Sei sulla pagina 1di 1

Adolf Hitler, pronuncia tedesca [ˈadɔlf ˈhɪtlɐ] ascolta[?

·info] (Braunau am Inn, 20


aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945), è stato un politico tedesco di origine
austriaca, cancelliere del Reich dal 1933 e Führer, della Germania dal 1934 al
1945.

Capo del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori, nonché principale


ideatore del nazionalsocialismo, Hitler conquistò il potere cavalcando l'orgoglio
ferito del popolo tedesco, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale e la grave
crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità
oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie, presentò un manifesto politico
intriso di nazionalismo, anticomunismo e antisemitismo e dopo alterne vicende
(fallito Putsch nel 1923 e conseguenti otto mesi di carcerazione, durante i quali
iniziò la stesura del Mein Kampf), arrivò alla Cancelleria nel gennaio del 1933.

Nel 1934, dopo la morte del presidente Paul von Hindenburg, si attribuì per legge
il titolo di Führer e Cancelliere del Reich, accentrando nelle sue mani i poteri
dello Stato e instaurando un regime dittatoriale. Grazie a un possente ed efficace
programma di ristrutturazione economica e riarmo militare, Hitler perseguì una
politica estera estremamente aggressiva, volta principalmente a espandere il
Lebensraum (spazio vitale) tedesco a spese delle popolazioni dell'Europa orientale.
[1] In un susseguirsi di atti di sfida alla comunità internazionale, giunse a
invadere la Polonia il 1º settembre del 1939, provocando lo scoppio della seconda
guerra mondiale.

Da quel momento Hitler diresse personalmente le operazioni di guerra, esercitando


un'influenza determinante nelle scelte strategiche e nella conduzione operativa.
Grazie anche alle sue decisioni e alla sua determinazione i primi anni del
conflitto furono caratterizzati da impressionanti vittorie, che permisero al Terzo
Reich di dominare gran parte dell'Europa e sembrarono dimostrare l'invincibilità
della Wehrmacht. Tuttavia a partire dal 1942, col formarsi della potente coalizione
degli Alleati anglo-americano-sovietici, la Germania dovette passare sulla
difensiva e subire gli attacchi sempre più efficaci dei suoi nemici. Abbandonato
dagli alleati, logorato dalle continue sconfitte e in condizioni fisiche e
psichiche sempre più precarie, Hitler rifiutò di cedere le armi e continuò a
resistere ostinatamente. Rimasto bloccato con le truppe a lui fedeli in una Berlino
ormai accerchiata dall'Armata Rossa, si suicidò nel suo bunker il 30 aprile 1945
insieme alla compagna Eva Braun, che aveva sposato il giorno prima.

Responsabile della morte di milioni di persone, Hitler fu propugnatore di


un'ideologia nazionalista e razzista, e di una politica di discriminazione e
sterminio che colpì vari gruppi etnici, politici e socialiː popolazioni slave,
etnie romanì, testimoni di Geova, omosessuali, oppositori politici, membri della
Massoneria, prigionieri di guerra, disabili fisici e mentali e, in particolar modo,
gli ebrei. Segregati sin dal 1933 dalla vita sociale ed economica del Paese, gli
ebrei e le altre minoranze furono oggetto dal 1941 di un piano d'internamento e
sterminio noto con il nome di soluzione finale, al quale ci si è riferiti sin
dall'immediato dopoguerra con il termine di Shoah od Olocausto.[2] La parola
genocidio fu coniata dall'ebreo polacco Raphael Lemkin in un'opera del 1944 sulle
politiche di sterminio naziste.[3]

Potrebbero piacerti anche