Rome. Antiquité
Riassunto
Piero Alfredo Gianfrotta, Commerci e pirateria: prime testimonianze archologiche sottomarine, p. 227-242.
Un cranio umano con ancora indosso un elmo di bronzo rinvenuto sul relitto della nave di Spargi (Sardegna nord-occidentale),
le confuse circostanze del naufragio e altri particolari sembrano proprio indicare che l'affondamento si sia verificato in seguito ad
un combattimento.
Si riscontra poi la presenza di armi a bordo di numerosi altri relitti di navi mercantili e la si ricollega alla esigenza di disporre di
uomini armati per scopi difensivi; la maggior parte di essi risale all'età tardo-repubblicana, in un periodo quindi di grandissimo
sviluppo della pirateria. Insieme alle numerose altre possibilità, si suggerisce infine di tenere presente nel valutare le motivazioni
dei naufragi anche il condizionante ruolo rivestito dalla pirateria per il commercio marittimo antico.
Gianfrotta Piero. Commerci e pirateria : prime testimonianze archeologiche sottomarine. In: Mélanges de l'Ecole française de
Rome. Antiquité, tome 93, n°1. 1981. pp. 227-242;
doi : https://doi.org/10.3406/mefr.1981.1275
https://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5102_1981_num_93_1_1275
COMMERCI E PIRATERIA :
PRIME TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE
SOTTOMARINE
Come già per lo sprovveduto ciclope alle prese con gli ignoti visitatori,
non è semplice distinguere dalle apparenze i veri moventi degli uomini, ma le
difficoltà divengono insormontabili quando, non conservandosi più nemmeno
l'aspetto fisico, il giudizio debba basarsi sull'anonimato, spesso impenetrabile,
di eventuali testimonianze materiali.
Si può perciò comprendere come la documentazione archeologica di uno
dei più rilevanti fenomeni della navigazione antica, quello della pirateria,
risulti necessariamente assai labile malgrado non manchino i riferimenti nelle
fonti letterarie e epigrafiche2.
1 Trad, di R Calzecchi Onesti, Torino 1963. Stessa domanda in Od., Ili, 71-74 e in H.
Ap. 452-455 (cfr. ora l'edizione di F.Cassola, Verona 1975); ved. anche A. Mele, //
commercio greco arcaico : prexis ed emporte (Cahiers du Centre J. Bérard, IV), Napoli
1979, in partie, p. 44 e 59.
2 Ringrazio P. Castrén, D. Musti, P. Pomey, F. Zevi, dai quali ho ricevuto informazioni
e consigli preziosi per la stesura di questa nota.
Sulla pirateria, oltre alle opere d'insieme di J. M. Sestier, La piraterie dans l'Antiquité,
Parigi 1880, di H. A. Ormerod, Piracy in the ancient World: an Essay on Mediterranean
History, Liverpool 1924 (repr. 1978) e di E. Ziebarth, Beiträge zur Geschichte des Seeraubs
und Seehändeis in altem Griechenland, Amburgo 1929, ved. i numerosi studi di E. Maróti :
La pirateria nei dintorni della Sicilia ai tempi del propretore Verre (in russo), in AAntHung,
4,-1956, p. 197 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei unter den Anhängern des Sextus Pompeius, in
Studia Antiqua, VI, 1959, p.213 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei zur Zeit der römischen
Bürgerkriege, in Altertum, VII, 1961, p. 32 sgg.; Diodotos Tryphon et la piraterie, in
AAntHung X, 1962, p. 187 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei zur Zeit der Mithridatischen
Krieges, in Ricerche storiche ed economiche in memoria di C. Barbagallo (1968), Napoli
1970, p. 481 sgg.; Der Sklavenmarkt auf Delos und die Piraterie, in Helikon, 9-10, 1969-70,
p. 24 sgg.; e di Μ. Κ. Trofimova, Sulla storia della pirateria ellenistica (in russo), in VDI,
1963, 4, p. 53 sgg.; La pirateria nel Mediterraneo orientale nel III sec. a. C. (in russo), in
K. K. Zelin-M. K. Trofimova, Forme di dipendenza nel Mediterraneo orientale in età
ellenistica, Mosca 1969, p. 188 sgg. Questioni linguistiche hanno, con rincrescimento, impedito
la lettura di alcuni di questi lavori (ved., a tale proposito, le osservazioni di M. Mazza
all'inizio della prefazione alla trad. it. del libro della Staerman e della Trofimova, La
schiavitù nell'Italia imperiale, Roma 1975). Ulteriore bibliografia nell'articolo di Y. Garlan,
Signification historique de la piraterie grecque, in DHA, 4, 1978, p. 1 sgg.
3 Particolarmente in Francia, grazie alla creazione di un apposito organismo
uf iciale (la «Direction des recherches archéologiques sous-marines» dal 1967, con sede a
Marsiglia, affiancata, tre anni dopo, dal Centre Camille Jullian di Aix-en Provence), in
Italia, con il Centro sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga, strettamente
legato alla tenace iniziativa del prof. Lamboglia, e in Spagna, con numerose iniziative a
carattere episodico e ancora fortemente disorganizzate. Per un quadro della situazione
generale della ricerca sottomarina nel Mediterraneo, ved. P. A. Gianfrotta-P. Pomey,
Archeologia subacquea, Milano 1981, p. 37 sgg.
4 Come per la frutta secca contenuta in sacchi della quale si è trovata traccia in
alcuni relitti (ad es., le mandorle di Kyrenia, le nocciole della Tradelière, dell'Ile Maire 4
ecc.) ο le carni testimoniate da resti ossei di maiale, di montone, di pecora (rinvenuti a
COMMERCI E PIRATERIA 229
Dopo una breve notizia della scoperta, per oltre venti anni nessuno si è
più occupato del singolare rinvenimento, meritevole certamente di maggiore
interesse sia come indizio utile a tentare di chiarire le cause del naufragio di
Spargi che come documento di un importante aspetto dei commerci marittimi
della tarda età repubblicana.
Il relitto, identificato nel 1957 da G. Roghi su una secca (la «Secca
corsara») di circa 17-18 m di profondità presso l'isola di Spargi nell'arcipelago
della Maddalena, nei due anni seguenti fu oggetto di scavi da parte del Centro
sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga. Grazie ad essi fu possibile
avere un'idea approssimativa delle notevoli dimensioni della nave (lunga circa
30 m e larga 6, secondo recenti accertamenti), delle componenti principali del
carico trasportato e quindi della datazione del naufragio avvenuto negli ultimi
anni del II sec. a. C. ο nei primi anni del secolo seguente. La notorietà riscossa
dalle prime ricerche, che in assenza di adeguate sovvenzioni pubbliche erano
state in parte finanziate dall'editore A. Rizzoli (in cambio dell'esclusività sui
diritti e i proventi della pubblicità giornalistica e cinematografica), e la loro
Cavalière, al Grand Ribaud A, al Titan, a Mahdia, a Yassi Ada ecc), cfr. Gianfrotta-
Pomey, op. cit., p. 136 sgg. con bibl. per il relitto di Cavalière, ved. ora anche G. Charlin,
J. M. Gassend, R. Lequément, in Archaeonautica, II, 1978 (1979), p. 9 sgg.
5 Ad es., sul relitto di Punta Scaletta a Giannutri (cfr. la nota 28), a Kyrenia, a Yassi
Ada (cfr. la nota precedente) e su vari altri.
6 Cfr. N. Lamboglia, La seconda campagna di scavo sulla nave romana di Spargi
(1959), in Atti del III Congresso internazionale di archeologia sottomarina (Barcellona
1961), Bordighera 1971, p. 205 sgg. (d'ora in poi, cit. Lamboglia 2). La presenza dell'elmo
e la fitta vegetazione marina infiltratasi all'interno hanno probabilmente favorito la
coesione dei resti ossei; per rinvenimenti di resti umani su relitti di varie epoche (a Cap
Dramont, all'isola di Sainte-Marguerite, sul Vasa, sul St. Joseph) e per problemi di
conservazione, cfr. A. Vari, On the problem of the preservation of human bone, in UNA, 9,
I, 1980, p. 53 sgg.
230 PIERO ALFREDO GIANFROTTA
7 Sui risultati dei primi scavi si è informati soltanto da alcune brevi comunicazioni
preliminari - del tutto inediti quelli di nuovi lavori ripresi dal 1976 su quanto rimaneva
del relitto - che, non essendo state seguite da pubblicazioni più esaurienti, condizionano
entro limiti assai ristretti la conoscenza della nave di Spargi. Cfr. N. Lamboglia, La nave
romana di Spargi (La Maddalena)-Campagna di scavo 1958, in Atti del II Congresso
internazionale di archeologia sottomarina (Albenga 1958), Bordighera 1961, p. 143 sgg.
(d'ora in poi cit., Lamboglia 1); id., La seconda campagna di scavo sottomarino sulla nave
romana di Spargi {Sardegna), Notizia preliminare, in RSL, XXV, 1959, n. 3-4 (= Forma
Maris Antiqui II), p. 301 sg.; G. Roghi, Spargi, in Marine Archaeology (ed. by J. du Plat
Taylor), Londra 1965, p. 103 sgg.; id., La vergogna di Spargi, in Mondo Sommerso Vili,
n. 11, novembre 1966; N. Lamboglia, // saccheggio della nave romana di Spargi (La
Maddalena, Sardegna), in RSL, XXX, 1964, p. 258 sgg. (d'ora in poi cit., Lamboglia 3) ;
Lamboglia 2, cit. alla nota prec.
8 Cfr. Lamboglia 1, p. 157 sgg.; ma si ved. le giuste perplessità di C. Panella, in The
seaborne commerce of ancient Rome : Studies in archaeology and history (ed. by
J. H. D'Arms), in MAAR, XXXVI, 1980, p. 254 sg., in partie, la nota 27. La maggior parte
delle anfore è da anni «murata», per scongiurare furti in assenza di sorveglianza stabile,
in un magazzino de La Maddalena; le ceramiche sono invece conservate nei magazzini
del museo di Sassari.
9 Alcuni materiali, insieme a monete in corso di restauro, sono stati recuperati in
questi ultimi anni (resi noti in una comunicazione pubblica della dott.ssa F. Pallarés
Salvador - Roma, 8/3/1980). Se effettivamente i manufatti marmorei recuperati fossero
di marmo di Carrara (Lamboglia 1, p. 156) fornirebbero un'interessante attestazione
dell'attività di queste cave nel corso del II sec. a. C. Per quanto riguarda poi i due
elementi presentati dal Lamboglia come arule, intese quindi come prova dell'esistenza a
bordo di un'edicola «dedicata probabilmente alla Tutela che simbolicamente doveva
proteggere i naviganti, ...» (Lamboglia 3, p. 261 sg. e Lamboglia 1, p. 156), va osservato
che, già dalle illustrazioni che corredano gli articoli citati, tale identificazione sembra
potersi escludere (recepita invece, comodamente, da G. Kapitän, in UNA, 8, 2, 1979,
p. 112). Si potrebbe agevolmente riconoscere in essi dei comuni trapezofori a base
COMMERCI E PIRATERIA 23 1
mentazione di così eterogenei materiali, alcuni dei quali dopo essere stati
clandestinamente asportati dal relitto furono rintracciati in collezioni private,
rendono incerto se considerarli univocamente appartenenti al carico, in
quanto oggetti di commercio, oppure - almeno in parte - a ricchi arredi di
bordo10.
Ulteriori interrogativi si pongono poi per quel che riguarda il naufragio, la
cui meccanica, in assenza di cause attribuibili a situazioni ambientali, rimane
ignota. Pur essendosi riscontrate su alcuni resti dello scafo evidenti tracce di
urto violento subito dalla nave (non solo sul rivestimento metallico, ma anche
su qualche struttura lignea, come gentilmente mi informa il signor Renzo
Ferrandi che era assistente tecnico nei lavori subacquei del 1958-'59), la
conformazione dei fondali nella zona del naufragio sembra infatti escludere la
possibilità di imputare l'origine a scogli semiaffioranti ο ad altri ostacoli
naturali. «Poiché la secca» dove giaceva il relitto, si legge in una delle
relazioni preliminari, «è notevolmente profonda (10 metri sotto il livello del
mare) non si può pensare ad una causante del naufragio : piuttosto
all'affondamento accidentale della nave carica sul punto della secca, trascinata dalla
corrente, ...»".
Se non negli ostacoli naturali, le cause del naufragio andranno quindi
cercate altrove. Qualche elemento utile a caratterizzare meglio «
l'af ondamento accidentale», ο almeno ad allargare il campo delle ipotesi, lo si può già
trovare tra i dati sin qui disponibili. È il caso appunto, per tornare al discorso
di partenza, dei resti dell'elmo di bronzo che fortunate circostanze di
conservazione facevano ancora aderire alla parte superiore di un cranio umano.
L'eccezionale rinvenimento, che aveva un precedente negli elmi di bronzo
della nave di Albenga, non mancò di essere messo in risalto da un breve
commento del Lamboglia di poco successivo alla scoperta: «Infine, si è
raccolto un pezzo veramente inconsueto ed eccezionale : una calotta di cranio
umano, sulla cui superfìcie esterna sono visibilissime le tracce dell'elmo in
bronzo con cui il marinaio ο comandante morì vittima del naufragio,
rimanendo a bordo della sua nave. Dopo la scoperta degli elmi sulla nave romana di
Albenga, che si vanno ormai moltiplicando, il ritrovamento non desta più
meraviglia, essendo largamente provato che negli ultimi due secoli della
12 Lamboglia 2, p. 210. I resti del cranio e dell'elmo sono conservati nel Museo
nazionale di Sassari.
13 Cfr. F. Coarelli, in Mélanges offerts à J. Heurgon, Roma 1976, p. 160, n. 10. Su questo
tipo di armi in genere, ved. anche P. Coussin, Les armes romaines, Paris 1926;
H.R.Robinson, The armour of imperial Rome, Londra 1975.
14 Molte delle navi prese agli Anziati nel 338 erano munite di rostri (Liv. Vili, 14, 12),
COMMERCI E PIRATERIA 233
Anche l'affondamento della nave, invece della sua cattura, con la mancata
asportazione del carico, ο almeno di gran parte di esso, rimasto a bordo del
relitto, può essere interpretato come una necessaria precauzione da parte
degli assalitori per eliminare il corpo del reato. Una volta impossessatisi degli
oggetti più preziosi e facilmente smerciabili e avere deciso la sorte
(soppressione ο rapimento a fine di riscatto ο per la vendita come schiavi) di eventuali
prigionieri, si rendeva spesso opportuno per sperare di farla franca affondare
la nave con la parte più ingombrante del carico. Episodi simili, che si ripetono
di frequente nei romanzi antichi, dovevano verificarsi abbastanza spesso l5 : nei
Racconti efesii (X. Ephes. I, 13-14), i pirati impadronitisi della nave sulla quale
viaggiano Abrocome e Anzia trasbordano soltanto la parte più preziosa del
carico con pochi ostaggi e poi bruciano la nave; in Leucippe e Clitofonte (Ach.
Tat. Ill, 20), la nave assalita viene colata a picco e i naufraghi uccisi; nelle
Etiopiche (Heliod. I, 3), gli assalitori si limitano a portare via dalla nave
conquistata oro, argento, pietre preziose e drappi di seta, trascurando il resto;
più oltre (ibid. V, 23-27), catturata una nave da carico, i pirati si liberano della
loro imbarcazione per non destare sospetti nei porti dove sarebbero giunti
per vendere il bottino16.
Del resto, va tenuto presente che, tranne in alcuni casi più evidenti,
favoriti da situazioni particolari e dal crearsi di forti organizzazioni (ad es., i
vari momenti delle guerre di corsa con la protezione più ο meno manifesta
dell'uno ο dell'altro Stato interessato ο l'adesione di intere comunità alle
attività di pirateria, come nelle basi-rifugio fortificate della Cilicia), la prassi
comune ai pirati, di tutti i tempi, per sfuggire ai rigori delle leggi è sempre
stata quella di celare le azioni delittuose dietro facciate in qualche modo
rispettabili17.
E il rischio di venire scoperti doveva essere notevole anche nel caso di
Spargi, in un campo d'azione compreso tra la Sardegna e la Corsica -
allargabile se si vuole al medio- Tirreno e di importanza vitale per gran parte
della navigazione verso le regioni occidentali - che allo scorcio del II sec. a. C.
era molto probabilmente soggetto al controllo esercitato dalle navi militari,
seppure in modo insufficiente a fronteggiare gli episodi ormai dilaganti di
pirateria e di brigantaggio. Va poi considerato che una nave catturata, in
assenza di basi stabili e ben difese dove condurla, una volta entrata in un
qualsiasi porto sarebbe stata, presto ο tardi, riconosciuta18.
Ugualmente sarebbe stato assai arduo smistare grosse partite di merci
(come, ad es., le migliaia di anfore di una comune nave oneraria della tarda
età repubblicana, che oltre tutto non si prestavano ad agevole trasbordo su
altre imbarcazioni) senza disporre di una vasta organizzazione e di numerose
complicità. Strutture forse troppo complesse per sostenerne l'esistenza alle
spalle di una pirateria, come quella attiva in Sardegna, alimentata
probabilmente, almeno in prevalenza, da piccoli gruppi autonomi magari di pescatori-
predoni - i λησταί ricordati da Cassio Dione (LV, 28) -, che operavano
localmente e con azioni spesso improvvisate19.
Non si vuole sottovalutare però l'efficacia negativa delle loro attività che,
inserite nel quadro più vasto della navigazione mercantile nel Mediterraneo
occidentale, devono avere rivestito un ruolo non trascurabile; ruolo che, di
pari passo con l'evolversi della situazione generale, verisimilmente si accentua
nel corso dei primi decenni del I sec. a. C, in un complesso di rischi sempre
crescenti e di incontrollabilità quasi assoluta, con effetti paralizzanti per il
commercio marittimo al punto di minacciare direttamente le coste d'Italia e
porre in serio pericolo la continuità dei rifornimenti per la stessa Roma20. E
nel 67 i primi interventi di Pompeo, con i poteri straordinari conferitigli per
far fronte all'eccezionale gravita della situazione, riguardano, oltre al Tirreno,
alla Sicilia e all'Africa settentrionale, proprio i mari della Sardegna e della
Corsica21.
23 1 primi tre recuperati furono già messi in collegamento dal Lamboglia, seppure
con incertezza e insieme a varie altre ipotesi, con i pericoli della pirateria, cfr.
N. Lamboglia, La nave romana di Albenga, in RSL, XVIII, 1952, p. 132 sgg., in partie, alle
p. 183-187; per gli altri recuperati successivamente, N. Lamboglia, // primo saggio di
scavo sulla nave romana di Albenga, in RSL, XXX, 1964, p. 219 sgg. Per elmi di tipo
simile, ved. anche G. Barruol-G. Sauzade, in RSL, XXXV, 1969 (= Miscellanea F. Benoît,
III), p. 15 sgg.
24 J. P. Joncheray, L'épave «C» de la Chrétienne, I suppl. aux Cahiers d'archéologie
subaquatique, 1975, p. 98 sgg.
25 Nel museo di Saint-Raphaël, ved. P. Fiori- J. P. Joncheray, Mobilier métallique
(outils, pièces de gréement, armes) provenant de fouilles sous-marines, in Cahiers d'archéologie
subaquatique, II, 1973, p. 84 sgg., pi. IV, 5 e D, 1 (per un errore di stampa, indicato nel
testo alla pi. IV, 4).
26 Per il relitto di Bon-Porté, ved. J. Joncheray, L'épave grecque ou étrusque de
Bon-Porté, in Cahiers d'archéologie subaquatiqueV, 1976, p. 23; per quello dell'Esterel,
A. Carrazé, À propos de quelques découvertes sous-marines de Carqueiranne aux îles
d'Hyères, in Cahiers d'archéologie subaquatique I, 1972, p. 127.
27 Inediti : gentile segnalazione di P. Pomey al quale sono debitore di varie altre utili
indicazioni di rinvenimenti sottomarini. Per il relitto di Giens, ved. A. Tchernia-P.
Pomey-A. Hesnard e altri, L'épave romaine de la Madrague de Giens (Var), Campagnes
1972-1975, Gallia, XXXIV suppl., Parigi 1978.
28 N. Lamboglia, La campagna 1963 sul relitto di Punta Scaletta all'isola di Giannutri,
Relazione preliminare, in RSL, XXX, 1964 (= Forma Maris Antiqui V, 1962-'64), p. 229 sgg.,
specialmente p. 252, figg. 16 e 19. Per la pietra sferica rinvenuta a bordo del relitto, con
tutta probabilità riconoscibile come palla da frombola, un confronto con analoghi
rinvenimenti di Talamone in P. Sommella, Antichi campi di battaglia in Italia, Quaderni
dell'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma, II, Róma 1967, p. 27, fig. 18, con
bibl.
COMMERCI E PIRATERIA 237
31, 1973, p. 477 sg. e B. Liou, ibid., p. 575 e in Gallia 33, 1975, p. 576; varie armi da un
giacimento di IV sec. d. C, al museo di Narbonne, cfr. P. Fiori- J. P. Joncheray, art. cit.,
p. 86.
35 Lo scarso numero di armi su ogni singolo relitto allontana la possibilità di
considerarle articoli di commercio. A un commercio, di seconda mano, possono essere
riferite quelle rinvenute, insieme a molti altri oggetti metallici, a Rochelongue, cfr.
A. Bouscaras, in RSL, XXX, 1964 (= Forma Maris Antiqui, V, 1962-'64), p. 288 sgg.;
H. Gallet de Santerre, in Gallia, 1966, p. 462 sgg. Una nave alessandrina carica di armi si
arena in Spagna, cfr. Suet., Galba, 10.
36 Tra i molti esempi, quello delle navi da carico adibite al trasporto delle truppe
verso la Spagna, catturate dalla flotta punica presso il porto di Cosa nel 218 a. C. (Liv.,
XXII, 11, 6), ο quello dei cavalieri arabi imbarcati come passeggeri sulla stessa nave di
Sinesio (Ep., 4, 160 sg.).
37 Act. Αρ., 27.
COMMERCI E PIRATERIA 239
nave, come ad Albenga e alla Madrague de Giens, sembra poi più adatta ad
armati improvvisati che a milizie regolari38.
Oltre che dalla nave di Spargi, dove le tracce di combattimento implicano
l'azione di elementi in grado di difendersi, una chiara conferma in questo
senso si ha dal racconto (Macr., Sat. IH, 6, 10 = Serv. (Dan.), ad Aeri. Vili, 363)
dell'avventura toccata al facoltoso mercante M. Octavius Herrenus il quale, nel
corso di una delle sue navigazioni commerciali, riferibili agli ultimi decenni
del II sec. a. C, « . . ., a praedonibus circumventus jortissime repugnavit et victor
recessit»i9; è implicito che se non avesse potuto disporre dei mezzi
indispensabili, armi e uomini idonei ad usarle, non sarebbe riuscito nella difficile
impresa.
Da un noto passo del Digesto (IV, 9 1, 1-3) è poi attestato, tra le varie
funzioni non direttamente legate alle manovre della navigazione del personale
delle navi commerciali, il ruolo dei ναυφύλακες volto ad assicurare la
sorveglianza della nave e a garantire l'ordine a bordo. Veri e propri «guardiani
della nave », all'occorrenza armati, che, oltre a fare la guardia all'imbarcazione
nei porti per impedire furti ο altri danneggiamenti, espletavano il proprio
compito col vigilare su questioni interne alla nave e cioè sul corretto (almeno
dal punto di vista del padrone e/o armatore e/o comandante della nave)
svolgersi dei molteplici aspetti della vita di bordo. « C'est-à-dire », secondo il
Rougé, «éviter les conflits entre les membres de l'équipage, entre eux et les
passagers, enfin entre les passagers eux-mêmes; surveiller la cargaison pour
empêcher les vols et les détériorations criminelles; veiller à ce qu'il ne se
commette à bord aucun acte de nature préjudiciable à la bonne marche du
navire, en particulier aucun acte de mauvais augure »40.
38 Per i due relitti ved. le note 23 e 27. A volte anche nell'esercito venivano
adoperate armi di varia foggia, sovente di proprietà personale, cfr. già N. Lamboglia, La
nave romana di Albenga, cit., p. 186. In alcuni casi la manifesta presenza di armati a
bordo, già nei porti e in altri luoghi di attracco, poteva esercitare una dissuasione
preventiva in eventuali malintenzionati non disposti a correre eccessivi rischi. Non si
può, infine, escludere la normale dotazione sulle navi mercantili di una piccola armeria
sotto controllo da parte del comandante della nave.
39 Sul personaggio che a ricordo della vicenda dedicò a Roma un tempio ed una
statua a Hercules Victor, cfr. F. Coarelli, in Roma e l'Italia fra i Gracchi e Siila, in Ό Arch,
IV-V, 1970-71, p. 179 sgg.
40 J. Rougé, Recherches sur l'organisation du commerce maritime en Méditerranée sous
l'Empire romain, Paris 1966, p. 218. Di recente, B. Bravo nell'interessante studio sulla
lettera di piombo di Berezan' (in DHA, 1, 1974, spec, a p. 163 sgg. e nuovamente in DHA,
3, 1977, a p. 30 sgg.) ha introdotto altre sfumature nella definizione dei compiti del
ναυφύλαξ, assimilandoli a quelli del νεουρός e del δίοπος di età arcaica e classica. Ma si
ved. le osservazioni di A. Mele, op. cit., alla nota 1, p. 9 sg.; cfr. anche J. Vélissaropoulos,
Les nauclères grecs, Ginevra 1980, p. 82-86.
240 PIERO ALFREDO GIANFROTTA
41 Secondo un calcolo ufficiale, nel 1978 già operavano in Italia 570 istituti privati di
vigilanza, con 26.323 guardie giurate, delle quali 25.900 autorizzate a portare armi. A tali
cifre vanno aggiunti numerosi altri elementi alle dirette dipendenze di aziende ο enti
(cfr. M. Concina, in // Messagero, Roma 24/10/1979).
42 Cfr. B. Bravo, in DHA, 1, cit., p. 168.
43 Ultim., J. Frosén, Le transport du blé et le rôle des έπίπλοοι,, in Arctos, XII, 1978, p. 5
sgg., che troppo semplicisticamente sottovaluta l'utilità della sorveglianza armata (p. 7).
Un άργι,ναυφύλαξ e un φύλαξ, ma in tutt' altro contesto, tra il personale di una nave
della flotta rodia sono menzionati in un'iscrizione di Rodi, del I sec. a. C, cfr. A. Maiuri,
in ASAA, II, 1916, p. 136, n. 2; in questo caso, secondo il Rostovtzeff (op. cit., Il p. 97), con
funzioni rivolte a garantire la disciplina interna alla nave e alla sorveglianza dei
rematori.
44 Cfr. H. A. Ormerod, op. cit., p. 258; M. Rostovtzeff, Storia economica e sociale
dell'impero romano, trad. it. Firenze 1976, p. 180 sgg. Con ruolo analogo a quello degli
έρημοφύλακες di scorta alle carovane attraverso il deserto, dietro pagamento di regolare
imposta, cfr. Rostovtzeff, op. cit., a nota 15, II, p. 79 sg.
COMMERCI E PIRATERIA 241
45 Notizie sulle tracce d'incendio mi sono state fornite dal sig. R. Ferrandi che
partecipò ai lavori sottomarini. Ved. anche alla nota 30.
È curioso, data la particolare fama di abilità dei frombolieri delle Baleari, che
proprio su questo relitto si sia rinvenuta una ghianda missile. Sulla pirateria nelle
Baleari, cfr. H. A. Ormerod, op. cit., p. 27, 151, 166, 223, 236; ved. anche M. G. Morgan, The
Roman Conquest of the Baleari Isles, in CSCA 2, 1969, p. 217 sgg.
46 Ved. a p. 235.
47 Anche come fenomeno sociale, cfr. Y. Garlan, art. cit., p. 4 sg. e i contributi di
P. Briant, in DHA, 2, 1976, p. 163 sgg. e di M. Clavel-Lévêque, in DHA, 4, 1978, p. 17 sgg.
48 Cfr. nota 20. Scorrerie di pirati a Cosa, secondo un'ipotesi di F. E. Brown, in
DArch, IV- V, 1970-71, p. 362 sg.
Forse anche per la suggestione di recenti vicende, non meraviglia che anche
personaggi « al di sopra di ogni sospetto », e perfino di illustri famiglie (Plut., Pomp. 24),
fossero implicati nei traffici della pirateria, dati gli enormi guadagni che potevano
derivare da complicità di vario genere (o con partecipazione diretta o, ad es. fornendo
informazioni preziose, rivendendo le merci rubate, frodando le assicurazioni marittime,
ecc). Complicità con i pirati sono evidenti anche nell'episodio di Cesare con i pirati e
nel suo atteggiamento nei confronti di M. Iunius (Juncus ο Silanus?, cfr. A.M. Ward, in
CPh, 70, 1975, p. 267 sg., ivi per le fonti letterarie).
MEFRA 1981, 1.
242 PIERO ALFREDO GIANFROTTA
caso non si può contare sulla completa obiettività dei risultati, almeno
parzialmente condizionati da fattori di varia natura (intensità e qualità del
lavoro archeologico nei vari paesi, differenze nella conformazione dei fondali
con conseguenze sul grado di reperibilità e sullo stato di conservazione dei
relitti ecc), ma sembrerebbe riflettere una situazione reale il dato, di
proporzioni vistose, relativo al numero dei relitti di navi commerciali naufragate nel
II e nel I sec. a. C, notevolmente più alto di quelli attestati per altri periodi.
Già il Lamboglia nel 1961, facendo il punto dei risultati delle ricerche
archeologiche sottomarine nel Mediterraneo occidentale, aveva attirato
l'attenzione su questa disparità numerica, che presentava allora caratteri ancora
più accentuati, e recentemente R. Lequément e B. Liou hanno fornito un
computo dettagliato dei relitti antichi identificati lungo la costa mediterranea
della Francia, con circa la metà delle presenze riferibili al II e alla prima metà
del I sec. a. C.49. Le cause all'origine di tale fenomeno sono probabilmente
molteplici : non sembra però più trascurabile, a questo punto, la propabile
connessione con gli effetti della pirateria e con gli elevatissimi rischi corsi
dalla navigazione in quel medesimo lasso di tempo50.