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Intorno al ritratto «Ho sempre pensato che la storia dell’arte,

Intorno al ritratto. Origini, sviluppi e trasformazioni


pur mantenendo tutte le sue specificità,
Origini, sviluppi e trasformazioni dovesse dialogare con la storia tout court,
sociale, politica, religiosa, e l’esperienza
del ritratto – nella variazione delle sue mo-
dalità, ma anche nella persistenza nel tem-
po di alcune delle sue funzioni essenziali –
può offrire una eccellente testimonianza».

Enrico Castelnuovo

Il volume trae il titolo dal convegno


svoltosi a Torino nel dicembre 2016,
promosso e organizzato da un grup-
po di dottorandi e dottori di ricerca
del Corso di Dottorato in Scienze Ar-
cheologiche, Storiche e Storico-Artisti-

aA
che del Dipartimento di Studi Storici
dell’Ateneo torinese. L’idea di incen-
trare l’iniziativa sul tema del ritratto è
scaturita da un ciclo di incontri semina-
aA aAaAaAaAaAaAaAaA ccademia riali in cui si è riflettuto sull’approccio aA
university metodologico seguito da Enrico Castel-
press nuovo nel saggio Il significato del ritratto
pittorico nella società (1973). Sulla base di
questo studio e a partire dalle relazioni
esposte, si sono voluti riunire i contri-
buti di giovani studiosi e di studiosi di
consolidata esperienza.
All’articolazione del convegno cor-
rispondono le quattro sezioni che
scandiscono la sequenza degli oltre
quaranta testi: Antichità, Medioevo,
età moderna e contemporanea. Dal-
le rappresentazioni arcaiche del Vici-
no Oriente antico si passa alle forme
dell’arte classica, per attraversare il Me-
dioevo e pervenire alle espressioni del
ritratto moderno e contemporaneo,
con le loro più riconoscibili implicazio-
ni. Calato nel contesto storico, sociale,
politico e religioso, il ritratto è indagato
sotto differenti profili e in una prospet-
tiva multidisciplinare, che non manca
di considerare le fonti scritte nelle loro
valenze storica e letteraria.
ISBN: 978-88-31978-149

in copertina:
Francesco Laurana, busto muliebre,
cosiddetta Eleonora d’Aragona,
1471 circa, marmo.
Palermo, Palazzo Abatellis, Galleria 9 788831 978149
Regionale della Sicilia ¤ 34,00
PROSPETTIVE STORICHE
Studi e ricerche
collana diretta da
Gianluca Cu niberti

comitato scientifico
Filippo Carlà-Uhink, Jean Yves Frétigné, Jean-Louis Gaulin,
Anna Gu arducci, Girolamo Imbruglia, Manuela Mari,
Michel Perrin, Lu ca Peyronel, Claude Pouzadoux,
Margarita Pérez Pu lido, Serena Romano
Intorno al ritratto
Origini, sviluppi e trasformazioni
Studi a margine del saggio di Enrico Castelnuovo,
Il significato del ritratto pittorico nella società (1973)

a cura di
Fabrizio Crivello e Laura Zamparo
con la collaborazione di
Federica Boràgina
IV

I testi sono stati sottoposti a procedura di revisione scientifica.

Redazione e coordinamento redazionale


Laura Zamparo

L’editore si dichiara disponibile a soddisfare eventuali oneri


derivanti da diritti di riproduzione per le immagini
di cui non sia stato possibile reperire gli aventi diritto.
È vietata la riproduzione, con qualsiasi procedimento,
della presente opera o di parti di essa.

La pubblicazione del presente volume è stata realizzata


con il contributo dell’Università degli Studi di Torino,
Dipartimento di Studi Storici.

© 2019
Accademia University Press
via Carlo Alberto 55
I-10123 Torino

prima edizione giugno 2019


isbn 978-88-31978-14-9

book design boffetta.com

Accademia University Press è un marchio registrato di proprietà


di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl
Indice INTRODUZIONE Fabrizio Crivello IX
Enrico Castelnuovo e il ritratto:
spunti familiari Guido Castelnuovo XIII
Temi e snodi negli studi sul ritratto
di Enrico Castelnuovo Fabrizio Crivello XVII

I. L’ANTICHITÀ
LA SIMILITUDO NELLA RITRATTISTICA ANTICA:
IL CASO DELLA GRECIA Massimiliano Papini 3
I ritratti reali neo-assiri tra identificazione simbolica
e valenza politica: il caso delle mutilazioni Eleonora Quirico 17
Hamâ e le altre. Rappresentazioni delle
consorti reali nell’arte neo-assira Alessandra Cellerino 25
Il ritratto del sovrano nell’arte dell’Oriente
ellenistico e partico Jacopo Bruno 33
I ritratti scultorei di Nasru, signore di Hatra.
Segni del potere di un importante sovrano
locale nella città del dio Sole Enrico Foietta 41
V
Ritratti dal Bruzio romano meridionale:
Agrippa e Adriano a Vibo Valentia e Taureana Gianluca Sapio 51
Tra arte imperiale e tradizioni locali:
formule iconografiche e sviluppi regionali
nella scultura del III secolo d.C. Fabio Guidetti 57
La ritrattistica imperiale romana del III secolo d.C.
nel suo lessico critico. Sugli antonimi
‘impressionistico’- ‘espressionistico’
e ‘pittorico/ottico’-‘plastico’ Marco Ruffilli 65
Rare tipologie di ritratti degli evangelisti
nel Libro dei Vangeli latino in età tardoantica Laura Zamparo 73

II. IL MEDIOEVO
IL RITRATTO NEL MEDIOEVO: UNA CORNICE Michele Tomasi 83
Le icone archetipiche dei santi nell’alto Medioevo:
origine, funzione e percezione di una specifica
tipologia di ritratto ‘dal vero’ e ‘a somiglianza’
dell’effigiato Teodoro De Giorgio 93
La rappresentazione del sovrano Gagik I
ad Ałt‘amar Alessia Boschis 99
Indice
L’immagine del re sconfitto: Harold d’Inghilterra
nelle fonti del secolo XI Luigi Provero 107
«Henricvs vivvs in ere». Il ritratto a smalto
di Enrico di Blois Alessia Marzo 115
Il sé pubblico allo specchio della morte.
Considerazioni sul testamento del canonico
vercellese Salimbene di Torcello (1241) Francesco Cissello 121
«Maynfridus Dei gracia rex Sicilie».
I sigilli come ritratti ‘ufficiali’ di re Manfredi
(1232?-1266) Francesca Soffientino 127
I ritratti di Sigilgaita Valentino Pace 133
I perduti ritratti di Pietro d’Aragona e Costanza di Svevia
all’Incoronata di Palermo: fonti e problemi Giampaolo Distefano 141
Ritratto dall’archivio: Margherita Datini (1384-1410) Giulio Biondi 149
Un ritratto scolpito tra i faldoni d’archivio.
Umberto Anglici priore di Sant’Orso d’Aosta
(1440-1467/1468) Elena Corniolo 155

III. L’ETÀ MODERNA


VI
I MOLTI PUNTI DI VISTA
DI UN GENERE FORTUNATO Michela di Macco 163
Simile o equivalente? Sul ‘realismo’
della ritrattistica votiva Pietro Conte 177
Un perduto ritratto toscano di Alessandro Ardente Clara Seghesio 183
Biografia e ritratto di Martin Schongauer nell’arte
e nella letteratura italiana fra XVI e XVII secolo Giovanni Maria Fara 191
Da Rubens a Finelli. Il ritratto di Seneca come modello
culturale nella prima metà del XVII secolo Giacomo Montanari 197
I ritratti come dono diplomatico: il caso di Torino
nelle lettere del residente sabaudo a Milano
Angelo Porro (1660-1688) Francesca Grano 205
«Bianca, morbida et soda». Sulla bellezza femminile
nei ritratti in marmo d’età barocca Francesca Santamaria 211
Onorato VI Caetani e il ritratto come metodo
ermeneutico nella Roma dell’Illuminismo Francesco Leonelli 219
La ritrattistica inglese a maniera nera: i ‘Recueils Smith’
nelle collezioni parigine settecentesche Alice Ottazzi 227
Ritratto e visione nel Traité complet de la peinture
di Jacques-Nicolas Paillot de Montabert Alessandra Ronetti 233
Indice
IV. L’ETÀ CONTEMPORANEA
RITRATTO, STORIA DEL VISO, SGUARDO:
METAMORFOSI MODERNE Alessandro Del Puppo 243
L’alterità africana nei ritratti coloniali tra fine
Ottocento e primo Novecento Priscilla Manfren 251
I Fontana e il ritratto: innovazione e tradizione
di un genere tra XIX e XX secolo Daniela Alejandra Sbaraglia 257
L’icona del capo: il Dux di Thayaht. Su un ritratto
moltiplicato di Mussolini Costanza Paolillo 265
Il ritratto in copertina. Lidel specchio di arte
ed eleganza Marta Sironi 273
La ritrattistica meditativa di Pietro Comolli Elena Di Raddo
Ginevra Addis 281
Filippo de Pisis alla Galerie de Paris: le mostre
Portraits contemporains negli anni Trenta Giulia Toso 289
Giuseppe Guerreschi 1967-1974: due ritratti
di Ottavia Manunta Maria Rossa 295
Oltre il ritratto: Intellettuale di Fabio Mauri Federica Boràgina 303
Lynn Hershman Leeson vs. Roberta Breitmore:
la performance come (auto)ritratto Caterina Iaquinta 311 VII

Contemporanei anacronisti: quando i ritratti di


oggi ricalcano i ritratti moderni Giusy Petruzzelli 319
Ragnar Kjartansson. Il ritratto nelle sue
declinazioni contemporanee Marco Scotti 327

Crediti fotografici 333


Gli autori 336
VIII

Si ringraziano i componenti del comitato organizzativo del convegno svoltosi a Torino


nel dicembre 2016, da cui ha preso avvio la pubblicazione: Federica Boràgina, Jacopo
Bruno, Francesco Cissello, Francesca Demarchi, Giampaolo Distefano, Alessia Marzo,
Gianluca Sapio, Mauro Spina, Giulia Toso e Laura Zamparo. Per consigli e suggerimen-
ti si ringraziano inoltre Monique Antunes, Alessandro Morandotti e Federica Rovati.
Intorno
al ritratto INTRODUZIONE

I testi qui riuniti sono il risultato degli sforzi messi in atto da un grup- IX
po di dottorandi e dottori di ricerca del Corso di Dottorato in Scienze
Archeologiche, Storiche e Storico-Artistiche del Dipartimento di Studi
Storici dell’Università degli Studi di Torino. All’inizio del dicembre 2016,
dopo una lunga preparazione, hanno promosso e organizzato, rivolgen-
dosi prevalentemente a giovani studiosi di altre università, un convegno
dedicato al ritratto, il cui titolo corrisponde a quello di questo volume.
L’iniziativa era nata da un ciclo di incontri seminariali incentrati sulla
lettura e il commento del saggio di Enrico Castelnuovo, Il significato del
ritratto pittorico nella società (1973). Di qui è disceso, unitamente al dialogo
tra discipline, l’interesse per il contesto storico e sociale che ruota intorno
alle opere e alle personalità. Con relazioni che hanno spaziato dal Vicino
Oriente antico all’età contemporanea, si è riflettuto su diversi aspetti del
ritratto e sulla base di questi presupposti si sono voluti sollecitare, pre-
sentare e riunire altri contributi sul tema.
All’articolazione del convegno corrispondono le quattro sezioni che
scandiscono la sequenza degli oltre quaranta testi: Antichità, Medioe-
vo, età moderna e contemporanea. Dalle rappresentazioni arcaiche del
Vicino Oriente si passa alle forme dell’arte classica, per attraversare il
Medioevo e, quindi, giungere al ritratto moderno e contemporaneo, con
le più riconoscibili implicazioni sociali e politiche. Nella prospettiva di
multidisciplinarietà è stata riservata attenzione anche alle fonti scritte,
viste come possibile specchio in grado di restituire la fisionomia non solo
visiva di un individuo.
Accanto ai giovani, hanno partecipato studiosi di consolidata esperien-
za, che in alcuni casi sono intervenuti durante il convegno, ma che soprat-
Intorno
al ritratto
tutto hanno coordinato le sezioni. A loro è stato poi affidato il non facile
compito di introdurre e, in qualche misura, raccordare i molti contributi
raccolti. Grazie alle disponibilità del Dipartimento di Studi Storici, che
ne ha voluto la pubblicazione per inaugurare una nuova serie di pubbli-
cazioni dipartimentali, e al consistente e protratto lavoro di revisione dei
testi e di coordinamento redazionale si è così potuto giungere alla stampa.

Enrico Castelnuovo probabilmente sarebbe stato fiero dei propositi che


hanno animato i giovani studiosi appassionatisi alla sua lettura. A lui, a
distanza di cinque anni dalla scomparsa, nelle intenzioni di tutti gli attori
coinvolti è dedicato il volume.

Fabrizio Crivello
Torino, maggio 2019

X
XI

alla pagina seguente:


John Tenniel, Cheshire Cat in the Tree Above Alice, 1889 circa, disegno acquerellato.
New York, The Pierpont Morgan Library, inv. n. 2005.197
Intorno
al ritratto Enrico Castelnuovo e il ritratto: spunti familiari
Guido Castelnuovo

Enrico Castelnuovo non amava disegnare. Penna e matita servivano per XIII
appuntare, ovunque, titoli, citazioni, luoghi visitati e da visitare. Nelle
sue agende, nascosti nelle annotatissime pagine di svariati libri o sempli-
cemente su fogli volanti, non ho, invece, trovato né schizzi, né bozzetti,
né ritratti. Mio padre, dunque, non amava – né, a dir la verità, sape-
va – ritrarre, e ha tranquillamente tramandato questa sua mancanza al
proprio figlio.
Le sue armi erano altre: fra queste svettavano centinaia e centinaia di
cartoline e diapositive tratteggianti luoghi e visi, angeli e demoni. E se
la cartolina mancava, ecco il libro, il libriccino, l’opuscolo che aguzzava
il ricordo e la sua immaginazione. Ma di ritratti di sua mano, nemmeno
l’ombra. E di ritratti in casa, di quelli appesi alle (rare) pareti sgombre di
libri, un’ombra quasi altrettanto lontana. Certo, non mancavano stampe
di volti, soprattutto maschili, ma si trattava di una galleria muta e per-
lopiù moscia.
Da amico, Fabrizio Crivello mi ha chiesto di arrovellarmi su ogni pos-
sibile ricordo ritrattistico in ambito familiare. Ahimè, cosa fare quando
tali ricordi scarseggiano? Forse, la migliore risposta è chiedersi perché:
perché i pochi quadri e le più numerose (ma spesso disdegnate) stampe
non furono mai oggetto né di rapide chiose (tranne le gravures di Honoré
Daumier inducenti al sorriso, se non alla franca risata) né di più ampie
descrizioni/discussioni? Perché il centinaio di disegni in carboncino che
la bisnonna Elbina Enriques aveva freneticamente tratteggiato subito
prima di sposare Guido Castelnuovo, il mio omonimo avo, sono stati
faticosamente scoperti (e ammirati) soltanto dopo la morte di Enrico?
Perché preferimmo sempre – almeno sin dove arrivano i miei ricordi
Intorno
al ritratto
‘adulti’ – discutere di Alpi e di artisti, di artisti e società, di arte alpina
nella società medievale, e così poco di ritratti artistici in quanto tali?
Sono convinto che la risposta (o perlomeno una delle risposte) a tale
quesito sia semplice e indicativa. Fabrizio Crivello e Michele Tomasi la
conoscono assai meglio di me e del resto l’hanno scritta a quattro mani: lo
studio del ritratto come ‘banco di prova’ degli interessi e delle interpreta-
zioni storico-artistiche di Enrico; la riflessione sul ritratto come strumento
di conoscenza e di lettura dei rapporti fra arte e società, fra tecnica e
politica, fra artisti e committenti. Ecco, allora, che il ritratto acquista tut-
to il suo incanto e che brilla del suo poliedrico splendore, dall’Avignone
di Matteo Giovannetti e dei suoi ritratti di gruppo nella cappella di San
Marziale (ritratti di cui Enrico mi parlò ancora con trasporto… quando
mi trasportai io stesso ad Avignone) ai san Cristofori giganti delle chie-
sette alpine a lui così care.
Per mio padre, il ritratto – un’espressione e un lavoro che lo accom-
pagnarono per oltre mezzo secolo – fu innanzitutto uno stato d’animo e
uno stratagemma di ricerca.
La sua curiosità, individuale e intellettuale, lo avvicinava irresistibil-
mente a ogni persona che, per l’un o l’altro motivo, lo interessava e lo
stimolava. Non si ricordava mai i nomi dei suoi interlocutori (per lui era-
no semplici bi- o trisillabi) e non riusciva nemmeno a descrivere con chia-
rezza le loro fattezze; eppur il loro volto rimaneva per sempre stampato
nella sua mente, me ne sono accorto ricordando il suo sorriso interiore
e rivedendo le fotografie da lui prese negli ultimi anni.
Al contempo, attraverso i volti e i corpi, i materiali e i colori, i mecenati
XIV e i loro pubblici, il ritratto è stato, per lui storico dell’arte, un filo d’A-
rianna, o forse una tela di Penelope. Il suo studio gli ha permesso, nella
lunga durata e di là della pura connoisseurship, di toccare con gli occhi tre
dei suoi temi prediletti: il fascino dell’artista, la maestria della tecnica, il
richiamo della storia.
Incastonato in una vetrata o sobrio in una stampa, sfavillante su una
tavola o nascosto in un affresco, il ritratto fu, per Enrico, una delle strade
maestre per conoscere, riconoscere e far conoscere quel che più gli stava
a cuore: il valore e il merito della storia sociale dell’arte. Il ritratto, dun-
que, nella storia e per la società; non il ritratto di famiglia e in memoriam.
Del resto, trovare un bel ritratto di Enrico, è tuttora, pudeur oblige, mis-
sione quasi impossibile. Non a caso, uno dei ritratti che più gli garbava,
opera del geniale John Tenniel, era quello del Cheshire Cat di alicesca me-
moria, il cui ironico sorriso aleggia per sempre dagli alti rami dell’albero
dal quale il gatto è ormai svanito. Ed è proprio così che mi piace, ancora
adesso, ricordare il volto e il lavoro di Enrico Castelnuovo.
Intorno
al ritratto RITRATTO, STORIA DEL VISO, SGUARDO:
METAMORFOSI MODERNE
Alessandro Del Puppo

Volendo dare sin dall’inizio un buon esempio, nell’Evoluzione dei 243


generi nella storia della letteratura (1890) Ferdinand Brunetière prese
in considerazione la storia dell’arte. Da una costola della pittura
di storia volle così far discendere il ritratto; esteso alle notazioni
d’ambiente, lo ritenne pronubo alla pittura di genere.
Le cose non erano andate proprio così, perlomeno non nei modi
spicci in cui ne parlava Brunetière. Ma le ragioni di tale scelta sono
abbastanza chiare. L’Ottocento era stato per eccellenza il secolo
della pittura di cavalletto; la pratica del ritratto aveva alimenta-
to buona parte di questo primato. Sin dall’inizio infatti, nella sua
declinazione moderna, e cioè borghese, il ritratto era in grado di
rispondere a due possibili funzioni.
a prima era uella, tradizionale, di un’effigie eternata nella
forma, come rappresentazione simbolica di sé e del proprio status.
Implicava un rapporto di committenza diretta non troppo diverso
da quello intentato per secoli dalle aristocrazie. All’interno del-
lo spazio borghese, che poi era uello della raffigurazione della
propria rispettabilità sociale (o di un tratto eroico, come racconta
Edgar Wind a proposito di Hume), il ritratto generò un merca-
to proprio. Non ne restò immune neppure il più sublime degli
interpreti: i disegni a mina di piombo che Ingres realizzò nella
Roma napoleonica prima e restaurata poi, erano la risposta più
squisitamente commerciale a un prodotto che godeva di ampia
richiesta.
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
La seconda funzione intese il ritratto, ben al di là della sua dispo-
nibilità a merce di scambio borghese, come il luogo per eccellenza
dell’esplorazione, dello scandaglio, della restituzione psicologica.
Da questo punto di vista, le vene scoppiate sulla cornea traslucida
della maniaca dipinta da Géricault nel quadro (cioè, un ritratto)
di Digione, valgono, per intero, più o meno tutto l’armamentario
che tra Biedermeier e Jugendstil riempì le case prima e poi anche
i musei di compunti ritratti familiari e di educatissime conversation
pièces. Quella dell’introspezione è una possibilità che la pittura gua-
dagnò col tempo, e con fatica, rivaleggiando, e non poco, con la
letteratura. Esiste d’altra parte qualcosa in grado di restituire, sul
piano visivo, le righe con cui Saint Simon illustra il duca di Noailles,
«la copia più esatta, fedele, perfetta» del serpente che tentò Eva?
Leggiamone un passo: «Mai sbalzi d’umore, perfetta placidità, arte
incantevole dell’insinuarsi, linguaggio di cortigiano, frasario don-
nesco, convitato ideale, privo di gusti quando è il caso, e pronto a
indossare seduta stante i gusti degli altri». «Il ritratto come gene-
re – osservava Cioran nell’introdurre la sua indimenticabile anto-
logia di mémoires settecenteschi – è nato perlopiù dal risentimento e
dall’esasperazione dell’uomo di mondo che ha frequentato troppo i
suoi simili per non aborrirli». Non sempre il ritratto corrispondeva
dun ue al referto deferente. uasi sempre, la risposta pi efficace
era data dall’insofferenza, se non dall’astio; meglio ancora che con
244
i tratti di colore, prese forma con l’inchiostro, specie se intinto nel
fiele.
E d’altra parte, sono sicuro che non pochi ancor oggi darebbero
volentieri tutta la ritrattistica lombarda dell’Ottocento in cambio
delle pagine dove Natalia Ginzburg, nella Famiglia Manzoni, ci fa
leggere la miglior galleria di ritratti di quell’epoca.
Esibizione di sé o scavo psicologico; merce partecipe a sistema
commerciale o testimonianza inviolabile della Stimmung; rispetta-
bilità borghese (e poi, anche piccolo borghese) od ostentazione «ri-
voluzionaria»; soma o psiche. O tutte queste cose insieme. Non c’è
un altro genere pittorico che attragga così tante opposte intenzioni.
Oltre a molto altro, nel Ritratto Gogol consegnò proprio per
questo una satira sui trucchi e sulle abilità del ritrattista alla moda,
che piegava il proprio mestiere (e tradiva la propria vocazione) al
successo mondano, assecondando un patetico travestitismo: «Chi
voleva Marte, lui metteva Marte nel viso; chi mirava Byron, gli dava
una posa e un atteggiamento byroniani. Volessero le dame esser
Corinne, Ondine, Aspasie, lui colla massima buona grazia accor-
dava tutto e, di suo, aggiungeva quanto bastava di avvenenza, la
quale come è noto non guasta mai, e in nome della quale spesso si
perdona alla pittura la mancata rassomiglianza».
Baudelaire dovette affrontare impicci non dissimili, quando si
trovò a ragionare sulla quantità di ritratti incontrati lungo le pa-
reti del Salon del 1859. Nel grande ritrattista, scriveva il poeta,
RITRATTO, l’obbedienza al soggetto non poteva essere minore dell’intuizione.
STORIA DEL VISO,
SGUARDO: rodurre un’effigie dipinta implicava una pari ricerca tra ci che
METAMORFOSI
MODERNE
era reso evidente e ciò che invece restava, nonostante tutto, occulto.
Alessandro Del Puppo Tutto infatti deve concorrere a rappresentare il carattere, poiché alla
fine il ritratto altro non corrisponde che a una biografia drammatiz-
zata, «o meglio come il dramma naturale immanente a ogni uomo».
Il resto, cioè il camuffamento poetico preso in genere dal passato è
un’aggiunta reputata indispensabile dalla sola deplorevole abilità
del pittore: una malintesa accezione di ‘stile’.
L’alibi che in tal modo il ritrattista consegnava alla moda era
duplice. Offriva una rappresentazione edulcorata di sé, omolo-
gandola alle aspettative di una sfera pubblica (prima ancora che
esistesse nstagram, per dire ; e teneva sufficientemente a bada il
rischio della perfezione mimetica. Maggiore era la rassomiglianza,
scriveva sempre Gogol, più forte stava l’angoscia e l’inquietudine.
Lo sguardo del ritratto era fonte di terrore, ‘sensazione morbosa
e tormentosa’. Al suo grado più alto, e più temibile, il ritratto non
era la copia delle fattezze: era, piuttosto, «il ritratto di un morto
levatosi dalla tomba».
Il terrore atavico di cui parla Gogol era inscritto nell’atto di
nascita del ritratto. Se il suo archetipo è infatti da rintracciare nel-
la maschera funebre, la sua immagine sarà sempre l’immagine di
un’assenza. Un’assenza che genera dolore, suscita il desiderio di un
245
succedaneo e, insieme a esso, produce lo choc dell’iperrealismo.
Agisce qui quella che Julius von Schlosser, nel memorabile saggio
sulla ceroplastica, defin Bilderzauber. La magia quindi dell’imma-
gine, che parte da una allusione pittografica e giunge alla vittoria
della forma più individuale e ‘naturale’: il calco sul volto. Cioè, in
altro modo, la fotografia. un percorso che arriva fino al punctum
di cui parla oland arthes e che costituisce, in fin dei conti, la nota
finale a piè di pagina di uella storia.
Ma per arrivare a quella risoluzione (che è un po’ l’antesignana
di molti visual studies recenti e recentissimi) Schlosser dovette pas-
sare per intero attraverso le ossessioni che si erano stratificate per
tutto l’Ottocento. Nel Dialogo sull’arte del ritratto, che è del 1906,
ancora si chiedeva: «Cosa è propriamente un ritratto? Cosa richiede
propriamente un ritratto? Cosa richiede il pubblico dagli artisti?
La cosiddetta somiglianza, un concetto altamente indeterminato,
che ci porta spesso alla disperazione tanto più quanto esso usa
affratellarsi con l’esigenza di bellezza – questa la più tirannica di
tutte le idee».
L’antitesi tra realismo e idealismo ha caratterizzato, si può ben
dire, la discussione sul ritratto in età moderna; ciò che cambiava,
di volta in volta, erano le ragioni, non poetiche ma ideologiche.
tretta tra gli estremi di un’idealizzazione che poteva spingersi fino
alla trascendenza, e la deformazione caricaturale che scivolava nel
grottesco e nel basso parodistico, l’imitazione fisionomica smarr
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
per sempre, se pur mai l’ebbe posseduta, la pretesa di obiettività,
dietro la sua natura meccanica di trascrizione.
Nel Capolavoro sconosciuto Frenhofer a un certo punto si rivolge
a orbus e gli dice a orme est, dans ses figures, ce u’elle est
chez nous, un truchement pour se communiquer des idées, des
sensations, une vaste po sie. oute figure est un monde, un por-
trait dont le modèle est apparu dans une vision sublime, teint de
lumière, désigné par une voix intérieure, dépouillé par un doigt
céleste qui a montré, dans le passé de toute une vie, les sources de
l’e pression . a contraddizione tra forma e figura restava insana-
bile, e non era la parte meno affascinate del problema. «Vous êtes
devant une femme et vous cherchez un tableau , sospir infine
Frenhofer dinanzi al suo dipinto indecifrabile.
Nato come segno distintivo individuale, il ritratto moderno fu
sottoposto a sistemi di lettura e di condizionamento sociale inelu-
dibili. Il ritratto non poteva esaurire in alcun modo l’espressione
individuale, né compiersi in essa. La storia del ritratto lasciava spa-
zio a un’altra storia (anzi, ad altre storie, al plurale), quelle del viso.
Per una più ampia comprensione del ritratto si è reso dunque
necessario scavalcare la tradizionale metodologia storico artistica,
trovando appoggio in discipline di frontiera: l’«atto iconico» (Bre-
dekamp), l’antropologia dell’immagine (Belting), la pratica dei
simulacri (Stoichita). In tal modo la vicenda storico artistica del
246
ritratto è confluita in uella ben pi ampia e articolata della teoria
e della pratica delle immagini – per lì presumibilmente restare nei
tempi a venire.

saggi ui raccolti tracciano piuttosto bene il profilo, complesso e


frastagliato, dell’arte del ritratto in epoca moderna. Più che un’im-
magine compiuta, le tessere di questo mosaico costituiscono una
rappresentazione sintetica e abbreviata, irriducibile a unità, paga
dei destini individuali via via tracciati, consapevole di muoversi en-
tro un perimetro fatto di differenze e alterità più che di fenomeni
omogenei.
Nell’era del colonialismo europeo, il ritratto divenne documento
antropologico, come ricorda qui Priscilla Manfren. Una tassonomia
dei tipi, con presunzione di descrizione oggettiva e scientifica. n
tale ritratto con pretese etnografiche ricalcava stereotipi e pose
della tradizione classica, nel momento stesso in cui si cercava di
occultarla in una restituzione graficamente neutra. orma rassi-
curante di dominio dello sguardo e di controllo dei corpi, questa
forma di ritratto divenne il codice sostanzialmente falsificante e
ideologicamente ben determinato dell’esotismo che sopravvisse fin
dentro il Novecento imperialista.
Lo si comprende, facendo un balzo in avanti, attraverso la resti-
tuzione sintetica, ‘apodittica’ si sarebbe detto all’epoca, del volto di
Mussolini. Quella della testa ‘replicante’ di Tahyat descritta da Co-
RITRATTO, stanza Paolillo era un’astrazione che rendeva meccanica, implacabi-
STORIA DEL VISO,
SGUARDO: le, sostanzialmente astratta e del tutto antipsicologica la fisionomia
METAMORFOSI
MODERNE
perfino troppo romagnola del duce degli italiani. u un’invenzione
Alessandro Del Puppo formale di grande impatto, ma che non resse né al declino del gu-
sto déco, dopo i ruggenti anni Venti, né alla necessità di ben più
aggressive illustrazioni. Calcato l’elmetto di guerra in testa, il volto
del duce, come sappiamo, tornò a essere minacciosamente realistico
e torvamente corporeo. Certo, per qualche tempo, la scultura di
Tahyat divenne icona modernista del duce, rendendosi disponibile
allo sfruttamento commerciale, e alla diversificazione dell’immagi-
ne in relazione ai diversi destinatari. a effigie individuale il ritratto
divenne così mito visivo destinato alla circolazione ossessiva e alla
condivisione di massa. Era un dispositivo di consenso fondato sulla
riconoscibilità immediata, moltiplicato grazie alla riproducibilità
tecnica che lo riversò in una pluralità di supporti.
rese cos forma il sostituto pi naturale, e anche pi efficiente,
della scultura celebrativa monumentale. Il caso proposto da Danie-
la Sbaraglia vede infatti un Lucio Fontana ancora pienamente par-
tecipe al greve realismo della statuaria ottocentesca: chiaramente, si
tratta di un vicolo cieco, anche quando a percorrerlo furono intere
generazioni di scalpellini e tagliapietre emigrati un po’ ovunque
nel mondo, a prestare opera e a spaccarsi la schiena per tirar su i
tanti simboli nazionali nelle piazze delle giovani capitali. un ca-
247
pitolo che andrebbe studiato più estesamente, e non certo con le
armi della storia dell’arte, s’intende, quanto quelle della sociologia,
dell’economia, della storia politica. In quanto a Fontana, sappiamo
quanto fu poi capace di radicale emancipazione in senso astratto.
Cosa restò allora della sua prima vicenda? Era ancora possibile pen-
sare al «ritratto» nei modi che qui si vedono? Ovviamente no. Resta
la possibilit dell’allusione biografica, attraverso il gioco dei titoli, le
iscrizioni sul retro dei Concetti spaziali, le annotazioni personali. Ove
non arriva l’immagine – o dove non ha più senso che arrivi, questo
Fontana lo capisce – il senso può essere dato da una traccia scritta.
Il travaso dal registro alto, con pretese artistiche, alla divulga-
zione dei rotocalchi era intanto divenuto il passo più naturale. Il
caso illustrato da Marta Sironi, e cioè le illustrazioni per la rivista
femminile Lidel, dimostra molto bene come vi fu una convergenza
di interessi e un sistema di sinergie tra i grandi complessi editoriali,
le stamperie d’arte e le redazioni dei giornali illustrati. Destinataria
degli sforzi congiunti della prima vera industria culturale italiana
era naturalmente la borghesia, grande e sopratutto piccola, desi-
derosa d’immagini di evasione e delle invidiabili iconografie di un
nascente casereccio star system, ammirato sfogliando (o sbirciando)
gli illustrati nei wagon lits.
Negli stessi anni la questione si intrecciò (o, per meglio dire, si
trov affiancata alla persistenza di una ritrattistica talmente tradi-
zionale da apparire regressiva. Nel caso individuato qui da Ginevra
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
Addis e Elena Di Raddo, è l’intensità religiosa di un singolare e
oscuro artefice, udovico omolli, a conferire al genere del ritratto
la ragioni della sua stessa persistenza: una posizione sostanzialmen-
te fideistica, al limite del ripiegamento esistenziale.
Ben diverso, e non solo per la consistenza obiettiva dell’opera,
il caso di Filippo de Pisis studiato da Giulia Toso. Parte integrante
di un’autobiografia per immagini, e secondo me del tutto insepa-
rabile dalle tante pagine di fantasia o di memoralistica del pittore,
i ritratti di de Pisis, nella loro sconcertante diversità materica (si va
dal tovagliolo di carta imbevuto di caffè a sublimi telette macchiate
di pittura a olio, di una tenerezza alla Watteau) appaiono innan-
zitutto come la fissazione fugace di un amore il fermo immagine
istantaneo di un corpo desiderato, la condensazione di un atti-
mo di malinconica felicità. Ma questi ritratti erano anche, ben più
concretamente, un tentativo pienamente consapevole, e per nulla
ingenuo, di accreditarsi all’interno di una decorosissima lignée di
tradizione figurativa e di poter attingere, anche, al bacino del mer-
cato artistico più ambito, quello parigino.
nei decenni centrali del ovecento che il destino del ritratto
pittorico sembrò irrimediabilmente segnato. La discontinuità con
le forme della tradizione ottocentesca non poteva essere più netta;
l’oggetto-feticcio del dada e il simulacro erotico del surrealismo
avevano reso praticabili ben altre strade.
248
La pittura visse consapevolmente questa crisi e cercò le sue ri-
sposte. Due le forme metaforiche predilette: lo specchio che tutto
riflette, l’abisso che tutto inghiotte.
n icasso il ritratto è una figura di stile come le altre, e lo sti-
le accoglie, pressoch integralmente, le fisionomie delle persone.
’effigie dipinta è lo specchio del suo autore. oloro che incontria-
mo, di volta in volta, non sono Olga o Marie-Thérèse o Dora Maar
o Françoise quanto il Picasso nello stile ‘neoclassico’ del 1917, o
quello mediterraneo-surrealista del 1932, o nella fase geometrica-
ornamentale di qualche anno dopo, ecc. L’immagine reca un volto,
ma quel volto, per prima cosa sempre a Picasso appartiene: al suo
stile, alla pretesa demiurgica, al ruolo dominante dell’uomo. Nella
serie pressoch infinita degli Atelier, il dispositivo diventa, a tutti gli
effetti, un ménage à trois fra pittore, modella e ritratto femminile.
a figura opposta è l’abisso. uesto il senso della figura
di cui parla Deleuze a proposito dei volti di Francis Bacon. Qui
l’immagine scavalca la rappresentazione e ogni sua possibile me-
tafora; per dipingere il volto, il pittore lo cancella. un gesto di
violenza nei confronti dell’imitazione, che brucia ogni residua
distanza tra soggetto e oggetto. a sensazione non definisce un
altro da sé: tutto precipita in quell’abisso che è dato dal corpo
visibile della pittura.
Probabilmente, a metà tra i due sta Alberto Giacometti, ma non
saprei bene dire come. Forse nel modo in cui lo raccontò Paola
RITRATTO, Thorel, quando chiese di dipingerle il ritratto. La risposta di Gia-
STORIA DEL VISO,
SGUARDO: cometti fu come sempre la stessa: dichiarò di non esserne in grado,
METAMORFOSI
MODERNE
e di non poterlo nemmeno iniziare. Non senza contraddizione,
Alessandro Del Puppo tuttavia, egli decise di disporsi al lavoro. E a quel punto obbligò la
modella a posare tre volte la settimana. Per otto mesi.
criver poi ean enet l significato del volto la sua ras-
somiglianza profonda – invece di concentrarsi sul viso, si sottrae,
sprofonda all’infinito, in un luogo mai raggiunto, dentro il busto .
Giacometti stesso aveva osservato, in una conversazione con Geor-
ges harbonnier proprio uesto che mi stupisce anche nella
testa pi insignificante, la meno violenta, nella testa del personag-
gio più evanescente, più molle, quando incomincio a disegnarla,
a dipingerla, o a scolpirla, tutto si trasforma in una forma tesa,
di una violenza estremamente contenuta, come se la forma stessa
del personaggio andasse sempre al di là di quel che il personaggio
è realmente, ossia soprattutto una specie di nucleo di violenza».
L’esperienza del Novecento stava decostruendo l’idea stessa del
ritratto, attraverso cortocircuiti di senso, fossero essi dati dalla ten-
sione sempre più insopportabile dello sguardo, dalla «violenza» di
cui parlano Giacometti o Bacon, o dal gioco più o meno occulto,
sempre meno governabile, delle fonti.
Spetta allora allo storico ricostruire il processo di invenzione
visiva. uanto fa ui aria ossa con un impeccabile esercizio di
249
filologia visiva dedicato alla ttavia anunta di uerreschi caso
esemplare di finzione biografica, dai tratti uasi borgesiani, che me-
scola la figurazione all’epoca pi attuale e pulsioni freudiane. er-
to, siamo ormai agli anni Sessanta, all’epoca delle neoavanguardie,
quando la nozione di ritratto si confonde sempre più. La storia del
volto diventa la storia dei media attraverso cui esso viene visualizza-
to; il ritratto contemporaneo diventa sempre più tecnica del corpo,
pratica teatrale «povera», interrogazione esistenziale o dispositivo
narcisistico. Si incontra così il ritratto-proiezione sul corpo del po-
eta, nella memorabile azione di Fabio Mauri e Pier Paolo Pasolini
discussa da Federica Boràgina. L’immagine del volto e del corpo
si trasforma in performance cos aterina a uinta , confluisce in
pratiche e lavori di arte relazionale (Marco Scotti), e accetta retori-
che di esplicito anacronismo, in un problematico rispecchiamento
con temi forme e figure del passato ius etruzzelli .
on uesti casi di studio, che partecipano alla ridefinizione lessi-
cale e concettuale dell’arte contemporanea, l’esperienza del ritratto
conferma quella distinzione fra «picture» (cioè l’oggetto materiale,
dato dall’unione di supporto e immagine) e «image» (la qualità
visiva che può essere disgiunta e trasferita in un altro canale) sta-
bilita da William Mitchell in Picture Theory. Le immagini dei volti e
dei corpi fluttuano ormai in uello spazio intermediale di cui ha
parlato ans elting. a perdita di specificit del medium porta
con sé altri problemi, tutti ancora da risolvere.
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
Questo non impedisce naturalmente la persistenza di un genere,
magari sotto le mentite spoglie di una riflessione metalinguistica, o
sul confronto impietoso con il mezzo fotografico. n un certo senso
alcuni lavori di Giulio Paolini (penso naturalmente al Giovane che
guarda Lorenzo Lotto) appaiono oggi come la convalida storica di
queste possibilità. Nei casi migliori, il ritratto può diventare una mi-
sura di sé nel confronto del passato, non come principio di ordine e
di stile, quanto piuttosto come repertorio cui attingere. Una misura
per difendersi dal cinico disincanto del citazionismo postmoderno,
anziché confermarlo. La posta in gioco non è più la verosimiglianza
o la psicologia, ma la tenuta stessa di un genere che può solo guar-
darsi allo specchio e cos il ritratto diviene la biografia di s stesso.

Bibliografia
Il ruolo sociale e ideologico del ritratto è ricostruito da E. Wind, Humanitas e
ritratto eroico. Studi sul linguaggio figurativo del Settecento inglese (1986), Milano
2000; la declinazione nella coeva letteratura francese si segue grazie alla for-
midabile crestomazia procurata da E.M. Cioran, Antologia del ritratto (1996),
Milano 2017, da legare ai saggi raccolti da J.-J. Courtine, C. Haroche, Storia
del viso. Esprimere e tacere le emozioni (XVI-XIX secolo) (1988), Palermo 1992 e
dallo studio di P. Pellini, Un ‘topos’ del fantastico: il quadro animato, in «Allegoria»,
XII/34-35, 2000, pp. 68-92. I contributi di J. von Schlosser citati sono il Dialo-
go sull’arte del ritratto (1906), in «Annali di critica d’arte», II, 2006, pp. 27-102,
pp. 27-51 e Storia del ritratto in cera (1911), a cura di P. Conte, Macerata 2011.
250 Per il ruolo del ritratto in tre maestri storici del Novecento, è opportuno parti-
re da E. Cowling, Picasso Portraits, London 2016, e confrontare con i materiali
in Alberto Giacometti (1991), a cura di M. Belpoliti, E. Grazioli, Milano 1996;
fondamentale infine G. Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione (1981),
Macerata 2008. Sulla revisione dello statuto del ritratto, tra visual studies e
Bildwissenschaft, si vedano ora H. Belting, Facce. Una storia del volto (2013), Ro-
ma 2014; H. Bredekamp, Immagini che ci guardano. Teoria dell’atto iconico (2010),
Milano 2015 e V. Stoichita, L’effetto Pigmalione. Breve storia dei simulacri da Ovidio
a Hitchcock, Milano 2006, da legare, sul piano delle ricerche visuali contem-
poranee, al repertorio prodotto da C. Mullins, People. Kunst heute, Köln 2006
e al catalogo della mostra L’altro ritratto (Rovereto, 5 ottobre 2013-12 gennaio
2014), a cura di J.-L. Nancy, Milano 2013.
Intorno
al ritratto L’icona del capo: il Dux di Thayaht.
Su un ritratto moltiplicato di Mussolini
Costanza Paolillo

e lastre fotografiche, le pellicole del cinematografo sonoro, che tra- 265


sportano il Duce oltre Oceano, lo rappresentano e lo fanno ascoltare agli
italiani sparsi pel mondo, alle razze d’ogni colore che vogliono instanca-
bilmente sapere di lui. ante figure non si danneggiano e confondono
tra loro; non si elidono. oltiplicando uel classico profilo romano, ri-
verberano lo sguardo magico, riecheggiano il fremito di quella voce che
riassume tutte le aristocrazie»1. Con queste parole, tratte dal volume Il
Duce e l’Arte2, rancesco apori suggerisce il fine ultimo di tutti i linguaggi
figurativi al servizio del regime ribadire la carismatica presenza di us-
solini nella vita quotidiana degli italiani. Questa capacità di riassorbire
all’interno del sistema di comunicazione ufficiale ogni immagine del duce
può offrire una chiave interpretativa per il lavoro di alcuni artisti che
durante il ventennio si sono mossi fra tecniche tradizionali e i modi della
riproduzione industriale e fotomeccanica3.
n caso particolarmente significativo in tal senso è uello della testa
ritratto del poliedrico artista Ernesto Michahelles – in arte Thayaht – in-
titolata Dux. ’idea per uest’opera, una sintesi plastica che raffigura
ussolini, è elaborata con uno stile fatto di linee fluenti, semplificate e
sintetiche»4, lontano dalle asprezze delle scomposizioni futuriste o delle
sperimentazioni cubiste sui volumi. D’altro canto, le esperienze e la for-

1. F. Sapori, Nel primo decennale dell’Era Fascista. Ritratti del Duce, in «Emporium», LXXVI/455, novembre
1932, pp. 259-277, p. 262.
2. Idem, L’arte e il Duce, Milano 1932.
3. Cfr. S. Gundle, Mass Culture and the Cult of Personality, in The Cult of the Duce: Mussolini and the Italians, a
cura di S. Gundle, C. Duggan, G. Pieri, Manchester 2013, pp. 72-90, p. 85.
4. A. Panzetta, Opere di Thayaht e Ram nel Massimo & Sonia Cirulli Archive di New York, Bologna 2006, p. 26.
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
mazione di ha aht lo inseriscono a pieno titolo nel sofisticato mondo del
déco internazionale. Nato a Firenze nel 1893 da una facoltosa famiglia
anglo-tedesca, egli venne educato all’arte fin da giovane, crescendo nel
contesto mondano e cosmopolita della nutrita colonia straniera fioren-
tina. Sin dalle prime prove risalenti al 1914-1915, lo stile di Ernesto Mi-
chahelles appare influenzato da stilemi postsimbolisti e dai ritmi organici
del modernismo americano contemporaneo5.
Gli esordi del suo percorso professionale si collocano a Parigi, dove
nel 1919 divenne disegnatore per la celebre Maison Vionnet, iniziando a
firmare le proprie opere con lo pseudonimo palindromo di ha aht. on
le sue creazioni per questa importante casa di moda, egli entrava a far
parte a pieno titolo della stagione Déco. Negli stessi anni Thayaht avviò
insieme al fratello Ruggero – che assunse lo pseudonimo di RAM – uno
«Studio di Arte Decorativa», dove realizzò la famosa tuta, indumento
universale per la vita moderna inventato proprio dai fratelli Michahelles6.
Partecipò con successo alle Biennali di Arti Decorative di Monza nel 1923
e nel 1927 presentando mobili, oggetti d’uso in metallo e piccole sculture
soprammobili: questi lavori, «garbati arabeschi di gusto déco»7 dalle linee
sinuose e dalla semplicità geometrica, vanno considerati come oggetti di
fine artigianato pensati per una produzione seriale.
In questa prima fase della propria carriera, Thayaht lavorava molto
sulla figura umana alla ricerca di uno stile personale che si potesse tra-
durre sia in grafica che in scultura. ercando una formula di figurazione
sintetica, Thayaht arrivò a ridurre la testa a poche linee sinuose, senza
pi alcun tratto somatico identificativo. ale soluzione compositiva, che
266 si era gi definita in piena stagione co intorno al - come te-
stimoniano schizzi e bozzetti8 (fig. 1), venne adoperata anni dopo senza
variazioni per Dux. l destino di uesta idea figurativa per cambi nel
1929, quando a Lucca Thayaht conobbe Filippo Tommaso Marinetti9.
Come d’abitudine, Marinetti aveva cercato di coinvolgere l’artista perché
aderisse al movimento futurista. Dopo averlo ricevuto in studio e avergli
presentato la testa modellata in terracotta, Thayaht annotava sul proprio
diario «Piaciuto “l’Uomo”. Dice [Marinetti] che è il Duce» e commentava
«Certo rassomiglia in certe luci»10. er arinetti uesta identificazione
rappresentava uno strumento ideale per arruolare tra le proprie fila il

5. Le radici culturali, la formazione e le fonti visive del giovane Ernesto Michahelles sono ricostruite in
D. Fonti, Thayaht futurista irregolare, catalogo della mostra (Rovereto, 11 giugno-11 settembre 2005), a cura
di D. Fonti, Milano 2005. Nel 2005 altre due pubblicazioni hanno contribuito in modo essenziale a reinter-
pretare grazie a un solido supporto documentale inedito la figura di ha aht, riconducendola nell’alveo
dell’art d co e poi ridefinendone il rapporto con il movimento futurista Futurismo e Bon Ton. I fratelli Tha-
yaht e Ram, a cura di M. Pratesi, Firenze 2005; Thayaht: vita, scritti, carteggi, a cura di A. Scappini, Milano
2005.
6. Cfr. Per il sole e contro il sole: Thayaht & Ram; la tuta / modelli per tessuti, catalogo della mostra (Firenze, 21
marzo-2 giugno 2003), a cura di C. Chiarelli, G. Uzzani, Livorno 2003; Futurismo, moda, design: la ricostruzio-
ne futurista dell’universo quotidiano, catalogo della mostra (Gorizia, 19 dicembre 2009-1 maggio 2010), a cura
di C. Cerutti, R. Sgubin, Gorizia 2009.
7. Per il sole e contro il sole (n. 6), p. 40.
8. A uesto proposito sono diversi i fogli significativi conservati Flautista (1922), Bagnante o Fosco (1922),
Bagnante (1922), Fosco (1922), Angeli e diavoli (1927); cfr. Panzetta, Opere di Thayaht e Ram (n. 4), pp. 26-27 e
Thayaht futurista irregolare (n. 5), p. 139.
9. La ricostruzione dell’incontro con Marinetti si deve a Mauro Pratesi alla luce di documenti inediti come
il diario personale di Thayaht, cfr. M. Pratesi, Thayaht e Ram. Un’idea universale di bellezza, in Futurismo e Bon
Ton (n. 5), pp. 19-57, pp. 47-50.
10. Ibidem, p. 47.
L’icona del capo:
il Dux di Thayaht.
Su un ritratto moltiplicato
di Mussolini
Costanza Paolillo

267

1. Thayaht, Bagnante o Fosco,


1922, matita e pastello rosso
su carta.
Bologna, Fondazione Massimo
e Sonia Cirulli

fiorentino, perch permetteva di dimostrargli come il suo lavoro fosse


già coerente con l’ideologia e lo stile futurista. Per Thayaht, d’altro can-
to, riconoscere ussolini nella scultura significava arricchire l’opera di
senso e imprimere una potente carica ideologica a un pezzo nato come
una generica testa d’uomo. ’identificazione con il uce costituiva uindi
una occasione per inserirsi nel circuito ufficiale dell’arte gradita al regi-
me, sostenuta da una rete di esposizioni e vendite, senza compromettere
però il proprio stile.
Nel giugno 1929 Thayaht fu presentato a Mussolini, al quale fece
dono di una versione in ferro acciaioso della scultura Dux. Il gesto, che
gli permetteva di entrare nella collezione d’arte del uce, inscrisse uffi-
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
cialmente l’artista fiorentino nella folta schiera di ritrattisti di regime11.
Secondo un aneddoto, il Duce in persona apprezzò così tanto l’opera da
affermare: «Sono io! Così mi sento! Così mi vedo»12. Anche per Thayaht
ormai l’opera, che rappresentava inizialmente una generica figura d’uo-
mo, era diventata un’effige simbolica della potenza dinamica dell’ omo
che Regge le sorti d’Italia […] e forse del mondo»13.
razie all’instancabile attivit promozionale di arinetti, tra la fine del
1929 e il 1933 il Dux venne esposto molto di frequente nelle mostre d’arte
futurista in Italia e in Europa14. Alla Biennale di Venezia del 1930 Tha-
yaht si propose in una doppia veste: come scultore nella sala 39 dedicata
ai Futuristi italiani e come artista decorativo alla Mostra dell’orafo, dove
presentò il Dux15. La collocazione di un altro esemplare della medesima
opera in questa mostra indica come la testa fosse moltiplicabile. Il suo
allestimento invece puntava ad accentuarne il carattere solenne: essa si
trovava al centro della sala principale in cima a un piedistallo su cui erano
scolpite la lettera M e le date 1919-1922-192916 (fig. 2). Tale basamento,
intitolato Pietra miliare, venne pensato come parte integrante dell’opera
e le conferiva una grande solennità, riuscendo a evocare con pochi tratti
dallo stile moderno l’imperiosa figura di ussolini, le ualit da lui in-
carnate, la sua onnipresenza. Con la sua sintesi espressiva, Thayaht aveva
prodotto una nuova icona per il regime17.
Il potere simbolico ed evocativo di un simile allestimento divenne un
punto di forza di quest’opera e venne sfruttato in altre occasioni. All’in-
gresso della Mostra degli Scrittori laziali alla Galleria di Roma del 193218, i
268
visitatori venivano accolti dall’ennesima versione del Dux – questa volta
in pietra – posto su una nuova variante del piedistallo lapideo con inserti
metallici, sul quale campeggiava la scritta «benito mussolini primo scrit-
tore d’italia». Consapevole della potenza iconica della propria inven-
zione plastica, l’artista ne ipotizzò persino uno sviluppo monumentale:
insieme all’architetto Gianni Bosio, progettò per il Foro Mussolini una
imponente Colonna Mussolini alta metri scenograficamente coronata
dal Dux19.

11. Cfr. L. Malvano, I ritratti del duce sono migliaia: note per una storia dei ritratti del duce, in «Dialoghi di Storia
dell’Arte», VII, dicembre 1998, pp. 138-145.
12. F.T. Marinetti, Lo scultore, in A. Maraini, F.T. Marinetti, Ernesto Thayaht Scultore Pittore Orafo, Firenze
1932, pp. 17-23, p. 17.
13. Dedica di Thayaht al fratello sul retro di una foto scattata da lui stesso, datata 12 maggio 1929, Firenze,
Archivio Lia Michahelles, citato in Pratesi, Thayaht e Ram (n. 9), p. 49.
14. Alla fine del partecip all’importante mostra della alleria esaro di ilano accanto a illia e
Prampolini, con i quali strinse amicizia. Aveva già esposto al concorso nazionale d’arte di Palazzo Vecchio
a Firenze, mentre nel 1931 trovò spazio alla mostra futurista della Galleria d’Arte Firenze, nel 1932 alla
Galerie de la Renassance a Parigi, nel 1933 alla Ia Mostra Nazionale d’arte futurista di Roma e alla Mostra
futurista d’Atene. Espose ancora nel 1937 a Berlino alla Mostra sull’arte italiana e nel 1942 alla Ia Mostra
d’arte di Camaiore.
15. Nella recensione alla Biennale di Ugo Nebbia uscita su Emporium, il Dux di Thayaht viene illustrata due
volte nella veduta della ala dove in didascalia si specifica il titolo del pezzo e del suo piedistallo; poco oltre
è presente una foto frontale scontornata del solo Dux. La sensazione è che si mettano in evidenza sfumatu-
re diverse della stessa opera. Cfr. U. Nebbia, La XVIIa Biennale di Venezia, IV. Gli stranieri, in «Emporium»,
LXXII/430, ottobre 1930, pp. 219-240, pp. 232-235.
16. Si tratta delle tre date fondamentali per il regime: fondazione dei fasci di combattimento, marcia su
oma, firma dei atti ateranensi.
17. Cfr. G. Pieri, Portraits of the Duce, in The Cult of the Duce (n. 3), pp. 161-177, p. 170.
18. Marinetti, Lo scultore (n. 12), p. 21.
19. Cfr. Panzetta, Opere di Thayaht e Ram (n. 4), p. 63; Thayaht futurista irregolare (n. 5), p. 140.
269

2. Thayaht, progetto per Pietra miliare (Colonna simbolica commemorativa), 1929, matita, pastello rosso e china su carta da lucido.
Torino, Collezione privata
3. Da destra:
Thayaht, Dux.
Sintesi plastica del
Duce, 1929, ferro
acciaioso; Thayaht,
medaglia per la
prima adunata
professionisti e
artisti, 1932, bronzo;
Thayaht, Dux, 1929,
piombo.
Torino, Collezione
privata

Thayaht tradusse la propria creazione in altri supporti, sfruttandone


la versatilità. Alla stessa Biennale di Venezia del 1930 espose una Medaglia
del Duce, sul cui recto si riconosce intrecciato con un fascio littorio il profilo
della scultura esposta poco distante20 (fig. 3). La soluzione della medaglia
concentrata sul potente profilo riscosse un buon successo fu premiata
dalla Confederazione generale bancaria fascista e dalla Confederazione
nazionale dei sindacati fascisti bancari21, mentre nel 1932 venne adottata
come cimelio celebrativo in occasione della prima adunata del Sindacato
fascista professionisti e artisti. Non stupisce l’utilizzo del modello di Tha-
aht come simbolo ufficiale nei primi anni renta infatti l’iconografia
del profilo trov una progressiva affermazione. uella mascella serrata e
volitiva divenne emblema di un complesso di valori esaltato dalla Mostra
della Rivoluzione Fascista del 193222; essa poteva metonimicamente rap-
presentare le qualità morali del Duce come quelle dell’anonimo militante
fascista. Allo stesso modo, l’idea di ha aht si rivelava efficace perch si
poteva riconoscere nella stessa scultura l’uomo Mussolini, il Duce della
Nazione, il soldato che incarna l’ideale di rinnovamento.
L’opera venne moltiplicata sulle pagine di riviste e cartoline, su alcune
delle quali è riprodotta la scritta autografa del Duce «Questo è Musso-

20. Thayaht futurista irregolare (n. 5), p. 129.


21. A. Maraini, L’uomo, in Maraini, Marinetti, Ernesto Thayaht (n. 12), pp. 5-16, p. 7.
22. Sia sulle copertine dei cataloghi della mostra che sui manifesti della grande esposizione compare il volto
di profilo del uce, cfr. Mostra della rivoluzione fascista: I° decennale della marcia su Roma. Guida storica, a cura di
. Alfieri, . reddi, oma ; . argano, Italiani e stranieri alla Mostra della rivoluzione fascista, Roma 1935.
L’icona del capo:
il Dux di Thayaht.
Su un ritratto moltiplicato
di Mussolini
Costanza Paolillo

4. Cartolina del Dux con scritta


autografa di Mussolini.
Bologna, Fondazione Massimo
e Sonia Cirulli
271

lini così come piace a Mussolini»23 (fig. 4). La scultura si avvantaggiava


dell’essenzialit uasi grafica della forma, che risultava particolarmente
adatta a essere fotografata, stampata e tradotta meccanicamente. Infatti,
il profilo deciso del Dux trovò spazio su copertine di giornali e quotidiani,
accentuando il proprio valore di icona mediatica come in occasione dei
risultati del plebiscito del 1934. In quella circostanza, Thayaht riprese la
sagoma del suo Dux, sul settimanale della comunità italiana a Parigi La
Nuova Italia per un fotomontaggio celebrativo in cui essa spande luce su
una grande folla festante24.
Per la sua versatilità e potenza evocativa, Thayaht rielaborò continua-
mente il Dux fino alla fine del regime, immaginandone sviluppi figurativi
di ogni tipo: realizzò numerosi disegni per diversi progetti monumentali,
nonché dipinti come Timoniere o sculture come La prua d’Italia. Sintesi
plastica del Duce, che aggiungono alla testa-ritratto di Mussolini un corpo
altrettanto stilizzato. L’artista provò anche a sfruttare in termini com-
merciali il successo ufficiale ottenuto, ponendo in vendita una tiratura
limitata – una sorta di multipli d’artista della scultura – in 99 esemplari
da lui autorizzati e firmati25.

23. Autografo originale presso l’Archivio della famiglia Toto, Pietrasanta (Lucca), cfr. M. Pratesi, Thayaht
iren e , scheda del catalogo d’asta, a
Asta Sant’Agostino: Asta di dipinti moderni e contemporanei,
Torino 2007.
24. Cfr. Dieci milioni di italiani hanno affermato che l’Italia è fascista e che il Fascismo è l’Italia, in «La nuova Italia
= L’Italie nouvelle», Parigi, 29 marzo 1934, copertina; artefice della n o a Italia I periale Il creatore dell or-
dine nuovo nel mondo, in «Il tiro a volo», VIII/52, 21 ottobre 1936, copertina.
25. Pratesi, Thayaht e Ram (n. 9), p. 48.
IV. L’ETÀ
CONTEMPORANEA
a sintesi formale dell’artista fiorentino si inserisce con coerenza in
un processo di spersonalizzazione della figura di ussolini, volta a tra-
sformare lui stesso in una icona, in linea con l’idea che «un complesso
di alcune vaghe aspirazioni ac uistano significato, sostanza e for-
za vitale solo nella misura in cui esse sono incarnate in lui»26. Thayaht
dunque volge una ipotesi di rappresentazione del corpo con uno stile
«simpaticamente all’avanguardia»27 in una icona del regime. Forte del
riconoscimento ufficiale ottenuto dal ritratto, egli punta a ottenere per
il suo Dux il più ampio successo possibile e applica a questo oggetto uno
schema di commercializzazione più consueto per un pezzo di design che
per un ritratto dipinto o scultoreo, producendone molti esemplari e cre-
ando versioni di scala diversa adatte a ogni circostanza: dalla scrivania
del burocrate alla piazza per le celebrazioni di massa, passando per la
carta stampata.

272

26. G. Volpe, Ripensando al congresso fascista, in «Gerarchia», IV/8, agosto 1925, citato in G. Volpe, Guerra,
dopoguerra, fascismo, Venezia 1928, p. 388.
27. Nebbia, La XVIIa Biennale (n. 17), p. 234.
Intorno
al ritratto Crediti fotografici

Boràgina: 1, 2. Courtesy the Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirth (foto 333
di S. Mele). Boschis: 1. Foto di D. Osseman; 2. Foto di E. Foietta; 3, 4. © The
State Hermitage Museum, Sankt-Peterburg (foto di V. Terebenin, L. Kheifets,
Y. Molodkovets); 5. Da F. Grenet, Note additionnelle sur les panneaux mythologiques
du palais de Kujruk-tobe (Keder), in tudia ranica , , , tav. fig. .
Bruno: 1. Da V. Messina, Seleucidi, in Seleucia al Tigri. Le impronte di sigillo dagli
Archivi, I. igilli ficiali ritratti, a cura di A. Invernizzi, Alessandria 2004, tav.
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ele cia al and ra, catalogo della mostra (Torino, 27 febbraio-27 maggio 2007),
a cura di . essina, inisello alsamo , p. fig. . Castelnuovo: © The
Pierpont Morgan Library, New York. Cellerino: 1. http://www.baghdadmuseum.
org/secret_s/pages/417.htm; 2, 3. Da J. Börker-Klähn, Altvorderasiatische Bildstelen
und vergleichbare Felsreliefs, Mainz 1982, nn. 227, 220; 4. Da K. Radner, The Seal of
a et arrat ennac eri s een and Its I pressions, in Leggo! Studies Presented to
Frederick Mario Fales on the Occasion of His 65th Birthday, a cura di G.B. Lanfranchi
et al., iesbaden , fig. elaborazione grafica di E. oietta . Cissello: 1. ©
Fondazione Museo del Tesoro del Duomo di Vercelli. Conte: 1. Foto di A. Margo-
nari; 2. Wikimedia Commons. Crivello: Da E. Castelnuovo, Matteo Giovannetti al
Palazzo dei Papi ad Avignone, Milano - Genève 1965, p. 21. De Giorgio: 1. Wikime-
dia Commons; 2, 3. Foto dell’autore. Del Puppo: © Casa Cavazzini, Museo d’Arte
Moderna e Contemporanea, Udine. di Macco: © Museo Nacional del Prado,
Madrid. Di Raddo - Addis: 1-4. Su concessione di E. Matelli. Distefano: 1. ©
Archivio fotografico della oprintendenza eni ulturali e Ambientali, alermo;
2. Da rc itect re oderne de la icile o ec eil des pl s ea on ens r ligie
et des difices p lics et partic liers les pl s re ar a les de la icile es r s et dessin s
par J.J. Hittorf et L. Zanth, Paris 1835, tav. 46; 3. Su concessione della Regione
Intorno Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e della Identità siciliana – Dipartimento
al ritratto
dei Beni Culturali e della Identità siciliana – Polo Regionale di Messina per i Siti
Culturali – Museo interdisciplinare di Messina (divieto di riproduzione). Fara:
1. © Pinacoteca Nazionale, Siena. Foietta: 1. HatraGIS – Missione archeologica
italiana a Hatra; 2, 5a. Archivio della Missione archeologica italiana a Hatra;
3. Da H.E. Mathiesen, Sculptures in the Parthian Empire, rhus , p. fig.
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römisch-partischen Mesopotamien, ainz , p. fig. e p. fig. , da .
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nst der tole er nd er eit i g ptisc en se airo, Mainz 1975, tav.
59, dettaglio. Iaquinta: 1-5. © Lynn Hershman Leeson, Courtesy of the artist
and Bridget Donahue, New York (1-3. foto di M. Brems Tatti). In copertina:
© Palazzo Abatellis, Galleria Regionale della Sicilia, Palermo. Leonelli: 1-3. ©
Fondazione Camillo Caetani, Roma (foto di M. Fedeli); 4. © The National Por-
trait Gallery, London. Manfren: 1, 2. Su concessione di D. e S. Parmesan, eredi
dell’artista (foto dell’autore); 3. Dalla copertina di Le Vie del Mondo, VI/7, 1938,
in accordo con I. Parma del Centro Documentazione Touring Club Italiano; 4, 5.
Su concessione di S. Cabras, erede dell’artista. Marzo: 1-4. © The Trustees of the
British Museum, London. Montanari: 1. © The Metropolitan Museum of Art,
334
New York; 2. © Accademia Carrara, Gabinetto dei Disegni e Stampe, Bergamo;
3. © Alte Pinakothek, München; 4. © Musée du Louvre, Paris; 5. © Museo Na-
cional del Prado, Madrid. Ottazzi: 1. © The National Portrait Gallery, London.
Pace: 1, 2. Foto dell’autore; 3, 4. © Museo della cattedrale, Ravello. Paolillo: 1,
3. © Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, Bologna; 2. © Foto di M. Pisani; 4.
Foto dell’autore. Papini: © Museo Archeologico Nazionale, Napoli. Petruzzelli:
1. © Luigi Ontani, Collezione privata, Modena (foto di C. Bastelli); 2. © Museo
Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid; 3. Courtesy of the artist and Catharine
Clark Gallery, San Francisco; 4. Courtesy Galería Juana de Aizpuru, Madrid;
5. © John Currin, Courtesy Gagosian Gallery, New York. Provero: 1-3. Avec
autorisation spéciale de la Ville de Bayeux. Quirico: 1, 4, 5. © The Trustees of
the British Museum, London; 2. Da P.E. Botta, E. Flandin, on ent de ini e
Paris 1849, tav. 140; 3. © The Bowdoin College Museum of Art, Brunswick,
Maine. Ronetti: 1, 2, 4, 5. Da J.-N. Paillot de Montabert, rait co plet de la pein-
ture, X, Paris 1829; 3. Da L.-L. Vallée, rait de la science d dessin lanc es gra es
par Jean Adam, Paris 1821. Rossa - . u concessione di . uerreschi, figlio
dell’artista (1. Da Guerreschi. Dipinti, catalogo della mostra [Torino, 4 aprile-3
maggio 1970], introduzione a cura di E. Crispolti, Torino 1970, tav. 19; 2-4.
Foto dell’autore); 5. Foto di M. Pergolani. u filli: 1, 2, 4. http://ancientrome.
ru/ (foto di I. Shurygin); 3. © The Metropolitan Museum of Art, New York; 5.
Wikimedia Commons (foto di M.-L. Nguyen). Santamaria: 1. © RMN-Grand
Palais, Musée du Louvre, Paris (foto di H. Lewandowski); 2. Su concessione della
Diocesi di Roma (foto di C. Metallo); 3. © Fototeca della Fondazione Federico
Zeri, Bologna; 4. Su concessione del MiBACT. Sapio: 1. Foto di K. Norman; 2.
Foto dell’autore. Sbaraglia: 1. Foto dell’autore; 2. © The New York Public Li-
brary/Science Source; 3. Dal catalogo III° al n de ellas rtes de osario, 1925;
Crediti fotografici 4. Dal at logo il strado del ri er al n de rtistas osarinos organi ado por el gr po
e s , 1926; 5. © Colección Castagnino+Macro, Rosario, Santa Fè. Scotti: 1-5.
Courtesy of the artist, Luhring Augustine, New York & i8 Gallery, Reykjavík (1,
2. foto di R. Pinho). Seghesio: 1. © Museo Nazionale di Villa Guinigi, Lucca; 2.
© Historisches Museum, Basel (foto di A. Seiler); 3. Su concessione di M. Scaglia.
Sironi: 1-5. © Collezione Bortone Bertagnolli, Milano. So fientino: 1. Da Federico
II e l Italia percorsi l og i segni e str enti, catalogo della mostra (Roma, 22 di-
cembre 1995-30 aprile 1996), Roma 1996, tav. XV; 2. Da al as al en c
riedric s II od al lat der i lioteca postolica aticana, Graz 2000; 3, 5.
Foto dell’autore; 4. Da ie ta er nd Italien rei Inno ationsregionen i ittelalter-
lichen Europa, catalogo della mostra (Mannheim, 19 settembre 2010-20 febbraio
2011), II voll., a cura di A. Wieczorek et al., Mannheim 2010, p. 29. Tomasi: ©
The Metropolitan Museum of Art, New York. Toso: 1, 3. © Bibliothèque Kan-
dinsky, Centre Pompidou, Paris; 2. © Archivio Bona de Pisis, Roma. Zamparo:
1. Da Omaggio a San Marco. esori dall ropa, catalogo della mostra (Venezia, 8
ottobre 1994-28 febbraio 1995), a cura di H. Fillitz, G. Morello, Milano 1994,
p. 128; 2. © Biblioteca Capitolare, Perugia; 3-5. Su concessione del MiBACT.

335
Intorno
al ritratto Gli autori

Ginevra Addis (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)


Giulio Biondi (Università di Padova)
Federica Boràgina (Università di Torino)
Alessia Boschis (Università di Torino)
Jacopo Bruno (Università di Torino)
Guido Castelnuovo (Université d’Avignon et des Pays de Vaucluse)
Alessandra Cellerino (Università di Torino)
Francesco Cissello (Università di Torino)
Pietro Conte (Universidade de Lisboa)
Elena Corniolo (Università di Torino)
Fabrizio Crivello (Università di Torino)
Teodoro De Giorgio (Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze)
Alessandro Del Puppo (Università di Udine)
Michela di Macco (Università di Roma La Sapienza)
Elena Di Raddo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Giampaolo Distefano (Università di Torino)
Giovanni Maria Fara (Università Ca’ Foscari di Venezia)
Enrico Foietta (Università di Torino)
Francesca Grano (Università di Torino)
Fabio Guidetti (Humboldt-Universität zu Berlin)
336
Caterina Iaquinta (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano)
Francesco Leonelli (Università di Roma Tre)
Priscilla Manfren (Università di Padova)
Alessia Marzo (Università di Torino)
Giacomo Montanari (Università di Genova)
Alice Ottazzi (Università di Torino - Université Sorbonne Panthéon
Paris 1)
Valentino Pace (Università di Udine)
Costanza Paolillo (Scuola Normale Superiore di Pisa)
Massimiliano Papini (Università di Roma La Sapienza)
Giusy Petruzzelli (Accademia di Belle Arti di Bari)
Luigi Provero (Università di Torino)
Eleonora Quirico (Università di Torino)
Alessandra Ronetti (Scuola Normale Superiore di Pisa - Université
Sorbonne Panthéon Paris 1)
Maria Rossa (Università di Torino)
Marco Ruffilli (Université de Genève)
Francesca Santamaria (Scuola Normale Superiore di Pisa)
Gianluca Sapio (Università di Torino)
Daniela Alejandra Sbaraglia (Università di Roma Tor Vergata -
Universidad Nacional de Rosario)
Marco Scotti (Università di Parma)
Clara Seghesio (Università di Bologna)
Marta Sironi (Università di Parma)
Francesca Soffientino (Scuola Normale Superiore di Pisa)
Michele Tomasi (Université de Lausanne)
Giulia Toso (Università di Torino)
Laura Zamparo (Università di Torino)
Volumi pubblicati

D. Lasagno, ltre l Istit ione risi e ri or a dell assisten a psic iatrica a orino e
in Italia
L. Villani, e orgate del ascis o toria r ana politica e sociale della peri eria
romana
A. Rossi, scae orit rae donatistae circ olant a costr ione di identità
pl rali nel cristianesi o dell rica o ana
M. D’Amuri, a casa per t tti nell Italia giolittiana ro edi enti e ini iati e per la
nicipali a ione dell edili ia popolare
D. Pipitone, Il socialis o de ocratico italiano ra la i era ione e la legge tr a
ratt re rico posi ioni e c lt re politic e di n area di rontiera
E.R. Urciuoli, n arc eologia del noi cristiano e co nità i aginate dei
seg aci di es tra topie e territoriali a ioni I II sec e
M. Long, tografia ed epistolografia tra I e III secolo er n analisi delle
testi onian e s lla scritt ra di propria ano
P. Vanoli, Il li ro di lettere di irola o orsieri rte antica e oderna nella
Lombardia di primo Seicento
J. Cooke, illard eiss ra connoisse rs ip iconologia e lt rgesc ic te
A. Giovannini Luca, lessandro a di di es e e la scoperta dell arte in ie onte
r di ione sei e t tela in Italia tra tto e o ecento
E. Manarini, I d e olti del potere na parentela atipica di ficiali e signori del
regno italico
F. Nurchis, l erto artini a ong i ai aestri del olore
finito di stampare
per i tipi di
Accademia University Press
in Torino
nel mese di giugno 2019
Intorno al ritratto «Ho sempre pensato che la storia dell’arte,

Intorno al ritratto. Origini, sviluppi e trasformazioni


pur mantenendo tutte le sue specificità,
Origini, sviluppi e trasformazioni dovesse dialogare con la storia tout court,
sociale, politica, religiosa, e l’esperienza
del ritratto – nella variazione delle sue mo-
dalità, ma anche nella persistenza nel tem-
po di alcune delle sue funzioni essenziali –
può offrire una eccellente testimonianza».

Enrico Castelnuovo

Il volume trae il titolo dal convegno


svoltosi a Torino nel dicembre 2016,
promosso e organizzato da un grup-
po di dottorandi e dottori di ricerca
del Corso di Dottorato in Scienze Ar-
cheologiche, Storiche e Storico-Artisti-

aA
che del Dipartimento di Studi Storici
dell’Ateneo torinese. L’idea di incen-
trare l’iniziativa sul tema del ritratto è
scaturita da un ciclo di incontri semina-
aA aAaAaAaAaAaAaAaA ccademia riali in cui si è riflettuto sull’approccio aA
university metodologico seguito da Enrico Castel-
press nuovo nel saggio Il significato del ritratto
pittorico nella società (1973). Sulla base di
questo studio e a partire dalle relazioni
esposte, si sono voluti riunire i contri-
buti di giovani studiosi e di studiosi di
consolidata esperienza.
All’articolazione del convegno cor-
rispondono le quattro sezioni che
scandiscono la sequenza degli oltre
quaranta testi: Antichità, Medioevo,
età moderna e contemporanea. Dal-
le rappresentazioni arcaiche del Vici-
no Oriente antico si passa alle forme
dell’arte classica, per attraversare il Me-
dioevo e pervenire alle espressioni del
ritratto moderno e contemporaneo,
con le loro più riconoscibili implicazio-
ni. Calato nel contesto storico, sociale,
politico e religioso, il ritratto è indagato
sotto differenti profili e in una prospet-
tiva multidisciplinare, che non manca
di considerare le fonti scritte nelle loro
valenze storica e letteraria.
ISBN: 978-88-31978-149

in copertina:
Francesco Laurana, busto muliebre,
cosiddetta Eleonora d’Aragona,
1471 circa, marmo.
Palermo, Palazzo Abatellis, Galleria 9 788831 978149
Regionale della Sicilia ¤ 34,00

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