Nel 1946 con la nascita dell’International Council of Museums (ICOM), l'organismo associato alle
Nazioni Unite che si occupa dei musei, ha emanato una definizione dei musei: "tutte le collezioni
aperte al pubblico di materiale artistico, tecnico, scientifico, storico o archeologico, inclusi zoo e
giardini botanici, ma escludendo le biblioteche, a meno che non mantengano sale di esposizioni
permanenti".
Negli anni successivi, l'Icom ha adottato altre sette diverse definizioni; un cambiamento decisivo si
ebbe nel 1951 con l'introduzione del concetto di "interesse pubblico" e si indica cosa il museo deve
preservarle, studiarle, migliorarle in vari modi ed esporle al pubblico per il suo diletto e la sua
istruzione. Tutto ciò diviene importante perchè, per la prima volta, si indica la finalità del museo.
Altro cambiamento si ha nel 1961 in cui si definisce che "il museo è un'istituzione permanente che
conserva ed espone, a scopo di studio, istruzione e diletto, collezioni di reperti di interesse culturale e
scientifico";
Grazie ad Andrè Malraux, ministro della Cultura del governo de Gaulle, nel 1959 si introduce il
concetto del termine "patrimonio culturale" in ambito amministrativo con la firma del decreto; ciò
evidenzia che non si poteva guardare alla cultura come un insieme di singole eccezionalità perchè ogni
In una storica riunione dell'Icom nel 1971 a Santiago del Cile si dichiarava, esplicitamente, che il museo
deve essere a servizio della società e del suo sviluppo. Questa nuova concezione diede il via alla
nascita di piccoli musei locali e la loro diffusione porta a parlare di una "Nuova museologia" come
aspirazione a "un museo aperto all'esterno, trasportato fuori dalle mura di un edificio, fatto dalla
Nel 1995, la sesta definizione, vede l'aggiunta di due categorie all'interno delle istituzioni che possono
chiamarsi museo:
ricerca museale.
Nel 2004 l'Icom introduce un'ulteriore novità con il concetto di "patrimonio immateriale" e definisce il
museo come:
"un'istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo, aperta al
pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uomo e del suo
istruzione e diletto".
-Il museo deve essere un'istituzione permanente perchè i compiti che intende svolgere richiedono
- La necessità di non avere scopo di lucro si rafforza ancor di più con l'emergere di finalità sociali
- I musei non dovrebbero essere dei contenitori di oggetti, ma dei luoghi di incontro e di crescita
culturale per la popolazione; gli oggetti della cultura sono considerati tali perchè sono in grado di
raccontare la storia delle società
umane. La ricerca sulle testimonianze materiali e immateriali è un atto essenziale del museo che,
attribuisce, una valenza emblematica e la capacità di rappresentare dei significati agli oggetti ;
La parola "ambiente" va concepita, non solo in ambito naturalistico, ma anche come un aspetto fatto
Sono i compiti fondamentali di un museo. Senza reperti, cioè senza conservazione, non si parlerebbe
neppure di museo e mancherebbe un elemento chiave per la comunicazione con il pubblico oltre che
per la ricerca. Quest'ultima permette di usare le collezioni per articolare discorsi culturali ripetuti nel
tempo e tiene conto del passato. Il museo è una macchina culturale in cui queste tre funzioni si
L'esposizione di un museo è il suo modo di parlare alla società. L'esposizione delle collezioni
serve anche per il diletto. Il fatto che un museo debba fare ricerche implica la presenza di un personale
CAPITOLO SECONDO
La parola "museo" deriva da museion, luogo sacro alle Muse. Museion era l'edificio voluto da Tolomeo
Renzo Piano identifica l'archetipo del museo nell'arca di Noè come "ciò che va salvato dall'oblio e
tramandato al futuro".
tombe e templi.
Le prime, in quanto, arricchite da oggetti e suppellettili capaci di rendere il defunto degno di memoria;
i secondi, non sono solo luoghi sacri ma anche scrigni in cui contenere i tesori materiali e culturali
della comunità.
Tombe, templi, palazzi reali appaiono come musei ante litteram per il fatto di essere stati depositi della
memoria collettiva;
un museo svolge il ruolo di custode della memoria, di luogo in cui una comunità si identifica attraverso
Le Muse erano le figure mitologiche alla quale il Museion era dedicato, fatto costruire da Tolomeo I
Sotere che incaricò Demetrio di Falera. Fondato intorno al 300 a.C., comprendeva una biblioteca, un
conservazione e rielaborazione del patrimonio. Sarebbe riduttivo, però, ricordare questo luogo solo
in primo luogo perchè al Museion si ispireranno i musei universitari; in secondo luogo perchè il
Esso fu distrutto da un incendio nel 270 a.C. e il culto delle Muse sarà abbandonato ma ritornerà nel
periodo rinascimentale.
Cristianesimo e Medioevo
L'età romana segnò una battuta di arresto e il termine latino museum fu usato per indicare grotte e
anfratti realizzati nei giardini delle ville private abbellite con mosaici murali e conchiglie. Dalle prime
rivolte cristiane fino all'avvento di Teodosio, l'iconoclastia si abbattè sui simboli pagani dell'arte e della
cultura greca. Con il declino dell'Impero d'Occidente la fruizione delle opere d'arte risultò
impraticabile, ma non solo. Anche con l'avvento dei barbari e dei saccheggi, l'imperatore Avito dovette
Nel Medioevo i protagonisti della conservazione diventano chiese, cattedrali e monasteri. Nelle chiese,
oltre a reliquie e oggetti sacri, vi sono "oggetti delle meraviglie" costituiti da reperti inconsueti.
Il Museo Capitolino
Sul finire del XV secolo la corte papale decide di riprendere il legame alle Muse e di permettere che la
parola "museo" acquista maggiore importanza. Nel 1471, papa Sisto IV dona antiche statue pagane in
bronzo ed è il gesto che porta alla fondazione del primo nucleo del Museo Capitolino, considerato il
primo museo moderno della storia. Le motivazioni della sua nascita inducono a sospettare che le
ragioni politiche abbiano prevalso rispetto a quelle culturali, soprattutto, per l'affermazione del papato
La parola “museo” viene usata in senso moderno da Paolo Giovio nato a Como nel 1483, fu per molti
anni a seguito di Giulio de’ Medici che divenne papa Clemente VII e lo nominò vescovo di Nocera dei
Pagani. Frequentò il Vasari e strinse amicizia con figure importanti come Francesco I, Cosimo de’
Medici, Carlo V; proprio queste amicizie influenzarono Paolo III Farnese che provò dei risentimenti
verso Giovio. Egli ebbe, però, un periodo positivo con papa Paolo III e proprio in questo periodo Giovio
usò per la prima volta la parola “museo” indicando un progetto iconografico ben definito e un edificio
che potesse accogliere le collezioni a servizio delle persone come luogo di conoscenza.
L’edificio fu ispirato alle ville classiche e fu eretto tra il 1537 e il 1543; la prima sala era dedicata alla
raffigurazione di Apollo e delle Muse mentre le altre ospitavano la collezione che comprendeva un
Giovio voleva fare del suo museo un luogo di conoscenza e, per questo motivo, accanto ad ogni
L’umanista morì nel 1552, trent’anni dopo la sua collezione venne divisa tra gli eredi e la villa fu
distrutta.
minuziosamente pensato per offrire al pubblico sia emozioni che conoscenza. Questo progetto non si
A partire dal XIV secolo presso le corti iniziò a diffondersi la raccolta di oggetti rari e preziosi che
venivano custoditi negli studioli, luoghi adibiti alla conoscenza ma anche alla conservazione degli
oggetti speciali. Tra gli studioli più celebri vi sono quelli di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale
di Urbino, Francesco I de’ Medici in Palazzo Vecchio a Firenze e Isabella D’Este nel Palazzo Ducale di
Mantova. Erano ambienti privati di piccole dimensioni, spesso segreti ed erano ornati da decorazioni di
grande pregio; garantivano tranquillità ed erano ideali per dedicarsi allo studio, ad affari privati e incontri
Per lo studiolo di Federico da Montefeltro fu scelto, nel 1476, di ricoprire le pareti di rivestimento lignei
con complessi intarsi realizzati con la tecnica del trompe-l’oeil con effetto di illusione prospettica. Tra gli
oggetti raffigurati si evidenziavano armi e armature per indicare l’importanza di Federico come
condottiero; al di sopra delle tarsie e sotto il soffitto a cassettoni i ritratti di papi, cardinali, poeti,
filosofi. Federico da Montefeltro possedeva un secondo studiolo a Gubbio che poi è stato acquisito dal
Lo studiolo del granduca di Toscana Francesco I de’ Medici fu decorato con stucchi e pitture da oltre
trenta artisti seguendo le indicazioni di Vincenzo Borghini e realizzato in stile manieristico con la
supervisione di Vasari. Sulla volta vennero raffigurati i quattro elementi costitutivi dell’universo
secondo le filosofie antiche; mentre sulle pareti vi erano molti dipinti tra cui i ritratti di Cosimo ed
Eleonora de’ Medici, le sculture bronzee erano poste in apposite nicchie. Nello studiolo non erano
Presenti né oggetti devozionali né i testi antichi base per la cultura rinascimentale; il suo scopo, oltre
come luogo di conoscenza, era di conservare gli oggetti rari e preziosi dal punto di vista economico e
artistico. Dopo la morte di Francesco I, lo studiolo fu distrutto e i dipinti spostati a Palazzo Pitti e la sua
ricostruzione fu possibile solo grazie alle descrizioni di Vasari e Borghini. La collezione di Francesco I
costituirono la base per la fondazione della Galleria degli Uffizi inaugurato nel 1581 e dal 1591 aperto
Dopo il matrimonio con Francesco II Gonzaga, Isabella D’Este decise di creare, nella torre del Castello
di San Giorgio, un suo studiolo e una “grotta” caratterizzato da una volta a botte collegato da una
scala. Le opere d’arte custodite erano, principalmente, dipinti da lei commissionati ad importanti
pittori; mentre gli oggetti antichi erano custoditi nella grotta. Dopo la morte del marito, sia grotta che
studiolo furono trasferiti nella Corte Vecchia; gran parte della collezione dei Gonzaga fu venduta a
i primi erano strettamente personali; i secondi erano utilizzati da un largo pubblico e per la
Schtazkammer e Wunderkammer
Dalla seconda metà del Cinquecento gli studioli assumono una maggiore rilevanza e si diffondono le
Schatzkammer o camere del tesoro, ricche di pietre preziose e metalli pregiati. Quella più importante
I veri luoghi della curiosità e dello stupore sono però le Wunderkammer o camere delle meraviglie:
lo scopo principale era quello di creare stupore e meraviglia nei visitatori-ospiti. Le mirabilia, cioè gli
elementi che stimolavano sentimenti e desideri grazie alla loro straordinarietà, potevano essere:
naturalia nonché i prodotti della natura e artificialia i prodotti creati dall’uomo.
L’interesse per le raccolte naturali ha influenzato la realizzazione del primo museo di storia naturale da
parte di Ulisse Aldrovandi. Il clima di diffidenza nei confronti degli umanisti, nel periodo di
Controriforma, costò ad Aldrovandi l’accusa di eretico: egli fu prosciolto ma poi si dedicò alla raccolta
Questo progetto gli diede la possibilità di creare il suo museo naturalistico; l’intento principale era
quello di raccolta ed esposizione di tutti i possibili esemplari del regno vegetale, animale e minerale.
Aldrovandi nel 1568 convinse il Senato bolognese a creare l’Orto Pubblico che diresse per
quarant’anni in un cortile del Palazzo Pubblico. Dopo la sua morte, per sua volontà, tutte le sue
collezioni furono destinate al Senato di Bologna per far sì che le sue fatiche diventassero importanti ed
utili per la città. Nel 1907, nel terzo centenario dalla sua morte, una parte della collezione fu riunita
nella biblioteca universitaria di Bologna. Egli scrisse anche una storia illustrata degli animali e nel 1603
coniò il termine “geologia”.
La differenza tra questo tipo di museo e le Wunderkammer non è netto, probabilmente, quest’ultime
Tra le Wunderkammer più spettacolari si nota quella dell ’arciduca d’Austria Ferdinando nel Castello di
Ambras in Tirolo. Si traferì ad Ambras in un castello gotico che fece trasformare in stile rinascimentale
e si dedicò alla raccolta della sua collezione e alla costruzione della sua camera delle meraviglie. Parti
del palazzo furono dedicate a ritratti e a diversi oggetti; si presentava anche una collezione di naturalia
Alberto V aveva degli emissari che erano incaricati di acquistare tutti gli oggetti più strani proprio per
realizzare la sua camera che era dedicata ai tre regni della natura. La catalogazione fu affidata a
Samuel Von Quiccheberg, venne stampato nel 1565 con il titolo di Museaum Theatrum che fu
considerato il primo catalogo a stampa di un museo; le raccolte furono divise in cinque categorie:
oggetti religiosi, sculture e opere plastiche, storia naturale, strumenti musicali e scientifici e opere
d’arte.
Rodolfo II d’Asburgo formò la sua Wunderkammer con oggetti provenienti da varie parti del mondo: i
Dipinti di Arcimboldo, denti di tigre. L’imperatore era ossessionato da tutto ciò che era occulto.
Una delle più importanti camere delle meraviglie italiane fu quella creata da Manfredo Settala con
circa tremila mirabilia. Tra gli oggetti più stupefacenti vi era un diavolo meccanico; la catalogazione fu
di del fisico Paolo Maria Terzaghi con il titolo Museum Septalianum.
Agli inizi del XVII secolo la società era pronta ad accogliere gli stimoli indotti da Francesco Bacone che
contrappose una logica di carattere sperimentale e induttivo: un nuovo metodo per far sì che l’uomo
domini sulla natura. La nuova idea conquistò gli studiosi e fu la base per la creazione della “Royal
Society” (1660), accademia inglese delle scienze, durante gli incontri il “collegio invisibile” discutevano
sperimentazione. Grazie alla nuova filosofia baconiana nacque nel 1683 l’Ashmolean Museum di
Oxford, il più antico museo universitario del mondo. Elias Ashmolean ricevette in dono la collezione di
L’interesse degli accademici, nella logica baconiana, non era più mirato sull’aspetto della meraviglia
destinata a pochi ma si sposta sullo studio e sulla sperimentazione. Fu istituito un corso di storia
naturale sperimentale e le collezioni dell’Ashmolean furono aperte al pubblico sia agli studiosi che a
gente comune con il pagamento di un biglietto. Oltre che primo museo universitario, divenne anche il
La filosofia di Bacone e degli altri empiristi inglesi definì le basi sulle quali si creò l'Illuminismo,
soprattutto, in Francia dove si coniugò l'uso della ragione e della sperimentazione e la fiducia nel
progresso. Nel Settecento l'apertura al pubblico delle collezioni si diffuse in diversi paesi europei e
anche lo zar Pietro il Grande condivise questa svolta. Lo zar conobbe Leibniz ed ebbe con lui un
rapporto epistolare, lo scienziato affermava che le camere delle meraviglie non servivano solo per
appagare la curiosità ma anche per perfezionare le arti e le scienze. Dopo il trasferimento della
capitale dell'impero russo da Mosca a San Pietroburgo, lo zar decise di creare la Kunstkamera ovvero il
primo museo della Russia in cui le collezione avrebbero consentito al popolo di osservare e istruirsi.
La prima mostra avvenne nel 1719 all'interno della casa confiscata al boiardo Kikin; le collezioni furono
trasferite nel grande palazzo costruito lungo la Neva per volontà di Piero il Grande e completato nel
1727. Nel 1713 Maria Luisa, ultima della dinastia dei Medici, fu dichiarata erede del Granducato:
questa successione non avvenne poichè a seguito del Trattato di Vienna, la corona passò a Francesco
Stefano di Lorena.
Dopo due anni dalla morte del fratello di Maria Luisa, quest'ultima promulgò una convenzione con la
quale cedeva al nuovo granduca le collezioni medicee a condizione che non fossero trasportate fuori
da Firenze e, soprattutto, dovevano essere fruibili al pubblico. Inoltre, nel 1769 gli Uffizi furono aperti
al pubblico per volontà del granduca Pietro Leopoldo.
Il British Museum
Il British Museum nasce a Londra nella metà del Settecento, il promotore fu Sir Hans Sloane medico e
naturalista britannico succeduto nel 1727 a Newton nella presidenza della Royal Society. Sloane
propose a re Giorgio II di donare la sua collezione e nel 1753 fu accettata e una legge (Act of
Parliament) decretò la nascita del museo. Nel 1759 il British fu aperto con ingresso gratuito per
studenti, persone interessate. La figura dello scienziato si delineava come vera e propria professione e
l'educazione pubblica diventava una priorità del museo. Sede iniziale del museo fu il palazzo signorile,
Montagu House, poi nel 1847 fu terminato l'edificio che oggi ospita il museo.
si compie la separazione tra arte e scienza; da un lato inizia ad assumere grande importanza la figura
dello scienziato, mentre dall’altro inizia a diffondersi la figura del critico d’arte che doveva
Si diffuse la presentazione ordinata delle raccolte che fu adottata nella creazione dei Musei Vaticani,
fortemente voluta dai papi Clemente XIV e Pio VI e con la creazione di sale aperte al pubblico.
La ricerca di un ordine razionale e la pubblica fruizione a scopo pedagogico e sociale del museo fu
Con l’assolutismo di Luigi XIV le collezioni reali furono collocate nella reggia del Louvre, messe a
disposizione per un pubblico selezionato. Nel 1750 il suo successore, Luigi XV concesse l’apertura al
pubblico dalle nove a mezzogiorno del mercoledì e del sabato delle collezioni ospitate nel Palais du
borghesi, si ammiravano dipinti di Rubens dedicati a Maria de’ Medici e un centinaio di dipinti di altri
grandi artisti. Gli intellettuali illuministi optarono per la creazione di una pinacoteca permanente
Con la Rivoluzione francese il museo assunse l’identità di una nuova istituzione con una precisa
funzione sociale. L’Assemblea Nazionale Costituente, nel 1791, dispose l’utilizzo del Louvre per riunire
tutti i monumenti delle scienze e delle arti; il museo aprì nel 1793 con il nome di Muséum central des
arts, ospitato nella Grande Galerie e nel Salon Carré, divenendo il primo museo popolare della storia.
Alexandre Lenoir si fece promotore del Musée des Monuments français aperto al pubblico nel 1795;
inoltre, l’Assemblea istituì, nell’ultimo decennio del Settecento, altri due musei “specializzati”:
il Musée du Conservatoire national des arts et métiers, incentrato sulla tecnica, e il Muséum national
d’Histoire naturelle, incentrato sulle scienze naturali. L’istituzione di questi quattro museo puntava ad
educare il popolo ai valori di una Francia capace di diventare egemone come lo furono Atene e Roma;
Napoleone Bonaparte fu saccheggiatore di opere d’arte ed oggetti preziosi, prova sono le quantità di
Le numerose spoliazione operate dal futuro imperatore fecero in modo da creare, all’interno del
Louvre, il Musée Napoléon (nuova denominazione del Muséum central des arts). La direzione fu
affidata a Vivant Denon, alla finalità educativa si affiancò la volontà di celebrare la potenza, il prestigio
formata da inglesi, prussiani e altri alleati, riportarono in patria diverse opere d’arte trafugate.
Nel corso dell’Ottocento in Europa vengono istituiti diversi musei basati sul modello del Louvre:
1819 - re Ferdinando VII dispose l’apertura al pubblico del Museo del Prado, a Madrid;
1830 - l’Altes Museum a Berlino, nell’edificio neoclassico progettato da Karl Friedrich Schinkel;
1830 - re Ludovico I di Baviera volle, a Monaco di Baviera, la Glyptothek ospitato in un edificio di stile
ionico;
1852 - per volontà di Nicola I di Russia furono aperte al pubblico le collezioni dell’Ermitage di San
Pietroburgo.
Nella prima metà del XIX secolo, inizia a diffondersi un certo interesse per l’arte egizia tanto che i
reperti e cimeli affluirono nei musei europei, a seguito di scavi che coinvolsero numerosi studenti e
mercanti. Il collezionista Bernardino Drovetti raccolse una quantità immensa di tesori che poi vendette
al Louvre, al Museo di Berlino e al re Carlo Felice di Savoia grazie al quale nacque il Museo egizio di
Torino nel 1824.
Nella seconda metà dell’Ottocento vedremo la nascita di altri musei che, principalmente, vengono
L’Inghilterra, grazie alla Rivoluzione Industriale, era divenuta una delle più importanti potenze
economiche e nel 1851 a Londra si inaugurò la prima Esposizione universale della storia. Quest’ultima
venne collocata all’interno del Crystal Palace, costruzione in stile vittoriano, a cui aderirono 28 paesi;
Sir Henry Cole, promotore dell’iniziativa, fu incaricato di acquistare una parte degli oggetti esposti per
realizzare il museo che aprì nel 1852 nella Marlborough House che poi si traferì al South Kensington
Museum.
L’obiettivo era di mettere l’arte al servizio dell’industria ponendo anche le basi per la nascita di una
nuova professione: il designer. Per far sì che anche i lavoratori potessero visitare il museo, venne
introdotta l’apertura serale. Nei tre decenni successivi, su modello di quello inglese, nacquero musei di
arte decorativa e di arte applicata all’industria; uno dei punti più importanti, negli anni successivi, sarà
la stretta collaborazione tra arte e industria per migliorare la qualità tecnica, estetica dei manufatti.
Questo tipo di rapporto avrà diversi nomi rispetto ai luoghi in cui si diffonde:
Nel 1902 a Torino sarà organizzata la prima Esposizione internazionale di arte decorativa e moderna.
La novità della seconda metà dell’Ottocento fu la nascita dei primi musei americani con un legame forte
con collezionisti, industriali, uomini di finanza: i cosidetti stakeholders.
uno zoo, biblioteche, una casa editrice e 150 affiliazioni che comprendono musei, science centers,
Nel 1829, lo scienziato britannico James Smithson morì disponendo per testamento che erede dei suoi
beni fosse il nipote e, se quest’ultimo, non avesse avuto figli gli eredi sarebbero stati gli Stati Uniti
d’America e avrebbero dovuto creare lo Smithsonian Institution per diffondere la cultura. Nel 1825 il
nipote morì privo di eredi e nel 1846 fu creato l’istituto, l’edificio fu realizzato da James Renwick Jr. Nel
1870 fu fondato a New York il Metropolitan Museum of Art da un gruppo di cittadini americani con la
finalità di educare gli americani all’arte. Nel 1876 fu fondato il Philadelphia Museom of Art e aprì al
periodica di artisti contemporanei col favore del sovrano. Il Salon contribuì a rendere popolare l’arte e
ad educare i cittadini, ma allo stesso tempo, diffuse regole rigide sia per lo stile pittorico che per i
soggetti. Nell’edizione del 1863 del Salon furono esclusi molti artisti, di conseguenza, ci furono
proteste e Napoleone III dispose che le opere escluse fossero esposte al Salon des Refusées. Nel 1874
gli impressionisti francesi organizzarono un’esposizione privata, contro il Salon, e nel 1884 fu fondato il
Salon des Indépendants un’esposizione annuale voluta da Seurat e altri artisti e aperta alle
sperimentazioni. Agli inizi del XX secolo, le avanguardie storiche, rifiutarono la tradizione e i suoi
sperimentalismo.
Nel 1917 il dadaista Marcel Duchamp espose in incognito negli USA il suo celebre ready-made
Fontana, un orinatoio da uomo, che segnerà l’apertura all’arte concettuale. Quel periodo fu maturo,
soprattutto, per la nascita di un museo disposto ad accogliere anche opere di ideologia innovativa.
Questa opportunità venne colta da Pierre-André Farcy nominato a capo del Museo di Grenoble nel
1919; egli iniziò una politica di acquisizioni di opere di Matisse, Picasso e altri artisti contemporanei
A Parigi verrà inaugurato nel 1947 un museo dedicato all’arte degli artisti viventi; mentre l’8
Novembre 1929, dopo pochi giorni dal crollo di Wall Street, aprì a New York il Museum of Modern Art
fondato da tre donne e collezioniste insieme a quattro membri del consiglio di amministrazione:
Nel 1937 il magnate americano Solomon R. Guggenheim costituì la fondazione che portava il suo
nome e due anni dopo, quest’ultima, aprì il Museum of Non-Objective Painting che ospitava opere
d’arte astratta di artisti contemporanei della collezione del magnate. Il 21 Ottobre 1959 il museo aprì
al pubblico con il nome di Solomon R. Guggenheim Museum nella nuova sede progettata
Nella prima metà del Novecento l’Europa fu caratterizzata da un cambiamento che interessò la
politica, l’economia, la società e fu investita da due guerre mondiali. Tutto ciò influenzò,
profondamente, anche i musei. Quest’ultimo fu al servizio del potere per i regimi totalitari,
In Russia un cambiamento si ebbe con la Rivoluzione del 1917 quando tutti i musei divennero
proprietà dello Stato a cui, poi, si affiancò la nascita di nuovi musei, il cambiamento dell’assetto e della
missione dei musei ciò avvenne subito per l’Ermitage. Il museo divenne lo strumento con la quale si
educava il popolo a una nuova visione del mondo basata
sul materialismo storico, lotta di classe e dittatura del proletariato. Furono creati anche musei
“propagandistici” come:
i musei della Rivoluzione, musei “antireligiosi” e musei agiografici dedicati alle figure rivoluzionarie
In Germania, invece, hanno dato appoggio nell’ascesa del nazismo e nacquero gli Heimatmuseum cioè
“musei delle piccole patrie locali” finalizzate a promuovere l’identità locale. Questi musei vennero
utilizzati dal nazismo come veicolo di attaccamento alla patria e di progressiva affermazione della
subcultura xenofoba e razzista. Hitler sognava di realizzare un museo d’arte d’Europa nella cittadina
austriaca di Linz, nel 1938 questo segno sembrava poter divenire realtà:
egli stesso si interessò del nuovo progetto urbanistico che della politica di acquisizioni.
Alcune opere furono acquistate dal mercato internazionale, mentre altre furono frutto di razzie che
durarono fino al 1945 a scapito degli ebrei. Il Fuhrer volle creare una sorta di task force, una
commissione speciale; il museo non venne mai realizzato e molte opere furono riconsegnate ai
Negli anni del dopoguerra nelle principali città europee, i musei non ebbero un ruolo importante né
dai politici e né dalla gente comune e la conseguenza fu una minore affluenza di visitatori.
negli Stati Uniti era attiva, nel 1906, l’American Association of Museums finalizzata a rafforzare il ruolo
del museo e a stimolarne l’attvità con collaborazioni tra musei stessi. Nel 1946 il presidente
dell’associazione, Hamlin, creò l’International Council of Museums (ICOM) e il suo primo direttore fu
Georges-Henri Rivière che ebbe un’idea nuova della museologia dando vita al movimento della
museo, di abolire la distanza tra visitatore e contenuto del museo rendendolo un’istituzione al servizio
del popolo.
Ripensare al museo
La necessità di interazione tra museo, visitatori e comunità fu secondario per alcuni museologi in
Europa. Nel 1990 Stephen E. Weil, dello Smithsonian, accolse l’emergere di un nuovo paradigma
incentrato sul coinvolgimento delle comunità e delle loro esigenza senza, però, privarsi della
meraviglia. Il punto di svolta avviene nel 1977 quando il Centre Pompidou viene aperto al pubblico.
Grazie al progetto del Centre Pompidou realizzato da Renzo Piano, le future architetture museali
ebbero sempre più importanza. Oggi, possiamo affermare, che la realtà museale è molto ricca:
esistono musei grandi, piccoli, generalisti, specializzati, innovativi e tradizionali; questo ambito
continua ad essere in evoluzione anche grazie allo sviluppo delle economie emergenti. Quest’ultime
contribuiscono a delineare l’importanza che i musei hanno oggi e che avranno in futuro.
Il ruolo del museo può continuare ad avere prestigio e, soprattutto, essere luogo di conservazione e
trasmissione della memoria anche all’interesse da parte dei politici e degli stakeholders.
CAPITOLO TERZO
I musei sono diversi prima di tutto per i tipi di reperti e per la dimensione.
Reperti
Nel 1876 in USA furono creati altri quattro musei che vennero classificati in due categorie:
tre di arte e uno di storia naturale. Proprio gli Stati Uniti sono il paese con il maggior numero di musei
e questa crescita si è registrata nel Novecento e riguarda quelli dedicati alle culture locali.
nel XIX la specializzazione della ricerca è stato uno dei punti salienti, soprattutto, per i musei scientifici. Nel
Novecento, i musei raccoglievano le opere estraendole dal contesto originario e reinterpretandole
altrove; alla base di ciò vi era l’idea che queste opere avessero un valore in sé e che i musei fossero
Nei paesi sviluppati la disponibilità di capitali e la domanda generata da una nuova classe media
acculturata e curiosa offrono le basi per la creazione di nuove collezioni. Sempre nella seconda metà
del Novecento, in molti paesi non sviluppati, la volontà della borghesia era di rivendicare e rafforzare
la propria identità nazionale che porterà alla creazione di nuovi musei. Dalla metà del Novecento la
concezione universalistica della cultura subìsce una rivisitazione critica anche nell’ambito dei musei, si
scopre l’importanza del contesto che ha generato i reperti e il ruolo giocato dalle culture locali nella
creazione delle collezioni. Ciò porta i musei a considerare con attenzione la specificità del territorio e
Quest’ultima riduce la concorrenza, soprattutto, nel nuovo contesto del dopoguerra dove la
competizione tra stati è meno aggressiva e le forme di cooperazione sono più praticate rispetto al
passato. In questo periodo l’universalismo moderno dà il via ad una crisi poiché mette al centro
dell’attenzione gli aspetti in comune tra gli esseri umani che portano ad una rappresentazione
Il concetto di patrimonio culturale come bene pubblico collettivo ha una data di nascita precisa cioè
monumenti e palazzi storici. Se, precedentemente, il patrimonio culturale veniva indicato come un
l’attenzione si è allargata ad una vasta testimonianza materiale come elementi architettonici cioè
Successivamente anche lo spazio che ospita le opere viene preso in considerazione, in Francia nel
1930, una legge dello stato attribuisce valenza di bene anche all’area di pertinenza dei monumenti e
palazzi di interesse artistico e storico. Lo scopo era di proteggere gli oggetti e lo spazio è visto come un
All’inizio degli anni Sessanta cresce l’attenzione per l’ambiente naturale e la consapevolezza che il
patrimonio culturale si sia arricchito di significati che i soli inventari non possono contenere, perciò, si
supera la tradizione distinzione tra capitale naturale e culturale e il patrimonio assume una
connotazione legata al territorio che lo identifica. Nel 1959 il decreto Malraux è significativo per
questo processo che non si limita a tutelare la superficie attorno al bene ma riconosce il valore dello
spazio culturale.
Le trasformazioni che hanno investito la cultura nel Novecento portano ad una cultura più attenta alle
diversità locali e meno universalistica, interessata alle relazioni tra gli oggetti e meno focalizzata sulla
sacralità dell’oggetto. I musei si adeguano alle nuove “credenze” e divengono, più che musei di
Dimensioni
La dimensione è uno degli elementi di diversità tra i musei, per poterla misurare si tiene conto della
superficie, numero di reperti, numero di visitatori. Uno degli edifici più grandi è l’Ermitage di San
Pietroburgo con la superficie di oltre 20.000 metri quadri nella sola sede principale; il museo con più
reperti è lo Smithsonian di Washington con oltre 136.000 oggetti catalogati; il museo con più visitatori
è il Louvre di Parigi. Mentre, i musei piccoli sono situati alla periferia delle grandi mete turistiche
spesso gestiti da personale volontario o comunque non del tutto professionale.
La proliferazione dei musei di piccole dimensioni ha una sua storia: per la maggior parte sono nati negli anni
di sviluppo industriale. Erano, spesso, musei contadini per far riscoprire le radici locali dei borghi di
I musei piccoli ma funzionali sono una palestra per la formazione di professionalità che, poi,
Modalità espositive
più aperti al pubblico, i primi utilizzano le collezioni come strumenti di dialogo con i visitatori;
più rigidi negli orari d’apertura, ad esempio, i secondi che sono focalizzati sul personale di ricerca e
proprio messaggio.
Il messaggio del museo è la ragione per la quale esso viene creato, non è immutabile e può essere
lo schema con il quale il museo organizza le esposizioni è la parte più interessante e si presta ad
un’analisi sistematica;
il recepimento e la comprensione del messaggio dipendono dall’efficacia con la quale il museo riesce
La comunicazione diviene più potente quando sono gli stessi oggetti a parlare, così, entra in gioco
l’interpretazione ossia la messa in spettacolo del patrimonio del museo. Quest’ultimo non si limita a
esporre ciò che contiene ma li utilizza per creare un discorso, perciò, l’esposizione è più efficace se
offre diversi percorsi di visita da uno più generico a quello più specializzato. Anche nella scelta del
da quello più semplice in alcuni spazi mentre in altri utilizzare approfondimenti e temi specifici.
Quanto più un’esposizione permette la scelta e la decisione dello spettatore, tanto esalta e potenzia le
capacità comunicative.
Le collezioni museali organizzate in modo poco comunicativo portano conseguenze negative come il
calo di pubblico. Le mostre temporanee aiutano su questo punto di vista:
costituiscono un richiamo interessante per il pubblico ma comportano elevati costi economici ed altri
inconveniente come dare più importanza a colui che ideato la mostra e non al corpo professionale che
costituisce il museo. La progettazione delle mostre temporanee avviene seguendo la moda del
momento più che alla strategia di comunicazione del museo che ospita la mostra, segue modalità di
comunicazioni universali e non che si riferiscono alla specificità del messaggio del singolo museo.
Gli utenti vengono visti come mercato e come consumatori non come comunità o cittadini, dunque
questo tipo di mostra è utile a quelle permanenti ma non lo sono nel momento in cui vogliono
Per molti anni i musei hanno allestito le loro collezioni seguendo gli schemi della ricerca cioè quelli
aspetti concettuali e astratti mentre si dovrebbe partire da aspetti concreti che rendano il discorso più
fluido. Molti musei d’arte considerano ogni opera come elemento isolato dal contesto, in grado di
parlare da sola, priva di legami con il mondo che l’ha generata. Derivano elementi estetici, belli da
I percorsi espositivi possono assumere conformazioni varie e nessuna è neutrale nei confronti del
un percorso di visita basato sull’ordine cronologico suggerisce l’idea che il processo di evoluzione
l’evoluzione, invece, è influenzata dal caso e formato da deviazioni. La comunicazione del messaggio del
museo deve essere spettacolare ma non fatta solo di soluzioni
tecniche.
L’esposizione efficace tende a richiedere la costruzione di un percorso non solo fisico ma anche
concettuale.
Ruoli
Il termine “museo” viene, spesso, accompagnata da un sostantivo o aggettivo che ne qualifica il ruolo:
il museo come strumento sociale, mezzo di comunicazione, tempio, forum sono associazioni di parole
che hanno sottolineato la potenzialità del museo sul piano educativo di massa.
Altri accostamenti come “museo azienda” mettono in evidenzia i vincoli economici che riguardano i
Il museo visto come tempio e come forum sono molto curiose; la prima è negativa poiché si riferisce
ad un luogo sacro in cui accostarsi in silenzio dove non è importante capire ma credere. La seconda è
positiva, il museo viene visto come luogo di discussione e di incontro sociale quindi un luogo aperto.
Il museo può fidelizzare i visitatori abituali, invogliandoli a ripetere l’esperienza, con eventi come
mostre temporanee o seminari con personaggi noti ma anche eventi mirati a pubblico locale specifico
come community exhibitions. Musei che seguono questo approccio che puntano sull’attvità di
interpretazione e comunicazione agiscono sul pubblico metropolitano, come una sorta di blockbuster
locali. Anche in assenza di proposte culturali, alcuni musei vengono visitati poiché inclusi nelle visite
condizione essenziale per avere grandi musei, ciò comporta un aumento dell’eterogeneità delle
persone cui il museo si rivolge e quindi si ha la necessità di comunicare con un codice comprensibile
poco visibili e attrattivi per poter richiamare un numero elevato di visite poiché non dotati delle
necessarie risorse economiche e professionali. Questi musei occupano una posizione marginale nello
Natura giuridica
Degli oltre 3.600 musei italiani censiti dall’Istat nel 2009, 2.200 sono pubblici quindi dello Stato,
regionali o affidati ad altre amministrazioni locali; mentre gli altri 1.400 sono privati cioè
per quanto riguarda i musei diocesani è da escludere il lato economico, in quanto, si tratta di piccole
collezioni.
I musei d’impresa, in Italia, sono circa 80 a questi si aggiungono diverse collezioni e i musei distrettuali
cioè legati a produzioni specifiche di un territorio ma non fanno capo a nessuna impresa. I motivi della
a volte, sono motivazioni di carattere economico che spingono ad adottare un’azione di marketing più
Un altro tipo di proprietà privata sono i musei legati a fondazioni come per esempio la Fundaciò La
Caixa di Barcellona, fondazione di una delle maggiori banche europee, che ha creato una rete di musei
e gallerie espositive localizzate in edifici storici restaurati. Non viene, però, rappresentata l’attvità
finanziaria o bancaria della Caixa che risponde a meccanismi aziendali più complessi. L’interprete deve
essere esterno all’oggetto interpretato
Esiste un momento importante e delicato per un museo ovvero la scelta degli oggetti da esporre,
viene messa in gioco la soggettività delle persone che lo amministrano. A prescindere dalla qualità dei
socioculturali di un museo, funzioni che richiedono estraneità fra soggetto che interpreta e l’oggetto
interpretato. Sorge il dubbio che possa venire a mancare una della peculiarità fondamentali:
la capacità di interpretazione critica che trasforma gli oggetti e i loro significati in patrimonio culturale
per la comunità.
La parola “museo” è molto evocativa, in quanto, tende a suscitare associazioni di idee in persone
molto diverse tra loro sia per età che per la cultura, formazione scolastica. Tutti, però, avranno un’idea
analoga cioè il museo visto come un edificio in cui si ospitano reperti preziosi.
CAPITOLO QUARTO
Aspetti terminologici
Il museo è una complessa “macchina culturale” che esiste da più di cinquecento anni e viene
modificata da uomini e donne, al servizio di un gruppo più o meno grande di persone, con finalità
La museologia è la scienza sociale che studia il museo cercando di capire cosa sia, a cosa serva, come
debba funzionare e rapportarsi con i visitatori e la comunità e a quali risultati possa produrre.
La museotecnica è l’insieme delle conoscenze e delle pratiche che consentono di realizzare le soluzioni
per il bene del museo queste due personalità dovrebbero lavorare a stretto contatto tra loro.
In realtà, la dirigenza non è sempre così funzionale poiché i processi decisionali coinvolgono in minima
parte il museologo dando invece spazio all’architetto soprattutto nei grandi musei, dove, il contenitore
Se consideriamo il museo dal punto di vista architettonico bisogna distinguere tra musei moderni e
musei contemporanei:
i primi comprendono i musei nati tra la seconda metà del Settecento e gli Settanta del Novecento; i
Musei nei palazzi signorili e del potere nelle costruzioni neoclassiche del Sette e Ottocento
Nel Settecento nascono i grandi musei come il British e il Louvre in ambienti già esistenti e
precedentemente utilizzati per altri usi. Vennero, però, realizzatiti ambienti anche nuovi direttamente
nel periodo in cui andava affermandosi un nuovo movimento che richiamava i valori, la perfezione, la
L’estetica del neoclassicismo era stata promossa negli scritti di Winckelmann soprintendente delle
antichità di Roma. Il suo successore, Giovanni Battista Visconti, incaricò l’architetto Michelangelo
il progetto venne rispettato nella sua integrità, tanto che la Sala Rotonda riproduce il Pantheon mentre
Lo stile neoclassico si impose come stile ispiratore della gran parte dei musei dell’Ottocento, in
l’Altes Museum berlinese di Schinkel, l’edificio è un rettangolo con un’ariosa facciata principale
caratterizzata dalla lunga serie di colonne ioniche e all’interno una rotonda e sale espositive
simmetriche.
negli Stati Uniti lo stile neoclassico si impose e determinante fu l’influenza di Thomas Jefferson, terzo
presidente degli USA e ottimo architetto, che progettò Monticello, una villa e l’Università della Virginia.
in primo luogo, nell’impianto architettonico di matrice classicista erano presenti elementi o particolari
in secondo luogo, cominciò a diffondersi una nuova idea di spazio museale particolarmente attenta
Un esempio fu il Kaiser Josef Stadtmuseum, di Otto Wagner, mai realizzato ma per concezione
architettonica è molto significativo:
forma monumentale classica all’esterno e all’interno, al posto della rotonda, un grande atrio di pianta
quadrata sul quale si sarebbero dovuti affacciare dei balconi. L’intento era di fare del museo un luogo
dove i visitatori si sarebbero trovati a loro agio, diversamente, dalla successione di sale espositive di
stile neoclassico.
I grandi cambiamenti nella museologia arriveranno con l’abbandono di forme classiche e con la
sperimentazione di nuovi stili liberi dalle influenze del passato e, soprattutto, attente alle funzionalità:
sul piano museografico, il primo importante contributo fu di Le Corbusier architetto e urbanista più
influente del XX secolo. Due suoi progetti, mai realizzati, furono pienamente innovativi:
Il primo finalizzato a creare una sorta di città culturale internazionale ideale con un edificio a forma di
piramide gradonata, con un percorso espositivo a spirale capace di coniugare estetica e funzionalità;
Massimo esponente dell’architettura urbana fu Lloyd Wright a lui si deve la costruzione de “La Casa
sulla cascata”, egli si discostò da alcuni aspetti del Movimento moderno rifiutando i rigidi canoni
uomo e natura. Ma avrà in comune, con il Movimento moderno, il rifiuto della ricerca estetica fine a se
stessa.
Concepì l’edificio con lo spazio plastico e dinamico, all’esterno il museo si presenta come una spirale
rovesciata composta da quattro anelli bianchi in cemento armato. All’interno, intorno ad un ampio
spazio centrale sovrastato dalla grande cupola in vetro sale una rampa elicoidale che permette una
passeggiata espositiva continua. Le peculiarità del Solomon Guggenheim generarono critiche ancor
prima della sua inaugurazione: rapporto tra contenitore e contenuto. Ci si poneva il problema che il
contenitore potesse distogliere l’attenzione dal contenuto, in quanto, il primo era definito anch’esso
opera d’arte.
Caso diverso è per i contenitori speciali con contenuti scadenti o inesistenti, si tratta di “musei di se
stessi”.
Paul Nelson, per il Palais de la Découverte, propose una struttura che in realtà presentava
tra gli altri rilevanti musei realizzati vi è il Whitney Museum of American Art, da Marcel Breuer
formatosi alla Bauhaus. Inaugurato nel 1966, all’esterno si presenta come un parallelepipedo rivestito
di granito, con una faccia a forma di piramide rovesciata e la realizzazione coniuga razionalità e
funzionalità.
La realizzazione capace di confrontarsi con Wright e Le Corbusier è la Neue Nationalgalerie di Mies van der
Rohe, tra i massimi esponenti del Bauhaus. Il suo motto era “Less is more”; inaugura il museo nel
parallelepipedo in vetro e vuoto al suo interno sul quale è posto un tetto piano che poggia su 8 pilastri
in acciaio a sezione cruciforme. Van der Rohe concepì l’open space d’ingresso come sede per mostre
temporanee, con la collezione museale collocata in area apogea così il visitatore può crearsi il proprio
percorso di visita.
singoli reperti o le singole opere anche con l’uso dell’illuminazione. Tutto ciò, apre la strada ai musei
contemporanei.
Negli anni Sessanta, in architettura, si cominciò a parlare di postmoderno che si oppose all’approccio
La Neue Staatsgalerie di Stoccarda a cura di S�rling presenta un edificio che mescola stili che vanno
La nascita del museo contemporaneo si può far coincidere con l’apertura del Centre Pompidou nel
1977 ad opera di Renzo Piano e Richard Rogers. La sua realizzazione avviene in un ampio programma
culturale e di riqualificazione urbana voluto dal presidente francese Georges Pompidou, che voleva
creare un centro culturale dinamico, polifunzionale e aperto a vari linguaggi creativi. L’edificio è un
parallelepipedo sostenuto da una struttura metallica, con una superstruttura caratterizzata da sette
livelli in acciaio e vetro con piani liberi oltre ad un terrazzo. Uno degli elementi innovativi fu la scelta di
collocare tutti gli elementi impiantistici e funzionali all’esterno, mettendoli in evidenza anziché
nasconderli e liberando da ingombri gli spazi interni. I tubi sono dipinti con colori vivaci ed ognuno è
collegato una funzione specifica: verde per i tubi dell’acqua, blu per l’impianto di climatizzazione,
rosso per le scale mobili e ascensori, giallo per gli impianti elettrici. Di fronte all’edificio vi è una
grande piazza che era destinata come luogo di incontri ma anche un prolungamento del forum. Oggi
al Centre Pompidou, il quarto e il quinto piano, ospitano il Musée nationale d’art moderne, con oltre
50.000 opere. Negli altri piani sono presenti una biblioteca, un centro e archivio audiovisivo, l’Atelier
Il Centre è stato punto focale di critiche sia prima che dopo la sua inaugurazione per gli ingenti costi di
manutenzione.
Le critiche riservate al Centre Pampidou diedero effetti positivi per la sua notorietà ma anche per la
fama dei suoi architetti, Renzo Piano divenne un “archistar”. Il centro divenne un “museo superstar”
per:
Aldo Rossi, Robert Venturi, Denise Scott Brown si specializzarono nella progettazione di allestimenti
interni complessi e tecnologici. In particolare negli anni Novanta convivevano diversi stili architettonici,
Il primo, vide come protagonista Zaha Hadid, propone geometrie instabili e forme disarticolate e un
uso sistematico della deformazione e della torsione mediante l’impiego di materiali anche tecnologici.
La realizzazione più nota è il Guggenheim Museum di Bilbao a cura di Frank Gehry, realizzato in titanio,
forme geometriche semplici e neutrali, cercano di far risaltare più il contenuto che il contenitore.
Il museo superstar disegnato dall’archistar nasce per volontà di committenze pubbliche o private che
lasciano ampia libertà al museografo, mentre direttore e curatori si trovano in posizioni minori.
La complicità di direttore e architetto dovrebbe essere uno dei principi fondamentali per la positività
del museo:
a Montréal quando venne data ampia libertà al direttore del Musée d’art contemporain Marcel
Brisebois per la costruzione del nuovo edificio, egli propose all’architetto di visitare insieme diversi
Più recente, per la realizzazione del Dalì Museum di St. Petersburg in Florida sia Hank Hine e Yann
Weymouth (direttore e architetto) hanno progettato insieme un museo il cui contenitore potesse
Uno dei musei sostenibili più importanti è l’Academy of Science di Renzo Piano a San Francisco che
ospita anche un museo di storia naturale. La struttura è caratterizzata da una superficie ondulata
rivestita da un tappeto d’erba con piante e fiori interrotto da lucernari e forma di oblò. Le “colline”
Altro esempio di architettura sostenibile è il progetto di Calatrava per il Museu do Amanha (Museo di
domani) che riqualifica la zona portuale di Rio De Janeiro; è un edificio a due piani di forma allungata,
autosufficiente sul piano energetico e realizzato con materiali riciclabili. Ha un tetto con falde
fotovoltaiche che cambiano posizione durante il giorno per ricevere la luce del sole, mentre apposite
Oltre ai musei superstar realizzato dagli archistar, negli anni Ottanta vengono realizzati in Italia musei
più piccoli:
musei nei quali il rapporto tra direttore e l’architetto era molto stretto ed anche gli edifici
semiabbandonati venivano adattati per l’uso museale. Un esempio è il Castello di Rivoli, trasformato
La museotecnica
Nella maggior parte dei casi bisogna studiare e progettare soluzioni ad hoc per ogni museo,
adattandosi alle caratteristiche di quest’ultimo. Ciò può essere oneroso economicamente per il museo,
ma con il tempo può risultare conveniente. Ad esempio, la Gioconda è stata per anni protetta da uno
spesso vetro antiproiettile ma ciò che l’ha compromessa è l’affollamento di pubblico davanti all’opera,
soprattutto, nei mesi caldi che generavano livelli di umidità elevata. Anche i flash hanno generato gravi
problemi all’opera, così il Louvre dispose il restauro e venne incaricato un laboratorio museotecnico
il risultato è stata una vetrina ingegnerizzata di grandi dimensioni realizzata in acciaio di alto spessore
e una blindatura posteriore in acciaio ad alta resistenza, con una lastra antiriflesso composta da
Consiglio di amministrazione: è molto diffuso nei musei statunitensi (Board of Trustees) i suoi
Compiti principali sono di indirizzo, gestione, controllo e definiscono le linee e le scelte strategiche del
correttezza della conduzione culturale, economica e amministrativa del museo. Il consiglio del British
Museum è formato da 25 membri; il Museo del Prado ha un suo consiglio chiamato Real Patronato
Comitato scientifico: esprime pareri non vincolanti ma vengono presi in considerazione dal consiglio
Il direttore: un buon direttore deve avere una competenza specialistica unita a passione o interesse per la
ricerca unite a capacità manageriali e capacità di rapportarsi al mondo esterno e alla comunità
di riferimento. Secondo l’ICOM un buon direttore deve esercitare una triplice funzione di
amministrazione dovrebbero garantire e verificare il costante rispetto dell’etica museale che l’ICOM
sintetizza in:
culturale dell’umanità;
2) I musei custodiscono le loro collezioni a beneficio della società e del suo sviluppo;
4) I musei contribuiscono alla valorizzazione, alla conoscenza e alla gestione del patrimonio naturale e
culturale;
5) Le risorse presenti nei musei forniscono opportunità ad altri istituti e servizi pubblici;
6) I musei operano in stretta collaborazione con le comunità da cui provengono le collezioni e con le
comunità di riferimento;
Lo staff del museo: all’interno di un museo possono operare diverse figure professionali, l’ICOM
identifica:
incrementarle, studiarle, valorizzarle e amministrare sia il budget sia il personale alle sue dipendenze;
3) Registrar: sotto la direzione del conservatore si occupa di movimentazione delle opere dei reperti;
5) Assistente tecnico addetto alle collezioni: sotto la direzione del conservatore o del restauratore si
occupa dell’etichettatura e della collocazione dei reperti e della documentazione anche fotografica;
8) Progettista degli allestimenti: si occupa della realizzazione degli allestimenti predisponendo gli
spazi, definendo l’immagine grafica della mostra e gestendo i rapporti con i fornitori e gli eventuali
9) Responsabile della mediazione e dei servizi educativi: realizza programmi, interventi, studi, ricerche
10) Mediatore/trice, educatore/trice: si occupa di mettere in atto le attvità educative per i diversi tipo
di pubblico;
11) Responsabile dell’accoglienza e della custodia: si occupa dell’accoglienza e del comfort dei
visitatori e della loro sicurezza e delle opere o dei reperti esposti. Ha la responsabilità della
sorveglianza del museo, coordina la biglietteria e aree di vendita, verifica che le condizioni di
accoglienza siano adeguate, verifica il funzionamento e l’adeguatezza degli apparati per la sicurezza
14) Responsabile del sito Web: in coordinamento con il responsabile dell’ufficio stampa realizza e
delle risorse umane. Verifica che la gestione sia trasparente, economica, efficace ed efficiente. Ha la
responsabilità del controllo di gestione e si occupa degli aspetti amministrativi relativi ad acquisto, contratti
e convenzioni;
16) Responsabile della logistica e della sicurezza: cura che la normativa vigente in materia di igiene,
sicurezza e salute sia osservata, realizza le azioni necessarie a garantire la sicurezza dei visitatori, delle
17) Responsabile dei servizi informatici: progetta e gestisce rete, sistemi multimediali e programmi
informatici. Sviluppa la rete informatica sia per la gestione interna dei dati sia per la comunicazione
18) Responsabile marketing, promozione e “fund raising”: sviluppa strategie finalizzate a favorire la
promozione, la visibilità, lo sviluppo del museo, l’incremento nel numero dei visitatori e la loro
fidelizzazione;
19) Responsabile dell’ufficio stampa: realizza comunicazione culturale tramite tutti i media per poter
dare maggiore visibilità al museo e alle sue attvità. Stabilisce relazioni con professionisti dei media e
ciò accade nei grandi musei, mentre nei medio-piccoli oltre al direttore vi sono 10-20 persone in totale
nello staff.
Inoltre, molti musei utilizzano personalità esterne per lo svolgimento di alcune delle mansioni
elencate.
nel primo caso confidando nel fatto che il curatore superstar possa attrare grandi masse di visitatori;
nel secondo sfruttando il fatto che curatori freelance accettino compensi contenuti sapendo di poter
Infine, bisogna sottolineare il fatto che il direttore debba convocare periodicamente incontri con tutti i
vari responsabili in modo da favorire gioco di squadra, elaborazione e condivisione delle strategie e
Oltre agli organi istituzionali, esistono anche gli “amici del museo” ovvero persone che sostengono il
museo in diversi modi possibili. Possono essere personalità che decidono di aiutare la nascita o lo
sviluppo di un museo, promuovendolo e finanziandolo anche con imporri cospicui oppure volontari
che collaborano con il museo mettendo a disposizione il proprio tempo libero e le proprie competenze
oppure persone che pagano, semplicemente, una quota associativa. In molti casi, gli amici del museo
una delle più vecchie è la Société des Amis du Louvre, fondata nel 1897 da un gruppo di uomini politici
e altri funzionari dell’amministrazioni delle belle arti con il fine principale di far acquisire al museo
In altri casi la nascita dei musei si deve proprio a questa forte realtà, soprattutto, per gli ecomusei:
Nei piccoli musei la presenza degli amici può essere un fattore molto importante anche per la
sopravvivenza del museo stesso; anche nei grandi musei il contributo delle associazioni può essere
prezioso, in modo particolare, quando tra i membri ci sono persone con specializzazioni e con
Nel 1967, Louis Monreal, crea un’organizzazione internazionale non profit che raggruppa le
associazioni amici del museo di tutto il mondo: nacque la WFFM (World Federation of Friends of
Museums), le cui linee-guide furono messe a punto dal presidente dell’Icom Varine-Bohan. La
federazione aveva come obiettvo la promozione e diffusione delle associazioni amici del museo.
Marketing e comunicazione
L’idea di marketing, inizialmente, era molto lontano da ciò che voleva rappresentare il museo; Philip
Kotler avanzò l’idea che il marketing potesse estendersi anche a nuovi ambiti che non avevano come
obiettvo il profitto. Questa disciplina poteva essere utilizzata per scopi non aziendali come l’attirare un
maggior numero di
visitatori, facendo sì che non apparissero come luoghi noiosi ma come luoghi vivi e stimolanti. La
maggior parte dei direttori cominciarono ad utilizzare tecniche di marketing solo perché spinti dalla
sollecitazione degli stakeholders; così, iniziò ad essere preso in considerazione come uno strumento
per l’organizzazione museale. Nel 1983 l’ICOM istituì il suo International Commitee for Marketing &
Public Relations.
Diversi studiosi diedero anche una definizione ben definita del marketing ad uso del museo:
Peter Lewis afferma che il marketing museale è il processo manageriale che permette ad un museo o
soddisfazione dei suoi utilizzatori. In questa definizione l’attenzione è rivolta alle persone.
Negli anni ci furono dei cambiamenti, poiché il modello teorico di Kotler si basava sulle 4P (prodotto,
prezzo, punto vendita e promozione); mentre con il tempo si è giunti alla conclusione che il marketing
non è l’arte di individuare dei sistemi per collocare il prodotto ma l’arte di creare autentico valore per
il cliente. Nel 2005 alle 4P vennero sostituite le 4C (customer value, customer cost, customer
I visitatori della maggior parte dei musei non sono omogenei ma fortemente eterogenei, in quanto, vi
sono persone diverse tra loro dal punto di vista sociale, di scolarizzazione, di nazionalità o pubblico
Conoscere i propri pubblici è essenziale per impostare strategie e realizzare attvità espositive, di
piacevole esperienza. Un primo dato che aiuta a capire il successo o meno di un museo o di una sua
mostra temporanea è il numero di visitatori totali, ovviamente, questo dato non è sufficiente per
vi è il bisogno di conoscere le caratteristiche dei visitatori, sulle loro necessità, ma anche sul
gradimento dell’esperienza-visita e riscontrare le eventuali criticità. Molti musei adottano il “libro dei
commenti”, può essere anche online, o “cassette per i suggerimenti” in cui si possono imbucare
proposte o critiche. Uno dei sistemi più diffusi e più semplici da sottoporre è l’exit survey cioè un
Inoltre, si possono realizzare ricerche di marketing che possono fornire informazioni anche sulle
caratteristiche psicografiche dei visitatori (sui fattori che li inducono a frequentare il museo, sulle
Il marketing museale si propone non solo di fidelizzare i visitatori attuali ma anche di catturarne di
nuovi, si rivolge il proprio interessa a coloro che non visitano i musei e si cerca di carpirne le
motivazioni.
La comunicazione interna
la pima è quella che si svolge all’interno del museo; mentre la seconda si svolge al di fuori del museo e
Le strategie e le pratiche di comunicazione interna sono facilitate da una buona conoscenza dei
pubblici del museo e dai feedback forniti dai visitatori in termini di gradimento delle esposizioni e in
E’ presente in alcuni musei la figura dell’educatore-animatore museale che, oltre ad avere una buona
conoscenza del museo e della mostra, è in grado di interagire con il gruppo, anche valorizzando
Una comunicazione personalizzata per ogni singolo visitatore non è realizzabile, anche le nuove
audioguide, smartphones e schermi touchscreen con programmi che consentono anche per ogni reperto di
ottenere vari gradi di approfondimento informativo. Le nuove tecnologie, inoltre, aiutano la
realizzazione di allestimenti e percorsi museali incentrati sulla comunicazione sensoriale che viene
utilizzata da musei che hanno predisposto allestimenti per i non vedenti, con la possibilità di toccare
oggetti o repliche. Ciò viene adottato anche dai musei della scienza come il Science Museum di Londra
che, propone Legend of Apollo, una simulazione che fa provare sensazioni, vedere, ascoltare e sentire
gli odori che gli astronauti hanno sperimentato durante le missioni Apollo negli anni Sessanta e
Settanta. Un altro aspetto della comunicazione è quello tra ciò che è esposto e il visitatore:
il marketing museale può fornire indicazioni al direttore e ai curatori utili per allestire percorsi e
modelli espositivi che facilitavano la comunicazione con i pubblici anche monitorando gli spostamenti
fisici dei visitatori. Per esempio, a Tokyo l’Intercommunication Centre consegnava al visitatore un
biglietto d’ingresso magnetico che, grazie ad appositi rilevatori presso le singole installazioni,
permetteva di ricostruire gli spostamenti degli utenti; questo strumento permetteva, oltre a mettere in
evidenza le parti della mostra con maggior interesse o il contrario, fornisce informazioni utili anche per
il crowd management cioè la gestione di grandi flussi di pubblico nei locali del museo. Uno studio
all’inizio degli anni Ottanta, analizza gli spostamenti degli utenti all’interno di musei e portò a definire
visitatore formica, che preferisce percorsi predefiniti e tende a soffermarsi sulla totalità degli
oggetti
visitatore pesce, che predilige una visione di insieme partendo dal centro della sala ed eseguendo
visitatore cavalletta, che effettua una visita piuttosto breve ma seleziona gli oggetti ai quali prestare
importanza:
un tempo le scolaresche erano obbligate a seguire percorsi obbligati e “lezioni” impartite dagli stessi
A fine anni Settanta fu proposto per i musei un nuovo modulo educativo, l’educational entertainment
cioè una modalità di fruizione della visita museale capace di istruire ma allo stesso tempo intrattenere.
Mitchel Resnick, professore di Learning Research, ha introdotto un nuovo modo di apprendimento che
ritiene utile in qualsiasi tipologia di museo e che ha definito “playful learning” sottolineando come
questa modalità renda l’utente parte attiva. Un esempio di questa nuova metodologia sono i giochi
La comunicazione esterna
Per il marketing museale la comunicazione esterna serve a mantenere i legami con la comunità locale
e i pubblici esistenti, informandoli sulle attvità in corso e future, ma anche a rafforzare l’immagine e la
reputazione del museo e a conquistare nuovi pubblici. Per realizzare le proprie campagne i grandi
musei ricorrono ad agenzie pubblicitarie e di comunicazione, che lavorano a stretto contatto con i
Tra le operazioni mediatiche più imponenti ed efficaci legati all’apertura di un museo si ricorda il
molti, acquisì una grande notorietà divenendo una visitatissima meta turistica. La comunicazione
esterna può essere anche utile per i lavori di ampliamento e rinnovamento di un museo:
un caso fu quello del MoMA di New York, per realizzarlo in tempi rapidi possibili fu decisa la chiusura
totale del museo. Le quasi 100.000 opere furono collocate in un magazzino del New Jersey e in parte
in una ex fabbrica del Queens; il direttore del museo, Glenn Lowry, trasformò l’edificio del Queens in
Grazie anche all’agenzia Ruder Finn, fu impostata una campagna che aveva due priorità:
a) spostare l’attenzione sul MoMA Queens, per indirizzare i turisti e far capire alla comunità di Manhattan
che il Queens è un quartiere facilmente raggiungibile, ricco di realtà interessanti e non
pericoloso;
b) integrare il nuovo museo temporaneo nel tessuto urbano e sociale in un quartiere popolare,
facendo superare ai suoi abitanti la diffidenza verso il museo di Manhattan. Nel Queens fu fatto un
si spiegò ai genitori che la visita al museo insieme ai loro figli sarebbe stata un’esperienza interessante
e furono distribuito biglietti omaggio; fu realizzata una pubblicazione a fumetti destinata a teenager
nella quale i personaggi usavano fra loro un linguaggio anche colorito e visitavano il MoMA Queens.
Si diffuse anche l’augmented reality (realtà aumentata), una tecnologia che consente la combinazione
visiva di elementi reali e virtuali con effetti esilaranti utilizzabili attraverso schermi touchscreen:
uno dei primi musei a introdurre questa tecnologia fu Getty Museum di Los Angeles, che nel 2010 ha
deciso di proporre uno dei reperti più complessi cioè la collezione degli Asburgo.
Questa metodologia può essere utilizzata collegandosi al sito internet del museo, si stampa il marker
(il disegno in bianco e nero stilizzato) su un normale foglio A4 e lo mostra alla webcam del proprio
computer:
la tecnologia riconosce il marker e riproduce sullo schermo del computer in 3D l’oggetto, che può
Nel 2008 il Brooklyn Museum di New York ha inaugurato la mostra fotografica “Click”, curata dalla
gente:
agli artisti è stato chiesto di inviare le proprie foto digitali, che sono poi state votate online da un
forum aperto a tutti; infine, le fotografie sono state esposte al museo nell’ordine di gradimento
ricevuto.
Molti grandi musei organizzano mostre blockbuster, alcune di queste mostre sono concepite per
essere ospitate in più musei. Una della maggiori mostre di più successo fu “The Treasures of
Il “brand management”
Alcuni musei adottano tecniche di marketing tipiche del mondo profit per far acquisire massima
notorietà e imporsi sul mercato dei consumatori culturali. Tra queste il “branding” o “brand
concetto principale è quello del brand equity cioè il valore monetario della marca. Il museo che più fa
uso di questa metodologia è il Guggenheim che, sotto la direzione di Thomas Krens, ha adottato una
politica espansiva con un nuovo modello di business basato sull’apertura di sedi estere in franchising
Uno degli obiettvi del marketing museale è la conquista di nuovi pubblici per aumentare il numero dei
visitatori ma anche per contrastare il calo nel numero di visite. Le mostre blockbuster sono efficaci per
attrare nuovo pubblico, soprattutto, quando il tema della mostra è in grado di richiamare i visitatori
Oltre a queste grandi mostre, vi sono altri metodi per attrare il pubblico come la strategia che il
marketing definisce “make the big bigger”, allargando l’offerta museale in periodi di già grande
affluenza per catturare nuovi visitatori; realizzar iniziative di “cross-promotion” cioè promozioni
Anche gli abbonamenti come i pass a prezzo fisso che danno diritto a visitare gratuitamente più musei
di una stessa città per un certo tempo, favoriscono l’accesso di nuovi pubblici al museo.
- bookshop;
- punti di incontro e di socializzazione, incluse le ludoteche per bambini;
- sale lettura;
mostre che raggiungono visitatori anche a distanza dalla sede del museo come le mostre itineranti.
Già negli anni Novanta il Museo de la Ciencia della Fondazione La Caixa di Madrid aveva predisposto
un bus attrezzato che circolava per la Spagna anche nelle zone meno ricche, con il personale del
museo che proponeva esperimenti, illustrava il funzionamento dei sistemi scientifici e distribuiva
materiale illustrativo.
CAPITOLO QUINTO
Stephen E. Weil tra i suoi tanti contributi ne lascia uno, sicuramente, provocatorio:
il “paradosso del Museo dello stuzzicadenti”. Immaginiamo che al centro della città sorga un edificio
realizza per ospitare il museo sopra citato: senza fini di lucro che collezioni, conservi, studi, interpreti
ed esponga al pubblico solo stuzzicadenti. All’interno il museo si avvale dei metodi della museotecnica
più avanzati:
nello spazio storico sono esposti stuzzicadenti utilizzati da grandi politici e star hollywoodiane;
nello spazio dedicato all’igiene orale ci si incentra sul ruolo dello stuzzicadenti nello sconfiggere le
carie.
Il numero dei visitatori è modesto e l’attenzione dei mass media è rara, ma ciò non preoccupa il
direttore che sottolinea la sua finalità: non vincere una gara di popolarità ma avere un museo rigoroso.
Nella realtà, il Museo dello stuzzicadenti non esiste solo in parte poiché ciò che aveva pensato Weil
corrispondeva a ciò che dovrebbe caratterizzare un museo; egli sottolinea, inoltre, che valutare un
museo sul piano delle funzioni e non prima sugli obiettivi può portare fuori strada. La domanda
principale che gli stakeholders devono porsi prima di creare un museo è “a cosa e a chi serve?”. Se il
focus si sposta su questo è chiaro che il museo dello stuzzicadenti, per quanto possa rispondere ai
La missione del museo contemporaneo può essere identificata nel presentare la ricchezza, la
complessità e la diversità della vita stimolando riflessioni e dibattito nella comunità. La conseguenza
delle riflessioni e dei dibattitiè la maturazione e la diffusione della cultura e ciò fa sì che possa
rafforzarsi il patrimonio culturale della comunità stessa. Le collezioni esposte devono essere veri e
propri mezzi per trasmettere cultura, non devono essere passivi; tutto ciò induce a intendere il museo,
non come luogo di esposizione e intrattenimento, ma come vera e propria “fabbrica di cultura”.
La politica espositiva
Un buon museo sviluppa una propria riconoscibile identità e la sua forza è la sua unicità; egli deve
tener sempre a mente la ragione pur cui è nato ed esiste. Produrre cultura presuppone che, oltre
all’esposizione di oggetti, deve essere presente un’ideologia/punti di vista fondati sul piano teorico o
frutto di ricerca sul campo. Produrre cultura per un museo implica non “usare” il visitatore per
perseguire i propri obiettivi di reddito e consenso o limitarsi ad esporre in modo accattivante una
propria collezione secondo format standardizzati, ma esprimere un ulteriore punto di vista che sia
inaspettato al pubblico e allo stesso tempo deve assegnare valore a ciò che si espone. Il confronto e,
spesso, lo scontro è alla base del processo che genera produzione culturale e contribuisce a formare il
Inoltre, si può usufruire di tecnologie capaci di effetti speciali e che puntano anche al coinvolgimento
emozionale del pubblico; la spettacolarizzazione è fine a se stessa nel momento in cui è finalizzata,
Funzioni
Per poter definire le funzioni del museo un punto di riferimento è il Museum Manifesto, proposto nel
1970 da Joseph V. Noble. Egli identificò quattro funzioni fondamentali del museo:
1) raccolta;
2) conservazione;
3) interpretazione;
4) esposizione al pubblico.
Per molti anni questi punti furono utilizzati come strumento di valutazione, ma negli anni Novanta si
fece avanti un nuovo modo che modificava quello di Noble. Il primo a sostenerlo fu il museologo e
docente olandese Peter van Mensch che propose di ridurre la funzioni a tre:
1) conservazione;
2) studio scientifico;
3) comunicazione.
Precisò che la funzione di conservazione incorpora quella di raccolta mentre la funzione di
corretto nel momento in cui la terza funzione non sia intesa nel senso di attvità di trasmissione di
informazioni ed emozioni ai visitatori, ma proponga il punto di vista del museo stimolando il confronto
con il pubblico che può aumentare il valore del patrimonio culturale della comunità.
Ciò richiede partecipazione attiva dei visitatori al processo dialogico del museo, il che chiama in causa
propria idea nel momento in cui i visitatori diminuiscono. Alcuni studiosi affermano che i musei sono
gli strumenti ideali per le classi o i gruppi dominanti per esercitare la propria egemonia politica:
il filosofo Pierre Bourdieu sostiene che il museo condivide con altri enti educativi (scuola e università)
la responsabilità di essere “violenza simbolica” cioè di imposizione da parte del potere di una cultura
Gli “stakeholders”
E’ molto frequente che gli stakeholders si servino dei musei per conseguire ritorni personali sul piano
Alcuni esempi:
- un assessore alla cultura a due mesi dalla rielezione potrebbe finanziare una mostra-evento di
- il sindaco di un piccolo comune di montagna potrà avere interesse nel creare un piccolo ecomuseo,
sponsorizzata da una nota marca, quest’ultima, sfrutterebbe la situazione per esercitare il branded
In questi casi non vi è alla base un lavoro intellettuale che porta ad accrescere il patrimonio culturale
della comunità, ma solo scelte il cui obiettivo è garantire ritorni politici ed economici.
Il miglior antidoto contro le ingerenze degli stakeholders è rappresentato dalla qualità intellettuale,
professionale e umana del direttore e dei membri del consiglio di amministrazione del museo. Un
metodo per realizzare iniziative di qualità, andando contro a ciò che gli stakeholders decidono, può
Ci sono molte realtà, diversamente, in cui gli stakeholders sollecitano e incoraggiano il ruolo sociale
A fine anni Novanta in molti musei australiani all’ingresso era presente il “sorry book”, un libro in cui
gli australiani bianchi si scusavano per il trattamento riservato alle “stolen generations” con una delle
pratiche coloniali più crudeli: bambini aborigeni venivano prelevati per essere “civilizzati” in istituzioni
distanti dalle loro tribù e gestite da amministratori e missionari. In realtà molti furono sottoposti ad
abusi e violenze psicofisiche e poi venivano assegnati a famiglie angloaustraliane come servi.
ciò ci evidenzia come la comunicazione con il pubblico possa essere basata su idee semplici, molto
spesso gli effetti speciali della tecnologia vengono utilizzati da stakeholders privi di immaginazione e
creatività.
differenze, ciò comporta una progettualità basata sul cambiamento e sulla volontà da parte di musei di
approcciarsi ad una comunità che non è sempre uguale ma che si ridefinisce man mano.
CAPITOLO SESTO
Le politiche di oggi
Avendo conto dei diversi paesi e dei vari tipi di amministrazione, possiamo affermare che le politiche
vi sono almeno cinque indirizzi riconoscibili nella maggior parte dei paesi economicamente sviluppati
e ricchi:
Il boom nella domanda museale e la prospettiva di flussi futuri di visite sono stati oggetto di studio da
parte di professionisti e politici per creare nuovi interventi. Molti musei si sono ritrovati in
competizione tra di loro per la conquista della stessa audience e ciò ha impedito di raggiungere i livelli
di visite previste.
Si investe di più sulle cose che sulle persone, in ambito culturale, perché gestire cantieri risulta più
compatibile con gli assetti delle burocrazie pubbliche che sono più adatte a controllare che a
governare.
La politica degli eventi
La disponibilità di spazi museali garantita da “la politica del mattone” risolve alcuni problemi ai policy
maker ma ne attribuisce di altri. Per mantenere i siti aperti e garantire visite richiede risorse finanziarie
e un personale specializzato, entra in gioco un altro importante elemento per le politiche culturali:
l’animazione.
Un calendario di grandi eventi diventa cruciale, la politica degli eventi punta a creare picchi di
attenzione con funzione di stimolo della domanda di intrattenimento in genere; questo approccio,
mettere in secondo piano eventi che appartengono alla stessa categoria, altre iniziative culturali, altri
musei ma ciò è considerato un male minore rispetto al successo che può rilevare.
I governi locali sanno che gli eventi culturali sono efficaci in termini di condizione di consenso, spesso,
facilitati dalla costruzione di edifici ad hoc per la gestione degli eventi che coordinano erogazioni
finanziarie più frammentate rispetto ai cantieri e ciò porta anche più successo nel turismo.
La logica di innovazione dei musei si è basata, fin ora, sull’innovazione di processo cioè si vende la
medesima cosa ma producendolo in modo migliore:
orari e calendari di apertura favorevoli per il pubblico, utilizzo di tecniche di management e l’offerta di
La maggior parte dei paesi, meta di importanti flussi turistici, vive una congestione sia territoriale che
temporale soprattutto in Italia; ma quest’ultima, come altre città Europee, vanta di patrimonio
culturale diffuso e non circoscrivibile a musei, biblioteche, siti archeologici. Ci sono città che hanno
saputo cogliere meglio di altri alcune opportunità: l’Italia non è fra queste, perché tende a vendere
quanto più possibile ai passanti non soffermandosi sulla propria comunità. La logica da seguire
dovrebbe essere quella di un imprenditore, far sì che possano mescolarsi tra loro vari elementi che
Il turismo varia da una località all’altra; inoltre, molti territori con attrative naturali o culturali si
Negli anni Ottanta e Novanta è emersa una forte richiesta di attenzione verso le autonomie locali e
negli stessi anni si è consolidato lo stereotipo di pensiero che si basa sulla razionalizzazione e sul
primato del mercato. Inoltre, i governi locali si son trovati una simultanea richiesta di attenzione alle
I policy maker hanno pensato a nuove articolazioni dei musei e delle iniziative culturali territoriali, per
dare una risposta meno parziale e più organica. Retti, sistemi, percorsi a tema e gerarchie organizzative
si diffondono nella penisola e in Europa come soluzioni che dovrebbero conciliare il sostegno allo
sviluppo locale grazie ad una vasta offerta turista e, infine, l’economicità di gestione per concentrare le
Il vasto numero di iniziative di interpretazione del patrimonio culturale e insieme la varietà di forme
che hanno assunto, hanno spinto i musei a creare degli strumenti in grado di riconoscere
l’appartenenza alla specie “museo” e a misurare l’importanza delle singole istituzioni. Così sono nate
qualità predefiniti. Il primo paese che definisce i requisiti minimi per ottenere la definizione di museo
è la Gran Bretagna nel 1988; altri paesi introducono gli standard per definire la qualità dei musei, in
In Italia, gli standard mirano alle dotazioni più che alle prestazioni ovvero sul possesso di determinati
mezzi fisici o amministrativi e di personale più che sul grado di successo con il quale sono usati.
- Grandi eventi, costi e benefici: gli investimenti nei grandi eventi possono accelerare progetti locali
- Turismo, da solo non porta benefici durevoli: ignorare le dinamiche reali dei fenomeni turistici e
accontentarsi di modelli stereotipati non comporta solo azioni meno efficaci, ma può provocare anche
- Retti museali, la risposta sbagliata ad una domanda giusta: retti, sistemi e articolazioni varie dei
musei seguono una traccia di tipo tematico mettendo insieme musei simili fra loro per caratteristiche
“aziendali” più che territoriali. Un caso è il Sistema de museus della Catalogna, in Spagna criticato per
la sua rigidità inadeguatezza ai tempi. Questo sistema evidenzia l’unità catalana ma non permette ad