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IL BULLISMO

DEFINIZIONE DEL TERMINE


Il problema del bullismo è da anni oggetto di studio. I primi fenomeni di bullismo sono stati
avvistati nei paesi del nord (Scandinavia, Norvegia, Danimarca). Ma questo fenomeno si è diffuso
nel resto del mondo. Il termine italiano bullismo deriva dalla parola inglese “bullyng” per indicare il
fenomeno di prepotenza tra i pari in un contesto di gruppo. In prima fase si è posta l’attenzione sulle
modalità del bullismo dalle modalità fisiche e verbali, e successivamente le cause del bullismo dal
punto di vista psicologico. Lo psicologo OLWEUS ci dà la definizione del bullismo, secondo cui il
bullo è un individuo, per lo più di sesso maschio, che spesso opprime e molesta i compagni, i
bersagli di tali azioni possono essere ragazzi o ragazze, l’attacco può essere sia fisico che verbale.
Capiamo la differenza tra bullismo diretto e bullismo indiretto:
BULLISMO DIRETTO= avere un contatto fisico con la vittima (calci, pugni, colpi), di tipo verbale
(minacce, offese).
BULLISMO INDIRETTO= è molto difficile da individuare, perché si ha l’esclusione da un gruppo
oppure la diffusione di calunnie nei confronti di qualcuno.
Secondo uno studio il bullismo diretto è molto diffuso nei maschi, mentre il bullismo di tipo
indiretto è diffuso tra le ragazze.
OLWEUS disse: - “un soggetto è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente nel
corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni”.
Poniamo l’attenzione su 3 aspetti fondamentali 1) disequilibrio tra bullo e vittima 2) gli atti
aggressivi di tipo diretto fisico e verbale, e aggressioni di tipo indiretto 3) la persistenza nel tempo
di questi atti.
Il fenomeno del bullismo va a diminuire con l’aumentare dell’età, ma il suo apice giunge quando i
ragazzi iniziano la scuola secondaria, poiché i gruppi sono vulnerabili. La relazione di bullismo non
è solo tra bullo e vittima ma coinvolge altre persone, se parliamo di scuola coinvolge il gruppo
classe. Nelle scuole vi sono i famosi gruppetti, che si creano in base alle simpatie. I gruppi che
vanno d’accordo hanno una buona rete sociale, mentre per altri c’è la creazione di disuguaglianze
(tra chi è più forte e potente, e chi invece è debole ed è costretto a subire). Parlando di gruppetti si
hanno i sostenitori del bullo, ovvero coloro che assistono agli atti che i bulli compiono. I difensori
delle vittime coloro che consolano la vittima. Infine abbiamo i ragazzi non coinvolti ovvero coloro i
quali non prendono parte agli atti prepotenza, fanno finta di non vedere cosa accade. Questo
fenomeno appare nell’età adolescenziale dai 12 anni in su quando si lascia l’età infantile. I primi
dati italiani sul bullismo sono stati effettuati nelle 2 città (Firenze e Cosenza) mediante dei
questionari anonimi. Alla ricerca hanno partecipando molti ragazzi dagli 8 ai 14 anni (i dati 41%
nelle scuole elementari 26% nelle scuole medie. Nelle regioni d’Italia si nota che il fenomeno sia
frequente in Campania e Sicilia.
I modelli di intervento sul bullismo si focalizzano a livello di gruppo. Diversi studi hanno
dimostrato come il lavoro cooperativo di gruppo possa migliorare il clima in classe e risulti essere
un buon metodo per la riduzione del fenomeno delle prepotenze a scuola. I sistemi di prevenzione
non coinvolgono solo le persone interessate ma l’intero gruppo classe, ma non solo anche genitori,
preside, personale scolastico, docenti ecc. con questo intero supporto si lavora meglio. I modelli più
utilizzati sono:
1. GLI STIMOLI LETTERARI= attraverso la lettura di brani e la discussione, che permettono
la risoluzione della problematica.
2. GLI STIMOLI AUDIOVISIVI= i cartoni o le trasmissioni legati ai problemi dell’attualità,
permettono ai ragazzi di sviluppare il senso critico riguardo temi specifici.
3. IL ROLE PLAY= è una tecnica psicologica, si basa sulla rappresentazione di situazioni di
bullismo. Con lo scopo di far stimolare l’empatia a tutti i soggetti, attraverso una riflessione
sulle emozioni provate.
Le vittime preferiscono parlare dei loro problemi con i loro coetanei, piuttosto che con i loro
genitori o insegnanti. Come modelli di supporto abbiamo il befriending ovvero è un aiuto
spontaneo che i bambini mettono in atto per aiutare l’altro (i loro amici). Peer support system
prevede l’ascolto attivo e lo sviluppo di alcune competenze sociale, è un tipo di befriending.
L’operatore amico prevede che i compagni vittime siano di supporto ad altre persone con lo
stesso problema, aiutandoli con attività pratiche, l’ascolto attivo, il sostegno emotivo.
Il peer support system o sistema di supporto alla pari, significa condividere con gli stessi pari la
situazione di difficoltà, di disagio. Il peer support system nelle scuole trova applicazione fra i
ragazzi che si confidano con i coetanei piuttosto con adulti (parenti, insegnanti, genitori). I ragazzi
che ascoltano vengono selezionati in base alle capacità empatiche e di risoluzione dei problemi. Il
gruppo viene formato con tecniche di ascolto, sviluppo empatico, risoluzione dei conflitti. Chiunque
avrà la necessità di sfogarsi o avrà un problema, saprà di rivolgersi in piena segretezza a persone
che potranno aiutarlo a superare i momenti difficili.
Affinché il programma di supporto funzione nelle scuole bisogna seguire i seguenti passaggi
 Discutere il programma con il preside
 Presentare il programma con lo staff
 Fornire informazioni ai genitori
 Fornire informazione ad allievi
 Selezionare i volontari che operano all’ascolto
 Effettuare la formazione
 Pubblicizzare il programma
 Supervisionare il programma
È importante l’ascolto che è l’elemento fondamentale per il supporto. È importante che i ragazzi
imparino a saper ascoltare in maniera attiva, non bisogna interrompere, non fare commenti ecc.
Per risolvere i problemi bisogna seguire i seguenti passaggi:
 Identificare il problema
 Esplorare le soluzioni
 Individuare i vantaggi e svantaggi
 Selezionare le alternative
 Verificare le alternative
 Accompagnamento nella risoluzione
In ultimo, bisogna lavorare sulla riservatezza. La riservatezza può essere rotta con alcuni problemi
che mettono l’individuo a rischio (maltrattamento, abuso). Prima di rompere la riservatezza devo
incoraggiare l’altro a parlare ed allo stesso tempo deve continuare a supportare la persona coinvolta
e decidere l’azione da intraprendere.
LA GIUSTIZIA PENALE MINORILE E LE SUE PECULIARITA’
Il processo penale dei minorenni ha come finalità non solo di accertare il fatto, ma anche di
indagare sulla personalità. Nel processo normale (adulti) il giudice indaga la personalità del
condannato ai fini della concessione delle misure alternative alla detenzione. Il processo penale
minorile adotta una prospettiva radicalmente diversa, e ciò perché la valutazione della personalità
del reo involge tutto il processo. Il processo penale minorile persegue finalità di carattere educativo
e si ripropone la rapida fuoriuscita del minore dal circuito penale. Il giudice minorile dispone
diversi strumenti di adeguamento finalizzati ad evitare la condanna, ovvero ad attenuare la pena.
Pensiamo al perdono giudiziale (art 169) che estingue il reato, ma può essere concesso dal giudice
quando la pena detentiva non supera i due anni e sussiste la ragionevole certezza che il minore non
commetterà in futuro altri reati. Un’altra forma di conclusione del processo minorile è quella della
declaratoria di non imputabilità del minore (art 26) il minore di 14 è imputabile, perché non è in
grado di comprendere appieno il significato e il valore giuridico delle proprie azioni. Nel caso di
minori che superano i 14 anni c’è la capacità di intendere e volere (la maturità). L’art 28 prevede la
sospensione del processo con messa alla prova dell’imputato di durata variabile. Il giudice può
ritenere di dover valutare la personalità del minore. Il minore viene affidato ai servizi sociali che
provvede all’osservazione, al trattamento e al sostegno. Il giudice può estinguere il reato quando
afferma il cambiamento dell’atteggiamento positivo da parte del ragazzo. Questa sperimentazione
viene effettuata da diversi tribunali italiani (BARI, VENEZIA, ROMA, MILANO, TORINO ECC.)
Particolare importanza si dà ai SERVIZI MINORILI che eseguono gli accertamenti sulla
personalità del minore, intervengono durante l’applicazione, e provvedono a collocare il minore nei
centri di accoglienza al fine di ospitarli.
Ad una persona si attribuisce il ruolo di deviante quando le sue azioni o intenzioni entrano in un
contesto violento ed esse siano giuridicamente sanzionate. La devianza è un giudizio di valore, che
un sistema normativo violato attribuisce ad un certo comportamento, utilizzando un’etichetta
linguistica con cui la persona viene identificata. La diversità di un certo individuo sul piano
psicologico, culturale può implicare un giudizio di devianza o meno, a seconda della tolleranza del
sistema normativo verso quel tipo di diversità. Il concetto di devianza viene ereditato dallo studio
degli americani e si è affermato in Italia all’inizio degli anni 70. Vincenzo Tomeo uno studioso di
sociologia disse che la situazione degli adolescenti è un caso di marginalità sociale, quindi con il
termine di devianza si apre il dibattito sulla individuazione sociologica dei comportamenti negativi.
Quindi la parola devianza scompare e viene sostituita da negatività sociale, ovvero comportamenti
socialmente negativi, situazioni problematiche e conflittuali. Le teorie criminologiche hanno messo
in evidenza l’approccio clinico al problema di devianza minorile, mediante lo studio dei giovani
etichettati come delinquenti, si poteva individuare le cause della criminalità. Mediante nuovi
approcci clinici il criminologo non è più l’agente della rieducazione ma è l’agente di mediazione e
di comunicazione, agendo in modo tale da contrastare i processi di etichettamento. Va detto che ai
tempi di oggi si può parlare di condotte disadattate dei minorenni, ovvero il ragazzo
indipendentemente dal reato commesso, è preso dai sintomi di disadattamento personale, disagio,
comportamento asociale. Secondo uno studio della devianza preso in carico dall’università di Roma
al dipartimento di sociologia, il deviante non è più colui preso da: inadeguata scolarizzazione,
disfunzione familiare. I nuovi devianti sono anche coloro che fanno parte della classe sociale
medio-alta avendo un grado alto di scolarizzazione. Il disagio è il primo campanello di allarme, che
potrebbe restare una fase isolata nella vita del minore. Il disagio è collegato a una carenza di
modello educativo (mancanza di regole, mancanza di modelli di riferimento, incapacità di superare
le frustrazioni o le sconfitte). Con la comparsa del bullismo vi sono la comparsa di alcuni effetti
negativi quali sono: bulimia, disturbo della personalità, consumo di droga e alcol, fughe da casa e
incremento ai suicidi. Si può parlare di bullismo di gruppo dove gli atti di violenza vengono
effettuate da più persone, imbrattare i muri, bruciare le macchine, pestare i compagni o gli extra
comunitari. La devianza dei ragazzi italiani proviene dalle zone urbane o da zone considerate
ghettizzate, ragazzi privati da cure primarie in ambito familiare e sociale. Questi ragazzi vengono
utilizzati maggiormente per organizzazione malavitose, questi modelli mafiosi sono considerati
attrattori per i ragazzi che vivono in una situazione di fallimento e nell’ambiente della criminalità
trovano una valorizzazione delle loro capacità, con lo scopo di farsi una carriera e acquisire
posizioni elevate di illegalità.

Famiglia e minori
Ogni individuo deve essere tutelato (diritto ampiamente riconosciuto dalla nostra costituzione) sia
all’esterno ovvero nella società sia all’interno della famiglia. Sappiamo che l’età infantile è uno
stadio molto delicato ed importante per lo sviluppo della persona. Solo alla fine dell’800 e inizi del
900 le scienze umane (psicologia, pedagogia, sociologia) posero rilievo sull’infanzia e da qui si va a
parlare di diritti del minore. La storia della legislazione, a tutelare i minori ha iniziato negli stati
uniti alla fine dell’800. Quando per ben 2 volte dei minori furono maltrattati e picchiati dai genitori
furono salvati. Ma vennero salvati dalla protezione degli animali, poiché soltanto comparando il
minore ad un animale era possibile assicurargli protezione. In Italia il primo progetto di legge fu
varato nel 1909 e con legge n° 1404 del 1934 fu istituito il tribunale per minorenni. Alcuni diritti
del fanciullo vennero fatti nel 1925 in sede di assemblea generale della società delle nazioni a
Ginevra, che promulgò la DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO, per tutti gli stati
che il bambino va considerato a tutti gli effetti un essere umano e come tale va tutelato. Il 20
novembre 1959 l’ONU (organizzazione nazioni unite) approvò la dichiarazione dei diritti del
fanciullo. Per quanto riguarda l’Italia nella nostra costituzione entrata in vigore nel 1948, sono
tracciate i diritti costituzionali del minore, considerato come soggetto di diritti. La tutela dei minori
è un dovere che grava su tutti, in quanto il minore è veramente un essere indifeso ed il più delle
volte l’intervento del giudice arriva troppo tardi non raggiungendo lo scopo. La prima
organizzazione sociale nel quale il minore si trova a vivere è la famiglia, che deve assicurare
protezione, sostegno, ed affetto.
Ma come sappiamo non sempre la famiglia è in grado di svolgere bene il compito, ossia quello di
curare e tutelare il fanciullo. Inoltre i genitori al momento di separazione scaricano i loro conflitti
sui figli. Da questi fatti possiamo parlare di “abuso psicologico” i genitori utilizzano i ragazzi come
mezzo di ricatto per ottenere agevolazioni economiche. La violenza in famiglia si può definire
come un conflitto di rabbia che il genitore ha verso il figlio, molte volte si passa all’abuso sessuale
nei confronti del minore. Conducendo cosi il minore a un blocco e ad un terrore psicologico,
devastati da comportamenti paranormali di genitori affetti da disturbi. La violenza sui minori è
senza dubbio la trascuratezza, il comportamento che procura più sofferenza e disagio al minore. La
trascuratezza e la violenza psicologica sono sanzionate soprattutto in sede civile (art 333).
Diversi studi sul bullismo hanno evidenziato che chi subisce maggiormente violenza sono i ragazzi,
da considerare importanti sono gli effetti che ne derivano, ma che nella maggior parte dei casi
possono durare a lungo e vanno a l’aspetto di sviluppo dell’individuo. Perdita di autostima, salute
fisica e psichica. Gli studi sul bullismo vanno ad evidenziare come sia importante agire sul
problema al fine di creare un clima positivo e sociale all’interno della cerchia di amici, migliorare
l’interazione con i compagni di classe. La cooperazione dà il senso di sicurezza a chi è vittima del
bullismo ed inoltre consente la discussione e il confronto finalizzata alla risoluzione di problemi. Si
può risolvere il bullismo intervenendo a diversi livelli:
 Implementando una politica di antibullismo a livello di istituto scolastico
 Stimoli audiovisivi
 Attività role-play
 Peer support system
Peer support system cioè i ragazzi vengono utilizzati come agenti di cambiamento al fine di mettere
in pratica tecniche di ascolto attivo e del supporto emotivo, offrono sostegno ai loro compagni in
difficoltà. Questa tecnica di supporto alla pari viene applicata con persone che condividono la stessa
situazione di difficoltà. Il metodo si basa sul principio di interagire con l’altro ovviamente sempre
con chi si ci sente più sicuri, confidenti e compresi ed è solo cosi che si trova facilmente una
soluzione. L’obiettivo è creare una solidarietà nel gruppo con l’aiuto reciproco tra i ragazzi, il motto
di questa tecnica è “curare ed essere curato” mediante il supporto di loro coetanei che mostrino
particolari caratteri emozionali.

OBIETTIVI DEL PROGETTO


Il progetto parte dal concetto “curare ed essere curato” e all’interno del contesto scolastico di vanno
ad evidenziare alcuni punti
 Instaurare un clima di fiducia e serenità nell’ambito scolastico
 Costruire un gruppo di supporto e di riferimento per l’intero universo scolastico
 Sviluppare la consapevolezza di sé, l’autostima e lo sviluppo delle capacità di aiuto e
comprensione
 Creare una rete di persone che collaborino al progetto che siano interne ed esterne (alunni,
genitori, insegnanti, avvocati, educatori)

LA METODOLOGIA
Il progetto si sviluppa in 2 azioni
 Il supporto alla pari
 Una nuova educazione alla legalità

Il supporto alla pari parte con l’individuazione del gruppo di supporto, attraverso un questionario
che indaga sulle abilità sociali, e indicare il nome dei ragazzi che erano più disponibili al dialogo, al
supporto emozionale e immedesimarsi nei problemi altrui.
Il gruppo di volontari per obbligo di partecipare a 2 giornate di formazione con l’obiettivo di:
1. Far sviluppare nei ragazzi le abilità per superare i problemi
2. Creare le basi per istaurare un clima positivo nella classe
La formazione è molto utile perché aiuta i ragazzi a far crescere in loro la stima di sé. Uno dei punti
cruciali della formazione è la riservatezza: necessità di uno spazio sereno e riservato. Le
informazioni dei partecipanti sono confidenziali e sottoposte al vincolo di segretezza.
Atteggiamento non giudicante: assumere un atteggiamento di non esprimere un giudizio, ma di
accettare tutto ciò che il paziente ci dice. Informare e non consigliare: ascoltare ed accogliere
l’altro ed aiutarlo con percorsi di risolvere i problemi e trovare una soluzione più adeguata ad esso
secondo anche le sue risorse
Non essere diretto non prendere l’iniziativa, saper comunicare e saper porre le domande
TRASPARENA: fornire informazioni chiare sul loro ruolo di supporters
RICONOSCERE I LIMITI è importante aver chiari i propri compiti e comprendere quando c’è il
bisogno del supporto di persone adulte.
I ragazzi che hanno partecipato ai gruppi di supporto, gli viene chiesto di restare o se preferiscono
andare via. I ragazzi che decidono di restare vanno a pubblicizzare il progetto all’interno della
scuola con cartelloni, volantini e ovviamente vengono affissati il luogo e l’ora nel quale si può
recare allo sportello amico.
IL GRUPPO MULTIDISCIPLINARE
È un gruppo composto da persone adulte esterni al contesto scolastico, perché è formato da
psicologi, avvocati, insegnanti, educatori, ecco perché è detto multidisciplinare. Ed ognuno metto in
atto la propria esperienza o i consigli sul tema. Il beneficio di questa procedura è di non coinvolgere
solo i ragazzi ma anche le persone adulte per ampliare la conoscenza del problema.
UNA NUOVA EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’
Una nuova educazione alla legalità, l camera penale minorile di Cosenza ha previsto le seguenti
attività
 Sensibilizzazione su alcuni temi di carattere giuridico, psicologico e sociale legati al settore
giuridico
 Seminari sui temi della giustizia minorile
 Organizzazione si simulate volte ad avvicinare gli studenti alle strutture della giustizia
minorile
Nel corso del progetto sono stati previsti alcuni seminari rivolti ai genitori rivolti agli adulti per la
prevenzione e il monitoraggio dei minori. A supporto dello sportello è stato realizzato un sito web,
che ha permesso ai ragazzi di poter essere in contatto con altri studenti di diverse città e di poter
discutere la loro esperienza di gruppo.

RISULTATI DEL PROGETTO TRIENNALE


PRIMO ANNO
Una popolazione scolastica si stima 250 studenti il 76,5% conosce lo sportello amico e il 23,5% non
lo conosce. Altra domanda con chi preferisci confidarti? Le risposte con la più alta percentuale sono
state amici 53% genitori 39 % insegnati 1%. Altro dato importante è la riservatezza per i ragazzi
mantenere il segreto 46,5 %, non essere giudicati 9,8%, ascoltare 20 %

SECONDO ANNO
Prima di avviare il progetto vi è stata l’esigenza di indagare sul grado di soddisfacimento e impatto
emotivo che lo sportello amico aveva avuto l’anno precedente. Il 70,58% sostenne di essere felice
dell’iniziativa e che voleva essere coinvolto, il 29,4 % ritenne che lo sportello amico fosse inutile. Il
38,46% dei ragazzi affermarono che si rivolsero allo sportello amico l’anno precedente.
Ovviamente queste percentuali sono date dalla somministrazione di un questionario. In questo
secondo anno vi fu l’interesse da parte degli insegnanti e genitori, manifestando l’utilità del
progetto e sottolineando gli elementi positivi. All’interno della scuola attraverso i cartelloni, i
ragazzi in maniera sintetica andarono a rappresentare il loro lavoro e a fine anno ci fu una giornata
conclusiva nel quale si è riflettuto sull’andamento del progetto. Per capire i punti di forza e di
debolezza.

TERZO ANNO
Nel terzo anno del gruppo PICCOLE CANAGLIE erano rimasti sono i ragazzi di 3 media, per cui
era necessario fare una selezione di nuovi ragazzi. Il nuovo gruppo composto da 20 ragazzi ha
iniziato il progetto partecipando alla formazione presso la città dei ragazzi Cosenza. Gli incontri
erano con la partecipazione di psicologi, avvocati, associazioni e tanto altro. Nel corso dei 3 anni
del progetto si è verificato un incremento nell’esistenza dello sportello amico e della sua funzione.
CONCLUSIONE
Al termine di questa esperienza possiamo trarre delle conclusioni:
Il progetto ha coinvolto le insegnanti della scuola seguendo tutte le fasi del progetto. Le insegnanti
hanno promosso il progetto e lo hanno sostenuto nei momenti di difficoltà
La costruzione di un gruppo di supporto tra i ragazzi
Il miglioramento delle relazioni sociali all’interno della scuola, del clima di confidenza e fiducia tra
insegnanti, alunni e genitori.
Il gruppo di supporto alla pari ha avuto effetti positivi nel gruppo, si è imparati ad ascoltare l’altro e
ha migliorato il metodo dell’empatia. I ragazzi hanno ritenuto importante l’esperienza del progetto
in quanto ci dà la possibilità di risolvere qualsiasi problema.
PER UNA NUOVA EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’
Il progetto sperimentale “SIMPATICHE CANAGLIE” ha messo in atto i 2 programmi importanti
PEER SUPPORT SYSTEM e PER UNA NUOVA EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’. Il
programma PEER SUPPORT SYSTEM la cui realizzazione è stata fatta dall’università della
Calabria con lo scopo di realizzare una politica antibullismo all’interno di una scuola media di
Cosenza, per aiutare gli studenti in difficoltà mediante l’aiuto dei loro coetanei. Il programma PER
UNA NUOVA EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’ la cui realizzazione è stata curata dagli
avvocati della camera minorile di Cosenza, intendevano sperimentare un nuovo tipo di educazione
alla legalità, coinvolgendo degli studenti di una scuola ed inoltre il settore della giustizia minorile.
IL PROGRAMMA
Il programma è stato realizzato da un gruppo multidisciplinare composto da (docenti, avvocati,
educatori, magistrati e psicologi). L’obiettivo principale era quello di attuare la sensibilizzazione tra
i ragazzi sul tema giuridico e psicologico, ma legato principalmente al settore della giustizia
minorile. Il coinvolgimento degli studenti è avvenuto tramite una serie di seminari formativi e
grazie ad alcune realizzazioni sperimentali presso il centro giustizia minorile per i minorenni di
Catanzaro. Il gruppo multidisciplinare ha attuato l’attività tecnico (con la trasmissione agli studenti
di nozioni informative in materia di diritto minorile, con l’obiettivo finale di avvicinare gli studenti
alle delicate problematiche della giustizia minorile). Ovviamente il gruppo si è dovuto formare
attraverso degli incontri all’università della CALABRIA nel dipartimento di scienze
dell’educazione, nel quale c’è stato uno scambio di informazioni con i professori, alcuni professori
facevano parte del gruppo di supporto. Nella fase successiva il gruppo ha avviato il progetto nella
scuola ed alcuni prof hanno assicurato il loro supporto qualificato agli studenti, durante la quale
hanno affrontato insieme ai ragazzi le questioni emerse nel programma anti- bullismo. Il
neuropsichiatra è riuscito ad instaurare un contatto empatico con gli studenti, chiedendo loro cose
ne pensassero del tribunale dei minori. Per i ragazzi il tribunale viene visto come un carcere,
un’istituzione dello stato dove vengono punite le persone. Per quanto riguarda il processo, viene
immaginato dai ragazzi con la presenza del giudice, la giuria, il pubblico, ma è assente la figura del
minore. Nel corso dell’incontro è stata fornita agli studenti una panoramica completa sulla giustizia
minorile. Il magistrato minorile, vide che i ragazzi immaginavano il tribunale per i minori e quindi
illustrò loro le funzioni esercitate dai giudici. I ragazzi ponevano molti interrogativi sulla giustizia
minorile in base alle idee che si erano posti, inoltre ponevano molta attenzione e curiosità al
tribunale. L’avvocato minorile ha fornito ai ragazzi un quadro della giustizia penale minorile,
illustrando a loro le fasi di un processo penale di un minore. Nel prosieguo dell’incontro l’avvocato
ha sperimentato un sondaggio tra gli studenti ovvero se il giudice nei confronti dell’imputato
minorenne avesse un atteggiamento punitivo o moderato. Dai risultati si è emerso che vi era un
atteggiamento aggressivo e punitivo nei confronti dell’imputato. Alla luce dell’incontro, si è reso
necessario orientare le fasi successive del programma, coinvolgendo i ragazzi sul campo
giudiziario, per far comprendere l’importanza e il significato degli strumenti previsti dalla giustizia
minorile. Nel corso della visita si è sperimentato un “processo penale simulato”, ciascun ragazzo ha
impersonato un ruolo specifico, dall’imputato alla persona offesa, dal pubblico ministero al
difensore ecc.… Il giudice minorile è stato ricoperto da un magistrato in carne ed ossa. L’accusa era
quella di un furto di un cellulare avvenuto all’interno della scuola. Ovviamente l’imputato ha
provato in ogni modo di difendersi e convincere il giudice della sua innocenza. I ragazzi hanno
capito l’importanza del progetto e delle responsabilità e le conseguenze che causa l’atto di bullismo.
Inizialmente i ragazzi hanno manifestato paura e timore nei confronti dell’accusato ritenendolo
cattivo e che dovesse essere punito più severamente. È stato importante questo incontro perché ha
fatto capire ai ragazzi che i problemi di questo tipo possono capitare a chiunque e che nessuno è
esente, e che delle azioni che noi facciamo dobbiamo essere a conoscenze delle nostre conseguenze.

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