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Mélanges de l'Ecole française de

Rome. Antiquité

Commerci e pirateria : prime testimonianze archeologiche


sottomarine
Piero Gianfrotta

Riassunto
Piero Alfredo Gianfrotta, Commerci e pirateria: prime testimonianze archologiche sottomarine, p. 227-242.

Un cranio umano con ancora indosso un elmo di bronzo rinvenuto sul relitto della nave di Spargi (Sardegna nord-occidentale),
le confuse circostanze del naufragio e altri particolari sembrano proprio indicare che l'affondamento si sia verificato in seguito ad
un combattimento.
Si riscontra poi la presenza di armi a bordo di numerosi altri relitti di navi mercantili e la si ricollega alla esigenza di disporre di
uomini armati per scopi difensivi; la maggior parte di essi risale all'età tardo-repubblicana, in un periodo quindi di grandissimo
sviluppo della pirateria. Insieme alle numerose altre possibilità, si suggerisce infine di tenere presente nel valutare le motivazioni
dei naufragi anche il condizionante ruolo rivestito dalla pirateria per il commercio marittimo antico.

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Gianfrotta Piero. Commerci e pirateria : prime testimonianze archeologiche sottomarine. In: Mélanges de l'Ecole française de
Rome. Antiquité, tome 93, n°1. 1981. pp. 227-242;

doi : https://doi.org/10.3406/mefr.1981.1275

https://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5102_1981_num_93_1_1275

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PIERO ALFREDO GIANFROTTA

COMMERCI E PIRATERIA :
PRIME TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE
SOTTOMARINE

«Stranieri, chi siete? e di dove navigate i sentieri dell'acqua?


forse per qualche commercio, ο andate errando così, senza
meta sul mare, come i predoni, che errano giocando la vita,
danno agli altri portando?» (Od. IX, 252-255) '.

Come già per lo sprovveduto ciclope alle prese con gli ignoti visitatori,
non è semplice distinguere dalle apparenze i veri moventi degli uomini, ma le
difficoltà divengono insormontabili quando, non conservandosi più nemmeno
l'aspetto fisico, il giudizio debba basarsi sull'anonimato, spesso impenetrabile,
di eventuali testimonianze materiali.
Si può perciò comprendere come la documentazione archeologica di uno
dei più rilevanti fenomeni della navigazione antica, quello della pirateria,
risulti necessariamente assai labile malgrado non manchino i riferimenti nelle
fonti letterarie e epigrafiche2.

1 Trad, di R Calzecchi Onesti, Torino 1963. Stessa domanda in Od., Ili, 71-74 e in H.
Ap. 452-455 (cfr. ora l'edizione di F.Cassola, Verona 1975); ved. anche A. Mele, //
commercio greco arcaico : prexis ed emporte (Cahiers du Centre J. Bérard, IV), Napoli
1979, in partie, p. 44 e 59.
2 Ringrazio P. Castrén, D. Musti, P. Pomey, F. Zevi, dai quali ho ricevuto informazioni
e consigli preziosi per la stesura di questa nota.
Sulla pirateria, oltre alle opere d'insieme di J. M. Sestier, La piraterie dans l'Antiquité,
Parigi 1880, di H. A. Ormerod, Piracy in the ancient World: an Essay on Mediterranean
History, Liverpool 1924 (repr. 1978) e di E. Ziebarth, Beiträge zur Geschichte des Seeraubs
und Seehändeis in altem Griechenland, Amburgo 1929, ved. i numerosi studi di E. Maróti :
La pirateria nei dintorni della Sicilia ai tempi del propretore Verre (in russo), in AAntHung,
4,-1956, p. 197 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei unter den Anhängern des Sextus Pompeius, in
Studia Antiqua, VI, 1959, p.213 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei zur Zeit der römischen
Bürgerkriege, in Altertum, VII, 1961, p. 32 sgg.; Diodotos Tryphon et la piraterie, in

MEFRA - 93 - 1981 - 1, p. 227-242.


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Piuttosto che dalle consuete attività di terraferma, uno spiraglio in questa


direzione può scaturire dalle ricerche sottomarine che, seppure iniziate di
recente e con strutture inadeguate alle esigenze del vastissimo campo di
indagine, tuttavia già forniscono primi elementi di lavoro, finora non
considerati con la dovuta attenzione, collegabili più ο meno direttamente alla
pirateria. Contrariamente alle aspettative che indirizzerebbero verso le regioni
orientali e l'Egeo, le testimonianze raccolte riguardano tutte il Mediterraneo
occidentale; disparità non indicativa di una situazione antica, poiché la
dislocazione dei rinvenimenti rispecchia quella delle attività archeologiche
sottomarine, quasi esclusivamente condotte lungo le coste occidentali del
Mediterraneo3.
Come è noto, i materiali che con maggiore frequenza si rinvengono sui
relitti delle navi antiche sono quelli più resistenti, per loro natura, alla
prolungata disgregazione degli agenti marini (in special modo le anfore, le
ceramiche, i laterizi, le pietre e i marmi, alcuni metalli ecc); di altri più
deperibili, dei quali è per altre vie ben attestato il commercio marittimo, le
testimonianze archeologiche sono del tutto assenti (ad es., stoffe, pellami,
generi alimentari non conservati in contenitori resistenti ecc.) ; di altri ancora,
oggetti di commercio ο dei consumi di bordo, solo raramente si è acquisita
qualche documentazione4. Molto scarsi anche quelli riferibili a presenze

AAntHung X, 1962, p. 187 sgg.; Die Rolle der Seeräuberei zur Zeit der Mithridatischen
Krieges, in Ricerche storiche ed economiche in memoria di C. Barbagallo (1968), Napoli
1970, p. 481 sgg.; Der Sklavenmarkt auf Delos und die Piraterie, in Helikon, 9-10, 1969-70,
p. 24 sgg.; e di Μ. Κ. Trofimova, Sulla storia della pirateria ellenistica (in russo), in VDI,
1963, 4, p. 53 sgg.; La pirateria nel Mediterraneo orientale nel III sec. a. C. (in russo), in
K. K. Zelin-M. K. Trofimova, Forme di dipendenza nel Mediterraneo orientale in età
ellenistica, Mosca 1969, p. 188 sgg. Questioni linguistiche hanno, con rincrescimento, impedito
la lettura di alcuni di questi lavori (ved., a tale proposito, le osservazioni di M. Mazza
all'inizio della prefazione alla trad. it. del libro della Staerman e della Trofimova, La
schiavitù nell'Italia imperiale, Roma 1975). Ulteriore bibliografia nell'articolo di Y. Garlan,
Signification historique de la piraterie grecque, in DHA, 4, 1978, p. 1 sgg.
3 Particolarmente in Francia, grazie alla creazione di un apposito organismo
uf iciale (la «Direction des recherches archéologiques sous-marines» dal 1967, con sede a
Marsiglia, affiancata, tre anni dopo, dal Centre Camille Jullian di Aix-en Provence), in
Italia, con il Centro sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga, strettamente
legato alla tenace iniziativa del prof. Lamboglia, e in Spagna, con numerose iniziative a
carattere episodico e ancora fortemente disorganizzate. Per un quadro della situazione
generale della ricerca sottomarina nel Mediterraneo, ved. P. A. Gianfrotta-P. Pomey,
Archeologia subacquea, Milano 1981, p. 37 sgg.
4 Come per la frutta secca contenuta in sacchi della quale si è trovata traccia in
alcuni relitti (ad es., le mandorle di Kyrenia, le nocciole della Tradelière, dell'Ile Maire 4
ecc.) ο le carni testimoniate da resti ossei di maiale, di montone, di pecora (rinvenuti a
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umane a bordo delle navi, limitati a rinvenimenti di oggetti d'uso personale


(anelli, braccialetti, strumenti musicali, sandali, piccoli gruppi di monete di
modesto valore complessivo ecc.) probabilmente indossati da membri degli
equipaggi ο da eventuali passeggeri forse rimasti vittime dei naufragi5. In
pochissimi casi si sono identificati anche dei resti umani : tra questi, di
particolare interesse, è il recupero dal relitto della nave di Spargi della parte
superiore di una calotta cranica alla quale ancora aderivano frammenti di un
elmo bronzeo6.

Dopo una breve notizia della scoperta, per oltre venti anni nessuno si è
più occupato del singolare rinvenimento, meritevole certamente di maggiore
interesse sia come indizio utile a tentare di chiarire le cause del naufragio di
Spargi che come documento di un importante aspetto dei commerci marittimi
della tarda età repubblicana.
Il relitto, identificato nel 1957 da G. Roghi su una secca (la «Secca
corsara») di circa 17-18 m di profondità presso l'isola di Spargi nell'arcipelago
della Maddalena, nei due anni seguenti fu oggetto di scavi da parte del Centro
sperimentale di archeologia sottomarina di Albenga. Grazie ad essi fu possibile
avere un'idea approssimativa delle notevoli dimensioni della nave (lunga circa
30 m e larga 6, secondo recenti accertamenti), delle componenti principali del
carico trasportato e quindi della datazione del naufragio avvenuto negli ultimi
anni del II sec. a. C. ο nei primi anni del secolo seguente. La notorietà riscossa
dalle prime ricerche, che in assenza di adeguate sovvenzioni pubbliche erano
state in parte finanziate dall'editore A. Rizzoli (in cambio dell'esclusività sui
diritti e i proventi della pubblicità giornalistica e cinematografica), e la loro

Cavalière, al Grand Ribaud A, al Titan, a Mahdia, a Yassi Ada ecc), cfr. Gianfrotta-
Pomey, op. cit., p. 136 sgg. con bibl. per il relitto di Cavalière, ved. ora anche G. Charlin,
J. M. Gassend, R. Lequément, in Archaeonautica, II, 1978 (1979), p. 9 sgg.
5 Ad es., sul relitto di Punta Scaletta a Giannutri (cfr. la nota 28), a Kyrenia, a Yassi
Ada (cfr. la nota precedente) e su vari altri.
6 Cfr. N. Lamboglia, La seconda campagna di scavo sulla nave romana di Spargi
(1959), in Atti del III Congresso internazionale di archeologia sottomarina (Barcellona
1961), Bordighera 1971, p. 205 sgg. (d'ora in poi, cit. Lamboglia 2). La presenza dell'elmo
e la fitta vegetazione marina infiltratasi all'interno hanno probabilmente favorito la
coesione dei resti ossei; per rinvenimenti di resti umani su relitti di varie epoche (a Cap
Dramont, all'isola di Sainte-Marguerite, sul Vasa, sul St. Joseph) e per problemi di
conservazione, cfr. A. Vari, On the problem of the preservation of human bone, in UNA, 9,
I, 1980, p. 53 sgg.
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intempestiva interruzione favorirono, tra il 1960 e il 1964, il saccheggio quasi


completo del relitto ad opera di ricercatori clandestini7.
Il carico era in prevalenza costituito da anfore vinarie italiche di forma
Dressel 1 (tipi A, Β e C), da anfore «olearie» e da vasellame a vernice nera.
Molte delle anfore Dressel 1 A recavano impressi dei bolli composti da singole
lettere attribuite all'alfabeto osco e quindi ritenute di produzione campana8.
Oltre a ceramiche di provenienza orientale e a diversi esemplari di ciotole,
coppe e brocche in ceramica « comune », furono anche rinvenuti : due
improbabili arule marmoree, una colonnina scanalata, un piccolo capitello, un bacile
e altri oggetti di marmo (di Carrara?), una statuetta di marmo e una di
bronzo, un candelabro e una lucerna trilicne di bronzo, un candelabro e un
gruppo di pietre dure lavorate e semilavorate, dei monili e resti di mobilia
decorata a intaglio9. Le condizioni del rinvenimento e le lacune nella docu-

7 Sui risultati dei primi scavi si è informati soltanto da alcune brevi comunicazioni
preliminari - del tutto inediti quelli di nuovi lavori ripresi dal 1976 su quanto rimaneva
del relitto - che, non essendo state seguite da pubblicazioni più esaurienti, condizionano
entro limiti assai ristretti la conoscenza della nave di Spargi. Cfr. N. Lamboglia, La nave
romana di Spargi (La Maddalena)-Campagna di scavo 1958, in Atti del II Congresso
internazionale di archeologia sottomarina (Albenga 1958), Bordighera 1961, p. 143 sgg.
(d'ora in poi cit., Lamboglia 1); id., La seconda campagna di scavo sottomarino sulla nave
romana di Spargi {Sardegna), Notizia preliminare, in RSL, XXV, 1959, n. 3-4 (= Forma
Maris Antiqui II), p. 301 sg.; G. Roghi, Spargi, in Marine Archaeology (ed. by J. du Plat
Taylor), Londra 1965, p. 103 sgg.; id., La vergogna di Spargi, in Mondo Sommerso Vili,
n. 11, novembre 1966; N. Lamboglia, // saccheggio della nave romana di Spargi (La
Maddalena, Sardegna), in RSL, XXX, 1964, p. 258 sgg. (d'ora in poi cit., Lamboglia 3) ;
Lamboglia 2, cit. alla nota prec.
8 Cfr. Lamboglia 1, p. 157 sgg.; ma si ved. le giuste perplessità di C. Panella, in The
seaborne commerce of ancient Rome : Studies in archaeology and history (ed. by
J. H. D'Arms), in MAAR, XXXVI, 1980, p. 254 sg., in partie, la nota 27. La maggior parte
delle anfore è da anni «murata», per scongiurare furti in assenza di sorveglianza stabile,
in un magazzino de La Maddalena; le ceramiche sono invece conservate nei magazzini
del museo di Sassari.
9 Alcuni materiali, insieme a monete in corso di restauro, sono stati recuperati in
questi ultimi anni (resi noti in una comunicazione pubblica della dott.ssa F. Pallarés
Salvador - Roma, 8/3/1980). Se effettivamente i manufatti marmorei recuperati fossero
di marmo di Carrara (Lamboglia 1, p. 156) fornirebbero un'interessante attestazione
dell'attività di queste cave nel corso del II sec. a. C. Per quanto riguarda poi i due
elementi presentati dal Lamboglia come arule, intese quindi come prova dell'esistenza a
bordo di un'edicola «dedicata probabilmente alla Tutela che simbolicamente doveva
proteggere i naviganti, ...» (Lamboglia 3, p. 261 sg. e Lamboglia 1, p. 156), va osservato
che, già dalle illustrazioni che corredano gli articoli citati, tale identificazione sembra
potersi escludere (recepita invece, comodamente, da G. Kapitän, in UNA, 8, 2, 1979,
p. 112). Si potrebbe agevolmente riconoscere in essi dei comuni trapezofori a base
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mentazione di così eterogenei materiali, alcuni dei quali dopo essere stati
clandestinamente asportati dal relitto furono rintracciati in collezioni private,
rendono incerto se considerarli univocamente appartenenti al carico, in
quanto oggetti di commercio, oppure - almeno in parte - a ricchi arredi di
bordo10.
Ulteriori interrogativi si pongono poi per quel che riguarda il naufragio, la
cui meccanica, in assenza di cause attribuibili a situazioni ambientali, rimane
ignota. Pur essendosi riscontrate su alcuni resti dello scafo evidenti tracce di
urto violento subito dalla nave (non solo sul rivestimento metallico, ma anche
su qualche struttura lignea, come gentilmente mi informa il signor Renzo
Ferrandi che era assistente tecnico nei lavori subacquei del 1958-'59), la
conformazione dei fondali nella zona del naufragio sembra infatti escludere la
possibilità di imputare l'origine a scogli semiaffioranti ο ad altri ostacoli
naturali. «Poiché la secca» dove giaceva il relitto, si legge in una delle
relazioni preliminari, «è notevolmente profonda (10 metri sotto il livello del
mare) non si può pensare ad una causante del naufragio : piuttosto
all'affondamento accidentale della nave carica sul punto della secca, trascinata dalla
corrente, ...»".
Se non negli ostacoli naturali, le cause del naufragio andranno quindi
cercate altrove. Qualche elemento utile a caratterizzare meglio «
l'af ondamento accidentale», ο almeno ad allargare il campo delle ipotesi, lo si può già
trovare tra i dati sin qui disponibili. È il caso appunto, per tornare al discorso
di partenza, dei resti dell'elmo di bronzo che fortunate circostanze di
conservazione facevano ancora aderire alla parte superiore di un cranio umano.
L'eccezionale rinvenimento, che aveva un precedente negli elmi di bronzo
della nave di Albenga, non mancò di essere messo in risalto da un breve
commento del Lamboglia di poco successivo alla scoperta: «Infine, si è
raccolto un pezzo veramente inconsueto ed eccezionale : una calotta di cranio
umano, sulla cui superfìcie esterna sono visibilissime le tracce dell'elmo in
bronzo con cui il marinaio ο comandante morì vittima del naufragio,
rimanendo a bordo della sua nave. Dopo la scoperta degli elmi sulla nave romana di
Albenga, che si vanno ormai moltiplicando, il ritrovamento non desta più
meraviglia, essendo largamente provato che negli ultimi due secoli della

modanata (meno probabilmente dei rivestimenti architettonici di pilastro), relativi


all'arredamento della nave insieme alla mobilia di lusso ο trasportati a scopo
commerciale ?
10 Cfr. Lamboglia 3, p. 258 sgg. Per documentazioni di cabine e di ricchi arredi su
navi commerciali, ved. Gianfrotta-Pomey, op. cit., p. 292 sgg.
11 Lamboglia 2, p. 212.
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Repubblica anche sulle navi onerarie si navigava armati, ο almeno protetti


dalle intemperie mediante un elmo bronzeo»12.
Non occorre dilungarsi con ovvie obiezioni nella facile confutazione di un
giudizio forse ancora troppo influenzato dall'emozione della scoperta recente.
Va però osservato che l'elmo si indossa in genere per scopi connessi alla sua
funzione specifica di arma difensiva, soprattutto nell'affrontare un
combattimento. Inadatto, estremamente scomodo e alla lunga debilitante, ne
risulterebbe invece l'impiego come copricapo di una tenuta nautica abituale e,
inoltre, dal momento che il peso medio di un elmo romano è di circa 2 kg, il
primo accorgimento da adottare nell'approssimarsi del naufragio sarebbe
stato semmai quello di gettarlo via, ο comunque di toglierselo, per avere
maggiore libertà di movimento nel tentare di porsi in salvo13. Sembra logico
quindi ritenere che se ciò non avvenne chi lo indossava doveva essere già
morto quando si verificò l'affondamento della nave o, meglio, doveva essere
stato con tutta probabilità già ucciso in combattimento.
Trattandosi in questo caso di una nave da carico, la connessione con
un'impresa militare sarebbe improbabile. Non resterebbe altro da pensare se
non che la nave di Spargi nel corso della sua navigazione commerciale,
probabilmente dopo una rotta lungo le coste tirreniche dell'Italia centrale,
una volta giunta nell'arcipelago della Maddalena all'ingresso delle Bocche di
Bonifacio per poi proseguire con il suo carico di vino verso i mercati della
Gallia meridionale ο della penisola iberica (anche con scali intermedi in
Sardegna), sia stata attaccata da pirati e che su essa si sia ingaggiata una pur
breve resistenza con un combattimento, seguito poi dall'affondamento della
nave. L'uomo con l'elmo trovato a bordo del relitto ne sarebbe appunto
rimasto vittima, anche se non c'è possibilità di distinguere se in qualità di
membro dell'equipaggio difensore (l'esito negativo lo renderebbe più
probabile) ο dalla parte invece degli assalitori.
Si potrebbe andare ancora oltre in una ipotetica ricostruzione degli
avvenimenti, anche con l'aiuto dei molti richiami letterari prodighi di notizie
sui procedimenti comunemente seguiti nelle imprese piratesche. A
spiegazione degli evidenti segni di urto riscontrati in alcune parti dello scafo, che si è
visto difficilmente imputabili a ostacoli naturali, si potrebbe supporre che la
nave di Spargi sia stata abbordata dopo un inseguimento da un'imbarcazione
più leggera e veloce e che una volta raggiunta sia stata anche speronata14.

12 Lamboglia 2, p. 210. I resti del cranio e dell'elmo sono conservati nel Museo
nazionale di Sassari.
13 Cfr. F. Coarelli, in Mélanges offerts à J. Heurgon, Roma 1976, p. 160, n. 10. Su questo
tipo di armi in genere, ved. anche P. Coussin, Les armes romaines, Paris 1926;
H.R.Robinson, The armour of imperial Rome, Londra 1975.
14 Molte delle navi prese agli Anziati nel 338 erano munite di rostri (Liv. Vili, 14, 12),
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Anche l'affondamento della nave, invece della sua cattura, con la mancata
asportazione del carico, ο almeno di gran parte di esso, rimasto a bordo del
relitto, può essere interpretato come una necessaria precauzione da parte
degli assalitori per eliminare il corpo del reato. Una volta impossessatisi degli
oggetti più preziosi e facilmente smerciabili e avere deciso la sorte
(soppressione ο rapimento a fine di riscatto ο per la vendita come schiavi) di eventuali
prigionieri, si rendeva spesso opportuno per sperare di farla franca affondare
la nave con la parte più ingombrante del carico. Episodi simili, che si ripetono
di frequente nei romanzi antichi, dovevano verificarsi abbastanza spesso l5 : nei
Racconti efesii (X. Ephes. I, 13-14), i pirati impadronitisi della nave sulla quale
viaggiano Abrocome e Anzia trasbordano soltanto la parte più preziosa del
carico con pochi ostaggi e poi bruciano la nave; in Leucippe e Clitofonte (Ach.
Tat. Ill, 20), la nave assalita viene colata a picco e i naufraghi uccisi; nelle
Etiopiche (Heliod. I, 3), gli assalitori si limitano a portare via dalla nave
conquistata oro, argento, pietre preziose e drappi di seta, trascurando il resto;
più oltre (ibid. V, 23-27), catturata una nave da carico, i pirati si liberano della

cfr. M. L. Scevola, Pirateria amiate, in Studi di storia antica in memoria di L. de Regibus,


Genova 1969, p. 135 sgg., come pure molte di quelle catturate da Pompeo nella guerra
piratica (Plut., Pomp. 28); ved. S. Panciera, Liburna, in Epigraphica, 18, 1956, p. 130 sgg.,
specialmente p. 145 sgg. Come ancora oggi i veloci motoscafi dei contrabbandieri
napoletani, le imbarcazioni dei pirati erano di preferenza dipinte di colore azzurro-
grigio per mimetizzarle con i colori del mare e renderne più difficile l'avvistamento a
distanza (Philostratus, Imagines I, 19, 3), cfr. L. Casson, Ships and Seamanship in the
ancient World, Princeton 1971, p. 212, n. 48 e 235, η. 47. Si ved. anche la scena di
inseguimento di una nave mercantile da parte di una nave pirata dipinta su una kylix
attica della seconda metà del VI secolo, del British Museum, cfr. J. S. Morrison-R. T.
Williams, Greek Oared Ships, Cambridge 1968, p. 109, η. 85, pi. 19; L. Casson, op. cit.,
p. 128, n. 114, fig. 81 sg. (per scene simili, ved. anche p. 67, n. 118).
Curiosamente, la località del naufragio di Spargi è denominata «Secca Corsara»
(cfr. G. Roghi, in Marine Archaeology, cit., p. 103). Non sono stato finora in grado di
accertare l'origine della denominazione, evidentemente moderna, che, con singolare
coincidenza, sembrerebbe conservare il ricordo di pratiche delittuose nei confronti
della navigazione in quel tratto di mare, perduranti forse fino a epoca recente.
15 Oltre a quelli di seguito citati, cfr. i passi indicati da H. A. Ormerod, op. cit.,
p. 260 sgg.
Sull'importante ruolo della pirateria nel lucroso commercio degli schiavi (su cui il
noto brano di Strabone, XIV, 5, 2), cfr. M. Rostovtzeff, Storia economica e sociale del
mondo ellenistico, trad. it. Firenze 1966-1980, specialmente I, p. 207 sgg. e II, p.206 sgg.;
E. M, Staerman, Die Blützeit der Sklavenwirtschaft in der römischen Republik, Wiesbaden
1969, p. 51 e gli articoli del Maróti citt. alla nota 2. Ved. anche D. Musti, Modi di
produzione e reperimento di manodopera schiavile, in Forma di produzione schiavistica e
tendenze della società romana : II a. C.-II d. C. Un caso di sviluppo precapitalistico, Pisa 4-6
gennaio 1979, in stampa; id., in MAAR, XXXVI, 1980, p. 197 sgg.
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loro imbarcazione per non destare sospetti nei porti dove sarebbero giunti
per vendere il bottino16.
Del resto, va tenuto presente che, tranne in alcuni casi più evidenti,
favoriti da situazioni particolari e dal crearsi di forti organizzazioni (ad es., i
vari momenti delle guerre di corsa con la protezione più ο meno manifesta
dell'uno ο dell'altro Stato interessato ο l'adesione di intere comunità alle
attività di pirateria, come nelle basi-rifugio fortificate della Cilicia), la prassi
comune ai pirati, di tutti i tempi, per sfuggire ai rigori delle leggi è sempre
stata quella di celare le azioni delittuose dietro facciate in qualche modo
rispettabili17.
E il rischio di venire scoperti doveva essere notevole anche nel caso di
Spargi, in un campo d'azione compreso tra la Sardegna e la Corsica -
allargabile se si vuole al medio- Tirreno e di importanza vitale per gran parte
della navigazione verso le regioni occidentali - che allo scorcio del II sec. a. C.
era molto probabilmente soggetto al controllo esercitato dalle navi militari,
seppure in modo insufficiente a fronteggiare gli episodi ormai dilaganti di
pirateria e di brigantaggio. Va poi considerato che una nave catturata, in
assenza di basi stabili e ben difese dove condurla, una volta entrata in un
qualsiasi porto sarebbe stata, presto ο tardi, riconosciuta18.
Ugualmente sarebbe stato assai arduo smistare grosse partite di merci
(come, ad es., le migliaia di anfore di una comune nave oneraria della tarda
età repubblicana, che oltre tutto non si prestavano ad agevole trasbordo su
altre imbarcazioni) senza disporre di una vasta organizzazione e di numerose
complicità. Strutture forse troppo complesse per sostenerne l'esistenza alle
spalle di una pirateria, come quella attiva in Sardegna, alimentata
probabilmente, almeno in prevalenza, da piccoli gruppi autonomi magari di pescatori-
predoni - i λησταί ricordati da Cassio Dione (LV, 28) -, che operavano
localmente e con azioni spesso improvvisate19.

16 Isidoro di Siviglia (Etym. X, 219-220), con singolare etimologia, fa della distruzione


delle navi catturate una caratteristica essenziale dei pirati : «... piratae sunt praedones
maritimi, ab incendio navium transeuntium quas capiebant dicti. nam πυρά ignis est».
17 Salvo poi a manifestarle apertamente nel naturale campo d'azione, cioè sul mare.
Oltre a H. A. Ormerod, op. cit., e alla bibl. cit. alla nota 2, ved. anche per i pirati della
Cilicia, L. Pulci Doria Breglia, La provincia di Cilicia e gli ordinamenti di Pompeo, in
RAAN, XLVII, 1972, p. 327 sgg.
18 Scarsamente efficaci si sarebbero rivelati alla lunga anche eventuali camuffamenti
della nave, tenendo conto della presenza capillare di agenti delle principali compagnie
di navigazione, oltre a quelli delle dogane e a funzionari di altro tipo, nei porti delle
principali città del Mediterraneo.
19 Anche se non mancavano le azioni nel Tirreno da parte di gruppi più organizzati e
li stessi pirati cilici, cfr. H. A. Ormerod, op. cit., p. 231 sgg.
COMMERCI E PIRATERIA 235

Non si vuole sottovalutare però l'efficacia negativa delle loro attività che,
inserite nel quadro più vasto della navigazione mercantile nel Mediterraneo
occidentale, devono avere rivestito un ruolo non trascurabile; ruolo che, di
pari passo con l'evolversi della situazione generale, verisimilmente si accentua
nel corso dei primi decenni del I sec. a. C, in un complesso di rischi sempre
crescenti e di incontrollabilità quasi assoluta, con effetti paralizzanti per il
commercio marittimo al punto di minacciare direttamente le coste d'Italia e
porre in serio pericolo la continuità dei rifornimenti per la stessa Roma20. E
nel 67 i primi interventi di Pompeo, con i poteri straordinari conferitigli per
far fronte all'eccezionale gravita della situazione, riguardano, oltre al Tirreno,
alla Sicilia e all'Africa settentrionale, proprio i mari della Sardegna e della
Corsica21.

Come si è accennato, il rinvenimento dell'elmo di Spargi non è unico nel


suo genere. Alcuni elmi erano già stati trovati a bordo della nave di Albenga e,
con il moltipllcarsi delle attività archeologiche sottomarine, resti di armi di
vario tipo sono stati poi recuperati anche su altri relitti; ad eccezione di una
punta di lancia rinvenuta sul relitto di Marsala, finora unico esempio noto di
nave da guerra, tutti gli altri si riferiscono a navi da carico. Se ne fornisce ora
un primo elenco, in ordine geografico procedendo da nord22 :
- sette elmi di bronzo frammentar!, riconducibili a due diversi tipi, a

20 Sbarchi e razzie lungo le coste tirreniche, anche con rapimenti di personaggi


illustri (i pretori Sextilio e Bellieno e la figlia di Marco Antonio), e i clamorosi fatti di
Ostia scuotono la sicurezza interna, ma, quel che più conta, sono drasticamente colpiti
gli interessi dei mercatores romani e messe in crisi le distribuzioni granarie per la
popolazione urbana.
21 «...Siciliani adiit, Africani exploravit, inde Sardiniam cum classe venit atque haec
tria frumentaria subsidia rei publicae firmissimis praesidiis classibusque munivit» (Cic, de
imp. Cn. Pompei 34). Cfr. P. Groebe, Zum Seeräuberkriege des Pompeius Magnus (67 vor
Chr.), in Klio, X, 1910, p. 38 sgg.; H. A. Ormerod, The distribution of Pompeius' forces in the
campaign of 67 B.C., in Annals of Archaeology and Anthropology, X, 1923, p. 46 sgg.;
M. Gelzer, Pompeius, Monaco 1949, p. 81 sgg.; ved. anche alle note 2 e 17.
22 Insieme a notizie ancora inedite, raccoglie i risultati di una ricerca bibliografica
condotta tra pubblicazioni di varia natura e a carattere quasi sempre episodico e
frammentario. Per il relitto di Marsala, cfr., intanto, H. Frost, Relitto di una nave punica
del III sec. a. C. al largo dell'Isola lunga. La prima campagna di scavi 1971, in NSA, 1972,
p. 651 sgg.; un resoconto completo da parte della stessa A. è in stampa nel supplemento
alle Notizie degli scavi del 1976.
236 PIERO ALFREDO GIANFROTTA

più riprese recuperati dalla nave naufragata di fronte ad Albenga tra il 90 e il


70 a. C.23;
- alcune lame (di armi ο di arnesi da carpenteria?) e la punta di ferro
di un giavellotto dal relitto C della Chrétienne (Agay-Anthéor), datato verso la
metà del II sec. a. C.24;
- un elmo di bronzo dal relitto A di Dramont, della metà del I sec.
a.C.25;
- una punta di lancia sul relitto di Bon-Porté della seconda metà del VI
sec. a. C. (e quindi la più antica testimonianza di armi a bordo che sia finora
nota) ;
- un elmo di bronzo dal relitto dell'Esterel, del I sec. a. C.26;
- due elmi di bronzo, diversi tra loro, dal relitto della Madrague de
Giens naufragato tra il 75 e il 50 a. C.27;
- una spada di ferro e un proiettile di pietra di forma sferica dal relitto
di Punta Scaletta, a Giannutri, datato poco oltre la metà del II sec. a. C.28;

23 1 primi tre recuperati furono già messi in collegamento dal Lamboglia, seppure
con incertezza e insieme a varie altre ipotesi, con i pericoli della pirateria, cfr.
N. Lamboglia, La nave romana di Albenga, in RSL, XVIII, 1952, p. 132 sgg., in partie, alle
p. 183-187; per gli altri recuperati successivamente, N. Lamboglia, // primo saggio di
scavo sulla nave romana di Albenga, in RSL, XXX, 1964, p. 219 sgg. Per elmi di tipo
simile, ved. anche G. Barruol-G. Sauzade, in RSL, XXXV, 1969 (= Miscellanea F. Benoît,
III), p. 15 sgg.
24 J. P. Joncheray, L'épave «C» de la Chrétienne, I suppl. aux Cahiers d'archéologie
subaquatique, 1975, p. 98 sgg.
25 Nel museo di Saint-Raphaël, ved. P. Fiori- J. P. Joncheray, Mobilier métallique
(outils, pièces de gréement, armes) provenant de fouilles sous-marines, in Cahiers d'archéologie
subaquatique, II, 1973, p. 84 sgg., pi. IV, 5 e D, 1 (per un errore di stampa, indicato nel
testo alla pi. IV, 4).
26 Per il relitto di Bon-Porté, ved. J. Joncheray, L'épave grecque ou étrusque de
Bon-Porté, in Cahiers d'archéologie subaquatiqueV, 1976, p. 23; per quello dell'Esterel,
A. Carrazé, À propos de quelques découvertes sous-marines de Carqueiranne aux îles
d'Hyères, in Cahiers d'archéologie subaquatique I, 1972, p. 127.
27 Inediti : gentile segnalazione di P. Pomey al quale sono debitore di varie altre utili
indicazioni di rinvenimenti sottomarini. Per il relitto di Giens, ved. A. Tchernia-P.
Pomey-A. Hesnard e altri, L'épave romaine de la Madrague de Giens (Var), Campagnes
1972-1975, Gallia, XXXIV suppl., Parigi 1978.
28 N. Lamboglia, La campagna 1963 sul relitto di Punta Scaletta all'isola di Giannutri,
Relazione preliminare, in RSL, XXX, 1964 (= Forma Maris Antiqui V, 1962-'64), p. 229 sgg.,
specialmente p. 252, figg. 16 e 19. Per la pietra sferica rinvenuta a bordo del relitto, con
tutta probabilità riconoscibile come palla da frombola, un confronto con analoghi
rinvenimenti di Talamone in P. Sommella, Antichi campi di battaglia in Italia, Quaderni
dell'Istituto di topografia antica dell'Università di Roma, II, Róma 1967, p. 27, fig. 18, con
bibl.
COMMERCI E PIRATERIA 237

- un elmo di bronzo dal relitto di Capo Testa, poco a occidente di


S. Teresa di Gallura (non lontano da Spargi), datato alla prima metà inoltrata
del I sec. a. C.29;
- una ghianda missile di piombo dal relitto del Sec, a Palma di Maiorca,
il cui naufragio è datato al secondo quarto del IV sec. a. C.30;
- una spada e un elmo di ferro dal relitto di Ses Salines, a Maiorca,
datato nella seconda metà del I sec. d. C.31;
- un elmo di ferro da un relitto carico di anfore di Saint Jordi, sempre
presso Maiorca, forse di età imperiale32;
- due spade di ferro dal relitto di Terrasini, presso Palermo, del III sec.
a. C.33.
Ampie lacune nella documentazione della maggior parte di questi
rinvenimenti - in alcuni casi i materiali sono del tutto inediti e in altri si dispone di
informazioni sommarie e incomplete - non consentono l'esame dettagliato dei
vari tipi di armi34. Basti qui constatare· la relativa abbondanza delle presenze

29 Inedito, è custodito negli uffici della Soprintendenza archeologica di Sassari e


Nuoro. Notizie di questo relitto e del suo carico di metalli sono state fornite dalla
dott.ssa F. Pallarés Salvador in una comunicazione pubblica, a Roma, Γ8/3/1980. Un
accenno, in Gianfrotta-Pomey, op. cit., p. 140, 187 e 189.
30 Cfr. F. Pallarés Salvador, La primera exploración sistemàtica del pedo del Sec
(Palma de Mallorca), in RSL, XXXVIII, 1972, p. 287 sgg., in partie, p. 318; El pedo del Sec
y su significación histórica, in Simposio internacional de colonizaciones (Barcelona 1971),
1974, p. 211 sgg.
31 Cfr. A. J. Parker, Lead ingots from a Roman ship at Ses Salines, Majorca, in UNA, 3,
1, 1974, p. 148.
32«Hallado en la immediata vecindad de un navio romano, junto con algunas
ânforas también romanas », cfr. J. Mascaró Pasarius, Noticia de algunos piezos arquelógi-
cos rescatados del fondo del mar en las Islas Baléares, in AEA, 41, 1968, p. 201, fig. 4 (dalla
figura non è possibile esprimere un giudizio sulla datazione) ; un accenno dello stesso A
anche negli Atti del IH Congresso internat, di archeologia sottomarina (Barcellona 1961),
Bordighera 1971, p. 83, fig. 24.
33 G. Purpura, // relitto di Terrasini, in Sicilia archeologica, VII, 24-25, 1974, p. 55,
fig. 18; V. Giustolisi, La nave romana di Terrasini, Palermo 1975, p. 35 sg., tav. XXII.
34 Tra altri recuperi sottomarini di armi, che non si sa se riferire a relitti di navi
militari ο di altro genere perché privi di notizie di rinvenimento ο perché recuperati
isolatamente, si segnalano : un elmo romano di bronzo, probabilmente del II sec. a. C,
casualmente rinvenuto a Yassi Ada, cfr. F. Hentschel, The Yassi Ada Helmet, in AIN A
Newsletter, 5, 2/3, Summer-Fall 1978, p. 7; due elmi di bronzo tardo repubblicani,
conservati nella sala «S.Giorgio» del Museo nazionale di Palermo, di provenienza
ignota ma certamente trovati in mare perché ricoperti da numerose incrostazioni
marine; un elmo di bronzo rinvenuto durante lavori di dragaggio nello stagno di
Gruissan, la parte settentrionale del porto antico di Narbonne, cfr. G. Barruol, in Gallia,
238 PIERO ALFREDO GIANFROTTA

di armi a bordo di navi commerciali che, oltre a fornire un nuovo indirizzo di


indagine, sembra documentare un fenomeno abbastanza diffuso e che si
protrae nel tempo.
Tali testimonianze, almeno in parte ricollegabili in modo più ο meno
indiretto alla pirateria, possono però prestarsi a diverse interpretazioni. Le
armi rinvenute potrebbero infatti avere fatto parte, in qualità di materiali
accessori, dei carichi trasportati35 ο piuttosto potrebbero essere riferite alla
presenza di militari sulle navi naufragate. Si potrebbe tra l'altro pensare,
specialmente per quei relitti degli ultimi due secoli della Repubblica
disseminati lungo le rotte verso occidente, a soldati che accompagnavano i carichi
destinati al rifornimento delle truppe; oppure a militari in viaggio di
trasferimento imbarcati come passeggeri su navi da carico36; oppure ancora la loro
presenza a bordo potrebbe essere legata a motivi particolari che sfuggono alle
possibilità dell'indagine archeologica, come, per fare un esempio, il naufragio
a Malta della nave da carico alessandrina con i soldati che scortavano S. Paolo
prigioniero alla volta di Roma37.
Nell'evidente difficoltà di ricorrere a un criterio di giudizio comune,
l'effettivo significato di ciascun rinvenimento andrà perciò valutato caso per
caso. Tra le possibili interpretazioni, la più plausibile, a nostro avviso resta
quella di riconoscere nelle armi rinvenute un indizio della presenza stabile di
uomini armati sulle navi mercantili, sia che si tratti di elementi appositamente
imbarcati in funzione di scorta ο di membri degli stessi equipaggi provvisti di
armi per affrontare situazioni di emergenza. Si sarebbe in questo caso di
fronte alla testimonianza archeologica di misure precauzionali adottate su
navi da carico per allontanare la minaccia dei pirati, nel tentativo di
respingere eventuali attacchi : la differenza dei tipi di elmi trovati su di una stessa

31, 1973, p. 477 sg. e B. Liou, ibid., p. 575 e in Gallia 33, 1975, p. 576; varie armi da un
giacimento di IV sec. d. C, al museo di Narbonne, cfr. P. Fiori- J. P. Joncheray, art. cit.,
p. 86.
35 Lo scarso numero di armi su ogni singolo relitto allontana la possibilità di
considerarle articoli di commercio. A un commercio, di seconda mano, possono essere
riferite quelle rinvenute, insieme a molti altri oggetti metallici, a Rochelongue, cfr.
A. Bouscaras, in RSL, XXX, 1964 (= Forma Maris Antiqui, V, 1962-'64), p. 288 sgg.;
H. Gallet de Santerre, in Gallia, 1966, p. 462 sgg. Una nave alessandrina carica di armi si
arena in Spagna, cfr. Suet., Galba, 10.
36 Tra i molti esempi, quello delle navi da carico adibite al trasporto delle truppe
verso la Spagna, catturate dalla flotta punica presso il porto di Cosa nel 218 a. C. (Liv.,
XXII, 11, 6), ο quello dei cavalieri arabi imbarcati come passeggeri sulla stessa nave di
Sinesio (Ep., 4, 160 sg.).
37 Act. Αρ., 27.
COMMERCI E PIRATERIA 239

nave, come ad Albenga e alla Madrague de Giens, sembra poi più adatta ad
armati improvvisati che a milizie regolari38.
Oltre che dalla nave di Spargi, dove le tracce di combattimento implicano
l'azione di elementi in grado di difendersi, una chiara conferma in questo
senso si ha dal racconto (Macr., Sat. IH, 6, 10 = Serv. (Dan.), ad Aeri. Vili, 363)
dell'avventura toccata al facoltoso mercante M. Octavius Herrenus il quale, nel
corso di una delle sue navigazioni commerciali, riferibili agli ultimi decenni
del II sec. a. C, « . . ., a praedonibus circumventus jortissime repugnavit et victor
recessit»i9; è implicito che se non avesse potuto disporre dei mezzi
indispensabili, armi e uomini idonei ad usarle, non sarebbe riuscito nella difficile
impresa.
Da un noto passo del Digesto (IV, 9 1, 1-3) è poi attestato, tra le varie
funzioni non direttamente legate alle manovre della navigazione del personale
delle navi commerciali, il ruolo dei ναυφύλακες volto ad assicurare la
sorveglianza della nave e a garantire l'ordine a bordo. Veri e propri «guardiani
della nave », all'occorrenza armati, che, oltre a fare la guardia all'imbarcazione
nei porti per impedire furti ο altri danneggiamenti, espletavano il proprio
compito col vigilare su questioni interne alla nave e cioè sul corretto (almeno
dal punto di vista del padrone e/o armatore e/o comandante della nave)
svolgersi dei molteplici aspetti della vita di bordo. « C'est-à-dire », secondo il
Rougé, «éviter les conflits entre les membres de l'équipage, entre eux et les
passagers, enfin entre les passagers eux-mêmes; surveiller la cargaison pour
empêcher les vols et les détériorations criminelles; veiller à ce qu'il ne se
commette à bord aucun acte de nature préjudiciable à la bonne marche du
navire, en particulier aucun acte de mauvais augure »40.

38 Per i due relitti ved. le note 23 e 27. A volte anche nell'esercito venivano
adoperate armi di varia foggia, sovente di proprietà personale, cfr. già N. Lamboglia, La
nave romana di Albenga, cit., p. 186. In alcuni casi la manifesta presenza di armati a
bordo, già nei porti e in altri luoghi di attracco, poteva esercitare una dissuasione
preventiva in eventuali malintenzionati non disposti a correre eccessivi rischi. Non si
può, infine, escludere la normale dotazione sulle navi mercantili di una piccola armeria
sotto controllo da parte del comandante della nave.
39 Sul personaggio che a ricordo della vicenda dedicò a Roma un tempio ed una
statua a Hercules Victor, cfr. F. Coarelli, in Roma e l'Italia fra i Gracchi e Siila, in Ό Arch,
IV-V, 1970-71, p. 179 sgg.
40 J. Rougé, Recherches sur l'organisation du commerce maritime en Méditerranée sous
l'Empire romain, Paris 1966, p. 218. Di recente, B. Bravo nell'interessante studio sulla
lettera di piombo di Berezan' (in DHA, 1, 1974, spec, a p. 163 sgg. e nuovamente in DHA,
3, 1977, a p. 30 sgg.) ha introdotto altre sfumature nella definizione dei compiti del
ναυφύλαξ, assimilandoli a quelli del νεουρός e del δίοπος di età arcaica e classica. Ma si
ved. le osservazioni di A. Mele, op. cit., alla nota 1, p. 9 sg.; cfr. anche J. Vélissaropoulos,
Les nauclères grecs, Ginevra 1980, p. 82-86.
240 PIERO ALFREDO GIANFROTTA

Ma se pure l'espletamento di così articolate mansioni era di norma rivolto


a garantire l'ordine interno, non si può tuttavia escludere che in caso di
necessità il compito di difendere la nave da pericoli esterni gravasse
principalmente su chi più degli altri fosse in grado di cavarsela in combattimento.
Anche in base all'evidenza archeologica, sembrerebbe quindi che su molte
navi commerciali fossero adottate misure di sicurezza, sebbene di limitata
efficacia, per tentare di respingere le minacce della pirateria ο gli atti di
brigantaggio in genere, facendo ricorso a scorte armate.
A una sorta cioè di polizia privata, per molti aspetti avvicinabile alle
organizzazioni, così fiorenti in questi ultimi anni grazie alla crisi della polizia
ufficiale, dei « vigilantes » ο « sceriffi » assoldati a guardia delle banche ο dei
personaggi particolarmente facoltosi più esposti al pericolo di rapimento a
scopo di riscatto41; ma è naturale che il più delle volte l'azione di difesa
venisse assolta dai membri, probabilmente i più robusti, dello stesso
equipaggio, anche perché non sempre doveva essere possibile permettersi di ricorrere
a elementi appositamente ingaggiati42.
A veri e propri servizi di scorta, probabilmente effettuati da milizie
regolari, dovevano essere addetti i φυλακϊται, menzionati in papiri del III e del
II sec. a. C. relativi al trasporto dei rifornimenti granari egiziani a Roma43,
come pure i contigenti armati imbarcati sui convogli mercantili che
attraversavano il Mar Rosso ai quali si riferiscono le notizie di Plinio (N.h. VI, 101 sgg.)
e di Filostrato (Vit. Apoll. Ill, 35) 44.
Pur ribadendo l'impossibilità allo stato attuale delle ricerche di ridurre ad
un unico schema interpretativo gli esempi qui segnalati, tra loro
geograficamente e cronologicamente differenziati, va però osservato che il gruppo più

41 Secondo un calcolo ufficiale, nel 1978 già operavano in Italia 570 istituti privati di
vigilanza, con 26.323 guardie giurate, delle quali 25.900 autorizzate a portare armi. A tali
cifre vanno aggiunti numerosi altri elementi alle dirette dipendenze di aziende ο enti
(cfr. M. Concina, in // Messagero, Roma 24/10/1979).
42 Cfr. B. Bravo, in DHA, 1, cit., p. 168.
43 Ultim., J. Frosén, Le transport du blé et le rôle des έπίπλοοι,, in Arctos, XII, 1978, p. 5
sgg., che troppo semplicisticamente sottovaluta l'utilità della sorveglianza armata (p. 7).
Un άργι,ναυφύλαξ e un φύλαξ, ma in tutt' altro contesto, tra il personale di una nave
della flotta rodia sono menzionati in un'iscrizione di Rodi, del I sec. a. C, cfr. A. Maiuri,
in ASAA, II, 1916, p. 136, n. 2; in questo caso, secondo il Rostovtzeff (op. cit., Il p. 97), con
funzioni rivolte a garantire la disciplina interna alla nave e alla sorveglianza dei
rematori.
44 Cfr. H. A. Ormerod, op. cit., p. 258; M. Rostovtzeff, Storia economica e sociale
dell'impero romano, trad. it. Firenze 1976, p. 180 sgg. Con ruolo analogo a quello degli
έρημοφύλακες di scorta alle carovane attraverso il deserto, dietro pagamento di regolare
imposta, cfr. Rostovtzeff, op. cit., a nota 15, II, p. 79 sg.
COMMERCI E PIRATERIA 241

numeroso di essi si data nell'arco di un centinaio di anni, tra la metà del II


sec. a. C. e la metà del secolo seguente. Su un totale di tredici relitti con
rinvenimenti di armi : uno è di VI sec. a. C, quello di Bon-Porté; uno è di IV
sec. a. C, quello del Sec a Palma di Maiorca, il cui naufragio è reso
particolarmente sospetto da tracce di incendio riscontrate a bordo e dalla tradizionale
vocazione alla pirateria degli abitanti delle Baleari45; uno, quello di Terrasini,
è di III sec. a. C; due alle Baleari, della prima età imperiale; uno, quello della
Chrétienne C, di poco anteriore alla metà del II sec. a. C. ; sette si datano
invece tra la metà del II e la metà del I sec. a. C.46. Gli esempi di età
tardo-repubblicana costituiscono quindi più del 50%.
Certamente il valore statistico di queste cifre va preso con molta cautela,
anche in considerazione del limitato numero complessivo degli esempi a
disposizione e del carattere quasi sempre occasionale dei rinvenimenti
sottomarini. Non si può però tralasciare di sottolineare la loro sorprendente
corrispondenza con il periodo di massimo sviluppo della pirateria47; sviluppo
che in tutto il Mediterraneo raggiunge l'apice proprio nella seconda metà del
II sec. a. C. e nei primi decenni del I secolo, attraverso una diffusione capillare
e un susseguirsi di vicende, ben note, che oltre all'Egeo investono in pieno le
coste italiane48.
Un ulteriore, significativo collegamento si può infine istituire con quanto
si ricava da un primo quadro d'insieme delle presenze di relitti lungo le coste
delle regioni occidentali del Mediterraneo, dove più attiva si è svolta la ricerca
sottomarina, e soprattutto dalla loro ripartizione cronologica. Anche in questo

45 Notizie sulle tracce d'incendio mi sono state fornite dal sig. R. Ferrandi che
partecipò ai lavori sottomarini. Ved. anche alla nota 30.
È curioso, data la particolare fama di abilità dei frombolieri delle Baleari, che
proprio su questo relitto si sia rinvenuta una ghianda missile. Sulla pirateria nelle
Baleari, cfr. H. A. Ormerod, op. cit., p. 27, 151, 166, 223, 236; ved. anche M. G. Morgan, The
Roman Conquest of the Baleari Isles, in CSCA 2, 1969, p. 217 sgg.
46 Ved. a p. 235.
47 Anche come fenomeno sociale, cfr. Y. Garlan, art. cit., p. 4 sg. e i contributi di
P. Briant, in DHA, 2, 1976, p. 163 sgg. e di M. Clavel-Lévêque, in DHA, 4, 1978, p. 17 sgg.
48 Cfr. nota 20. Scorrerie di pirati a Cosa, secondo un'ipotesi di F. E. Brown, in
DArch, IV- V, 1970-71, p. 362 sg.
Forse anche per la suggestione di recenti vicende, non meraviglia che anche
personaggi « al di sopra di ogni sospetto », e perfino di illustri famiglie (Plut., Pomp. 24),
fossero implicati nei traffici della pirateria, dati gli enormi guadagni che potevano
derivare da complicità di vario genere (o con partecipazione diretta o, ad es. fornendo
informazioni preziose, rivendendo le merci rubate, frodando le assicurazioni marittime,
ecc). Complicità con i pirati sono evidenti anche nell'episodio di Cesare con i pirati e
nel suo atteggiamento nei confronti di M. Iunius (Juncus ο Silanus?, cfr. A.M. Ward, in
CPh, 70, 1975, p. 267 sg., ivi per le fonti letterarie).

MEFRA 1981, 1.
242 PIERO ALFREDO GIANFROTTA

caso non si può contare sulla completa obiettività dei risultati, almeno
parzialmente condizionati da fattori di varia natura (intensità e qualità del
lavoro archeologico nei vari paesi, differenze nella conformazione dei fondali
con conseguenze sul grado di reperibilità e sullo stato di conservazione dei
relitti ecc), ma sembrerebbe riflettere una situazione reale il dato, di
proporzioni vistose, relativo al numero dei relitti di navi commerciali naufragate nel
II e nel I sec. a. C, notevolmente più alto di quelli attestati per altri periodi.
Già il Lamboglia nel 1961, facendo il punto dei risultati delle ricerche
archeologiche sottomarine nel Mediterraneo occidentale, aveva attirato
l'attenzione su questa disparità numerica, che presentava allora caratteri ancora
più accentuati, e recentemente R. Lequément e B. Liou hanno fornito un
computo dettagliato dei relitti antichi identificati lungo la costa mediterranea
della Francia, con circa la metà delle presenze riferibili al II e alla prima metà
del I sec. a. C.49. Le cause all'origine di tale fenomeno sono probabilmente
molteplici : non sembra però più trascurabile, a questo punto, la propabile
connessione con gli effetti della pirateria e con gli elevatissimi rischi corsi
dalla navigazione in quel medesimo lasso di tempo50.

Università di Roma Piero Alfredo Gianfrotta

49 N. Lamboglia, Cronologia relativa dei relitti romani nel Mediterraneo occidentale, in


Atti del HI Congresso internai, di archeologia sottomarina (Barcellona 1961), Bordigli era
1971, p. 371 sgg.; R. Lequément-B. Liou, Les épaves de la côte de Transalpine. Essai de
dénombrement, suivi de quelques observations sur le trafic maritime aux IIe et er siècles
avant J.-C, in Cahiers ligures de préhistoire et d'archéologie, 24, 1975, p. 76 sgg.
50 È difficile valutarne le proporzioni dal momento che i meccanismi dei naufragi
sono noti solo in pochissimi casi. In generale, su questi aspetti della ricerca, cfr.
Gianfrotta- Pomey, op. cit., p. 61 sgg.

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