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Dairago

Cenni storici
Il paese di Dairago sorge nell’alta pianura lombarda nord-occidentale, su un piano inclinato verso
mezzogiorno a un’altitudine compresa tra 189 e 202 m sul livello del mare, in un territorio ancora in parte
ricoperto da boschi, non lontano dai fiumi Olona (che scorre a 5 km a levante) e Ticino (distante 10 km a
ponente). Il Comune ha l’estensione di 5,63 km 2 e conta 6335 abitanti (31/12/2020) situato in provincia di
Milano a 32 km dal capoluogo, al confine con la provincia di Varese; le coordinate geografiche (WGS84) del
municipio dairaghese sono: latitudine 45°34’08” Nord, longitudine 8°51’55” Est.

L’età antica
I primi a insediarsi nella zona di
Dairago, intorno al secondo millennio a.C.,
appartenevano al gruppo dei Liguri, una
stirpe preindoeuropea di cui rimane traccia
nella fonetica del dialetto locale. Il
toponimo Dairago ricorda invece
l’invasione dei Celti, calati dalle Alpi nel V
sec. a.C., infatti il suffisso -ago deriva dal
celtico -akos, termine che era usato per
indicare le proprietà terriere e che fu
conservato anche dopo la conquista della
zona da parte dei Romani, avvenuta nel II
sec. a.C.
Di quest’ultimo periodo restano
tracce nella disposizione dei campi e nella
viabilità, dove si scorgono segni di
“centuriazione”, ossia di quel particolare
sistema romano di suddivisione del terreno
secondo una scacchiera di appezzamenti
regolari, che ha conferito al paesaggio
agrario una fisionomia rimasta ancora oggi Tracce di centuriazione tra Dairago e Legnano,
immutata nelle sue linee fondamentali. con l’indicazione dei ritrovamenti di antichità romane
All’epoca romana risalgono un’ara
dedicata a Giove e diverse sepolture con corredi funebri, ritrovate presso la chiesa parrocchiale; altre tombe
sono state rinvenute nel fondo denominato Casaregio.
Sul basamento del campanile di Dairago è murata una lastra di granito con due mammelle in rilievo, a
testimonianza di un culto di epoca pagana. Gli abitanti hanno conservato il bassorilievo collegandolo alla
dignità di capopieve goduta dalla chiesa di S. Genesio, centro di diffusione della fede cristiana e “madre”
delle chiese nate nel territorio della sua pieve.

L’Alto Medioevo
Verso la fine del V sec. il Cristianesimo era riuscito ad affermarsi in tutta la campagna milanese,
sorsero così le chiese battesimali o matrici che avevano giurisdizione in un ambito territoriale chiamato pieve
(dal latino plebs, popolo) comprendente diverse comunità. La pieve di Dairago, come molte altre, abbracciò
il territorio di un antico pagus, costituito da un certo numero di vici, ricalcando così non solo la
distrettuazione romana allora esistente, ma addirittura la precedente circoscrizione di origine celtica.
All’epoca medioevale risale l’impianto urbano del centro dairaghese, dove l’abitato attorno alla chiesa
plebana assume una conformazione circolare, traccia di un’antica cinta difensiva. La crescita della
popolazione rese necessaria l’espansione del paese, con un nuovo insediamento verso levante dalla
caratteristica struttura a “spina di pesce”, formata da vicoli che si diramano ai lati della via principale.
Il più antico documento pervenutoci è una pergamena
risalente al giugno 922, in cui è nominato Domenico da
Inveruno arciprete della chiesa di S. Genesio di Dayrago.
Col diffondersi della vita comune del clero (XI sec.) S.
Genesio divenne una collegiata, ossia la residenza di un
capitolo di canonici con a capo il prevosto. I canonici si
recavano nelle chiese della pieve per i bisogni del culto,
mentre per le funzioni più importanti, il battesimo e gli altri
sacramenti, tutti i fedeli dovevano convenire nella chiesa
plebana, dove erano formati anche i nuovi sacerdoti.
Quale testimonianza artistica di quei secoli, rimane la
pila marmorea del fonte battesimale con quattro angeli agli
angoli, forse in origine un capitello romanico istoriato,
successivamente svuotato per il nuovo impiego.

Dal Barbarossa alla fine del Medioevo


Il 9 giugno 1164 l’imperatore Federico Barbarossa
La chiesa
nominava pievana
feudatario di S.pieve
della Genesio
dairaghese Rainaldo di
al centro della cerchia difensiva
Dassel, arcivescovo di Colonia e arcicancelliere dell’impero.
Rainaldo morì a Roma nel 1167 e proprio sulle terre infeudate al maggior sostenitore della politica
dell’Imperatore, l’esercito del Barbarossa fu sconfitto nella battaglia di Legnano, combattuta il 29 maggio
1176 sui campi situati a nord-est di Dairago.
La pieve ebbe una considerevole importanza nel Medioevo sia in campo
religioso sia civile. Il Liber notitiae sanctorum Mediolani, scritto alla fine del XIII
sec., elenca nella pieve dairaghese ben 46 chiese poste ad Arconate, Bienate,
Borsano, Buscate, Busto Garolfo, Castano, Castelletto, Cuggiono, Dairago,
Induno, Inveruno, Magnago, Nosate, Padregnano, S. Antonino, Turbigo, Villa
Cortese.
La chiesa di Dairago, inizialmente l’unica parrocchia di tutto il territorio
pievano, col passare dei secoli vide diminuire la propria importanza, in quanto le
chiese a lei soggette divennero gradualmente sede di parrocchie autonome.
All’inizio del XV sec. il “capitolo intrinseco” della chiesa di S. Genesio era
composto da 7 canonici, mentre il “capitolo estrinseco” era formato dai rettori
delle 12 parrocchie della pieve: Arconate, Borsano, Buscate, Busto Garolfo,
Castano (con due rettori porzionari), Cuggiono, Dairago, Inveruno, Magnago,
Padregnano e Turbigo. Gli altri paesi dipendevano in campo spirituale dai centri
vicini: Bienate, S. Antonino, Tornavento e Vanzaghello erano sottoposti a
Magnago; Induno, Malvaglio e Robecchetto a Padregnano; Nosate a Castano, Villa
Cortese a Dairago.
Il capitolo dei canonici residenti fu soppresso nel 1454 e con i redditi a esso
spettanti, il 13 marzo 1455, furono erette le cappellanie di S. Alessandro e di S.
Giovanni Evangelista, obbligando i cappellani a esercitare la cura d’anime a
Dairago e a Villa Cortese.
Molti dei prevosti e dei canonici che si succedettero in S. Genesio dal XIV
al XVI sec. appartennero alla famiglia Della Croce, una casata dairaghese da cui
discese Francesco della Croce (1391-1479) prevosto di Dairago, primicerio della
cattedrale e vicario dell’arcivescovo di Milano.

L’età moderna
Dopo l’arrivo degli Spagnoli, il feudo della pieve di Dairago fu venduto a
Castellano Maggi il 2 ottobre 1538; successivamente passò in eredità al nipote
Cesare Maggi e poi alla figlia di questi Ippolita, moglie del marchese Alfonso
Gonzaga di Castel Goffredo, che a sua volta vendette il feudo a Giovanni Battista
Arconati l’11 marzo 1570.
In seguito ad una controversia con gli eredi Arconati, la Regia Camera riprese il feudo, concedendolo
il 16 maggio 1652 a Giovanni Battista Lossetti di Vogogna. Col passare degli la pergamena del 922
anni i Lossetti posero in vendita molte località della pieve, così che solo
Dairago, Inveruno e Furato rimasero sotto la loro giurisdizione fino alla soppressione del potere feudale, alla
fine del XVIII sec.
Dall’esame delle mappe catastali del 1722 è possibile conoscere la passata organizzazione del
territorio di Dairago, che risultava per il 60% coltivato a vigneto, aratorio avitato o vigna con moroni, dove si
produceva un vino annoverato tra i più pregevoli del Milanese. Nella seconda metà dell’Ottocento le malattie
della vite (oidio, peronospora e fillossera) distrussero i vigneti, per cui l’economia locale si ridusse alla
coltivazione dei cereali e all’allevamento dei bachi da seta.
La parte occidentale del territorio comunale era coperta da una vasta brughiera, propaggine
meridionale di quella di Gallarate, trasformata nell’Ottocento in pineta e poi disboscata durante l’ultimo
conflitto; oggi è ricoperta da boschi di robinia, mista ad altre latifoglie.
Dalla fine del Medioevo, Dairago non conobbe nessuno sviluppo né urbanistico né demografico;
rimasta fino all’inizio del XIX secolo con meno di 500 abitanti, venne a essere uno dei centri minori della
sua stessa pieve.

Dalla rivoluzione francese


all’unità
Con l’arrivo in Italia di Napoleone e le
conseguenti riforme politiche, fu abolita la
pieve come circoscrizione civile; il territorio
della nuova Repubblica Cisalpina venne
diviso in dipartimenti e il 4 germinale anno
VI (24 marzo 1798) fu stabilita la divisione di
questi in distretti: i paesi dell’antica pieve
civile di Dairago costituirono il Distretto di
Cuggiono Maggiore. L’ordinamento
territoriale venne però rivisto numerose volte,
sia in epoca repubblicana sia alla nascita del
Regno Italico.
Dopo la restaurazione del dominio
austriaco in Lombardia, i distretti furono
mantenuti e il “compartimento territoriale”
del 1° maggio 1816 incluse nella Provincia di
Milano il Distretto XIV di Cuggiono
Maggiore, residenza dell’Imperiale Regio
Commissario distrettuale.
Nel nuovo compartimento, posto in
funzione il 31 marzo 1854, tale distretto
divenne l’XI della stessa provincia; finché
con la legge Rattazzi del 23 ottobre 1859 il
distretto cambiò nome in Mandamento di
Cuggiono, appartenente al Circondario di
Abbiategrasso, sede del sottoprefetto. Mandamenti e circondari furono aboliti con la riforma amministrativa
compiuta nel ventennio fascista.
Il Comune di Dairago fu abolito in seguito alla “Legge sull’Amministrazione Comunale e Provinciale”
del 20 marzo 1865, perché di popolazione Mappa con le parrocchie della Pieve di Dairago nel 1753
inferiore ai 1500 abitanti. Infatti con Regio
Decreto 24 dicembre 1868 il comune fu soppresso e aggregato prima a Busto Garolfo e quindi con
successivo R.D. 7 luglio 1869 unito ad Arconate; solo il 24 dicembre 1957 Dairago riebbe l’autonomia
amministrativa.

Dalla pieve al decanato


In campo religioso, al Concilio di Trento risale il rafforzamento dell’istituto del vicariato foraneo, ma
nella diocesi di Milano il card. Carlo Borromeo fece coincidere il territorio del vicariato con quello plebano
e, di norma, la carica di vicario fu conferita agli stessi prevosti.
Nel 1623 Cuggiono divenne sede di arcipretura e in seguito, per porre fine a lunghe contese con i
prevosti, fu stralciata dal vicariato di Dairago. Nel 1836 si staccò anche Castelletto, mentre nel 1903 vennero
separate le parrocchie di Buscate, Castano, Inveruno, Malvaglio, Nosate, Robecchetto, S. Antonino, Turbigo
e Vanzaghello; nel 1925 fu staccato Busto Garolfo e nel 1953 Borsano. Dairago rimase con le sole
parrocchie di Arconate, Bienate, Magnago e Villa Cortese fino al 1972, quando nella diocesi di Milano fu
abolito l’antico ordinamento pievano per formare i nuovi decanati.

Il Novecento
Il passaggio dall’Ottocento al Novecento rappresentò per Dairago il trapasso dalla civiltà contadina a
quella industriale. Molti furono i cambiamenti di quel periodo: la vecchia nobiltà vendette case e terreni, i
grandi possedimenti si frantumarono, i coloni di ieri divennero i piccoli proprietari di oggi, i palazzi
degradarono a case contadine.
Contemporaneamente il notevole sviluppo industriale, tessile e meccanico, dei vicini centri di Busto
Arsizio e Legnano, creò il pendolarismo della manodopera locale e spinse buona parte della popolazione
attiva ad abbandonare l’agricoltura per passare all’industria; col tempo anche a Dairago sorsero piccole
industrie e imprese artigianali.

Le chiese
Durante gli scavi archeologici, effettuati
nell’estate 1997 sotto il pavimento della parrocchiale di
San Genesio, è venuto in luce un piccolo sacello
presumibilmente pagano, trasformato dopo
l’evangelizzazione di Dairago in edificio paleocristiano,
forse il primitivo battistero della pieve, di cui si è
conservata la base circolare coperta da ciottoli e qualche
frammento del pavimento marmoreo. All’esterno del
sacello sono state rinvenute numerose tombe coeve, che
individuano un’intera area sacra.
Di notevole interesse, è stata la scoperta delle
fondamenta appartenenti all’abside semicircolare, alle
pareti della navata e al fronte della chiesa romanica,
anteriore al Mille e diretta a oriente dove sorge il Sole,
in senso opposto all’edificio attuale. All’interno si
stendevano diversi strati di pavimentazione in terra
battuta o in cocciopesto, disseminati di sepolture.
L’edificio sacro medioevale fu prolungato a
partire dal 1877, costruendo una nuova campata verso
ponente, il presbiterio con il coro e la sacrestia sul
fianco meridionale, l’orientamento della chiesa fu
quindi rovesciato.
I lavori di ampliamento della prepositurale terminarono nel 1888, dopo la costruzione della nuova
capriata del tetto, nonché la realizzazione dell’attuale
La chiesa prepositurale di S. Genesio
facciata, in sostituzione della precedente abside. Il
campanile moderno fu innalzato tra il 1891 e il 1892.
Del primitivo complesso religioso della pieve non rimane nulla, dopo la demolizione dell’antica e
ampia canonica situata a settentrione della chiesa e delle vecchie abitazioni circostanti abbattute nell’ultimo
ventennio.
Luogo di particolare devozione è la chiesa della Madonna in Campagna, che si trova ai limiti del
paese; edificata nel 1522, fu dotata di sacrestia nel 1751, del pronao nel 1937 e del campanile alla fine
dell’ultima guerra. Svolge la funzione di pala d’altare un affresco quattrocentesco raffigurante la Madonna
del Latte, forse appartenente alla chiesa di S. Nazaro, che sorgeva al posto di quella attuale. Notevoli sono il
paliotto in cuoio bulinato e decorato, con al centro l’immagine della Madonna dell’Aiuto, pregevole prodotto
dell’arte veneta del Settecento, nonché gli
affreschi sulle pareti datati 1551 e 1674.

Case e palazzi
Dell’antico nucleo abitativo del paese,
che si trova per lo più in condizioni di notevole
degrado, restano diverse “corti”, strutturate con
stanze e rustici dislocati lungo il perimetro di
uno spazio centrale aperto.
Tra gli edifici che mostrano nella loro
tipologia un’origine gentilizia, il più insigne è
il cosiddetto Camaóón, costruito nel 1550 dal
nobile Giovanni Francesco Casati sul luogo
dell’antica domus magna dei Della Croce, di
cui conserva l’ampia cantina. Questo palazzo è
stato per secoli al centro di una sorta di terrore
popolare di cui rimangono echi nella tradizione
orale, originato da scelleratezze e prepotenze compiuti dai proprietari. Dopo i recenti lavori di
ristrutturazione (1993), sulle pareti esterne restano parte degli affreschi datati 1566, nei quali si legge il
motto “forse che sì, forse che no” adottato da
La facciata principale del palazzo Camaóón con avanzi
Vincenzo Gonzaga duca di Mantova.
degli affreschi datati 1566
L’edificio è un monumento nazionale vincolato
dal 1979.
Un’altra costruzione di notevole interesse è la torre belvedere edificata nel 1812 dal patrizio milanese
Luigi Lampugnani, che domina i due cortili appartenuti
alla nobile casata Lampugnani, legata a Dairago
dall’epoca medioevale fino all’inizio del Novecento. Ai
piedi della torre si apre un elegante portale di gusto
rinascimentale; sulla vera ottagonale del pozzo, in mezzo
al cortile più moderno, è incisa la data 1898, ai lati si
aprivano in origine due portichetti, ornati da rilievi,
sostenuti da colonne granitiche.
Lungo un fianco della Via Fiume si snoda un
cortile originariamente munito di porticati a colonne,
appartenuto alla famiglia Corti, che conserva un’ampia
cantina “da vino” del 700, come precisavano le scritte
poste all’ingresso. Sull’altro fianco della stessa via si
trova il giardino in cui sorgeva la villa dei baroni Castelli,
poi appartenuta ai Tosi-Besana e infine demolita.
Ancora in Via Fiume sopra un muro sgretolato,
sono stati scoperti i frammenti di pregevoli pitture
dell’inizio del Quattrocento, che costituiscono l’ultima
traccia della residenza affrescata della nobile famiglia
Vismara, ricordata solo dal suo stemma. Nel 1996 alcuni
lacerti delle pitture sono stati strappati e restaurati.

Lino Colombo
La torre Lampugnani e il vecchio Municipio

Desunto da: GRUPPO DI RICERCA STORICA - DAIRAGO , Dayrago capo di pieve. Guida alla storia locale, Dairago 1997.

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