Sei sulla pagina 1di 30

FITT

F.I.T.T. (Functional Impression Tissue Toner) è un gel che conserva una consistenza sufficientemente
morbida da garantire un’impronta funzionale. Può essere lasciato nella cavità orale per diversi giorni per la
tonificazione dei tessuti ed elimina la necessità di regolazioni successive. Facile da miscelare, si mantiene
fluido sotto pressione per diversi giorni.

Campo di applicazione: Il FITT KERR è un materiale


per rilevare impronte funzionali costituito da una
polvere e da un liquido perfettamente bilanciati e
tali da dare un impasto cremoso e soffice le cui
caratteristiche principali consentono di poterlo
utilizzare anche in presenza di umidità, di sangue e
negli impianti. Dato che non vi è una proporzione
fissa tra polvere e liquido, il FITT può essere
miscelato alla consistenza che i diversi casi
richiedono. Quando si desidera ottenere una
consistenza fluida si consiglia un rapporto di circa
11 /2 parti di polvere in 1 parte di liquido, mentre
per una consistenza più sostenuta il rapporto potrà
essere di circa 2 parti di polvere in 1 parte di
liquido. È importante che la polvere sia aggiunta al liquido lentamente continuando a miscelare onde
evitare di incorporare bolle d’aria nell’impianto.

Il FITT è sostanzialmente indicato per impronte funzionali seguendo la tecnica del ribasamento. Date le sue
proprietà, può essere lasciato in situ per diverse ore e anche per diversi giorni in modo da poter rilevare
esattamente i punti di contatto e di trauma e le eventuali instabilità dimensionali. Evidentemente, il tempo
di permanenza in bocca dipende dai vari casi da trattare. Il tempo che viene impiegato per determinare gli
inconvenienti causati da una protesi inadatta, viene abbondantemente compensato dai risultati che ne
derivano. La correzione perfetta di una protesi, o il suo rifacimento, è garantita con il FITT. Infatti, quando si
utilizza questo materiale, la protesi da controllare funziona come un vero e proprio portaimpronte
individuale tale da consentire di rilevare impronte funzionali corrette.

Quando il Dentista è soddisfatto delle condizioni del tessuto buccale e il paziente avverte un comfort
funzionale della protesi, allora si potrà togliere l’apparecchio e colare il modello direttamente nel FITT in
modo da ottenere il modello su cui eseguire le eventuali modifiche (ribasamento) o dal quale si potrà
ricavare un nuovo apparecchio. Le ricerche eseguite hanno dimostrato che il FITT rimane morbido in bocca
per 12 giorni. Tuttavia, la migliore plasticità è compresa tra 2-3 giorni. Se il paziente terrà la protesi con il
FITT per un periodo superiore, sarà opportuno controllare l’impronta e correggerla o modificarla secondo le
necessità incombenti.

Il modello deve essere colato immediatamente dopo aver tolto la protesi con il FITT avendo cura di
risciacquarla prima onde eliminare residui e saliva. In alcuni casi occorrerà riapplicare la protesi con un altro
strato di FITT per rilevare un’impronta finale. Prima di togliere il FITT dalla protesi a mezzo di una fresa,
onde provvedere di uno spazio per la nuova miscela, si dovrà ricoprirne la superficie con il FITT SEPARATOR.
Ciò eviterà che i residui di FITT attacchino quella parte dell’impronta che non dovrebbe essere ritoccata. I
residui potranno facilmente essere rimossi o lavati dall’impronta prima di aggiungere la nuova miscela per
lo strato finale. Dopo che il FITT è rimasto nella bocca si consiglia di pennellare la superficie primitiva con un
monomero di acrilico avendo cura di attendere qualche minuto affinché si asciughi totalmente.
Tecnica
1) Controllare la protesi in esame in modo da determinare lo stato di funzionalità (occlusale, stabilità
dimensionale, centratura).

2) Rilevare tutti i possibili punti di contatto e le superfici di compressione.

3) Pennellare le superifici buccale e labiale con un leggero strato di FITT SEPARATOR in modo da evitare che
il materiale vi aderisca nel caso di fuoriuscita durante l’applicazione. Il FITT SEPARATOR non dovrà in nessun
caso essere pennellato sulle superfici che entrano in contatto con i tessuti e ciò in modo da consentire al
FITT di aderire perfettamente alle pareti interne della protesi.

4) Una volta miscelato il FITT (circa 1 minuto) alla consistenza desiderata, versarlo nella protesi. Con una
piccola spatola coprire i bordi periferici con il FITT in modo che, una volta inserito l’apparecchio in bocca, si
formi un margine tondeggiante tale da consentire l’adesione della protesi alle inserzioni muscolari.

5) Far risciacquare la bocca al paziente con acqua fredda indi inserire la protesi. Invitare il paziente a
chiudere la bocca dolcemente e in perfetta occlusione.

6) Nel corso dei primi 1-2 minuti eliminare il materiale fuoriuscito.

7) Dopo 2-3 minuti togliere la protesi, eliminare l’eccesso di materiale con uno strumento tagliente e caldo
avendo cura di non intaccare il margine formatosi sul bordo periferico e controllare che l’interno della
protesi sia totalmente ricoperto con FITT. Nel caso questo presentasse aree senza materiale, o con uno
strato troppo sottile nei punti di contatto, occorrerà ridurre queste aree con una fresa prima di riapplicare
un nuovo strato di FITT. Quest’ulteriore applicazione potrà essere eseguita con la tecnica del pennello o
della colata. La quantità di FITT che verrà aggiunta, aderirà omogeneamente a quella già esistente.

8) Reinserire la protesi e controllare dopo 2-3 minuti le condizioni dell’impronta. Se il FITT risulterà ricoprire
totalmente l’area interna della protesi, si potrà dimettere il paziente ed effettuare un ulteriore controllo nel
corso di una prossima visita. Negli interventi eseguiti in un’unica seduta, si dovrà colare immediatamente il
modello sia nel caso di ribasamento che di rifacimento della protesi.

Conservazione

Conservare a temperatura ambiente. Il prodotto dovrebbe essere usato in condizioni ambientali di 18°-24°C
e 50±10% di umidità relativa.

Non usare su bambini

Controindicazioni/precauzioni Questo prodotto contiene ftalato di dibutile Non usare su donne in stato di
gravidanza presunto o accertato. Può causare difetti su nascituri. Può causare ridotta fertilità.

Altre precauzioni: Prodotto infiammabile. Tenere lontano da fonti di ignizione, fiamme e scintille. Non
fumare durante l’uso del prodotto. Non gettare nelle fognature, poichè il prodotto potrebbe contaminare i
corsi d’acqua. Attenzione: il prodotto contiene alcool etilico
FASI OPERATIVE PRELIMINARI
Prima Impronta e Porta Impronte Secondo Schreinemacher
Porta impronte per edentuli secondo Schreinemakers: le diverse
ampiezze per l’arcata mascellare e mandibolare consentono un buon
supporto al materiale da impronta per la maggior parte delle
strutture mucose. In commercio si trovano di dimensioni differenti;
la dimensione va valutata per il singolo pz, ad esempio mediante
compasso a punta smussa (vedi in basso).

La finalità della presa dell’impronta è quella di ottenere una riproduzione precisa del tessuto, in modo da
assicurarsi che la base protesica sia supportata da una struttura ossea in ogni suo punto e che questa
aderisca uniformemente ai tessuti di supporto. Lo scopo essenziale della presa dell’impronta è costruire la
base della protesi.

L’impronta rilevata sulle arcate edentule presenta alcuni aspetti fondamentali:

 La realizzazione del letto protesico nella sua visione orizzontale;


 Il raggiungimento della parte più profonda del vestibolo;
 La rilevazione dell’area sublinguale;
 La riproduzione del trigono e della tuberosità retro-molare;
 Una corretta delimitazione della linea miloioidea nelle aree posteriori linguali.

La metodica utilizzata per rilevare le prime impronte non prevede l’utilizzo di cucchiai standard per dentati,
che di rado si adattano perfettamente al cavo orale edentulo determinando, in genere, la registrazione di
impronte iperestese. Ciò fa sì che la muscolatura circostante sia spostata dalla posizione consueta: le
protesi costruite su tali impronte mancheranno del sigillo periferico, poiché la muscolatura, riadattandosi
nella posizione fisiologica, impedirà un adeguato contatto tra struttura protesica e ossea, con conseguente
spostamento della protesi. La scelta del cucchiaio per la prima impronta deve essere, di conseguenza,
molto accurata e consigliamo portaimpronte standard per edentuli che presentano una conformazione
periferica simile a una protesi.

La selezione dell’ampiezza appropriata viene eseguita utilizzando un compasso posto: inferiormente, tra le
superfici linguali dei trigoni retro molari; superiormente, tra le superfici vestibolari dei tuberi retro molari. È
importante che vi sia uno spazio uniforme tra la parete del cucchiaio e la cresta ossea, al fine di evitare
dannose compressioni della superficie mandibolare e mascellare. A livello mandibolare, l’area del trigono
retro molare è uno dei punti di repere. La regione linguale risulta di fondamentale importanza per la tenuta
della protesi: i punti di riferimento da considerare sono le caruncole, che devono essere a stretto contatto
con il cucchiaio, senza essere coperte.
 Se la lunghezza del cucchiaio è ritenuta ipoestesa viene corretta con aggiunta di cera o silicone
(figura 4).

Le posizioni di lavoro dell’odontoiatra e del paziente sono importanti


durante la presa d’impronta. Per l’impronta inferiore, il clinico si
pone davanti al paziente con lo schienale della poltrona
perpendicolare al pavimento. Le procedure di prima impronta,
differiscono tra mascella e mandibola: per l’arcata inferiore si
predilige l’uso di un silicone di consistenza media (figura 5) avente in
primo passaggio la funzione di distendere le eventuali pieghe della
mucosa.
Il cucchiaio viene appoggiato prima anteriormente e in seguito
premuto posteriormente, spostando la lingua con lo specchietto, un
lato dopo l’altro (figura 7). In alcuni punti critici - come vestibolo
profondo, zona miloioidea e area sublinguale - si appone del
materiale prima dell’introduzione del cucchiaio. In seguito, una volta
delimitata l’estensione del letto protesico, si asporta l’eccedenza di
materiale (figura 8), si applica un adesivo (figura 9) e si esegue una
ribasatura con alginato di consistenza semi-fluida (P/L 2,5:3,0) (figura
10), al fine di ottenere un’impronta dove risultino ben visibili le
strutture anatomiche (figura 11).
N.B. Per definirsi una buona impronta non
deve verificarsi la “superficializzazione
dell’impronta”, che si verifica se la
consistenza del materiale non è opportuna o
se viene applicata una pressione eccessiva e si
manifesta con il trasparire del cucchiaio
sottostante.

Nel mascellare superiore occorre controllare l’estensione del cucchiaio nelle aree tuberali, paratuberali e a
livello del vestibolo: come per l’arcata inferiore, si procede a
rettifica per sottrazione o per addizione con cera o silicone (figura
12).

Il clinico si pone alle spalle del paziente, con lo schienale della


poltrona leggermente reclinato. Si procede con utilizzo di alginato
in una o due fasi (figura 13) ed è opportuno apporre, nella fossa
retro zigomatica e nel vestibolo, una piccola quantità di alginato
(figura 14).

Il posizionamento del cucchiaio avviene prima posteriormente e


poi anteriormente; con questa manovra si spinge il materiale in
avanti, e si evitano stimoli al vomito. Il risultato ottenuto deve
riportare i dettagli anatomici precedentemente ricercati (figura
15). Questa sequenza porterà alla costruzione di un
portaimpronte individuale modificato per la seconda impronta o
impronta definitiva.
ANATOMIA
MASCELLARE SUPERIORE

Le strutture anatomiche, mucose ed ossee, che valutiamo nel mascellare superiore sono:
• Frenulo labiale superiore;
• Frenulo laterale superiore;
• Vestibolo buccale sup;
• Fossa retro zigomatica o Infratemporale
• Rafe pterigomandibolare;
• Incisura pterigomascellare;
• Vestibolo labiale sup.;
• Papilla incisiva;
• Rughe palatine;
• Rafe palatino mediano;
• Fossette palatine;
• Palato molle.

Frenuli:
• Frenulo centrale labiale (nel mascellare superiore) che può essere più o meno accentuato;
• Frenuli laterali che possono essere singoli o multipli; possono essere a ventaglio più o meno sottili o
spessi.
Ci possono essere anche piccoli frenuli collaterali a quello principale. L’inserzione può essere alta o bassa.
Sono importanti perché vanno rispettati nel disegno del portaimpronta individuale prima e nella protesi
totale dopo.
N.B: Rappresentarli nell’impronta, ma senza stirarli eccessivamente.

Fossa Retrozigomatica
È quello spazio posto nella parete laterale della faccia, posteriormente alla mascella e situato inferiormente
e medialmente all’arcata zigomatica.
Limiti:
-In alto dalla grande ala dello sfenoide
-lateralmente dal ramo della mandibola
-medialmente dalla lamina laterale del processo pterigoideo
-in avanti dal tuber mascellare
-posteriormente e inferiormente dalla parotide e da strutture del collo

Rafe pterigomandibolare
Il legamento pterigo mandibolare chiamato anche “Rafe pterigo mandibolare”, è un ispessimento della
fascia bucco faringea. Il rafe è una stretta fascia che si estende dall’apice della piastra pterigoidea interna
del cranio al limite posteriore del trigono retromolare della mandibola, con un angolo medio di 70° di
inclinazione sul piano del corpo mandibolare.
(Una porzione del muscolo buccinatore prende origine dalla sua faccia anteriore)

N.B: il RPM guida la mandibola limitando i movimenti estremi e produce la “piega pterigo mandibolare”,
nella membrana mucosa, quando la bocca è aperta (è una struttura che quando va in tensione deve essere
scaricata perché fa dislocare la protesi).

Incisura pterigomascellare
Medialmente alla fossa infratemporale abbiamo una parete ossea formata da due ossa, uno anteriormente,
il mascellare, e uno posteriormente, i processi pterigoidei dello sfenoide. Tra queste due ossa c’è
un’incisura detta pterigo mascellare e inferiormente si articolano.

Papilla Retro-incisiva
La papilla incisiva, in caso di riassorbimento osseo, potrebbe ritrovarsi in cresta. Non perché ha cambiato
posizione, ma perché l’osso attorno ha subito una fase di riassorbimento (che a livello del mascellare
superiore avviene in direzione centripeta).

N.B questa condizione impone una modifica nel montaggio dei denti, che verranno posizionati
vestibolarmente alla papilla di 5 mm (e non di 10 mm). Questa variazione impone anche il montaggio di
denti di dimensioni inferiori per via della ridotta ampiezza dell’arcata.

Fossette Palatine e Post-dam


Una zona di notevole importanza, al fine di ottenere una buona protesi, è la zona posteriore del palato. In
questa zona sarà fondamentale l’effetto suzione che garantirà la stabilità della protesi. Questa zona dovrà
essere opportunamente tenuta in considerazione.

Elementi “favorevoli” ai fini della protesi (nel mascellare superiore):


• Cresta alveolare residua;
• Volta palatina;
• Tuberosità del mascellare;
• Incisura pterigomascellare.

Questi elementi sono definiti “favorevoli” ai


fini della creazione di una protesi, perché
sono le strutture più stabili dal punto di vista
del riassorbimento osseo. I meccanismi di
riassorbimento e apposizione ossea sono
regolati dalle forze di Trazione (determina
apposizione ossea ed è determinato
dall’azione muscolare) e Compressione
(determina riassorbimento osseo ed è
determinato dalla protesi) espresse nella
Legge di Wolff*. Quindi per la buona
riuscita della protesi è necessario che ci sia
un equilibrio tra queste due forze.

N.B. è importante che la protesi non si concentri su questi punti specificamente, ma che abbia
un’estensione tale da ridurre la pressione specifica nel singolo punto. La protesi sarà tanto più stabile,
quanto più estesa, ma sempre avendo cura di non interferire con l’attività muscolare, pena la sua
dislocazione.
Elementi sfavorevoli:
• Forame incisivo (la papilla che va scaricata se
è molto pronunciata);
• Palato molle
• Toro palatino.

*Legge di Wolff: La legge di Wolff, afferma che l'osso di una persona o di un animale sano si adatterà ai
carichi sotto i quali è posto. Se il carico su un particolare osso aumenta, l'osso si rimodellerà nel tempo per
diventare più forte per resistere a quel tipo di carico. L'architettura interna delle trabecole subisce
modifiche adattative, seguite da modifiche secondarie alla porzione corticale esterna dell'osso, forse
diventando di conseguenza più spesse. È vero anche l'inverso: se il carico sull'osso diminuisce, l'osso
diventerà meno denso e più debole a causa della mancanza dello stimolo necessario per il rimodellamento
continuo. Questa riduzione della densità ossea (osteopenia) è nota come schermatura da stress e può
verificarsi a seguito di una sostituzione dell'anca (o di un'altra protesi). Il normale stress su un osso viene
schermato da quell'osso essendo posizionato su un impianto protesico .

Cenni di fisiologia Ossea


Il Riassorbimento avviene in maniera diversa tra mascellare superiore e inferiore, in particolare:
 Il mascellare superiore segue un riassorbimento di tipo centripeto (“a campana”, in cui è come se
si rimpicciolisse la base);
 Il mascellare inferiore segue un riassorbimento centrifugo (l’arcata tende ad allargarsi).

Questa differenza porta i due mascellari ad essere sempre meno congrui.

MASCELLARE INFERIORE
Le difficoltà sono poste dalla lingua, dal pavimento orale e dalle varie strutture muscolari che possono
determinare la mobilità. Avendo la forma a ferro di cavallo e non potendo invadere la parte di pavimento
orale ha anche meno area di supporto.

Le strutture anatomiche mucose ed ossee che attenzioniamo nel mascellare inferiore sono:

• Ipertrofie o creste fluttuanti;


• Stati infiammatori patologici diffusi o localizzati;
• Morfologia sagittale ed orizzontale delle creste alveolari edentule;
• Frenulo labiale; Frenuli laterali; Frenulo linguale;
• Eminenze piriformi;
• Cresta miloioidea;
• Fossa Retro-miloioidea;
• Fossa Pre-miloioidea;
• Incisura masseterina;
• Incisura Pterigoidea;
• Fossette sottolinguali e sottomandibolari;
• Fasci muscolo depressore dell’angolo della bocca;
• Trigono Retromolare;
• Caruncole sottolinguali;
• Lingua (posizione rispetto agli incisivi inferiori: tipo I, II, III)
• Muscolo buccinatore

Presenza di stati infiammatori patologici


Vanno risolti prima di una riabilitazione protesica.

Creste riassorbite
Le creste possono essere:
- ad U
- aV
- smusse rovesciate, ben conformate e conservate
- piane e molto riassorbite.

Frenuli
• Frenulo linguale: È ben rappresentato, ha una forma a
ventaglio. Se ne valuta la forma, il livello di inserzione.
Può presentarsi normotrofico con inserzione bassa o
con morfologia a ventaglio, può essere ipertrofico con
struttura fibrosa e con un’inserzione alta sulla cresta.
In certi casi la riduzione chirurgica pre-protesica può
essere necessaria.
• Frenulo labiale;
• Frenuli laterali: possono essere singoli o multipli.

Eminenze piriformi
Sono cuscinetti fibromucosi, costituiti da una formazione mucosa triangolare, delimitata esternamente
dalla cresta obliqua esterna, internamente dalla cresta obliqua interna, distalmente dal ramo verticale della
mandibola e mesialmente dalla porzione distale della cresta alveolare edentula inferiore. Vi si inserisce il
legamento pterigomandibolare. È la zona posteriormente alla cresta, dove si va ad inserire il legamento
pterigomandibolare che se non viene rispettata provoca il ribaltamento della protesi.

Cresta miloioidea
È una sottile rilevanza della corticale ossea che parte a livello dell’ultimo molare, dove si inserisce il muscolo
miloioideo. Le fibre muscolari del miloioideo, formano un angolo di circa 45gradi rispetto al rafe mediano.
Questa cresta si trova nella parte mediale della mandibola. La contrazione del muscolo miloioideo provoca
il movimento della protesi.

Fossa Retro-miloioidea e Pre-miloioidea

Incisura Masseterina
Il massetere è uno dei quattro muscoli masticatori. È una robusta lamina muscolare di forma quadrangolare
applicata sulla faccia laterale del ramo della mandibola.
Si compone di un capo superficiale e uno profondo ed è rivestito dalla fascia masseterina.

Il fascio profondo presenta diversa origine: terzo centrale e posteriore del margine inferiore dell'arcata
zigomatica, i fasci si portano in basso e si inseriscono sul ramo della mandibola tra l'inserzione del capo
superficiale e il processo coronoideo della mandibola.
Il terzo anteriore dell'inserzione del capo profondo si palpa al livello dei secondi molari inferiori ed è
responsabile del disegno concavo (incisura masseterina) delle basi protesiche ad appoggio mucoso.
Consente l'elevazione ed insieme allo pterigoideo interno è il muscolo determinante per la forza occlusale
massima.
È anche responsabile della forza di triturazione (al livello dei molari), coinvolto nel digrignamento dei denti
sia nella forma statica (serramento), sia in quella dinamica (bruxismo).
Il capo superficiale si attiva anche nel movimento di protrusione. Il dolore viene proietatto al sopracciglio, al
mascellare superiore, alla parte anteriore della mandibola, ai denti molari superiori, nonché inferiori, alle
parti profonde dell'orecchio e della regione dell'ATM.

Incisura Pterigoidea
Localizzata posteriormente all’incisura miloioidea si ha una superficie accidentata, per l'inserzione del
muscolo pterigoideo interno.

Tori mandibolari
Se presenti possono essere più o meno rappresentati. In genere sono simmetrici, bilaterali. Se possibile,
vanno rimossi chirurgicamente. La loro permanenza limita l’estensione della struttura protesica perché è
una zona di importanza strategica.

Fossette Sottolinguali e Sottomandibolari


Al di sopra della parte anteriore della linea miloioidea si ha un'area triangolare liscia, detta fossetta
sottolinguale, contro cui si appoggia la ghiandola omonima. Subito al di sotto della porzione posteriore
della linea miloioidea si ha un'altra fossetta (sottomandibolare), anch'essa ovale e liscia, per la ghiandola
omonima.

Fasci del muscolo depressore della bocca

Il muscolo depressore dell'angolo della bocca, noto anche come muscolo triangolare del labbro, è un
muscolo della parte inferiore della bocca, pari e simmetrico, che caratterizza l'espressione del volto con i
suoi movimenti.

Si tratta di un fascio carnoso sottocutaneo che si trova lateralmente al muscolo depressore del labbro
inferiore. Origina dalla parte inferiore della faccia esterna del corpo della mandibola; si dirige poi in alto e
medialmente fino a fondersi con l'orbicolare della bocca e ad inserirsi con le sue fibre nella cute del labbro
superiore.

N.B: È importante in quanto alcune fibre muscolari possono inserirsi a livello dei frenuli labiali

Trigono Retromolare

Regione triangolare (con apice verso l’alto e base verso il basso) localizzata posteriormente al 2° o 3°
molare. È un’area che presenta l’inserzione di 3 muscoli (buccinatore, costrittore faringeo superiore e ?)

Caruncole sublinguali

Anche queste vanno rispettate; non vanno compresse dal corpo protesico.

Forame mentoniero
Non va compresso perché il paziente ha una sensazione di bruciore o di parestesia dovuta alla
compressione dei nervi.
Muscolo Buccinatore

Nasce dalle superfici esterne dei processi alveolari della mascella e della mandibola, corrispondenti alle tre
coppie di denti molari. È in rapporto posteriormente con il Rafe pterigo-mandibolare, che lo separa dal
muscolo costrittore faringeo superiore.
Origine: rafe pterigo-mandibolare e strutture ossee circostanti
Inserzione: modiolo
L’innervazione motoria è data dal ramo buccale del faciale, mentre quella sensoriale dalla branca
mandibolare del trigemino (nervo buccale)

All’esame obiettivo intraorale valutiamo anche:

• Le dimensioni della lingua che può essere normotrofica o ipertrofica. L’ipertrofia può essere un’illusione
data dal fatto che occupa più spazio in una bocca edentula.

• La posizione della lingua può essere:


- Tipo I: la punta della lingua rilassata lambisce il bordo degli incisivi inferiori (nel dentato);
- Tipo II: la lingua è più allargata, ma tocca ancora gli incisivi. Questo può succedere nei pazienti
parzialmente edentuli quando gli mancano i settori latero-posteriori e permangono quelli inferiori, per
cui la lingua prende lo spazio lateralmente, arretra leggermente, continua a toccare gli incisivi ma si
espande orizzontalmente;
- Tipo III: lingua retratta, non tocca più gli incisivi nel settore anteriore ed è particolarmente allargata nei
settori latero- posteriori.

Note Cliniche:
 Nell’impronta dell’arcata inferiore va chiesto al pz di alzare la lingua e di toccare il labbro superiore
come ad umettarlo; questo comporterà il sollevamento del piano muscolare, del muscolo
miloioideo, così da registrare la fossa retromiloioidea e il piano muscolare miloioideo (vedi la
sezione anatomia).
 Sempre al fine di ottenere una buona impronta è necessario evidenziare l’Incisura masseterina, che
sulla protesi si manifesterà come una concavità “Concavità masseterina” e si ottiene chiedendo al
pz di chiudere la bocca. In generale si chiederà al pz di attivare vari muscoli, facendogli eseguire
tanti movimenti.
Tutto questo perché la flangia protesica dovrà rispettare queste strutture anatomiche.

A livello inferiore, il bordo protesico partirà dal trigono retromolare (zona di appoggio principale), scenderà
contornando la fossa retro-miloioidea (flangia linguale) e risalirà per evitare le strutture anatomiche di
rilievo (frenuli, fossette ghiandolari, fibre del muscolo miloioideo). Questa variazione sarà rappresentata
con l’Incisura di Passamonti (particolare incisura della linea protesica, che serve ad evitare le suddette
strutture. Questa deve essere già rappresentata nel cucchiaio individuale), che si trova tra la fossa retro-
miloioidea e la fossa pre-miloioidea. Infine la flangia linguale risalirà per evitare il frenulo linguale.

La flangia vestibolare, invece, rappresenterà in parte il trigono retro-molare (non tutta la sua porzione
verticale, perché non avrà importanza ai fini della protesi); l’incisura masseterina subito dopo; la Mensola
vestibolare, particolare struttura che dà supporto e stabilità alla protesi; a seguire verrà “scaricata” la zona
in cui si trova il frenulo vestibolare e infine il frenulo labiale.

Caratteristiche della protesi totale


 Ritenzione: resistenza alla rimozione della protesi in direzione opposta a quella di inserzione. I
fattori che vi contribuiscono sono la viscosità salivare ridotta e la qualità del contatto tra base
protesica e mucosa.
Per garantire la ritenzione della protesi sarà fondamentale garantire il “Sigillo Palatale posteriore”.
La zona posteriore del palato è la zona in cui la quantità di mucosa è maggiore, per cui la protesi
deve assumere una forma concava in modo da esercitare una pressione maggiore e garantire così
l’effetto suzione. Il sigillo palatale post dev’essere evidenziato già a partire dall’impronta tramite il
bordaggio del cucchiaio.
 Stabilità: resistenza alle forze oblique/orizzontali che alterano la relazione tra protesi e tessuti di
supporto. Nell’arcata superiore è data dalla fossa pre-zigomatica; nell’arcata inferiore dalla fossa
pre e retromiloioidea. A tal proposito, per garantire la stabilità della protesi è fondamentale il
montaggio dei denti nella “Zona neutra”, ovvero lo spazio in cui la sommatoria fra le forze
centrifughe (linguali) e centripete (guance/labbra) è uguale a zero.
N.B. nell’eventualità di un riassorbimento osseo maggiore può verificarsi una prevalenza delle forze
linguali su quelle muscolari (o viceversa) con conseguente variazione della zona neutra.
 Supporto: area tissutale dove poggia la protesi (più è grande, meglio è). Il supporto è efficace
quando la protesi si estende a coprire la massima superficie senza interferire con i tessuti mobili o
le inserzioni muscolari. La protesi deve estendersi sulle zone più resistenti al riassorbimento, ovvero
le zone di supporto primario inferiori (mensola vestibolare; trigono retromolare) e superiori (zona
fra cresta e rafe palatino; tuber maxillae)

PREPARAZIONE DEL CUCCHIAIO INDIVIDUALE E SECONDA IMPRONTA


Impronta funzionale
L’impronta funzionale rileva la forma del vestibolo e del margine protesico, mediante movimenti funzionali
effettuati chiedendo al paziente di muovere lingua e labbra. I vantaggi di suddetta metodica risiedono nella
rapidità della consegna della protesi al paziente: non vi è alcun ritocco dei margini funzionali, quindi minor
rischio di ulcerazioni della mucosa. Per contro, gli svantaggi sono rappresentati dai movimenti estremi di
labbra, lingua e guance, che causano uno spostamento della mucosa mobile che riveste l’osso. In questo
modo, si rischia di avere un’errata aderenza della base protesica nelle zone marginali della cresta: ciò si
tradurrà in una trasmissione non omogenea delle forze, con zone di carico a pressione maggiore e
conseguente ulcerazione della mucosa.
Impronta non funzionale (non spiegata dal prof.)
Con questa metodica, utilizzata nel nostro protocollo, si ottiene l’impronta della cresta ossea senza
movimenti funzionali della mucosa; il tessuto è sottoposto a un carico minimo, cosicché l’odontoiatra è
portato a eseguire una modellazione mirata dei passaggi per i frenuli delle guance durante l’impronta; la
lunghezza dei margini della protesi sarà stabilita in seguito, il tutto senza dar luogo a un’impronta
iperestesa. Il vantaggio di questa tecnica è l’ottenimento di una valida aderenza tra la base della protesi e la
mucosa sottostante. Come svantaggio, si cita la possibilità che, durante la prova e successiva consegna
della protesi, sia necessaria un’ulteriore modellazione dei margini e un aumento delle ulcerazioni.

Realizzazione del portaimpronta individuale (laboratorio)


Dopo la colatura e la squadratura, si procede alla delimitazione del limite effettivo del portaimpronte. Si
procede a un’eliminazione mirata dei sottosquadri con della cera (figura 16), allo scopo di permettere che i
dispositivi si possano staccare dal modello senza danneggiarlo. Si isolano i modelli con un prodotto
finalizzato separatore per gesso e vengono ricalcati i margini sul modello con una matita a grafite fine.
Il materiale per il confezionamento dei dispositivi individuali in protesi totale deve presentare le seguenti
caratteristiche:
 possedere la massima stabilità, anche negli spessori che vanno da 0,1 a 1,2 mm;
 non subire modifiche considerevoli nella fase della polimerizzazione.

Si consiglia, pertanto, di realizzare i dispositivi individuali 24 ore prima di rilevare l’impronta definitiva.
Per quanto riguarda i materiali da utilizzare, distinguiamo tra:
 Resina acrilica: di semplice e consolidato utilizzo, deve essere stesa andando oltre il limite
disegnato ed entro la fase plastica dell’impasto. Il debordo andrà rettificato a indurimento
avvenuto. Si consiglia di conservare in seguito il prodotto finito in acqua;
 Resina fotopolimerizzante: consente di definire, seguendo con estrema precisione il limite segnato
sul modello e gestendo, inoltre, lo spessore del bordo. A forma definita, il modello viene inserito
nel forno di polimerizzazione. Il manufatto terminato, essendo fotosensibile, è consigliato
avvolgerlo in carta o altro al fine di evitare ulteriori contrazioni.

Per permettere il rilevamento di una perfetta impronta anatomica è necessario modellare, nei dispositivi
individuali, il corretto percorso anatomico dei frenuli labiali e buccali. Per quanto concerne la riproduzione
della giusta posizione della muscolatura mimica adoperiamo un manico in posizione centrale che serve
anche al clinico come punto di presa. Tutte le eccedenze e le sbavature della resina vengono eliminate con
una fresa, ponendo la massima attenzione al rispetto dello spessore dei bordi che devono essere, nel
complesso, di circa 2 mm, a eccezione della zona sottolinguale dove il bordo deve raggiungere 3 mm.

Rilevamento dell’impronta individuale


Detta anche “impronta definitiva”, è quindi eseguita con un cucchiaio individuale. Ha l’obiettivo di
approntare il margine funzionale e la riproduzione esatta del letto protesico. La mobilità dei tessuti che
rivestono la superficie ossea nell’area di contatto della protesi è impedita dal portaimpronte; l’azione
muscolare si riduce quindi ai “movimenti normalmente necessari”, escludendo in questo modo movimenti
spastici o eccessivi.

Ricevuto il portaimpronte individuale dal tecnico, ci prepariamo a fare la seconda impronta.


Bordiamo il cucchiaio con cera da bordaggio:
 Arcata superiore: dalla fossa retrozigomatica al frenulo anteriore; zona sigillo palatale post.
 Arcata inferiore: tutto il perimetro del cucchiaio.

La cera da bordaggio va sovrapposta sul cucchiaio perfettamente asciutto, quindi il cucchiaio con la cera
viene immerso in acqua a 60° (per abbassare la temperatura della cera fusa e mantenerla morbida);
controlliamo che il portaimpronte bordato sia senza interferenze rispetto alle inserzioni muscolari (dovrà
essere più corto di 2mm).

Prepariamo il materiale da impronta: come materiale da impronta usiamo il Polisolfuro (regular)


Permalastic; misceliamo pasta base e catalizzatore fino ad ottenere un composto di tinta omogenea
(marrone)

Mettiamo l’adesivo sul fondo del cucchiaio e attendiamo 5 minuti prima di caricare il materiale da
impronta; nel frattempo asciughiamo le creste edentule del pz tramite garze sterili (perché il materiale è
idrofobo).

Carichiamo il materiale da impronta prima a livello superiore e poi sul cucchiaio inferiore:
 A livello superiore: inseriamo il cucchiaio nel cavo orale e pressiamo prima posteriormente e poi
anteriormente, quindi iniziamo a stirare il labbro verso fuori e in basso fino a quando il materiale
non inizia ad indurirsi.
 A livello inferiore: pressiamo prima anteriormente e poi posteriormente e chiediamo al pz di
toccare il palato e il labbro inferiore con la lingua; a materiale quasi indurito spostiamo il labbro
verso fuori e in su.

Delimitazione del margine funzionale: impronta mandibolare


Realizzare una protesi inferiore con una buona stabilità ritentiva è possibile quando si riesce a estendere il
più possibile la protesi verso il pavimento orale in modo tollerato dal paziente. Il sigillo ermetico marginale
della base protesica verso lo spazio sottolinguale è il fulcro più importante di tutta la tecnica della presa
d’impronta.

N.B: Al fine di ottenere una buona impronta, il cucchiaio deve poter stare fermo durante l’esecuzione dei
movimenti normalmente necessari di lingua, labbra e guance, oltre che in fase di apertura della bocca.

 Se il margine è iperesteso, e quindi il cucchiaio si muove, è necessario correggerne la lunghezza.


 Se, invece, il cucchiaio risulta ipoesteso, occorre eseguire le aggiunte opportune con masse
apposite.

Il portaimpronte individuale si definisce in due fasi, distinte tra costruzione in laboratorio e correzione
dello stesso sul paziente: è di particolare importanza controllare l’estensione dei bordi.
Per quanto riguarda la tecnica funzionale, i bordi del cucchiaio sono più corti rispetto a quello che è il
limite fisiologico, sicché è necessario apporre una massa termoplastica e, successivamente, far eseguire dei
movimenti funzionali al paziente per determinare la lunghezza del bordo della base protesica.

Nell’estensione del cucchiaio inferiore vanno considerate le seguenti zone anatomiche:


 La linea obliqua esterna nella regione laterale: qui s’inserisce il muscolo buccinatore. Mentre
l’estrazione di elementi dentali porta a un riassorbimento osseo, ciò non avviene a livello delle
inserzioni muscolari. A processo alveolare riassorbito palpando la regione laterale si riesce ad
apprezzare la convessità data dalla linea obliqua esterna, ove la protesi deve appoggiarsi, ma senza
coprirla completamente.
 Il trigono retro molare: deve essere coperto dal portaimpronte; deve essere inclusa nell’estensione
del portaimpronte, questo contribuirà al supporto della protesi in quanto è un’area non
riassorbibile.
 L’inserzione della porzione anteriore del massetere: posto tra il trigono retromolare e la linea
obliqua esterna, deve essere prevista da una concavità del portaimpronte. La mancanza di
quest’ansa determinerà una sovra estensione del margine nella regione, con conseguente
instabilità della protesi.
 La regione linguale: con uno specchietto appoggiato sulla punta della lingua, facciamo compiere a
quest’ultima un movimento verso la parte posteriore del pavimento orale. Contemporaneamente,
è possibile osservare se esiste un contatto tra il margine del portaimpronte individuale e la parte
anteriore del pavimento orale. Se vi è riassorbimento, talvolta si formano nella regione postero-
linguale alcune pieghe della mucosa, le quali vanno stirate con uno specchietto abbassando il
pavimento orale, in modo da far scendere il cucchiaio al di sotto dell’inserzione della linea
miloioidea per circa 3 mm. Solo in questo modo le duplicature possono adattarsi al di sotto della
protesi: in caso contrario, possono creare poi delle ulcerazioni della mucosa se rimangono
compresse al di sotto della ricostruzione protesica;
 Il vestibolo: nella regione anteriore la lunghezza del cucchiaio è stabilita attivando in modo non
eccessivo il labbro. In questa zona il limite del bordo si ottiene quando il labbro, leggermente
deflesso in avanti, forma un angolo retto rispetto al processo alveolare senza che la mucosa si
stacchi dal tavolato osseo.
 I frenuli: il portaimpronte deve presentare delle aperture con direzione anteroposteriore. Poiché i
frenuli durante la fonazione si muovono insieme ai muscoli delle guance, labbra e lingua, è
necessario conformare le aree periferiche del cucchiaio, in modo da consentire tali movimenti
senza compromettere il sigillo periferico. Per garantire una migliore stabilità protesica, frenuli
ipersviluppati o con un’inserzione crestale, possono essere rimossi chirurgicamente. A questo
stadio, utilizzando appositi materiali, si verifica l’estensione e l’aderenza alla mucosa del cucchiaio
individuale. Applicando sul margine del portaimpronte una pasta siliconica fluida, si controlla
l’estensione dei bordi.
o Se questi sono iperestesi, traspaiono, per cui vanno accorciati.
o Se sono ipoestesi si avverte un eccesso di materiale, non sostenuto, presente sul margine
del cucchiaio (figura 24). In questo caso, il bordo del portaimpronte va rettificato con resina
fotopolimerizzante, nel caso la mancanza fosse rilevante, oppure con masse di
composizione.

N.B. La riproduzione dell’area sublinguale è di estrema importanza per la stabilità della protesi: deve essere
eseguita mantenendo la lingua a riposo, modellando la pasta termoplastica e facendola ben aderire ai
tessuti sottostanti, con una compressione manuale tra cucchiaio e lingua.

N.B. Nel caso il cucchiaio individuale non presenti una chiara e ben precisa aderenza periferica, da
verificarsi sempre con paste siliconiche, si rimedierà con un’aggiunta di materiale termoplastico nell’area
specifica.

Al termine di questa sequenza di verifica e bordaggio, il cucchiaio dovrebbe rimanere “in situ” ed essere
stabile e ritentivo in queste condizioni:
Durante i normali movimenti funzionali della lingua e delle guance;
 Durante la fase di apertura della bocca: qualora il cucchiaio si sollevi, si devono riadattare l’area
periferica labiale, vestibolare o linguale quando è presente un movimento ampio del pavimento del
cavo orale;
 Esercitando sullo schermo labiale una forza diretta verso l’alto: in tal caso si dovrebbe apprezzare
una certa resistenza, da non confondere con il “succhiare” che potrebbe essere dato da
un’eccessiva estensione dei bordi;
 Esercitando sullo schermo labiale una forza in direzione bucco-linguale: il portaimpronte dovrebbe
opporre una certa resistenza, distaccandosi con uno “schiocco netto”.

L’adattamento del portaimpronte alla sottostante struttura ossea condiziona il volume del materiale da
impronte, quindi la compressione dei tessuti. La metodica da noi utilizzata prevede portaimpronte
individuali predisposti con uno spazio minimo per il materiale, questo al fine di ottenere impronte non
compressive.
Il materiale utilizzato è una pasta all’ossido di zinco ed eugenolo, che presenta alcuni svantaggi:
 Crea una sensazione di bruciore alle mucose.
 Non è utilizzabile in presenza di più di un sottosquadro.

Si rilevano comunque anche notevoli vantaggi:


 Una buona riproduzione dei dettagli.
 Non perde elasticità dopo l’indurimento.
 Può essere ribasato.
 Spessore molto ridotto (questo è uno dei più importanti requisiti).

Poiché il cucchiaio impedisce al materiale di comprimere la mucosa, è possibile rilevare l’impronta


mandibolare con un materiale che presenta un buon grado di viscosità. Con un pennello largo, si applica la
pasta sul portaimpronte in modo uniforme, con uno spessore di 1 o 2 mm. Durante la presa dell’impronta il
paziente è seduto ed in posizione eretta, non deve eseguire alcun movimento, ma tenere la mandibola in
posizione di riposo, e solo quando il materiale è parzialmente indurito l’odontoiatra può attivare i frenuli
laterali, con un movimento craniale e posteriore.
Se si rilevano aree di compressione, evidenziate dalla trasparenza della massa termoplastica, è necessario
asportare la porzione in eccesso ed eseguire una ribasatura utilizzando un materiale più fluido.

Delimitazione del margine funzionale: impronta mascellare


La tenuta della protesi totale superiore è determinata, principalmente, dall’estensione della superficie
della protesi, dal sigillo del margine protesico, dalla viscosità e dalla tensione superficiale della saliva. Per
quanto riguarda il fattore “saliva”, questa è un dato non modificabile; è possibile ottenere un’estensione
ottimale della protesi attraverso la modellatura del margine funzionale e un efficiente contatto marginale
per mezzo dell’adesione della mucosa all’osso da parte del margine della protesi. Quello che può costituire
un grande problema per il sigillo perimetrale è costituito dal margine dorsale, che deve essere
accuratamente chiuso.

La chiusura dorsale (sigillo posteriore) si basa sulla compressione del tessuto nella regione di passaggio tra
palato duro e molle, tramite il portaimpronte individuale e poi, in seguito, mediante il margine dorsale della
protesi. Le fovee palatine al centro della linea di connessione tra i tuberi mascellari costituiscono dei punti
di repere, per quanto riguarda l’estensione distale della base della protesi.

La corretta posizione del margine protesico e l’estensione della chiusura del margine posteriore sono
determinate dalla linea di vibrazione della tangente del tuber, la quale diviene visibile pronunciando la
lettera “A”. Mentre con volte palatine piatte si hanno zone di vibrazioni larghe e in posizione posteriore,
con volte palatine alte, è visibile la linea “A”, di solito posta molta anteriormente.
La metodica che si può utilizzare per determinare il sigillo posteriore è quella di segnare il margine dorsale
con una matita copiativa atossica, mentre il paziente pronuncia la lettera “A”.

Prima di procedere al rilevamento dell’impronta, è essenziale provare il cucchiaio nel cavo orale, al fine di
verificare l’estensione dei margini e l’adattamento alla mucosa.

Mantenendo il cucchiaio a contatto con il palato, si sposta esternamente il labbro: occorre che il margine
del portaimpronte individuale raggiunga il punto più profondo del vestibolo e se la fine di quest’ultimo non
è visibile, il cucchiaio è iperesteso. Viceversa, se la fine del vestibolo è visibile sopra il margine del
portaimpronte, la lunghezza è corretta. In corrispondenza dei frenuli deve presentare delle aperture, al fine
di consentire la mobilità delle guance; deve coprire il tuber retro molare comprimendo leggermente la plica
pterigo mandibolare ed essere sovraesteso di 5 mm, in modo da ottenere una migliore compressione del
palato. Il fine dell’impronta è quello di avere una base protesica che adatta nel modo migliore possibile la
mucosa al sottostante piano osseo, per fare ciò è importante controllare l’adattamento periferico del
cucchiaio e l’estensione dei bordi con cere specifiche o un silicone poco fluido e, conseguentemente,
eseguire un bordaggio mediante pasta termoplastica allo scopo di aumentare l’adattamento.
A questo stadio, il portaimpronte individuale dovrebbe essere stabile e ritentivo:
 Esercitando una trazione anteriore e laterale.
 Durante la fonazione.
 Durante la fase di apertura della bocca; qualora il cucchiaio perda di ritenzione, si deve riadattare
l’area periferica labiale e vestibolare.

Superiormente, è bene eseguire dei fori nella regione delle ghiandole palatine, e nella zona anteriore, al
fine di evitare la compressione delle mucose.
Per l’impronta superiore si utilizza materiale con un basso grado di viscosità: si applica la pasta sul
portaimpronte in modo uniforme, con un pennello largo e in uno spessore di 1 o 2 mm.
Anche a livello del mascellare, se vi sono aree di compressione, evidenziate dalla trasparenza della massa
termoplastica, è necessario asportare la porzione in eccesso ed eseguire una ribasatura utilizzando un
materiale più fluido.
Durante la presa dell’impronta, il paziente non deve eseguire alcun movimento e, solo quando il materiale
è parzialmente indurito, l’odontoiatra può attivare i frenuli laterali, con un movimento caudale e
posteriore.

REALIZZAZIONE DEI MODELLI MASTER (LABORATORIO)


N.B. Le impronte rilevate in ossido di zinco ed eugenolo necessitano di una colata in tempi brevi;
un’eccessiva attesa può disidratare il materiale e creare delle contrazioni: di conseguenza, se si rinvia il
passaggio in sala gesso, è consigliabile conservare il tutto in un box umidificatore.

Le sistematiche di modelli master sono principalmente divise tra:


 Sistemi magnetici tipo split-cast: forniti da diverse industrie del settore, coniugano l’inserimento
dell’impronta in un apposito contenitore con l’abbinamento a magneti collegati a tacche di
posizione per gestire l’accoppiamento piastre/gesso o gesso/gesso.
 Sistemi gesso/pomice a boxaggio individuale: le impronte vengono immerse in un impasto di gesso
alabastro e pomice al 50%, fino a 2 mm dal vertice del bordo rilevato.

Dopo rifinitura e isolamento dello stesso si esegue la colatura con inglobamento o meno di un magnete.

N.B: Viene consigliato l’utilizzo di un gesso extraduro, ma non a bassa espansione, perché la sua minima
espansione compensa l’inevitabile contrazione da polimerizzazione delle resine acriliche.
La miscelazione sottovuoto rende l’impasto compatto e i box di colatura non vengono capovolti, questo per
consentire che l’espansione di presa non incida sulla superficie mucosa del modello. A indurimento
completato, si cerca di non sottoporre i modelli al contatto con acqua o vapore, ciò al fine di non
comprometterne l’integrità di superficie o il crearsi di tensioni nella massa gessosa.

Sul modello master andremo ad eseguire dei solchi a livello della regione del sigillo posteriore con lo scopo
di creare uno spessore maggiore a livello della parte terminale della flangia, per fare in modo che eserciti
una compressione tissutale maggiore, garantendo così l’effetto suzione. I solchi verranno effettuati
mediante una fresa da laboratorio a pallina, montata su manipolo dritto.

DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI OCCLUSALI


1. Dimensione verticale
2. Piano occlusale
3. Visibilità dentale
4. Relazione centrica
5. Zona neutra
Dimensione verticale

Si distingue in Dimesione verticale di riposo (tono muscolare basale) e Dimensione verticale di occlusione
(minima attivazione muscolare che determina l’occlusione). La differenza tra le due prende il nome di “Free
way space” di 2-3 mm, in media.
Per registrare la DVR faremo pronunciare alpz la lettera “Emme” o la parola “Emma” perché al termine
della pronuncia di questo fonema il pz richiuderà la bocca alla DVR. Questo ci permetterà di registrarla
tramite un compasso dalla punta del naso al mento.

Dopo la registrazione della DVR, si chiede al pz di chiudere completamente e quello che otterremo darà la
DVO.

Altro test da fare è il “Closest speaking space test”, che consiste nel chiedere al pz di pronunciare suoni
sibilanti (parole contenenti la “S” o numeri come 60, 61 ecc), per comprendere se durante la loro pronuncia
I denti entrano a contatto:
 Se non toccano  possiamo aumentare ancora la DVO.
 Se toccano  la DVO è in eccesso.
 Situazione ideale  I denti si sfiorano durante la pronuncia, senza un vero e proprio contatto; le
labbra saranno leggermente aperte a riposo (con lieve esposizione dentale).

N.B: La DV ideale è la massima sopportata dal pz.

Piano Occlusale
È una superficie immaginaria che tocca il margine mesiale degli incisivi e la punta delle superfici occlusali
dei denti posteriori. È inclinato di 7°-10° rispetto al Piano di Francoforte, sul piano sagittale è parallelo
rispetto al Piano di Camper (ala del naso-trago) e sul piano frontale è parallelo al Piano bipupillare. Per
verificare tale parallelismo e registrarlo sul pz, adoperiamo il Piano di Fox.
Il piano occlusale determina la profondità antero-posteriore del sorriso.

Visibilità dentale
È determinata dal PO. Possiamo definire vari tipi di sorriso:
 Sorriso femminile: la visibilità dentale è considerata accettabile fino a 4 mm di gengiva esposta
(max)
 Sorriso Maschile: mostra in minima parte i denti superiori (solo il margine), mentre mostra
soprattutto i denti inferiori
 Sorriso spontaneo: determina un’esposizione maggiore della gengiva
 Sorriso sociale

Valutiamo la visibilità dentale facendo sorridere il paziente con i valli in cera in bocca, per vedere quanto
questi sono esposti.

Relazione centrica
È una posizione che dev’essere
1. Riproducibile
2. Costante (riproducibile in un lungo arco di tempo)
3. Fisiologica (che non dia fastidio al paziente)

La raggiungiamo con la manovra di Dawson, ottenendo la posizione più antero-superiore del condilo
all’interno della cavità glenoidea.
Zona neutra
I denti devono essere montati all’interno della zona neutra per garantire la stabilità della protesi. Dobbiamo
seguire la visibilità dei corridoi vestibolari:
1. Se i denti sono troppo vestibolarizzati avremo: tendenza a mordere le guance; eccessiva visibilità
dei denti.
2. Se sono troppo lingualizzati avremo: lingua in sofferenza (ridotto spazio vitale); lesioni sulla lingua;
accumulo di cibo vestibolarmente; eccessivi corridoi vestibolari.

Registrazione DVR e DVO sul paziente


Determiniamo la DVR (come descritto prima), quindi sottraiamo il freeway space per ottenere la DVO.
La distanza fra papilla incisive e margine incisale può essere misurata sulla vecchia protesi, se il pz richiede
la stessa visibilità dei denti anteriori sulla nuova protesi.
Tale distanza andrà poi riportata sul vallo superiore, che verrà limato di conseguenza.

Segniamo quindi sul volto del pz il piano di Camper con un pennarello, quindi poggiamo il piano di Fox sul
vallo superiore e verifichiamo che sia parallelo al piano di camper e al piano bipupillare. Posizioniamo
quindi il vallo superiore e con il compasso segniamo la DVO. Se la DV è corretta, ma alcune zone dei valli
superiori e inferiori non si toccano, andiamo a riscaldarli esternamente all’interno di una vasca con acqua a
65°, quindi li reinseriamo in bocca e chiediamo al pz di chiudere, in modo da farli livellare.

Fatto ciò scarichiamo circa 2mm di cera sulla parte occlusale posteriore del vallo inferiore e mettiamo la
cera Aluwax. Quindi creiamo delle scanalature sul vallo superiore, isoliamo i valli (per evitare che la cera
dei due valli si attacchi) facciamo occludere in modo che le scanalature si copino sulla cera aluwax del vallo
inferiore: avremo quindi l’ingranaggio fra le due arcate.

Linea mediana
Facendo riferimento alla linea mediana del viso, andiamo a riportarla a livello dei valli. Quindi facciamo
sorridere il paziente e sul vallo superiore segniamo il limite del labbro superiore, che ci indica di quanto il pz
scopre i denti quando sorride.
Sulla base di ciò, il montaggio dei denti dev’essere fatto in modo tale che il 3° cervicale sia coperto dal
labbro superiore, dato che la resina a vista sarebbe antiestetica. Per questo motivo si preferiscono denti di
forma quadrata (non quelli triangolari, che espongono maggiormente la papilla) e grandi.

Approccio biometrico per la scelta dei denti frontali


Si basa sulla media delle misure dei denti registrati sulla popolazione:
Uomo Donna
Incisivi centrali 8.59mm 8.06mm
Incisivi laterali 6.59mm 6.16mm
Canini 7.64mm 7.15mm

Secondo un rapporto ideale, in un dente dovremmo avere la larghezza (M-D) =80% dell’altezza.
Tale rapporto può essere raggiunto in due modi: data una determinate larghezza, possiamo allungare il
dente a livello cervicale oppure a livello incisale.

Come ausilio per la scelta dei denti, è inoltre sempre utile richiedere al pz una foto di quando ancora aveva
i denti, per cercare di ricreare quel sorriso basandoci sull’estetica.

Un altro modo per scegliere la morfologia dei denti può essere quello di basarsi su eventuali elementi
residui, che però non devono essere usurati. Oppure ancora, possiamo basarci sui denti dei figli, se il pz ci
riferisce che qualcuno di loro ha ereditato la stessa morfologia dentaria.
Riguardo invece al colore, abbiamo una scala fra cui scegliere che distingue 3 gruppi di colore: J (juvenile);
M (medium); S (senior).

Prova dei valli con i denti montati


Proviamo i valli con i denti anteriori montati sul pz ed andiamo a valutare la corrispondenza delle linee
mediane dentali.
A questo punto possiamo valutare i contatti occlusali: mettiamo sopra i denti del vallo inferiore una pasta
da impronta (Blu mousse), quindi chiediamo al pz di chiudere e mantenere la posizione fino a quando il
materiale non indurisce. Quindi lo rimuoviamo dalla bocca del pz e valutiamo i punti di contatto. Nel
contesto di questo strato di materiale, le zone dove questo è stato maggiormente rimosso indicano
eventuali precontatti che dovranno in seguito essere modificati.

Registrazione dei rapporti intermascellari


La valutazione della classe dentale del pz edentulo va fatta clinicamente, andando ad osservare i tessuti
molli, in particolare il rapporto fra papilla e fornice antagonista sul piano saggittale:
1. Classe I= la papilla incisiva superiore cade perpendicolarmente al fornice inferiore
2. Classe II= la papilla incisiva superiore cade vestibolarmente al fornice inferiore
3. Classe III= la papilla incisiva superiore cade sul centro o lingualmente alla cresta inferiore

Il successo longitudinale della riabilitazione dei mascellari edentuli con protesi totale dipede in larga misura
dal corretto ripristino della DVO e dall’esatta definizione dei rapporti intermascellari sul piano orizzontale.
Con la Perdita dei denti e le conseguenti modificazioni anatomo-funzionali dell’apparato stomatognatico, I
rapport spaziali tra mascellare sup e inf vengono mantenuti solamente dale strutture articolari e dalla
muscolatura masticatoria.

La seconda fase e la determinazione del margine degli incisive superiori, che dovrebbero essere visibili per
circa 1-2mm (considerando sempre l’età del pz).

Determinazione della DVO


DVO= distanza tra due punti di repere (spina nasale anteriore - gnation) sopra e sotto la rima labiale, con le
arcate in occlusione.
DVR= distanza tra due punti di repere sopra e sotto alla rima labiale quando i muscoli elevatori ed
abbassatori della mandibola si trovano in uno stato di equilibrio tonico, ma non completamente rilassati.

DVR-DVO=FWS (0.5-10mm) (estremità della gaussiana)

Metodi pre-estrazionali per la scelta della morfologia dei denti


In pz pre-edentuli con almeno una coppia di denti posteriori occludenti.

Metodi statistici
McGrane “distanza fra fornice superiore e inferior=40mm”
Landa “piano di francoforte equidistante alla tangent alla sommità del cranio e allo gnation”
Pleasure “DVR-DVO=2mm”.

Metodi statistici basati sull’estetica


McGee “distanza fra glabella e puto sotto nasale è equivalente alla distanza fra punto sotto nasale e
gnation”

Quando la DVO è errata determina lo schiocco dei denti antagonisti e ciò non dipende dal materiale con cui
i denti sono costruiti
Registrazione maxilla-mandibolare sul piano orizzontale
Manovra di Dawson: ad ore 12 si pongono i pollici sul mento, tutte le altre dita sotto il mento, seguono il
margine inferiore del corpo della mandibola.
Manovra di Ramfjord: pollice piegato e poggiato al mento, indice poggiato al corpo della mandibola e le
altre dita sotto il mento e la accompagnano in chiusura.
Manovra di Guichet:si impugna il mento fra pollice e indice e si accompagna la mandibola verso il
mascellare.

L’obiettivo di queste manovre e quello di registrare un nuovo rapporto orizzontale fra mascellare sup e inf
da riportare sui valli.

Prova fonetica ed estetica


S (canale della S): se la DVO è soddisfacente dal punto di vista estetico ma non dal punto di vista fonetico,
si agisce sul canale della S, modificando l’inclinazione dei denti artificiali o aumentando lo spessore della
placca palatina. Stabilisce se la dimensione vertical e corretta; il vallo inferior si psosta in Avanti e si
posiziona immediatamente al di sotto e dietro il margine incisale del vallo superiore fino a sfiorarlo. È utile
ache per stabilire se lo spazio tra la lingua, il palato e gli incisivi superiori è adeguato (spazio fonetico
minimo).
N.B. Se lo spazio fonetico minimo è piccolo il pz non riuscirà a parlare

Linee di riferimento sul vallo sup


Linea mediana
Linea della cuspide del canino
Linea del margine distale del canino
Linea del sorriso

Registrazione maxilla-mandibolare sul piano saggittale


Arco facciale di trasferimento
Permette di registrare la posizione del mascellari superiori (della placca e del vallo) rispetto al cranio e di
montare I modelli in articolatore. Ha dei punti cranici fissi: glabella; meato acustico esterno; vallo superiore
(tramite la forchetta, che serve a stabilire la posizione dello stess, tramite gesso I o pasta all’ossido di Zn ed
Eugenolo)
Una volta presi questi parametric bisognerà montare I denti sui valli.

Montaggio denti
Scegliamo la morfologia e la dimensione dei denti in base a dei parametri:
1. Distanza interzigomatica: alcuni autori hanno messo in relazione l’ampiezza dell’incisivo centrale
superiore col diametro bizigomatico, che esprime l’ampiezza massima del viso, con un rapporto di
1:16.
2. Distanza interpupillare: c’è una proporzione tra questa misura e la grandezza dell’incisivo
mascellare che esprime un rapporto di 1:7.
3. Distanza intrecommissurale: il rapporto tra la distanza tra le due commissure labiali e la distanza
tra i canini, misurata tra i due margini distali.
4. Distanza interalare: c’è una correlazione tra distanza tra le ali del naso e la distanza tra i canini
misurata da cuspide a cuspide. Con un dispositivo di misurazione chiamato Alametro è possibile
determinare la distanza interalare e riportarla sul vallo in cera, prima del montaggio dei denti.
5. Distanza intercantale: c’è un rapporto tra la distanza intercantale e le dimensioni dei sei denti
forntali superiori che corrisponde a 1:1,35.

Scelta della Forma dei denti:


La forma va scelta in base alla forma del viso; riconosciamo varie forme:
 Triangolare
 Quadrata
 Ovale

N.B: quando non è possibile acquisire le informazioni necessarie, si deve ricorrere all’applicazione di metodi
standardizzati.

Scelta del colore (vedi conservativa)

Classificazioni degli articolatori:


Classe 1: hanno solo il movimento apri e chiudi
Classe 2 “Articolatore a valori medi”: movimenti orizzontali e verticali, ma no simulano l’ATM; gli angoli
dell’eminenza e di Bennet sono fissi (40° e 15° rispettivamente).
Classe 3: articolatori semiregolabili; simulano I movimenti di aperture e chiusura, in avanti e indietro;
l’angolo dell’eminenza uò essere programmato da 0 a 60° e l’angolo di Bennet da 0° a 25°.
Classe 4 “Articolatori individuali”: comprendono la registrazione dell’asse cerniera; danno la possibilità di
regolare la distanza intercondilare individuale e le teste condilare sono modificabili.

Articolatori arcon: I condili sono nella parte inferior


Articolatori non arcon: I condili sono nella porzione superiore

Valutazione classe edentula


In base alla classe edentula effettueremo un montaggio piuttosto che un altro (in modo da garantire il
corretto funzionamento della protesi).

Scelta del colore dei tessuti molli


Serve a riprodurre correttamente il colore della gengiva.

Preparazione dei denti (Laboratorio).

Fasi del montaggio dei denti:


I primi ad essere posizionati sono i denti frontali superiori, il loro montaggio viene guidato dalle linee di
riferimento presenti sul vallo in cera e dai valori suggeriti dalla definizione della Classe edentula. In base
all’inclinazione dei denti, avremo una maggiore presenza di papilla tra denti e ciò viene stabilito in base
all’età del pz.

Rifinitura della modellazione in cera


 Scudo frontale
 Papille interdentali
 Colletti

La modellazione del corpo protesico influenza notevolmente il risultato estetico soprattutto per quanto
riferibile al disegno del contorno gengivale varia in rapport al tipo di pz (ad esempio in pz giovani, le papille
sono ben presenti, mentre in soggetti anziani si possono creare delle retrazioni parodontali).

Prova Intermedia
 Verificare l’esattezza delle registrazioni maxillo-mandibolari
 Rettificare eventuali errori riguardanti l’estetica o i rapporti occlusali
 Verificare il rapporto statico di occlusione

Si eseguono infine i controlli fonetici per verificare il corretto posizionamento dei denti frontali artificiali

Montaggio denti artificiali posteriori


Il montaggio dei denti deve essere multilocalmente ed indipendentemente stabile.
 Multilocalmente: ogni singolo dente, sottoposto a carico, deve essere stabile.
 Indipendentemente: dal bilanciamento (perché interviene solo in una piccolissima fase del ciclo
masticatorio e cioè in prossimità del contatto) e dai fattori e biologici di ritenzione (che vengono
persi con il tempo).

4 Regole:
1. Scelta dimensionale del dente: deve essere adeguata alla cresta alveolare, in pratica bisogna fare
in modo che il carico non sia destabilizzante. Eventualmente se a livello del 6 la cresta è sottile, si
può montare il 7 (che è più piccolo) al suo posto.
2. Compensazione dei piani inclinati: bisogna considerare che la superficie che intercetta il cibo non è
solo la fossa, ma anche tutto il resto del tavolo occlusale; questo è composto da più piani inclinati e
bisogna fare in modo che abbiano una risultante che si distribuisca secondo un asse favorevole
(eventualmente è possibile modificare i denti artificiali). Infatti la compensazione dei piani inclinati
è data dalle cuspidi, per cui quella che andiamo a ricercare è una stabilità in dinamica. Sarà
fondamentale che il cibo impatti a livello del piano occlusale con una forza direzionata
perpendicolarmente e verticalmente sulla superficie di supporto. Essendo il riassorbimento
asimmetrico, non si possono sempre montare i denti in cresta (infatti, in alcuni casi non si può fare
perché avremo dei denti che non si incontreranno, che invadono lo spazio fonetico con un pz che
non parla e con conseguente destabilizzazione della protesi).
3. Distribuzione delle forze occlusali perpendicolarmente al supporto osseo (non alla cresta):
bisogna collocare i denti in relazione alla cresta alveolare. È possibile variare i piani inclinati in
modo che la sommatoria dei carichi occlusali trasmessi dal cibo vengano distribuiti
perpendicolarmente alla cresta ossea. È chiaro però che non si possono montare i denti troppo
lingualmente (o palatalmente) sia perché si va al di fuori della zona neutra e anche perché si toglie
spazio alla lingua ed il pz se la morde.
4. Compensazione dell’incongruenza tra le creste: queste hanno un riassorbimento differenziato tra
superiore ed inferiore, quindi non sempre si ha un rapporto intercrestale favorevole (soprattutto
per i pz edentuli da molto tempo). Quando facciamo lo studio dei modelli tracciamo le line sulle
creste e le prolunghiamo superiormente (a livello del tuber) e inferiormente (a livello del trigono) e
si continuano perpendicolarmente sullo zoccolo del modello (con il colore rosso). Le linee rosse ci
mostrano l’incongruenza tra creste superiore ed inferior (in modo da aiutare il tecnico a regolare il
montaggio).
Scelta denti artificiali posteriori
In genere la dimensione dei denti posteriori viene dedotta dale tabelle di combinazione che sono allegate
alle diverse dimensioni dei denti anteriori. La scelta è influenzata da:
1. Classe edentula
2. Stato delle creste

In base a questi criteri possiamo classificare i denti posteriori in:


 Denti anatomici
 Denti non anatomici
 Denti semianatomici

Classificazione dei denti artificiali posteriori

 Denti non anatomici (scarsa o nulla rilevanza delle sommità delle cuspidi – angolo cuspidale=0°)
 Denti semi-anatomici (media rilevanza delle sommità delle cuspidi – angolo cuspidale =20°)
 Denti anatomici (cuspidi ben evidenti – angolo cuspidale=30°)

(Angolo cuspidale: viene definito dalla sommità della cuspide M-V del sesto inferior rispetto al piano
orizzontale)

Tipologia delle creste


1. Normali
2. Riassorbite
3. Fluttuanti

Rapporto reciproco fra le creste


1. Parallele
2. Convergenti
3. Divergenti

Creste molto sottili o fluttuanti non permettono di utilizzare denti molto anatomici; I denti artificiali
devono essere in PMMA.
Creste ben sostenute possono essere protesizzate con denti con caratteristiche anatomiche pronunciate.
Questo tipo di dente conferisce un ottimo supporto al carico occlusale sia nella static che nella dinamica. Il
materiale può anche essere ceramica.
Quindi:
 Creste ben rappresentate, rapporti maxillo-mandibolari ben definiti, classe edentula I, II 1°
divisione: usiamo denti anatomici in ceramica.
 Creste fluttuanti, rapporti maxillo-mandibolari di difficile interpretazione, classe edentula II 2°
divisione, III: usiamo denti semi-anatomici in PMMA
 I denti non anatomici non vengono usati

Linee guida per il montaggio dei denti

Classe I
 Piano di occlusione: inclinato
 Overbite: 2mm
 Overjet: 2mm
 Dimensioni dei denti anteriori inferiori: larghezza media
 Tipo di denti artificiali posteriori: mediamente cuspidati
 Curve di Von Spee e Wilson: mediamente accentuate
 Angolo dell’eminenza: compreso tra 20° e 40°
 Angolo di bennet: 15°
 Occlusione statica e dinamica: occlusione bilanciata bilaterale
 Modellazione superficie lucida (parte di protesi che rappresenta i tessuti molli): non troppo
accentuata

Classe II 1° divisione
 Piano di occlusione: molto inclinato
 Overbite: 3-4mm
 Overjet: 3-4mm
 Dimensioni denti anteriori inferiori: denti stretti
 Tipo di denti artificiali posteriori: cuspidi molto alte e fosse profonde
 Curve di Spee e Wilson: molto accentuate
 Angolo dell’eminenza: compresa tra 40° e 60°
 Angolo di Bennet: 15°
 Occlusione statica e dinamica: occlusione bilanciata bilaterale
 Modellazione superficie lucida: accentuata

Classe II 2° divisione
 Piano di occlusione: molto inclinato
 Overbite: 3-4mm
 Overjet: quasi assente
 Dimensioni denti anteriori inferiori: denti stretti
 Tipo di denti artificiali posteriori: cuspidi molto alte e fosse profonde
 Curve di Spee e Wilson: molto accentuate
 Angolo dell’eminenza: compresa tra 40° e 60°
 Angolo di Bennet: 15°
 Occlusione statica e dinamica: occlusione mutualmente protetta bilaterale
 Modellazione superficie lucida: accentuata

Classe III
 Piano di occlusione: piatto
 Overbite: 0mm
 Overjet: 0mm
 Dimensioni dei denti anteriori inferiori: denti larghi
 Tipi di denti artificiali posteriori: cuspidi basse, fosse poco profonde
 Curve di Spee e Wilson: poco accentuate
 Angolo dell’eminenza: compreso tra 0° e 20°
 Angolo di Bennet: 15°
 Occlusione statica e dinamica: occlusione bilanciata unilaterale
 Modellazione superficie lucida: poco accentuata

Scelta dimensionale del dente: deve essere adeguata alla cresta alveolare, in pratica bisogna fare in modo
che il carico anche se vertical non sia destabilizzante. Eventualmente se a livello del 6° la cresta è sottile, si
può montare il 7° (che è più piccolo) al suo posto.
Compensazione dei piani inclinati: bisogna considerare che la superficie che intercetta il cibo non è solo la
fossa, ma anche tutto il resto del tavolato occlusale; questo è compost da più piani inclinati e bisogna fare
in modo che abbiano una risultante che si distribuisca secondo un asse favorevole (eventualmente è
possibile modificare I denti artificiali).
Distribuzione delle forze occlusali perpendicolarmente al support osseo: bisogna collocare i denti in
relazione ala cresta alveolare. È possibile variare i piani inclinati in modo che la sommatoria dei carichi
occlusali trasmessi dal cibo vengano distribuiti perpendivolarmente alla cresta ossea.
Compensazione dell’incongruenza tra le creste: queste hanno un riassorbimento differenziato tra
superiore ed inferiore, quindi non sempre si ha un rapport intercrestale favorevole (soprattutto per I
pazienti edentuli da molto tempo).

Rispetto della zona neutra


Se mettiamo I denti troppo lingualmente I pz si mordono la lingua e soprattutto togliamo spazio al corpo
linguale così che I pz non riescono funzionalmente a masticare.
Inoltre può anche succedere che la lingua, costretta al di sotto del corpo protesico, lo ancori e destabilizzi la
protesi.
Il fatto che I denti siano troppo linguali può anche determinare un sovraspazio sul lato vestibolare con
conseguente ristagno di cibo.

Il montaggio dei denti posteriori inizia con quelli inferiori.


Dopo aver posizionato il secondo premolare, si monta il prima molare (Il secondo molare si monta solo se
c’è lo spazio prima dell’inizio del trigono retromolare) cercando di rispettare l’area di Pound (definita dalla
linea che va dal margine mesiale del canino inferior alla parte interna del trigono retromolare), in modo che
non si creino ostacoli né al movimento della lingua né all’azione del muscolo buccinatore. Quindi vengono
posizionati i denti posteriori superiori cominciando con il primo molare in massima intercuspidazione.
Infine nello spazio residuo si posiziona il secondo molare.

Modellazione della superficie lucida


consente una migliore stabilizzazione delle protesi in armonia con la funzione dei muscoli che con esse
prendono rapporto. Le zone che costituiscono questa superficie lucida sono: scudo laterale frontale; scudo
frontale inferiore; flangia laterale superiore; flangia laterale inferiore.

Prova clinica del montaggio in cera


1. Verifica della dimensione vertical di occlusione
2. Controllo dell’occlusione statica
3. Controllo dei movimenti eccentrici
4. Controllo dell’estetica e della fonetica

Polimerizzazione dei corpi protesici (odontotecnico)


1. Messa in muffola della protesi
2. Immissione e compressione della resina (zeppatura)
3. Polimerizzazione della resina
4. Rifinitura della protesi

Resine per basi protesiche


Composte da un monomero (liquid) ed un polimero (polvere); in commercio troviamo:
 Resine termopolimerizzabili (a zeppatura; a iniezione)
 Resine autopolimerizzabili
 Resine fotopolimerizzabili (vengono attivate dalla luce e non contengono monomero)

1. Messa in muffola
Il modello secondario con la protesi viene posizionato all’interno dello stampo con del gesso di III
classe. Si passa sulla protesi e sul gesso dell’isolante gesso-gesso, quindi viene colato gesso di II
classe sul controstampo e si posiziona sullo stampo sullo stampo a chiudere la muffola. Si mette la
muffola sotto pressione fino al completo indurimento del gesso, poi si immerge la muffola in acqua
calda a 100° per 10 minuti.
2. Zeppatura della resina
Si passa l’isolante dappertutto tranne che sui denti artificiali, si miscela la resina (dopo la
miscelazione, separando l’impasto con le mani esso non si deve sfilacciare ma deve separarsi
nettamente) quindi si mette un foglio di polietilene sullo stampo (dove c’è il modello secondario). Si
mette la resina sul controstampo (dove ci sono i denti). Si chiude la muffola e si mette sotto
pressione, per ottenere la fuoriuscita della resina in eccesso.

3. Polimerizzazione della resina


La muffola viene riaperta e vengono eliminati gli eccessi di resina. Si richiudono stampo e
controstampo sotto la pressione della staffa e il tutto viene posto in una pentola con acqua, e si
procede alla polimerizzazione a caldo secondo le istruzioni del fabbricante. Dopo il completo
raffreddamento, si apre la muffola e si eliminano i residui di gesso dagli spazi interdentali della
protesi. Si eseguono i controlli occlusali in articolatore ed infine si lucidano le superfici lucide della
protesi con spazzolini, gomme e paste ad abrasività decrescente.
Si richiudono stampo e controstampo sotto la pressione della staffa e il tutto viene posto in una
pentola con acqua, e si procede alla polimerizzazione a caldo secondo le istruzioni del fabbricante.
*Parlando di resine termopolimerizzabili, dopo la zeppatura o l’iniezione della resina nello stampo:
 Le muffole vengono immerse 7h in acqua a 100° -> quindi in acqua fredda che viene portata
ad ebollizione per 1h e poi raffreddate -> quindi in acqua fredda a 74° per 3h -> poi a 100°
per 30min, infine raffreddate.

Le resine autopolimerizzabili vengono invece messe sotto pressione a temperature ambiente da


2,5h a tutta la notte (in base alle istruzioni del produttore).

4. Rifinitura della protesi


Dopo il completo raffreddamento, si apre la muffola e si eliminano i residui di gesso dagli spazi
interdentali della protesi. Quindi si mette la protesi in articolatore e si controlla che non siano
avvenuti rialzi occlusali.
A questo punto si controllano i movimenti eccentrici: lateralità dx e sx

Occlusione bilanciata bilaterale


Nel caso si voglia realizzare l’occlusione bilanciata bilaterale dobbiamo avere:
1. In max intercuspidazione, il contatto uniforme di tutti i denti posteriori e contatto anche fra i denti
anteriori.
2. In laterotrusione, il contatto uniforme tra le cuspidi vestibolari superiori e quelle vestibolari
inferiori.
3. In mediotrusione, contatto tra le cuspidi linguali dei denti superiori e cuspidi vestibolari dei denti
inferiori.
4. In protrusione, contatto simultaneo sia tra i margini incisali dei denti anteriori, sia tra le cuspidi dei
denti posteriori.

L’occlusione bilanciata bilaterale non esiste in natura, infatti i contatti del lato non lavorante sono da
considerare interferenze e vanno assolutamente evitati. Trova applicazione soltanto in protesi totale per
stabilizzare la protesi durante i movimenti eccentrici; a causa delle difficoltà tecniche, dal bilanciate è
sufficiente un contatto singolo tra un molare superiore e uno inferiore.
-
Consegna delle protesi
Una volta provate in bocca al paziente controlliamo: occlusione statica; contatti in lateralità. A questo
punto possiamo fornire al pz le istruzioni per:
1. Igiene domiciliare della protesi
 Sapone neutro
 Spazzolino doppio specifico per protesi
 Compresse effervescenti una volta alla settimana
 Soluzione di amuchina 1-2 volte alla settimana
2. Igiene domiciliare delle mucose
 Garze imbevute di collutorio
 Spazzolini morbidi

3. Consigli alimentari
 Dieta semiliquida i primi giorni
 Alimentazione normale dopo 8-10 giorni
4. Altri consigli utili possono essere
 Rimuovere le protesi durante la notte
 Non tenere le protesi immerse in acqua, ne lasciate a secco. Bisogna riporle nel contenitore
apposito, avvolte in una salvietta umida.
 Preferibilmente non usare paste adesive
 Sottoporsi a visite di controllo periodiche, per ribasare le protesi, se necessario
 Non eseguire ritocchi sulla protesi in maniera autonoma

N.B. Se il paziente dovesse tornare con una lesione da decubito data dalla protesi, la prima cosa da
controllare, ed eventualmente corregere, sono eventuali contatti occlusali precoci, che possono
determinare pressione nella zona di protesi al di sotto del dente interessato. In secondo luogo, possiamo
controllare se il difetto è presente nelle superfici lucide della protesi (flange etc.), tramite l’uso di un
condizionatore tissutale (F.I.T.T.). In tal caso, eventuali zone di pressione saranno evidenziate dalla
rimozione del materiale nella zona interessata, dopo che il pz ha provato la protesi con il condizionatore
tissutale applicato.

Potrebbero piacerti anche