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Introspezione

L'introspezione è un atto della coscienza che consiste nell'osservazione diretta ed analisi


della propria interiorità rappresentata da pensieri, sentimenti, desideri, pulsioni, stimoli
prodotti del pensiero stesso, come pure il senso dell'identità di una persona.[1]

Si contrappone a quel processo denominato in inglese extrospection, consistente


nell'osservazione di ciò che è esterno al proprio sé.
In fisiologia ha correlazione con la
propriocezione.

In filosofia

In filosofia si afferma con Socrate per la prima volta l'esigenza dell'introspezione come
riflessione dell'anima umana su di sé, intesa come psyche individuale. Per Socrate tutto il
sapere è vano se non è ricondotto alla coscienza critica del proprio "io", che è un sapere del
sapere. L'autocoscienza è per lui il fondamento e la condizione suprema di ogni sapienza.
«Conosci te stesso» fu il motto delfico che egli fece proprio, a voler dire: solo la conoscenza
di sé e dei propri limiti rende l'uomo sapiente, oltre a indicargli la via della virtù e il
presupposto morale della felicità. Per Socrate infatti una vita inconsapevole è indegna di
essere vissuta.[2]

«Socrate diceva che il compito dell'uomo è la cura dell'anima: la psicoterapia, potremmo


dire. Che poi oggi l'anima venga interpretata in un altro senso, questo è relativamente
importante. Socrate per esempio non si pronunciava sull'immortalità dell'anima, perché
non aveva ancora gli elementi per farlo, elementi che solo con Platone emergeranno. Ma,
nonostante più di duemila anni, ancora oggi si pensa che l'essenza dell'uomo sia la
psyche.»

(G. Reale, Storia della filosofia antica, Vita e pensiero, Milano 1975)
Nello stoicismo si utilizza il termine oikeiosis per indicare quella forma di introspezione che,
tramite la synaesthesis, ovvero la percezione interna, consente lo sviluppo del proprio essere
in conformità col Lògos universale. Nel neoplatonismo l'introspezione voleva significare
rapportarsi alla "voce" interiore, a quel «dialogo dell'anima con se stessa» che già
caratterizzava l'ultima produzione delle opere dialogiche platoniche dove la forma letteraria e
filosofica del dialogo con un interlocutore svaniva, sostituita da quella del monologo. La
figura del saggio nel periodo ellenistico della filosofia greca è allora proprio colui che
allontanandosi dagli aspetti mondani della realtà e dalle passioni riflette su se stesso.

Sarà Agostino d'Ippona nelle Confessioni a riprendere questo modello di analisi della
personale interiorità (de se ipso), trasmettendolo a gran parte del pensiero cristiano
seguente. Poiché Dio alberga nell'interiorità di ogni essere umano, attuare un'introspezione di
sé significava diventare coscienti della voce divina.

(LA) (IT)

«Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore «Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso:
homine habitat veritas, etsi tuam naturam nell'interiorità dell'uomo abita la Verità, e se
mutabilem inveneris, trascende et te troverai la tua natura mutabile, trascendi
ipsum.» anche te stesso.»

(Agostino, De vera religione, XXXIX)

Soltanto l'introspezione consente infatti di prendere coscienza come le idee che sono a
fondamento non solo del mondo, ma anche della morale, siano in realtà già presenti,
essendo innate, nella nostra anima.

Dal pensiero di Montaigne si sviluppò invece una polemica che vide in prima fila John Locke
contro i neoplatonici della scuola di Cambridge (George Herbert di Cherbury, Ralph Cudworth,
Henry More) che sostenevano appunto l'innatismo dei principi morali.

Nella Critica della ragion pratica kantiana l'etica venne nuovamente intesa come voce della
coscienza, da ascoltare tramite introspezione, e che afferma il valore assoluto della legge
morale talora traviata dalle nostre inclinazioni sensibili. Secondo Kant, riprendendo le
concezioni di Jean Jacques Rousseau, è questa un'esperienza morale che accomuna tutti gli
uomini indipendentemente dalle loro differenti condizioni intellettuali e culturali.

Il filosofo francese Henri Bergson utilizzò il metodo dell'introspezione per studiare il fluire
degli stati d'animo dall'uno verso l'altro, senza che sia possibile distinguerli nettamente;
questo era il punto focale della sua critica alla visione del tempo offerto dal positivismo,
insensibile ai fatti contenuti nei diversi istanti.
In psicologia

La psicologia cognitiva, che fa proprio il metodo scientifico, a partire dagli anni trenta ha
progressivamente abbandonato l'introspezione come metodo valido per l'indagine,
concentrandosi di più sui comportamenti quantificabili piuttosto che sulla coscienza o le
sensazioni.[3]

Sostenendo che l'introspezione sarebbe inaffidabile, Herbert Simon e Allen Newell hanno
formulato il cosiddetto protocollo del pensiero ad alta voce, nel quale i ricercatori osservano
un soggetto impegnato nell'introspezione intento a esprimere ad alta voce i suoi pensieri,
consentendo così lo studio dell'introspezione dall'esterno senza doverlo costringere a
commentare quel che dice.

D'altra parte, l'introspezione può essere considerata un valido strumento per lo sviluppo di
ipotesi scientifiche e modelli teorici, in particolare nel campo delle scienze cognitive e
ingegneristiche. Le modellazioni computazionali e le progettazioni di simulazioni al computer
del meta-ragionamento sarebbero strettamente connessi con le esperienze introspettive dei
ricercatori.

In letteratura

In Letteratura, l’introspezione è, in buona sostanza, quell’esplorazione della coscienza, ovvero


quel luogo profondo dell’animo umano in cui hanno sede il bene e il male. E il bene e il male
sono da sempre presenti in letteratura perché rappresentano l’essenza dell’essere.

Note

1. ^ Dizionario di Psicologia (http://www.psychologies.it/Dizionario/Introspezione) .

2. ^ Il demone di Socrate (http://realta.altervista.org/drupal/?q=node/87) Archiviato (http


s://web.archive.org/web/20160305140905/http://realta.altervista.org/drupal/?q=node%
2F87) il 5 marzo 2016 in Internet Archive..

3. ^ Neisser, La psicologia cognitivista (http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaN/


NEISSER_%20LA%20PSICOLOGIA%20COGNITIVI.htm) .

Bibliografia

Giovanni Reale, Agostino e la scrittura dell'interiorità, San Paolo Edizioni, 2006 ISBN
8821557693
Samuele Sangalli, Introspezione Medioevale. L'analisi dei vizi in Tommaso d'Aquino, Libreria
Editrice Vaticana, 2009

Erik H. Erikson, Introspezione e responsabilità. Saggi sulle implicazioni etiche


dell'introspezione psicoanalitica, Armando editore, 1972

Ferruccio Ferruzzi, L'introspezione nella storia della psicologia, Bulzoni, 1980

William Lyons, La scomparsa dell'introspezione, trad. di G. Mori, Il Mulino, 1993

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, Ed. Cappelli, 1923

Voci correlate

Autocoscienza

Coscienza (psicologia)

Scienze cognitive

Sé (coscienza)

Soggetto (filosofia)

Strutturalismo (psicologia)

Altri progetti

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Collegamenti esterni

(EN) Introspezione (https://www.britannica.com/topic/introspection) , su Enciclopedia


Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
Thesaurus BNCF 29855 (https://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?
id=29855)  · LCCN (EN) sh85067646 (http://id.loc.gov/authorities/subjects/sh85
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