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TESTO DI ARISTOTELE

Aristotele vive nel IV secolo a.C. a Stagira. Studia ad Atene. Ha sperimentato l’età
moderna, in cui si stava affermando il potere macedone sulle città greche. Resta
fedele ai modelli politici tradizionali, ma vede la possibilità di un regime politico
in cui tutti i cittadini sono chiamati a partecipare. Aneddoto: Platone per
prenderlo in giro lo chiamava “il lettore” sottolineando il fatto che recepiva
l’informazione completa delle cose. Aristotele scrisse opere in forma di dialogo,
pensate come basi per le lezioni per gli allievi della sua scuola; esprimeva le sue
idee con parole chiare e convincenti; sembrano testi pensati per discutere con gli
allievi dei vari problemi.
Lo STILE delle opere non è molto chiaro, ma spesso utilizza parole più semplici,
e questo vale per tutte le opere di Aristotele che possediamo, ma anche per le opere
in cui Aristotele parla di Politica, in particolare l’opera “POLITICA”: tutto il
libro ha un tema centrale: LE VARIE TIPOLOGIE DI COSTITUZIONE,
COME NASCONO E SI SVILUPPANO, ma poi si occupa anche di individuare
altri problemi: come si distingue la democrazia, quali sono i principi applicati.
C’è un principio che distingue tre tipi di Costituzioni,come faceva Erodoto, ma
aggiungendo delle modifiche.
Egli parte dall’idea che le tre forme principali siano: tirannide, oligarchia e
democrazia, ma dice che queste sono le forme meno belle, che non garantiscono un
buon governo, perché anche lui afferma che un potere si definisce nelle mani di
chi comanda. Nella pratica: con la tirannide vi è un individuo che si preoccupa dei
suoi problemi senza dare importanza alle esigenze altrui.
L’oligarchia è la forma di governo in cui i ricchi comandano per i loro interessi a
sfavore dei poveri, quindi si tratta di un sistema fatto per mantenere i privilegi
dei ricchi.
La democrazia è la forma di governo in cui i poveri governano opprimendo i
ricchi nel loro interesse.
Secondo lui tirannide, oligarchia e democrazia sono costituite da un individuo che si
interessa ai suoi interessi senza tener conto degli altri. Dice che le forme più diffuse
sono oligarchia e democrazia, ma dice che si possono avere delle forme di buon
governo corrispondenti alle tre tradizionali: basileia (tirannide), aristocrazia
(oligarchia), politeia(democrazia).
Secondo ARISTOTELE l’autorità del padrone e dell’uomo politico non
sono la stessa cosa, e non tutte le forme di potere sono uguali tra loro: una
forma, quella dell’uomo politico, si esercita su uomini liberi, quella del padrone
si esercita su schiavi, e l’amministrazione della casa è comando di uno solo,
mentre l’amministrazione dell’uomo di stato si esercita su beni di uomini
eguali.
C’è una differenza tra Archè e Politichè e Archè e despotiche: (dispotico:chi si
comporta in modo autoritario; deriva da despotes:despota, cioè colui che è a capo
di una famiglia,e dunque anche a capo di terreni, schiavi). Secondo il modello
antico il despotes è padrone assoluto,domina sulla moglie, i figli, sugli schiavi,
sugli animali, esercitando un potere non contrattuale. L’ idea è che il maschio
adulto
maggiorenne sia per natura superiore alla donna, figli,schiavi e animali, e che
abbia il diritto e dovere di comandare su di loro senza discutere, dunque il modello
di archè e despotiche è un modello in cui vi è una persona superiore,l’uomo, che
comanda sugli altri che sono inferiori. Fra uomini liberi ed eguali questo modello
non va bene, una soluzione sarebbe comandare a turno,visto che siamo tutti
uguali, ma Aristotele va anche oltre, come sia possibile avere un governo a
turno tra uomini
liberi e uguali che consenta ad arrivare a scelte migliori? Si sofferma e in
particolare ragiona sulla possibilità di avere un buon governo in una politeia,
cioè una forma di stato che dia la possibilità di accesso alle cariche.
L’oligarchia e democrazia hanno i loro difetti(così comincia il suo discorso). Nei
capitoli 9,10 e 11 del terzo libro tutti questi problemi vengono sviluppati con un
linguaggio per la scuola. Il capitolo in cui emerge l’idea più importante è il
capitolo 11.
CAPITOLO 9: tanto l’eguaglianza quanto la diseguaglianza possono essere
giuste, È un errore politico fare differenze tra ricchi e poveri; prendere la
ricchezza e farne elemento discriminante è un errore perché ciò che conta nello
Stato non è la ricchezza, non si possono costruire i diritti sulla base della
ricchezza. Ma lo Stato non è nato per conseguire le esigenze di ricchezza, ma è
nato per consentire a tutti i cittadini di vivere bene, e quindi l’obiettivo dello
stato è la felicità di tutti.
In uno stato degno di questo nome ci si preoccupa anche e soprattutto di quella che
lui chiama la virtù, cioè il fatto che i cittadini si comportino bene nel rispetto
reciproco. Per fare uno stato occorre che ci si preoccupi di fare in modo che
tutti i cittadini siano liberi, vivano felici, abbiano la libertà di esprimersi in
modo pieno, avendo vari diritti.
È chiaro che in uno stato ci saranno delle disuguaglianze, degli spazi che ciascuno
vuole, ma ciò non deve dipendere dal fatto che uno è più ricco o più povero: questa
è quella che Aristotele chiamerà aretè politichè, cioè virtù politica. Aristotele
dice che nella vita quotidiana ci sono differenze, ma nella vita politica chi deve
avere potere è colui che sarà capace di fare il bene dello stato, la capacità
politica dovrà essere slegata dalla ricchezza, e solo così si darà la possibilità a
tutti di partecipare alla vita politica e al bene dello Stato.

CAPITOLO 10: qui è un po’ sofista; dice che persiste un dubbio e cioè di chi
deve essere il potere sovrano dello stato?
Si chiede se a governare dovrebbero esserci persone a modo, ma per fare questo
tutti gli altri dovranno essere esclusi dalle cariche pubbliche e da tutti gli altri onori,
dove per onori si intendono le cariche e se sono sempre gli stessi ad avere tale
potere di conseguenza gli altri ne saranno esclusi.
Allora chiede se sia meglio che a governare sia solo uno, il più bravo, ma subito
si ricrede dicendo che in questo modo ci sarebbe una seconda oligarchia perché
coloro che saranno esclusi dagli onori aumenteranno di numero, dice però che se la
legge è sovrana, che sia oligarchica o democratica non fa differenza perché ci
saranno lo stesso inconvenienti.

CAPITOLO 11: va al cuore di alcune questioni che da tempo venivano sollevate:


dice che affidare il governo a tutti i cittadini e non solo ai migliori è possibile,
anzi dice che è cosa preferibile ma presenta delle difficoltà. Dunque potremmo
dire che Aristotele è dalla parte della democrazia, ma in realtà non la chiama
democrazia , ma politeia.
In questo paragrafo Aristotele spiega perché sia meglio dare il potere a tutti.
Sviluppa tutta una serie di argomenti concatenati a un’idea, cioè è evidente che tra
gli uomini esistono alcuni che hanno qualità superiori
rispetto agli altri, che sono più intelligenti, ma se prendiamo un certo numero
di persone e le confrontiamo con una persona con spiccate qualità, tali persone
possono sviluppare capacità superiori rispetto al singolo;un insieme di persone
diventano un uomo con molti piedi, molte mani, esistono delle qualità che si
sviluppano collettivamente e che il singolo individuo non ha.
Sono paragoni che mirano a dire che in una comunità ci può essere una qualità
complessiva che è superiore a quella dei singoli: gli uomini messi insieme
possono raggiungere una capacità di giudicare superiore a quella del singolo. Il
singolo ha molti difetti, ma nella massa tali difetti si compensano, si
attutiscono;
Dice che questa situazione in alcuni casi vale e in altri no: non vale per ogni
popolo, ma vale solo per quei popoli che hanno un sufficiente livello di cultura,
di formazione, di maturità e solo in questo caso si avrà un governo migliore.
Tale idea finisce con il concretizzarsi con il modello ateniese di Solone: dice che la
cosa migliore è mettere in pratica il modello ateniese, cioè dare a tutti la
possibilità di prendere parte alla vita politica; anche i meno capaci danno
qualcosa allo Stato. Però c’è un problema, dice che occorre una scienza della
politica:
prende d'esempio la medicina: il medico è colui che giudica la medicina, esiste il
professionista laureato, e poi c’è anche chi,pur non essendo professionista, ha
comunque studiato e coltivato l’arte della medicina. Questo discorso è per dire che
il politico non è lo specialista, ma la competenza politica è di colui che è attento
ai problemi degli altri anche se è povero; anche il popolo che si è informato può
prendere parola e ha potere di eleggere le cariche.
Poi fa un altro paragone e dice: la casa non è solo del costruttore che valuta ma è
soprattutto del padrone di casa che deciderà e giudicherà l’operato del
costruttore, lo stesso vale anche per la politica: il cittadino ha il diritto di dire la
sua, può scegliere bene anche se non arriva a cogliere le sottigliezze dello
specialismo, purchè sia stato istruito.
dice un’altra cosa, cioè non è vero che pochi giudici siano meglio di tanti giudici
perchè in una giuria ampia le virtù complessive sono superiori rispetto al
singolo, ed è più difficile corrompere una giuria di tanti giudici che di 10
giudici, quindi l’idea di Aristotele è che fino ad ora c’è stato un governo che ha
portato a fenomeni di corruzione.

Alla fine dice che l’Atene democratica rappresenta un po’ questo modello, in
cui le cariche elettive sono scelte in base al censo, ma tutti possono eleggerle e
tutti possono partecipare all’assemblea.
Aristotele affronta le critiche antidemocratiche: dice che normalmente le
comunità sono fatte da ricchi, poveri e persone di medio reddito, i poveri non sanno
governare ma sono abituati ad obbedire subendo il potere dispotico; i ricchi hanno il
difetto opposto, non sanno obbedire ma sono abituati a comandare. Una comunità
di questo tipo è una comunità di schiavi a padroni e perciò non è giusta per le
sue idee dunque conclude dicendo: poiché una città deve essere fatta di persone
libere e uguali, la maggioranza dovrà essere formata da cittadini di classe
media con diritti eguali e moderati, che hanno media proprietà, e quindi
formano un’uguaglianza sostanziale.

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