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DIRITTO PUBBLICO

CAPITOLO 0 STATO E DIRITTO


Il diritto è una convenzione, un insieme di regole giuridiche che qualcuno produce e che in una certa
maniera vanno rispettate. Il diritto, nella creazione di regole utilizza un unico linguaggio quello dei diritti e
dei doveri, anche detto linguaggio prescrittivo.
Riguardo al diritto esistono due teorie:
- Teorie normativiste (Kelsen): la società ha un ordinamento  le persone creano il diritto
- Teorie istituzionaliste (Romano): la società è un ordinamento  il diritto esiste comunque
L’ordinamento giuridico è l’insieme di regole giuridiche che un certo insieme di persone produce e si
impegna a rispettare. La regola giuridica è un segno linguistico (insieme di parole) che declina un certo
comportamento (positivo o negativo) e sanziona il comportamento non conforme alla prima parte  è
necessaria una parte precettiva che detta il comportamento e una parte sanzionatoria che incide sul
comportamento, necessaria ad imporre la parte precettiva.
Gli ordinamenti giuridici creabili sono infiniti (principio del pluralismo giuridico), ma non sono infiniti come
forma legittima. Tutti quelli creabili sono diversi fra loro. Giuridicamente parlando ci saranno ordinamenti
più forti o meno forti. La forza giuridica è la capacità più o meno grande che ha una regola giuridica di
imporsi su altre regole e di resistere ad altre regole.
L’ordinamento costituzionale si distingue da quello giuridico, in quanto è formato da norme giuridiche che
danno vita all’ordinamento giuridico.

Lo Stato si configura come il più sviluppato fra gli ordinamenti giuridici. I suoi elementi fondamentali sono:
- popolo  la collettività umana complessiva e le persone giuridiche, che hanno la cittadinanza dello
stato. In Italia la cittadinanza si può acquistare per nascita, adozione, matrimonio o
naturalizzazione.
- territorio  composto da terraferma, acque interne, mare territoriale, spazio atmosferico
sovrastante, navi e aeromobili battente bandiera e dalle sedi di rappresentanza diplomatica
all’estero.
- potere che governa, considerato come potere sovrano.
La certezza del diritto indica la chiarezza su ciò che il diritto vuole e comanda e risulta necessaria per i
soggetti, ma anche essenziale per chi li governa.

In tutti i sistemi evoluti ad oggi si distinguono persone fisiche da quelle giuridiche. Tutti gli esseri umani
hanno personalità giuridica, dispongono di diritti e doveri. Sono, invece persone giuridiche gli organismi e
gli enti a cui lo stato conferisce personalità giuridica, distinta da quella dei propri membri.
Anche lo stato, fa parte in qualche modo delle persone giuridiche. Viene detto soggetto di diritto, in quanto
gli si attribuiscono, come ente soprano, diritti e doveri.  si sviluppa la teoria organica, secondo la quale lo
stato è un soggetto e gli organi sono i suoi strumenti, che si allontana dalla teoria rappresentativa che
afferma che i soggetti rappresentano lo stato.
Il diritto positivo indica tutte le norme riconosciute valide nell’ordinamento giuridico.

Introduzione prof Morosini


Il diritto costituzionale mette in forma normativa, applicata al nostro paese, dei principi che si richiamano
alla democrazia ( principio che afferma che la sovranità appartiene al popolo).
Il termine democrazia deriva dal greco e fino al 1800 aveva un significato totalmente negativo, le
democrazie infatti erano delle assemblee limitate (solo agli uomini) adatte a piccole comunità ed altamente
instabili, la presa del potere dell’assemblea portava allo scontro fra le parti (soprattutto fra poveri e ricchi). I
greci rinunciavano però al principio metafisico e alla sacralità del potere  caratteristica uguale alla nostra
democrazia.
Il termine comincia a cambiare di significato (diventando un termine base) con Constant, che la chiama
però democrazia dei moderni, distinguendola da quella greca.
Le caratteristiche della democrazia moderna o liberale sono:
- Principio di rappresentanza: si eleggono dei rappresentanti che poi come legislatori prenderanno
decisioni per l’intera comunità e rappresentano la nazione espresso nell’art 67 della costituzione
che stabilisce l’assenza di vincolo di mandato imperativo (coloro che entrano a far parte di un
organo non hanno alcun impegno nei confronti dei propri elettori)
- Sono contingenti: il potere non è dato da una divinità, ma è una scelta, sono quindi modificabili.
- Controllo del potere (analizzato dall’art 1 della costituzione) “la sovranità appartiene al popolo che
la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”
- Principio di equilibrio dei poteri
- Laicità dello stato: stato non religiosamente orientato

CAPITOLO I: LA COSTITUZIONE
La costituzione può essere definita come l’insieme delle norme stabili nel tempo che costituiscono il
fondamento per l’ordinamento giuridico. Deve possedere 4 elementi fondamentali:
- Stabilità: capacità di durare nel tempo
- Superiorità: maggiore forza giuridica rispetto alle altre norme
- Valori e principi condivisi: il contenuto è condiviso dalla gran parte dei cittadini
- Modello della distribuzione del potere
I documenti ritenuti costituzionali prima della rivoluzione francese erano semplici accordi transitori. La
Magna Charta Libertatum del 1215 è considerato il primo documento costituzionale.
Le condizioni per la nascita di una costituzione moderna si verificarono dopo la rivoluzione francese e quella
americana alla fine del 700. Le costituzioni furono elaborate da assemblee costituenti, ritenute titolari del
potere costituente. Nasce da qui l’idea di una superiorità della costituzione in quanto conseguenza
dell’esercizio del potere costituente  una legge in contrasto con la costituzione è invalida e quindi non
applicabile. LA PRIMISSIMA COSTITUZIONE E’ CONSIDERATA QUELLA NORDAMERICANA.
Dal congresso di Vienna nel 1814 fino al primo dopoguerra le costituzioni fecero un nuovo passo indietro,
diventando costituzioni a sovranità indecisa, che lasciavano aperto lo scontro politico sulla spettanza della
sovranità. Solo dopo il secondo dopoguerra le costituzioni presentarono un carattere nuovo, con la
scomparsa della lotta per la sovranità. Cominciano quindi a diventare rigide, ovvero modificabili solo con un
procedimento aggravato.
Distinzioni fra costituzioni:
 Flessibili o rigide  sono flessibili se modificabili tramite una legge ordinaria, mentre rigide se
modificabili con procedimento aggravato
 Brevi o lunghe  brevi se composte da un numero limitato di articoli, lunghe se formate da
numero elevato di articoli
 Verticali o sia verticali che orizzontali  verticali relative solo a rapporti cittadino-stato, sia
verticali che orizzontali analizzano anche i rapporti fra i cittadini
 Formale o materiale  formale è composta dall’intero sistema di norme costituzionali,
materiale indica fini e valori fondamentali delle forze politiche (definizione di Mortati)
Si sono sviluppate delle teorie relative alla Costituzione, come quella di Kelsen, che la individua come
norma fondamentale, mentre Schimdt la indica come decisione fondamentale.

CAPITOLO II: LA COSTITUZIONE ITALIANA


La prima “costituzione” italiana risale al 1848 con la promulgazione dello statuto albertino nel regno di
Sardegna, esteso poi nel 1861 a tutto il regno d’Italia. Era una tipica carta costituzionale concessa dal
sovrano (otriatta), flessibile e breve. Delineava una monarchia costituzionale, con il potere accentrato
principalmente nelle mani del Re, anche se in parte limitato dal parlamento (che svolgeva però funzioni di
organo consultivo del Re). Prevedeva inoltre pochi diritti di libertà del cittadino. Con il referendum
istituzionale del 2 giugno del 46 la Repubblica vinse sulla monarchia. L’assemblea costituente nel giugno
del 46 non aveva però un progetto iniziale, perciò per redigerlo fu istituita la Commissione dei 75.
L’assemblea approvò i 139 articoli e il 1° gennaio 1948 la nostra costituzione entrò in vigore, anche se fino
al 1956 visse un periodo di congelamento, superato solo con la nascita della corte costituzionale.
Caratteristiche:
 È una fonte superiore in quanto espressione del potere costituente
 È rigida poiché necessita di un procedimento aggravato per la modifica (Art 138)
 È lunga, scritta e votata
 Afferma anche i principi fondamentali fondanti il nostro stato, espressi nei primi 12 articoli.
Il testo si articola in 3 parti: 1. Principi fondamentali, 2. Diritti e doveri del cittadino e 3. Ordinamento della
repubblica.
Le norme contenute possono distinguersi per efficacia diretta o indiretta. Le norme ad efficacia diretta
sono quelle che hanno una struttura tale che possono essere applicate senza necessità di interposizione del
legislatore. Quelle con efficacia indiretta sono quelle norme che per essere attuate necessitano un’ulteriore
attività normativa. Quest’ultime possono distinguersi in norme differite, norme di principio e norme
programmatiche.
1. Norme con efficacia differita  sono le disposizioni che rinviano a un’altra fonte
2. Norme di principio  pongono regole molto generali applicabili a un numero indefinito di casi
3. Norme programmatiche  sono norme ancora più generali del principio, identificano il fine da
raggiungere

CAPITOLO III: REVISIONE COSTITUZIONALE


Il procedimento aggravato è stabilito dall’art 138 (fonte sulla produzione) della costituzione. Per
l’approvazione di leggi di revisione servono due liberazioni ad almeno 3 mesi di distanza, nella prima
deliberazione è necessario raggiungere la maggioranza semplice, mentre nella seconda serve la
maggioranza assoluta (50%+1 dei componenti) o la maggioranza dei 2/3 dei membri di ciascuna camera.
Nel caso di maggioranza assoluta la legge viene promulgata con la possibilità di un eventuale referendum
costituzionale (no quorum strutturale) entro i 3 mesi, mentre con la maggioranza dei 2/3 la legge viene
direttamente approvata e promulgata. Il referendum può essere richiesto da 1/5 dei componenti di
ciascuna camera, 500 mila elettori o 5 consigli regionali.
Limiti alla revisione:
- Espresso  art 139 “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”
- Impliciti  relativi ai principi supremi dell’ordinamento costituzionale
- Logico  non si può modificare l’art 138

L’art 138 afferma che non solo le leggi di revisione debbano rispettare il principio di revisione
costituzionale, ma che ne siano soggette anche le leggi costituzionali, ovvero quelle norme che completano
la costituzione. Esempi di leggi costituzionali: per la corte costituzionale e per la fusione di regioni.
o CONSUETUDINE COSTITUZIONALE: nasce da un comportamento perpetuato fatto dagli organi
costituzionali che considerano vincolante
o CONVENZIONE COSTITUZIONALE: nasce da un accordo implicito di comportamento fra più organi

CAPITOLO I: NORME GIURIDICHE E FONTI DEL DIRITTO


L’ordinamento giuridico è un insieme di norme giuridiche che un certo gruppo di persone crea e si dà
impegnandosi a rispettarle. Per esserlo sono necessari due requisiti fondamentali:
- La stabilità temporale
- L’organizzazione, intesa come l’esistenza di norme giuridiche
A livello numerico gli ordinamenti giuridici creabili sono infiniti teoria della pluralità degli ordinamenti.
L’ordinamento deve essere coerente, completo e unitario.
La regola giuridica è un segno linguistico (insieme di parole) che declina un certo comportamento e
sanziona il comportamento non conforme alla prima parte è necessaria una parte precettiva che detta il
comportamento e una parte sanzionatoria che incide sul comportamento, necessaria ad imporre la parte
precettiva. È caratterizzata da:
- Esteriorità  è prodotta un soggetto esterno a chi deve rispettarla, si distingue dalla norma morale
(che è autoimposta)
- Generalità e astrattezza  regola fatti o comportamenti senza riferimenti a situazioni determinate
- Coercibilità  sono suscettibili di applicazione forzata
Una norma è una regola giuridica a cui viene attribuito un preciso significato attraverso l’attività di
interpretazione. Il primo criterio adottato è quello letterale. Nel nostro ordinamento giuridico
l’interpretazione è prevalentemente giudiziale o autentica. Giudiziale indica l’attività svolta dai giudici
durante l’applicazione di una norma ad una fattispecie, mentre autentica indica la spiegazione effettuata
dal legislatore, attraverso leggi di interpretazione autentica. Esistono anche l’interpretazione dottrinale,
ovvero quella effettuata dagli studiosi in materia, e quella per analogia.
I vuoti giuridici vanno colmati con le analogie (analogia legis) in altre disposizioni che analizzano un caso
simile o con i principi generali dell’ordinamento giuridico (analogia iuris).

LEGGI PENALI, SPECIALI, ECCEZIONALI


L’interpretazione delle leggi penali è determinata dal codice penale. In questo caso si fa divieto
dell’interpretazione analogica e si stabilisce il principio di riserva in materia penale (“nessuno può essere
punito per una legge entrata in vigore dopo il fatto commesso”).
L’interpretazione analogica è vietata anche per leggi speciali e leggi eccezionali.

LE FONTI DEL DIRITTO si distinguono in fonti atto e fonti fatto. Le “atto” derivano da una manifestazione di
volontà, mentre le fonti fatto, anche dette consuetudini derivano da un comportamento ripetuto nel tempo
al quale si aggiunge la convinzione che sia vincolante. La consuetudine ha una funzione di rilievo negli
ordinamenti common law (Inghilterra).
Le fonti si distinguono poi in fonti di produzione, fonti sulla produzione e fonti di cognizione.
Sono fonti di produzione tutte le norme che contengono diritto oggettivo, cioè norme destinate ad essere
applicate. Le fonti sulla produzione, invece contengono disposizioni per produrre altre norme. Le fonti di
cognizione sono quelle in cui è possibile reperire le fonti del diritto, possono avere valore legale come ad
esempio la gazzetta ufficiale, il bollettino ufficiale delle regioni… o valore conoscitivo come le banche dati.

Nello stato contemporaneo il sistema delle fonti è molto numeroso e articolato. La quantità è strettamente
connessa alle forme di stato, infatti più uno stato diviene sociale, più fonti avrà.  pluralismo delle fonti
Ogni fonte può prevedere altre fonti, ma vige il principio secondo il quale nessuna fonte seconda può avere
forza superiore o pari a quella di origine. Da ciò si ricava l’esistenza della gerarchia delle fonti.
Piramide delle fonti: attribuisco una forza diversa a ciascuna fonte  il contenuto della fonte più forte va
ad imporsi sul contenuto che ha meno forza. La fonte più forte esprime la sovranità, ossia la capacità di
imporsi su un insieme di ordinamenti, che la stessa fonte più forte definisce, e la forza di escludere altri
ordinamenti. (È espressa, per l’ordinamento italiano, dalla Costituzione.  nell’art 11. l’Italia “ripudia la
guerra… consente in condizioni di parità con altri ordinamenti giuridici a limitazioni di sovranità necessarie
ad assicurare pace e giustizia fra le nazioni”, ciò implica che grazie alla mia forza decido anche le mie
limitazioni di potere.)
Al vertice della piramide si trovano la Costituzione e le leggi costituzionali. Nel secondo gradino ci sono i
regolamenti dell’unione europea, leggi ordinarie, atti aventi forza di legge e leggi regionali. Fra le fonti
secondarie invece troviamo i regolamenti e le consuetudini.
Le fonti primarie sono definite come sistema “chiuso”, in quanto non sono configurabili altri atti al di fuori
di quelli elencati.
Le fonti secondarie, invece sono dette di sistema “aperto”, in quanto non posso definirle a priori ma
dipenderanno dalla creazione di fonti primarie.
Se una delle fonti inferiori ponesse norme contrastanti con quelle superiori, quella inferiore risulterebbe
illegittima e quindi invalida mediante l’annullamento. La dichiarazione di illegittimità comporta la perdita di
efficacia con effetto retroattivo (ex tunc). Accanto al criterio della gerarchia si ha anche il criterio della
competenza, che afferma che quando la costituzione attribuisce la normazione di una determinata materia
a una fonte allora solo quella fonte è competente in quella materia. Questo principio è applicabile anche a
territori determinati, ad esempio il diritto dell’Ue prevale sulle disposizioni costituzionali. La norma andrà
annullata e risulterà invalida.
Alle fonti con la stessa forza non è possibile applicare il principio di competenza o quello gerarchico, per
questo motivo si utilizza il principio cronologico (la fonte successiva abroga la fonte anteriore, ma non la
rende invalida!).
Esistono 3 tipi di abrogazione:
- Espressa
- Tacita  per incompatibilità con la norma precedente
- Implicita la nuova norma regola l’intera materia in maniera differente dalla norma precedente
Nel nostro ordinamento il principio di irretroattività non è sancito a livello costituzionale, ma si limita a
disciplinarla nelle leggi penali, stabilendo l’irretroattività (nessuno può essere punito per una legge entrata
in vigore dopo il fatto) e stabilendo che gli anni normativi siano validi solo per il futuro.

CAPITOLO II: LA CENTRALITA’ DELLA LEGGE NELLA COSTITUZIONE


In ogni modello costituzionale la legge occupa la prima posizione nel sistema delle fonti, perché espressione
del Parlamento, organo rappresentativo. Al primato della legge si collegano i principi di preferenza della
legge, il principio di legalità e le riserve di legge. La preferenza di legge indica che la legge ha la
competenza generale, che non incontra limiti in materia. Il principio di legalità costituisce uno dei cardini
dello stato del diritto. Indica che l’apparato pubblico non può porre in essere atti se non in applicazione di
norme giuridiche. Questo principio può essere inteso sia come la necessità di una legge che attribuisca
potere alla PA per produrre norme  legalità formale o come la necessità di una legge che attribuisca
potere e vincoli alla PA nella produzione di norme legalità sostanziale
La riserva di legge è invece la competenza a disciplinare una certa materia. La costituzione è ricca di riserve
di legge collocate soprattutto nella parte relative ai diritti fondamentali (es. art13). A seconda delle
caratteristiche le riserve di legge si distinguono in:
- Assolute: attribuiscono la disciplina di una certa materia solo alla legge, salvo i regolamenti di
stretta esecuzione (es. art.13 libertà personale)
- Rinforzate: attribuiscono sia la disciplina che i vincoli a tale materia alla legge (es. patti lateranensi)
- Relative: attribuiscono la disciplina anche a fonti secondarie (es. proprietà privata art. 41)

PROCEDIMENTO LEGISLATIVO (art. 70-74)


Le linee generali sono determinate dalla Costituzione, mentre le regole di dettaglio sono stabilite nei
regolamenti parlamentari. Tale procedimento serve a garantire una corretta sintesi degli interessi ed è
formato da 4 fasi:
a. Iniziativa
b. Decisoria
c. Promulgazione
d. Pubblicazione
La fase iniziativa è il momento inziale e si sostanzia nella presentazione ad una delle due camere di un
disegno di legge. Il potere di iniziativa è attribuito al governo, ai singoli parlamentari, a 50.000 elettori, al
consiglio regionale o al CNEL. L’iniziativa governativa costituisce quella più importante e più frequente.
La fase decisoria può essere effettuata tramite tre procedimenti, in sede referente, in sede deliberante o in
sede redigente. Al termine della fase decisoria la legge è approvata ma non ancora perfetta. La fase
decisoria è a sua volta divisa in 4 fasi: istruttoria, esame delle linee guida, esame e approvazione degli
articoli e fase dell’approvazione finale.
 Il procedimento in sede referente è caratterizzato dal fatto che le quattro fasi si svolgono prima in una
commissione parlamentare e poi di fronte a camera e senato.
1. Il presidente di una delle camere assegna il progetto a una commissione competente
2. Fase istruttoria: preparazione testo da sottoporre alla camera
3. Discussione sulle linee generali
4. Discussione e voto articolo per articolo
5. Presentazione in aula, che svolge gli stessi passaggi dalla fase di esame delle linee guida
6. Quando viene approvato con maggioranza semplice da una camera si invia alla seconda
camera. Se approverà la fase di approvazione sarà conclusa, altrimenti il testo modificato
tornerà all’altra camera.
 Il procedimento in sede deliberante è caratterizzato invece dall’assegnazione del progetto a una
commissione con la capacità di approvarlo definitivamente senza passare dalle camere.
 Il procedimento in sede redigente è definito misto perché mette insieme le caratteristiche della sede
referente e quelle della sede deliberante.
La fase di promulgazione deve avvenire entro un mese dall’approvazione mediante decreto del presidente
della repubblica, che ha la possibilità di chiedere una nuova deliberazione alle camere. Se le camere
approvano nuovamente la legge, questa verrà promulgata. Ciò implica un controllo da parte del presidente
ma non una sua imposizione sulla legge.
A seguito della promulgazione, la legge viene pubblicata sotto responsabilità del ministro nella Gazzetta
Ufficiale. La legge diviene applicabile dopo i 15 giorni di vacatio legis. Una volta trascorso questo tempo
sorge la presunzione che tutti la conoscano (principio ignorantia legis non excusat).

LEGGI RINFORZATE E LEGGI PROVVEDIMENTO


La legge rinforzata è una legge ordinaria con la caratteristica di procedimento aggravato che le attribuisce
una resistenza alle altre leggi ordinarie. Il rinforzo può essere di vario tipo:
- procedimentale (la costituzione prevede una fase aggiuntiva  es. le intese con le chiese non
cattoliche)
- di maggioranza, come nei casi di amnistia (estingue il reato) e indulto (riduce la pena) che
prevedono la maggioranza dei due terzi delle camere
- procedimentale e di maggioranza  esempio l’art 116 della Cost. relativo alle competenze
regionali
Le leggi provvedimento invece, differiscono dalle altre perché non contengono norme generali e astratte,
ma hanno un contenuto concreto e specifico.

CAPITOLO III: ATTI CON FORZA DI LEGGE E REGOLAMENTI


Nella costituzione, oltre alle leggi del parlamento, vi sono però altri atti, emanati dal governo, definiti atti
con forza di legge. Sono atti che esistono in tutte le costituzioni contemporanee. Gli atti sono
principalmente due:
- decreto legge  presupposto di situazione straordinaria di necessità e urgenza
- decreto legislativo presupposto di legge di delegazione da parte del Parlamento
La possibilità di utilizzare questi atti è nata dopo la prima guerra mondiale.
Ad oggi sono i decreti legge sono regolamentati dall’art 77 della costituzione, che stabilisce che siano atti
provvisori e che il giorno stesso della loro adozione debbano essere presentati alle camere. Il decreto legge
può essere convertito in legge attraverso una legge di conversione, applicata entro due mesi. Se il decreto
non viene trasformato in legge perderà efficacia ex tunc (retroattivamente). Per evitare l’abuso di questi
atti di forza, è stato introdotto, con l’art 96 bis che la commissione di affari avrebbe dovuto accertare la
presenza dei requisiti. È stabilito il divieto di reiterazione del decreto non convertito.
La delegazione legislativa (art. 76) è lo strumento attraverso il quale un titolare di potere, attribuisce ad
altri l’esercizio di quel potere circoscrivendolo. Con questa delega il parlamento attribuisce al governo
funzioni legislative. La delega è sottoposta a vincolo procedimentale (= deve essere approvata con
procedimento legislativo ordinario) e vincolo sostanziale (= deve contenere principi e criteri stabiliti, tempo
limitato e oggetti definiti).
Un caso particolare di delegazione si ha con i testi unici, che sono raccolte di materiale normativo prodotto
in diversi tempi, ma caratterizzato da omogeneità di materia. Sono approvati con decreto legislativo da
parte del Governo, previa delega del parlamento. Si distinguono in compilativi e innovativi. Quelli
compilativi sono mere raccolte delle norme, mentre quelli innovativi introducono anche modifiche.

Secondo l’art 78 della costituzione, in caso di guerra “le camere conferiscono al governo i poteri necessari”

I REGOLAMENTI GOVERNATIVI (fonte secondaria)


Regolamentati all’art 17 della legge 400 del 1988. Questo articolo distingue i regolamenti governativi, quelli
ministeriali e quelli interministeriali. I primi sono deliberati dal consiglio dei ministri, i secondi da un singolo
ministro e i terzi da più ministri.

CAPITOLO IV: LE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE


Le fonti riconosciute nel nostro ordinamento giuridico, provengono anche da ordinamenti esterni. La
costituzione si caratterizza come “aperta” alla ricezione di fonti sovranazionali. Ciò si trova all’interno
dell’art 11, in cui si afferma che sono consentite limitazioni di sovranità per assicurare pace e giustizia fra le
nazioni.  principio pacifista.
Il modello dualistico stabilisce poi che l’ordinamento interno e quello internazionale sono collocati su piani
paralleli, per questo motivo nell’art 10 si identifica l’adattamento automatico delle norme italiane in
conformità con quelle internazionali.
Le norme di diritto internazionale riconosciute sono le cosiddette consuetudini internazionali. L’unico limite
che incontrano è il limite dei principi fondamentali, se infatti la consuetudine fosse contraria ai principi
fondamentali, l’art 10, non opererebbe e quindi non ci sarebbe l’adattamento.

TRATTAMENTO DELLO STRANIERO (art. 10 cost)


- diritto d’asilo: garantito a stranieri che abbiano impedimenti di esercizi di libertà democratiche
- esclusa l’estradizione (ovvero la consegna ad altri stati per essere sottoposti a giudizio)
- esclusa l’espulsione (allontanamento dal paese)

CAPITOLO V: L’UNIONE EUROPEA, LE FONTI EUROPEE E I VINCOLI ALL’ORDINAMENTO INTERNO


Dopo la 2 guerra mondiale nasce la necessità di creare un ordinamento per la cooperazione fra le nazioni.
Distinzione importante:
Trattati internazionali vincolano gli stati
Ordinamento europeo vincola direttamente i cittadini

Nel 1950, il ministro degli affari esteri francese rilasciò una dichiarazione con la quale sosteneva
l’opportunità di creare un mercato comune siderurgico. L’anno successivo fu firmato il Trattato di Parigi,
per dare seguito alla dichiarazione di Schuman, che istituiva la CECA (comunità economica del carbone e
dell’acciaio) fra i 6 paesi fondatori: Italia, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda e Belgio.
Aveva l’obbiettivo di cooperazione e sviluppo di carattere commerciale. In quel periodo si avvertivano le
super potenza di URSS e USA e si voleva creare uno spazio commerciale comune che potesse rinforzare gli
stati membri.
1957 firmati i due Trattati di Roma che istituivano la CEE (comunità economica europea) e l’EURATOM
(comunità europea dell’energia atomica).
Questi trattati erano modificabili come leggi ordinarie, infatti si riteneva che fossero legittimati dall’art 11
della costituzione (“consente in condizioni di parità alle limitazioni di sovranità necessarie”) e ciò ha
consentito l’accoglimento della normativa europea nel nostro ordinamento.
Lo scopo del trattato istitutivo della CEE era quello di garantire le 4 libertà: circolazione di merci, lavoratori,
servizi e capitali. Nonostante le quattro libertà ci fu uno studio, cosiddetto libro bianco, del 1985 che
evidenziava che permanevano difficoltà di barriere fisiche (controlli doganali), barriere tecniche e infine
barriere fiscali (date dalla differenza delle aliquote iva).

Trattato di Maastricht (1992) scopo di raggiungere un’integrazione strutturale. Questo trattato ha stabilito i
tre pilastri su cui poggia l’UE:
1. basato sulla preesistente cooperazione,
2. politica estera e di sicurezza comune,
3. cooperazione giudiziaria in materia penale
Uno degli obiettivi più importanti del primo pilastro era quello della convergenza economica. Per far ciò
furono introdotti degli indicatori:
- inflazione minore al 1.5%
- deficit non superiore al 3%
- debito pubblico non superiore al 60%
Il trattato di Maastricht ha inoltre istituito la cittadinanza europea e rafforzato i poteri del Parlamento.
Il trattato infatti si fonda sul principio di sussidiarietà, in virtù del quale è l’istituzione più vicina al cittadino
che dovrebbe occuparsi delle materie in cui è in grado di farlo.
Trattato di Lisbona (2007) ha dato vita ad un unico soggetto con personalità giuridica: l’UE. Il trattato, che si
fonda a sua volta su altri due trattati: il TUE e il TFUE, ha eliminato i 3 pilastri dell’Ue.
Dal 1°gennaio 2002 l’euro entra in circolazione ma solo dal 1° marzo 2002, l’euro diventa l’unica moneta
circolante in 17 stati membri.
ORGANIZZAZIONE INTERNA:
- consiglio europeo scelte generali di indirizzo e non normative. Accomuna i primi ministri degli
stati membri. Definisce gli obiettivi e gli orientamenti. È presieduto dal Presidente del consiglio
europeo per 2 anni e mezzo
- consiglio dei ministri  uno degli organi più rilevanti per la produzione normativa, che la esercita
con il parlamento. Composto in formazione variabili dai ministri dei singoli stati (che rappresentano
il proprio governo) che si riuniscono in formazioni diverse per ogni materia es consiglio degli affari
esteri, consiglio affari generali. Le decisioni vengono prese a maggioranza qualificata.
- parlamento europeo  composto da rappresentanti eletti a suffragio diretto (dal 1976), funzione
di produzione normativa in co-decisione con il consiglio dei ministri e controllo verso la
commissione europea. Può fare una mozione di censura, ovvero una sfiducia alla commissione. Il
parlamento non può però sfiduciare il consiglio in quanto è composto da ministri nazionali. Ha sede
a Strasburgo e Bruxelles.
- commissione europea organo indipendente ed esecutivo, dotata di iniziativa normativa e di
controllo sui poteri affidati. Vigila sull’applicazione dei trattati. Composto da un commissario per
ogni stato membro, il presidente è eletto dal parlamento, ma votato dal consiglio europeo. Ha
poteri di controllo in materia di aiuti di stati e di sforamento dei parametri di carattere economico
monetario. Promuove l’interesse generale dell’unione.
- corte di giustizia  organo giurisdizionale. Ha lo scopo di armonizzare il diritto dell’unione,
assicurarne un’interpretazione uniforme. È stata affiancata da un tribunale allo scopo di sgravarne
le questioni di minor rilievo. Terminati i gradi di giudizio ci si può rivolgere direttamente alla corte, a
Lussemburgo.
- banca centrale europea funzioni di politiche monetarie, es decide i tassi di interesse
interbancari. Slegata dall’interesse dei singoli membri, così come dalla cittadinanza del suo
presidente (attualmente Christine Lagarde francese)
- corte dei conti  è composta da 28 membri nominati dal consiglio, e svolge funzioni di controllo
sui bilanci dell’UE

ATTI GIURIDICI:
 Regolamenti: direttamente applicabili in tutti gli stati membri dal giorno dell’emanazione. Ha
efficacia immediata.
 Direttive: vincolano gli stati, in particolari materie, lasciandoli liberi di determinare la modalità di
raggiungimento dello scopo prefissato. Applicabili sono a determinati soggetti. Le direttive di
dettaglio sono quelle che una volta raggiunta la scadenza è direttamente applicabile nel territorio
 Decisioni: destinatari determinati e precisi
 Raccomandazioni: atti non vincolanti che invitano lo stato a procedere a una determinata
situazione
Le norme europee sono superiori e direttamente applicabili negli stati membri  principio del primato del
diritto europeo. Ciò è stato affermato dalla corte di giustizia in due sentenze: costa Enel del 1964 e quella
Simmenthal del 1978. Una successiva sentenza, del 1984 la cosiddetta Granital ha accolto la superiorità
dell’UE e ha affermato che la norma interna in contrasto andrà non applicata. La non applicazione della
norma nazionale a favore di quella comunitaria avrà effetto solo per quel caso e non comporterà
un’eliminazione della norma dall’ordinamento italiano. Esiste però la teoria dei contro limiti, secondo la
quale la corte costituzione si riserva sempre di resistere a una normativa europea che si pone in contrasto
con i principi fondamentali della costituzione.

La normativa europea svolge una funzione di particolare importanza sui temi della spesa pubblica,
ponendo vari vincoli al bilancio e alle leggi di spesa. Lo stato finanzia la spesa pubblica in due modi:
- Attraverso entrate che derivano dalla tassazione
- Indebitandosi attraverso strumenti finanziari di debito, come titoli di stato, BOT, BTP…
L’elevato ricorso all’indebitamento può portare lo stato a trovarsi in una situazione di default, in cui non
sarà in grado di rinnovare il debito.
La disciplina della spesa pubblica presenta tre vincoli:
1. Costituzionale  dipende dalla forma di stato; se la costituzione delinea uno stato sociale,
implicitamente prelude ad una spesa pubblica rilevante
2. Di politica economia  fa riferimento alle tipologie di politiche economiche perseguite, se
restrittive o se espansive, in base alle filosofie perseguite se keynesiane (la spesa porti ad una
ripresa economica) o monetariste (una politica espansiva non può avere effetti sul reddito reale, è
necessaria incrementare la produttività).
3. Comunitaria  l’Europa cerca da sempre, fin dai parametri di Maastricht di imporre politiche sane,
per mantenere la stabilità economica.
All’interno della costituzione la spesa pubblica è disciplinata dall’art. 81, modificato nel 2012. Quest’articolo
prevedeva semplici principi nell’ottica di assicurare un equilibrio fra entrate e uscite. Prevedeva che le
camere dovessero approvare ogni anno il bilancio preventivo e che esistesse il principio di copertura
economica (“ogni nuova legge che importi nuove spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”), spesso
raggirato con nuovi indebitamenti. L’indebitamento complessivo è progressivamente cresciuto soprattutto
in procinto della crisi economica del 2008, non solo a livello italiano ma anche europeo. Ciò ha costretto
l’Unione a intervenire con interventi di sostegno ai paesi in difficoltà.
Nel 2011 i paesi della zona euro hanno stipulato il patto Europlus, che impegna gli stati a recepire le regole
di bilancio dell’UE. È stato inoltre approvato un trattato di stabilità, che introduce il fondo salva stati. Tutto
ciò ha portato alla modifica dell’articolo 81 della costituzione italiana, che con il nuovo testo ha posto in
maniera forte il principio di pareggio del bilancio ed afferma che l’indebitamento può avvenire solo per
eventi eccezionali.

LEGGE DI BILANCIO ANNUALE


Entro il primo di aprile il governo deve presentare alle Camere il documento di economia e finanzia (DEF),
che indica 3 cose: andamento economia e conti pubblici, la proposta di aggiornamento del programma di
stabilità (obiettivi triennali) e l’aggiornamento del programma di riforma (contiene le riforme necessarie per
raggiungere gli obiettivi). Viene inviato a Bruxelles poiché il consiglio europeo lo valuti, entro il 20 di
settembre viene proposta la modifica, anche detto NAFED ed infine entro il 15 ottobre il governo deve
presentare il disegno di bilancio. Il 30 di giugno si presenta il bilancio consuntivo relativo all’anno
precedente.

CAPITOLO I: FORME DI STATO E FORME DI GOVERNO


In ogni organizzazione sociale il diritto disciplina tre grandi aree:
- Le relazioni verticali  fra autorità e individui, ovvero i comportamenti repressi o incentivati dalla
società
- Le relazioni orizzontali  fra individui, ovvero regole che disciplinano gli scambi fra loro ma anche i
loro rapporti sociali
- Le relazioni organizzative  fra le autorità dotate di potere
A queste tre branche sono stati associati tre tipologie di diritto: penale, privato e pubblico. Fra il diritto
pubblico rientrano il diritto costituzionale, quello parlamentare, quello regionale, quello amministrativo,
quello tributario, quello ecclesiastico, quello penale e quello processuale civile e penale.

La forma dello stato può essere definita come la risultante fra relazioni verticali e orizzontali, dipende
quindi da quanto e come la libertà viene attribuita al soggetto privato e come vengono perseguiti i fini
politici. Ci sarà quindi lo stato assoluto, lo stato feudale, lo stato liberale…
La forma di governo, invece è relazionata alla terza area del diritto, ovvero quello pubblico, che indica
com’è distribuito il potere. Esisteranno governi parlamentari, presidenziali, assembleari…

La nascita dello stato inteso con concezione moderna (ovvero un’entità sovrana in grado di esercitare
potere sulla popolazione di un dato territorio) avvenne solo dopo il 1400, con la creazione di una sorta di
apparato burocratico per gestire le entrate e perseguire finalità pubbliche (principalmente la sicurezza
garantita dalla presenza dell’esercito) e con un progressivo accentramento del potere nelle mani di un
unico sovrano. Dall’ordinamento feudale si ebbe quindi, un passaggio verso lo stato assoluto, in cui i sudditi
erano privi di diritti tutelabili. SI DICE CHE LA NASCITA DELLO STATO MODERNO RISALGA AL TRATTATO DI
VESTFALIA NEL 1648.
Dopo la rivoluzione francese, in Europa nacquero gli stati liberali (anche detto stato di diritto), dai quali poi
si fonderà lo stato contemporaneo. Questi stati di basano sulla presenza di una classe omogenea, ovvero la
borghesia, e sulla presenza di carte costituzionali concesse dal sovrano a favore del popolo, fondanti su due
principi:
- principio rappresentativo: la borghesia viene rappresentata in Parlamento, per far valere i propri diritti
- separazione dei poteri: introdotto da Montesquieu, che afferma che i tre poteri debbono essere separati,
poiché se separati si possono arrestare ed impedire a vicenda.
Questa forma di stato viene anche chiamata stato di diritto, in quanto gli atti del potere pubblico devono
rispettare la legge e possono essere dichiarati invalidi se ciò non accade.
Il modello liberale iniziò a mutare nel 1900, con lo sviluppo di classi sempre più disomogenee, trasformando
la società in società pluralista. Quando poi si giunse al suffragio universale nel 1912 (anche se solo maschile)
questa conflittualità sociale si trasferì all’interno dei Parlamenti. In Italia e in Germania, l’incapacità di
adattamento della borghesia aprì la strada agli stati totalitari. La Germania dette vita nel 1919 a una
repubblica fondata sulla costituzione di Weimar, che durò fino alla crisi del 29 che portò alla
frammentazione dello stato e all’apertura della strada al nazionalsocialismo di Hitler. In Italia, la classe
borghese non riuscì a contenere le spinte dei nuovi partiti e ciò aprì la strada al fascismo. Gli stati totalitari
sono fondati sul principio del partito unico, che esclude l’opposizione.
Dopo la seconda guerra mondiale iniziarono a svilupparsi gli stati costituzionali a matrice sociale (stati
democratici), caratterizzati dall’esistenza di una costituzione rigida, una tutela delle minoranze e di
qualsiasi tipo di pluralismo ed un superamento della sovranità come categoria fondante il potere pubblico.
Lo stato democratico assicura inoltre l’uguaglianza sostanziale e ammette il suffragio universale.
Lo stato federale è composto da un insieme di stati, la costituzione federale è la fonte di legittimazione dei
poteri.

CLASSIFICAZIONE FORME DI GOVERNO  condizionata da sistema di partiti e divisione del potere.


Tutte le forme di governo dello stato contemporaneo sono basate sul principio di separazione dei poteri
legislativo, esecutivo e giudiziario. Per potere si intende la funzione esercitata da un insieme di organi. Il
principio di separazione implica non solo che diversi organi svolgano diverse funzioni, ma anche che ogni
potere possa controllare l’altro.
Nelle società frammentate si tendono a creare sistemi a multipartitismo estremi, ovvero con un numero
elevato di partiti anche collocati ad ali estreme, mentre in società omogenee si creano sistemi a
multipartitismo moderato o addirittura sistema bipartitico (due partiti).
Forma di governo parlamentare: caratterizzata da 3 organi, parlamento, governo e presidente della
repubblica. Governo e Parlamento sono legati da un rapporto di fiducia, che può venir meno in ogni
momento. Il governo deve presentare un programma che intende svolgere e chiedere la fiducia del
parlamento. Il presidente della repubblica svolge funzioni di garanzia ed ha il potere di nominare il
presidente del consiglio e chiedere lo scioglimento delle camere.
Il governo parlamentare si distingue in monistico e dualistico. Nella forma monistica la funzione
dell’indirizzo politico è incentrata sul governo, mentre nella forma dualistica è divisa fra i tre organi.
Forma di governo presidenziale (USA): si fonda su un sistema a bipartitismo e sul principio di separazione
dei poteri. In questa forma di governo il Presidente, viene eletto direttamente dal popolo ed è a capo del
Governo. Ha una carica di 4 anni, rieleggibile solo una volta. Non esiste la fiducia fra Governo e Parlamento
(prende il nome di Congresso, è bicamerale composto da Senato e Camera dei rappresentanti), ma vi sono
meccanismi di controllo, ad esempio il presidente ha il veto sospensivo delle leggi. Il Presidente nomina i
suoi segretari di stato. Il Congresso ha il compito di approvare il bilancio e il potere legislativo.
Forma di governo semipresidenziale (Francia): unisce il sistema presidenziale e quello parlamentare. È
caratterizzato dall’elezione diretta del Presidente della repubblica, che a sua volta nomina il Presidente del
consiglio e su proposta di questi, nomina e revoca i ministri. Il Governo deve avere la fiducia del
Parlamento. Il Presidente della repubblica è anche capo dell’esecutivo.
Forma direttoriale (Svizzera): si caratterizza per l’elezione del governo da parte del parlamento per un
periodo di tempo limitato e per la presenza di un direttorio che svolge funzioni di governo e del capo dello
stato.

La scelta della forma di governo parlamentare, in Italia, emerge con chiarezza dagli atti dell’assemblea
costituente.

SISTEMA ELETTORALE generico


Il sistema elettorale stabilisce le regole da utilizzare per trasformare i voti in seggi in Parlamento. Si
compone di tre elementi: metodo di conta voti, l’ampiezza del collegio elettorale (cioè il numero dei seggi
da assegnare) e il grado di libertà dell’elettore (preferenze o meno).
Ne esistono diversi tipi: maggioritario, proporzionale o misto.
I sistemi maggioritari hanno un elevato livello di selettività, ma un basso livello di rappresentatività  le
forze minori non riescono ad ottenere seggi; mentre il sistema proporzionale ha un elevata
rappresentatività, ma una bassa selettività. Esistono poi variazioni di questi sistemi, come quello
maggioritario a doppio turno.

Negli stati uniti il sistema elettorale è particolare, il voto avviene in modalità statale, con i grandi elettori
per evitare di avere una distinzione fra stati popolosi e stati non così popolosi. I cittadini votano nel proprio
stato, chi prende un voto in più rispetto al concorrente, vince tutto il collegio in quello stato.
In Gran Bretagna si utilizza il sistema maggioritario, simile a quello americano in cui però si divide il
territorio in tanti collegi tanti quanti sono i parlamentari da eleggere. Vince chi ha la maggioranza relativa.
Anche il sistema francese è un sistema maggioritario a doppio turno, basato sulla divisione in collegi
uninominali, la differenza sta nella maggioranza richiesta al primo turno, per essere eletti è necessario
avere il 50%+1 dei voti, mentre al secondo turno basta la maggioranza relativa.
In Italia per i sindaci di comuni maggiori si usa il sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio.
In Germania, ha un sistema misto proporzionale, dove i collegi sono chiamati Lander. Al cittadino vengono
consegnate due schede elettorali, una uninominale dove si vota il candidato  basta la maggioranza
relativa; nella seconda scheda si hanno le liste dei partiti  su base proporzionale.
Il sistema proporzionale invece, crea un parlamento con un numero di seggi proporzionale ai voti ricevuti.

SISTEMA ELETTORALE italiano


Il sistema elettorale del Parlamento, per lunghissimo tempo è stato un sistema proporzionale. Il 18 aprile
del 1993 gli elettori furono chiamati a votare un referendum abrogativo sulla legge elettorale. Il parlamento
emanò la legge “mattarellum”, che introduceva un sistema elettorale misto: il 75% dei seggi veniva
assegnato con sistema maggioritario, mentre il restante 25% con sistema proporzionale. A causa della
conflittualità delle coalizioni si giunse ad una nuova legge elettorale proporzionale il cosiddetto
“porcellum”, con la previsione della maggioranza assoluta dei seggi per la lista che avesse raggiunto la
maggioranza relativa. La nuova riforma introduceva anche le liste bloccate, cioè liste con candidati scelti dal
partito senza possibilità di essere scelti come preferenza.
Nel 2015 fu approvata una nuova legge “italicum”, un modello maggioritario a doppio turno: se una lista
raggiungeva il 40% dei voti scattava il premio di maggioranza, se non veniva raggiunta vi era un ballottaggio
tra le due liste più votate.
Il sistema elettorale ad oggi valido è nato dal cosiddetto Rosatellum. È una legge proporzionale con
correzione maggioritaria, che si basa su:
- 38% dei seggi assegnati con sistema maggioritario
- 61% dei seggi assegnati con sistema proporzionale fra coalizioni e liste che abbiano superato la
soglia di sbarramento
- Voto in un’unica scheda con tre possibilità: se si vota il candidato uninominale il voto è trasferito
anche al partito collegato; se si vota la lista il voto va al partito prescelto; se si vota solo il partito il
voto va anche al candidato uninominale

CAPITOLO II: IL PARLAMENTO  sede Senato: Palazzo Madama, sede camera: Montecitorio
La costituzione ha delineato il Parlamento come organo bicamerale, in quanto formato da due camere:
Senato e Camera dei deputati, con funzioni e competenze uguali. Il bicameralismo serve a dar voce ad
interessi diversi, ma rallenta l’attività.
La differenza fra le due camere riguarda principalmente la differenza dei componenti, 400 deputati e 200
senatori, modificati con il referendum costituzionale del 2020.
Un’ulteriore differenza riguarda l’elettorato attivo (anni necessari per votare) e passivo (anni necessari per
essere eletti). Per la camera bastano 18 anni per votare e 25 per essere votati, mentre il senato ha un
elettorato attivo di 25 anni e uno passivo di 40. La componente non elettiva del senato è composta da gli ex
presidenti della repubblica e da 5 senatori a vita, nominati dal presidente della repubblica per altissimi
meriti.

La costituzione prevede alcune norme finalizzate a garantire che l’elezione dei parlamentari non sia
condizionata da fattori esterni e che il candidato una volta eletto possa svolgere il suo compito senza
condizionamenti esterni.  art 65-67
L’art 65, disciplina ineleggibilità e la incompatibilità. L’art 67 stabilisce il divieto di mandato imperativo.
L’ineleggibilità indica la condizione che incide sulla capacità elettorale passiva, l’incompatibilità invece è la
situazione in cui un soggetto candidato svolge due funzioni in contemporanea. Ciò non rende invalida
l’elezione ma comporta la scelta da parte del candidato fra le due funzioni.
L’assunzione della qualifica di parlamentare avviene a seguito della proclamazione.

La durata delle camere è fissata dalla costituzione in 5 anni. La costituzione stabilisce inoltre che l’elezione
delle nuove camere deve avvenire 70 giorni prima della fine delle precedenti. Alla fine dei 5 anni infatti le
camere devono essere sciolte e possono essere prorogate solo per legge o in caso di guerra. La fine della
legislatura comporta il decadimento dei procedimenti pendenti in aula.
La gran parte dell’organizzazione interna delle camere è disciplinata dai regolamenti parlamentari  fonti
primarie, votati con maggioranza assoluta, ma in conseguenza della loro funzione di garantire autonomia e
indipendenza del parlamento, non possono essere sottoposti al controllo della corte costituzionale.

L’indipendenza del parlamento è poi rafforzata da condizioni di autonomia interna:


- insindacabilità degli “interna corporis”  il principio indica che gli interna corporis (sono i
procedimenti e gli atti interni posti in essere dal parlamento) sono esclusi dal sindacato di
qualunque autorità
- il potere di controllo sulla validità delle elezioni
- il potere di decidere sui ricorsi dei dipendenti (anche detta autodichia)

IMMUNITA’ DEI PARLAMENTARI:


- Insindacabilità: esclude ogni responsabilità giuridica, civile e penale dei parlamentari
- Inviolabilità: “nessun membro può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né
può essere arrestato”, ovvero il parlamentare non può subire limitazioni della propria libertà senza
l’autorizzazione della camera di appartenenza.

L’attività delle camere è organizzata attraverso gruppi e commissioni parlamentari. Un ruolo tecnico è
svolto dalle giunte e un ruolo di garanzia è svolto dal presidente della camera.
I gruppi parlamentari sono un’unione di deputati appartenenti a un medesimo partito.
Le commissioni parlamentari sono costruite rispecchiando la proporzione dei gruppi parlamentari,
costituiscono gli organi dove si svolge la gran parte del lavoro delle camere, svolgono la fase istruttoria o la
fase decisoria del procedimento legislativo.
Le giunte, sono organi interni alle camere, composte da parlamentari proposti dal Presidente della camera.
Al momento le giunte sono 3: giunta per il regolamento, giunta per le elezioni e giunta per le autorizzazioni
a procedere.
Un importante ruolo è svolto dal Presidente della camera, che rappresenta il garante del corretto
andamento dei lavori parlamentari, convoca le camere, risolve questioni interpretative, assegna progetti
alle commissioni.
FUNZIONI
Il Parlamento svolge una funzione legislativa attraverso l’approvazione delle leggi e un’attività di indirizzo
e controllo verso il Governo. La funzione legislativa non è illimitata, perché la legge deve essere conforme
alla Costituzione, ed è messa in atto con il procedimento legislativo.
L’art 64 della costituzione stabilisce alcuni principi riguardanti il quorum per la validità delle sedute e le
maggioranze necessarie. Il quorum strutturale indica il numero dei presenti in aula, che non deve essere
inferiore alla metà dei parlamentari, mentre il quorum funzionale indica la maggioranza necessaria per
approvare le delibere, che generalmente è rappresentato con la maggioranza semplice (50% + 1 dei
presenti). La legge può però prevedere altri due tipi di maggioranza: assoluta e qualificata. La maggioranza
assoluta indica il 50% + 1 dei componenti della camera, mentre la maggioranza qualificata è una
maggioranza più ampia di quella assoluta, ad esempio i 2/3 dei componenti. L’art 64 prevede anche una
regola generale sulla trasparenza delle sedute, che sono generalmente pubbliche. Il voto dei parlamentari
può essere a scrutinio segreto o palese, la costituzione prevede il voto palese solo per il voto di fiducia al
Governo, mentre per quanto riguarda i regolamenti parlamentari vigenti, il voto segreto è obbligatorio solo
per il voto sulle persone.

Il Parlamento ha diversi strumenti per indirizzare il Governo verso il mantenimento degli impegni assunti:
mozioni, risoluzioni e ordini del giorno.
La mozione è un atto destinato a produrre un dibattito e un voto da parte dell’Assemblea, attraverso la
quale si chiede al governo di assumere una certa posizione, se la mozione è approvata il governo è
vincolato a comportarsi come approvato. La mozione viene presentata da un gruppo parlamentare o da un
loro presidente.
La risoluzione simile alla mozione per gli scopi di indirizzare il governo a un certo comportamento. Può
essere votata anche in commissione.
L’ordine del giorno è uno strumento accessorio di istruzione per l’attuazione delle leggi.

Gli atti di controllo sono invece le interrogazioni e le interpellanze. Le prime sono domande poste in forma
scritta o orale ad un singolo ministro, circa un determinato fatto. Le interpellanze hanno lo scopo, invece, di
conoscere i motivi della condotta del Governo riguardo aspetti della politica.
L’art 82 della costituzione prevede che ciascuna camera possa disporre inchieste su materie di pubblico
interesse. Per poterlo fare deve essere nominata una commissione che possa procedere alle indagini con gli
stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria. Le commissioni possono essere monocamerali o
bicamerali (più frequenti). L’inchiesta si conclude con una o più relazioni all’Assemblea.

Il parlamento in seduta comune è composto dall’insieme di tutti i parlamentari e si riunisce nei soli casi
previsti dalla costituzione, ovvero per l’elezione del presidente della repubblica, l’elezione di 1/3 dei
membri del consiglio superiore della magistratura e per l’elezione di 5 giudici della corte costituzionale. Il
parlamento in seduta comune decide anche sulla messa in stato di accusa del presidente della repubblica
per alto tradimento e attentato alla costituzione.

CAPITOLO III: IL GOVERNO sede a Roma a Palazzo Chigi


Il governo rappresenta l’organo esecutivo, ma anche l’organo di indirizzo politico (inteso come la capacità di
fondare le linee guida per la politica interna ed esterna). Gli organi del Governo sono il presidente del
consiglio dei ministri, i ministri che insieme formano, un organo collegiale, il consiglio dei ministri.
Il presidente dirige il Governo e ne è responsabile, le sue dimissioni provocano le dimissioni dell’intero
Governo.
Le relazioni fra gli organi sono basate su tre principi:
- principio collegiale stabilisce che l’indirizzo politico si formi dentro il consiglio dei ministri
- principio monocratico i poteri di coordinamento sono affidati al premier
- principio della responsabilità ministeriale  afferma l’autonomia e la responsabilità di ogni
singolo ministro
I ministri vengono nominati dal presidente della repubblica su consiglio del presidente del consiglio. Una
volta ottenuta la fiducia, il singolo ministro dissenziente potrà essere rimosso dal Governo con una mozione
di sfiducia individuale.
Accanto a questi tre organi, la legge 400 del 1988, ha determinato altri organi governativi: il consiglio di
gabinetto, i comitati dei ministri, i comitati interministeriali, i vicepresidenti, i ministri senza portafoglio, i
sottosegretari e i vice ministri.
Il consiglio di gabinetto: è composto dai ministri designati dal presidente del consiglio.
I comitati di ministri: sono ministri con compiti istruttori su materie di competenza da sottoporre al
consiglio dei ministri.
I comitati interministeriali: compito di indirizzo economico
Vicepresidente del consiglio: funzioni di supplenza in caso di assenza del presidente del consiglio
I ministri senza portafoglio: si distinguono dai ministri con portafoglio che sono a capo di ministeri,
esercitano competenze delegate dal presidente
I sottosegretari di stato: coadiuvano i ministri
I vice ministri: sono sottosegretari ai quali viene conferita una delega di particolare ampiezza

FORMAZIONE DEL GOVERNO


Si procede alla formazione di un nuovo governo, dopo la crisi o dopo l’insediamento di un nuovo
Parlamento. Dalle schede elettorali si ha la determinazione di una coalizione vincitrice con a capo un
leader, una volta individuato, il presidente del consiglio, viene nominato con decreto da parte del
presidente della repubblica. L’art. 93 stabilisce che il presidente del consiglio e i ministri debbano prestare
giuramento nelle mani del presidente della repubblica.
La costituzione stabilisce che il Governo debba presentarsi entro 10 giorni alle camere e ricevere la fiducia.
È previsto che ciascuna camera accordi o revochi la fiducia mediante mozione motivata, con voto palese. La
mozione di fiducia è votata dal parlamento con maggioranza semplice. Una volta ottenuta la fiducia, il
governo diviene pienamente operativo. La mozione di sfiducia, invece, deve essere firmata da almeno un
decimo dei componenti della camera. A seguito della votazione di fiducia il parlamento si divide in due:
maggioranza e opposizione.

CRISI DEL GOVERNO


Può essere parlamentare o extraparlamentare. La prima, l’unica stabilita dalla Costituzione, avviene quando
non viene concessa la fiducia iniziale o se si mette in atto una mozione di sfiducia. La crisi
extraparlamentare deriva invece, dalle dimissioni spontanee del presidente del consiglio.
La crisi del governo può essere risolta dal presidente della repubblica o con l’incarico di un nuovo
presidente del consiglio che crei un nuovo governo o attraverso lo scioglimento anticipato delle camere e
l’indizione di nuove elezioni. Il governo dimissionario resta in carica fino alla nomina del successivo, ma con
poteri limitati.
I ministri del governo, a differenza di quelli parlamentari, hanno responsabilità civile, amministrativa e
penale.

POTERI
L’attuazione dell’indirizzo politico si svolge sia tramite poteri condivisi con organi costituzionali, si
attraverso i propri poteri.
I poteri condivisi sono: i poteri del procedimento legislativo nei confronti del Parlamento, i poteri della
politica di bilancio e la politica estera. Mentre i poteri propri sono: potere normativo e attività di direzione
dell’amministrazione statale.
I poteri di politica di bilancio sono condivisi con l’Unione Europea. Il governo elabora il documento di
economia e finanza (DEF) e lo presenta in Parlamento.
La politica estera si sostanzia nella stipulazione di trattati internazionali e nelle relazioni diplomatiche.
Il potere normativo viene esercitato attraverso decreti legge e decreti legislativi.
Direzione di amministrazione statale: l’attività amministrativa consiste nel creare provvedimenti
amministrativi, a cura di interessi pubblici. Nello svolgimento di tale attività è necessario perseguire una
certa discrezionalità (= l’amministrazione deve valutare correttamente interessi pubblici e privati a tutela
dell’interesse pubblico).

CAPITOLO IV: IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA risiede a Roma nel palazzo del Quirinale
È il garante della costituzione. L’art 83 prevede che sia eletto dal parlamento in seduta comune, insieme a
tre delegati per ogni regione, eccetto la Valle d’Aosta. L’elezione avviene per i primi tre scrutini, a scrutinio
segreto con maggioranza qualificata di 2/3, mentre dopo il terzo è sufficiente la maggioranza assoluta.
Può essere eletto qualunque cittadino che abbia compiuto 50 anni e goda di diritti civili e politici, con
l’unico vincolo di incomparabilità di qualsiasi altra carica. Il presidente è eletto per 7 anni, con possibilità di
essere rieletto, il mandato decorre dalla data di giuramento di fedeltà. Trenta giorni prima della scadenza
del suo mandato il Presidente convoca il Parlamento per la nuova elezione.
Alle dipendenze esclusive del Presidente è posta una struttura amministrativa chiamata Segretariato
generale della Presidenza della repubblica.
Nel caso di impedimenti temporanei di esercitare le funzioni presidenziali, il presidente viene sostituito dal
presidente del Senato.
L’art 89 della costituzione dichiara che gli atti posti in essere dal Presidente non sono validi se non
controfirmati dal ministro che se ne assume responsabilità.
Gli atti del presidente si distinguono in 3 categorie:
- formalmente e sostanzialmente del presidente  scelte autonome del presidente es. atti di
nomina senatori a vita, i messaggi presidenziali, il rinvio di una legge alle camere e la convocazione
delle camere.
- formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi  contenuto determinato dal Governo
es. nomina dei ministri, la promulgazione della legge, la ratifica dei trattati internazionali
- atti complessi  atti con contenuto di volontà coincidente fra Presidente e Governo

POTERE VERSO IL PARLAMENTO


Il presidente interviene sia nel momento della formazione che nei momenti di attività centrale che nella
cessazione del Parlamento. Il Presidente infatti indice le elezioni delle nuove camere e ne fissa la prima
riunione, nel corso dell’attività interviene con la promulgazione della legge e con il potere di rinvio. Infine
interviene nella cessazione tramite lo scioglimento delle Camere. Lo scioglimento può distinguersi fra
anticipato o per fine della legislatura. Per indurre lo scioglimento il Presidente deve obbligatoriamente
chiedere il parere dei presidenti delle singole camere, che però non è vincolante. Inoltre gli è vietato
scioglierle nei suoi ultimi 6 mesi di mandato “semestre bianco”.

POTERE VERSO IL GOVERNO


Il Presidente ha diversi poteri sia nella fase di nascita, che di attività che di crisi del Governo. Il Presidente
ha infatti il potere di nominare il Presidente del consiglio e i ministri su sua proposta. Durante la vita del
governo le sue funzioni sono ricollegabili a funzioni di controllo e di rappresentante della Costituzione
(emanazione decreti legge, decreti legislativi); nel momento di crisi i poteri assumono la massima
espansione. Quando il premier si dimette il presidente può rinviare il Governo alle Camere per richiedere
la fiducia, o può nominare un nuovo presidente del consiglio, oppure può chiedere lo scioglimento delle
Camere.

POTERE VERSO LA CORTE COSTITUZIONALE


Il presidente presiede il consiglio superiore della Magistratura, ed ha il compito di nominare cinque giudici
della Corte Costituzionale.

L’art 87 attribuisce poi al Presidente il potere di concedere la grazia e di commutare la pena. La grazia
consiste in un provvedimento individuale, con il quale si riduce o estingue la pena. L’amnistia è un
provvedimento generale che cancella il reato e l’intera pena, l’indulto è invece un provvedimento generale
che cancella la pena, non estinguendo però il reato.
L’art. 90 sancisce l’irresponsabilità del Presidente per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni
tranne che per alto tradimento o attentato alla costituzione. In tali casi è messo in atto di accusa dal
parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta. La procedura si divide in due fasi: la prima in cui il
Parlamento delibera la messa in accusa, la seconda si svolge di fronte alla Corte costituzionale (con annessi
16 cittadini) e stabilisce la condanna o l’assoluzione.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
È l’insieme di organi che svolgono l’attività amministrativa sotto il controllo del Governo. La costituzione ha
disciplinato i principi per il corretto funzionamento:
- legalità  deve operare nell’ambito dell’ordinamento giuridico
- imparzialità  deve operare nell’interesse pubblico, senza danneggiare alcun interesse privato.
Inoltre viene stabilito che i dipendenti vengano scelti tramite concorso pubblico.
- Efficienza  devono essere organizzate in modo da garantire un buon funzionamento
- riserva di legge  esiste una riserva di legge che stabilisce che solo il Parlamento possa creare
uffici
- decentramento  consente allo stato di essere presente nelle zone del Paese
- trasparenza
Si distingue in diretta e indiretta, quella indiretta è costituita da organi non statali, mentre quella diretta è
esercitata dal Governo e si divide in amministrazione centrale e periferica.
L’amministrazione periferica è composta da organi aventi competenza generale e organi aventi
competenza particolare. Gli organi periferici hanno competenza generale quando rappresentano il governo
(presidente della Giunta, Sindaco e Prefetto) e competenza particolare quando dipendono dai singoli
ministeri.
Il presidente della giunta rappresenta la regione e ne redige le attività. Dirige le funzioni amministrative
delegate dallo stato. Il sindaco ha il compito di tenere aggiornato i registri dello stato civile, è ufficiale di
matrimoni e deve vigilare sull’ordine pubblico. Il prefetto ha il compito di far eseguire nella provincia le
disposizioni di tutti i ministeri. Gli organi periferici che hanno competenza particolare sono questura
(compito di mantenere l’ordine pubblico), ufficio scolastico provinciale (responsabile dell’amministrazione
scolastica) e agenzia delle entrate (competente sulla riscossione dei tributi).
Gli organi si distinguono poi in attivi, consultivi e di controllo. Quelli attivi agiscono, quelli consultivi
formulano pareri per gli organi attivi, infine gli organi di controllo vigilano su quelli attivi.

AUTONOMIE LOCALI
Si ha autonomia quando lo stato concede agli enti locali la possibilità di decidere da soli in alcune materie di
interesse collettivo. La repubblica attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento
amministrativo.
La repubblica è costituita, secondo l’art. 114 da Comuni, Province, Città Metropolitane e Regioni, che sono
tutti enti autonomi con propri statuti e funzioni regolate dalla Costituzione.
Gli enti autonomi territoriali possono emanare delle norme giuridiche, valide solo nel loro territorio: le
regioni possono approvare leggi aventi la stessa forza di quelle ordinarie, mentre provincie e città
metropolitane solo regolamenti. Ogni ente può darsi uno statuto per regolamentare la propria
organizzazione interna. Hanno inoltre autonomia finanziaria di entrata e spesa.

I COMUNI
Hanno il compito di occuparsi di servizi sociali, sviluppo economico e dell’assetto territoriale (redige il
piano regolatore comunale, controlla l’utilizzo del verde pubblico, provvede ai problemi connessi con la
viabilità).
Gli organi del comune sono Sindaco, Giunta comunale e consiglio comunale. Per l’elezione del sindaco il
sistema elettorale prevede delle differenze a seconda della grandezza, se il comune supera i 15.000
abitanti, il sindaco viene eletto col sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio, mentre se non
arriva a 15.000 abitanti si usa il sistema maggioritario. Ha la rappresentanza dell’ente e nomina i
componenti della Giunta, adotta ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie. Ha
attribuzioni in qualità di ufficiale di governo, presidiando i matrimoni civili, dando la cittadinanza.
La Giunta è composta dal sindaco e un numero variabile di assessori in base alla grandezza del comune.
Collabora con il sindaco nell’attuazione del programma di governo.
Il consiglio è formato da 16 consiglieri (comuni con +10.000 abitanti), 24 (comuni con +30.000) o 32
(+100.000 abitanti). Ha la competenza di approvazione di atti fondamentali, come bilancio, statuti e
regolamenti. I consiglieri hanno diritto di iniziativa e il diritto/dovere di partecipare alle sedute. Il presidente
viene eletto subito dopo la convalida degli eletti.
Una figura importante è il segretario comunale, scelto dal sindaco, che coordina il funzionamento
dell’amministrazione e verifica la legittimità degli atti del comune.
I comuni con più di 100.000 abitanti devono suddividere il loro territorio in circoscrizioni.
La fusione di comuni è un processo di riordino territoriale che ridetermina i confini amministrativi di più
comuni. Devono essere assicurate adeguate forme di decentramento degli uffici o dei servizi, perciò
possono essere istituiti municipi (con legge regionale), nel caso in cui ci siano caratteri di separatezza
territoriale e tradizioni proprie, o nel caso in cui nei comuni superiori a 10.000 abitanti vi sia il consenso.
A seguito dell’approvazione della fusione, la Regione provvede al rimborso delle spese.
Lo statuto e il regolamento comunale stabiliscono le forme di elezione popolare del comitato.

UFFICI E COMPETENZE
URP (ufficio relazioni con il pubblico, legge 150 del 2000), nasce con lo scopo di accrescere la trasparenza
amministrativa e la qualità dei servizi. Garantisce i diritti di informazione, di accesso e agevola l’utilizzazione
dei servizi offerti ai cittadini. Accanto a questo ci sono anche l’ufficio stampa e il portavoce, che svolgono le
attività di informazione.

LE PROVINCE  CITTA’ METROPOLITANE


Hanno un proprio territorio, con capoluogo il comune maggiore. Gli organi sono il presidente della
provincia, il consiglio provinciale e l’assemblea dei sindaci. Il presidente è eletto per 5 anni dal consiglio. Ha
il compito di convocare e presiedere l’assemblea dei consiglieri e il consiglio. Il consiglio è composto dai
sindaci e dai consiglieri comunali, propone il bilancio, approva regolamenti e il bilancio. L’assemblea dei
sindaci è composta dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia, ed ha poteri propositivi, consultivi e
di controllo. Dal 1° gennaio 2015, le province sono state sostituite dalle città metropolitane e gli organi
sono stati sostituiti da Sindaco metropolitano, Consiglio metropolitano e Conferenza metropolitana.
Hanno funzioni proprie come la valorizzazione dell’ambiente, delle risorse idriche e lo smaltimento rifiuti,
ma anche funzioni attribuite da Stato e Regioni, come le licenze di pesca, l’attuazione del sistema
bibliotecario provinciale…

CAPITOLO V: L’ORDINAMENTO REGIONALE


La Costituzione ha trasformato le Regioni, che prima erano solo mere entità geografiche, in entità di
decentramento politico, aumentando ancora di più il loro potere nel 2001.
Le regioni si distinguono dagli altri enti come Comuni e Provincie (detti enti di decentramento
amministrativo) per la loro competenze legislativa particolare. Si dividono in regioni a statuto speciale
(Sardegna, Sicilia, Trentino, Valle D’Aosta e Friuli) e regioni a statuto ordinario (le altre 15). Quelle a statuto
speciale godono di particolari forme di autonomia e poteri conseguenti a statuti approvati con legge
costituzionale. Le regioni a statuto ordinario invece godono di un potere statutario ma con statuti approvati
dal Consiglio regionale con maggioranza assoluta e adottati da legge ordinaria.
Essendo enti di decentramento politico, le regioni partecipano alle elezioni del capo dello stato, sono
titolari di iniziativa legislativa e possono richiedere un referendum abrogativo.

Secondo la costituzione le regioni a statuto speciale godevano di tre livelli di autonomia legislativa:
- podestà legislativa esclusiva  le regioni possono legiferare su determinate materie senza alcun
condizionamento da parte dello stato.
- podestà legislativa concorrente  lo stato detta leggi contenenti norme di principio, relativo a
materie stabilite dall’art. 117, e la regione le attua con propria normativa al dettaglio
- podestà legislativa integrativa attuativa  la possibilità di adattare norme legislative statali alle
esigenze del proprio territorio
Il procedimento di una legge regionale è simile a quello di una legge ordinaria: l’iniziativa può essere
esercitata da ogni consigliere o dalla giunta, si ha l’approvazione in aula del consiglio regionale, la
promulgazione del presidente della regione, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale e l’entrata in vigore
dopo 15 giorni.
Per quanto riguarda le competenze amministrative, la Costituzione stabiliva che le regioni dovessero
decentrare i loro compiti, delegandoli a Provincie e Comuni. Erano poi dotate di autonomia finanziaria.
Gli atti delle regioni sono sottoposti a controlli di legittimità e di merito, che facevano perno sul
“Commissario del Governo”.

Tra il 1999 e il 2001 con tre leggi costituzionali si è modificato il vecchio titolo V della Costituzione. Con
questa riforma lo statuto delle regioni ordinarie è divenuto fonte di espressione di autonomia e disciplina
della forma di Governo ed è approvato con legge regionale (due delibere a due mesi di distanza con
maggioranza assoluta, con possibilità di referendum); per le regioni a statuto speciale invece, lo statuto
viene approvato con la legge statutaria (approvata dal consiglio a maggioranza assoluta, con possibilità di
referendum entro tre mesi dalla pubblicazione).

Lo statuto ordinario ha un contenuto necessario stabilito dall’art 123, deve infatti determinare la forma di
Governo, i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento, l’iniziativa legislativa, il referendum e
la pubblicazione di leggi e regolamenti.
Quando è approvato lo statuto può essere soggetto a referendum regionale entro 3 mesi se ne fa richiesta
1/50 dei cittadini o 1/5 del Consiglio regionale.

GLI ORGANI NECESSARI


Sono il presidente della Regione, la Giunta e il Consiglio.
Il presidente è votato direttamente dai cittadini della regione, per un mandato di 5 anni. È il presidente
della giunta e nomina e revoca gli altri membri. Rappresenta la regione, dirige la politica della Giunta e
promulga ed emana leggi.
Il Consiglio svolge funzioni legislative e di controllo dell’operato, può infatti sfiduciare il Presidente e
portare all’indizione di nuove elezioni. Ha il compito di approvare leggi regionali e modificare lo statuto.
La giunta è composta da un numero variabile di assessori, svolge funzioni di partecipazione all’indirizzo
politico e funzioni amministrative.
Per le regioni ordinarie, la podestà concorrente è stata ampliamente allargata a 20 settori fra cui trasporto,
turismo e settori connessi al territorio; è stata anche introdotta la competenza residuale, che indica la
competenza relativa alle regioni in tutte le materie non espressamente indicate nell’art 117. È esclusa la
competenza integrativa.
Per le regioni a statuto speciale la riforma non ha prodotto mutamenti rilevanti: rimangono titolari di
competenza esclusiva, concorrente e integrativa.
Infine, l’art 118 della Costituzione prevede che gli enti locali abbiano funzioni amministrative proprie e
funzioni amministrative conferite.

CAPITOLO VI: ORGANI AUSILIARI E AUTORITA’ INDIPENDENTI


Gli organi ausiliari hanno il compito di assicurare e agevolare lo svolgimento delle funzioni degli altri organi
e sono: il Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti.
Il CNEL è un organo di consulenza delle camere, formato da 64 consiglieri, con lo scopo di rappresentanza
di interessi economici. Ha iniziativa legislativa, ma dato il suo scarso utilizzo è attualmente in corso una
discussione sulla sua abrogazione.
Il consiglio di stato è un organo di consulenza giuridico amministrativo. Ha come compito principale la
formulazione di pareri di legittimità sugli schemi di atti predisposti dal Governo. I suoi pareri non sono
vincolanti.
La corte dei conti svolge sia funzioni di giurisdizionali che di controllo sulle amministrazioni pubbliche.
Esercita le sue funzioni con strumenti di controllo, il più rilevante è quello sul bilancio, esso si concretizza
con il confronto fra rendiconto consuntivo e previsioni di bilancio e si conclude con un giudizio.
Le autorità indipendenti (Authority), non previste dalla Costituzione, sono organi con la funzione di
assicurare terzietà rispetto alle parti. Hanno poteri normativi, amministrativi e giudiziali.
CAPITOLO VII: STRUMENTI DIRETTI DI PARTECIPAZIONE POPOLARE
Referendum: la possibilità da parte del popolo di essere chiamato a esprimersi direttamente su di una
legge, ma la funzione svolta dipende dal tipo di referendum. Ne esistono di tre tipologie: approvativo,
consultivo e abrogativo.
Il referendum abrogativo svolge la funzione di abrogare una legge o un atto avente forza di legge quando
questo sia richiesto da 500.000 elettori o da 5 consigli regionali. L’art. 75 prevede che si possa deliberare
l’abrogazione totale o parziale, che sia presente un quorum (almeno la metà degli aventi diritto) e ne
individua i limiti di oggetto, mentre per quanto riguarda le modalità di attuazione sono rimandate ad una
legge ordinaria.
I limiti di oggetto sono determinati da categorie di legge: quelle tributarie e di bilancio, quelle relative
all’indulto e l’amnistia ed infine le leggi relative alle ratifiche di trattati internazionali.
Il primo referendum in Italia ebbe come oggetto la legge sul divorzio.
Il procedimento legislativo si divide in varie fasi:
- iniziativa per la raccolta delle firme, svolta dai promotori, che devono presentare alla corte di
cassazione la richiesta di referendum
- deposito delle firme entro tre mesi dalla richiesta
- accertamento della legittimità, svolto dall’ufficio centrale per il referendum
- giudizio di ammissibilità della corte, che analizza se la materia in esame è fra quelle che non hanno
possibilità di referendum
- indizione del referendum da parte del presidente della repubblica
- votazione e scrutinio
- proclamazione del risultato
L’ufficio centrale non si occupa solo del controllo delle firme, ma decide anche se i referendum richiesti
possono essere accorpati fra loro e la loro cessazione nel caso in cui ci siano nuove normative
sull’ordinamento.

CAPITOLO I: I DIRITTI FONDAMENTALI


Le norme giuridiche determinano situazioni giuridiche attive o passive. Le situazioni attive sono il diritto
soggettivo, l’interesse legittimo e il potere, mentre quelle passive sono l’obbligo e il dovere. Il diritto
soggettivo è quella situazione in cui vengono attribuite a un soggetto facoltà e pretese dalle quali
scaturiscono obblighi nei confronti di terzi. L’interesse giuridico è una situazione riconosciuta dallo stato
italiano, ma non da tutti gli ordinamenti. È la pretesa da parte di un privato che la pubblica amministrazione
eserciti potere in conformità della legge. Il diritto soggettivo è tutelato da giudice ordinario, mentre quello
dell’interesse legittimo è tutelato dal giudice amministrativo. Il potere, infine è una situazione potenziale
che attribuisce al suo titolare solamente la possibilità astratta di ottenere un effetto giuridico.
L’obbligo costituisce il lato passivo del diritto, ovvero l’insieme dei comportamenti che un soggetto deve
tenere nei confronti di un terzo. Il dovere è un comportamento che la norma prevede come obbligatorio,
ma senza che ci sia un diritto corrispondente.
Uno dei tratti che più caratterizzano le costituzioni del secondo dopoguerra è il sistema di diritti riconosciuti
al soggetto privato, ogni costituzione contemporanea infatti presenta una parte dedicata ai diritti
fondamentali.
Secondo il pensiero giusnaturalista di Locke, l’uomo sarebbe titolare di diritti originari per natura, che sono
inalienabili e che nemmeno lo stato può impedire; da questa impostazione culturale derivò anche la
“dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino”. È importante tenere in considerazione il fatto che i
diritti siano in concorso gli uni con gli altri, ovvero che la presenza di alcuni limita l’esistenza di altri.
Secondo il pensiero positivista (di Jellinek) invece, il diritto sarebbe una limitazione che lo Stato si
autoimpone e per questo li chiama diritti pubblici soggettivi. Secondo il pensiero positivista, i diritti si
dividono in 3 gruppi:
- libertà dallo stato  tutti i diritti civili, come ad es. la libertà personale, libertà di pensiero e libertà
di domicilio
- libertà nello stato  diritti politici, definibili anche come diritti di seconda generazione. Sono ad
esempio il diritto di voto, di associarsi in partiti e sindacati
- libertà attraverso lo stato diritti sociali o di terza generazione, sono ad esempio diritto al lavoro,
diritto all’istruzione

La parte iniziale della costituzione è dedicata ai principi fondamentali.


L’art 2 afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che
nelle formazioni, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili in solidarietà politica, economia e
sociale”. È una fattispecie aperta, in quanto suscettibile a garantire tutela ad altri diritti non espressamente
previsti dalla Costituzione. Questo articolo sancisce, inoltre il principio pluralista, che afferma che anche le
formazioni sociali sono titolari di diritti inviolabili.
L’art. 3 tratta il principio di uguaglianza, analizzandolo in formale e sostanziale. L’eguaglianza formale
indica che tutti i cittadini sono eguali, mentre quella sostanziale indica che, posta l’uguaglianza formale, lo
stato debba limitare le disuguaglianze sociali ed economiche che rendono i cittadini “meno uguali fra loro”.
Negli articoli 1 e 4 viene affermato il principio lavorista “l’Italia è una repubblica democratica fondata sul
lavoro” e “l’Italia riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere
un’attività che concorra al progresso materiale della società”.
L’art. 7 afferma la laicità dello stato, che significa separazione dello stato rispetto alla religione. “lo stato e
la chiesa sono indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”. I patti lateranensi
sono del 1929, voluti da Mussolini per ricostruire le relazioni fra stato e chiesa.
L’art 8 prevede che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”.

CAPITOLO II: LE LIBERTA’ DEI SINGOLI E DELLE FORMAZIONI SOCIALI


Il primo articolo della Costituzione relativo alle libertà (art. 13), riguarda la libertà personale, intesa come
libertà dagli arresti. Nel primo comma si definisce la sua inviolabilità, mentre nel secondo si precisa come
ogni restrizione della libertà personale, avvenga solo nei casi previsti dalla legge, nel comma 4, a
prevenzione del detenuto, è vietata ogni tipo di violenza. Da questo articolo derivano altri diritti della
persona, non espressamente enunciati come il diritto al nome, quello all’immagine, il diritto di libertà
sessuale.
La libertà di domicilio è disciplinata dall’art. 14, che identifica il domicilio come “il luogo nel quale una
persona svolge attività connesse con la vita privata e dal quale intende escludere terzi”. È una libertà
negativa, in quanto esclude altri dal luogo di vita privata. Stabilisce che sia una libertà inviolabile e che le
perquisizioni possano avvenire solo nei casi previsti dalla legge. Solo in caso di motivi di sanità, incolumità
pubblica o fini fiscali possono avvenire ispezioni senza provvedimento dell’autorità giudiziaria.
Le libertà di circolazione e soggiorno sono analizzate nell’art 16 “ogni cittadino può circolare e soggiornare
nel territorio nazionale, salvo limitazioni per motivi di sicurezza e sanità”. L’ultimo comma tutela la libertà
di espatrio, in relazione a questo diritto, ogni cittadino ha il diritto di ottenere il passaporto.
L’art. 15 garantisce le libertà di corrispondenza e di comunicazione, cioè la possibilità di comunicare in ogni
forma, escludendo altri da tale comunicazione. Le intercettazioni sono consentite per alcuni tipi di reati o
per la prosecuzione dell’indagine.
L’art. 21 afferma che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo
scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. L’articolo si concentra sulle libertà di stampa. Nel diritto di
manifestazione del pensiero è incluso anche il diritto di informarsi e essere informato. Esistono dei limiti a
questo diritto, alcuni espressi “limite al buon costume” ed altri impliciti derivati dall’esistenza di diritti che
non possono essere violati.
Libertà della scuola è disciplinata dagli articoli 33-34 della Costituzione. È stabilita la libertà di
insegnamento, il diritto di istituire scuole o istituti privati e la conseguente libertà di scelta fra scuola
pubblica e privata. È inoltre stabilita l’obbligatorietà per i primi 8 anni e la possibilità di studio garantito per
i meritevoli che non hanno però mezzi.
La libertà di riunione (art. 17) è tutelata, nel caso di riunioni pacifiche dalla Costituzione. L’art. 17 distingue
le riunioni in luogo pubblico e quelle in luogo privato. Per quelle pubbliche è necessario dare un preavviso
alle autorità, che può decidere di vietarla per motivi di sicurezza, mentre per quelle in luogo privato non è
richiesto nessun preavviso.
L’art. 18 analizza la libertà di associazione, intendendo per associazione un’organizzazione
sufficientemente stabile di persone, legate da un vincolo giuridico, per il perseguimento di un fine. Limite
alle associazioni non consentite dalla legge e per quelle segrete che perseguono scopi politici di carattere
militare.
La costituzione dedica tre articoli alla famiglia, dal 29 al 31. L’art. 29 definisce la famiglia come una società
naturale fondata sul matrimonio e ne definisce l’uguaglianza dei membri al comma 2. L’art. 30 si occupa dei
figli nati fuori dal matrimonio, stabilendo il diritto/dovere dei genitori di mantenerli, istruirli ed educarli.
Infine l’art. 31 recita che “la repubblica agevola con misure economiche la formazione della famiglia”

CAPITOLO III: I DIRITTI POLITICI E SOCIALI


Il diritto di voto e i partiti politici sono disciplinati dagli articoli 48 e 49 della Costituzione. I partiti politici
sono gli strumenti per attribuire una certa omogeneità ad interessi diversi, fungono da raccordo fra persone
e istituzioni, permettendo alla volontà popolare di esprimere i propri rappresentanti. L’art 49 afferma che
“tutti i cittadini sono liberi di associarsi in partiti, per concorrere a determinare la politica nazionale”. Sono
liberi di agire e di organizzarsi come meglio credono, in assenza di controlli da parte dello Stato. Fanno
parte delle associazioni private non riconosciute, ma finanziate con denaro pubblico.
Il diritto di voto è disciplinato dall’art. 48 che prevede che “sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne,
che hanno raggiunto la maggiore età”; questa norma disciplina l’elettorato attivo, indicando due requisiti: la
maggiore età e la cittadinanza. Per quanto riguarda la cittadinanza in Europa si ha avuto un’apertura con il
trattato di Maastricht che introducendo la cittadinanza europea, dà diritto di voto ai non cittadini dello
stato nelle votazioni comunali. Il requisito della maggiore età incontra il limite per il senato, che chiede
un’età più alta (25 anni). Il comma 2 dell’art. 48 determina le caratteristiche del voto:
- personale  esclusa ogni ipotesi di voto per procura
- eguale  ogni testa un voto
- libero e segreto
- è un dovere
- non può essere limitato, se non per incapacità civile, sentenza irremovibile o indegnità morale.
Il corpo elettorale si esprime in quattro occasioni: per le elezioni politiche, per le elezioni europee del
parlamento europeo, per i referendum e alle amministrative per gli organi regionali.
La costituzione all’art. 39 afferma la libertà di organizzazione sindacale, affermando così il principio di
pluralismo sindacale. Secondo l’art. i sindacati avrebbero dovuto stipulare contratti collettivi di lavoro
vincolanti per tutti gli appartenenti alla categoria, di fatto in realtà oggi sono vincolanti solo per gli iscritti al
sindacato, non essendo i contratti fonti del diritto.
La tutela del lavoro viene disciplinata dall’art. 35 al 40, queste disposizioni hanno l’obiettivo di riequilibrare
posizioni ritenute di svantaggio. L’art 35 afferma che la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme. La
prima norma con diretta efficacia si trova nell’art 36, in cui si afferma che il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata e sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa. Introduce anche il
diritto al giorno di riposo. L’art 37 si occupa del lavoro femminile e minorile, introducendo la parità di
trattamento retributivo fra uomo e donna. L’art 38 traccia la differenza fra assistenza sociale e previdenza
sociale. La previdenza è il diritto da parte dei lavoratori di ottenere mezzi adeguati alle loro necessità, in
caso di malattia. L’assistenza è assicurata ai cittadini inabili, mentre la previdenza è prevista per tutti i
lavoratori in determinate situazioni. Infine l’art. 40 disciplina il diritto di sciopero.
Un altro importante diritto sociale, è quello alla salute, analizzato nell’art. 32. Il comma 1 afferma che la
repubblica garantisce cure gratuite agli indigenti, mentre il secondo vieta i trattamenti sanitari obbligatori
se non in casi previsti dalla legge, affermando quindi il diritto di scelta di ricevere o meno le cure.

CAPITOLO IV: LA COSTITUZIONE ECONOMICA


Il mercato, luogo di incontro fra domanda e offerta, riesce ad allocare correttamente beni e risorse in
maniera da generare effetti positivi, in particolare, prezzi positivi, qualità ed efficienza. Ci sono però
situazioni in cui il mercato non riesce a produrre un’allocazione ottimale fallimenti del mercato. In questi
casi lo stato deve intervenire per produrre un bene che altrimenti non sarebbe prodotti o per ristabilire
l’equilibrio fra le parti. I casi di fallimento riguardano i beni pubblici, le esternalità negative e le asimmetrie
informative.
La costituzione, in ambito economico, viene definita mista, in quanto esprime attività che possono essere
svolte sia da privati che da enti pubblici. L’adesione al trattato CEE e alle successive modifiche ha introdotto
nell’ordinamento italiano la tutela del mercato e delle sue regole, imponendo ad esempio le 4 libertà di
circolazione. Il trattato codifica varie regole, che impediscono aiuti di stato e limitano le imprese
nell’assicurarsi posizioni di vantaggio illecite con leggi antitrust.
L’art 41 tratta della libertà d’iniziativa economica privata, stabilendo nel comma due un vincolo “non può
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale”. L’impresa è quindi libera, ma lo stato si riserva il diritto di
intervenire, con leggi e atti di controllo, quando gli interessi particolari entrano in collisione con quelli
generali.
La legge 287 del 1990 introdusse in Italia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust). Si
tratta di un’autorità indipendente, con membri nominati dai presidenti di Camera e Senato per 7 anni. Ha
come obiettivo assicurare una posizione di indipendenza e terzietà rispetto alle parti, per garantire parità di
armi fra i concorrenti. Si occupano principalmente di vietare intese (più imprese si mettono d’accordo per
fissare un prezzo limitando la concorrenza), abusi di potere dominante e concentrazioni illegittime. Ha
poteri sanzionatori e decisori.
Nella nostra costituzione la proprietà privata non è considerata un diritto fondamentale, come lo era nelle
costituzioni 800esche. L’art 42 distingue la proprietà pubblica da quella privata, è previsto, per motivi di
interesse generale, che lo stato possa applicare l’espropriazione di un bene privato con la previsione di un
indennizzo, pari al valore di mercato del bene.
L’art. 43 introduce la riserva originaria, ovvero la possibilità di trasferire l’esercizio di una determinata
attività privata per darla in concessione ad un ente pubblico.
L’art. 47 prevede che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio”.

CAPITOLO V: LA GARANZIA E LA TUTELA DEI DIRITTI FONDAMENTALI: DALLA COSTITUZIONE ALLA


DIMENSIONE SOVRANAZIONALE
Tutti i diritti fondamentali si trovano in rapporto di integrazione reciproca, non è pertanto possibile
individuare uno di essi che abbia la prevalenza sugli altri.
Il bilanciamento dei diritti è il principio secondo il quale spetta al legislatore bilanciare correttamente i
diritti, onde evitare che la tutela di uno rende non godibile l’altro. La legittimità costituzionale del
bilanciamento è controllata poi dalla corte Costituzionale nel giudizio di legittimità costituzionale. È
importante ricordare che il diritto, viene sacrificato in modo ragionevole e proporzionato ma mantiene
comunque il “contenuto minimo”.
Il CSM (consiglio supremo della magistratura) si occupa del percorso di carriera del magistrato, garantendo
l’indipendenza della magistratura da altri poteri. Le sue competenze sono specificate nell’art. 105
“assegnazioni, trasferimenti, assunzioni, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei
magistrati”. È un organo composto da 27 membri, 3 di diritto, 16 espressione della magistratura che li
elegge, 8 eletti dal Parlamento in seduta comune. Il presidente della Repubblica ne è a capo. I magistrati
godono di inamovibilità e di irresponsabilità civile per le decisioni assunte.
Se per tutelare i diritti occorre un ordinamento giudiziario autonomo e indipendente, pari rilievo assumo
le garanzie di azione e di difesa in un processo. Per avere un processo è necessario il confronto fra due
posizioni con parti in parità. Il diritto di azione è disciplinato dall’art. 24, in cui si afferma che “tutti possono
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti”, mentre il comma 2 dell’art 25 stabilisce la necessità di
individuare l’organo giudiziario competente. L’art. 111 stabilisce il “giusto processo”, affermando il
principio del contraddittorio paritario tra le parti, davanti ad un giudice terzo e neutrale e che tutti i
provvedimenti debbano essere motivati. Per il processo penale sono aggiunte disposizioni per cui la
persona accusata sia informata il prima possibile, disponga tempo per preparare la difesa e possa chiamare
in giudizio terzi.
A livello sovranazionale esistono diverse fonti che trattano i diritti fondamentali:
- trattati internazionali  fra cui il patto internazionale sui diritti
- convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
(CEDU), che contiene un elenco di diritti fondamentali, ipotesi di limitazione di tali diritti e un
apposito sistema di giurisdizione. La CEDU, stabilisce infatti una nuova corte relativa ai diritti della
convenzione, con sede a Strasburgo, a cui possano rivolgersi sia stati che singole persone
- TUE  che all’art. 6 sancisce il riconoscimento dei principi stabiliti dalla Carta dei diritti dell’UE e la
pone di pari forza ai trattati
Nel caso in cui ci sia un contrasto fra norma italiana e europea riguardo ai diritti fondamentali, non si avrà la
non applicazione della norma statale, ma bisognerà sollevare la questione di costituzionalità.

CAPITOLO VI: LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE NELLA COSTITUZIONE: ORIGINI E PRINCIPI ORGANIZZATIVI


Per giustizia costituzionale si intende la possibilità di sindacare la legittimità di una legge rispetto alla
Costituzione. Esistono diversi modelli di giustizia. Una prima distinzione si ha a seconda che il giudizio sia
diffuso o accentrato. Il giudizio diffuso è attuato in America, e si sostanzia in un giudizio da parte di un
giudice e non una corte costituzionale. Ha come conseguenza la disapplicazione della norma in quel
determinato caso. Il giudizio accentrato, invece postula l’esistenza di una corte costituzionale, avente per
oggetto l’incostituzionalità della legge. La decisione comporta l’annullamento della norma. Il giudizio si
distingue poi in a priori o a posteriori. Il primo si svolge prima che la legge entri in vigore, mentre il secondo
dopo che la legge è applicabile.
L’assemblea costituente stabilì la creazione di una corte di giustizia, applicando all’Italia quindi, un giudizio
accentrato. La Costituzione disciplina le competenze della corte, la sua composizione e l’efficacia delle
sue sentenze, mentre rinvia a una legge ordinaria (n.87 del 1953) le modalità d’accesso.
La corte ha diverse competenze: la competenza a giudicare sulle leggi regionali quando invadono la materia
dello stato o viceversa, competenza a giudicare sull’ammissibilità del referendum abrogativo, competenza a
giudicare sulla legittimità costituzionale, competenza di giudicare il presidente della repubblica in caso di
alto tradimento.
È un organo composto da 15 giudici, eletti per 1/3 dal parlamento (in seduta comune con maggioranza di
2/3 per due scrutini e 3/5 dal terzo in poi), 1/3 dalla magistratura e 1/3 dal presidente della repubblica.
Durano in carica 9 anni e non sono rieleggibili. Devono essere avvocati dopo 20 anni di esercizio, professori
universitari in materia o magistrati in pensione.
La funzione di giudice esclude la compatibilità con qualsiasi altro mestiere ed inoltre non possono essere
candidati a partiti politici, ciò per aumentare la loro indipendenza. Godono dell’autodichia (autonomia
gestoria di entrate e uscite) come il Parlamento. Dal punto di vista delle immunità, le opinioni espresse
non sono sindacabili.
Il principio organizzativo della Corte è quello della collegialità, le decisioni vengono prese con la
maggioranza dei votanti e in caso di pareggio prevale il voto del presidente.
Il presidente della corte viene eletto in seno alla corte e dura in carica 3 anni, l’elezione viene a
maggioranza assoluta e scrutinio segreto. Se dopo due votazioni non si arriva a una maggioranza si andrà in
ballottaggio fra i 2 più votati, in caso di parità verrà eletto il più anziano. Il presidente ha potere di
organizzazione della corte e di rappresentanza.

CAPITOLO VII: IL GIUDIZIO INCIDENTALE DI LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE


La costituzione e la legge n 87 del 1953 hanno delineato il giudizio di legittimità costituzionale, dividendolo
in due fasi: una prima davanti al giudice legittimato a sollevare la questione di illegittimità, ed una seconda
fase di fronte alla Corte. La seconda fase inizia quando un giudice ordinario ritiene che una legge (rilevante
e non infondata) violi la costituzione. Il giudice sospenderà il processo e rinvierà la questione alla corte.
L’accesso alla corte avviene perciò solo per leggi “sospettate” relative a casi concreti. La questione di
legittimità nasce come incidente processuale. Una volta di fronte alla corte l’oggetto della causa sarà la
legittimità della norma. Da ciò si comprende perché il modello di giustizia italiano venga definito misto, in
quanto nasce con un giudizio diffuso, ma la corte applica il giudizio accentrato.
La questione di illegittimità può essere sollevata dalle parti del processo, dal pubblico ministero o dal
giudice di ufficio. La questione viene proposta al giudice con un’istanza che contiene le norme considerate
incostituzionali. Il giudice deve accertarsi della rilevanza e della non infondatezza.
Qualora il giudice abbia accertato la sussistenza dei requisiti di rilevanza e non infondatezza, emana
un’ordinanza, con cui sospende il processo e rinvia gli atti alla corte. L’ordinanza contiene motivazione sulla
rilevanza, il thema decidendum, la motivazione sulla non manifesta infondatezza e la sospensione del
processo. Il thema decidendum è di fondamentale importanza perché la corte dovrà giudicare la legittimità
rispettando il principio rapporto tra chiesto e pronunciato. Una volta stabilita l’incostituzionalità è
necessario poi effettuare notifiche, comunicazioni e pubblicazione dell’ordinanza, fino alla pubblicazione in
Gazzetta Ufficiale.
Le pronunce della corte costituzionale si distinguono in sentenze, ordinanze e decreti.
Con la sentenza la Corte giudica in via definitiva, gli altri provvedimenti vengono adottati con ordinanze,
mentre i provvedimenti del presidente sono adottati con decreto.
Le decisioni invece si distinguono in processuali e di merito. Le prime fanno riferimento alla presenza o
meno dei requisiti, sono infatti decisioni di inammissibilità e di restituzione degli atti. Le decisioni di merito
fanno riferimento invece alla verifica della costituzionalità della questione.
L’incostituzionalità della legge fa riferimento a 3 tipologie di vizi:
- Vizi formali riferiti al procedimento di formazione
- Vizi di incompetenza riferiti alla materia di competenza
- Vizi sostanziali riferiti al contenuto della norma
Un modello particolare di giudizio riguarda il giudizio sull’eguaglianza, la corte in questo caso dovrà infatti
verificare se le situazioni a confronto sono omogenee e verificare se la differente trattazione sia
costituzionale o meno.
Il giudizio costituzionale si conclude con una sentenza che può essere di rigetto o di accoglimento. Con la
sentenza di rigetto la Corte dichiara che la norma non è incostituzionale in relazione alla domanda posta dal
giudice. Con la sentenza di accoglimento invece, la corte dichiara che le disposizioni in oggetto sono
contrastanti con la Costituzione, da ciò deriva che le norme non potranno più essere applicate dal giorno
seguente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. La perdita d’efficacia ha effetti erga omnes (nei confronti
dell’intero ordinamento) e effetto retroattivo. La retroattività incontra però alcuni limiti, sono infatti validi
solo per rapporti pendenti e non per quelli ormai conclusi, l’unica eccezione riguarda i rapporti penali,
infatti l’art. 30 della legge 87 del 1953, afferma che “quando una norma viene dichiarata incostituzionale,
ed è stata dichiarata una condanna, ne cessano la esecuzione e tutti gli effetti penali”.
La corte ha introdotto degli strumenti per rendere più flessibile la bipartizione accoglimento-rigetto. Uno di
questi è la sentenza interpretativa di rigetto, con la quale si modifica l’interpretazione proposta dal giudice.
Un particolare tipo di accoglimento è dato dalla sentenza manipolativa, con la quale la corte modifica la
disposizione sottoposta al controllo, cosi ché la norma assuma un contenuto diverso. Le sentenze
manipolative si distinguono in additive, riduttive e sostitutive. Infine si ha la sentenza monitoria, con la
quale la corte rigetta l’incostituzionalità, ma allo stesso tempo rivolge un invito al legislatore perché questi
intervenga a regolare diversamente la materia.

CAPITOLO VIII: IL GIUDIZIO IN VIA PRINCIPALE E I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE FRA STATO E REGIONI
La costituzione ha istituito un altro tipo di giudizio davanti alla corte per redimere le competenze
legislative fra stato e regione, definito come giudizio in via principale o di azione; e un altro giudizio per
redimere competenze non legislative fra stato e regioni, definito come giudizio sui conflitti di attribuzione
fra stato e regioni.
Per il giudizio in via principale, l’art. 127 della Costituzione prevede che “il governo, quando ritenga che
una legge regionale ecceda di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale di
fronte la corte entro 60 giorni dalla pubblicazione” (idem per le regioni).
Il governo può rivolgersi alla corte anche per il giudizio di costituzionalità relativo agli statuti regionali, entro
30 giorni dalla loro pubblicazione. Dalla data di pubblicazione è possibile richiedere un referendum
popolare entro 3 mesi.
Il giudizio di attribuzione ha per oggetto fonti secondarie o comportamenti dello stato e delle regioni lesivi
delle reciproche sfere di competenza.

CAPITOLO IX: I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONI TRA I POTERI DELLO STATO


L’art. 134 della costituzione attribuisce poi alla corte la competenza di giudicare sui conflitti di attribuzione
fra i poteri dello stato (definiti conflitti interorganici). Il primo problema nasce con la decisione di chi siano i
poteri dello stato, in quanto la costituzione non stabilisce che poteri possano sollevare la questione davanti
alla corte. Il potere è definibile come quell’organo titolare di attribuzioni costituzionali esercitabili in
maniera autonoma e indipendente. Fra i poteri qualificati vengono quindi ricompresi il presidente della
repubblica, le singole camere, il parlamento, il governo, organi interni come la commissione parlamentare
d’inchiesta ed inoltre il comitato promotore per il referendum. Il conflitto ha normalmente per oggetto un
atto, ma possono essere analizzati anche comportamenti o omissioni. Il conflitto di attribuzione viene
proposto con un procedimento particolare. Viene introdotto con ricorso, depositato presso la cancelleria
della corte, mentre il processo si basa su due fasi: nella prima si accerta l’ammissibilità, mentre nella
seconda si ha il giudizio sul conflitto che termina con una sentenza (che può annullare l’atto viziato).

I GIUDICI
Il sistema giudiziario italiano si caratterizza per la presenza di più giurisdizioni, sono presenti infatti giudici
ordinari, giudici amministrativi, giudici contabili, giudici tributari e giudici militari.
I giudici ordinari amministrano la giustizia civile e penale attraverso organi giudicanti. Fra gli organi
giudicanti civili si ha il primo grado con il giudice di pace e il tribunale e il secondo grado con la corte
d’appello, mentre per gli organi giudicanti penali si ha il primo grado con il tribunale o la corte d’assise e il
secondo grado con la corte d’assise d’appello.
Il pubblico ministero esercita l’azione penale, i loro uffici sono presso la corte d’appello e la corte di
cassazione. All’interno della corte di cassazione si è istituita anche la Direzione nazionale antimafia.
Il giudice amministrativo fa riferimento al TAR (tribunale amministrativo regionale).
I giudici tributari si occupano di controversie riguardanti i tributi e infine i giudici militari hanno
giurisdizione per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

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