Nell’estate del 1921 fu rinvenuto a Siracusa un torso ne di piccoli riccioli, nettamente distinti gli uni dagli
maschile marmoreo (figg. 1–4; 39), attualmente conser- altri, ognuno dei quali è caratterizzato al centro da un
vato nel locale Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, netto foro circolare ottenuto con il trapano. Sul dorso
del quale manca a tutt’oggi una pubblicazione adegua- le partizioni anatomiche sono scandite da una profon-
ta.1) Proviene da via Vincenzo Statella (ex via Girgenti), da solcatura mediana, corrispondente alla colonna
nell’attuale sobborgo di Santa Lucia corrispondente
all’antico quartiere di Acradina bassa, dove venne ritro-
vato in occasione di scavi edilizi (vedi fig. 40).2)
Purtroppo acefalo, mancante del collo, di entrambe
le braccia e delle gambe, il torso presenta anche
un’ampia sbrecciatura che ha determinato la perdita
del lato destro del dorso, dalla spalla all’anca, e nume-
rose scheggiature e scalfitture qua e là. Il marmo ado-
perato, bianco, traslucente, con struttura a grana
medio–grossa, cristallina e scintillante, compatta pati-
na terrosa tendente al bruno su quasi tutta la superfi-
cie, è di provenienza greco–insulare, probabilmente
tasio. L’altezza massima conservata è di m 0,74.3)
È rappresentata una figura nuda, di dimensioni
poco maggiori del vero, con il peso del corpo gravi-
tante, per quanto è dato vedere, sulla gamba destra,
mentre la sinistra, perduta dall’attacco in giù, era
verosimilmente avanzata. La ponderazione, di tipo
certamente pre–policleteo, non sembra articolare sen-
sibilmente il busto: la spalla destra appare leggermen-
te abbassata e ciò che rimane dell’attacco del braccio
indica che esso seguiva il fianco; la spalla sinistra
appare poco più rialzata, a bilanciare l’andamento del
corpo, ed il braccio sinistro, di cui rimane una più
ampia porzione, era leggermente arretrato. La testa
era rivolta verso lo spettatore, ma leggermente scarta-
ta a destra.
Le partizioni anatomiche sono marcate dalla netta
definizione dei pettorali, dalle digitazioni intercostali
accuratamente scandite soprattutto sul lato sinistro,
dal forte rilievo della cresta iliaca e della linea ogivale
del solco inguinale. La muscolatura dell’addome,
però, appare semplificata, suddivisa secondo linee
essenziali: manca quasi del tutto l’indicazione della
linea alba, mentre due depressioni laterali sfalsate in
altezza, al di sopra dei grandi obliqui, accompagnano
la leggera inclinazione del busto. Il ventre ha un
aspetto particolarmente rigonfio ed è interrotto dal 1 –SIRACUSA, MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “P. ORSI”
margine superiore del pube marcato da una linea net- TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS: VEDUTA FRONTALE
tamente orizzontale. Il pube presenta un triplice ordi- (foto Museo)
55
vertebrale, e dallo sporgere della scapola sinistra; i cui si deve l’ultima presentazione della scultura in
glutei, di cui rimane solo l’attacco, sono perduti. occasione di un’esposizione sullo stile severo in Sicilia
Nonostante le gravi mutilazioni, il torso s’impone allestita a Palermo nel 1990.7) Non accolto è rimasto,
all’attenzione per un’innegabile efficacia del modella- invece, il dubbio sollevato da Ron Ross Holloway
to ottenuta mediante trapassi di piano risolti con sen- secondo il quale, per la forte somiglianza della lavora-
sibilità e morbidezza ed effetti di sfumato che rivelano zione del pube con la tecnica bronzea, il torso poteva
una qualità tecnico–stilistica complessivamente buona. anche essere considerato una copia romana da un ori-
Tali caratteri hanno, forse, giocato un ruolo nell’in- ginale greco bronzeo di V secolo a.C.8)
durre il primo editore, Paolo Orsi, a considerare il Un riesame della scultura si rende a questo punto
torso in esame un originale greco della fine del VI necessario. A ben guardare, infatti, sono più d’uno gli
secolo a.C.;4) l’area di ritrovamento, anzi, assumeva elementi stilistici che, sommati fra loro, possono avva-
per lo studioso un valore topografico, in quanto pote- lorare l’impressione che si tratti di un prodotto copi-
va avvalorare la sua ipotesi che già nel VI secolo a.C. stico: oltre al particolare lavoro dei riccioli del pube,
Acradina bassa, corrispondente al moderno sobborgo che insospettiva già R.R. Holloway, si possono sin
di Santa Lucia, fosse un popoloso quartiere suburbano d’ora segnalare anche la forte demarcazione segnata
della Siracusa arcaica, segnalato dalla corrispondente dalla cresta iliaca e dal solco inguinale con il profondo
necropoli della metà del VII–V secolo a.C. che proprio sottosquadro creato tra la zona del pube e la coscia;
in quegli anni cominciava ad essere indagata nel vici- l’effetto chiaroscurale prodotto dall’aggetto dei petto-
no predio Spagna.5) L’interpretazione del torso come rali evidente soprattutto nella visione laterale presso
originale greco è stata proposta anche da Giovanni l’incavo ascellare; il particolare aspetto dell’ombelico,
Rizza che lo ha collocato nel primo ventennio del V un cerchio nettamente inciso al di sotto di un’accen-
secolo a.C.,6) e più recentemente da Umberto Spigo tuata piega cutanea; la profonda escavazione del solco
2 –SIRACUSA, MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “P. ORSI” 3 – SIRACUSA, MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “P. ORSI”
TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS, VEDUTA LATERALE TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS, VEDUTA POSTERIORE
(foto Museo) (foto Museo)
56
che segna sul dorso la colonna vertebrale; la discor- muscolari con i pettorali ben sviluppati, l’accentua-
danza di trattamento fra la parte posteriore, più sche- zione delle digitazioni intercostali sul lato sinistro, il
matica e geometrica, e quella anteriore più morbida e ventre carnoso e dall’aspetto leggermente enfio, ma
plastica; tutti particolari tecnici riscontrabili più facil- depresso al centro in corrispondenza dell’ombelico;
mente in prodotti copistici di età imperiale che non in ed ancora, nella visione di retro, la generale imposta-
creazioni originali di V secolo a.C.9) zione del gioco muscolare, con la leggera curvatura in
Sulla scorta di queste preliminari osservazioni, avanti delle spalle; il netto rilievo dei muscoli dorsali
nonostante le difficoltà dovute alle pesanti mutilazio- e del romboideo, specie sul lato sinistro dove la sca-
ni, non risulta difficile, in effetti, riconoscere nel torso pola è fortemente sporgente; infine, il forte incavo
in esame un famoso tipo statuario tardo–severo che all’altezza dei reni.
dalla replica meglio conosciuta, quella del Museo L’osservazione di alcune lievi divergenze può dipen-
Nazionale di Atene, prende il nome di Apollo del- dere da un inesatto ancoraggio della replica siracusa-
l’Omphalos.10) na sul pilastro che la sorregge nell’attuale esposizione
All’identificazione del tipo conducono precise corri- museale: un leggero spostamento del torso all’indie-
spondenze: l’impostazione generale della figura, tro, lungo l’asse verticale, e verso destra, permettereb-
caratterizzata dalla ponderazione che mantiene be di far avanzare leggermente il pube rispetto alle
sostanzialmente fermo il busto provocando solo un spalle ripristinando in tal modo una posizione più
leggero innalzamento dell’anca della gamba destra corretta corrispondente alla ponderazione tipica del
portante, cui corrisponde, sul lato opposto, un piccolo tipo, caratterizzata sì dalla leggera inclinazione del
spostamento della spalla lievemente sollevata; le pro- bacino, ma anche dalla posizione pressoché orizzonta-
porzioni allungate del busto; la struttura robusta del- le delle spalle e dei pettorali.
l’impianto anatomico; la distribuzione delle masse Tre particolari, d’altra parte, che si ripetono pun-
tualmente nell’esemplare siracusano come nelle repli-
che migliori, confermano l’appartenenza del torso in
esame al tipo statuario indicato: uno è l’ampio margi-
ne tra la base dei grandi obliqui e l’inizio del pube;
l’altro è la tipica forma triangolare del pube con tripli-
ce fila di riccioli, di cui la prima delimitata in alto, in
modo perfettamente regolare, da una linea orizzonta-
le; il terzo, infine, è l’indicazione della vena cefalica, le
cui tracce si possono ancora scorgere sul bicipite del
terzo superiore conservato del braccio sinistro.
Anche il torso di Siracusa, pertanto, può inserirsi
ragionevolmente nella già ricca tradizione copistica
dell’Apollo tipo Omphalos il cui archetipo, com’è noto,
è stato identificato con una statua bronzea che si ritie-
ne creata intorno al 460 a.C., ma che rimane ancora
oggi di controversa attribuzione.
57
tipo si conterebbero 21 repliche di varia qualità. A ELENCO DELLE REPLICHE
questo elenco — in realtà parziale perché, al di là
delle opportune espunzioni,17) non comprende tutte le Statue intere:
repliche note, alcune delle quali già presenti nelle 1.– Atene, Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 45 (figg.
precedenti liste — si devono aggiungere, fra le teste, 5–7).
quella ancora sostanzialmente inedita dell’Antiqua- Rinvenuta ad Atene (9 luglio 1862) presso la parodos destra
rium Palatino;18) fra i torsi, quello del Museo Naziona- del teatro di Dioniso.
le di Varsavia, recentemente edito,19) ed il nostro da Marmo pentelico; alt. m 1,76.
Siracusa. Datazione: II secolo d.C.
Prima di passare ad un esame più dettagliato di KAROUSOU, op. cit. in nota 11, p. 43, n. 45, fig. 24;
quest’ultimo, può essere utile fornire di seguito l’elen- SISMONDO RIDGWAY, op. cit. in nota 11, cit. 1970, pp. 61 e 70,
co completo ed aggiornato di tutte le repliche finora figg. 94 e 95; 97; LIMC, II (1984), s.v. Apollon, p. 257, n.
note attribuibili al tipo, distinguendo tra repliche esat- 599 (O. PALAGIA); J. BOARDMAN, Greek Sculpture. The Classi-
te e varianti ed apportando le aggiunte, nonché gli cal period, London 1985, fig. 66; STEWART, op. cit. in nota
aggiornamenti bibliografici, rispetto ai precedenti 11, p. 146, fig. 286; ROLLEY, op. cit. in nota 11, p. 342, fig.
elenchi.20) 353; LANDWEHR, op. cit. in nota 11, pp. 14–18, figg. 14a;
58
15a.c; 16a; 17a; N. KALTSAS, Eqniko Arcaiologiko Mouseio. Ta
Glupta, Athenai 2001, pp. 90 e 91, n. 155.
59
cit. in nota 11, pp. 61–70, fig. 96; ZANKER, op. cit. in nota 13, 4.– Roma, Musei Capitolini, inv. n. 638 (fig. 12).
tav. 74,4; DÖRIG, art. cit. in nota 11, fig. 97; LIMC, II Luogo di rinvenimento sconosciuto. Acquistata da papa Cle-
(1984), s.v. Apollon, p. 258, n. 599a (O. PALAGIA); BOARDMAN, mente XII nel 1733, insieme a numerose altre sculture in
op. cit. al n. 1, fig. 67. possesso di Alessandro Albani.
Marmo pentelico (von Steuben); alt. m 1,81.
3.– Pavia, collezione privata (figg. 10 e 11). Datazione: II secolo d.C.
Luogo di rinvenimento sconosciuto. Già nella Villa Santan- HELBIG4, II (1966), pp. 191–193, n. 1385 (H. von STEU-
gelo a Pollena Trocchia (vicino Napoli). BEN), con bibliografia precedente; LIMC, II (1984), s.v.
Marmo bianco, probabilmente pario (Saletti); alt. m 1,89. Apollon, p. 258, n. 599b (O. PALAGIA); E. La ROCCA, L’auri-
Rimane il supporto lasciato dal copista dietro la nuca. ga dell’Esquilino, Roma 1997, pp. 24–27; F. P. ARATA,
Datazione: età adrianea (Saletti). Carlo Antonio Napolioni (1675–1742) “celebre ristaurato-
SALETTI, art. cit. in nota 11, pp. 7–13, con bibliografia re delle cose antiche”. Uno scultore romano al servizio del
precedente; LIMC, II (1984), s.v. Apollon, p. 258, n. 599c Museo Capitolino, in BCom, XCIX, 1998, p. 180, n. 22,
(O. PALAGIA). figg. 32 e 33.
60
Torsi:
61
15 e 16 – ROMA, MUSEO NUOVO DEI CONSERVATORI (ATTUALMENTE PRESSO LA CENTRALE MONTEMARTINI)
TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS, DUE VEDUTE DI TRE QUARTI
(foto Museo)
17 e 18 – VARSAVIA, MUSEO NAZIONALE – TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS, VEDUTA FRONTALE E VEDUTA POSTERIORE
(da Corpus Signorum Imperii Romani Pologne III.1 (1994), tav. 46)
62
19 e 20 – BERLINO, STAATLICHE MUSEEN, ANTIKENSAMMLUNGEN
ERMA DI APOLLO TIPO OMPHALOS, VEDUTE FRONTALE E LATERALE SINISTRA
(foto Museo)
MANSUELLI, op. cit. in nota 11, pp. 31 e 32, n. 4, tav. 4 a–c Guthmann e Zimmermann a Mittel–Schreiberhau.
(con bibliografia precedente); LIMC, II (1984), s.v. Apollon, Marmo bianco a grana grossa con venature grigio–blu
p. 258, n. 599d (O. PALAGIA). (Mikocki); alt. m 0,88.
Impubere.
8.– Milano, Museo Archeologico, inv. n. A 1163. Datazione: inizi del I secolo d.C. (Mikocki).
Luogo di rinvenimento sconosciuto. Corpus Signorum Imperii Romani Pologne III. 1, War-
Marmo bianco; alt. m 0, 46.
szawa 1994, pp. 82 e 83, n. 72, tav. 46 (T. MIKOCKI)
Replica meno fedele in qualche particolare, ad esempio,
nella forma del pube. Come nella replica di Pavia (n. 3),
rimane il supporto lasciato dal copista dietro la nuca,
erroneamente interpretato come resti di una chioma Erme:
discendente.
PALLOTTINO, art. cit., in nota 20, figg. 6, 9; MUSTILLI, op. 12.– Berlino, Staatliche Museen, Antikensammlungen, inv.
cit. in nota 12, p. 140, n. 9; Corpus Signorum Imperii n. Sk 542 (figg. 19 e 20).
Romani, Italia – Regio XI, Mediolanum-Comum, fasc. 1, Luogo di rinvenimento sconosciuto. Dalla collezione Poli-
Milano 1979, pp. 58 e 59, n. 46, tav. XXXI (E. CAMPORINI). gnac, un tempo in Charlottenburg, poi in Sanssouci.
Marmo bianco; alt. m 0,42.
9.– Roma, Museo Nuovo dei Conservatori (attualmente Datazione: prima età imperiale (Zanker; Ambrogi).
esposta nella Centrale Montemartini), inv. n. 1832 (figg.
BLÜMEL, op. cit. in nota 12, IV, p. 12, n. K137, tav. 21;
15 e 16).
Luogo di rinvenimento sconosciuto. ZANKER, op. cit. in nota 13, p. 91; LIMC, II (1984), s.v. Apol-
Marmo pentelico (Mustilli; von Steuben); alt. m 0,965. lon, p. 258, n. 599k (O. PALAGIA); MNR, I,12.1 (1995), pp.
Datazione: fine I – inizi II secolo d.C. 13 e 15, n. S16 (A. AMBROGI).
MUSTILLI, op. cit. in nota 12, pp. 140 e 141, n. 4, tav.
LXXXVI, 323; HELBIG4, II (1966), pp. 552 e 553, n. 1782 13.– Vaticano, Musei, Galleria delle Carte Geografiche, inv.
(VON STEUBEN); LIMC, II (1984), s.v. Apollon, p. 258, n. 599 f. n. 45 (figg. 21 e 22).
Luogo di rinvenimento sconosciuto.
10.– Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, inv. Marmo bianco, alt. m 0,43.
n. 42219 (figg. 1–4; 39) Le ciocche presso la nuca sono più corpose sul lato destro,
Da Siracusa. dove le trecce sembrano addirittura tre.
Datazione: II secolo d.C.
Vedi infra e note nn. 1 e 3.
G. LIPPOLD, Die Skulpturen des Vaticanischen Museums,
11.– Varsavia, Museo Nazionale, inv. n. 199612 (figg. 17–18). III 2, Berlin 1956, p. 478, n. 45, tav. 212; LIMC, II (1984),
Luogo di rinvenimento sconosciuto. Già nella collezione s.v. Apollon, p. 258, n. 599l (O. PALAGIA).
63
21 e 22 – CITTÀ DEL VATICANO, MUSEI VATICANI, GALLERIA DELLE CARTE GEOGRAFICHE
ERMA DI APOLLO TIPO OMPHALOS: VEDUTA FRONTALE E VEDUTA DI TRE QUARTI
(da G. LIPPOLD, Die Skulpturen des Vaticanischen Museums III.2, Berlin 1956, tav. 212 e foto DAI, Roma)
64
cura di K. STEMMER, Berlin 1995, p. 326, n. C18 (S. KAN-
STEINER); La Villa di Massenzio sulla via Appia. Il circo, a
cura di G. IOPPOLO, G. PISANI SARTORIO, Roma 1999, p.
284, n. 2.4 (M. P. DEL MORO); Aurea Roma. Dalla città
pagana alla città cristiana, catalogo della mostra a cura
di S. ENSOLI, E. LA ROCCA, Roma 2000, p. 440, n. 24 (E.
TALAMO); LANDWEHR, op. cit. in nota 11, pp. 14–18, figg.
14d; 15e; 16d; 17d.
65
fol. 71 (Biblioteca Apostolica Vaticana), con la seguente VARIANTI:
legenda: «Questo fragmento rappresenta parte della testa
di un Appolline il quale come che dagli antichi vien sem- Statue
pre espresso con li capelli longhi dicevo che perciò si
chiama crinitus Apollo, ora questa lunga chioma si vede 28.– Budapest, Museum der Bildenden Künste (figg. 26 e 27).
ritorta in due treccie ad uso di donna le quali avvolgendo Luogo di rinvenimento sconosciuto. Dalla collezione Andras-
la testa venivano legate le due estremità nella parte della sy, già Odescalchi; nel 1913 si trovava nella bottega del-
testa sopra la fronte, basta vedere nella libreria dell’Ecc. l’antiquario Marcocchia a Piazza di Spagna.
Casa Conti dove si vede una statua intiera di un Appolli- Marmo bianco a grana grossa; alt. m 1,77.
ne con l’arco in mano che à tutta la testa intiera fatta Datazione: età adrianea (Amelung); tardo–adrianea o pro-
come questo fragmento». toantoniniana (Hekler).
TH. SCHREIBER, Die Fundberichte des Pier Leone Ghezzi, F. MATZ, F. VON DUHN, Antike Bildwerke in Rom mit Aussch-
in BerlVerhLeipz, 44, 1892, p. 130, n. XXXIIIA; L. GUERRI- luss der grösseren Sammlungen, I, 1881, p. 48, n. 180; EA, serie
NI, Due disegni di Pier Leone Ghezzi, in StMisc, 15, VII, pp. 42–44, n. 1986 (W. AMELUNG); A. HEKLER, Die Samm-
1969–1970, pp. 29–32; EADEM, Marmi antichi nei disegni di
Pier Leone Ghezzi, Città del Vaticano 1971, pp. 65 e 66, n.
11, tav. VIII.
66
lungen antiker Skulpturen, Wien 1929, pp. 172–174, n. 173.
LIMC, II (1984), s.v. Apollon, p. 258, n. 599e (O. PALAGIA).
Torsi:
28 – MONACO, GLYPTOTHEK
TORSO, VARIANTE DELL’ APOLLO
TIPO OMPHALOS
(foto Museo)
Teste:
67
OSSERVAZIONI SULLA TRADIZIONE COPISTICA DEL TIPO STA-
TUARIO
68
datazione ancora entro la fine del I d.C. è stata propo-
sta, infatti, su base stilistica, per il torso di Monaco (n.
30: fig. 28)41) e sembrerebbe ipotizzabile anche per
una delle repliche del Palatino (n. 21), mentre la repli-
ca di Varsavia (n. 11: figg. 17 e 18), come anche l’erma
di Berlino (n. 12: figg. 19 e 20) sono state assegnate
agli inizi del secolo.42)
Da quanto noto finora, il modello risulta certamen-
te documentato tra i prodotti della prolifica bottega
di tradizione neoattica, attiva tra il I ed il II secolo
d.C., che utilizzava i calchi rinvenuti a Baia, benché
non sia stato ancora riconosciuto tra i frammenti dei
calchi stessi.43) Affinità di stile copistico non sembrano
30 – FIRENZE, BIBLIOTECA MARUCELLIANA lasciare dubbi, infatti, sull’appartenenza a questa bot-
PIER LEONE GHEZZI, CODICE MS A 56, FOL. 53 tega delle repliche di Napoli (n. 18) e di Roma, Con-
(DISEGNO) servatori (n. 23: fig. 23), come già da altri convincen-
(foto Biblioteca Marucelliana) temente dimostrato.44) Un prodotto della stessa
bottega, o di una bottega comunque collegata, potreb-
be essere visto anche nella replica di Pavia (n. 3: figg.
10 e 11), per quanto si debba rilevare l’impossibilità
tipo statuario in esame, merita tuttavia maggiore di trarre in questo caso conclusioni definitive per la
attenzione sia perché, come quella di Pavia, conserva mancanza di dati certi sul luogo del suo rinvenimen-
il sostegno in forma di tronco d’albero presso il quale to; tuttavia, sembra condurre in questa direzione la
è adagiata una faretra, sia perché conserva quasi per presenza di un dettaglio abbastanza singolare costitui-
intero il braccio sinistro con ampia porzione della to da un’appendice marmorea piuttosto grossolana
mano. presso la nuca. Tale elemento, già correttamente spie-
Del tipo si conoscono repliche sia in marmo penteli- gato dal Saletti 45) come supporto appositamente
co che insulare, specificatamente pario, apparente- lasciato per una maggiore sicurezza nel trasporto della
mente con pari frequenza di attestazione. Il loro note- statua dall’officina al luogo di destinazione, è in realtà
vole numero documenta la grande incidenza del molto più frequente di quanto fosse apparso allo stes-
modello, soprattutto in ambito occidentale. Sulla base so Saletti, cui era forse sfuggita la sua ampia attesta-
delle provenienze note sembra lecito concludere che il zione nella produzione copistica di una bottega di tra-
tipo fosse abbastanza versatile, essendo stato utilizzato dizione neoattica che commercializza a Side, nel
per l’arredo di contesti di età imperiale di varia desti- periodo compreso fra l’età tardo–adrianea ed antoni-
nazione: genericamente pubblica, come nel caso della na, modelli già presenti nel repertorio della bottega
replica eponima di Atene proveniente dal teatro di dei calchi di Baia.46)
Dioniso (n. 1: figg. 5–7); cultuale, come dimostra la Nella ricca tradizione copistica del tipo, tradotto,
sua presenza nel santuario di Cirene dedicato ad com’è ovvio, con risultati diversi a seconda della capa-
Apollo (n. 16); privata, come nel caso della testa del cità, della formazione e del gusto del copista, alcuni
Museo Nazionale Romano riutilizzata nel Circo di esiti appaiono particolarmente interessanti e merite-
Massenzio (n. 23: fig. 23), ma originariamente impie- voli di un’analisi più dettagliata, poiché partendo da
gata nell’arredo della villa di Erode Attico sulla via essi sembra possibile procedere al raggruppamento di
Appia. Del notevole grado di apprezzamento riscosso prodotti denotanti analoghi caratteri di stile copistico
presso committenti di alto livello, inoltre, può rappre- e, per questa via, plausibilmente riconducibili ad una
sentare una prova la provenienza di una replica dal stessa officina o, quanto meno, ad uno stesso gusto.
complesso del Palatium di Baia (n. 18) e l’attestazione Rispetto al tipo originario le repliche di Budapest
del tipo nei complessi imperiali del Palatino (nn. 21, (n. 28: figg. 26 e 27) e di Monaco (n. 30: fig. 28) sono
22, 26 e 27).39) state qui considerate come varianti: la prima, come si
Quasi tutte le repliche si collocano nel II secolo è detto, per l’evidente difformità della testa rispetto al
d.C.; nella maggior parte dei casi, infatti, non sembra modello; la seconda per la diversa posizione della
di poter risalire oltre l’età adrianea, momento a parti- testa, volta a sinistra anziché a destra, come è invece,
re dal quale questo modello sembra aver goduto, pur con qualche divergenza sui gradi di rotazione,47)
come altri di derivazione tardo–severa, di particolaris- in tutti gli altri casi.
sima fortuna.40) Al contrario, esso non sembra aver La diversità nella posizione della testa può essere
giocato un grande ruolo nella propaganda religiosa di imputata a banali errori di montaggio dei modelli
età augustea ed in generale durante il I secolo d.C., parziali (generalmente in gesso) ricavati dalle matrici,
anche se è possibile che fin dagli inizi dell’età impe- modelli che, all’interno della bottega dei copisti, per-
riale alcune officine di copisti disponessero del model- mettevano di ricomporre l’archetipo ad uso dello scul-
lo intero o almeno, come sarà più chiaro in seguito, di tore che si accingeva a realizzare la copia marmorea.48)
qualche modello parziale limitato alla sola testa. Una Non è difficile credere, dunque, che nella tradizione
69
copistica del tipo anche la variazione rappresentata Interessanti osservazioni si possono far derivare
dalla speculare posizione della testa rispetto a quella anche dallo studio di un altro particolare esito della
canonica, come documenterebbe la replica di Monaco tradizione copistica dell’Apollo tipo Omphalos, rappre-
(n. 30: fig. 28), sia stata favorita dal procedimento tec- sentato dalla sua riduzione ad erma, come documen-
nico cui sopra si è accennato; tuttavia, si potrebbe tato dagli esemplari di Berlino e del Vaticano (nn. 12
anche pensare ad un volontario, occasionale, interven- e 13: figg. 19–22).
to del copista, forse dettato dalla necessità di adattare L’interpretazione in forma di erma di un tipo sta-
la statua alle caratteristiche del luogo per il quale era tuario originariamente creato come figura intera è fre-
destinata e, quindi, dalla volontà di rendere più stu-
diato il rapporto con le altre statue di uno stesso pro-
gramma decorativo; o ancora, all’ipotesi che al torso
della replica di Monaco fosse stato associato un diver-
so tipo di testa, come effetto di una più sostanziale
modifica rispetto all’originale, sulla quale purtroppo
lo stato lacunoso della replica non ci permette di dire
nulla.49)
Alla luce di queste considerazioni diventa meno dif-
ficile spiegare la completa sostituzione del tipo origi-
nario della testa avvenuta nella replica di Budapest (n.
28: figg. 26 e 27). La particolare corona con medaglio-
ne centrale o cammeo che caratterizza la testa è del
tutto simile alle corone di lauro gemmate, annodate
sulla nuca con due lemnischi discendenti sul collo e le
spalle, che ricorrono come attributo di ritratti impe-
riali prevalentemente provinciali,50) soprattutto in età
tardo adrianea ed antonina. La si trova in molti ritrat-
ti di Adriano, come, ad esempio, nella statua di Hie-
rapytna (Creta), ora al Museo di Istanbul,51) o in quel-
la dedicata allo stesso imperatore nel ninfeo di Erode
Attico ad Olimpia,52) ed è presente ancora in ritratti di
Marco Aurelio, come nel caso della testa del Museo di
Istanbul53) o in quella del Museo di Heraklion, rinve-
nuta a Gortina.54) La possibilità di datare la replica di
Budapest alla seconda metà del II secolo d.C. deriva,
d’altra parte, anche dal particolare tipo di puntello a
torciglione, confrontabile con quello utilizzato in alcu-
ne statue databili prevalentemente, anche se perlopiù
su basi stilistiche, in età antonina.55)
La replica di Budapest sembra documentare, dun-
que, nella tradizione copistica dell’Apollo tipo Ompha-
los, un gusto del tutto particolare che un’altra statua di
Apollo, attualmente conservata al Fitzwilliam Museum
di Cambridge,56) può forse contribuire a precisare:
anch’essa proveniente dalla collezione Odescalchi e
restaurata a Roma nel 1793 con l’aggiunta di una testa
modellata sulla base della statua di Budapest, la statua
di Cambridge rivela con quella notevoli somiglianze
stilistiche, tali da far supporre per entrambe la stessa
libera rielaborazione da originali di V secolo modifica-
ti secondo un gusto eclettico e tendenzialmente arcai-
cizzante. Ma soprattutto, una statua di Herakles, già
nella collezione Hope ed attualmente a Malibu (fig.
31),57) riconosciuta come pastiche di età antonina deri-
vante dalla combinazione del corpo di un tipo statua-
rio tardo–classico con la testa del tipo “erma di Gen-
31 – MALIBU, J. P. GETTY MUSEUM
zano”58) (qui utilizzata, forse, con intento ritrattistico), STATUA DI HERAKLES, GIÀ COLLEZIONE HOPE
può ben rappresentare, nei meccanismi della produ- (da G. B. WAYWELL, The Lever and Hope sculptures. Ancient sculptures
zione copistica di età antonina, o forse già severiana, in the Lady Lever Art Gallery, Port Sunlight and a catalogue of the
un esito parallelo a quello documentato per l’Apollo ancient sculptures formerly in the Hope Collection, London and Deepdene,
dalla replica di Budapest. Monumenta Artis Romanae 16, Berlin 1986, tav. 48.2)
70
quente.59) In questo caso la tipologia utilizzata è quella
della Schulterherme,60) secondo una definizione, intro-
dotta nella letteratura più recente, che tiene conto del
grado di antropomorfismo del pilastro ermaico, qui
limitato alle sole spalle. Nulla conosciamo del luogo di
rinvenimento, ma la particolare conformazione delle
due erme e la presenza degli incassi rettangolari sui
due lati lasciano supporre un loro utilizzo come deco-
razione di balaustre o recinti.61) Una vera e propria
galleria di erme marmoree di identica tipologia, com-
prendente anche figure di divinità, arredava, ad esem-
pio, il peristilio rettangolare della Villa dei Papiri di
Ercolano62) ed una serie di erme simili doveva essere
anche quella che decorava il teatro, sempre di Ercola-
no, cui potrebbe appartenere un’erma di Ammon, ora
al Museo di Napoli.63)
Le due erme che ripetono il tipo statuario in esame
(nn. 12 e 13: figg. 19–22) offrono interessanti spunti
di riflessione. In entrambi i casi la testa di Apollo ha
perduto la torsione verso destra che caratterizzava
l’archetipo per adeguarsi alla fissità tipica delle erme. 32 – MADRID, MUSEO DEL PRADO
Nell’erma del Vaticano (n. 13: figg. 21 e 22) rimane ERMA DI DIVINITÀ MASCHILE
purtroppo ben poco dei caratteri del volto, dal (foto Museo)
momento che gran parte della maschera facciale è di
restauro, ma è ancora possibile leggere l’intera forma
dell’occhio, con indicazione della caruncola lacrimale, bilmente pertinente ad un’erma,67) riconducibili ad un
contornato da palpebre rigonfie, specie quella supe- tipo, denominato appunto “New York–Madrid”, deri-
riore che crea presso l’angolo esterno una forte zona vante da un originale della metà del V secolo a.C.68)
d’ombra. Sensibili divergenze nella posizione dei ric- L’interesse delle osservazioni fin qui condotte risiede,
cioli sulla fronte rispetto all’erma di Berlino farebbero come appare subito chiaro, nella possibilità di suppor-
escludere l’utilizzo dello stesso modello,64) e dunque la re l’esistenza di una serie, forse codificata, di divinità,
provenienza delle due erme dalla stessa bottega, a comprendente perlopiù tipi statuari di V secolo a.C.
meno di supporre un possibile deterioramento del
modello nel tempo; alcune differenze stilistiche, d’al-
tra parte, evidenziate nell’erma del Vaticano da un’in-
terpretazione più classicistica e da un diverso uso del
trapano, lascerebbero supporre comunque l’esistenza
di uno scarto cronologico fra i due esemplari, benché
questo rimanga difficilmente precisabile.
Lo stile copistico dell’erma del Vaticano, però, par-
ticolarmente caratterizzato nonostante le lacune, se
non trova preciso confronto con alcuno dei prodotti
copistici del tipo statuario che riproduce, apre la via
ad ulteriori possibili raggruppamenti di prodotti affi-
ni, permettendo di attribuire alla stessa bottega anche
un’erma, forse di Hermes, ora a Madrid65) (fig. 32): in
questo caso, anzi, sembra possibile pensare, con suffi-
ciente sicurezza, non solo ad una identità di bottega
ma anche di “mano”, poiché appare identica la resa
degli occhi ed identici, soprattutto, alcuni espedienti
tecnico–formali e stilistici utilizzati dal copista. Questi
sono particolarmente evidenti nel rendimento delle
ciocche dei capelli formate da raggruppamenti filifor-
mi che si compongono disordinatamente sulla fronte
in riccioli compatti, le cui estremità disegnano una
curva sinuosa — ad U — con al centro un solco di
forma allungata ottenuto mediante l’uso del trapano.
Non sembra del tutto infondato riconoscere una certa 33 – MADRID, MUSEO DEL PRADO
affinità di stile copistico anche in un’altra erma di ERMA DI DIVINITÀ MASCHILE
Madrid (fig. 33)66) ed in una testa di New York proba- (foto Museo)
71
ed eventualmente derivazioni da questi, che una bot- nel ripeterne la posa che le dimensioni, sembra predi-
tega di tradizione attica sceglie di utilizzare forse pre- ligere un’esecuzione più semplificata. Prevale, infatti,
valentemente, se non esclusivamente, nella loro ridu- in questo caso una visione più unitaria ed un’esecuzio-
zione ad erme. ne per grandi volumi nella quale i muscoli, pur non
Queste osservazioni vanno ad affiancarsi alla propo- mancando di vigore e tensione, sono indicati senza
sta di datazione alla prima età imperiale, già avanzata eccessive ripartizioni. Unica eccezione è rappresentata
da P. Zanker per l’erma di Berlino (n. 12: figg. 19 e dalle digitazioni intercostali, trattate con uguale sensi-
20)69 e condivisa da chi scrive, datazione che permette bilità ed accentuazione sia in un caso come nell’altro,
di collocare in una fase precoce della ricezione ed probabilmente per fedele aderenza al modello bron-
interpretazione a Roma del modello tipo Omphalos, la zeo nel quale tale dettaglio doveva essere particolar-
sua riduzione ad erma, dovuta probabilmente alla mente evidente.
volontà di fornire alla sempre più esigente clientela Una maggiore somiglianza stilistica si riscontra,
romana un celebre modello statuario in una forma più invece, con la replica di Pavia (n. 3: figg. 10 e 11), rea-
“commerciale” della statua intera. lizzata in marmo pario, nella quale i volumi muscolari
In conclusione, la commercializzazione indipenden- sono attenuati, resi con tendenza alla semplificazione
te della testa dell’Apollo dell’Omphalos rispetto al tipo e con gli stessi morbidi trapassi di piani già notati nel
statuario intero, dovuta come sembra ad una o più torso di Siracusa. Anche se l’utilizzo del marmo insula-
botteghe attive a partire dalla prima età imperiale e, re può in parte spiegare, per il maggiore nitore delle
come risulta, anteriore a quella del modello come sta- sue superfici, le differenze stilistiche rispetto alle repli-
tua intera (avvenuta invece in maniera più massiccia a che in pentelico, non sembra fuor di luogo pensare in
partire dal II secolo d.C.), contribuisce a far risaltare, questo caso ad una diversa concezione stilistica rispet-
su un piano più generale, una pratica finora non suffi- to a quella della replica eponima.
cientemente indagata della produzione copistica di Nel torso di Siracusa, la sensibilità del copista, accu-
età romana. Essa potrebbe aver interessato più tipi sta- rata e semplificatrice allo stesso tempo, è rivelata
tuari di V secolo a.C., sia in una fase iniziale della loro anche dal modo in cui è trattata la zona del pube,
commercializzazione (eventualmente limitata alla sola dove i riccioli sono resi in maniera sicuramente meno
testa), sia in una fase di già diffusa commercializzazio- naturalistica rispetto alla replica di Atene, mentre
ne del tipo in forma intera. rivelano maggiori somiglianze con la replica di Roma,
Museo Nuovo dei Conservatori (inv. n. 1832, n. 9:
figg. 15 e 16) ed anche con il torso di Monaco (n. 30:
LA REPLICA DI SIRACUSA: ANALISI E DATAZIONE fig. 28). Tale resa, che utilizza forme schematiche in
modo esasperatamente ripetitivo, non sembra doversi
Il torso di Siracusa si rivela pienamente corrispon- ritenere, tuttavia, sulla base dell’esame generale del
dente alle migliori repliche fra quelle note del tipo torso, una prova di scarsa capacità del copista, bensì
statuario. Il confronto metrologico (cfr. Tabella) con- una vera e propria cifra stilistica, particolarmente
ferma in modo significativo le coincidenze già osser- utile, dunque, per la datazione.
vate sulla base dell’analisi generale, così da assicurare Infatti, se per il rendimento del modellato il torso
la sua attribuzione al tipo.70) siracusano ricorda lavori di età flavia, privo com’è di
Una precisione quasi assoluta lo avvicina soprattutto quella secchezza ed enfasi muscolare che è propria di
alla replica eponima (n. 1: figg. 5–7), con la quale alcune repliche di età adrianea ed antonina, il lavoro
sembra concordare oltre che per le proporzioni gene- sul pube, che crea riccioli isolati e perfettamente circo-
rali, anche per la concezione dell’impianto scheletrico lari con bordi ingrossati ed arrotondati per effetto
e del gioco muscolare.72) Sul piano stilistico, però, il della profonda escavazione del foro, trova facili con-
copista che ha prodotto la replica di Siracusa, pur fronti in lavori collocabili nel periodo compreso fra
mostrando fedeltà nella riproduzione del modello, sia l’età claudia e quella traianea. Si può confrontare ad
TABELLA
Siracusa Atene Pavia Roma Monaco
MAR MN Capitol. Glyptotek
inv. 42210 inv. 45 inv. 1832 inv. 265
Largh. max pettorali 40 40 35 39 37,1
Dist. fra i capezzoli 30 30 28,5 30 ca.71) 28,7
Dist. dal pube alla fossetta interclavicolare 58 58,5 59,7 57 57
Dist. fossetta interclavicolare–ombelico 42 43 44,3 42 42
Dist. ombelico–margine superiore del pube 15,3 15,5 15,4 15,5 15
Largh. fianchi alla base del grande obliquo 32 32 33,2 32 32,2
72
esempio con la resa dei capelli sulla fronte di una
testa–ritratto femminile, generalmente ritenuta di
Messalina, con elmetto della dea Roma e corona turri-
ta di Oikoumene;73) ed ancora con i riccioli sulla fronte
di una testa–ritratto femminile del secondo quarto del
I secolo d.C. nel Liebieghaus di Francoforte.74) Ma è
chiaro che gli esempi in questa direzione potrebbero
moltiplicarsi: si troverebbero, infatti, somiglianze più
o meno generiche con la resa dei riccioli in un ritratto
femminile del Museo Capitolino, databile ad età
tardo–neroniana o primo–flavia75) o con quella in una
73
36 e 37 – ALESSANDRIA, MUSEO GRECO–ROMANO
RITRATTO FEMMINILE, VEDUTA FRONTALE E VEDUTA LATERALE
(da U. HAUSMANN, Zu den Bildnissen der Domitia Longina und der Julia Titi, in RM, 82, 1975, tavv. 106 e 107,2)
74
del quartiere stesso, in direzione sud–est. Si tratta di una
zona probabilmente non compresa entro i limiti del
quartiere di Acradina di età arcaica, il cui confine orien-
tale è stato riconosciuto proprio nel fiume Syrako.90)
La vasta necropoli del predio Spagna e di Villa
Maria, che ha restituito materiali databili fra la metà
del VII ed il V secolo a.C. e con la quale P. Orsi mette-
va in qualche modo in relazione il torso, sia pure erra-
tico, rimane in verità piuttosto distante dalla via V.
Statella per poterne accettare un qualsivoglia collega-
mento. D’altra parte, già lo stesso P. Orsi aveva potuto
osservare al di sopra dei sepolcri i resti di abitazioni
ellenistico–romane da collegare alla ripopolazione
della città verificatasi in epoca timoleontea, cui si rife-
riscono anche i materiali ceramici databili a partire 39 –
SIRACUSA, MUSEO ARCHEOLOGICO
dal 340 a.C.91) I resti di un impianto termale, di un REGIONALE P. ORSI
TORSO DI APOLLO TIPO OMPHALOS
criptoportico e di un ninfeo (all’interno del quale
PARTICOLARE DEL PUBE
furono trovate nel 1804 la nota statua di Venere Lan-
dolina ed una statuetta di Asclepio92)), databili al II
secolo d.C. e probabilmente pertinenti ad una villa
signorile suburbana,93) o secondo un’altra ipotesi ad
un vero e proprio stabilimento termale di destinazio-
ne pubblica,94) documentano la frequentazione di que-
st’area anche molto dopo la conquista romana.
Più recentemente, poi, in larga parte dell’area che si
estendeva al di là del vallone San Giorgio, all’incirca
nella zona compresa fra le catacombe di San Giovanni
e piazza Santa Lucia, è stata riconosciuta l’esistenza
del quartiere “ceramico” della città ellenistico–roma-
na.95) Come ulteriore tassello di questo quadro si pos-
sono aggiungere anche le notizie, per quanto scarne,
di ritrovamenti fortuiti a seguito di lavori per la collo-
cazione di una tubazione idrica nel tratto centrale di
via Trapani, nei pressi degli incroci con via Piave e via
Pasubio. Tali ritrovamenti assumono una maggiore
importanza se si considera che la via Trapani è la
parallela a Nord della via V. Statella: essi confermano
che l’area immediatamente adiacente al luogo in cui è
stato rinvenuto il torso di Apollo era abitata sia in età
ellenistica che romana.96) Di grande interesse appare,
infine, l’identificazione di uno stabilimento termale di
età romana, probabilmente privato, nei pressi della
via Arsenale, la cui notevole vicinanza con la via V. Sta-
tella impedisce di tralasciare un suggestivo, anche se
solo ipotetico, collegamento del nostro torso con l’ar-
redo scultoreo di quell’impianto.97)
Il quadro fin qui tracciato, sebbene molto frammen-
tario e parziale, non può non richiamare alla mente la
celebre descrizione di Cicerone (In Verr. IV, 119):
«altera autem est urbs Syracusis, cui nomen Acradina
est, in qua Forum maximum, pulcherrimae Porticus,
ornatissimum Prytaneum, amplissima est Curia, tem-
plumque egregium Iovis Olympii, ceteraeque urbis
partes quae una via lata perpetua98) multisque aliis
transversis divisae privatis aedificiis continentur».
38– ROMA, CITTÀ DEL VATICANO,
MUSEI, SALA A CROCE GRECA
L’intero quartiere di Acradina, così come il contiguo
STATUA MASCHILE CON TESTA RITRATTO Neapolis, fu ripopolato in età ellenistica ed abitato
(da G. KASCHNITZ–WEINBERG, Le sculture del anche molto tempo dopo la conquista romana.99) Un
Magazzino del Museo Vaticano, Roma 1936–3, particolare fervore edilizio dovette verificarsi in età
tav. LVI, n. 265) augustea quando, cioè, la città divenne colonia roma-
75
40 – SIRACUSA: AREA DELLA CITTÀ CORRISPONDENTE ALL’ANTICO QUARTIERE
DI ACRADINA BASSA, CON RICOSTRUZIONE DEL PERCORSO DEL FIUME SYRAKO
E UBICAZIONE DEL CERAMICO
La freccia indica la via V. Statella nella quale è stato rinvenuto
il torso di Apollo tipo Omphalos.
(da S. L. AGNELLO, Osservazioni sul primo impianto urbano di Siracusa,
in CronA, 17, 1978, p. 156, fig. 7)
na, momento in cui sembra riprendere vigore lo svi- adattare le stesse arterie stradali ancora nel corso del
luppo urbanistico con un riadattamento delle arterie II secolo d.C.101) Sappiamo che Siracusa fu meta privi-
stradali.100) Ma nuove costruzioni, rifacimenti ed legiata dell’imperatore Caligola che provvide anche al
abbellimenti dovettero verificarsi durante tutta l’età restauro delle mura102) ed è significativo che dal sito
imperiale, come rivela anche la sentita necessità di del Foro provenga una testa–ritratto103) che lo ritrae
76
con il capo cinto da una corona, probabilmente perti- 2) La via Girgenti, come risulta dallo stradario comunale
nente ad una statua onoraria dedicatagli in occasione consultato presso gli uffici del Comune di Siracusa, corri-
di una delle sue visite. sponde all’attuale via Vincenzo Statella e non, come si pote-
Tra il periodo flavio e quello traianeo, poi, la città va supporre inizialmente, alla via Agrigento, che pure ricade
sembrerebbe essere stata interessata dal rifacimento nello stesso quartiere moderno di Santa Lucia; il cambia-
mento di denominazione con l’intitolazione a “V. Statella”
di alcuni arredi urbani,104) con la dedica di nuove
deve essere avvenuto intorno agli anni trenta o quaranta del
sculture da parte di magistrati e cittadini facoltosi: secolo scorso. Ringrazio il sig. G. Rubera, dirigente dell’Uf-
dal cosiddetto ginnasio romano, ad esempio, proven- ficio Statistica e Toponomastica del Comune di Siracusa, per
gono, oltre alla già menzionata statua femminile con avermi agevolato nel reperimento di tutte le informazioni
testa–ritratto del tipo della “grande Ercolanese” (fig. disponibili a riguardo. Non ha dato purtroppo alcun frutto
35),105) anche alcune statue di togati delle quali alme- ogni ricerca di ulteriori notizie relative al ritrovamento del
no una databile in età traianea;106) un busto–ritratto torso effettuata presso gli archivi del Museo.
di Nerva proviene da scavi condotti nel 1916 nella 3) La larghezza massima alle spalle è di m 0,45; per ulte-
borgata di Santa Lucia107) ed un ritratto di Traiano riori dati metrologici si veda infra la tabella di comparazio-
potrebbe essere quello, probabilmente proveniente ne con le altre repliche. Le striature sulla superficie del
dal teatro, di cui rimane purtroppo solo un fram- marmo, ben visibili ad occhio nudo, si possono forse spiega-
mento, ancorché sufficiente a rivelarne l’alto livello re come effetto di un’energica operazione di pulizia del
qualitativo.108) torso effettuata dopo il ritrovamento con strumenti manuali
È dunque in questo quadro relativamente ricco e abrasivi.
significativo che deve inserirsi anche la replica siracu- 4) ORSI, art. cit. in nota 1, pp. 174 e 175.
sana dell’Apollo tipo Omphalos, la cui scelta, come si è
visto particolarmente “colta” per via della non ancora 5) Per le indagini condotte nel predio Spagna, che si trova
diffusa commercializzazione del modello, contribuisce a non molta distanza dal luogo in cui fu rinvenuto il torso: P.
a denotare l’alto grado della committenza presente a ORSI, Siracusa. Nuova necropoli greca dei secoli VII–VI, in
Siracusa verso la fine del I secolo d.C. NSc, 1925, pp. 176–208; pp. 296–321; l’ipotesi sul significa-
to storico–topografico della necropoli è sviluppata in parti-
colare alle pp. 312–314; G. CULTRERA, Scoperte nel Giardino
Spagna, in NSc, 1943, pp. 33–126; S. L. AGNELLO, Scoperte
nel Giardino Spagna, in NSc, 1949, pp. 200–211.
Mi è gradito ringraziare in questa sede la direttrice del 6) Rizza (art. cit. in nota 1) affianca il torso in esame all’e-
Museo Archeologico Regionale “P. Orsi” di Siracusa, dott.ssa febo di Agrigento (Agrigento, Museo Archeologico Regiona-
C. Ciurcina, per aver agevolato con ogni mezzo lo studio del le, inv. n. AG 698 [C1853]), inserendolo nel novero dei kou-
torso siracusano; i dott. N. Kaltsas (Museo Nazionale di roi tardo–arcaici e protoseveri di provenienza siceliota.
Atene), V. Brinkmann (Glyptothek di Monaco), E. Talamo, 7) Lo stile severo in Sicilia, cit. in nota 1, p. 164, n. 4 (U.
I. Iacopi, M. A. Tomei, S. Trevisan (Soprintendenza Archeo- SPIGO).
logica di Roma), M. Musumeci (Soprintendenza di Siracu-
sa, Dipartimento Regionale BBCCAA ed E.P.) ed ancora C. 8) HOLLOWAY, op. cit. in nota 1, p. 35, figg. 220–222.
Benedetti e P. Bianco (Galleria d’arte “Apollo”, Pavia) per U. Spigo (art. cit. in nota precedente), che pure riferisce il
avermi fornito dati tecnici e materiale fotografico. Desidero dubbio già espresso da R. R. Holloway, propende infine per
ringraziare, poi, in modo particolare il prof. C. Gasparri che l’interpretazione del torso come originale greco collocabile
mi ha avviato a questi studi, per il costante incoraggiamento nel primo ventennio del V secolo, non potendo fare a meno
e per i numerosi consigli e suggerimenti di cui anche in que- di osservare, tuttavia, la difficoltà di stabilire se sia stato rea-
sto lavoro ho potuto giovarmi e la dott.ssa L. de Lachenal lizzato in Grecia oppure in Sicilia da artisti immigrati.
per il prezioso contributo redazionale. 9) Può essere utile osservare, ad esempio, che il modo di
Le foto di cui alle figg. 8 e 9 sono state eseguite da chi rendere l’ombelico ricorda un procedimento tecnico utiliz-
scrive; quelle di cui alle figg. 10 e 11 sono riprodotte per zato in certa produzione copistica a cavallo tra il I ed il II
gentile concessione di P. Bianco; la foto riprodotta alla fig. secolo d.C.: C. GASPARRI, Una officina di copisti in età
39 è stata eseguita dall’amico G. Fragalà, che ringrazio per medio–imperiale, in S. WALKER, A. CAMERON (a cura di), The
aver realizzato anche altra documentazione fotografica del Greek Renaissance in the Roman Empire, Papers from the
torso siracusano utilizzata in fase di studio. tenth British Museum Classical Colloquium, Bulletin Sup-
plement 55, London 1989, pp. 96–101.
1) Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, inv. 10) Vedi infra, al n. 1. LIMC, II (1984), s.v. Apollon, pp.
n. 42219. Prima menzione in P. ORSI, Statue inedite o mal- 257 e 258, n. 599, tav. 228 (O. PALAGIA) con bibliografia pre-
note di Siracusa, in Antike Plastik. Walter Amelung zum cedente. Com’è noto, il nome del tipo statuario deriva dalla
sechzigsten Geburtstag, 1928, pp. 171–175; quindi, R. R. base marmorea in forma di omphalos (Atene, Museo Archeo-
HOLLOWAY, Influences and Styles in the Late Archaic and logico Nazionale, inv. n. 46: S. KAROUZOU, National
Early Classical Greek Sculpture of Sicily and Magna Grae- Archaeological Museum, Collection of Sculpture, Athens
cia, Louvain 1975, p. 35, figg. 220–222; G. RIZZA, Le arti 19742, p. 44) rinvenuta nei pressi della statua, ma rivelatasi
figurative, in AA.VV., Sikanie. Storia e civiltà della Sicilia priva di effettivo legame con essa.
greca, Milano 1986, p. 224, fig. 237; Lo stile severo in Sici-
lia, catalogo della mostra, Palermo 1990, p. 164, n. 4 (U. 11) Per questi problemi si preferisce rimandare a: A. H.
SPIGO). SMITH, A Catalogue of Sculpture in the Department of Greek
77
and Roman Antiquities, British Museum I, 1882, pp. 86 e Atene, Louvre, Napoli e Roma [Museo Nuovo dei Conserva-
87, n. 209 (scultore attico della prima metà del V secolo tori] (vedi infra, nell’ordine nn. 15, 1, 20, 18 e 23).
a.C.); W. AMELUNG, Der Meister des Apollon auf dem Ompha- 16) LIMC, II (1984), cit. in nota 12.
los und seine Schule, in JdI, 41, 1926, pp. 247–287 (identifi-
cazione con l’Apollo Alexikakos di Kalamis); G. LIPPOLD, 17) Non sono giustamente presenti nell’elenco della Pala-
Handbuch der Archäologie III. Griechische Plastik, München gia (loc. cit. in nota 12): a) la testa di Vienna, Kunsthistori-
1950, p. 102, tav. 32, 1 (attribuzione ad Onatas di Egina); P. sches Museum, inv. n. I 650, da Laodicea in Siria, già colle-
ORLANDINI, Calamide. Bibliografia e sviluppo della questione zione Millosicz. Marmo bianco, alt. m 0,30. Con occhi cavi
dalle origini ai nostri giorni, Bologna 1950; IDEM, in EAA, per l’inserimento dei bulbi oculari di materiale differente
IV, 1961 s.v. Kalamis, pp. 294 e 295 (attribuzione a Kalamis; (W. GURLITT, Sammlung Millosicz, in Archaeologisch–epi-
ivi ulteriore bibliografia precedente); G. A. MANSUELLI, Gal- graphische Mitteilungen aus Österreich, I, 1877, p. 13, n.
leria degli Uffizi. Le sculture, I, Roma 1958, pp. 31 e 32 15). Ritenuta replica del tipo da JOHANNOWSKY, art. cit. in
(attribuzione a Kalamis e rapido esame delle principali pro- nota 11, p. 375, n. 21, in realtà se ne discosta per una con-
poste); J. DÖRIG, Kalamis–Studien, in JdI, 80, 1965, in parti- cezione dell’acconciatura sensibilmente differente; b) un
colare alle pp. 142 e 143 (attribuzione ad Onatas di Egina); torso di Francoforte già ritenuto replica da JOHANNOWSKY,
W. JOHANNOWSKY, Una nuova replica della testa dell’“Apollo art. cit. in nota 11, p. 374, n. 10 (senza bibliografia), per il
dell’Omphalos“ da Baia, in ASAtene, 45/46, 1967–1968, pp. quale l’unica identificazione possibile risulta quella con il
373–379 (attribuzione ad uno scultore di ambiente attico); B. torso del Liebieghaus, inv. n. 78, marmo bianco, alt. m 0,80,
SISMONDO RIDGWAY, The Severe Style in Greek Sculpture, acquistato nel 1908 a Roma: esso non può in alcun modo
Princeton 1970, pp. 61–70 (con riflessione sui rischi di un’at- rientrare nell’elenco delle repliche perché sensibilmente dif-
tribuzione metodologicamente basata su criteri tipologici e ferente nella ponderazione, più vicina a tipi policletei, e
stilistici); C. SALETTI, Una copia “ritrovata” dell’Apollo tipo mancante di alcuni particolari distintivi del tipo statuario in
Omphalos, in Arte Lombarda, 52, 1979, pp. 7–13 (identifica- esame quali, ad esempio, la vena cefalica sul bicipite sinistro,
zione con l’Apollo Alexikakos di Kalamis). Per l’attribuzione a l’aspetto rigonfio del ventre e l’ampio margine tra la base
Pythagoras di Reggio e l’identificazione con l’immagine di dei grandi obliqui e l’inizio del pube. Non compare nella
un pugile, probabilmente Euthymos di Locri, non più ripre- lista della Palagia neppure: c) la testa di Firenze, Palazzo
sa in seguito, si veda: C. WALDSTEIN, Pythagoras of Reghion Panciatichi (H. DÜTSCHKE, Antike Bildwerke in Oberitalien.
and the early Athlete Statues, in JHS, I, 1880, pp. 178–189, II. Zerstreute antike Bildwerke in Florenz, Leipzig 1875, pp.
in particolare p. 182. Un’ampia disamina delle principali 243 e 244, n. 520) già ritenuta replica da H. DE VILLEFOSSE,
proposte di attribuzione si trova in B. VIERNEISEL SCHLÖRB, art. cit. in nota 12, p. 65, n. 10, la cui pertinenza al tipo, nel-
Glyptothek München. Katalog der Skulpturen, II, Klassische l’impossibilità di eseguire un esame autoptico e per l’indi-
Skulpturen des 5. und 4. Jhs. v. Chr., München 1979, in par- sponibilità di qualsiasi riproduzione fotografica, rimane
ticolare alle pp. 9–11, dove si rigetta definitivamente l’identi- purtroppo priva di riscontri sicuri.
ficazione con l’Apollo Alexikakos e l’attribuzione a Kalamis. 18) Vedi infra, al n. 21.
Per le più recenti discussioni sul tipo statuario: B. SISMONDO
RIDGWAY, Roman Copies of Greek Sculpture. The Problem of 19) Vedi infra, al n. 11.
the Originals, Ann Arbor 1984, p. 69, fig. 81, nota 25; A. 20) Gli aggiornamenti bibliografici si devono intendere
STEWART, Greek Sculpture. An Exploration, New Haven – successivi alla lista di O. Palagia (loc. cit. in nota 12). Si è
London 1990, pp. 146 e 147, figg. 285 e 286, che definisce la ritenuto opportuno, tuttavia, per maggiore comodità, forni-
ponderazione del tipo una variante del contrapposto chiasti- re anche un minimo apparato bibliografico di riferimento.
co “pitagoreo”; ed ancora C. ROLLEY, La sculpture grecque, I, Non rientrano nell’elenco sculture in vario modo collegate
Paris 1994, p. 342, figg. 353 e 354, che, parimenti, sottolinea all’Apollo dell’Omphalos ma che, nonostante una loro possi-
l’importanza del tipo statuario per lo studio della pondera- bile dipendenza dallo stesso modello, non possono conside-
zione “attica”; da ultimo, CHR. LANDWEHR, Die römischen rarsi semplicemente delle varianti; fra queste sono, ad esem-
Skulpturen von Caesarea Mauretaniae II, Mainz am Rhein pio, il torso del Museo Nazionale Romano pubblicato per la
2000, pp. 12–18, n. 68. prima volta da M. PALLOTTINO, Torso virile delle Terme di
12) TH. SCHREIBER, Der altattische Krobylos, in AM, 9, Diocleziano, in BdA, XXX, 1936, p. 11–17, figg. 1–2, 5, 8.
1884, pp. 239 e 240; H. DE VILLEFOSSE, Tête d’Apollon, in 21) Non è stato possibile prendere visione della testa inv.
MonPiot, 1, 1894, pp. 65–76; C. BLÜMEL, Staatliche Museen n. 92, conservata nei magazzini del Museo Archeologico
Berlin. Katalog der Sammlungen antiker Skulpturen, IV, Nazionale di Atene, perché in corso di studio da parte di
Berlin 1931, p. 11, K136; V. H. POULSEN, Der strenge Stil, in altri.
ActaArch, 8, 1937, p. 138; E. PARIBENI, Museo Nazionale
22) Vedi supra, al n. 26.
Romano. Sculture greche del V secolo. Originali e repliche,
Roma 1953, p. 20, n. 16; D. MUSTILLI, Il Museo Mussolini, 23) Firenze, Biblioteca Marucelliana, Cod. MS. A. 56, fol.
Roma 1939, p. 140; JOHANNOWSKY, art. cit. in nota 11, pp. 53. Cfr. TH. SCHREIBER, Unedirte römische Fundberichte, in
373 – 379; LIMC, II (1984), s.v. Apollon, pp. 257 e 258, n. BerlVerhLeipz, 1885, pp. 86 e 87: «Frammento di una testa
599 (O. PALAGIA). d’Appolline ritrovata nella Casa aurea di Nerone; si dice
d’Appolline per essersi scoperta all’antico Porto d’Anzio una
13) P. ZANKER, Klassizistische Statuen, Mainz a.Rh. 1974,
statua intiera con gl’attributi di essa Deità, e con le treccie
p. 91, tavv. 72, 1–2 e 74,4.
avvolte alla testa, come si vede qui delineato, ed hora s’am-
14) VIERNEISEL SCHLÖRB, op. cit. in nota 11, p. 15. mira in Roma nella Casa Conti. G(hezzi)».
15) LANDWEHR, op. cit. in nota 11, pp. 12–18, n. 68 con 24) Firenze, Biblioteca Marucelliana, Cod. MS. A. 63. Cfr.
accurata analisi comparativa di cinque repliche: Cherchel, SCHREIBER, art. cit. in nota precedente: «Quanto alla corona
78
del Apollo non dubito che sia delle sue medesime trecce, 33) Ma una replica di piccole dimensioni, forse in marmo
che però acciò le restasse più visibile le fu mandato il dise- pario, attualmente conservata nel Museo Archeologico di
gno di quel frammento, in cui vedesi chiaramente, come Firenze, è attestata tra le varianti del tipo (al n. 29).
nasce la detta corona, e le dissi che tale si osserva nella sta- 34) Per i restauri della statua capitolina: ARATA, art. cit. al
tua, che conservasi dalla casa Conti, la qual statua è indubi- n. 4, p. 180, n. 22, figg. 32 e 33.
tata che sia di Apollo, avendo tutti li suoi attributi. Questa fu
ritrovata nel Pontificato d’Innocenzo XIII, al porto d’Anzio, 35) Esistono alcune divergenze: si osservi, ad esempio,
dove faceva cavare il Card.e Albani, e come trovata in luogo che la replica di Londra (n. 2) non concorda con quella di
che direttamente si spetta alla Camera, fù data alli nipoti del Atene (n. 1) per la posizione della testa meno scartata di
PP., sebbene il PP. medesimo non volle la ricevessero; ma lato: tale particolare provoca, secondo A. Stewart e C. Rolley,
venuta la morte del detto Pontefice, giudicarono i Cardinali una banalizzazione della concezione generale e della ponde-
capi d’Ordine, che si dovesse ad ogni modo alli nepoti del razione che stava alla base della creazione originaria.
defonto Pontefice, che però le fù subito portata, ed ivi anco- STEWART, op. cit. in nota 11, pp. 146 e 147; ROLLEY, op. cit.
ra si conserva ... ». in nota 11, p. 342. Lo stesso può dirsi per la replica dei
Musei Capitolini (n. 4).
25) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
Codex Ottobonensis 3108, fol. 129: «non solamente a Giove 36) Si osservi, ad esempio, che la replica Choiseul–Gouf-
anno costumato gli antichi di farvi quell’ornamento con le fier di Londra (n. 2) presenta nella parte posteriore della
treccie, ma si vede anche eseguito in una statua di Apolline testa una resa dell’acconciatura assai meno accurata rispetto
che fu trovato fra le ruine del Porto d’Anzio che ora si ammi- alla replica eponima (n. 1): le ciocche della nuca, infatti, che
ra nella Biblioteca del S. Duca di Poli. G(hezzi)». dovrebbero apparire tirate verso l’alto, sono invece ispessite
a tal punto da provocare la distorta sensazione che le trecce
26) E. KEKULÉ, Marmorkopf aus Athen, in AM, 1, 1876, siano tre anziché due.
pp. 179–181. Per l’Apollo tipo Kassel: E. SCHMIDT, Der Kas-
seler Apollon und seine Repliken, in Antike Plastik, V, 1966; 37) Per la ricostruzione delle vicende relative a questa sta-
in particolare per la replica eponima: pp. 10–14, n. 1, tavv. tua, già a Pollena Trocchia (Napoli) in proprietà Santangelo,
1–11; LIMC, II (1984), s.v. Apollon/Apollo, pp. 374 e 375, n. acquistata all’asta della collezione Pasanisi di Orio (Brindisi)
41 (O. PALAGIA). nel 1968 dopo una permanenza presso il Museo di Taranto,
trasportata infine a Pavia, cfr. SALETTI, art. cit. in nota 11,
27) J. J. WINCKELMANN, Storia delle arti, III, 2, 11 (Prato, pp. 8 e 9, in particolare note 9 e 10. La statua si trova anco-
edizione Giachetti 1830, tomo II, pp. 48 e 49). Nello stesso ra a Pavia, presso la Galleria d’arte “Apollo”, ma è recente-
passo in cui fa riferimento alla statua di Apollo esistente in mente passata in proprietà della Società Kölliker S.p.A. di
casa Conti, rinvenuta nel 1721 ancora in situ nella nicchia di Milano. Ringrazio il prof. M. Harari, dell’Università di
un piccolo tempio tra Terracina e Nettuno, presso il lago di Pavia, per le prime informazioni datemi in proposito.
Paola (odierno Lago di Sabaudia), il Winckelmann riferisce
anche di un’altra statua di Apollo, esistente al Museo Capi- 38) Si deve all’Amelung il primo riconoscimento del sog-
tolino, identificata con una replica del tipo Kassel. getto rappresentato come Apollo sulla base della statua di
Pollena Trocchia, oggi a Pavia (n. 3). W. AMELUNG, Der Mei-
28) SCHREIBER, loc. cit. in nota 23. La statua Torlonia ster des Apollon auf dem Omphalos und seine schule, in JdI,
risulta inserita per la prima volta fra le repliche del tipo in XLI, 1926, pp. 247 e 248.
SCHREIBER, art. cit. in nota 12, p. 239, D.
39) Non è da escludere, ovviamente, che alcuni degli
29) GUERRINI, art. cit. al n. 26, pp. 29–32, con ampia esemplari provenienti dal Palatino entrati a far parte dell’e-
discussione dell’intera questione; EADEM, op. cit. al n. 26, lenco delle repliche separatamente, per l’impossibilità
pp. 65 e 66, n. 11. oggettiva di stabilirne una connessione, siano invece perti-
30) Per la statua Torlonia: F. OVERBECK, Kunstmythologie, nenti ad una stessa replica. Potrebbe confermare quest’ipo-
III, p. 162, n. 3, fig. 9; MATZ, VON DUHN, op. cit. al n. 28, I, tesi la qualità del marmo che nelle repliche nn. 21 e 27 è
1881, p. 47, n. 179; SCHREIBER, art. cit., in nota 12, p. 239; apparsa identica ad un esame autoptico.
C. L. VISCONTI, I Monumenti del Museo Torlonia riprodotti 40) GASPARRI, art. cit. al n. 18, pp. 173–187.
con la fototipia, Roma 1885, n. 71; S. REINACH, Répertoire
de la statuaire grecque et romaine, Paris 1897, II. 1, p. 97,2; 41) Per la replica di Monaco (n. 30): VIERNEISEL SCHLÖRB,
C. GASPARRI, Materiali per servire allo studio del Museo op. cit. in nota 11, p. 7, n. 2: forse traianea (ma secondo i
Torlonia di scultura antica, in MemLinc, serie VIII, vol. più, adrianea o tardoadrianea).
XXIV, 2, 1980, p. 164, 71; NEUDECKER, op. cit. al n. 23, p. 42) Per la replica di Varsavia (n. 11): Corpus Signorum
133, n. 2.25. Imperii Romani Pologne, III. 1, Warszawa 1994, pp. 82 e 83,
31) Si osservi che se la statua Conti è davvero pertinente n. 72, tav. 46 (T. MIKOCKI: datazione agli inizi del I secolo
al tipo statuario in questione, l’unica statua intera fra quelle d.C. sulla base dei confronti con la statua di Gaio Cesare di
note del tipo candidabile per l’identificazione, escludendo la Corinto [Museo, inv. n. S 1065]). Per la datazione dell’erma
replica Torlonia, sarebbe quella di Pavia (vedi supra, al n. 3 di Berlino (n. 12): ZANKER, op. cit. in nota 13, p. 91: frühen
e a nota 37). Kaiserzeit. Sulla possibilità che alcune officine disponessero
sin dalla prima età imperiale di modelli parziali, realizzati
32) Per la discussione dei caratteri generali della testa si per soddisfare la richiesta di qualche raffinato conoscitore
rimanda all’analisi di JOHANNOWSKY, art. cit. in nota 11, pp. d’arte, si veda infra.
373–379 e, soprattutto, alla disamina recentemente fattane
da LANDWEHR, op. cit. in nota 11, pp. 12–18, n. 68. Per 43) Per la bottega dei calchi di Baia ed il repertorio delle
nuove osservazioni sulla tradizione copistica della testa, si sculture da questa commercializzate si veda: CHR. LANDWEHR,
veda infra. Die Antiken Gipsabgüsse aus Baiae, Berlin 1985.
79
44) GASPARRI, art. cit. al n. 18, p. 178. Zur Rezeption der Selbstdarstellung des Princeps, in
45) SALETTI, art. cit. in nota 11, p. 7, nota 1. AbhMünchen, 90, 1983, in particolare pp. 44–46. Per un’at-
testazione di figura ideale con corona simile si veda un’ima-
46) Per le sculture di Side: J. INAN, Three Statues from go clipeata marmorea di Zeus/Iuppiter a Copenhagen (Ny
Side, in AntK, XIII, 1970, pp. 17–32; EADEM, Roman Sculp- Carlsberg Glyptothek 2117; marmo bianco), da Venezia.
ture in Side, Ankara 1975; più recentemente, EADEM, Der LIMC, VIII (1997), s.v. Zeus/Iuppiter, p. 435, n. 151 (F.
Sandalenbindende Hermes, in Antike Plastik 22, 1993, pp. CANCIANI: terzo quarto del II secolo d.C.).
105–116. Per l’ipotesi di rapporti fra i prodotti di Side e
quelli della bottega dei calchi di Baia si veda GASPARRI, art. 51) Istanbul, Museo, inv. n. 585, dal teatro di Hierapytna
cit. al n. 18, in particolare pp. 184 e 185. (Creta). Marmo bianco, alt. m 2,54 senza plinto. G. MENDEL,
Catalogue des Sculptures grecques, romaines et byzantines,
47) Cfr. supra nota 35. II, Costantinopoli 1914, pp. 316 e 317, n. 585; M. WEGNER,
48) Per questi ed altri aspetti tecnici relativi alla produzio- Hadrian, Berlin 1956, p. 98, tavv. 13;16; ZANKER, op. cit. in
ne copistica di età romana: CHR. VON HEES LANDWEHR, Grie- nota 50, tav. 7,1; C. EVERS, Les Portraits d’Hadrien, Bruxel-
chische Meisterwerke in römischen Abgüssen. Der Fund von les 1994, p. 119, n. 50 (con ulteriore bibliografia).
Baia. Zur Technik antiker Kopisten (Liebieghaus Museum 52) Olimpia, Museo, inv. n. 148, dal Ninfeo di Erode Atti-
alter Plastik. Ausstellung 27. Mai–28. August 1982), s.l. co. Marmo bianco, alt m 1,85. WEGNER, op. cit. in nota 51, p.
1982; e soprattutto LANDWEHR, op. cit. in nota 43. Un esem- 103, tav. 17; 25; ZANKER, op. cit. in nota 50, tav. 5,4; R. BOL,
pio di alterazione della posizione della testa rispetto all’ar- Das Statuenprogramm des Herodes Atticus Nymphäus in
chetipo, che può essersi verificato a seguito di un errato Olympia, Berlin 1984, pp. 151–153, n. 28, tavv. 15–17;
montaggio dei modelli parziali, ci viene fornito da una testa EVERS, op. cit. in nota 51, p. 139, n. 75 (con ulteriore biblio-
di satiro del Museo di Sabratha (inv. n. 533, marmo bianco a grafia).
grana grossa, lievemente azzurra, forse pario [Caputo]; alt.
m 0,26: G. CAPUTO, Sculture dallo scavo a sud del Foro di 53) Istanbul, Museo, inv. n.406, trovata in mare ad Aïvaly.
Sabratha (1940–1942), in QuadALibia, 1, 1950, pp. 25 e MENDEL, op. cit. in nota 51, p. 320, n. 586.
26, tavv. XIb, XIIc) di cui ci è pervenuta anche la matrice in 54) Heraklion, Museo, inv. n. H 574, da Gortina. Marmo
gesso utilizzata per eseguire il calco positivo servito da bianco a grana fine, con mica. Alt. max. m 0, 435. I. ROMEO,
modello: la testa marmorea, infatti, presenta un’inclinazione E. C. PORTALE, Gortina III. Le Sculture, Padova 1998, pp.
diversa rispetto a quella della matrice e, dunque, rispetto a 364 e 365, n. 17.
quella che doveva mostrare l’opera originale. Per i gessi di
Sabratha, che rappresentano una classe di materiali diversa 55) Si veda, ad esempio, una statua di Afrodite pudica di
da quella dei calchi di Baia per tipologia e per cronologia Genova (Galleria di Palazzo Rosso, atrio, inv. n. P. R. 344.
(non anteriori al II secolo d.C., ma è stata proposta anche Marmo bianco a grana grossa, alt. m 1,90: Marmi antichi
una datazione alla prima metà del IV secolo d.C.), ma a delle raccolte civiche genovesi, Pisa 1998, pp. 60 e 61, n. 15
quella molto affine, almeno per quanto riguarda le matrici [A. BETTINI]). Ma il puntello in forma di torciglione è atte-
di grandi dimensioni sicuramente pertinenti a statue ed, in stato anche in: un frammento di mano con disco pertinente
generale, per quanto riguarda gli aspetti tecnici di queste ad una replica del Discobolo tipo Lancellotti, ora al Museo
(metodo di fabbricazione, sistemi di assemblaggio): G. Barracco di Roma, datata in età tardo–antonina (inv. n. 98,
BARONE, Gessi di Sabratha: anticipazioni e problemi, in marmo bianco, forse pario, alt. m 0, 33; dalle terme di Cara-
QuadALibia, 11, 1980, pp. 35–74; EADEM, Gessi del Museo calla: HELBIG4 II, 1966, p. 622, n. 1858 [W. FUCHS]); due
di Sabratha, Roma 1994, pp. 15, 55 e 56, n. 94, tavv. XXII, repliche dell’Apollo tipo Citarista e Mantova (rispettivamen-
fig. 3. te: Mantova, Palazzo Ducale; marmo bianco, alt. m 1,53: età
primo–antonina; Parigi, Louvre, inv. MA 689; marmo bian-
49) Il fenomeno è attestato nella pratica copistica. Un co, alt. max m 1,12; ritenuta, però, di età claudio–neroniana.
esempio potrebbe essere rappresentato dalla replica di un Per entrambe: LIMC, II (1984), s.v. Apollon/Apollo, p. 374,
Apollo seduto tipo Ludovisi, della collezione Farnese, con n. 39 [E. SIMON]); una statua di satiro del Museo Archeologi-
testa vicina al tipo Chigi, che, ad un esame autoptico, è sem- co Nazionale di Napoli, pertinente ad un gruppo con Dioni-
brata pertinente, benché riattaccata mediante un laborioso so databile su basi stilistiche ad età antonina (inv. n. 156003,
rappezzo del collo (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, da Napoli; marmo bianco, alt. max m 0,99; D. GIAMPAOLA, I
inv. n. 6354. Marmo bianco, alt. m 1,50). Per essa, ora in monumenti, in F. ZEVI (a cura di), Neapolis, Napoli 1994, pp.
corso di studio da parte di chi scrive, si veda: LIMC, II 75 e 270; in corso di studio da parte di A. Cristilli cui devo la
(1984), s.v. Apollon, pp. 206 e 207, n. 165 (O. PALAGIA). D’al- cortese segnalazione). Il tipo di lavoro di questi puntelli
tra parte, non sembra di poter dedurre, allo stato attuale ricorda, inoltre, quello del corno potorio completato dall’Al-
delle conoscenze, l’esistenza di una duplice tradizione copi- gardi nella nota statua di satiro versante, già Ludovisi, ora
stica del tipo statuario dell’Apollo dell’Omphalos, poiché il nel Museo di Palazzo Altemps, datata anch’essa ad età anto-
caso della diversa posizione della testa sembra essere limita- nina (inv. n. 8597; marmo lunense, alt. m 1,56: MNR, I.5
to al solo torso di Monaco; viene, infatti, accolta qui per la (1983), pp. 137–140, n. 59 [B. PALMA]). Un puntello in
replica pavese la ricostruzione del Saletti che attribuisce l’er- forma di torciglione si trova, infine, tra la base e la parte più
ronea posizione della testa ad un impreciso restauro moder- bassa della lancia anche nella statua del cosiddetto cacciato-
no. SALETTI, art. cit. in nota 11, pp. 7–13. re del Museo Capitolino (inv. n. 645; marmo bianco, alt. m
50) Si tratta di un tipo di corona adottata prevalentemen- 1,98) che combina un corpo di tipo atletico con una testa
te nelle rappresentazioni provinciali dove una maggiore ritratto ritenuta dell’età di Gallieno (H. STUART JONES, A
libertà rispetto all’ambiente urbano permetteva l’adozione Catalogue of the Ancient Sculptures preserved in the munici-
di attributi che potevano ulteriormente accrescere la regalità pal collections of Rome. The Sculptures of the Museo Capito-
dell’effige; così in P. ZANKER, Provinzielle Kaiserporträts. lino, Oxford 1912, p. 292, n. 27, tav. 71).
80
56) Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. GR.2.1885. Inventario 1819, n. 119; Il Regal Museo Borbonico descritto
Marmo pentelico; alt. del torso antico m 0,387. L. BUDDE, R. da G. B. Finati, Napoli 18192, n. 169; E. GERHARD, TH.
NICHOLLS, A Catalogue of the Greek and Roman Sculpture PANOFKA, Neapels antike Bildwerke, Stuttgart e Tübingen
in the Fitzwilliam Museum Cambridge, Cambridge 1964, 1828, p. 42, n. 119 (con indicazione “F” che sta per “Farne-
pp. 19 e 20, n. 39, tav. 10. se”); Inventario 1849, n. 187; A. RUESCH, Guida del Museo
57) Los Angeles, County Museum, 50.33.22, in prestito al Nazionale di Napoli, Napoli 1908, p. 84, n. 267, con prove-
J. P. Getty Museum di Malibu, inv. n. L73.AA.3. Marmo bian- nienza Ercolano; LIMC, I (1981), s.v. Ammon, p. 671, n. 21
co, forse pario (A. H. SMITH, An Ancient Greek Statue of [J. LECLANT, G. CLERC: da Ercolano (trovata prima del
Heracles from the Arundel and Hope Collections, London 1755)]. Per la discordanza delle informazioni circa la prove-
1928); alt. m 1,943. II secolo d.C. LIMC, IV (1988), s.v. nienza dell’erma è sembrato opportuno effettuare un riscon-
Herakles, p. 747, n. 319 (O. PALAGIA) con precedente biblio- tro incrociato. La provenienza dalla collezione Farnese
grafia; S. KANSTEINER, Herakles. Die Darstellungen in der riportata nel catalogo di E. Gerhard e Th. Panofka non è
Großplastik der Antike, Köln 2000, pp. 22, n. 9.1; p. 119, La confermata: l’erma, infatti, non è riconoscibile nei vecchi
28. Per l’interpretazione della statua di Los Angeles come inventari farnesiani che registrano lo stato della collezione
pastiche di età romana: O. PALAGIA, The Hope Herakles recon- Farnese prima del trasporto a Napoli. La provenienza da
sidered, in OxfJA, 3 (1), March 1984, pp. 107–126. Si osservi Ercolano, al contrario, trova un riscontro sufficientemente
anche l’analogia della base, piuttosto alta e non sagomata, chiaro in una notizia riportata da Marcello De Venuti nelle
con quella della statua di Budapest (n. 28, figg. 26 e 27). sua Descrizione delle prime scoperte dell’antica città di Erco-
lano, Roma 1748, parte seconda, capo V, p. 86, relativa alle
58) LIMC, IV (1988), s.v. Herakles, pp. 784 e 785, nn. antichità scoperte nel teatro nel corso di scavi effettuati
1174–1190 (O. PALAGIA). dopo la sua partenza (cioè dopo il 1739): «Si sono ancora
59) Si veda, ad esempio, il noto ciclo delle erme Ludovisi cavati molti busti di marmo, i più belli de’ quali sono un
che documenta la trasposizione di tipi statuari interi nella Giove Ammone, Giunone, Pallade, Cerere, Nettuno, Mercu-
tipologia della Hüftherme (o Körperherme): MNR, I.5 rio, Giano bifronte, una piccola fanciulla, e un giovinetto
(1983), pp. 156–181, nn. 66, 68, 70, 72, 74, 76 (B. PALMA); S. con la bolla d’oro al collo ...». La notizia risulta particolar-
PAFUMI, Faillo di Crotone e il Discobolo Ludovisi: un motivo mente interessante per la possibilità di vedere tra gli arredi
della propaganda adrianea?, in Prospettiva, nn. 98–99, del teatro di Ercolano, la cui datazione, supportata da dati
2000, pp. 2–20. epigrafici (CIL, X, 1444), si colloca in età augustea, l’esi-
stenza di una serie di erme di divinità di siffatta tipologia.
60) Per la tipologia della Schulterherme: H. WREDE, Die
Spätantike Hermengalerie von Welschbillig, Berlin 1972, 64) Per modello non deve ovviamente intendersi qui l’ar-
passim; IDEM, Die Antike Herme, Mainz a.Rh. 1985, passim. chetipo, ossia il tipo statuario di riferimento, bensì il model-
lo, generalmente in gesso, ricavato dall’originale mediante
61) Si veda, ad esempio, LIMC, VI (1992), s.v. Mercurius, calco ed utilizzato nella pratica copistica per la meccanica
p. 511, n. 84 (E. SIMON): sesterzio di Marco Aurelio con raf- riproduzione sul marmo del tipo statuario di riferimento. Il
figurazione di un tempio con balaustra di erme. WREDE, modello rimaneva generalmente nella bottega e poteva
Antike Herme, cit. in nota 60, p. 66. Per l’uso decorativo di essere utilizzato per generazioni. Per questi aspetti della
simili erme nel mondo romano si veda anche un rilievo del pratica copistica si rimanda alla bibliografia già citata in
Museo Chiaramonti datato in età claudia (inv. n. 1409. HEL- nota 48.
BIG4 I, p. 252, n. 327 (E. SIMON); Bildkatalog der Skulpturen
Non è del tutto chiaro se la testa maschile in gesso, raffigu-
des Vatikanischen Museums, I, tav. 466, n. 550); ed in gene- rante forse un atleta, rinvenuta nel 1938 a Seleucia in Pieria,
rale: L. FARRAR, Ancient Gardens, Sutton 1998, pp. 34, 35 e in un contesto apparentemente domestico di età ellenistica e
122–125. Va ricordato qui che la testa di Apollo tipo primo–imperiale, sia uno di questi modelli, eventualmente
Omphalos del Museo Nuovo dei Conservatori (n. 23), prove- consegnato al committente insieme alla scultura in marmo
niente dalla Villa di Massenzio sull’Appia, dapprima inter- finita, o un esempio di scultura decorativa in gesso, come
pretata come elemento di un’erma dei carceres del circo, è farebbero pensare le tracce di colore riscontrate dal primo
stata poi riconosciuta come parte di una replica intera adat- editore, ma in verità oggi non più visibili: Roman Sculpture
tata ad erma in fase di reimpiego: GASPARRI, art. cit., al n. in the Art Museum of the Princeton University, a cura di J. M.
18, p. 178. PADGETT, Princeton 2001, pp. 211 e 212, n. 67 (M. L. LAIRD),
62) La galleria di erme marmoree, ben definita per for- con bibliografia precedente.
mato, materiale ed in parte anche per stile, comprendeva 65) Madrid, Museo del Prado, inv. n. 98 E. Marmo bianco
oltre ad una serie di ritratti di letterati e sovrani ellenistici, a grana fine; alt. m 0,47. Di restauro: la punta del naso, il
anche una serie di divinità e figure ideali. Fra queste ultime labbro superiore con parte dei baffi. A. BLANCO, Museo del
erano un’erma di Atena derivante da un tipo ritenuto di V Prado. Catalogo de la Escultura, Madrid 1957, p. 73, n.
secolo a.C.; un’erma di figura femminile velata, supposta 98–E, tav. XLIX; LIMC, V (1990), s.v. Hermes, p. 297, n. 41
Hestia e ritenuta derivare da un archetipo di epoca prassite- (G. SIEBERT); M. A. ELVIRA BARBA, S. SCHRÖDER, Guía. Escul-
lica; un’erma di Herakles, riconosciuta come replica del- tura clásica. Museo del Prado, Madrid 1999, p. 75 (datazio-
l’Herakles policleteo, cui secondo la ricostruzione fatta da ne: 100–110 d.C. [Schröder]); E. KRÄMER, Hermen bärtiger
M. R. Wojcik del programma ideologico messo in atto dal Götter. Klassische Vorbilder und Formen der Rezeption, Mün-
proprietario della villa, doveva essere affiancata anche
ster 2001, p. 188, n. 1, tav. 12 (la replica, ricondotta ad un
un’erma di Hermes. Per tutte si veda: M. R. WOJCIK, La
tipo denominato “Madrid–Capitolino”, ritenuto Neuschöp-
Villa dei Papiri ad Ercolano, Roma 1986, pp. 51–85. fung del tipo “Atene–Venezia–Sorrento”, derivante da un
63) Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 6274. originale classico della metà del V secolo a.C., viene qui
Marmo bianco, alt. m 0,43. Di restauro: corna e orecchie. datata ad età tardo–adrianea).
81
66) Madrid. Museo del Prado, inv. n. 15 E. Marmo bian- 78) Atene, Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 241.
co, alt. m 0,58; BLANCO, op. cit. in nota 65, p. 23, n. 15–E, Marmo bianco, alt. m 1,71; da un contesto funerario di
tav. IV; ELVIRA BARBA, SCHRÖDER, op. cit. in nota 65, p. 74 Aegion (Achaia): G. KÖRTE, Statuen aus Aegion, in AM,
(150 d.C. [Schröder]); KRÄMER, op. cit. in nota 65, p. 69, n. 1878, pp. 95–103, tavv. V–VI; S. PAPASPIRIDI, Guide du
3: età antonina. Musée National d’Athènes, Athènes s.d., p. 90, n. 241; C.
MADERNA, Iuppiter, Diomedes und Merkur als Vorbilder für
67) New York, Metropolitan Museum of Art, inv. n.
13.231.2. Marmo pentelico. Alt. m 0,369, da Roma, trovata
römische Bildnisstatuen, Heidelberg 1988, pp. 87 e 88, tav.
27,2 con bibliografia completa a nota 623; O.
vicino Porta Portese. Rotta presso il collo. G. M. A. RICHTER,
TZACHOU–ALEXANDRE, in ADeltion, 46, 1991, figg. 1–4;
Metropolitan Museum of Art, New York. Catalogue of Greek
KALTSAS, op. cit. al n. 1, p. 312, n. 653.
Sculptures, Oxford 1954, pp. 34 e 35, n. 46, tav. XLII, a–c;
LIMC, III (1986), s.v. Dionysos, p. 443, n. 183 a (C. GASPAR- 79) Sull’Hermes tipo Richelieu e sull’Hermes tipo
RI); KRÄMER, op. cit. in nota 65, pp. 69 e 70, n. 4, tav. 8: età Pitti–Berlino, cui può riportarsi anche il tipo dell’Hermes di
adrianea. Aegion: MADERNA, op. cit. in nota precedente, pp. 87 e 88;
LIMC, VI (1995), s.v. Hermes, pp. 366 e 367, nn. 943, 946.
68) Sul tipo e le diverse proposte di identificazione con
Per la datazione alla prima età imperiale della replica di
Dioniso o Zeus: LIMC, III (1986), s.v. Dionysos, p. 443, n.
Aegion: MADERNA, op. cit. in nota 78, p. 87: frühe Kaiserzeit.
183a (C. GASPARRI), ivi bibliografia; KRÄMER, op. cit. in nota
Una statua appartenente al tipo della cd. Piccola Ercolanese
65, pp. 76 e 77.
(Atene, Museo Archeologico Nazionale, inv. n. 242: KALTSAS,
69) Cfr. supra, nota 42. op. cit. al n. 1, p. 268, n. 562), ritrovata nello stesso contesto,
70) Nella tabella riassuntiva le dimensioni sono espresse può rappresentare un corrispettivo femminile uscito dalla
in centimetri. Per l’opportunità di utilizzare tabelle metro- stessa bottega.
logiche comparative nello studio della statuaria romana da 80) Karlsruhe, Badisches Landesmuseum, inv. n. B 2302.
originali greci, in generale: J. RUESCH, Greek Statuary of Marmo bianco; alt. m 1,74 (con plinto). D. KREIKENBOM,
the Fifth and Fourth Centuries B. C. The methodology of Bildwerke nach Polyklet, Berlin 1990, p. 152, (I33).
descriptive analysis through measurements (Dissertation 81) Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, inv.
Columbia University, 1977); con indicazioni e suggerimen-
n. 697. Marmo bianco a grana grossa; alt. m 2,07. Dal cosid-
ti sulle modalità di misurazione, nonché sulla possibilità di detto ginnasio romano di Siracusa (1864). N. BONACASA,
effettuare tali operazioni anche sulla base delle sole foto- Ritratti greci e romani della Sicilia, Palermo 1964, pp. 72 e
grafie. 73, n. 92, tavv. XLII, 1–2; XCI, 3; S. L. AGNELLO, Una
71) La misura è approssimativa per la presenza di un’am- metropoli ed una città siciliane fra Roma e Bisanzio, Siracu-
pia abrasione sul capezzolo sinistro. sa 2001, fig. 12.
72) Una sovrapposizione virtuale della replica siracusana 82) Alessandria, Museo Greco–Romano, inv. n. 3516.
con quella di Atene, effettuata con l’ausilio del computer, ha Marmo bianco. G. DALTROP, U. HAUSMANN, M. WEGNER,
evidenziato poche discordanze in parte dovute alla distor- Die Flavier, Berlin 1966, p. 122 con bibliografia preceden-
sione provocata, come si è già detto, da un errato ancorag- te; U. HAUSMANN, Zu den Bilnissen der Domitia Longina
gio del torso al pilastro che lo sorregge nell’attuale sistema- und der Julia Titi, in RM, 82, 1975, pp. 319 e 320, tavv.
zione museale. 106; 107.2; 108,2.
73) Città del Vaticano, Museo Chiaramonti, inv. n. 1814. 83) Città del Vaticano, Musei Vaticani, Sala a Croce Greca,
Marmo bianco; alt. m 0,29. Bildkatalog der Skulpturen des inv. n. 561. Marmo bianco, alt. m 1,275 con plinto. Fu trova-
Vatikanischen Museums, Berlin–New York 1995, I, tav. 179 ta nel 1805 nella Tomba dei Manilii presso la Vigna Moroni
(claudisch), con bibliografia precedente. sulla Via Appia (dinanzi a Porta San Sebastiano), insieme con
una statua femminile inferiore al vero del tipo della Venere
74) Frankfurt am Main, Liebieghaus, inv. n. 2404. Marmo
Dresda–Capitolino con testa–ritratto, probabilmente prodot-
bianco, alt. m 0,388. Dal mercato antiquario svizzero. P. C.
ta dalla stessa bottega (Città del Vaticano, Musei Vaticani,
BOL, Liebieghaus–Museum alter Plastik Frankfurt am
Magazzini, n. 267. Marmo bianco a cristalli grossi [KASCH-
Main. Führer durch die Sammlungen. Grischische und NITZ–WEINBERG]; alt. m 1,17. KASCHNITZ–WEINBERG, op. cit. al
römische Plastik, Frankfurt a.M. 1997, pp. 197–200 e 291, n. 24, p. 125, n. 267, tav. LVI [con bibliografia precedente]:
fig. 129.
verso il 115 d.C.; H. WREDE, Consecratio in formam deorum,
75) Roma, Museo Capitolino, inv. n. 2273. Marmo bianco, Mainz a.Rh., 1981, p. 308, n. 293: 100–110 d.C.; MADERNA,
alt. m 0,22. K. FITTSCHEN, P. ZANKER, Katalog der römischen op. cit. in nota 78, pp. 240 e 241, H21, tav. 31,2).
Porträts in den Capitolinischen Museen und den anderen 84) Il tipo statuario utilizzato per la statua del Vaticano
kommunalen Sammlungen der Stadt Rom, Mainz a.Rh. mostra forti analogie con il tipo dell’Hermes di Atalanti
1983, pp. 47 e 48, n. 60, tav. 76. (Atene, Museo Nazionale, inv. n. 240) che, similmente a
76) Roma, Museo Capitolino, Galleria 61, inv. n. 245. quello dell’Hermes di Aegion, può ritenersi una variante
Marmo bianco, alt. m 1,83. FITTSCHEN, ZANKER, op. cit. in classicistica derivante dall’Hermes tipo Richelieu. MADERNA,
nota precedente, pp. 52 e 53, n. 68, tav. 85. op. cit. in nota 78, pp. 86 e 87, tav. 27,1.
77) Città del Vaticano, Musei Vaticani, magazzini, inv. n. 85) Può essere utile osservare che una simile consonanza
26. Marmo grigiastro a grana minuta; alt. m 0,25. KASCH- di stile copistico si riscontra anche nel trattamento dei ric-
NITZ–WEINBERG, op. cit. al n. 24, p. 19, n. 26, tav. IX. Rite- cioli, al disotto della leontè, di una testa di Herakles trovata
nuta da G. Kaschnitz–Weinberg opera attribuibile ad uno ad Ercolano (Berlino, Staatliche Museen, Antikensammlun-
scultore poco abile, dozzinale e provinciale. gen, inv. n. Sk 188. Marmo bianco a grana grossa, probabil-
82
mente insulare; alt. m 0,315. BLÜMEL, op. cit. in nota 12, IV, 89) L’identificazione del vallone San Giorgio con il per-
p. 15, n. K 143, tav. 26), lavoro della metà, o forse già della corso del fiume Syraco menzionato da Duride, è stata pro-
seconda metà del I secolo d.C., riconducibile ad un archeti- posta da S. L. Agnello per la prima volta in Scavi e scoperte
po del secondo quarto del V secolo a.C. negli ultimi dieci anni in Sicilia, in Atti del II Congresso
86) Manca ancora oggi un’edizione scientifica aggiornata
nazionale di archeologia cristiana (1969), Roma 1971, p.
47. Il percorso dell’alveo in direzione Nord/Ovest–Sud/Est è
della scultura romana di Siracusa, per la conoscenza della
stato canalizzato in tempi moderni al disotto dell’attuale
quale si dispone solo del vecchio catalogo di G. Libertini (G.
viale Luigi Cadorna. Tale identificazione è ribadita anche in
LIBERTINI, Il Regio Museo Archeologico di Siracusa, Roma
1929). Per i ritratti romani rinvenuti a Siracusa rimane fon- AGNELLO, op. cit. in nota 81, pp. 21 e 22.
damentale: BONACASA, op. cit. in nota 81. Si auspica possa 90) Per gli scavi di Villa Maria: FALLICO, art. cit. in nota
avvenire al più presto l’apertura al pubblico della sezione 88, p. 635 e ss. Per il riconoscimento del fiume Syrako come
romana del museo “P. Orsi”, ormai imminente dopo anni di confine orientale del quartiere di Acradina di età arcaica,
allestimento. basato sul fatto che le tombe della necropoli arcaica scavate
87) Per la topografia di Siracusa non si dispone di un nel 1964 presso la Villa Maria sembrano disporsi ordinata-
aggiornato studio d’insieme. Rimane pertanto fondamenta- mente lungo la riva sinistra del fiume e che alle spalle della
le, ma certamente obsoleto: F. S. CAVALLARI, A. HOLM, C. necropoli non sono stati trovati resti anteriori alla metà del
CAVALLARI, Topografia archeologica di Siracusa, Palermo IV secolo a.C.: AGNELLO, art. cit. in nota 87, pp. 157 e 158.
1883, che rappresenta il primo vero tentativo di delineare la 91) ORSI, art. cit. in nota 5, pp. 306–310.
topografia della città sulla base non solo delle fonti letterarie
ma anche dei ritrovamenti archeologici. Nessun aiuto si rica- 92) Cosiddetta Venere Landolina: Siracusa, Museo
va, infatti, dai contributi dei secoli precedenti che, quando Archeologico Regionale “P. Orsi”, inv. n. 694. Marmo bian-
non sono le brevi descrizioni fatte dai viaggiatori settecente- co, alt. m 1,60. II secolo d.C. LIMC, II (1984), s.v. Aphrodi-
schi, ma presentano un più spiccato interesse topografico, te, p. 83, n. 743 (A. DELIVORRIAS et alii). Asclepio tipo Giusti-
sono tuttavia immaginarie ricostruzioni, ancorché effettuate ni: Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”, inv. n.
sulla base delle fonti letterarie: di questa guisa, ad esempio, 696. Marmo bianco, alt. m 1,06. II secolo d.C. LIBERTINI, op.
la ricostruzione fatta nel 1613 da Vincenzo Mirabella (Le cit. in nota 86, p. 146, fig. 44; LIMC, II (1984), s.v. Askle-
dichiarazioni della Pianta dell’Antiche Siracuse, e d’alcune pios, p. 880, n. 171 (B. HOLTZMANN); sul tipo Giustini, gene-
scelte Medaglie di esse, e de’ Principi, che quelle possedettero, ralmente ritenuto derivare da un archetipo del primo quar-
descritte da D. Vincenzo Mirabella e Alagogna Cavalier Sira- to del IV secolo a.C.: ibidem, p. 894 con bibliografia e
cusano, Napoli 1613, ristampate in: Delle antiche Siracuse, discussione delle differenti proposte di attribuzione. Per le
Palermo 1717, II, in particolare la tavola II, relativa alla notizie relative al rinvenimento delle due statue siracusane:
parte bassa del quartiere di Acradina che qui ci interessa) o CAVALLARI, HOLM, CAVALLARI, op. cit. in nota 87, p. 327: «nel
da Giacomo Bonanni duca di Montalbano (I due Libri della medesimo luogo dove fu trovata la celebre Venere, in un
Siracusa illustrata da D. Giacomo Bonanni e Colonna duca orto vicino alle catacombe di San Giovanni, nella bassa Acra-
di Montalbano, Messina 1624, ristampata in: Delle antiche dina» (A. HOLM); G. AGNELLO, La Venere e l’Esculapio Lan-
Siracuse, Palermo 1717, I, pp. 44–65 (= Libro primo. Acra- dolina nel carteggio del loro scopritore, in ArchStorSiracusa-
dina). Di un certo interesse, invece, una memoria di G. SCHU- no, I, 1971, pp. 83–109.
BRING, Achradina. Ein Beitrag zur Stadtgeschichte von 93) ORSI, loc. cit. in nota 91.
Syrakus, Rheinisches Museum, N.F. XX, pp. 15–63 (con una
pianta) e lo studio più recente di H.–P. DRÖGEMÜLLER, 94) A. MESSINA, Le terme di Dafne e Baia a Siracusa, in
Syrakus. Zur Topographie und Geschichte einer griechischen JAT, III, 1993, pp. 201 e 202: l’autore propone di collocare
Stadt, Heidelberg 1969, anche se scarsamente utile in questa qui alcuni padiglioni delle terme di Daphne e Baia — da
sede, perché dedicato alla topografia della città in età classi- intendersi come probabile unico grande impianto di desti-
ca. Importanti precisazioni, specie per l’area di Acradina nazione pubblica — note attraverso le fonti.
bassa, che qui interessa, si ricavano invece da G. V. GENTILI, 95) Per la bibliografia essenziale sul “ceramico” di Siracu-
Siracusa. Contributo alla topografia dell’antica città, in sa si veda FALLICO, art. cit. in nota 88, p. 592, nota n. 1; S.
NSc,1956, pp. 94–164 e soprattutto da un intervento di S. L. LAGONA, Vasai a Siracusa in età ellenistico–romana, in Arch-
AGNELLO, Osservazioni sul primo impianto urbano di Siracu- StorSiracusano, II, 1972–1973, pp. 91–98; Per visualizzare
sa, pubblicato in: Insediamenti coloniali greci in Sicilia nell’- l’ubicazione ed i confini noti del Ceramico: AGNELLO, art.
VIII e VII secolo a.C., Atti della 2a riunione scientifica della cit. in nota 87, p. 156, fig. 7, riportata qui alla fig. 40.
Scuola di Perfezionamento in Archeologia classica dell’Uni-
versità di Catania (Siracusa 24–26 novembre 1977), in 96) G. V. GENTILI, Siracusa. Resti di abitazioni ellenistiche
CronA,17, 1978, pp. 152–158, in particolare pp. 157 e 158. e romane lungo la Via Trapani, in NSc, 1951, pp. 159 e
Un utile quadro dei principali interventi edilizi di epoca 160. In particolare, sono stati rinvenuti i resti di alcuni
imperiale si ricava da: R. J. A. WILSON, Towns of Sicily during ambienti probabilmente pertinenti ad un’abitazione di età
the Roman Empire. Syracuse, in ANRW, II.11.1 (1988), pp. ellenistica ed un tratto (m 7,50 × 1) di pavimentazione mar-
111–115; IDEM, Sicily under the Roman Empire, Warmister morea riferibile all’ambiente di un’abitazione tardo–romana.
1990, passim e pp. 180–188; sommari accenni all’urbanistica 97) G. CULTRERA, Il bagno Daphne, in NSc, 1954, pp.
di Siracusa romana si possono trovare anche in AGNELLO, op. 114–130: Cultrera identifica questo impianto di via Arsena-
cit. in nota 81, pp. 21–37. le, databile in età romana ed attivo anche in età bizantina,
88) Per la necropoli di Villa Maria: A. M. FALLICO, Siracu- con le terme di Daphne, note attraverso le fonti perché tea-
sa. Saggi di scavo nell’area della Villa Maria, in NSc, 1971, tro della morte di Costante II nel 668. Diversamente, MESSI-
pp. 581– 639. NA, art. cit. in nota 94, pp. 201 e 202.
83
98) La una via lata menzionata da Cicerone è stata iden- 103) Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”,
tificata per un buon tratto nell’area di piazza della Vittoria. inv. n. 6383. Marmo bianco a grana fine, alt. m 0,25. Dal
Secondo la ricostruzione del tracciato fattane da G. Voza (G. sito del Foro. Rimane solo la maschera facciale. BONACASA,
VOZA, Nel segno dell’antico. Archeologia nel territorio di op. cit. in nota 81, pp. 45 e 46, n. 52, tav. XXIV, 1–2.
Siracusa, Palermo 1999, pp. 93–98, figg. 67–72), essa attra- 104) Benché il sospetto di un presunto terremoto avvenu-
versava tutto il quartiere di Acradina passando perpendico- to intorno alla metà del I secolo d.C. non abbia trovato
larmente anche sull’attuale via V. Statella. ancora una precisa conferma, è fuor di dubbio che verso la
99) Per alcune abitazioni ellenistico–romane sovrapposte- fine del I secolo d.C. si siano verificati a Siracusa rifacimenti
si alla necropoli arcaica anche nell’area di Corso Gelone, si di notevole entità, come ad esempio la costruzione di una
veda S. L. AGNELLO, Scavi e scoperte negli ultimi dieci anni nuova scena frons nel teatro. Per questi problemi: WILSON,
in Sicilia, in Atti del II Congresso nazionale di archeologia art. cit. in nota 87, p. 116 con bibliografia; IDEM, op. cit. in
cristiana (1969), Roma 1971, p. 51, da porre cronologica- nota 87, p. 182.
mente in relazione con altri resti venuti in precedenza alla
105) Cfr. supra, nota 81. Il complesso monumentale del
luce nella medesima area per i quali: G. V. GENTILI, Syracu-
cosiddetto ginnasio romano, ancora sostanzialmente inedi-
sae. Reperti di età ellenistica e romana dai nuovi quartieri
to, rimane di datazione incerta e di difficile interpretazione.
edilizi ai lati di Corso Gelone, in FastiA XIV 1959, p. 173.
Per i problemi ad esso connessi si rimanda a WILSON, art. cit.
Per alcuni rinvenimenti di età tardo–imperiale nel non lon-
in nota 87, pp. 116–119, fig. 8; AGNELLO, op. cit. in nota 81,
tano quartiere della Neapolis: ibidem, pp. 173 e 174: in par-
p. 26, fig. 5.
ticolare, una casa con ambienti esemplati sul modello della
villa di Piazza Armerina che rappresenterebbe il primo edi- 106) Provengono dal cosiddetto ginnasio romano della
ficio civile di età tardo–imperiale restituito dal suolo della città le seguenti statue di togati: Siracusa, Museo Archeolo-
città, a prescindere dall’anfiteatro che taluni vorrebbero gico Regionale “P. Orsi”, inv. nn. 698, 699, 700, 701, 702,
datare al tardo II secolo d.C. o agli inizi del III secolo d.C., 6187, entrate nel museo nel 1864; la n. inv. 12244, entrata a
ma che è generalmente ritenuto di età augustea (G. LUGLI, far parte delle collezioni del museo nel 1885; infine, la n.
L’architettura in Sicilia nell’età ellenistica e romana, in Atti inv. 12245. Realizzate in marmo bianco a grossi cristalli,
del VII Congresso Nazionale di Storia dell’Architettura, secondo N. Bonacasa sono tutte databili ancora entro la fine
Palermo 24–30 settembre 1950, Palermo 1956, pp. 98–101; del I secolo d.C., probabilmente in età flavia, ad eccezione
R. J. A. WILSON, On the date of the Roman amphiteatre at delle nn. inv. 698 e 12245 per le quali lo studioso propone
Syracuse, in Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio una datazione alla fine del II secolo d.C. Cfr. BONACASA, op.
Manni, Palermo 1980, pp. 2217–2230. cit. in nota 81, pp. 141–144, nn. 194–199, tavv. LXXXIII,
100) La fondazione della colonia risale al 21 a.C. Cfr. 3–4; LXXXIV, 1–4; p. 148, n. 208, tav. LXXXVII, 3. Diversa-
DIONE CASSIO 54, 6–7. Per il programma edilizio augusteo, o mente, H. R. GOETTE, Studien zu römischen Togadarstellun-
di qualche decade posteriore, nella vicina Neapolis ed i suoi gen, Mainz a.Rh. 1990, propone per la n. 701 (p. 127, n.
principali edifici (l’anfiteatro, un arco monumentale; una 294) una datazione ad età tardo–claudia/neroniana; per la n.
fontana monumentale con nicchie; una vasta area con baci- 699 (p. 131, n. 31) una datazione ad età traianea; per la n.
no centrale, porticata su tre lati, nelle vicinanze dell’altare di 698 (p. 133, n. 57, tav. 19,4) e la n. 700 (p. 134, n. 66) una
Ierone; un piccolo foro triangolare con portico) e per gli datazione ad età adrianea o primo antonina.
interventi coevi in altre parti della città: GENTILI, art. cit. in 107) Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”,
nota 96, pp. 263–266; WILSON, art. cit. in nota 87, pp. inv. n. 37100. Marmo bianco a grossi cristalli. Alt. m 0,375.
111–115; IDEM, op. cit. in nota 87, p. 181. Per alcune fistule Dallo sgombero di una cisterna romana situata davanti al
acquarie che lascerebbero supporre l’esistenza nell’area di molino “S. Maria del Gesù” nella borgata di Santa Lucia.
Santa Lucia di un edificio termale databile ancora nel I seco- Probabilmente pertinente ad un altorilievo (BONACASA, op.
lo d.C.: P. ORSI, Fistule acquarie iscritte da S. Lucia, in NSc, cit. in nota 81, p. 74, n. XLII, 3 e 4).
1915, pp. 202 e 203.
108) Siracusa, Museo Archeologico Regionale “P. Orsi”,
101) GENTILI, art. cit. in nota 96, pp. 263–266. inv. n. 767. Marmo bianco a grana fine; alt. max m 0,15.
102) SUET., Calig., 20, 21 e 24. L’ultima visita dell’impera- Forse dal teatro di Siracusa (BONACASA, op. cit. in nota 81, p.
tore alla città risale al 38 d.C. 75, n. 94, tav. XLIII, 1–2).
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