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Il pavimento di cocciopesto rosato risalente alla fase più recente della chiesa, scoperto all’inizio degli scavi, dopo la rimozione
delle moderne piastrelle. Levato tale strato, sono state rinvenute le strutture murarie e le sepolture di altre due fasi precedenti
Gli scavi archeologici sotto il pavimento della chiesa pievana di San Genesio sono stati effettuati dal 16 luglio al 16
settembre 1997 dalla Società Lombarda di Archeologia, sotto la guida della dottoressa Maria Adelaide Binaghi
direttore archeologo della Soprintendenza Archeologica della Lombardia. I lavori intrapresi per la sostituzione del
pavimento e l’istallazione di un impianto di riscaldamento a pannelli, hanno riportato alla luce:
• un piccolo sacello, ossia un’area circolare coperta da ciottoli, di epoca pagana o paleocristiana;
• la necropoli che si estendeva attorno a questa costruzione;
• la base delle murature appartenenti alle pareti della chiesa a navata unica di epoca altomedioevale, preceduta a
ovest da un nartece - un atrio destinato ai catecumeni non battezzati - e terminata a est dall’abside semicircolare;
• il crollo di questo edificio e la sua riedificazione dopo il Mille in forme gotiche;
• all’interno, diversi strati di pavimentazione in terra battuta o in cocciopesto, disseminati di sepolture.
* GRSD, M.A. BINAGHI, Dairago, 1500 anni di... Cristianesimo, “Dairago. Periodico di informazione edito dell’Amministrazione comunale”,
a. IX, n. 2 (ottobre 1997), p. 16;
G. RIGHETTO, Intervento scavo archeologico: Dairago chiesa di San Genesio. Relazione preliminare, Società Lombarda di Archeologia, 1997;
GRSD, La chiesa pievana di S. Genesio: fasi storiche e vestigia architettoniche, “Orizzonti”, a. XIV, gennaio 1998, pp. 14-19;
GRSD, Archeologia in San Genesio, Dairago 2000;
GRSD, San Genesio di Dairago chiesa madre, Dairago 2000.
Veduta d’assieme degli scavi archeologici sotto la navata di San Genesio. In primo piano s’intravede parte della costruzione
più antica: un sacello circolare di ciottoli, in cui si apre la tomba con le croci dipinte. Al centro è ricavato il sepolcro
dei sacerdoti con le sue nicchie, seguito dalla grande tomba della famiglia Casati (i “Maghi” del Camaóón); intorno si stende
il pavimento in terra battuta, disseminato di sepolture e racchiuso dalle fondamenta dell’antica chiesa pievana
Embrice romano con la sigla Ω (omega), l’ultima lettera dell’alfabeto greco, con la quale si indicava
l’uso particolare di questi tegoloni per le tombe
Base del sacello a pianta circolare, coperta da ciottoli con il cordolo legato da malta
Epigrafe incisa su di un laterizio, impiegato come cuscino nella sepoltura del presbitero
I resti dello scheletro, in mezzo ai quali è stata recuperata una moneta romana, come si sono presentati
al momento dell’apertura della cassa
Sepoltura in mattoni scavata all’interno del sacello, intonacata e dipinta con tre croci di tipologia longobarda
La nuova croce posta sul fastigio dell’oratorio dedicato a san Luigi Gonzaga, conformata a quella rinvenuta nella tomba
Parte inferiore dell’antica abside, concentrica al sacello e orientata a est dove sorge il sole
Lastre di pietra che chiudevano la tomba con la moneta di Costantino, affiancata dai due strati di mura perimetrali della chiesa,
in basso quello anteriore e sopra quello posteriore al Mille
Il sarcofago originariamente scavato all’esterno della chiesa, subito dopo la sua apertura
I resti del barone Carlo Castelli riesumati all’inizio dello scavo, sotto le piastrelle del pavimento moderno
1. Scavi archeologici in San Genesio del 1997: GRSD, M.A. BINAGHI, Dairago, 1500 anni di… Cristianesimo,
“Dairago”, a. IX, n. 2 (ottobre 1997), p. 16.
Ara romana dedicata a Giove: T. MOMMSEN, Corpus inscriptionum latinarum, vol. V, parte II, Inscriptiones Galliae
Cisalpinae latinae, Berlino 1877, p. 599, n. 5576; F. PONTI, I Romani e i loro precursori sulle rive del Verbano, nell'Alto
Novarese e nell'Agro Varesino, Intra 1896, p. LIV.
Ritrovamenti durante la costruzione del campanile nel 1892: M. BERTOLONE, Lombardia Romana,
Milano 1939, p. 31.
2. Ritrovamenti del Casaregio: M. BERTOLONE, Lombardia Romana, Milano 1939, p. 31.
3. Ritrovamento del 1948 in Via Carroccio.
4. Sarcofago di Villa Cortese: G. SUTERMEISTER, Le notizie archeologiche e storiche sui ritrovamenti tolti nella zona,
"Memorie della Società Arte e Storia di Legnano", n. 2 (1934), pp. 3-4; AA.VV., Otium et negotium. Aspetti della vita
quotidiana in età romana, Legnano 1993, pp. 14-15.
5. Are romane della cascina S. Bernardino: G. SUTERMEISTER, Legnano romana, Legnano 1928, pp. 25, 105-106.
6. Necropoli di Via Novara: G. SUTERMEISTER, Legnano romana, Legnano 1928, pp. 55-77.
7. Ritrovamento del maggio 1995 in località Bago.
* M. COLOMBO, L. COLOMBO, Per un’ipotesi di centuriazione romana a Borsano, in Almanacco della Famiglia Bustocca per l’anno 1998,
Busto Arsizio 1998, pp. 25 - 33.
Con il sacello scoperto durante gli scavi archeologici, bisogna mettere in relazione un’ara sacrificale di pietra con
iscrizione votiva risalente all’epoca romana, rimasta per secoli nel cimitero che affiancava la chiesa di San
Genesio, per poi finire dispersa. L’ara era stata dedicata a Giove da parte di un personaggio di nome Cassio, come
si poteva desumere dall’epigrafe:
Il culto di Giove, con gli epiteti ufficiali di Ottimo e Massimo, era il culto romano per eccellenza, essendo rivolto
alla somma divinità del Campidoglio, cui erano legate le fortune di Roma stessa. La gens Cassia, come scrisse
Publio Cornelio Tacito nei suoi Annales (VI 15), era “una famiglia plebea di Roma, ma antica e stimata”; numerose
epigrafi attestano inoltre che i Cassii erano assai diffusi nella Gallia Cisalpina.
Sempre nell’antico cimitero di Dairago, durante la costruzione del campanile moderno, nel 1892 vennero alla luce
diverse tombe di inumati, con corredi funebri composti di oggetti della vita quotidiana; il tutto andò poi disperso.
Un chilometro a nord-est del paese si stendono i campi coltivati del Casaregio, dove nel 1886 si rinvennero monete,
suppellettili di terracotta e ferri; pure questi ritrovamenti sono stati dispersi. Ancora nella stessa località, fino alla
metà del secolo scorso, durante l’aratura venivano trovati cocci di laterizi bruciacchiati, quasi certamente
provenienti da sepolture romane, frantumi degli embrici impiegati nelle tombe a cassa o in quelli alla
“cappuccina”. Non distante dal Casaregio, nel corso degli scavi per la costruzione di un’abitazione in Via
Carroccio, nel 1948 furono trovati analoghi frammenti di tegole.
A partire dal luogo di culto dell’antica pieve, i ritrovamenti di antichità romane sono disposti a fianco della strada
campestre che dal centro abitato conduce a Legnano, passando per la Cascinaccia e per la cascina San Bernardino;
a nord di questa via, all’altezza del Lazzaretto di Dairago, si stendono i campi del Casaregio. Più avanti, subito
dopo la Cascinaccia, a sud-est dell’incrocio con la strada che da Borsano conduce a Villa Cortese, all’inizio del
Novecento venne trovato un sarcofago di serizzo di buona fattura, databile al II secolo d. C., con l’iscrizione
funebre incisa entro una tabula ansata. L’avello di Villa Cortese, ora conservato presso il Museo Civico di Legnano,
reca la scritta in forma abbreviata “agli Dei Mani”, le anime buone dei defunti, seguita dal nome del sepolto:
Valerio Secondo Petronio. Infine, nel 1895 presso la cascina San Bernardino furono scoperte due are romane in
serizzo, oggi esposte al Museo di Legnano, una con l’iscrizione funebre e l’altra con la dedica al dio Vulcano.
Un’analoga disposizione dei ritrovamenti romani sembra ripetersi per la Strada Traversagna, che corre parallela
alla distanza di circa 1200 metri a nord della precedente, collegando direttamente Legnano al centro di Castano,
per poi proseguire fino all’alveo del Ticino. All’ingresso di Legnano, a sud di tale strada, nel 1925 fu individuata
la necropoli di Via Novara, comprendente circa duecento tombe a cremazione, con cronologia prevalente attorno
al I secolo d. C.; nel territorio di Borsano, in località Bagu, a poca distanza dall’incrocio fra la suddetta Traversagna
di Castano e la Strada Serta, nel maggio 1995 sono affiorati i frammenti di un’urna funebre, cocci di anfore e vasi
attribuiti a una sepoltura d’epoca romana, probabilmente del tipo “a cappuccina”.
Considerato che le necropoli romane sorgevano al di fuori del perimetro urbano, solitamente lungo le vie più
importanti, si può concludere che la Traversagna di Castano e la strada campestre che unisce Dairago a Legnano
dovrebbero costituire i resti di due limites, ossia due assi del reticolato centuriale di cui restano tracce apprezzabili
nella disposizione dei campi e nella viabilità in tutta la zona presa in esame. Infatti, ogni volta che nasceva una
colonia, i romani squadravano il territorio con la centuriatio, che portava alla suddivisione del suolo in lotti
(centurie) grazie all’incrocio ortogonale di due assi principali, il kardo maximus e il decumanus maximus, orientati
rispettivamente in senso nord-sud ed est-ovest. A distanze regolari dagli assi principali, erano tracciati assi minori
(limites) paralleli ai primi, in modo da ottenere una sorta di reticolato.
La centuriazione nell’Altomilanese sembra ricalcare le direzioni dei fiumi Olona e Ticino, poiché le tracce più
evidenti si stendono tra questi due corsi d’acqua per giungere a nord sino alle prime colline. Sull’altra sponda
dell’Olona analoghi segni proseguono fino a Saronno, dove inizia la centuriazione comasca di diverso
orientamento.
Le maglie del disegno pianificatorio, inclinate a Dairago di circa 25° rispetto agli assi cardinali, sono rimaste a
indicare e orientare i processi posteriori di insediamento umano, tanto che la topografia odierna ne ricalca ancora
le tracce. Questa situazione è stata determinante nel posizionamento degli edifici civili e religiosi succedutisi nel
tempo, che si sono dovuti inserire coerentemente nel tessuto urbano precedente, assumendo un orientamento
parallelo alle strade.
Gli scavi archeologici in San Genesio hanno permesso di misurare l’orientamento della chiesa altomedioevale
rispetto alle direzioni geografiche, si è quindi stimato che l’edificio sacro più antico e i successivi rifacimenti
hanno un asse deviato verso nord di 27° rispetto alla direzione est-ovest. La giacitura dell’antica chiesa pievana
s’inserisce perfettamente nel reticolato della centuriazione ed è plausibile che essa sorga su resti di edifici romani.
CON IL SOLE INVINCIBILE*
Il giorno più corto
Col progredire della Terra lungo la propria orbita, dopo il solstizio d’estate che cade il 21-22 giugno, i punti del sorgere
e del tramonto del Sole regrediscono sempre più a sud; contemporaneamente l’arco diurno percorso dall’astro sopra
l’orizzonte diviene più breve e a mezzogiorno il Sole culmina sempre più in basso nel cielo, di conseguenza le giornate
continuano ad accorciarsi mentre le notti si allungano.
Attorno al 22 dicembre, dopo aver proseguito la discesa per sei mesi, il Sole raggiunge la sua minima declinazione:
quell’istante segna il solstizio d’inverno e l’inizio dell’inverno astronomico, che dura 89 giorni fino al 21 marzo.
Per l’emisfero boreale terrestre, il Sole descrive il minimo arco diurno, si ha dunque la giornata più breve e la notte
più lunga dell’anno; in particolare a Dairago l’aurora giunge alle ore 8:03 e il tramonto alle 16:42, perciò il giorno dura
solo 8 ore e 39 minuti.
Addirittura il Sole non sorge per niente nella calotta compresa tra il polo nord e il circolo polare artico, mentre
all’equatore la notte e il giorno mantengono esattamente la medesima durata anche il 22 dicembre, come sempre.
Al momento del solstizio, ossia del “Sole stazionario”, l’astro si “ferma” nella sua discesa, per poi iniziare a risalire nel
cielo; da allora il Sole, progressivamente, aumenta l’arco apparente sopra l’orizzonte, con il conseguente aumento
della durata del giorno. Per la fine di gennaio l’alba a Dairago anticipa di 15 minuti rispetto al solstizio d’inverno e il
tramonto avviene 45 minuti dopo, così nel complesso le giornate si allungano di un’ora.
* L. COLOMBO, Con il Sole Invincibile, “Orizzonti”, a. XVII, gennaio 2001, pp. 22 - 28.
Il Sole sotto i tratti di “Nostro Signore Gesù Cristo” al centro di uno zodiaco del IX secolo. Cristo assunse anche il ruolo
e prese il posto del Sole in mezzo ai dodici segni, in qualità di cronocratore: signore del tempo.
Immagine tratta dal manoscritto: Scholium de Duodecim Zodiaci signis et de Ventis, Bibliothèque Nationale, Parigi
Sole di Giustizia
Il culto del Sol Invictus, che trionfò fra II e IV secolo, fu il vero antagonista del cristianesimo; la vittoria di quest’ultimo
fu simbolicamente segnata dalla fissazione della data di nascita del Cristo al giorno del solstizio d’inverno. Anche il
Solis dies, il giorno della settimana assegnato dai pagani al dio Sole, divenne il giorno del Signore: Dominica dies, la
domenica cristiana.
In un trattato latino del IV secolo, si parla della questione del solstizio invernale e del suo rapporto col giorno natale
di Cristo e, a proposito del 25 dicembre, si dice: “ma essi lo chiamano anche natale del Sole invitto. Ma che cosa è così
invitto come nostro Signore, che annientò e vinse la morte? E se quelli chiamano questo giorno il Natale del Sole, Egli
è il Sole di giustizia”. Nello stesso secolo, sant’Ambrogio scrisse “come il Sole sorge quotidianamente su tutto, così il
mistico Sole di Giustizia sorge su tutti noi, per tutti è apparso, per tutti ha sofferto, per tutti è risorto”.
Nel secolo V papa Leone Magno diede alla solennità del Natale il fondamento teologico, polemizzando con quei
cristiani che continuavano a onorare il Sole alla maniera dei pagani: “prima di entrare nella basilica di san Pietro
apostolo” scrisse nel 7° Sermone tenuto nel Natale del Signore “si rivolgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano
in onore dell’astro fulgente”.
Portina del tabernacolo nella cappella di San Giuseppe in bronzo dorato, figurante il simbolo più diffuso dell’Eucaristia:
l’ostia col trigramma JHS di san Bernardino da Siena, contornato di raggi fiammeggianti
Gli antichi cristiani pregavano verso est dove si leva il Sole e le chiese furono quindi costruite con tale orientamento;
si pensi a questo riguardo alle chiese dairaghesi della Madonna in Campagna e all’antica pievana di San Genesio,
recentemente emersa dagli scavi archeologici.
Al principio del Duecento san Francesco d’Assisi, in modo straordinariamente alto e profondo, definirà l’astro
risplendente “Messer lo frate Sole”. “Messere”, signore: come i potenti della Terra e, soprattutto, come il Signore dei
cieli, del quale Francesco disse esplicitamente che il Sole è simbolo; ma anche “fratello”, com’è fratello degli uomini il
Cristo nella comune discendenza dal Padre.
La definizione di Francesco aprì la strada a quella simbologia che si palesò soprattutto nel trigramma raggiante di san
Bernardino da Siena, questi all’inizio del XV secolo aveva l’abitudine di mostrare ai fedeli, al termine delle sue
prediche, una tavoletta su cui erano impresse in oro le lettere JHS (Jesus Hominum Salvator, Gesù redentore
dell’umanità) contornate da un cerchio di raggi fiammeggianti.
La moneta di Costantino
Nella chiesa di San Genesio di Dairago, davanti all’ingresso del battistero, è situata l’unica tomba perfettamente
integra rinvenuta nel corso degli scavi archeologici del 1997, una cassa rettangolare composta di grandi lastroni di
pietra con il letto formato da tegoloni romani.
All’interno, tra i resti dello scheletro e i brandelli di stoffa dei vestiti, era deposta una moneta romana con il busto di
Costantino (Gaius Flavius Valerius Costantinus), un follis di bronzo coniato nella seconda officina di Pavia, col diametro
di 21 mm e il peso di 4 grammi circa. Secondo l’usanza funebre pagana, dovrebbe trattarsi dell’obolo con cui il defunto
doveva pagare Caronte, per essere traghettato dall’una all’altra riva del fiume infernale Acheronte.
La moneta è databile tra l’ottobre dell’anno 312 d.C., quando la zecca di Ticinum passò sotto il controllo di Costantino
dopo la vittoria di Ponte Milvio, fino al maggio del 313 , quando Costantino e Licinio rimasero gli unici dominatori
dell’impero.
Sul dritto della moneta è ritratto il busto laureato e corazzato di Costantino, con attorno l’iscrizione CONSTANTINVS
P F AVG (Pius Felix AVGustus) e il contorno perlinato. Sul rovescio è raffigurato il Sol Invictus come un giovane dio
nudo, ornato della splendente corona di raggi, con un corto mantello (clamide) sulle spalle, mentre indica con la mano
destra il cielo e regge con la sinistra il globo, simbolo del proprio potere eterno sul mondo.
Attorno si legge l’iscrizione SOLI INVICTO COMITI: con il Sole invincibile che ci accompagna. Nell’esego compare la
lettera S (secunda), che identifica la seconda officina, seguita dalla sigla T della zecca di Ticinum (Pavia), aperta nel 274
d.C. e dotata di ben sei officine, attive soprattutto per coniare le monete necessarie a pagare l’esercito romano†.
L’effige dell’imperatore romano che concesse la libertà di culto ai cristiani, con l’editto di Milano del 313, associata
nella moneta all’immagine del Sole invincibile, di cui Cristo avrebbe presto occupato il posto, è il paradigma di quanto
sarebbe poi accaduto all’antico luogo di culto pagano di Dairago, destinato a convertirsi in chiesa madre della fede
cristiana.
La moneta di Costantino trovata nel corso degli scavi archeologici in San Genesio:
un Follis di bronzo (312 - 313 d.C.) col diametro di 21 mm e il peso di 4 grammi circa.
Sul dritto della moneta è ritratto il busto laureato e corazzato di Costantino, sul rovescio è raffigurato il Sole invitto, un
giovane dio che indica con la mano destra il cielo e regge con la sinistra il globo
† M. CHIARAVALLE, Le monete di Ticinum nella collezione di Franco Bolla, Milano 1987, pp. 2, 14, 53 - 54, tav. XVII.
PIETRE D’ANGOLO*
Lo spigolo dell’antica facciata
Uno dei motivi di maggior interesse, dello scavo archeologico effettuato in chiesa nell’estate 1997, è stato il
ritrovamento delle fondamenta appartenenti all’abside semicircolare, alle pareti laterali e alla facciata medioevale
di San Genesio, una struttura orientata in senso opposto all’edificio attuale.
In accordo con la tecnica edilizia propria del Medioevo, i frammenti architettonici venuti alla luce sotto il
pavimento della parrocchiale presentano gli spigoli rinforzati da pietre squadrate, pezzi di serizzo irregolari nella
forma e nella dimensione.
In particolare, durante il rifacimento dell’intonaco dell’attuale pilastro che sorregge il pulpito, è stata ritrovata la
parte inferiore del cantone che legava l’antica facciata al muro perimetrale meridionale, formata da blocchi di
serizzo disposti di piatto e di taglio, sopra i quali poggiano i corsi di mattoni.
Le pietre che rinforzano gli angoli dell’edificio sono i tipici reimpieghi nelle murature di materiali provenienti
dall’area sacra sottostante, sopra la quale fu eretta la chiesa alcuni secoli prima del Mille.
Pietre d’angolo appartenenti alla facciata della chiesa medioevale, inserite nel basamento del pilastro
che sorregge il pulpito, di fronte all’altare