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• IMPRESE: unità che per natura propria producono redditi e riproducono capitali
tramite la produzione di beni economici.
Si addiviene per questi motivi al baratto multiplo (scambio la mia merce A con
una merce B poiché potrà tornarmi utili per ottenere una merce C).
Ai precedenti problemi si aggiungevano la variabilità dei valori nel tempo e il
numero infinito di rapporti di scambi che potevano realizzarsi.
Venne così in campo il baratto standard, dove una delle due merci del baratto era
un bene standard (sale, bestiame, metalli). Si trattava di beni noti a tutte le
controparti, diffusi e sempre simili a sé stessi, di valore relativamente stabile.
Il regolamento degli scambi venne gestito, tramite l’uso dei metalli preziosi, dalla
misura del peso e dalla misura della purezza. Si addiviene anche qui alla
standardizzazione tramite la produzione di monete.
Quadro statuale organico: una nazione frammentata e divisa non può giungere
alla rivoluzione industriale. Il caso tipo è rappresentato dalla rivoluzione industriale
inglese. L’Inghilterra era costituzionalizzate dal 1215-1227 e si unificò nel 1801:
possedeva un monarca, un esercito, una burocrazia, aveva accumulato capitali,
aveva dato avvio a miglioramenti agricoli e ad innovazioni tecniche (uso del
carbone per la macchina a vapore).
Successivamente presero avvio la rivoluzione belga, francese, olandese, tedesca
ed italiana. Le ultime due tardarono per via della loro disunità. Si parla a tal
proposito di rivoluzioni successive.
Economia di mercato significa di più: che non esistano privative (monopoli legali
riservati allo Stato o dati in concessione a privati) e che l’ordinamento tuteli
l’economia di mercato (l’ordinamento deve tutelare: l’iniziativa privata, cioè la
libertà di produrre, investire e commerciare senza divieto in alcun campo se non
quelli proibiti dall’essere pubblico; la proprietà privata, cioè la libertà di acquistare
e possedere liberamente; il funzionamento dei mercati, proteggendo dagli abusi
di mercato, dalla concorrenza sleale ecc. Importano poi le determinazioni strutturali
dell’ordine pubblico, delle attività pubbliche, dell’apparato burocratico e del
sistema tributario).
• Il tutto può coesistere con un settore agricolo arretrato poiché lo sviluppo prende
avvio dal settore secondario
Rispetto agli anni che vanno dall’ultimo quarto dell’Ottocento agli anni 1970 circa, i
decenni successivi hanno fatto riscontrare un mutamento nei modi di svolgere
l’attività industriale. Quegli anni erano stati caratterizzati da: produzioni di massa
organizzate in complessi produttivi alla ricerca di economie di scala, concentrate in
poche metropoli industriali nel soddisfacimento di domanda indifferenziata.
Ciò aveva dato avvio al fenomeno del gigantismo industriale con problemi di tipo
sociale e urbanistico (per i nuovi insediamenti, per l’immigrazione dall’interno e
dall’estero) organizzativo-gestionali (difficoltà di controllare strutture di sempre
maggiori dimensioni, accentuato ricorso al principio della gerarchia ecc.).
Si aggiunsero il pansindacalismo, le due crisi del 1973 e 1980, l’incremento dei
costi di lavoro ed energia. Si passò così e ancora si transita a:
• La corsa allo spazio durante la Guerra Fredda, la prima “crisi del petrolio” nel
1973 che indusse alla rivoluzione tecnologica iniziatasi con gli apparecchi
televisivi, radio, computer ecc.
Tende così sempre più spesso a prevalere il momento economico rispetto alla
sfera dei valori e alle tradizioni. Il tema è definito da alcuni “società liquida” ed è
stato narrato da Thomas Mann nella contrapposizione tra zivilisation
(incivilimento, rappresenta le forme della vita associata di un popolo, il suo modo di
vivere) e kultur (civiltà, rappresenta la cultura di un popolo e i suoi valori). Mann
sostenne che la zivilisation, procedendo verso una forma meccanica di progresso,
sarebbe sboccata nell’affarismo borghese, nella corsa al denaro e nel
consumismo.
Dopo l’Alto Medioevo (collasso del sistema degli scambi, ridotti livelli di attività e
produzione economica), l’economia di scambi riprende dai secolo XIII-XIV percorre
alcuni assi direzionali che la connotano: economia mediterranea a dominio
veneziano e delle repubbliche marinare; economia nord-europea e franco-
tedesca; età delle navigazioni oceaniche a dominio ispanico-lusitano;
sostituzione delle potenze marine a dominio dell’Inghilterra; spartizione
colonialista del continente africano; predominio statunitense
successivamente al 1944.
In tal modo il Portogallo getta le basi su tutta la rotta per le Indie monopolizzando i
commerci in quella zona.
Al Portogallo succede la Spagna che aveva già conquistato vaste porzioni del
continente americano. Iniziarono diversi problemi legati all’eccessiva importazioni
di prodotti con l’inflazione conseguente. Iniziarono guerra con gli Olandesi e gli
Inglesi che ingolositi dai possedimenti coloniali spagnoli, conquisteranno larga
parte dei loro territori.
Merita di essere ricordata la tratta degli schiavi, attuta da inglesi e olandesi, che
esportava uomini dall’Africa per ottenere forza lavoro nelle colonie americane. Tale
commercio venne concesso in monopolio agli inglesi (South Sea Company).
Il termine capitalismo viene in campo con i socialisti della fine dell’Ottocento che
lo utilizzavano in modo critico, influenzati dal macchinismo industriale e dai
fenomeni giudicati di sfruttamento operaio (sviluppi industriali di grandi imprese,
oligopoli, cartelli e monopoli, giornata lavorativa di 16 ore, mancata tutela
dell’operaio fino alla tutela sociale bismarckiana).Essi stentavano a credere che la
generazione di nuova ricchezza derivasse piuttosto dalla ricerca dell’efficienza,
dall’innovazione.
Il capitalismo naturalmente non è solo ricerca del massimo utile possibile. Weber
ricorda che vi è sempre un concorso di fattori economici ed extraeconomici e che
le spiegazioni unilaterali (sfruttamento marxiano) tendono sempre
all’incompletezza. Egli esclude la spiegazione del capitalismo derivante
esclusivamente dell’avidità di guadagno e dello sfruttamento economico. Weber
annota quanto segue:
Con il trascorrere dei secoli e con l0affievolirsi delle fede nel cuore delle masse,
questi convincimenti rimasero. Ciò significò: il lavoro per il lavoro e la ricerca
sconsiderata del guadagno.
• Troeltsch: pone l’accento sulla corrente del calvinismo. Egli ci ricorda che solo
una visione religiosa come quella della chiesa medievale può orientare tutta
l’attività umana alla svalutazione delle realtà terrene nella ricerca dell’aldilà; che
una volta spentasi questa visione ha dominato la scienza che ha condotto
all’individualismo moderno, materialista.
Forme di capitalismo si erano già sviluppate in Europa sin dal secolo XII, ascrivere
quegli sviluppi al protestantesimo e alla scesi laica poteva sembrare riduttivo. Fra
gli studiosi cattolici è opportuno ricordare Fanfani, che contestò la tesi di Weber:
• Il capitalismo si originò nei comuni italiani nel 1200, in ambito cattolico; tra la fine
del medioevo e l’inizio del rinascimento muta l’atteggiamento nei confronti della
ricchezza; si ha così un crollo etico delle attività economiche.
Secondo Fanfani il capitalismo nelle sue forme concrete risulta incompatibile con
una concezione cristiana dell’attività economica poiché non assicurerebbe una
equa distribuzione delle ricchezze. Questa è una posizione diffusa tra chi ignori
gli svolgimenti storici dell’economia:
Questi processi vengono definiti circolazione delle elites (imprese che rimangono
infeudate alla stessa famiglia), mentre il comparire, lo svilupparsi e il declinare delle
imprese è definito circolazione delle imprese o circolazione dei settori (Pareto).
Per quanto riguarda la Cina invece il capitale ebbe origine da capitali di Stato,
dall’auto-finanziamento delle imprese e da capitali esteri. Quello della Cina è più
un esempio di economia guidata.
L’esempio più interessante è quello dell’Italia dove il capitale ebbe origine dalle
banche, che erano nel contempo finanziatrici e socie delle imprese finanziate. Il
processo prese avvio con le produzioni belliche del 1915-1918, ma con il ritorno
alla pace molte imprese entrarono in crisi così come le banche che le avevano
finanziate. La situazione si trascinò così finche Mussolini trova una forma di
salvataggio: le tre banche vennero nazionalizzate e dichiarate banche di interesse
nazionale; i compendi industriali vennero racchiusi nell’IRI (istituto per la
ricostruzione nazionale). L’Italia aveva dato il via ad una economia mista (in
direzioni sempre più pubblicistiche e dirigistiche). Si parlò di terza via poiché il
sistema economico non venne organizzato secondo un principio liberista, neanche
collettivista e pianificato, bensì in modo intermedio secondo i principi
dell’economia programmatica (fondata sulla contrattazione e l’accordo pubblico-
privato sotto l’egida del Governo, al quale spetta stabilire le direttrici di sviluppo del
sistema economico).
DIRITTO: è compito del diritto animare le leggi e il sistema organico di leggi che
prende il nome di ordinamento. Da questo deriva una vita sociale ordinata poiché
orienta i comportamenti dei singoli, dei gruppi e dell’intera comunità (rafforzando i
deboli, evitando le frodi, tutelando l’ordine pubblico ecc.)
Il diritto romano è un sistema che regola da sempre la convivenza civile e ad
esso dobbiamo connotazioni tutt’ora attuali, come ad esempio la distinzione tra
proprietà e possesso o la formulazione di standard contrattuali. Il Codex iuris
civilis di Giustiniano influenzerà tutta l’Europa.
Con la rivoluzione francese e con quella del 1848, tutte le monarchie sono state
parlamentarizzate e con la fine del secondo conflitto mondiale, si sono diffusi
ovunque regimi repubblicani.
L’etica romana classica si fonda sui precetti del vivere secondo onestà e
correttezza, del non recare danno al alcuno, del compartire e del riconoscere a
ciascuno quanto gli spetta.
L’etica cristiana si basa su molti precetti, tra cui quelli di Tommaso d’Aquino, che
definisce il conoscere della ragione quale “sistema d’ordine” e riconduzione del
molteplice ad unità. La filosofia morale ci guida, secondo lui, secondo una
comprensione ben fondata di ciò che è giusto fare, che scelga i nostri scopi e vi
orienti i mezzi: la felicità consiste nel fine ultimo delle creature, Dio, raggiungibile
solo attraverso la virtù.
Kant fonda l’etica sull’uomo, sulla sua dignità di essere razionale, nel quale è
appunto la ragione a dettare i suoi comportamenti. La ragione debe orientare la
volontà a rispettare le leggi morali (dipendono dal nostro appartenere alla comunità
degli esseri razionali e sono superiori ai desideri soggettivi). Esistono per gli uomini
obblighi o imperativi categorici che sono: trattare l’umanità come fine e non
come mezzo, agire secondo principi che possano divenire regole universali.
Libero mercato significa libera concorrenza tra le imprese che tendono al proprio
continuo sviluppo. La tendenza delle imprese a migliorarsi ed espandersi porta ad
un conseguente miglioramento dei prodotti, ad una distribuzione migliore e alla
riduzione dei prezzi di vendita. Dall’economia di mercato possono derivare
vantaggi sia per le imprese, per i consumatori, per io settori industriali e per lo
Stato.
Una sola fattispecie può verificarsi in assenza di illeciti. Può accadere infatti una
acquisizione monopolistica nel proprio settore o mercato, con il potere di
dettare prezzi e quantità. Queste tendenze monopolistiche sono dominate da
grandissime imprese, costituite in forma di gruppo e governate da una holding.
Per molti secoli l’economia fu studiata dalle sole tecniche: la contabilità cioè la
ragioneria e le tecniche di amministrazione cioè tecniche mercantili, bancarie
ecc.
Adam Smith: vede la dinamica economica quale processo che prende corpo fra i
produttori, i consumatori e lo Stato nella forma di prezzi, scambi e mercati. Il
tutto si svolge all’insegna dell’incontro- scontro tra interessi personali anche
egoistici che portano all’equilibrio del sistema. Gli interessi degli uni e degli altri
all’acquisto o alla vendita di beni si incontrano negli scambi di mercato.
Raggruppando gli acquirenti e i venditori si ottiene l’incontro dei vantaggi reciproci,
la realtà di tutti gli scambi su tutti i mercati: se i prezzi sono troppo alti la domanda
diminuisce, se sono molto bassi la domanda sale ecc. Nello spazio e nel tempo si
realizza l’equilibrio fra domanda e l’offerta: “teoria della mano invisibile” del
mercato che tende autonomamente alla regolamentazione di domanda e offerta.
Si era diffusa nei secoli la divisione del lavoro: il lavoro veniva ripartito fra i vari
addetti che si specializzano sempre di più. Ciò consentiva di raggiungere i fini
aziendali in tempi più rapidi e di organizzarsi con elevata efficienza. Tale teoria era
già stata espressa da Adam Smith del 1772.
Karl Marx: egli vede fenomeni di sfruttamento operaio e decide di erigerli come
l’unica realtà economica. Divide l’umanità in capitalisti e proletari sfruttati. Gli
imprenditori sfruttano il plusvalore prodotto dagli operai accumulando capitali. A
furia di investire, sfruttare e produrre ci si trova ad aver prodotto più di quanto si
riesce a vendere. Il sistema capitalistico affronta così una o più crisi finché l’ultima
sarà definitiva e si potrà realizzare la rivoluzione proletaria.
Marx fraintende però tutto il processo di produzione: egli immagina che l’utile
ottenuto derivi dall’appropriazione del plusvalore. Al contrario, il maggior valore
che la produzione realizza deriva dall’utilità che il bene finito ha per il consumatore.
Non riusciva a vedere che il sano movimento economico si traduce in una crescita
continua di scambi, produzioni, valori. Egli trascurava che la classi sociali sono
semmai molti ceti; che i fenomeni di sfruttamento dipendono dalla domanda/
offerta di lavoro; che il sistema si regge sulle produzioni in serie scambiate nel
libero mercato invece che sull’autoconsumo.
Egli descrive il flusso circolatore della vita economica che tende all’equilibrio e
all’aggiustamento.
• Gli acquisti delle famiglie corrispondono alle vendite delle imprese, le famiglie
offrono lavoro alle imprese che coordinano capitali tramite la gestione per
produrre beni e ricchezza, ridistribuita nel sistema sottoforma di salari, stipendi,
interessi, utili.
Zappa: propone che l’economia aziendale si focalizzi sul reddito (non esiste
capitale che non sia stato reddito in precedenza: attività economica -> redditi ->
risparmi -> capitale -> attività economiche).
Egli afferma inoltre che il capitale non ha un valore in sé ma vale in funzione dei
redditi che esso può originare. Zappa propone che l’economia aziendale venga a
trattare le aziende cominciando dalle imprese, essa risulta sintesi organica di
Ragioneria, Gestione e Organizzazione. Capisaldi della teoria di Zappa sono:
L’economia aziendale si connotò per il realismo delle proprie ipotesi e per la scelta
dell’azienda quale soggetto di indagine. Stabilire di occuparsi dell’azienda
appariva un concetto molto vago: secondo l’articolo 2555 del Codice Civile
azienda è “insieme di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio
dell’impresa”. L’economia aziendale si occupa di azienda quale sistema
produttivo unitario e del reddito quale flusso di ricchezza. Le aziende utilizzano
fattori produttivi per produrre beni economici per distribuire ricchezza nella
forma di redditi e capitali.
Egidio Giannessi scelse di porre alla base dello studio dell’economia aziendale
solo le aziende di produzione. Fu proposto anche un campo di indagine più ampio:
il secondo campo scientifico omogeneo doveva comprendere tutte le aziende
operanti nel sistema quindi familiari, di produzioni e pubbliche territoriali.
Questo più ampio perimetro venne suddiviso in due:
• Caratteristiche tipo (il profilo sistematico espressivo della natura specifica del
singolo tipo di impresa)
• Funzioni (profili tipici che ne derivano, i compiti che le connotano) e strutture
(insieme di operazioni-processi-combinazioni che ne derivano necessariamente)
• Forme di equilibrio (modi di raggiungimento e mantenimento dell’economicità),
forme di sviluppo (modi di adeguamento continuo allo sviluppo del mercato),
forme di crescita (modi di aumento delle dimensioni intese come capacità
produttiva)
Occorre distinguere nei loro metodi le scienze sociali da quelle della natura:
Alcune scienze sociali orientano poi scienze pratiche, risulta per questo
fondamentale che il momento astratto risulti ben fondato.
• I propri teoremi
• La prassi che essa suggerisce su gruppi, serie, classi e sistemi di fatto scientifici
Non tutte le azioni compiute dagli operatori sono economiche (ad esempio azioni
che non comportino scambio monetario, compiute per passatempo, azioni di
beneficenza, cessione gratuita di prodotti, donazione, cessione gratuita di beni
ecc.) e vengono appunto definite come non economiche.
E’ questo il caso delle aziende senza fine di lucro istituite e rette per uno
scambio di mercato suggellato dal semplice pareggio (lo scambio di mercato
non esiste, le prestazioni sono gratuite). Il fatto che non vi sia scambio di mercato
fa sì che in esse non sempre si presti attenzione alla economicità, occorre allora:
una gestione efficiente di costi che cerchi di minimizzarli e una definizione dei
prezzi-ricavo che possano risultare convenienti per il pubblico.
Con l’influsso dello scientismo e del materialismo accadde che alcune “formule
vuote” vennero trasformate in suggerimenti pratici per il comportamento
economico (essi consideravano un sono individuo, che compie una sola azione, in
mercati perfetti, in assenza di stato). Risultava così semplice trovare una risposta ai
problemi.
Herbert Simon: nella realtà esiste una razionalità limitata. Nelle organizzazioni
“decisione razionale” va intesa come subordinata ai vincoli stessi e limitata al loro
perimetro. Si tratta perciò di “decisioni soddisfacenti”.
Il materialismo di certa economia politica tende però sempre a risorgere: tra gli
anni ’60 e ’70 nacque la scuola delle aspettative razionali (Muth, Lucas, Sargent,
Barro). Essa sostiene che: i mercati sono tutti in equilibrio, le imprese operano
massimizzando l’utilità individuale, la disoccupazione è solo volontaria, le
informazioni sono trattate in modo ottimo, vige l’anticipazione perfetta del futuro.
Essa ci dice che: la probabilità di errore è tanto maggiore quanto più prossima
al valore massimo dell’esattezza, quanto più ci si allontana dall’esattezza
massima diminuisce la probabilità di errori sia positivi sia negativi.
Estesa al campo economico essa diviene una legge che ci offre la legge di
distribuzione di qualsiasi struttura oggettiva o comportamento soggettivo: i
valori si distribuiscono secondo la probabilità che hanno di sussistere o
manifestarsi da 0 a 1, il massimo si concentra nella media dei valori misurati, la
maggiore o minore dispersione dei valori attorno alla media rende la curva più
larga o più stretta, l’area sottesa assume valore 1 quale sommatoria di tutti i valori
probabili.
La famiglia può essere intesa come cellula della società .Della famiglia
l’economia aziendale studiami profili economici, le relazioni economiche
interne ovvero redditi, tributi, consumi, investimenti. Si connette:
• Alle aziende territoriali per i beni di cui fruiscono e alle quali indirizzano il
pagamento dei tributi
La famiglia è dunque unità di base dei sistemi sociali. Sin dall’antichità sistemi
sociali significa sistemi economici cioè sistemi di produzione, di consumo, di
scambio nell’ambito di un ordinamento e di un sistema monetario. Da sempre le
attività vengono fuse in ambito familiare: da esse promana attività lavorativa, si
consolidano i redditi, effettuano scelte di consumo o risparmio, corrispondono o
evadono i tributi.
Nell’azienda familiare prendono corpo anche altri tipi di azioni definite non
economiche (perfezionamento individuale, educazione dei figli ecc) in quanto non
direttamente basate sullo scambio di mercato. Anche queste sono comunque
azioni economiche in quanto possono tradursi in costi effettivi o in risparmi.
1. Re=T+C+I
2. C=Re-I-T (quota di reddito residua dopo il pagamento dei tributi ed eventuali
investimenti)
3. I=Re-C-T (quota di reddito residua dopo il pagamento dei tributi e il
sostenimento di costi di consumo)
2 e 3 rappresentano due casi opposti: la compressione dei consumi al fine di
risparmio/investimento e la compressione degli investimenti per poter sostenere
un livello di consumi.
La 3, nel caso in cui tributi e consumi fossero maggiori dei redditi, potrebbe dar
luogo a un valore negativo di I, si parla allora di disinvestimenti, cioè vendita di
beni patrimoniali per far fronte al livello prescelto di T+C.
• Primari o secondari
• Necessari o voluttuari
• Funzionali o ostentativi
• Costruttivi o decostruttivi
Esistono poi i “consumi di lusso” acquistati da tutti colore che vogliono
migliorare la propria condizione economica e quella materiale, distinguersi dalla
massa, fruire di beni eleganti e raffinati.
Nelle epoche moderne i beni di lusso hanno rivestito un ruolo rilevante nei
processi di sviluppo economico, importanti a riguardo sono le affermazioni di
Sombart:
• I beni di lusso svilupparono il commercio all’ingrosso
Al giorno d’oggi occorre riconoscere alcuni profili di utilità che essi possiedono ai
fini del progresso: stimolano la creatività artistica e tecnica, generano domanda,
stimolano un desiderio di imitazione creativa.
Negli ultimi duemila anni di storia vi sono grandi periodi di formazione di Stati e
Imperi. Si formarono in questi anni gli Stati Nazionali fino alla costruzione degli
Imperi Coloniali. Sarà la Prima Guerra Mondiale a generare l’instabilità del
18-39 e la Seconda Guerra Mondale a porre le premesse per il ruolo egemone
degli Stati Uniti, della decolonizzazione, degli Stati Nazionali, della transizione
verso l’oriente.
Alcune funzioni furono sempre ritenute proprie dello Stato: difesa esterna e
ordine pubblico, giustizia, amministrazione pubblica. Queste funzioni
derivano dalla concezione di Stato quale entità giuridico-politica che origina il
perimetro dei compiti dello Stato.
Al riguardo vige una interpretazione che ignora gli effetti che la riduzione delle
imposte potrebbe avere (minori sprechi pubblici, maggiori consumi e risparmi).
L’interpretazione positiva di quanto detto tante a sottostimare gli effetti negativi
dell’eccessiva espansione della pubblica amministrazione.
I tributi derivano dalle imposte, determinate per legge. La storia delle imposte è
ravvisabile nella loro natura che da reale e indiretta tende a diventare diretta e
riferita alla produzione di redditi.
Adam Smith: i sudditi di ogni Stato devono provvedere al sostentamento del
governo in proporzione alle loro capacità. L’imposta deve essere certa e non
arbitraria, prelevata nel momento più opportuno per il contribuente.
Einaudi: le imposte vanno pagate per far fronte al costo della prestazione, sono
spese necessarie per i benefici collettivi.
La scelta dei criteri per stabilire il tipo di imposte prende il nome di “politica
delle imposte”. Esse hanno teso a distribuirsi nei seguenti tipi: generale sui
consumi, speciale sui consumi, sulle proprietà, sui redditi delle persone
giuridiche, sui redditi delle persone fisiche.
IMPOSTE SUI CONSUMI: una delle imposte più facili a venire esatta soprattutto
dove essa colpisca beni primari o necessari. Essa tese a convertirsi in una
“imposta generale sull’entrata” che colpiva ogni passaggi dalla filiera
produttiva al consumatore. Divenne in seguito “imposta sul valore aggiunto”
che colpiva solo l’incremento netto di valore realizzato in ciascuno stadio della
filiera produttiva (20-22%)
Il bilancio pubblico risulta quale bilancio di cassa, cioè per entrate e uscite. Il suo
equilibrio può esprimersi con risultanze positive, negative o nulle.
Entrate=Uscite = Pareggio
• Fase tre (rendicontazione): raccolti tutti i conti nei mesi successivi (Gennaio-
Maggio), il bilancio viene trasmesso agli organi di controllo per giudizi di
approvazione, compete loro la verifica del bilancio consuntivo dello Stato
(Corte di Conti, magistratura contabile con funzioni amministrative, di controllo
e giurisdizionali. Ad essa spettano: il controllo delle leggi contabili, dei conti resi
dagli amministratori, sull’efficacia dell’azione amministrativa).
Le intuizioni dell’impresa furono: dividere i processi tecnici nelle loro varie fasi, di
assegnare a ciascuna di esse singoli operatori, di coordinare il tutto tramite la
gestione. Ciò dopo Spencer prese il nome di specializzazione e
coordinamento (introdotto negli studi aziendali da Besta, Lawrence, Lorsch).
Questo processo prese luogo in tutte le imprese di tutti i settori, specialmente
dopo la rivoluzione industriale. Con il passaggio dalle operazioni meccaniche a
elettroniche cresceva sempre più l’efficienza delle operazioni. Così facendo sì
consentì lo svolgimento sempre più perfezionato dei compiti e il miglioramento
progressivo delle tecniche di produzione e gestione.
• Secondo i marxisti esse erano tese a sfruttare gli operai peri consentire ai
“capitalisti” di accumulare capitali in misura sempre maggiore da non riuscire
poi a trovare un impiego.
Il tema degli obiettivi di chi dirige può essere diviso i tre momenti:
Gli obiettivi sono dunque frutto di valutazioni personali che comporteranno una
“massimizzazione soggettiva”. Essi derivano dal principio della risultante, cioè
dall’aggregazione di interessi e valutazioni differenziate. Le decisioni vengono
prese con riguardo ad un insieme prescelto di obiettivi (funzioni-obiettivo) e a
precisi archi temporali: sono dunque funzioni obiettivo multiperiodali.
Nel 1960 si diffuse la nozione di impresa quale sistema, cioè di parti interagenti
che tendono ad agire-reagire quale sistema sociale. Per l’economia aziendale
l’azienda di produzione è un sistema esteso nello spazio e nel tempo. Essa
è anche sistema di produzione economica e nel contempo un sistema di
capitali e redditi, di fattori produttivi, di prezzi, di investimenti finanziari, di
decisioni, di rischi. Essa non è quindi sistema nel senso fisico-meccanico e
neanche biologico-fisiologico: vi sono nell’impresa fattori personali, per i quali
valgono le leggi di comportamento, e materiali, per i quali valgono le leggi
tecniche. Tutto ciò è permeato di giuridicità e soggetto a leggi economiche.
Essa risulta essere un generale sistema di trasformazione:
Produrre vuol dire: sostenere costi per ottenere ricavi, derivare un reddito
maggiore/uguale/ minore di zero, incrementare o decrementare il capitale iniziale.
• Le perdite compaiono tra le parti positive del reddito come espressione della
quota di costi che la gestione non è riuscita ad integrare.
Per effettuare le proprie attività l’impresa effettua investimenti negli elementi del
capitale finanziario necessari nel proprio settore. Questi investimenti sono
rappresentati nel bilancio nella sezione “attività” (investimenti intesi quale
impiego di capitale).
L’impresa da origine ad investimenti tramite capitali originariamente in forma
liquida collocati nelle passività. Tali capitali possono avere origine: dal capitale
proprio dell’impresa e dai debiti.
• A fecondità semplice (si ricostruiscono ogni volta con la vendita del bene
ottenuto)
• A fecondità ripetuta (si ricostruiscono una volta venduti tutti gli x beni che essi
hanno concorso a produrre)
Così facendo gli investimenti si realizzano.
Con l’invenzione della macchina, la forma muscolare viene sostituita dalla forza
meccanica. Da questo momento in poi è un generale susseguirsi di invenzioni
ed innovazioni fino alla creazione di imprese chimiche, meccaniche, elettriche e
di trasporti. Nel contempo molte produzioni diventarono di stabilimento e di
serie.
In tutti gli altri settori le imprese acquistano da altre imprese. Ciò fa dipendere
l’impresa dal fatto che esistano una molteplicità di fornitori. Dipende tutto dalla
struttura competitiva del mercato e dal vario potere contrattuale dei
fornitori.
Ciò conduce alla “politica delle scorte”: esse incorporano un costo che viene
recuperato quanto più a lungo esse giacciono nei magazzini. Le aziende
possono tenere scorte ampie di magazzino nonostante i costi di giacenza oppure
tenere scorte ridotte per ridurre i capitali investiti in esse.
• Politiche distributive
L’impresa deve decidere se realizzare le proprie vendite in forma diretta o per il
tramite di altri operatori. Essa può vendere: tramite concessionari, grossisti,
rappresentanti o tramite una propria rete di vendita. La prima forma evita il costo
dell’apparato di vendita ma costringere a riconoscere ai venditori quote di
margini. La seconda forma comporta costi immediati ma consente la conoscenza
immediata della vendita.
La banca nasce per custodire il patrimonio regio, poi quello altrui e infine per
distribuire liquidità a persone o enti che avessero desiderato quel tipo di
protezione. Nacquero così i ruoli professionali dei depositari e degli scambisti.
Altrettanto avvenne a Roma, dove le banche svolgevano prestito in forma di
mutuo e il pagamento indiretto. I compiti svolti dalle banche nell’antichità erano:
La funzione principale della banca è quella della concessione del credito che
agevola l’equilibrio monetario dell’impresa: esse concedevano credito all’impresa
in forma di anticipazioni di liquidità che l’impresa fosse però in grado di
rimborsare in tempi brevi, alla chiusura del circuito acquisti-produzione-vendite,
è questa l’essenza economica del credito a breve. Proprio perché legati al ciclo
trasformativo dell’impresa i crediti si ritrasformavano in liquidità in tempi brevi.
L’azione della banca può essere interpretata secondo due teorie: la banca quale
azienda di credito e la banca quale emittente di circolazione e artefice del
credito all’economia. Essa raccoglie depositi in forma monetaria e tramite
questi concede crediti.
Le aziende familiari corrono rischi connessi alla proprietà, alla morte. Le aziende
di produzione e quelle territoriali possono/debbono assicurarsi contro gli incendi,
i danni, i furti, gli allagamenti. Le aziende di produzione non possono però
assicurarsi contro i rischi d’impresa.
Gli assicuratori si trovano di fronte a due diverse categorie di rischi, quelli non-
assicurabili (rischi imprevedibili dalle conseguenze economiche tanto ingenti che
nessuno sarebbe disposto a pagarle) e assicurabili (gradazione di rischi minori
sia come risarcimento sia come probabilità di manifestazione).
Premio = pP + qCGEN
Premio= (probabilità di verificarsi x perdita assicurata) + quota di costi generali
dell’impresa
L’attività produttiva veniva svolta per il tramite: della specializzazione dei compiti,
del coordinamento delle funzioni, della guida imprenditoriale e direzionale.
Egli sosteneva che applicando il metodo scientifico allo studio del problema
organizzativo si sarebbe potuta ottenere la “soluzione ottimale”. Questa
sarebbe risultata oggettiva. Esse avrebbero consentito progressi tecnico-
produttivi ed economici. Taylor suggerisce di fondarsi su quattro principi
fondamentali:
SIMON ricorda che nelle organizzazioni gli individui operano con razionalità
limitata, che essi non campione scelte “ottime” bensì soddisfacenti.
Nasce così lo studio delle figure direzionali intermedie fra imprenditore e classe
impiegatizia, gli executives (dirigenti) responsabili di servizi e funzioni.
Marx vedeva il declino della proprietà come tappa intermedia del crollo del
sistema di libero mercato. Schumpeter si dimostrava scettico sulla
sopravvivenza dell’impresa e dell’imprenditore-innovatore. Rathenau vedeva con
sfavore lo spersonalizzarsi dell’impresa rispetto all’imprenditore e agli azionisti
poiché così si sarebbe potuta liberare da gruppi egoisticamente interessati.
Berle e Means annotano che: la proprietà azionaria si è polverizzata e gli
azionisti costituiscono una proprietà passiva, il controllo effettivo è in mano ad
azionisti, dirigenti e direttori. Si determinano così interessi divergenti e ciò crea
conflitto.
L’attività lavorativa è una delle forme di realizzazione della persona nella sua
compiutezza. Risulta rilevante che il lavoro sia socialmente produttivo,
equamente retribuito ecc. Divengono allora rilevanti tre serie di fattori che
vengono a determinare le condizioni di lavoro effettive, i suoi contenuti e le sue
modalità:
Le strutture formali plasmano in vario modo gli organici (il loro ordinamento, il
numero degli addetti, la qualificazione ecc.). L’ordinamento di carriera
(comportamenti specifici e concerti che si sostanziano in scelte che, adottare dei
gerenti, si trasformano in prassi) fa riferimento alle modalità di ascesa ai livelli
superiori della piramide organizzativa. Esso riguarda queste variabili: il livello
di assunzione in funzione dei titoli di studio e delle esperienze, le modalità di
accesso al livello superiore, l’ampiezza delle delega a ciascun livello direttivo, la
struttura del trattamento retributivo.
Le aziende territoriali e le imprese vivono nella realtà dello spazio tempo e per
questo devono organizzarsi dal punto di vista delle relazioni con le proprie
controparti.
L’architettura delle aziende territoriali dipende dalla storia dello Stato, dal
diritto pubblico e costituzionale ecc. Le sue funzioni sono poi definite
dall’ordinamento, quindi dal diritto pubblico e amministrativo. Dall’organizzazione
esterna delle imprese territoriali derivano interazioni con le collettività di
riferimento e i loro cittadini.
• Dal punto di vista dei rapporti con le controparti esterne (struttura delle
connessioni con il sistema di appartenenza)
• Dal punto di vista giuridico di uno specifico ordinamento (forma giuridica con
cui l’impresa prende esistenza)
Per organizzazione esterna si intende l’architettura e il funzionamento
dell’azienda relativamente alle sue controparti istituzionali, di settore, di
mercato. Le imprese svolgono la propria attività in specifici contesti spaziali,
settoriali e concorrenziali.
• Titolare di diritti e obblighi diveniva quindi la società per azioni che rispondeva
nei limiti del proprio patrimonio.
Nasce così il concetto di persona giuridica: qualcosa di inanimato che però era
persona, che non prendeva decisioni ma che rispondeva delle obbligazioni con il
proprio patrimonio. L’imprenditore imputava le conseguenze del proprio agire alla
persona giuridica.
Il problema si pose diversamente per le s.p.a che si fossero quotate alle borse-
valori, diffondendo le proprie azioni. Nasce allora la distinzione tra gli azionisti
del “gruppo di controllo” (fondatori, minoranza coesa) e gli “azionisti di
minoranza” (che avessero acquisito dopo partecipazioni azionarie, maggioranza
disgregata). Venne in capo il problema della tutela degli azionisti di minoranza
poiché essi non godevano degli stessi privilegi del gruppo di controllo:
conoscere in anticipo la redditività dell’azienda, effettuare operazioni speculative
in titoli o merci, cedere attività personali con sovrapprezzo ecc.
I consorzi sono unioni o alleanze tra imprese al fine di ottenere leciti vantaggi
comuni (al fine di ottenere prezzi-costo minori, prezzi-ricavo maggiori, vantaggi
gestionali di vario genere). I consorzi possono essere:
• Esistono poi gruppi aziendali in cui una holding controlla verticalmente una
società A, che controlla identicamente una B che a sua volta controlla una C e
così via, al solo fine di diluire i capitali necessari al controllo e governare estesi
compendi industriali con apporto minore di capitali propri.
• L’insieme costituisce una unità dal punto di vista delle strutture, del
coordinamento, dell’esercizio dei poteri ecc.
Processo di diluizione degli utili: di mano in mano che gli utili affluiscono ai
livelli superiori, essi risultano diminuiti, sempre secondo il grado di interessenza.
Se la controllata di ultimo livello è poco redditizia, la diluizione conviene; se essa
è redditizia la diluizione di larghi utili non conviene. Ecco allora che i gruppi di
controllo aumentano la catena per aumentare la diluizione delle perdite e la
abbreviano per ridurre la diluizione degli utili.
Le risorse per sostenere tali spese derivano, IN GENERALE, dai propri capitali,
dalle proprie entrate e dal credito bancario.
• Le aziende territoriali derivano le proprie disponibilità tipicamente dalle
entrate tributarie e dall’indebitamento.
Questa identità dice che il livello dell’attività economica di una “nazione chiusa”
dipende dall’ammontare delle spesa di tutte le aziende per investimenti, beni di
consumo durevole e corrente.
Gli Stati Uniti, tra i vincitori, avevano ammassato così tanto oro da poter forgiare
un nuovo sistema monetario detto gold exchange standard. Tale sistema era
fondato sui seguenti presupposti:
Dopo il conflitto in Vietnam gli Stati Uniti iniziarono a stampare grandi quantità
di carta moneta diminuendo la copertura oro-dollaro per evitare che la
maggiore circolazione monetaria potesse aumentare l’inflazione, adottando la
strategia di collocarli in Europa sottoforma di euro-dollari.
La Francia iniziò a trasmettere negli USA varie navi da carico stivate di euro-
dollari chiedendone il cambio in oro, finché Nixon si vide costretto a dichiarare
l’inconvertibilità del dollaro statunitense. Da allora il sistema monetario ha la
fiducia reciproca nell’accettare e scambiare valute.
Tale equilibrio ha visto declinare alcuni stati e crescerne altri (Estremo Oriente,
Giappone, Cina) oggi largamente esportatori, che hanno accumulato ingenti
volumi di riserve investiti principalmente in titoli del debito pubblico statunitense.