Londra i quartieri etnici non sono trasformati in spazi privati escludenti, riflettendo una diversa percezione,
norme e diritti su cui si basa la gestione cittadina.

Riflessioni finali
- Necessario trovare un compromesso tra relativismo culturale e universalismo
- Necessarie politiche municipali esplicite che prevengano situazioni di isolamento, esclusione e molestia negli
spazi pubblici e una pianificazione urbana che consideri questi criteri (CAI) e garantisca la sicurezza e
l’inclusione urbana
2° SAGGIO
(Ri)costruire l’urbano attraverso le storie di vita delle donne
Dina Vaiou

3 casi di studio di Atene che dimostrano come la narrazione ufficiale e formale della “storia” racconti
storie maschili che rappresentano l’urbano in modo diverso dalle storie delle donne, frammentate e
particolari, ma altrettanto utili per comprendere l’urbano → come le donne danno senso alla vita
quotidiana nella città e quali strategie, itinerari o ambienti familiari formano intorno alle loro
esistenze
> Considerazioni teoriche sulla marginalità delle storie di vita in quanto aspetti nascosti
dell’esperienza urbana, meno ufficiali e più quotidiani, ma altrettanto importanti
> Considerazioni metodologiche sulla relazione tra ricercatore e intervistato: il gioco di potere,
differenti posizioni di potere, mitologia personale dell’intervistata, filtri, rappresentazioni delle
rappresentazioni, traduzione del linguaggio verbale e non verbale, parzialità, costruzione delle
domande e delle risposte, rielaborazione scientifica, miti nel contesto delle memorie collettive,
memoria come processo di ricostruzione simbolica del passato…

CASO 1 – PERAMA
STORIA: Eroica storia pubblica dell’attivismo in un’area occupata abusivamente nella periferia urbana
in cui la crescita e sviluppo si lega alla zona dei cantieri navali del Pireo che fornisce posti di lavoro
manuale e duro agli uomini: la storia locale si articola intorno alla cultura maschile di lotta per il diritto
di lavoro e alloggio (legalizzazione e diritto di proprietà)
Storie delle donne: donne impegnate nelle attività quotidiane di resistenza contro la povertà che
mostra un lavoro domestico altrettanto duro e necessario alla sopravvivenza familiare → eventi
piccoli e ripetitivi del quotidiano sono persi nella storia ufficiale e della lotta politica della comunità
ma emergono nelle storie di vita→ vivere in un’area senza servizi sarebbe stato impossibile senza il
duro lavoro delle donne che senza lavoro salariato, s’impegnavano nella casa e nel quartiere.

CASO 2 – HELIOUPOLIS (lavoro salariato e vita di periferia)


STORIA: “quartiere-rifugio” suburbano, quieto e verde, accessibile a classi medio-basse: un progetto a
bassa densità abitativa (vantaggi ambientali e tranquillità urbana) che diventa una risorsa e fa alzare i
prezzi immobiliari → concetto che rappresenta l’esperienza urbana degli uomini
Storie delle donne: “periferia-giardino” marcata dalla difficoltà di combinare il lavoro con la vita
familiare per le donne che non hanno servizi, trasporti agili e opportunità di lavoro

CASO 3 – KYPSELI (attrazione del centro città)


STORIA: quartiere centrale d’edificazione intensiva in cui il problema centrale è la densità:
inquinamento, traffico, infrastrutture inadeguate e pochi spazi verdi (condizioni di sfruttamento
abitativo nei seminterrati)

Storie delle donne: racconti delle donne sui benefici di tale densità per la vicinanza al lavoro e ai
servizi: il centro è meglio x i poveri: vicinanza, accessibilità, alloggi economici.
→ i resoconti delle donne (le minuzie della vita quotidiana nascoste, considerate insignificanti e
modeste, ripetitive e quindi scontate) mostrano il loro coinvolgimento nel costruire la città e deve
avere spazio nell’analisi e gestione dello sviluppo urbano in un approccio che è scientifico e politico
che dà voce pubblica agli aspetti nascosti e ignorati dell’esperienza urbana.

3° SAGGIO
Identità, generazioni e confini di genere nelle popolazioni originarie dell’Asia meridionale a Nairobi,
Kenia
Pascale Herzig
kenioti asiatici: consistente minoranza asiatica in Kenia, detti, contrattati come manodopera per la
costruzione della ferrovia dell’africa orientale → fascia sociale media (tra gli europei e gli africani)
> La politica coloniale di segregazione razziale e l’influenza dell’economia nazionale hanno creato stereotipi
> Metodologia: interviste semi-guidate, criterio qualitativo, questionari
> Modello teorico: migrazione e genere (approcci femministi e post-coloniali)
→ differenze etniche, razziali, sociali, di genere viste attraverso la vita quotidiana
Le identità della minoranza asiatica a Nairobi sono influenzate da: genere, generazione e comunità
> Relazione inter-etnica: interazione tra i gruppi etnici indica una discriminazione (segregazione/esclusione)
della minoranza asiatica nella società keniota basata su pregiudizi: lo stereotipo degli
asiatici (uomini) come piccoli commercianti tirchi che imbrogliano i clienti africani
“stupidi” essendo autosufficienti e spregiudicati negli affari: autosufficienza +
successo economico = ostilità (oltretutto crescono nella scolarizzazione benessere
economico; non sono più illetterati)
> Le donne restano una categoria invisibile sottomessa a padri e mariti
> Secondo gli africani intervistati gli asiatici non vogliono integrarsi e si rifiutano anche di prendere la
cittadinanza keniota
> Gli asiatici intervistati confermano e dicono che son più le donne a voler mantenere la cittadinanza
precedente (per potersi spostare in caso di necessità) rispetto agli uomini (che hanno interessi commerciali
legati alla cittadinanza per ottenere licenze) → strategia dell’uso strumentale del diritto di cittadinanza
(strategia di minimizzazione del rischio)
> I dati negano gli stereotipi: molti asiatici hanno preso la cittadinanza keniota e si definiscono kenioti
> cittadinanza indiana non comune tra le donne. I più anziani hanno per ¼ la citt. inglese mentre molti giovani
conservano quella indiana → strategia di minimizzazione del rischio + comune nella generazione di mezz’età, e
anche qui la maggioranza delle donne ha la cittadinanza keniota.
> Rapporti intra-etnici: impatto del genere nella vita quot: il ruolo tradizionale femminile di accudire i figli,
preferib. maschi, la famiglia e gestire la casa (al combinare i matrimoni la figlia si trasferisce
dal marito, la donna + anziana coordina i lavori domestici e le altre mentre il marito si
occupa dell’economia fam.)
> Istruzione: livello educativo dei kenioti asiatici crescente anche per le donne (in una differenza di genere che
diminuisce con le generazioni più giovani) che hanno accesso agli studi superiori
(diversamente che in India) ma lo scopo dello studio è diverso per genere: gli uomini devono
sostenere la famiglia; le donne aumentare le opportunità di trovare partner migliori per il
matrimonio.
> Lavoro retribuito e non: non c’è bisogno eco. del doppio salario, e non è ben visto lavorare per motivi
personali, ma molte donne asiatiche keniote lavora oltre a occuparsi della casa → anche qui
lo stereotipo della casalinga asiatica e del marito come unico portatore di reddito non regge
nei dati ma è alimento dallo status di prestigio dell’uomo (che continua a dichiararsi come
unico provedor di reddito) → con l’aumento di istruzione e lavoro, e il desiderio di
migliorare la propria vita, cambiano anche i rapp. di genere, nonostante il ruolo della donna
resta ancorato a famiglia e casa
> Tipologia familiare: le interviste dicono che vige il modello tradizionale della famiglia allargata ma i dati
mostrano che le famiglie si stanno restringendo e i nuclei piccoli sono la maggioranza. In
contraddizione, i più giovani sono quelli che vivono in famiglie + allargate, non si capisce
come.
Conclusioni
> Le relazioni di potere ci sono tra etnie e intra-etnia: di genere e generazionali
> fattori cruciali dei cambiamenti sono due: 1. l’attrazione delle altre culture e stili di vita esistenti in Kenia
2. rapporti internazionali tra comunità asiatiche nel mondo intensificati in un modello di comportamento
globale di riferimento (società collegata) con effetti sulle identità individuali e generazionali→cambiamenti
d’identità di una cultura transnazionale per cui la minoranza asiatica keniota diventa modello di globalizzazione
positiva
4° SAGGIO
Creazione di luoghi e dinamiche relazionali nei contesti urbani a forte presenza straniera: caso
dell’agglomerazione di Losanna
Marina Marengo

Ricchezza e non problematicità della multiculturalità delle città > analisi dei rapp. interculturali nei
nodi/luoghi e reti associative nate per favorire
l’incontro e o la formazione nel contesto
locale di Losanna: sostenibilità sociale urbana
Focus nella capacità delle donne immigrate di organizzarsi in associazioni interculturali, creando
luoghi, relazioni e di reti (mentre gli uomini creano associazioni straniere maschili legate alle loro
attività) → la necessità di soddisfare bisogni individuali e familiari fa acquisire competenze che le
donne mettono al servizio della collettività offrendo risposte ai portatori di nuovi bisogni sociali >
donne come attrici sociali piene.
Quali i motivi che spingono le donne a creare associazioni? X tutte si tratta di autoinvestirsi in un
luogo e x un luogo di mediazione culturale/linguistica nella necessità di mediare tra diverse
esperienze culturali in una mediazione di successo al fine di poter gestire relazioni familiari e
professionali → cultura della condivisione per aiutare l’altro a districare la matassa del suo percorso
culturale, familiare o professionale.
> Diversa sensibilità della donna rispetto ai problemi sociali nata dalla propria esperienza di vita (in
cui hanno affrontato difficoltà, perdite, frammentazioni culturali e spaziali): osservatrici, ascoltatrici,
riescono a usare le loro competenze femminili per rispondere a bisogni personali e familiari che
essendo per la maggiorparte di di tipo sociale e culturale nella città in cui vivono le spinge a creare
progetti, luoghi e reti in cui costruire soluzioni.
> si tratta di spazi femminili ma non esclusivamente femminile e non solo x straniere: spazi di libertà,
di discussione e formazione, in cui le donne si esprimo, scambiano, costruiscono in forme teoriche e
pratiche legate alla quotidianità e alla ricerca di strumenti e soluzioni concrete > grazie alla loro
capacità di comunicare e flessibilità nel combinare ideologia e pragmatismo, le donne si dimostrano
più capaci degli uomini di comprendere i problemi e bisogni e le trasformazioni della città attraverso
le associazioni interculturali → modalità femminili di individuazione e gestione delle
problematicità finalizzato alla costruzione di una società locale più semplice
> donne diverse (molteplicità di origini, percorsi, aspirazioni, competenze) ma con bisogni e problemi
comuni: famiglia, figli, sicurezza…
> processo partecipativo in un’ottica di orizzontalità sociale tra operatori sociali e decisori
(abbattimento delle gerarchie) in cui i volontari cercano di trasformare i movimenti spontanei in
risposte professionalizzate ai nuovi bisogni sociali > sfida della professionalizzazione delle
organizzazioni di volontariato e i loro obiettivi: comprendere le città e i bisogni dei suoi abitanti, le
trasformazioni sociali e culturali in atto, la realizzazione di progetti mirati al raggiungimento del
benessere materiale e immateriale dei cittadini
> metodologia: interviste
Conclusione

Più degli uomini le donne riescono a definire gli obiettivi da raggiungere grazie alla loro capacità di
interagire con l’altro – uomo, donna, bambino, straniero, autoctono – e capire le trasformazioni
socioculturali in atto, e i bisogni degli abitanti, definendo progetti incentrati sul raggiugimento del
benessere materiale e immateriale)
SEZIONE II
VIVERE LA CITTA’
Indagini sulla qualità della vita urbana e le contraddizioni tra opportunità e difficoltà quotidiane per le
donne

5° SAGGIO
L’aria della città rende libere? Analisi geografica della qualità della vita femminile in India
Antonella Rondinone

> “Le donne in India non hanno vita facile”: difficoltà e discriminazioni di genere (inferiorità) a tutti i
livelli sociali (nonostante dal 1949 sia stata riconosciuta la parità di diritti dalla costituzione).
> SEX RATIO: la proporzione demografica è un indicatore di discriminazione di genere: le donne indiane sono
numericamente inferiori x il loro < valore socioculturale e economico (aborti selettivi e
infanticidi): nella famiglia patriarcale indiana un maschio è un investimento perché fonte di
ricchezza per il futuro familiare (stabilità economica e prestigio), mentre una femmina è un peso
perché abbandona la famiglia al matrimonio e richiede l’investimento della dote → tale
differenza culturale pone la donna in uno stato di inferiorità che si riflette nell’accesso alle risorse
familiari: cibo, cure mediche, istruzione, lavoro.
E IN CITTA’? La modernizzazione e occidentalizzazione ha influito positivamente per le donne?
> La pop urbana è in costante crescita (28%) ma gli indiani vivono ancora molto in aree rurali
> Le donne si muovono x seguire gli uomini attratti dalle opportunità di lavoro e solo in un 2° momento
lavorano
> Sex ratio urbana intensamente maschile (det dalla preponderanza delle migrazioni maschili) alla quale non
corrisponde una sex ratio femminile nelle aree urbane ma sempre maschile.
> Come si distingue l’accesso alle risorse in città?
1. cibo: > accesso a cibo + vario che determina minor tasso di donne sottopeso e anemiche (diminuendo
le malattie derivate da tali condizioni di salute)
2. cure mediche migliori: migliore alimentazione e fattori sociali come meno figli e più tardi, > istruzione,
accesso al denaro, > autonomia decisionale, > accessibilità (in area rurale le strutture sono lontane, di
difficile accesso per le donne non accompagante da uomini, umilianti) – le donne cittadine che non si
sottopongono a controlli sono il 13% rispetto al 40% delle rurali.
3. istruzione: tradizionalmente l’acculturazione è legata al fine matrimoniale nelle classi alte (mentre in
quelle basse è ininfluente anzi negativa, anche se migliorata da leggi di innalzamento dell’età
matrimoniale) ma è sicuramente maggiore nelle donne cittadine.
4. lavoro: in campagna lavorano + donne che in città al contrario della proporzione di donne istruite delle
città che, appartenendo a caste più alte non hanno bisogno di lavorare (rispecchiando un certo prestigio
culturale del non dover lavorare: questione di status): le donne di caste inferiori lavorano di + perché ne
dipende il sostenimento fam
Tipo di lavoro: aree di lavoro discriminatamente femminili (lavori agricoli e domestici) e stessa cosa vale
per le donne cittadine che lavorano in aree considerate estensione del ruolo domestico: personale
domestico, tessile, confezione di bidi, infermiere, ostetriche, insegnanti, estetiste, parrucchiere,
segretarie, call center.
CITTA’: meno vissute dalle donne (numericamente + distribuite nelle campagne) anche se offre
migliori condizioni di vita: maggior autonomia, istruzione, servizi sanitari, varietà alimentare
(< tasso di mortalità femminile) ma dipende molto dalla classe sociale. Il costo della città è
monetario e sociale:

1. la nuova classe media urbana vive agiatamente nella doppia cultura (urbana-occidentalizzata/culturalmente
tradizionale): acquisisce un benessere materiale ma senza cambiare le regole del gioco: donne istruite che
preferiscono stare a casa o donne lavoratrici che dipendono dal capofamiglia.

2. Le donne di classe bassa vivono in periferia, nelle baraccopoli o per strada e che vivono in condizioni di
illegalità e sfruttamento lavorativo che non godono di migliori condizioni di vita.

6° SAGGIO
L’immigrazione femminile a Roma e a Toronto: la comunità filippina
Flavia Cristaldi, Joe T. Darden
Immigrazione filippina femminile: tradizionalmente maschile, la migrazione filippina in Italia e Canada
è prettamente femminile: donne con alto titolo di studio che si inseriscono nei sistemi produttivi dei
due paesi svolgendo attività legate alla cura della persona
Recente femminilizzazione dell’immigrazione su scala mondiale: nuova era della migrazione →
manca una prospettiva di genere negli studi sull’immigrazione che ora diventa preponderante con le
trasformazioni legate alla migrazione delle donne in costante aumento dagli anni ’70 nei paesi
industrializzati con la catena dei servizi di cura e collaborazione domestica, e che cambia lo stereotipo
della donna migrante subordinata al marito e legata alla famiglia (riproduzione) e ai lavori domestici,
tagliata fuori dalle barriere linguistiche e socioculturali dei paesi d’accoglienza → parametri diversi
della mobilità femminile che ora assume una nuova connotazione incisiva nel fornire un contributo
economico, demografico e culturale nei paesi che lasciano e in quelli in cui migrano.
Overseas filipino workers
Il governo filippino incoraggia l’emigrazione come risposta alla disoccupazione interna e fonte di PIL
L’immigrazione filippina è distribuita equamente in tutti i continenti e per genere ma le donne tendono a
migrare in un’area più ristretta ai paesi asiatici (Hong Kong) ma Italia (Roma) e Canada (Toronto) fanno
eccezione (60% donne)
La consistenza della comunità filippina in questi paesi, la sua distribuzione sul territorio, il suo inserimento
lavorativo e sociale, dipende fortemente dalle diverse legislazioni e politiche immigratorie, procedure
d’integrazione, tempi e condizioni di rilascio della cittadinanza
ITALIA
> meno flusso immigratorio da paesi extra-ue risp. alla media europea, costituisce un paese di passaggio
anche per la difficoltà di ottenere la cittadinanza (10 anni di residenza+DDL del Presidente della Rep) →
superficiale conoscenza del fenomeno immigratorio
> SERVIZI ALLA CASA/PERSONA COME NICCHIA DI LAVORO ETNICA FEMMILE: Nuova attrazione per
donne migranti dovuta alla crescente istruzione e inserimento delle donne nel mercato di lavoro e
invecchiamento della popolazione che ha creato una richiesta di donne straniere nel settore della cura
alla persona e alla casa che impiegano donne immigrate altamente istruite, che svolgevano queste
mansioni nel loro paese/famiglia.
> Anni ’70: accordo Italia-Filippine per regolarizzare l’entrata di filippini con contratto di collaborazione
domestica che attrae soprattutto donne (inizialmente il 95%), anche appoggiato dalla Chiesa che
appoggia l’ingresso dei fedeli filippini. Con il ricongiungimento familiare (legge del 1995) arrivano anche
gli uomini.
> madri transnazionali > Prima del 1990: le filippine immigravano da sole e in età lavorativa (25-55) per
dover risiedere 24ore nelle case come collaboratrici domestiche, lasciando i propri figli a casa alle cure
dei parenti creando una CATENA DELLA CURA per cui il progetto migratorio individuale si poggiava sul
consenso e appoggio familiare. Ora le nuove condizioni permettono un ricongiungimento familiare e una
soluzione abitativa autonoma ma resta tale catena perché le filippine lasciano i propri figli negli asili per
occuparsi di quelli degli altri.
> A causa delle restrizioni in materia di immigrazione, la filippina che trova lavoro come collaboratrice
domestica o badante quasi sempre ritorna in patria, lasciando un analogo lavoro, dopo la fase di vita
lavorativa, anche per mandare i figli a scuola nelle filippine (qualitativamente migliore e + economica)
> non si chiede come requisito la conoscenza della lingua italiana creando meno condizioni
all’integrazione delle donne

CANADA
> Fino al 1967: l’entrata nel paese era regolata da un accordo contrattuale in ambito di lavoro domestico
(Programma per i Lavoratori Domestici Stranieri) che prevedeva un anno di servizio e pernottamento nella famiglia
canadese che migliora negli anni ’90 garantendo migliori condizioni contrattuali → Live-in Caregiver Programm di
cui le donne filippine attualmente sono il numero maggiore (dopo Hong Kong, il Canada è la 2° meta). Tra i requisiti
per candidarsi vi è: istruzione media completa; 6 mesi di formazione o 12 di esperienza lavorativa; lingua francese o
inglese; vivere nella casa del padrone → le donne erano x la < parte single, giovani (25-45), più istruite in media
delle donne canadesi (fuga di cervelli dalle filippine), e qualificate professionalmente, che però accettano di
lavorare in condizioni anche degradanti e umilianti, costituendo una categoria sociale marginale e vulnerabile,
demograficamente + femminile della media locale.

Conclusioni
Diversi progetti migratori dovuti alle condizioni e legislazioni dei 2 paesi: dopo aver svolto lo stesso
tipo di lavoro che in Italia per qualche anno, le filippine del Canada possono cambiare attività e
trovarne uno + consono al suo capitale umano, desiderano stabilirsi nel paese acquisendo la
cittadinanza (ottenibile dopo soli 2 anni) → le immigrate filippine di Toronto hanno un maggior
possibilità di riscatto del lavoro domestico perché c’è più mobilità nel mercato lavorativo e hanno
più facilità a diventare a pieno titolo cittadine.
7° SAGGIO
La presenza e il ruolo delle donne nell’Università di Catania
Caterina Cirelli, Silvia Malafarina
1861: analfabetismo femminile (81%della popolazione)
1875: Regio decreto che legalizza l’ingresso delle donne all’università
1877: Ernestina Paper 1° donna leureata nel Regno d’Italia
1919: Abolizione dell’autorizzazione maritale e libero avvio per le donne all’esercizio delle professioni
maschili
1845 (2GM): diritto di voto e uguaglianza tra uomini e donne
1950: Presenza femminile in università al 28% ma soprattutto nei corsi letterari e educativi (concilianti
con il ruolo domestico)
1960: Boom economico e boom delle iscrizioni femminili
1970-90: Aumento donne nei corsi “maschili” e superamento numerico delle donne (1990)
2000: Parità di genere a Economia, superamento femminile a Giurisprudenza, restando Ingegneria
una laurea ancora “maschile”
> A Catania le differenze di genere riguardo l’accesso universitario sembrano apparentemente
superate.
Conclusione
> Come in Italia, le donne all’Università di Catania rappresentano + del 50% degli studenti e dei
laureati, con voti migliori, anche in corsi tradizionalmente “maschili”: a questi dati non corrisponde,
però, una equivalente parità nelle opportunità di lavoro (carriere) → l’analisi dello staff docente e non
docente (personale amministrativo) dell’Università conferma la presenza del “soffitto di cristallo” che
impedisce alle donne l’accesso ai posti di maggior rango professionale (soprattutto per i professori di
1° e 2° fascia risp ai ricercatori + giovani e precari). Tale disparità è il risultato di una > flessibilità del
percorso di vita e di carriera maschile (come le specializzazioni all’estero, la disponibilità a spostarsi, il
dedicarsi a impegni extra-universitari che hanno ricadute positive sulla posizione accademica) mentre
le donne sembrano dedicarsi integralmente al funzionamento dell’istituzione (cosa non valorizzata) e
sono associate ad un naturale ruolo in ambito familiare costituendo un problema culturale legato alla
divisione dei ruoli e alla valorizzazione della differenza.
8° SAGGIO
Le reti di sostegno sociale degli anziani nelle aree urbane e rurali dei Paesi Bassi
Marieke van der Meer
European Study of Adult Well-being
> Le difficoltà della vita quotidiana sono sentite maggiormente da anziani che necessitano di sostegno
informale essendo in una situazione di fragilità e dipendenza: studi dimostrano che più la città è densa e +
piccole sono le reti (e c’è solitudine) tra gli anziani (soprattutto tra quelli di reddito + basso)
> La modernità-urbanizzazione influisce sulle reti di sostegno sociale: i contatti locali sono gli aiuti più
importanti e sono influenzate dalla distanza: parenti prossimi (+ comuni x necessità pratiche e aiuto emotivo
anche a distanza); vicini (soprattutto per emergenze e necessità pratiche - vicinanza).
> Analisi di 5 tipi di rete relative a 5 tipi di sostegno informale alle persone anziane in area urbana e rurale tra
uomini e donne
CITTA’ / CAMPAGNA
CAMPAGNE: tessuto socioculturale + omogeneo, bassa densità e trasformazioni lente → comunità di
piccola scala in cui le relazioni personali e i contatti familiari costituiscono le basi della vita
sociale
CITTA’: gente diversa e complementare, densità e segmentarietà → vicinanza fisica ma distanza
socioculturale
Sia in area rurale che in città, le reti di sostegno sociale influenzano in modo variabile a seconda
delle differenti categorie di anziani (non sono uguale per tutti!) a partire da fattori come:
1. GENERE
DONNE istaurano e mantengono più facilmente le reti di sostegno locali e familiari: capacità maggiore
di interazione sociale e con maggior desiderio di contatti sociali per questo le loro reti sono
tendenzialmente maggiori e basate sui rapporti di parentela e contatti locali (vicini) – famiglia e sfera
domestica soprattutto per le donne delle aree rurali (infatti la differenza sostanziale per le donne
cittadine sta nella composizione della rete di sostegno sociale)
UOMINI soprattutto se soli in città, hanno una rete di sostegno + vulnerabile indip. dall’età: si
concentrano maggiormente nei rapporti extra-familiari
2. ETÀ (le reti si accorciano con l’invecchiare)
Gli anziani vecchi vivono in condizioni di maggior vulnerabilità poiché i loro contatti muoiono, e la loro
mobilità decresce (diventando più casalinghi dipendono dalle visite che ricevono). In questo caso gli
anziani che vivono in area rurale hanno reti migliori
3. FAMIGLIA (nucleo minore > reti minori)
Anziani in coppia o in famiglia + numerosa contano con altri membri della famiglia mentre chi vive solo
deve trovare sostegno all’esterno. Anche in questo caso gli anziani che vivono soli in città hanno reti
minori che quelli in campagna → uomini soli in città come categoria + vulnerabile
Misurare il sostegno sociale
Barrera misura il sostegno ricevuto (e quello percepito) attraverso:
1. legami sociali: relazioni che gli individui instaurano con altri individui (che dipendono dallo stato civile, la
presenza di fratelli, la partecipazione a organizzazioni sociali e i contatti con amici)
2. azioni che gli individui attuano per assistere altre persone
3. senso di fiducia e soddisfazione dipendente dai legami sociali in quanto rete di sicurezza
Wenger misura il sostegno potenziale di una rete sociale attraverso:
1. presenza e vicinanza di parenti importanti
2. frequenza dei contatti con figli, amici e vicini
3. coinvolgimento in eventi religiosi o comunitari

I 5 tipi di rete distinti da Wenger sono:


1. Rete di sostegno locale dipendente dalla famiglia (nucleo familiare) – rete omogenea predominante in
area rurale
2. Rete di sostegno localmente integrata (famiglia e comunità locale) – stile di vita tradizionale rurale
3. Rete locale di sostegno autro-limitata (vicini prossimi) – stile di vita prevalentemente urbano
4. Rete di sostegno locale estesa e centrata sulla comunità (amici, vicini e organizzazioni sociali + sparse) –
urbana
5. Rete di sostegno privata e ristretta (persone o coppie isolate) – stile di vita prevalentemente urbano
→ La prevalenza di reti familiari e comunitarie localmente integrate indica la possibilità di fare
maggior affidamento su rapporti informali, anche se tale aiuto sovraccarica i familiari.
→ Le reti familiari omogenee portano ad un progressivo isolamento
→ affidarsi a reti private o ristrette porta a richiedere maggiori servizi formali
Dati
Target: adulti olandesi di 8 città e campagne, tra i 50 e 89 anni che vivono a casa, divisi x fascia d’età e genere:
50-69 = anziani giovani (young-old)
70-89 = anziani vecchi (old-old)
> la popolazione urbana è + vecchia di quella rurale
> in campagna non c’è differenza d’età tra uomini e donne mentre in città le donne son + vecchie
> + donne vivono sole che gli uomini e + donne sono vedove

Risultati
Le reti localmente integrate sono le + comuni, soprattutto in area rurale (a seguire: quelle familiari e auto-
limitate) → la > parte delle persone ha contatti sociali in parte all’interno del quartiere o con parenti vicini, con
vicini, amici del posto, parrocchie e org sociali.
> le reti auto-limitate e private-ristrette sono + diffuse in città, riflettendo uno stile di vita urbano-moderno +
individualistico (< contatto con la gente del quartiere)
> le reti ampie e incentrate sulla comunità sono + diffuse in città, riflettendo un adattamento del modello
rurale in area urbana
> la rete familiare è + comune tra gli anziani giovani (fratelli o sorelle nel quartiere) mentre tra i + vecchi è +
comune una rete integrata localmente e centrata nella comunità (chi vive solo generalmente manca di contatti
familiari e conta + su reti auto-limitate o private-ristrette)
> gli anziani giovani sono spesso donatori di aiuto a familiari (figli, fratelli, genitori) diventando il centro della
rete di sostegno
> Per le donne: le + anziane le reti sociali sono radicate nell’ambiente in cui vivono: nel contesto rurale saranno
reti localmente integrate, in città invece reti locali auto-limitate e private-ristrette.
> Rispetto al nucleo familiare: per gli anziani m/f che vivono in famiglie non c’è differenza tra città e villaggio,
per quelli che vivono da soli invece sì: nel villaggio hanno reti localmente integrate, in città reti locali auto-
limitate, o ampia e centrata sulla comunità o private-ristrette.

Conclusioni
Come l’effetto in città e campagna cambiano le reti di sostegno sociale tra anziani maschi e femmine?
La > parte sia in città che nel villaggio conta su una rete di contatti sociali radicati nel quartiere (parenti, amici,
vicini, organizzazioni e parrocchie) ma che dipendono dalle variabili d’età e composizione del nucleo familiare:
Considerando l’età:
a. le donne cittadine + vecchie hanno diverse reti che quelle in area rurale (+ basate su reti localmente
integrate)
b. per gli uomini non c’è differenza tra città e campagna nella diversificazione delle reti
Considerando il nucleo familiare:
a. Differenza delle reti in città/campagna soprattutto per chi vive solo e differisce maggiormente x gli uomini
(che in città dipendono raramente dalla famiglia, al contrario delle donne in cui non c’è questa differenza)
SEZIONE III
IN E TRA LE CITTA’
Abitare la città

9° SAGGIO
Le bonnes nel distretto di Bamako, Mali
Maria Laura Pappalardo e Paola Marazzini

> Città come luogo di attrazione dalle aree rurali + povere del Mali → incremento migrazione negli ultimi
decenni di giovani che affollano aree periferiche-baraccopoli (aree male integrate): trasformazione spaziale
che accentua i problemi di integrazione delle bonnes.
> manca un approccio di genere nello studio di tale fenomeno migratorio → invisibilità delle donne migranti:
soprattutto giovani che lavorano come domestiche: le bonnes
FOCUS: Motivazioni e condizioni di vita e di lavoro delle bonnes: ragazze e donne immigrate nella capitale
(Bamako) per diventare domestiche dei ricchi o collaboratrici presso parenti, in condizioni pessime
(lavoro faticoso e mal pagato, irregolare e senza diritti garantiti, vittime di abusi e che vivono isolate)
ma che risultano positive perché offrono loro maggiori risorse materiali, accesso ai consumi urbani e
maggior libertà sociale rispetto al villaggio.
Motivi dell’esodo rurale: necessità economiche e difficili condizioni di vita rurale (siccità, carestie, mancanza di
servizi): migrare in città permette di aiutare la famiglia, provvedere alla propria dote,
acquisire beni di consumo (vestiti, gioielli)
Però: le bonnes non si integrano nel tessuto sociale e nel mercato di lavoro, poiché non hanno titoli di studio e
fanno lavori sottopagati e informali →marginalità socioculturale, economica e geografica che genera
frustrazione.
Struttura sociale tradizionale: Base-pilastro (urb e rur) è la famiglia estesa originata da un antenato comune
(regime comunitario su base sociopolitica collettiva, definita da un consiglio degli
anziani a struttura gerarchizzata) a cui l’individuo è subordinato
Bamako: città divisa tra aree europee e quartieri africani, che ha subito uno sviluppo urbanistico incontrollato e
irregolare dovuto al massiccio esodo recente e alla mancanza di una pianificazione urbana, creando
periferie in situazioni precarie (circa 1 milione di persone) → città contatto tra culture europee,
musulmane e africane.
Metodologia > questionari
Geografia delle bonnes > da tutto il Mali ma non da tutte le etnie (alcune di queste etnie tradizionali, come i
Tuareg o i Mori, non permettono alle donne di intraprendere questo lavoro perché
ritenuto umiliante)
Status sociale: Oggi, la maggior parte ha tra i 16 e 25 anni, nubili, in età prematrimoniale, che avrebbero come
motivazione quella della dote (le donne sposate, vedove o divorziate + vecchie devono aiutare il
mantenimento familiare), con livello scolastico minimo, spesso analfabete (ma iniziano a capire
l’importanza dell’educazione x poter integrarsi e migliorare le proprie condizioni: le poche
istruite hanno condizioni lavorativa migliori)
Destinazione geografica: spesso vanno a stare vicino a parenti o persone dello stesso villaggio (confort) in
quartieri periferici a basso costo di vita, ma cercano di lavorare nei quartieri alti dove sono
meglio pagate. Le ragazze che scappano dalla famiglia abitano e lavorano in quartieri + disagiati e
pericolosi.
Condizioni di lavoro e esperienze: il lavoro della bonnes è considerato inferiore (forza lavorativa a basso costo)
ma permette alle donne di classe media di liberarsi dai lavori domestici. Le condizioni sono dure
e prevedono + mansioni: casa, figli, vendita di prodotti alimentari x i datori di lavoro. Non hanno
tempo per loro ma sono comunque soddisfatte perché ricevono gentilezza, regali, salari. Ma i
problemi sono molti: l’abbandono quando ammalate o incinte (gravidanze x abuso che portano a
commettere aborti e abbandoni); il licenziamento senza pagamento; abusi sessuali, esagerate
richieste; incolpate ingiustamente; mancanza di igiene e di condizioni dignitose nelle case che le
espongono a malaria e infezioni. Prostituzione come alternativa. Alcune tornano ai villaggi altre
rompono le promesse matrimoniali e i legami col villaggio per sposarsi in città.
Ritorno al villaggio: problematicità delle giovani che rientrano con una nuova doppia identità e faticano a
riadattarsi alle gerarchie tradizionali e ai loro ruoli. Avanzano nuove richieste ai genitori e mariti
portando crisi nelle relazioni familiari e contestando valori tradizionali. Ma portano anche
sviluppo, insegnando nuove tecniche di cucina e informando su condizioni di salute e diritti sulla
terra e sull’importanza della scuola.
Ruolo delle organizzazioni: promuovono politiche eque verso le bonnes e cercano di offrire strumenti culturali
per impodera-las e rafforzarne l’autonomia, attraverso corsi di formazione in vari ambiti e
d’istruzione, servizi sanitari e psicologici, promuovono il dialogo con la società per rispettarne la
cultura d’origine.
Conclusioni
2 tipi di bonnes:
1. quelle che migrano per tempi brevi e in modo strumentale (progetto) e quindi non cercano
d’integrarsi → situazioni + degradanti, molte non ritornano e rinunciano ai loro valori
tradizionali.
2. Le bonnes che vanno in città a migliorare il proprio status consapevoli del cambiamento e che si
aprono alle nuove relazioni urbane (in contatto con le organizzazioni) che si fanno capaci di
mediare i 2 mondi, con la doppia identità.
10° SAGGIO
Differenze di genere e mobilità residenziale urbana a Pisa
Progetto Housing, Household, Habitat (abitazioni, famiglie, inserimento)
Gisella Cortesi, Marco Bottai, Michela Lazzeroni

FOCUS: questo studio indaga in un’ottica di genere i percorsi di mobilità urbana a PISA attraverso le
biografie familiari e i cambiamenti di residenza nel ciclo di vita (in cui si interconnettono diversi
tipi di organizzazione familiare): ogni scelta di locale abitativo è dentro un piano strategico
evolutivo volto a ottimizzare la residenza come casa e centro personale per tracciare le
tendenze urbane (la mobilità residenziale determina le dinamiche territoriali e la
concentrazione e diffusione spaziale)

La scelta della casa e del luogo in cui vivere riflette la condizione socioeconomica, le aspirazioni e lo
stile di vita: i cambiamenti di casa e luogo sono determinanti nella vita e risultano da una mediazione
familiare, visto che entrano in gioco bisogni, domande e aspirazione di tutta la famiglia (soprattutto
per le donne che lavorano o nelle famiglie a doppia-carriera).

> Distanza casa-lavoro variabile spaziale importante per le donne-madri poiché consente di conciliare
lavoro e famiglia, spesso scegliendo in favore delle necessità familiari a discapito
della carriera

4 obiettivi del progetto interdisciplinare (geografi e statistici) su un campione di 400 abitanti di Pisa
1. Identificazione delle tipologie familiari: caratteri demografici, socioeconomici, composizione del
nucleo e storia familiare; obiettivi residenziali, sensibilità ambientale, preferenze individuali → necessità
e attitudini diverse (dimensione, tipologia, localizzazione)
2. Analisi della relazione fra situazioni familiari e tendenze abitative: localizzazione che tende ad
armonizzare le esigenze di tutti i membri che cambiano nel corso della vita (scuola, lavoro, shopping,
divertimento, relazioni sociali). Si registra un cambiamento nel rapporto spaziale tra casa e lavoro con
una propensione al pendolarismo e uso di mezzi di trasporto sempre + efficienti.
3. Interpretazione dei fenomeni di cambiamento urbano attraverso i comportamenti individuali: la
mobilità residenziale indica il cambiamento funzionale delle città e le nuove fisionomie urbane
4. Identificazione di differenze di genere e di generazione nelle scelte residenziali

Metodologie di analisi quantitative (pacchetti statistici) + qualitative (storie di vita): approccio longitudinale o
biografico (Event History Analysis) per misurare le variabili demografiche, sociali, economiche, geografiche,
ambientali, esplicative, di genere e generazionali. Storie di vita e questionari per far emergere la mobilità
residenziale (storie abitative, lavorative e familiari) e movimenti pendolari della mobilità quotidiana (x scuola,
lavoro, shopping) in relazione ai tipi di individui e nuclei fam → ricostruzione dell’albero migratorio degli
abitanti di Pisa (luoghi abitati a ritroso nel tempo)
Risultati
1. Ultimo spostamento da Pisa o hinterland (74%) e spostamenti precedenti da altre città centro-meridionali,
quasi esclusivamente da altre aree urbane. Per le donne è + importante la migrazione dal centro-sud Italia e
dalle aree suburbane e non urbane.
2. Importanza della mobilità residenziale in generale: il 98% degli intervistati ha cambiato residenza almeno 1v
nella vita, essendoci in media + di 4 spostamenti per individuo (soprattutto maschi)
3. La generazione nata tra 1940-50 ha migrato di + delle successive o precedenti, attratta dal boom economico.
Comunque la migrazione poi aumenta nelle generazioni + giovani
Gli spostamenti sono determinati da 3 sfere:
1. sfera individuale (matrimonio, nascita, figli, morte di un coniuge)
2. sfera residenziale (abitazione)
3. sfera professionale (accesso al lavoro, cambiamenti professionali)

> gli eventi + importanti sono concentrati tra i 20 e 30 anni


> per gli uomini si verificano + eventi e + varietà di eventi nella sfera professionale connessi con la migrazione
rispetto alle donne i cui eventi migratori sono + relazionati a fattori personali (le donne si dimostrano
comunque meno propense alla migrazione)
> maggiore inclinazione alla migrazione delle generazioni + giovani

Risultati in sintesi
1. minor mobilità residenziale tra le donne (numero di trasferimenti nel corso della vita)
2. i cambiamenti di residenza delle donne avvengono maggiormente tra i 20 e 30 ma recentemente
tendono a ritardare, soprattutto x gli uomini
3. crescita della mobilità residenziale nelle generazioni + giovani dovuta a nuovi modelli familiari +
mobili e meno legati ai luoghi e alla nuova importanza della sfera professionale femminile

Ipotesi esplicative

a. i modelli di mobilità residenziale sono differenziati x genere e x età


b. gli eventi + influenti nella mobilità spaziale femminile sono di tipo personale: matrimonio e nascita
figli
c. attualmente la scelta di cambiare casa è presa insieme (superando il modello tradizionale
patriarcale)
d. La nascita dei figli condiziona il tipo e la localizzazione della casa
e. i nuovi modelli familiari frammentano le scelte residenziali attraverso fattori sociali, culturali e
economiche
f. Istruzione, aspettative e crescente lavoro femminile hanno sempre + importanza nella scelta
residenziale
g. la mobilità femminile è + limitata numericamente e spazialmente (a + corto raggio) di quella
maschile, + legata alle reti familiari e d’amicizia (anche se ora è in crescita vista l’importanza
crescente della carriera fem)

→ si registra una maggior stabilità femminile che spesso porta un vantaggio professionale e
stabilisce maggiori reti di relazioni personali e partecipazione sociale e politica ma che costituisce
anche una limitazione in termini formativi, per le scelte di lavoro, per lo sviluppo di carriera, per la
crescita culturale e personale, ancora + limitante se condizionata dal ciclo di vita familiare,
soprattutto dopo la nascita di figli.
11° SAGGIO
Mobilità residenziale e opportunità lavorative delle famiglie finlandesi con doppia carriera
Taru Jarvinen

Paesi nordici: > livello d’istruzione e d’impiego stabile e ben retribuito delle donne ma permangono
segregazioni di genere nel tipo di lavoro (lavori maschili vs femminili) e ci sono difficoltà per le
coppie per trovare nella stessa città un lavoro che corrisponda alle loro abilità professionali e le
donne incontrano + ostacoli nell’avanzamento della loro carriera: cosiddetto SOFFITTO DI
CRISTALLO
Considerazioni teoriche
> Teorie della migrazione: il luogo di lavoro determina quello di residenza (migrazione a fini migliorativi)
> esistono fattori pull (migrazione verso aree di alta produttività per potenzializzare la carriera e i redditi) e
push (candidati meno istruiti che reagiscono alla disoccupazione)
> la mobilità lavorativa si verifica nei primi 10 anni di esperienza, aumentando il capitale umano e professionale
> grande mobilità lavorativa nei giovani e nelle giovani famiglie (20-30 anni) riflettendo bisogni e aspirazioni
generazionali (dopo i 33 anni si desidera stabilità, tra i 40 e 45 si valutano i risultati raggiunti) → l’inclinazione
a migrare diminuisce con l’età e trova il suo culmine prima e intorno alla nascita dei figli.
> Differenze di genere nelle distribuzioni territoriali delle opportunità lavorative: le città favoriscono la carriera
femminile
> Famiglia: parte del sistema spazio-temporale in una società di relazioni. Il capitale umano è usato dai membri
del nucleo nel loro ambiente e influenza la soddisfazione verso lo spazio, anche in base alla distanza casa-
lavoro e il > tempo da passare in famiglia. Più si cresce + il capitale umano si vincola ai luoghi.
> Le famiglie con doppia carriera hanno alto bisogno di servizi per i bambini
> Il capitale sociale esercita un ruolo fondamentale nel trasferimento per integrarsi nelle nuove aree.
> Coppia a doppia carriera: quando il lavoro è rilevante per il lavoratore, c’è una prospettiva di crescita e
hanno alto grado di impegno domandando un equilibrio e una forma di integrazione con la casa e la famiglia –
22% famiglie finlandesi
Target: questionario a coppie a doppia carriera tra i 28 e 45 anni sulla vita professionale e familiare e sulle
migrazioni
> Di base le persone cercano lavoro dove vivono, non trovandolo diventano pendolari o si trasferiscono
> I dilemmi sulla carriera nascono nel conflitto tra le carriere dei coniugi riguardo al tempo e al luogo: quando
entrambe precludono tempo da dedicare a casa e figli ci può essere disaccordo su chi debba rinunciare alle
proprie necessità lavorative, o quando uno debba spostarsi per un avanzamento di carriera.
> i figli pesano sui tempi e la scelta dei trasferimenti oltre che per l’accesso al lavoro
> Le famiglie a doppia carriera cercano città più grandi che possano rispondere a entrambe le aspettative
lavorative, tuttavia evitando aree centrali. Aree rurali vicine a mercati di lavoro dinamici si stanno evolvendo
per una combinazione tra ambiente piacevole e accesso al lavoro, confermando la ricerca di ambienti +
naturali, vicino a parenti e amici. Questi aspetti + l’accesso al lavoro pesano di + della situazione economica.
> un terzo dei salariati è pendolare (lavora fuori dal proprio municipio) e sono in aumento (distanza media di
20km), soprattutto i coniugi a doppia carriera, soprattutto nelle aree rurali vicine alle città, piuttosto che nei
centri o nelle aree rurali remote)
> tendenza moderna di abbandono delle città determinata dall’informatizzazione del lavoro
> Donne: sempre + istruite e economicamente indipendenti occupano ruoli manageriali, facendo crescere il
numero delle famiglie a doppia carriera, anche se domandano orari ridotti o + flessibili quando hanno figli
piccoli.
> la combinazione tra lavoro e professione è + difficile nel settore medico (dove sono previsti anche turni
notturni)
> Trovare un idoneo lavoro al partner è fondamentale per il successo del trasferimento ed è + difficile per la
donna mantenere lo stesso livello, rinunciando a stabilità e qualità del lavoro per un tempo + lungo.
Conclusioni
La migrazione delle famiglie a doppia carriera è superiore a quella dei giovani o adulti
Le + importanti regioni di migrazione sono le aree urbane centrali e le aree rurali vicine alle città
Si conferma quanto emerge dalla letteratura internazionale: il lavoro e la qualità di vita delle donne peggiora
di livello dopo la migrazione e i rendimenti impiegano più tempo a maturare) quindi la partner risente di + della
migrazione in luoghi lontani: la precedenza è data alla carriera del marito e il trasferimento si svolge spesso
quando le donne sono temporaneamente a casa coi figli piccoli (maternità), mentre quando i bimbi sono a
scuola le famiglie sono + vincolate al territorio e il pendolarismo diventa + frequente → nonostante in Finlandia
la condizione femminile è migliore che in altri paesi il mercato del lavoro rimane caratterizzato da una
segregazione di genere e da una differenza spaziale.
SEZIONE IV
PIANIFICARE LA CITTA’
La città, per offrire una buona qualità della vita ai cittadini, ha bisogno del contributo delle donne che
vanno ascoltate, osservate e sostenute nelle loro azioni, e accolti i loro suggerimenti

12° SAGGIO
Politiche urbane e movimenti di donne: specificità del caso italiano
Silvia Macchi
La città è una città pensata e pianificata dalle donne? L’autrice percepisce il disagio sussurrato dalle donne e
cerca di dare voce (svelare disagi, lavorare in sordina) ad un approccio di genere (occultato) alla città.
Approccio teorico di genere
Città come luogo del patriarcato come concetto di base che si snoda in varie diramazioni teoriche:
1. la città è il luogo del patriarcato e quindi del capitalismo (meccanismi di povertà che colpiscono le
donne)
2. la città è il luogo del patriarcato ma anche di liberazione delle donne (potenzialità emancipativa ma
attenzione perché ogni luogo può essere repressivo e liberatorio)
3. la città è il luogo del patriarcato mentre la campagna del matriarcato (mitologia sulla dea terra)
4. la città è il luogo del patriarcato e si regge sul lavoro di cura femminile (trappola delle salvatrici del
mondo)
5. la città è il luogo del patriarcato e quindi della negazione delle differenze, secondo un modello
egemonico “neutro” del cittadino bianco, occidentale, maschio in cui la società maschile è una
società senza corpo e neutra, mentre le minoranze come le donne sono intrappolate nei loro corpi,
socialmente costruiti, regolati e rappresentati come altro → da qui il senso di insicurezza del ne limita
la presenza negli spazi pubblici → immagine del flaneur, un uomo benestante che guarda gli altri
come incarnazione della città che domina lacultura urbanistica occidentale.
Scomposizione dello spazio sociale urbano in 3 categorie:
1. Spazio percepito
2. Spazio vissuto
3. Spazio concepito
La base di riferimento per comprendere lo spazio sociale è il corpo che percepisce lo spazio attraverso
i sensi, lo rappresenta (concepisce) attraverso un sapere scientifico, e lo vive attraverso il filtro della
cultura e dei simboli e dei valori tradizionali associati ad esso.
Analizzando il Piano Regolatore Generale di Roma si evidenziano le caratteristiche di genere
(maschile) che lo definiscono tanto nella concettualizzazione, quanto nella redazione e
partecipazione: disagio sussurrato delle donne durante le assemblee pubbliche, in cui le donne non
addette ai lavori non prendevano parola.
L’unica che parla chiede preoccupata cosa significhi in concreto che la sua strada diventerà una
centralità locale (potrò portare in carrozzina mio figlio senza smog e ostacoli?) – esclusione delle
donne e dei loro bisogni nella pianificazione urbana: la donna porta avanti una lotta con la città per
ottenere le risporse necessarie alla sua vita e tale strada rappresenta uno dei tanti luoghi che gliele
sottrae perché sa bene che la rappresentazione dominante di città esclude donne e bambini dagli
spazi centrali o al max prevede speciali recinti cha fanno crescere il loro sentirsi fuori luogo.
Ma nessuno le risponde, nonostante potessero farlo tecnicamente. Perché? Non per la domanda in sé
(rispondibile) ma per lo stupore per l’irruzione della donna “con carrozzina” nella sfera pubblica
dominata da rappresentazioni dello spazio che non prevedono la presenza di una madre nell’esercizio
delle sue funzioni di cura. La stessa domanda fa pensare che la donna fosse cosciente che nella cultura
corrente una madre con bambino sia considerata “fuori luogo” in uno spazio pubblico centrale. Dal
canto suo associava la “centralità” a rappresentazioni della nostra cultura della città e questo la
portava a vivere con preoccupazione la futura “centralità” prima ancora di viverla.
Allora, come è vissuto lo spazio urbano dalle donne? Urgenza del diritto a viversi la città senza sentirsi
continuamente fuori posto, tollerate, costrette a mascherarsi, sotto osservazione quando non sotto
tutela, minacciate da immagini della città che non le prevedono.
1964: Documento Unione Donne Italiane sul miglioramento servizi in periferia per le donne
Sul piano politico si riproduce la stessa segregazione funzionale delle donne (lavoro domestico): le
donne hanno la responsabilità della cura e le istanze pubbliche delle donne coincidono con le istanze
della cura (che da problema passa ad essere riconosciuto come patrimonio del sapere femminile) –
arma a doppio taglio…
Nella mobilità urbana delle donne la necessità di conciliare tempo di lavoro, tempo di cura e tempo
per sé porta le donne a elaborare strategie mirate alla riduzione dei tempi di spostamento
frammentando i movimenti – tali movimenti sono limitati anche dalla mancanza di soldi e dal
problema della sicurezza. Dalle pratiche femminili di mobilità urbana emergono indicazioni importanti
per pianificare la città (in alcune città – Modena, Genova, Siena) si sono provati ad attuare bilanci di
genere per migliorare la condizione femminile, nel senso di distribuire le risorse per migliorare le
condizioni di vita e lo svantaggio delle donne: si tratta di svelare il lavoro di cura che sta dietro alla
qualità di vita di tutti (che le amministrazioni ignorano) nel momento di allocare le risorse, ovvero
riconoscere il lavoro di cura e il diritto alla cura.
Casa delle donne: elemento + visibile della scelta separatista delle donne negli anni 70. Ma la
marginalità può anche non portare a segregazione quando costituisce un luogo di radicale possibilità,
di cambiamento, costituendo un luogo delle donne e non per le donne, cioè dando potere e non
tutela/protezione/gabbia/recinto (rischio dei centri anti-violenza) Analisi delle modalità delle donne di
praticare la città, muoversi e stare in essa, mettendo in gioco competenze usi, in relazione alle
pianificazioni urbanistiche e a come le donne assumono tale ordine attraverso i loro codici culturali.

Per es. il paradosso della sicurezza: città vs casa come percezione distorta e patriarcale → quando ci
sentiamo fuori posto in uno spazio e quindi viviamo come minaccia tutto quello che il nostro corpo
percepisce in quello spazio e vi autolimitiamo la nostra presenza con il risultato di produrre uno
spazio effettivamente pericoloso per le donne (in questo senso lo spazio vissuto non coincide con
quello percepito) → il progetto urbanistico della città non deve limitarsi a ridurre il senso di
insicurezza femminile, ma si fa necessario decostruire la nozione di in/sicurezza urbana attraverso la
critica femminista per produrre un’idea di città capace di liberare il vissuto urbano delle donne
dall’immagine della vittima → costruzione di un protagonismo femminile promuovendo il passaggio
dalle politiche della subalternità femminile a quelle dell’autodeterminazione.
Isabelle Stengers: Cosmopolitiche sul silenzio con cui la scienza occidentale accoglie le voci altre
Lo spazio cosmopolitico ci può aiutare a superare lo “spazio politico” della modernità x metter fine ai
meccanismi di esclusione che dominano la modernità: non basta dar voce alle minoranze se poi non
ha conseguenze sull’articolazione delle relazioni tra differenze, ci deve essere.

Lo spazio politico impone di argomentare la propria istanza all’interno di un discorso predefinito


riconosciuto come unico luogo possibile di negoziazione. La madre romana con la sua domanda lo
mette in discussione e pretende di entrare nel merito della definizione di “centralità” e di negoziarla
in modo che la includa, e in tal modo si situa fuori dallo spazio politico legittimo, poiché le regole della
politica non danno cittadinanza a tali istanze. Lo spazio cosmopolitico vuole creare condizioni per non
escludere nessuno dal diritto di cittadinanza: rimuovendo il discorso politico predefinito e rendendolo
negoziabile sempre (ecologia politica delle pratiche) per abbattere una politica moderna che si è
ridotta a scienza e tecnica del dominio (Hannah Arendt)

Consapevolezza amara della scarsa sensibilità politica verso il riconoscimento delle differenze di
genere nei contesti urbani.

13° SAGGIO
Pianificazione urbana e senso del luogo nelle donne a El Raval, un quartiere storico di Barcellona
Anna Ortiz, Maria Dolors Garcia-Ramon, Maria Prats
El Raval: recente immigrazione massiccia (47%, dal Pakistan, Filippine, Marocco) che provoca
interventi e cambiamenti urbani (nuovi spazi pubblici, sviluppo e recupero di abitazioni) nel
quartiere tra i più degradati di Barcellona, in linea con il Programma di Recupero del Centro
Storico → creazione della Rambla del Raval (viale pedonale con panchine e alberi che ha
previsto la demolizione di 5 edifici storici e certa speculazione immobiliare, una gentrification
senza partecipazione della popolazione locale che ha visto inizialmente l’arrivo di una classe
media e l’abbandono di abitanti di classe bassa – processo però frenato dall’arrivo di
extracomunitari)
Quadro teorico
> gli spazi pubblici sono luoghi aperti, democratici e accessibili a tutti, di interrelazione sociale e scambio per
diversi gruppi. La pianificazione urbana di tali spazi gioca un ruolo fondamentale incoraggiando o
scoraggiandone l’uso. Essi contribuiscono alla creazione di un’identità urbana includente, che riflette valori
culturali, e che costruisce il senso di appartenenza ad un luogo, co-esistenza, partecipazione e qualità di vita.
> C’è però un orientamento maschile nell’urbanistica degli spazi pubblici che ha + ripercussione sulla vita
quotidiana delle donne. Nonostante siano le donne ad usare di + gli spazi pubblici (compiti relazionati a
questioni familiari e domestiche), questi sono stati progettati come ambienti maschili, mentre le donne sono
tradizionalmente associate agli spazi privati.
> il luogo pubblico può essere percepito dall’esterno e dall’interno (luogo del vissuto) una volta che gli diamo
un significato a partire dall’esperienza soggettiva di tale luogo: lo spazio diventa luogo perché acquisisce
significato, identità e senso di appartenenza dal vissuto individuale.
Ricerca
Intervistate 18 donne di diverse età, istruzione e condizione sociale per capire i sentimenti e l’identità
urbana nelle loro percezioni e senso di appartenenza rispetto alla Rambla del Raval. 3 categorie:
1. donne locali (originarie o spagnole trasferitevi da 20 anni, classe media)
I cambiamenti socio-culturali impediscono alle donne locali di usare e godere degli spazi pubblici e di sentirsi
identificate con il quartiere. Le donne locali esprimono opinioni favorevoli alla Rambla ma non si siedono lì e la
usano solo per transitare, a causa della sensazione negativa data dalla presenza eccessiva di uomini immigrati
che occupando tutte le panchine e inibiscono l’uso dello spazio o per mancanza di spazi-gioco per bambini,
sempre relazionato al disagio per la presenza degli immigrati e la loro condotta maleducata (sporcano, sono
talmente tanti che mettono in imbarazzo). Gli immigrati sono percepiti come la causa del degrado e il passato
viene mistificato in ragione di un criterio basato sulle relazioni interpersonali vissute nel quartiere: si stava
meglio prima, per migliori relazioni sociali, solidarietà e senso di comunità. Desta preoccupazione l’esodo di
molti residenti + fortunati per essere riusciti ad andarsene (ma in verità la fuga dei residenti è un fatto antico,
dovuto al degrado del quartiere nelle infrastrutture, servizi e abitazioni, e alla ricerca di lavoro. Rimanere nel
quartiere è anche vissuto come un impegno verso di esso.
2. nuovi arrivi o yuppies (catalane o europee di classe media)
Felici della Rambla (piacevole da passeggiare e per i concerti) ma mancano spazi-giochi. Le opinioni verso gli
immigrati sono però simili a quelle delle native. Apprezzano la centralità del quartiere anche se non hanno
sviluppato un senso di appartenenza, comportandosi come osservatrici esterne. Le preoccupa più il divario
sociale che la multietnicità.
3. immigrate (extracomunitarie di classe bassa)
Le pessime condizioni abitative spingono gli immigrati a stare fuori casa. I pakistani occupano la rambla per
incontrarsi, cooperare, scambiare informazioni mentre le immigrate la usano più per transitare e non per starci.
Marocchine e filippine ci vanno coi bimbi e a volte si siedono. Le pachistane no, perchè non hanno tempo e
perché le panchine sono sempre occupate da uomini e tendono a non uscire di casa anche per la tutela di
mariti e padri che non le vogliono esporre a comportamenti inadeguati. Non hanno opinione sulla rambla
perché sono arrivate che già c’era e non la usano. La convivenza nel quartiere con altri immigrati (negozi etnici)
però è giudicata positivamente rispetto a altri quartieri + omogenei, per la condivisione del retroterra culturale
(allevia la sofferenza di vivere lontano da casa e le fa sentire + a casa).
14° SAGGIO
Città sicura: considerazioni sulla paura delle donne nei piani di programmazione per una maggior
sicurezza nelle città
Carina Listerborn
Gli usi dello spazio urbano sono limitati in base alle condizioni di genere, razza e età, e di sicurezza: la paura di
violenze e abusi sessuali limitano la mobilità delle donne negli spazi pubblici. I politici e urbanisti concordano
sull’importanza della riduzione della criminalità e dell’aumento della sicurezza in città.
Paradosso: le donne sono più timorose ma i ragazzi che lo sono meno, sono quelli più esposti a violenza negli
spazi pubblici (a differenza della sfera privata): le donne, + degli uomini, sviluppano strategie per
fronteggiare le loro paure, riducendo e restringendo i loro spostamenti.
2 approcci per la prevenzione del crimine e x la sicurezza che esprimono due modelli ideologici e di pratiche:
1. Protezione: impostazioni di severità, controllo e interventi tempestivi contro i primi segni di disordine, come
il fixing broken windows (NY, 1990) che ha diminuito il tasso di criminalità nonostante gli elevati costi sociali
(brutalità degli interventi e razzismo), o il modello di prevenzione di Oscar Newman (1972) basato sul controllo
del territorio dall’alto al basso (spazio difendibile) e la costruzione di edifici e spazi che ne rendono più facile il
controllo e la difesa (telecamere, recinzioni, lucchetti, vigilanza) grazie ad un aumento del controllo sociale che
prevenga potenziali crimini.
2. Sicurezza: visione di Jane Jacobs (1961) + ampia delle differenze sociali e della vita urbana con lo scopo di
creare una città interessante per tutti (l’insicurezza destabilizza la vita urbana) dove un certo grado di caos è
segno di creatività → sebbene sembri + desiderabile si corre il rischio che crei delle bolle o aree etnicamente
epurate, in senso di gentrification
La casalinga svedese aveva tradizionalmente il ruolo di sorvegliare i figli e gli amici del quartiere garantendo un
controllo efficace → ci si preoccupava gli uni degli altri garantendo la sicurezza nel quartiere.
Gli urbanisti criticano l’esagerazione della paura delle donne come minaccia alla vitalità urbana, schiacciata
dagli interventi di sicurezza → il rischio è di considerare la paura delle donne come esagerata o irrilevante.
Approccio alternativo: prospettiva di genere
Deve riconoscersi seriamente la paura delle donne e la restrizione alla mobilità non al fine di alzare il grado di
controllo e protezione ma per aumentare la fiducia delle persone, in base alle relazioni di potere nella loro
società.
Il caso di Goteborg (Svezia): protezione e metodi per la prevenzione del crimine locale
Goteborg: città pacifica, che dopo il tramonto si svuota e diviene buia (errata distribuzione spaziale). Parchi e
periferie incutono paura e insicurezza nelle donne nei tragitti dalle fermate alle case, anche se le violenze
avvengono di + in centro.
Il Consiglio Svedese per la Prevenzione del Crimine considera la paura un derivato del crimine e si concentra
per diminuirlo, ma a Goteborg si sviluppa un progetto diverso “Goteborg città più sicura e più umana” tra
politica governativa e locale per la costruzione di reti, enfatizzando i problemi delle donne e gli aspetti sociali,
in linea con le idee di Jacobs: eventi culturali per far vivere lo spazio pubb.; murales su tram e muri;
illuminazione; vigilanza notturna sui tram; educazione alla parità di sessi; cambiamenti architettonici in parchi e
centri. La questione di genere è più sentita dalle donne e dagli enti locali che lavorano a contatto coi cittadini.
Conclusioni
Uomini e donne hanno mobilità diversa poiché quella delle donne è limitata dalla paura di violenze sessuali
anche se la città ha portato emancipazione femminile. È obiettivo femminista affermare la parità dei diritti
delle donne in città ma non si può realizzare in una pianificazione urbana paternalistica o di protezione che crea
un’immagine negativa della città.
Dai discorsi sulla paura emerge una questione complessa: aumentare la sicurezza può essere liberatorio (<
mobilità) o oppressivo (stigma della vittima). Lavorare sulla “paura e sicurezza” sembra + equilibrato tra
crescita del potere femminile e rottura del potere maschile come protettori. L’approccio della sicurezza sembra
+ adeguato se in funzione della paura delle donne rispetto alla protezione (che vittimizza) - ma necessita di una
prospettiva di genere che non enfatizzi o ignori la paura, ma la complessifichi, indagando le relazioni di potere
che ci stanno dietro: l’esperienza di vulnerabilità negli ambienti urbani e le relazioni di potere di genere al loro
interno restano ancora indecifrate (la paura è invisibile). La lotta per il diritto agli spazi pubblici è in linea con le
battaglie femministe: il traguardo è conquistare visibilità nella vita pubblica.

15° SAGGIO
La politica urbana e la dimensione di genere: il ruolo della scala geografica nella partecipazione
delle donne al governo locale in Ungheria - Judit Timar
Ungheria: bassa percentuale europea di donne in parlamento (9.8%) – se però venisse condotta un’indagine
del Gender Empowerment Measure su scala locale, la situazione sarebbe più positiva e aiuterebbe a capire i
problemi della partecipazione politica ridotta delle donne e il ruolo della scala geografica → + alta e prestigiosa
la posizione e meno donne e viceversa → relazione tra struttura gerarchica urbana e numero di donne in
politica: la rappresentanza femminile nei piccoli centri è in crescita mentre diminuisce quanto più alto è il rango
delle città.
Focus: come la geografia aiuti a capire i motivi che sono alla base della natura di genere delle decisioni
politiche.
Le particolarità della scala urbana (e lo spazio) producono:
a. le motivazioni della costruzione della carriera nella comunità
b. i modi, le aree e gli effetti della partecipazione al processo decisionale della società locale
c. il successo e fallimento nella conciliazione tra vita pubblica e privata
Fattori tipici che spingono a partecipare alla politica locale in Ungheria negli anni 90
1. Situazione storica unica - paesi est-eur di transizione (molti uomini e donne erano attivi nelle politiche locali)
1.1 quadri del socialismo
1.2 fondatori del nuovo partito in opposizione al socialismo nati dopo il 1989
1.3 nuova generazione di quadri di partito in transizione verso il futuro
2. Ambiente familiare: avere parenti coinvolti nella politica favorisce l’entrata in politica
3. Bisogno di autonomia, ambizioni di carriera e aiutare la comunità
3.1 politiche razionali rispetto al valore, su valori di principio politici e morali.
3.2 motivo morale per aiutare gli altri, la comunità (più preponderante su scala locale che nazionale, dove i
governi locali non sono organizzati nell’interesse dei partiti ma della comunità)
3.3 carriera pubblica perseguita in relazione alle carriere professionali (spesso intellettuali la cui carriera è
stata interrotta)
→ unica motivazione che esclude le donne è entrare in politica per motivi strumentali (marketing
personale)
Vincoli: difficoltà e fallimenti incontrati dalle donne intervistate:
a. dipendere dalla volontà del partito politico che ha influenzato la carriera
b. la lotta per il potere all’interno dei partiti in cui le donne risultano svantaggiate rispetto agli uomini
c. la famiglia che può ostacolare la carriera della donna che si sente con la “coscienza sporca” per aver
sacrificato il suo ruolo materno che ci si aspetta culturalmente da lei → usato strumentalmente dagli uomini
nella lotta per il potere.
d. l’ambiente sociale locale: la cultura politica caratterizzata da un tono offensivo e aggressivo difficile da
tollerare dalle donne → le donne dimostrano una capacità maggiore al compromesso ma spesso le donne che
riescono a ricoprire cariche politiche si “mascolinizzano” per riuscirci e discriminano le altre donne (la maggior
parte delle intervistate non dichiara di rappresentare esplicitamente gli interessi delle donne nella lotta alla
disuguaglianza di genere).
Difficoltà di conciliare vita pubblica e privata (famiglia)
- le madri con figli piccoli non assumono responsabilità pubbliche
- le uniche che ammettono di non ricevere l’appoggio dei mariti sono divorziate e quelle che ottengono
appoggio si sentono in colpa per non rispettare il ruolo che la società si aspetta da loro
- riuscire a conciliare vita pubblica e privata è stato possibile smettendo di seguire i tradizionali ruoli di genere
stabilendo una più moderna divisione del lavoro nella famiglia → questo impegno spesso però non è
percepito come un esempio da seguire per i figli: l’ambiente sociale non approva le donne che partecipano
alla politica in modo da impattare sui figli che vedono il loro sacrificio, le difficoltà e gli attacchi che ricevono
(le difficoltà superano i vantaggi)
Conclusioni
- I partiti politici sono importanti ma ostacolano la partecipazione delle donne e la loro carriera. Ma anche la
famiglia e le aspettative conservatrici sociali sui ruoli di genere. Le donne hanno rare possibilità di ottenere
leadership.
- La riproduzione del patriarcato su scala familiare, sostenuta dal patriarcato su scala nazionale, riproduce la
natura di genere della politica locale urbana e rurale. Le politiche di partito su scala nazionale penetrano nella
scala urbana provocando disuguaglianze di genere e viceversa mostrando come sia riprodotta
geograficamente l’impari natura di genere della politica.

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