che, quando Geràrd Genette si affidò a Roland Barthes per inaugurare la sua Poetique,
ciò che ricevette fu un testo dal titolo “come si comincia?”, in relazione al come porsi
dinanzi al problema della significazione. Era il 1970, circa. Tre anni dopo, Barthes
trattazione: temi e tesi, dunque, che l’autore coltivava in seno sin dall’Impero dei segni3,
una delle sue opere più note, scritta in seguito al suo primo viaggio in Giappone, ed, in
cui, confluisce per la prima volta l’idea di scrittura come Satori, una pratica Zen che
indica una sorta di tilt logico intimo; una scrittura, dunque, che rappresenta un
momento sacrale.
come una serie di riflessioni pratiche sul medium testo e sulla ricezione (negli stessi anni,
peraltro, in cui venivano pubblicati gli scritti riguardo l’estetica della ricezione di
1 Gianfranco Marrone, Sul racconto - una conversazione inedita con Paolo Fabbri, 2019
2Le Plaisir du texte, Éd. du Seuil, Paris 197
3L'Empire des signes, Skira, Genève 1970
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Jauss4), e lo fa attraverso un processo - per certi versi ecfrastico ed autobiografico - che
mostra quanto l’autore si ponga con sfrontata forza nei confronti di una critica la cui
insofferenza - che, però, lui stesso nega essere acuta come quella della giovinezza, e di
Mythologies, 1957 - nei confronti di una Francia in cui almeno metà della popolazione si
Così scrive Barthes nel piacere, sfruttando in maniera irriverente una formulazione
del Lukàcs di Armonia e forme5 (che, però, invero, parlava di forme infinite, piuttosto che
testi), per tracciare un manifesto programmatico del suo pensiero, non più legato al
piuttosto, attento al testo in quanto tale, percepito come entità complessa, non
risultante dall’addizione matematica di sema, ne’ come precisa restituzione del discorso
orale. Dalla Jouissance, fino alla morte dell’autore, le tesi di Barthes hanno rappresentato
per la critica un documento di primaria importanza: non è un caso che il suo Sur
4Literaturgeschichte
als Provokation der Literaturwissenschaft, 1967, trad. it. Perché la storia della
letteratura?, 1969; Ästhetische Erfahrung und literarische Hermeneutik, 1977-82, trad. it. 1987-89
5Gyorgy Lukàcs, Die Seele und die Formen, Berlino 1910 (L’anima e le forme, Milano 1963)
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Racine6, nel 1963, venga visto come una delle “punte di diamante” dell’avanguardista
nouvelle critique.
Il mio elaborato, dunque, verterà sull’analisi delle tesi contenute nella già citata
opera Barthesiana, il piacere del testo: cercherò di affrontare la tematica del rapporto tra
teorie letterarie altre o post-strutturaliste, come la semiotica di Umberto Eco, per poi
Seppur interessato con zelo a vari campi, prima di tutto, Roland Barthes è un
semiologo, piuttosto che un filosofo. La sua figura, per quanto scevra dalla possibilità
effettivamente, quasi nessun autore negli anni ’60 si riconoscesse come “parte dello
8Coursde linguistique générale, a cura di Charles Bally e Albert Sechehaye , con la collaborazione di Albert
Riedlinger, Losanna-Parigi, Payot, 1916
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pubblicata nel 1916, ed in cui la teoria della struttura assumeva una prima forma
Tuttavia, Barthes, che pur contribuisce allo sviluppo dello strutturalismo, compie un
passo in avanti, definitivo, che è sì presente nelle idee di altri suoi contemporanei,
come Levi-Strauss con la sua antropologia, ma che in RB (come lui amava firmarsi)
assume il ruolo di topic della ricerca: l’autore, per Barthes, è morto. Dal momento in
cui l’autore si stacca dal suo prodotto, il testo diventa il ruolo d’analisi privilegiato, in
quanto produttore esso stesso di segni. Allo stesso modo, la critica letteraria, che pure
rappresenta uno dei temi preferiti dall’autore, è una scienza che si serve di altre
scienze, quali, ad esempio, la psicanalisi (con un eco che, nei lavori post-strutturalisti di
Julia Kristeva, sarà ampiamente visibile ed assumerà un ruolo privilegiato nella sua
semanalisi) o la sociologia. Barthes arriverà, nel piacere del testo, infine, ad unificare la
critica con la scrittura stessa: “Così è per me” è il neologismo chiave, che introduce,
dunque, quel concetto di critica come voyeurismo. La coerenza di suddette tesi rispetto
data, è trascendentale, ed è ancor più calzante nell’esegesi del tema portante del saggio
Barthesiano.
Il piacere del testo, dunque, viene introdotto attraverso una citazione di alto spessore:
“la sola passione della mia vita è stata la paura.” - Thomas Hobbes
Il termine paura, nella citazione, non è casuale: esso è, altresì, prossimo ed identificabile
con la Jouissance, termine assoluto, tradotto da Lidia Lonzi in prima battuta come
godimento, e che Carlo Ossola, nell’introduzione alla sua traduzione del testo per
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È sicuramente lo studio più celebre di Barthes, quello che riguarda la differenza tra
piacere e jouissance: se da un lato il testo di piacere è quello che appaga chi ne fruisce con
pratico che porta alla distruzione nella fruizione. In questo contesto, ciò che emerge
rapporto che intercorre tra autore e lettore, come già anticipato: “non c’è dietro al testo
qualcuno di attivo o qualcuno di passivo”, scrive, ma anzi il testo stesso desidera il lettore ed
Una parola chiave, feticcio, che testimonia quella inutilità del testo di cui Barthes parla,
e che ancora oggi troviamo negli studi di autori quali Massimo Fusillo 9, ed in cui si
incanala quel trionfo della significanza intesa come senso in quanto prodotto
sensualmente, a cui, nel piacere del testo, vengono dedicate le ultime battute. Il feticcio,
dice ancora Fusillo in riferimento, però, all’oggetto e non al medium testo, è la svolta
dunque, il fatto che Barthes, in vita, si fosse dedicato anche allo studio del mezzo, con,
ad esempio, l’ennesimo dei suoi più celebri saggi critici, ovvero La camera chiara10, il cui
9 Feticci. Letteratura, cinema, arti visive; Il Mulino, Bologna 2012; pp. 61-68
10La Chambre claire: Note sur la photographie, Cahier du cinéma/Gallimard/Éd. du Seuil, Paris 1980.
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In un procedimento quasi sillogistico, se il testo è un feticcio, che nella società
critica e non, assume valore di tipo scientifico, allora, l’autore in quanto istituzione, è
messa in discussione dell’autorità di chi scrive, dalla definizione di esso come un Pensa-
frasi (cfr. Barthes, p.113), ovvero qualcuno che, nell’economia di un’attività ideologica
Chomsky - per il quale, però, la frase è di diritto infinita in campo linguistico - e poi
Kristeva, non è un creatore di sginificato, bensì qualcuno che unisce i segni preesistenti;
prospettiva viene assunto quale reminiscenza anche nel giudizio di Barthes sul
cinema11, in cui si parla dei pilastri su cui si fonda la macchina filmica, strumento che
fagocita la storia ma allo stesso tempo dipende da essa, per analizzarla con le parole di
Virginia Woolf 12 divenendo uno strumento atemporale che nasce già vestito: il semiologo
teorizza un sense obtus, che esula da immagine e simbolo e si riferisce all’atto fondatore
della cinematografia, ovvero il rapporto emozionale che passa tra immagine e chi ne
fruisce. Con dovuta lungimiranza, credo che negli anni ’80 Barthes, con date
riflessioni, avesse colto un punto focale di una discussione che ancora oggi non risulta
11Letroisième sens: notes de recherches sur quelques photogrammes de S.M. Eisenstein (in "Cahiers du
cinéma", 1970, 222, poi in L'obvie et l'obtus, 1982; trad. it. 1985, pp. 42-61)
12 Virgina Woolf, The Cinema - Il Cinema (pubblicato per la prima volta in Arts, giugno 1926)
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privarsi del piacere del testo, separata com’è da una tendenza della piattezza e da una
del rigore, che sia esso politico o scientifico (e già il problema era comunemente sentito
molto prima di Barthes; in Italia, a cavallo tra ‘800 e ‘900, il De Amiciis autore di
Cuore lamentava la “mancanza di una classe media”). L’artista, che è tale in quanto
produttore d’arte, di fronte a questa frigidità, vede la sua arte compromessa e si sforza
stessa è paradosso, che va contro la doxa, binarismo chiave che nel testo rivela, invece, un
processo semantico più che dialettico (se Bataille, infatti, dice Barthes, per processo
materialismo della libertà sessuale, egli, invece, ne troverebbe una terza via…nel riso.).
per la filosofia del XX secolo, Adorno13, che in uno dei suoi saggi sul racconto rileva
Questa tendenza di un Barthes post-strutturalista, che nasce, piuttosto che sulle ceneri
dell’autore, sulla nascita del lettore, non è un caso isolato: in Figures III (p. 307), di
In Genette, quanto mai legato al testo ed, anzi, al paratesto, sulla base di un’analisi della
dell’autore viene taciuta ma, in qualche modo, sottesa. Leggiamo nelle righe presenti
13 Theodor W. Adorno, Note per la letteratura, a cura di Sergio Givone, Einaudi, 2012
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di una figura nuova, il narratario, che, extra o intradiegetico è parte della narrazione
stessa e dialoga col narratore col fine del senso; una figura, insomma, che risente del
offrire all’ermaneutica testuale un ruolo privilegiato. Non è un caso che uno studioso
del calibro di Umberto Eco, animato dal suo famoso spirito sovranazionale, arrivi nel
1979 ad una soluzione affine a quella dei due strutturalisti citati, in Lector in fabula14,
definendo il testo come una macchina pigra, che solo in parte ha senso date le strutture
definite dall’emittente, ma, anzi, proprio grazie al lettore smette di essere muto.
Ancora, nel testo di Eco, è presente una tesi ulteriore, basata sull’analisi di scritti di
Edgar Allan Poe, che vede la presenza di funzioni (con un richiamo fortemente legato
alle innovazioni sulle funzioni narrative introdotte da Propp nella sua anamnesi delle
folktales) e strategie discorsive al cui interno è insito un processo di vero e falso, verità e
1984, le bruissement de la langue15, di cui il paragrafo dal titolo La morte dell’autore, grazie
precedenti che riguardano questa società dei segni, primo fra tutti Mythologies16, in cui
l’analisi del pop viene a scontrarsi con un significante che nella società moderna è
14Umberto Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani ("Studi Bompiani" n. 22), 1979
15 Roland Barthes, Essais critique IV, le bruissement de la langue; Ed. du Seuil, Paris, 1984
16Roland Barthes, Mythologies, Éd. du Seuil, Paris 1970.
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capace di agire sul significato stesso, attraverso l’ideologia, che restituisce alla società
mitologia. Mythologies, con le sue riflessioni sulla società, presenti anche nel piacere, in
cui la spaccatura tra Destra e Sinistra viene analizzata quasi con ironia, traccia il
contorno del pensiero di un autore che, per tutta la vita, non è stato interessato
pragmatico, come la società ed i nuovi media: lo stesso piacere del testo, infatti,
sembra sfruttare le tesi iniziali soltanto per calarle, in seconda battuta, in una critica
verso la frigidità della società, e sulla distruzione di un’arte di cui solo quell’actio della
III. Conclusioni
Seppur possa sembrare marcata da un ombra di finalismo, date la premessa per cui,
nella scrittura e nella figura dell’autore, una verità oggettiva non esiste, la teoria di
resto, la potenza icastica di un’asserzione del genere assume ancora più valore: negli
ultimi anni, in particolare, con lo sviluppo dei nuovi media e la progressione continua
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dei cultural studies l’autore non può che morire costantemente, nella ricerca di nuove
non, per forza, nazionali, con gli inserimenti all’interno di essi di autori - ed opere, in
particolare - che vengono riletti nelle loro nuove chiavi (il dante queer ne è un esempio
pensiero delle grandi guerre già combattute nel ‘900. Tuttavia, le guerre che oggi in
ideologico ed ancor di più possono smuovere le fondamenta della società. Negli ultimi
dunque, alle ideologie contrapposte di gruppi e minoranze che lottano per affermare
la propria rilevanza: sono battaglie per il padre politico. È il soggetto storico17 il fruitore del
questo senso, come già accennato in precedenza, grazie alla connessione costante che
permea il nuovo mondo, l’autore è una istituzione che pian piano sta cessando di
esistere, in favore del testo. Se prendessimo in esame, così come fa Barthes con De
17Barthes nelle battute finali del testo asserisce proprio che chi legge non può sentirsi individuo in quanto tale,
bensì un soggetto storico inquadrato in un preciso contesto.
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sua jouissance supera e varca il carattere delusivo della letteratura, combatte contro lo
stereotipo prodotto dalla cultura medio-borghese, arriva a godere dello sfiguramento della
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