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Brevi note sui “publicani” 345

DALLE FRUMENTATIONES ALLE


DISTRIBUZIONI DI PANE.
RIFLESSIONI SU UNA RIFORMA DI AURELIANO

Il privilegio di essere cittadini dell’Urbe

Nel 123 a.C. il tribuno della plebe Gaio Sempronio


Gracco fece votare una legge, la lex Sempronia frumenta-
ria, con la quale lo Stato si assumeva, tra l’altro, l’onere di
vendere mensilmente a tutti i cittadini romani il frumento al
prezzo costante di 6 assi e un terzo per moggio: ebbero ini-
zio le frumentationes, così chiamate a partire dall’epoca di
Augusto1.
Il provvedimento risultò molto gradito alla plebe, ma
non altrettanto ai senatori, un illustre portavoce dei quali,
Cicerone, riteneva che tale magna largitio mirasse ad otte-
nere l’appoggio dei ceti più poveri, per i quali rappresenta-

1
Per un elenco ragionato delle fonti in merito, cfr. G. Cardinali,
s.v. frumentatio, in Dizionario epigrafico di antichità romane, a cura di
E. De Ruggiero (d’ora in poi abbreviato in DE), vol. III, Roma 1922,
229-230; F. De Martino, Storia della costituzione romana, vol. II,
Napoli 19732, 507-509. La parola frumentatio, nel significato di distri-
buzione di frumento pubblico alla plebe urbana, è usata per la prima
volta nel Mon. Ancyr. 3.15.1: cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit.,
225 e TTL, vol. VI, col. 1408, s.v. frumentatio. Prima di allora per fru-
mentatio si intendeva invece solo il rifornimento di grano destinato ai
soldati: cfr. Caes. Gall. 6.39.1, 7.16.3, 7.64.2; Hirt. Gall. 8.7.8; Liv.
31.36.5-6, 32.13.14.
346 Cristina Soraci

va un incentivo all’inattività, e che comportasse una spesa


eccessiva per lo stato: Frumentariam legem C. Gracchus
ferebat. Iucunda res plebi; victus enim suppeditabatur
large sine labore. Repugnabant boni, quod et ab industria
plebem ad desidiam avocari putabant, et aerarium exauri-
ri videbatur2.

2
Cfr. Cic. Sest. 48.103; Id. de off. 2.21: C. Gracchi frumentaria
magna largitio, exhauriebat igitur aerarium; Id. Tusc. 3.20.48: et qui-
dem C. Gracchus, cum largitiones maximas fecisset et effudisset aera-
rium, verbis tamen defendebat aerarium. Si veda anche quanto osser-
va Diod. 34/35.25 (kai;to;koino;n tamieiòn eij~ aijscra;~ kai;ajkaiv-
rou~ dapavna~ kai; cavrita~ ajnalivskwn); App. b.c. 1.21.88-90 (kai;
perifanevstata aiJreqei;~ eujqu;~ ejpebouvleue th/̀ boulhÛ̀, sithrev-
sion e[mmhnon oJrivsa~ eJkavstw/ twǹ dhmotwǹ ajpo; twǹ koinwǹ
crhmavtwn, ouj provteron eijwqo;~ diadivdosqai. kai; oJ me;n ojxevw~
ou{tw~ eJni;politeuvmati to;n dhm̀on uJphgavgeto) e 2.120.506, in cui
l’autore parla di sithrevs ion toi`~ pevnhsi corhgouvmenon che avreb-
be condotto a Roma to;n ajrgo;n kai;ptwceuvonta kai;tacuergo;n th`~
∆Italiva~ lew;n; Liv. perioch. 60: C. Gracchus, Tiberi frater, trib. ple-
bis, eloquentior quam frater, perniciosas aliquod leges tulit, inter quas
frumentariam, ut senis et triente frumentum plebi daretur. Cfr.
Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, vol. VII1, 1910, col. 173;
Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 230; L. Spaventa De Novellis, I
prezzi in Grecia e a Roma nell’antichità, Roma 1934, 80; H.
Bolkestein, Wohltätigkeit und Armenpflege im vorchristlichen
Altertum. Ein Beitrag zum Problem “Moral und Gesellschaft”, Utrecht
1939, 372-375; A.R. Hands, Charities and social aid in Greece and
Rome, London 1968, 101-102; C. Nicolet, Il mestiere di cittadino nel-
l’antica Roma, Roma 1982 (ed. orig. Paris 1976), 245; F. De Martino,
Storia economica di Roma antica, vol. I, Firenze 1979, 178; C.
Nicolet, Varron et la politique de Caius Gracchus, in Historia, 28,
1979, in partic. 295-300; F. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae» da
Gaio Gracco a Publio Clodio, in Sodalitas. Scritti in onore di Antonio
Guarino, vol. 2, Napoli 1984, 535 n. 16 e 542 e n. 50. Il prezzo di ven-
dita del grano non pare, tuttavia, aver gravato in maniera eccessiva sui
bilanci dello stato: cfr. D. Van Berchem, Les distributions de blé et
d’argent à la plèbe romaine sous l’empire, Genève 1939, 18; Reduzzi
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 347

Contrariamente a quanto affermava Cicerone, questa


legge deve essere invece considerata un tentativo dello
Stato di regolarizzare il mercato e di limitare le speculazio-
ni sul grano che, specie in periodi di carestia, si verificava-
no con una certa frequenza, facendo scarseggiare il prodot-
to sul mercato e aumentandone i prezzi3.

Merola, «Leges frumentariae», cit., 542; F. Meijer, The financial


aspects of the leges frumentariae of 123-58 BC, in MBAH, 9, 1990, H.
2, 14-23; J. v. Ungern-Sternberg, Die politische und soziale Bedeutung
der spätrepublikanischen ‘leges frumentariae’, in Nourrir la plèbe.
Actes du colloque tenu à Genève les 28 et 29.IX.1989, en hommage à
D. Van Berchem, Basel-Kassel 1991, 31-35; F. Meijer, Cicero and the
costs of the republican grain laws, in De agricultura. In memoriam
Pieter Willem De Neeve, Amsterdam 1993, 153-163.
3
Già Van Berchem, Les distributions, cit., 17-18 metteva in guar-
dia dal considerare la lex Sempronia e le altre successive leges frumen-
tariae provvedimenti di carattere demagogico, volte a demoralizzare il
popolo e a rovinare lo Stato. Questa la teoria tradizionale, che a parte
qualche eccezione (si vedano a riguardo le osservazioni che già agli
inizi del secolo faceva R. Macherione Raineri, Sulla lex frumentaria di
Caio Gracco. Osservazioni al Callegari, in Annuario dell’Istituto di
Storia del Diritto Romano, 8, 1901-1902, 202-204), ha sempre incon-
trato molto favore, anche di recente: cfr., ad es., P. Garnsey - D.
Rathbone, The background to the grain law of Gaius Gracchus, in JRS,
75, 1985, 20-25; C. Virlouvet, Famines et émeutes à Rome des origines
de la République à la mort de Néron, Rome 1985, 102-117; C.W.
Weber, Panem et circenses. La politica dei divertimenti di massa nel-
l’antica Roma, trad. it. (ed. orig. Düsseldorf-Wien 1983), Milano 1986,
245-248; G. Pucci, I consumi alimentari, in Storia di Roma, vol. IV:
Caratteri e morfologie, Torino 1989, 376-377; Ungern-Sternberg, Die
politische und soziale Bedeutung, cit., 19-31 e 36-41; P. Garnsey,
Carestia nel mondo antico, trad. it., Firenze 1997, 275, 300 e passim;
P. Erdkamp, Feeding Rome, or feeding Mars? A long-term approach to
C. Gracchus’ lex frumentaria, in AncSoc, 30, 2000, 53-70. Sugli acca-
parratori di derrate e, in generale, sui commercianti che tentavano di
ricavare il maggior profitto possibile dalla vendita in periodi di carestia,
si vd., per l’età repubblicana, Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE,
348 Cristina Soraci

In tal senso, la proposta di legge di Gaio Gracco si


iscriveva all’interno di una serie di misure prese nel corso
dell’intera età repubblicana (e analoghe a quelle di molte
città greche, in primis Atene) allo scopo di venire incontro
ai bisogni degli abitanti di Roma nei periodi in cui più dif-
ficile appariva il reperimento del grano. Simili misure, che
consistevano da un lato nella nomina di funzionari straordi-
nari incaricati di acquistare il frumento dalle regioni pro-
duttrici, dall’altro nella distribuzione gratuita o a prezzo
ridotto dello stesso, erano però sporadiche ed eccezionali e
miravano a risolvere solo temporaneamente il problema
della carenza del prodotto sul mercato4. Il merito di Gaio

cit., coll. 141-142 e Garnsey, Carestia, cit., 243-244, 287-288. Circa la


repressione dei crimini annonari, condannati da Augusto con lex Iulia
de annona del 18 a.C. (cfr. D. 48.12), e le speculazioni dei cosiddetti
dardanarii, cfr. A. Pollera, “Annonam adtemptare et vexare vel maxi-
me dardanarii solent”. D. 47.11.6: note sulla repressione dei crimini
annonari, in Index, 19, 1991, 405-431; E. Höbenreich, Annona.
Juristische Aspekte der Stadtrömischen Lebensmittelversorgung im
Prinzipat, Graz 1997, 205-284.
4
Non ci soffermeremo qui sull’analisi delle fonti che mostrano gli
interventi di età repubblicana, ad opera dello stato o di privati, in que-
sto campo; basti il rimando a J. Marquardt, De l’organisation financiè-
re chez les Romains, trad. franç., Paris 1888, 138-141; Cardinali, s.v.
frumentatio, in DE, cit., 225-229; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 369-
371; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 239-244; G. Rickman, The
corn supply of ancient Rome, Oxford 1980, 28-36; L. Cracco Ruggini,
L’annona di Roma nell’età imperiale, in Misurare la terra: centuria-
zione e coloni nel mondo romano. Città, agricoltura, commercio: mate-
riali da Roma e dal suburbio, Roma 1985, 225-226; A.M. Liberati
Silverio, Le «frumentationes», in Le vie mercantili tra Mediterraneo e
Oriente nel mondo antico, Roma 1986, 83-84; E. Lo Cascio,
L’organizzazione annonaria, in Civiltà dei Romani, I, La città, il terri-
torio, l’impero, a c. di S. Settis, Milano 1990, 231; Garnsey, Carestia,
cit., 231-251 e 268-275. In particolare sul grano che giungeva a Roma
dalla Sicilia, specie in occasione di penurie alimentari, cfr., da ultimo,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 349

Gracco fu indubbiamente quello di avere pensato ad una


soluzione a lungo termine.
Le distribuzioni frumentarie a prezzo ridotto vennero
poi effettuate regolarmente, eccettuati alcuni anni di inter-
ruzione durante la dittatura di Silla, e con poche modifiche
rispetto al progetto di legge originario, fino al 58 a.C.,
quando il tribuno della plebe Clodio le rese gratuite; a detta
delle fonti in nostro possesso, di spiccata tendenza filosena-
toria, la manovra sarebbe stata dettata esclusivamente dal
desiderio di attirare a sé il favore della plebe, ma appare più
obiettiva e condivisibile l’opinione della Reduzzi Merola,
secondo cui la politica intrapresa da Clodio in qualità di tri-
buno “esulò da ogni schema prevedibile e sfociò in una
serie di provvedimenti che, malgrado il loro evidente carat-
tere demagogico, andavano in parte incontro a reali esigen-
ze della plebe”5.

C. Soraci, ‘Sicilia frumentaria’. Contributi allo studio della Sicilia in


epoca repubblicana, in QC, n.s. 3, 2003, 293-308, ove bibliografia. Sui
provvedimenti presi dalle città greche cfr. le interessanti pagine di C.
Ampolo, Il pane quotidiano delle città antiche fra economia e antropo-
logia, in Opus, 5, 1986, 143-151 e L. Migeotte, Le pain quotidien dans
les cités hellénistiques. À propos des fonds permanents pour
l’approvisionnement en grain, in Cahiers du centre G. Glotz, 2, 1991,
19-21.
5
Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 554-557. Cfr. Dio
38.13.1-2: oJ ou\n Klwvdio~ ejlpivsa~ aujto;n dia; taut̀a, a]n thvn te
boulh;n kai;tou;~ iJppeva~ tovn te o{milon proparaskeuavshtai, tacu;
katergavsesqai, tovn te sit̀on proik̀a au\qi~ dievneime (to; ga;r
metreis̀qai toi`~ ajpovroi~, tou` te Gabinivou h[dh kai; tou` Pivswno~
uJpateuovntwn, ejshghvsato); Cic. Sest. 25.55; Id. dom. 10.25; Ascon.
Pis. p. 15 (ed. Stangl). Vd. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., col.
174-175; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 233-234; Van
Berchem, Les distributions, cit., 16-17; Rickman, Corn supply, cit.,
350 Cristina Soraci

Del resto, l’intento di accattivarsi il favore della plebe


sfruttando le distribuzioni frumentarie non era estraneo alla
mente di altri uomini illustri del tempo: nel 62 a.C. lo stes-
so Catone l’Uticense, allora tribuno della plebe, avrebbe
eliminato le limitazioni al numero degli aventi diritto intro-
dotte, a quanto pare, nel 73 a.C. dalla lex Terentia et
Cassia6, allo scopo di accattivarsi il favore degli indigenti
(twǹ ajpovrwn) che, come scrive Plutarco, «erano i sobilla-
tori di tutta la plebe e avevano riposto le loro speranze in
Cesare»7. Peraltro, secondo una teoria formulata in tempi
non troppo lontani, le frumentazioni potrebbero essere state
alla fin fine accettate dalla classe dirigente in considerazio-
ne del fatto che molti di coloro che ne usufruivano erano
anche affittuari di immobili posseduti dagli stessi optima-
tes: garantendo alla plebs frumentaria una parte del nutri-

6
Sulle limitazioni imposte al numero dei beneficiari dalla lex
Terentia et Cassia cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 231-233;
Rickman, Corn supply, cit., 166-169; Reduzzi Merola, «Leges frumen-
tariae», cit., 551-553; C. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’. Les procé-
dures de la distribution du blé public à Rome à la fin de la république
et au début de l’empire, Rome 1995, 177-178 e passim.
7
Plut. Cat.Mi. 26.1: oJ Kavtwn fobhqei;~ e[peise th;n boulh;n
ajnalabeiǹ to;n a[poron kai; ajnevmhton o[clon eij~ to; sithrevs ion
ajnalwvmato~ me;n o[nto~ ejniausivou cilivwn kai;diakosivwn kai;pen-
thvkonta talavntwn, perifanw`~ de; th/̀ filanqrwpiva/ tauvth/ kai;
cavriti th`~ ajpeilh`~ ejkeivnh~ dialuqeivsh~; Caes. 8.6-7: Dio; kai;
Kavtwn fobhqei;~ mavlista to;n ejk twǹ ajpovrwn newterismovn, oi}tou`
panto;~ uJpevkkauma plhvqou~ h\san ejn tw/̀ Kaivsari ta;~ ejlpivda~
e[conte~, e[peise th;n suvgklhton ajponeim̀ai sithrevs ion aujtoi`~
e[mmhnon. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 233; Nicolet, Il
mestiere di cittadino, cit., 248; Rickman, Corn supply, cit., 169-171;
Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 553-554; Virlouvet,
‘Tessera frumentaria’, cit., 178-180; M. Tarpin, L’utilisation d’archives
annexes pour les distributions de blé, in La memoire perdue.
Recherches sur l’administration romaine, Paris-Roma 1998, 389 n. 8.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 351

mento quotidiano, gli optimates si assicuravano (o, quanto


meno, contribuivano ad assicurarsi) il regolare pagamento
dei canoni d’affitto8.
Le limitazioni al numero dei beneficiari, tuttavia, ven-
nero in seguito reintrodotte per porre un freno all’aumento
incondizionato di cittadini romani speranzosi di essere
nutriti dallo Stato: da un lato, infatti, accorrevano a Roma
contadini e piccoli proprietari terrieri d’Italia, che alla vita
nei campi, spesso resa impossibile dalle pressioni e dalla
concorrenza dei grandi latifondisti, preferivano i diverti-
menti ed i privilegi della città; dall’altro, molti padroni, per
liberarsi dalle spese di mantenimento, manomettevano i
loro schiavi che andavano così ad ingrossare le file di quan-
ti reclamavano il frumento gratuito9.

8
R. Drexhage, ‘Tabulae novae’, ‘frumentationes’ und die stadtrö-
mische plebs, in Migratio et commutatio. Studien zur alten Geschichte
und deren nachleben. Thomas Pekáry zum 60. Geburtstag am 13.
September 1989, hrsg von H.-J. Drexhage-J. Sünskes, Sankt.
Katharinen 1989, 119-135.
9
Dion. Halic. 4.24.5: oiJ d∆ i{na to;n dhmosiva/ didovmenon sit̀on
lambavnonte~ kata; mhǹa kai; ei[ ti~ a[llh para; twǹ hJgoumevnwn
givgnoito toi`~ ajpovroi~ twǹ politwǹ filanqrwpiva fevrwsi toi`~
dedwkovs i th;n ejleuqerivan. Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit.,
19; L. Homo, Le istituzioni politiche romane. Dalla Città allo Stato,
Milano 1975, 82-90; Nicolet, Il mestiere di cittadino, cit., 249-250;
Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 556; P. Veyne, Il pane e il
circo. Sociologia storica e pluralismo politico, Bologna 1984, 394;
Virlouvet, Famines, cit., 112 e 114; Pucci, I consumi alimentari, cit.,
378; Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 247; Garnsey,
Carestia, cit., 298; B. Hemmerdinger, Jules César dans la lutte des
classes, in Index, 20, 1992, 473-476. Sulla correlazione tra status liber-
tatis e status civitatis, e sull’inferiore posizione giuridica ricoperta dai
liberti rispetto agli ingenui, si vd. E. Volterra, Manomissione e cittadi-
nanza, in Studi in onore di U.E. Paoli, Firenze 1955, 695-716 (ora in
Id., Scritti giuridici, vol. II, Napoli 1991, 395-416.
352 Cristina Soraci

Pompeo10, Cesare11, poi Augusto12 procedettero, quindi,

10
Di una lista fatta redigere da Pompeo nel 56 a.C. ci parla Dio
39.24.1 in termini tuttavia non troppo chiari; si discute se lo storico
alluda qui ad un elenco comprendente i nomi di tutti gli aventi diritto
(è questa, ad es., l’ipotesi di Van Berchem, Les distributions, cit., 20-21
e di Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 172-175) o solo degli schia-
vi manomessi (cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 234-235; C.
Nicolet, Le temple des Nymphes et les distributions frumentaires à
Rome d’après les découvertes récentes, in CRAI, 1976, 46; Rickman,
Corn supply, cit., 174-175). Sull’esistenza di una lista dei beneficiari
anteriore a quella pompeiana si vedano Rickman, Corn supply, cit.,
175; C. Virlouvet, Les lois frumentaires d’époque républicaine, in Le
ravitaillement en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la
république jusqu’au haut empire, Actes du colloque international orga-
nisé par le Centre Jean Bérard et l’URA 994 du CNRS (Naples, 14-16
Février 1991), Naples-Rome 1994, 18-23; Ead., ‘Tessera frumentaria’,
cit., 174-175.
11
Sul recensus di Cesare (46 a.C.), che avrebbe portato il numero
dei beneficiari da 320000 a 150000, cfr. Suet. Iul. 41.5 e Dio 43.21.4
(conferme implicite di questi dati si hanno da Liv. perioch. 115; Plut.
Caes. 55.5-6; App. 2.102.425; Zonar. 10.10, i quali però ritengono che
i numeri sopra riportati indicassero il totale dei cittadini censiti prima e
dopo la guerra civile e non i beneficiari delle frumentazioni); si vd.
Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 235-236; Van Berchem, Les
distributions, cit., 21-23; Rickman, Corn supply, cit., 175-179; Cracco
Ruggini, L’annona di Roma, cit., 227; Liberati Silverio, Le «frumenta-
tiones», cit., 84 e 86; Hemmerdinger, Jules César, cit., 474-476;
Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 184-185; E. Lo Cascio, Le pro-
cedure di recensus dalla tarda repubblica al tardo antico e il calcolo
della popolazione di Roma, in La Rome impériale. Démographie et
logistique, Actes de la table ronde (Rome, 25 mars 1994), École fran-
çaise de Rome, Rome 1997, 3-23; Id., Registri dei beneficiari e moda-
lità delle distribuzioni nella Roma tardoantica, in La memoire perdue,
cit., 367-368; S. Panciera - C. Virlouvet, Les archives de
l’administration du blé public à Rome à travers le témoignage des
inscriptions, ibid., 253; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 394-395.
12
In merito al recensus di Augusto, che nel 2 a.C. avrebbe limita-
to a 200000 i beneficiari delle frumentazioni, il cui numero era nel frat-
tempo di nuovo aumentato, si vd. Dio 55.10.1 (cfr. R. Gest. div. Aug
.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 353

alla stesura di liste per limitare il numero degli aventi dirit-


to; a Cesare si attribuisce, inoltre, l’introduzione della pra-
tica di subsortitio. Anche se Svetonio, che la menziona, non
precisa l’esatto funzionamento del sistema, alcuni papiri
riguardanti le distribuzioni alimentari della città di
Ossirinco nel III secolo d.C. ne illustrano per esteso la pro-
cedura: ogni qual volta si fosse reso libero, mortis causa, il
posto di un beneficiario, coloro che, iscritti in un elenco,
fossero dotati dei requisiti necessari per poter accedere alle
distribuzioni, partecipavano ad un sorteggio e il titolare del
nominativo estratto entrava da quel momento a far parte
della plebs frumentaria13.
Significativa, a tal riguardo, la definizione di Van
Berchem, secondo cui, a partire dall’epoca di Cesare, i cit-
tadini di Roma sarebbero stati divisi in due categorie, quel-

3.15.4 ed. E. Malcovati; Suet. Aug. 40.3); Cardinali, s.v. frumentatio, in


DE, cit., 236-237; Van Berchem, Les distributions, cit., 27-31 ritiene
che il numero degli aventi diritto fosse stato non stabilito a priori ma
ridotto grazie ad una limitazione delle condizioni di accesso; contra,
cfr. Rickman, Corn supply, cit., 179-185 e Virlouvet, ‘Tessera frumen-
taria’, cit., 196-205. Ancora Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 186-
196 suppone, sulla scia di Cardinali, l’esistenza di due recensus ordina-
ti da Augusto. Nicolet, Le temple des Nymphes, cit., 42-44 ritiene che a
partire dal 50 a.C. il termine recensus designasse una sorta particolare
di censimento, quello volto a delimitare il numero dei beneficiari delle
distribuzioni; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 390-397 pensa che il
termine recensus si riferisca a normali operazioni di censimento della
popolazione, sulla base delle quali sarebbero state redatte le liste dei
beneficiari delle frumentazioni.
13
Si vd. Suet. Iul. 41.5; cfr. Van Berchem, Les distributions, cit.,
23-24; Rickman, Corn supply, cit., 177; C. Virlouvet, La plèbe frumen-
taire à l’époque d’Auguste, in Nourrir la plèbe, cit., 43-62; Ead.,
‘Tessera frumentaria’, cit., 243-269. In merito alle distribuzioni fru-
mentarie nella città di Ossirinco, cfr. infra, n. 77.
354 Cristina Soraci

li della civitas cum frumento e quelli della civitas sine fru-


mento14.

Le ‘frumentationes’: una politica di Armenversorgung?

Le condizioni per accedere alle frumentazioni erano


quindi: cittadinanza, residenza a Roma, maggiore età, oltre
che, naturalmente, il sesso, giacché solo gli uomini poteva-
no parteciparvi15. Già a partire dalla seconda metà del I sec.
a.C. i nomi degli aventi diritto erano registrati nei registri
ufficiali e periodicamente aggiornati in seguito alle proce-
dure di subsortitio16; in epoca imperiale, tuttavia, il diritto
alle frumentazioni poteva essere acquisito anche con la
donazione della cittadinanza da parte del princeps, con
l’affrancamento, perfino con l’acquisto della tessera fru-
mentaria, la tavoletta su cui era inciso il nome del cittadino
beneficiario delle distribuzioni gratuite17.

14
Van Berchem, Les distributions, cit., 26.
15
Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 253-257; Van
Berchem, Les distributions, cit., 32-45, che però vi aggiunge anche
l’origo romana (per cui cfr. anche Cracco Ruggini, L’annona di Roma,
cit., 229, Pucci, I consumi alimentari, cit., 378 e Lo Cascio,
L’organizzazione annonaria, cit., 248; contra, vd. invece Rickman,
Corn supply, cit., 181-185 e Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 196-
205); J.-M. Carrié, Les distributions alimentaires dans les cités de
l’Empire romain tardif, in MEFRA, 87, 1975, 1001-1005; Lo Cascio,
Registri, cit., 369-370. Sull’età minima per accedere alle distribuzioni,
cfr. ancora Carrié, Les distributions, cit., 1003-1005, il quale ritiene che
si divenisse beneficiari dopo i sedici anni.
16
Sulle liste dei beneficiari vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE,
cit., 265-268; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 243-308; Lo Cascio,
Registri, cit., 365-385; Tarpin, L’utilisation d’archives, cit., 387-409.
17
Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 46-53; Veyne, Il pane
e il circo, cit., 397-398; Liberati Silverio, Le «frumentationes», cit., 85-
88. Carrié, Les distributions, cit., 1014-1021 ritiene, come del resto la
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 355

Solo una determinata categoria degli abitanti di Roma


beneficiava, dunque, delle frumentazioni, che non possono
essere considerate un vero e proprio programma di assi-
stenza sociale giacché né i magistrati repubblicani né gli
imperatori si rivolsero specificatamente ai più poveri del
popolo18.

maggior parte degli studiosi, che gli affrancati fossero iscritti automa-
ticamente nella lista dei beneficiari; contra, cfr. Virlouvet, ‘Tessera fru-
mentaria’, cit., 205-241, secondo cui la tessera sarebbe stata acquista-
ta dai liberti, dai cittadini non residenti e da coloro che, pur iscritti nelle
liste, non erano ancora stati sorteggiati e non facevano quindi parte
della plebs frumentaria. Sull’introduzione delle tessere frumentarie,
risalente forse a Cesare, cfr. C. Nicolet, Tessères frumentaires et tessè-
res de vote, in L’Italie préromaine et la Rome républicaine. Mélanges
offerts à Jacques Heurgon, Paris 1976, 695-716; M.K. Thornton, The
Roman lead tessera, in ArchN, 5, 1976, 65-70; C. Virlouvet, Plombs
romains monétiformes et tessères frumentaires. A propos d’une confu-
sion, in RN, 30, 1988, 120-148; Ead., Une allusion varronienne aux
fraudes de Clodius? À propos de Res rusticae III, 5, 18, in MEFRA,
108, 2, 1996, 873-891.
18
Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 16-20; Bolkestein,
Wohltätigkeit, cit., 372-378; Hands, Charities, cit., 100-108; Veyne, Il
pane e il circo, cit., 386-399; R.J. Rowland Jr., The ‘Very Poor’ and the
grain dole at Rome and Oxyrhynchus, in ZPE, 21, 1976, 69-72; J.
Deininger, Brot und Spiele. Tacitus und die Entpolitisierung der ‘plebs
urbana’, in Gymnasium, 86, 1979, 278-303; Rickman, Corn supply,
cit., 172; Weber, Panem et circenses, cit., 248-250; Lo Cascio,
L’organizzazione annonaria, cit., 247; A.J.B. Sirks, The size of the
grain distributions in imperial Rome and Costantinople, in Athenaeum,
79, 1991, 217; Höbenreich, Annona, cit., 29 e n. 23. Contra, cfr.
Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 174-175 e 179, per cui vd.
infra, n. 33. Diverso il caso della città di Rodi, i cui abitanti più ricchi,
a detta di Strabone (14.2.5 C 652-653), sostenevano le spese dell’ali-
mentazione dei più poveri, affinché la città non venisse privata di uomi-
ni utili, da impiegare in particolare per l’equipaggiamento della flotta:
cfr. H. Kloft, Das Problem der Getreideversorgung in den antiken
Städten: das Beispiel Oxyrhynchos, in Sozialmassnahmen und
Fürsorge. Zur Eigenart antiker Sozialpolitik, hrsg. von H. Kloft, Graz-
Horn 1988, 123-124.
356 Cristina Soraci

Benché le distribuzioni a prezzo ridotto previste dalla


legge di Gracco siano state introdotte, secondo Cassio
Dione, in favore dei cittadini bisognosi (to; ga;r
metreis̀qai toi`~ ajpovroi~ … ejshghvsato)19 e Plutarco le
ritenesse una misura volta ad abbassare il prezzo del grano
sul mercato per i poveri (oJde;sitikov~, ejpeuwnivzwn toi`~
pevnhsi th;n ajgoravn) che potevano in tal modo anche esse-
re strumentalizzati, come poi lo furono da Catone20, sappia-
mo che alle frumentazioni erano teoricamente ammessi, in
quanto cittadini, anche i benestanti che poi, di fatto, non vi
partecipavano per motivi di prestigio sociale: unica ecce-
zione a noi nota, L. Calpurnio Pisone Frugi, ex console, il
quale, pur essendosi sempre opposto all’approvazione delle
leggi frumentarie, venne a reclamare la razione di frumen-
to a prezzo politico col pretesto di voler partecipare alle
distribuzioni dei beni pubblici che, in quanto cittadino
romano, appartenevano anche a lui21.
Le distribuzioni erano, quindi, considerate dagli stori-
ci antichi una misura in favore dei poveri, anche quando
fossero state strumentalizzate in vario modo a scopi politi-

19
Dio 38.13.1, citato supra, n. 5.
20
Plut. CG 5; cfr. Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a
Roma, cit., 81; Van Berchem, Les distributions, cit., 17; Bolkestein,
Wohltätigkeit, cit., 372-373; Nicolet, Varron, cit., 297; Reduzzi Merola,
«Leges frumentariae», cit., 535. In merito all’operato di Catone, cfr.
Plut. Caes. 8.6-7, citato supra, n. 7.
21
Cfr. Cic. Tusc. 3.20.48; le frumentazioni erano, infatti rivolte,
come appare chiaramente dal passo di Appiano citato supra, n. 2, a tutti
i cittadini: eJkavstw/twǹ dhmotwǹ (App. b.c. 1.21.89). Si vd. Marquardt,
De l’organisation financière, cit., 147 e 150; Van Berchem, Les distri-
butions, cit., 16-17; Bolkestein, Wohltätigkeit, cit., 372; Reduzzi
Merola, «Leges frumentariae», cit., 534-535; Pucci, I consumi alimen-
tari, cit., 379; Garnsey, Carestia, cit., 296-297. Secondo Nicolet,
Varron, cit., 297 la lex Sempronia prevedeva la distribuzione del fru-
mento “en principe pour tous les citoyens, en pratique seulement pour
les pauvres”.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 357

ci. Quid tam aequum quam inopem populum vivere ex


aerario suo?, si chiedeva Floro22.
Ma è esatto dire che il popolo povero viveva del suo
erario?
È opinione comune che la razione di 5 moggi mensili
distribuita secondo i dettami della lex Terentia et Cassia (e
già prevista nella proposta di legge avanzata da M. Emilio
Lepido nel 78 a.C.), sia essa gratuita o a pagamento, non
potesse soddisfare né i bisogni di un’intera famiglia, per i
quali costituiva un quantitativo insufficiente, né quelli di un
singolo individuo, che avrà integrato la sua dieta con legu-
mi ed altri generi alimentari23.

22
Flor. epit. 2.1, su cui vd. Veyne, Il pane e il circo, cit., 392;
Pucci, I consumi alimentari, cit., 377. Cfr. anche De Martino, Storia
della costituzione romana, vol. II, cit., 509: “la misura tendeva ad isti-
tuire un minimo di giustizia sociale e consentire alla parte più povera
della cittadinanza di partecipare, almeno per i beni elementari della
vita, alle cospicue ricchezze, che affluivano all’erario”.
23
Cfr. De Martino, Storia economica, vol. I, cit., 180; Carrié, Les
distributions, cit., 1032; Veyne, Il pane e il circo, cit., 397; Rickman,
Corn supply, cit., 173; L. Foxhall - H.A. Forbes, Sitometreiva: The role
of grain as staple food in classical antiquity, in Chiron, 12, 1982, 64-
65; Weber, Panem et circenses, cit., 252-253; Pucci, I consumi alimen-
tari, cit., 377; H. Galsterer, ‘Plebiculam pascere’- Die Versorgung
Roms in der Kaiserzeit, in CS, 27, 1, 1990, 23-24; Sirks, The size of the
grain distributions, cit., 217; P. Garnsey, Cities, peasants and food in
classical antiquity: essays in social and economic history, Cambridge
1998, 228, 236 e 238; J. Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimen-
tari nel Principato di Augusto: il ruolo dello stato nella dieta di Roma
e dell’esercito, in Demografia, sistemi agrari, regimi alimentari nel
mondo antico. Atti del Convegno internazionale di Studi (Parma, 17-19
ottobre 1997), Bari 1999, 249. Sulla razione fissata nella lex Terentia et
Cassia cfr. Sall. hist. 3.48.19 (su cui vd. infra, n. 27); in merito a quel-
la prevista nella proposta di legge di Lepido vd. Gran. Lic. 34.4, su cui
Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll. 173-174; Cardinali, s.v.
frumentatio, in DE, cit., 231-232; Reduzzi Merola, «Leges frumenta-
riae», cit., 549-551.
358 Cristina Soraci

Dai 5 moggi mensili di grano siciliano si potevano


ricavare, infatti, circa 45,3 kg di pane al mese, ossia appros-
simativamente 1,51 kg di pane al giorno per famiglia, quan-
tità non esigua solo se destinata ad una famiglia poco
numerosa24. Occorre, tuttavia, ricordare che nel mondo
antico i quantitativi di cereali venivano espressi in unità di
volume e non, come oggi, di peso, e che quindi le stime
numeriche in questo campo divergono sostanzialmente a
causa di alcune variabili a noi ignote, come il peso specifi-
co dei tipi di grano allora utilizzati per la panificazione
(non ricavabile sulla base di quelli moderni per le possibili
modifiche genetiche intervenute nel corso dei secoli), il
grado di eliminazione della crusca diverso da specie a spe-
cie, la percentuale di finezza della farina ottenuta nel corso
della macinazione, il quantitativo d’acqua assorbito dal
pane durante l’impasto e, infine, l’evaporazione parziale
dell’acqua variabile in base alla temperatura e alle modali-
tà di cottura25. Se poi consideriamo che una parte del grano

24
Cfr. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 538-539, che
tiene conto, nei suoi calcoli, delle informazioni di Plin. nat. 18.12.66,
secondo cui un modio di grano siciliano pesava circa 20,83 libbre, e
della possibile preferenza dei Romani per l’utilizzo del grano siciliano
che arrivava a Roma a titolo d’imposta; del resto, l’acquisto di quanti-
tativi supplementari di grano siciliano era stato regolato dalla lex
Terentia et Cassia frumentaria anche al fine di assicurare il regolare
svolgimento delle frumentazioni: cfr. Cic. Verr. 2.3.70.163 e 2.5.21.52.
Si vd. anche R. Étienne, Les rations alimentaires des esclaves de la
«familia rustica» d’après Caton, in Index, 10, 1981, 66-77.
25
A. Segrè, Note sulla storia dei cereali nell’antichità, in
Aegyptus, 30, 1950, 180-183; L.A. Moritz, Grain-mills and flour in
classical antiquity, Oxford 1958, spec. 168-215; J.M. Frayn, Home-
baking in Roman Italy, in Antiquity, 42, 1978, 31; Foxhall - Forbes,
Sitometreiva, cit., 41-90; M.-C. Amouretti, Le pain et l’huile dans la
Grèce antique. De l’araire au moulin, Paris 1986, 113-119; F. De
Martino, Sull’alimentazione degli schiavi, in PP, 48, 1993, 401-427.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 359

sarà stata consumata sotto forma di puls, risulta difficile


valutare con precisione quanto le frumentazioni abbiano
contribuito al sostentamento di chi ne beneficiava26.
La quantità di 5 modii mensili era certo superiore a
quella che Catone consigliava per gli schiavi della familia
rustica: le razioni variavano a seconda del tipo di lavorato-
re e dell’alternanza tra il periodo estivo e quello invernale,
ma solo il quantitativo più elevato, le 5 libbre di pane gior-
naliere equivalenti a 49 kg al mese dati in estate allo schia-
vo in catene, superava i 45,3 kg di pane ricavabili dai 5
modii. «Con la legge frumentaria la libertà di tutti venne
valutata cinque moggi», annotava Sallustio: il discrimine
tra schiavi e cittadini a Roma sarebbe quindi stato rappre-
sentato, in campo alimentare, dalla quantità di frumento
distribuita mensilmente secondo le prescrizioni della lex
Terentia et Cassia27. Già un secolo dopo, tuttavia, una simi-

26
Sul consumo di puls a Roma cfr. infra, 416-417.
27
Cato agr. 56.1; Sall. 3.48.19: nisi forte repentina ista frumenta-
ria lege munia vostra pensantur. Qua teamen quinis modiis libertatem
omnium aestumavere, qui profecto non amplius possunt alimentis car-
ceris. Si vd. André, L’alimentation, 73-74; E. Ratti, Ricerche sul luxus
alimentare romano tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., in RIL, 100, 1966,
194-195; C. Castello, Nuovi spunti su problemi di storia, economia e
diritto desunti dal De agri cultura di Catone, in Studi in memoria di
Guido Donatuti, Milano 1973, 251; De Martino, Storia economica, vol.
I, cit., 107; Étienne, Les rations alimentaires, cit., 74; H. Gummerus,
L’azienda agricola romana e l’economia agraria nell’opera di Catone,
in L’agricoltura romana. Guida storica e critica, Roma-Bari 1982, 24-
25; Foxhall - Forbes, Sitometreiva, cit., 63-64; Reduzzi Merola, «Leges
frumentariae», cit., 538-539; V. Neri, L’alimentazione povera
nell’Italia romana, in L’alimentazione nell’antichità (Parma, 2-3 mag-
gio 1985), Parma 1985, 243-245; Pucci, I consumi alimentari, cit., 387;
Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 23; Sirks, The size of the grain
distributions, cit., 216; De Martino, Sull’alimentazione degli schiavi,
cit., 401-427 (secondo cui Étienne avrebbe ritenuto che la razione pre-
360 Cristina Soraci

le differenza di trattamento non era altrettanto netta: la


razione di cinque moggi, unitamente alla somma di cinque
denari, poteva essere data agli schiavi che esercitavano la
professione di attore, quindi non necessariamente a coloro
che erano impiegati nei lavori agricoli28.
Alle somme necessarie per l’acquisto del frumento si
aggiungevano poi, secondo alcuni studiosi, i costi della
macinatura e della cottura29; secondo altri, invece, almeno
la prima di queste operazioni veniva effettuata nelle abita-
zioni private e non comportava quindi alcuna spesa30.
In ogni caso, se le distribuzioni non servirono a copri-
re del tutto i bisogni alimentari dei singoli e delle famiglie,
è vero che esse contribuirono al sostentamento dei cittadini
poveri specie quando, con Clodio, divennero gratuite. Non
è, tuttavia, del tutto corretto ritenere che il loro obiettivo
fosse una divisione tra il popolo dei benefici delle conqui-
ste; come osserva Veyne, la legge di Gaio Gracco “voleva
soltanto applicare seriamente il principio secondo cui il

vista da Catone fosse in farina e non in chicchi di grano; ma la sua


affermazione non trova, a mio avviso, riscontro nel testo dello studioso
francese); Garnsey, Cities, cit., 236-237. Non mi è stato, invece, possi-
bile prendere visione dell’articolo di E. Janselme, Quelle était la ration
aliméntaire du citoyen, du soldat et de l’esclave romain?, in Bulletin de
la Société d’Hygiène alimentaire, 5, 1918.
28
Sen. ep. 9.80.7, su cui vd. André, L’alimentation, cit., 74; Ratti,
Ricerche, cit., 196; A. Labisch, Frumentum commeatusque. Die
Nahrungsmittelversorgung der Heere Caesars, Meisenheim am Glan
1975, 32-33.
29
Vd. J. Szilágyi, Prices and wages in the western provinces of
the Roman empire, in AANtHung, 11, 1963, 380; Rickman, Corn sup-
ply, cit., 173; Pucci, I consumi alimentari, cit., 379; Sirks, The size of
the grain distributions, cit., 217; Garnsey, Carestia, cit., 299.
30
Cfr. Reduzzi Merola, «Leges frumentariae», cit., 541. Vd.
anche infra, 421-422.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 361

grano non era una merce come un’altra: era compito dello
stato far sì che il mercato non ne fosse mai sprovvisto”31.
Pur non escludendo le motivazioni politiche e le aspi-
razioni elettorali del tribuno32, è verosimile che Gracco
abbia nutrito sentimenti idealistici e umanitari; non sappia-
mo però quanto questi abbiano ispirato i provvedimenti dei
suoi successori, Cesare compreso, il quale, secondo
Mommsen, avrebbe mutato quello che era un privilegio
politico in “un’istituzione di pubblica beneficenza”, in una
politica di Armenversorgung33.
Mi sembra, in ogni caso, corretta l’osservazione di
Galsterer, secondo cui l’interesse degli imperatori per le

31
Veyne, Il pane e il circo, cit., 386 e 391-395 (cfr. anche Meijer,
Cicero, cit., 15); non ritengo, tuttavia, del tutto condivisibile
l’affermazione dello studioso secondo cui il provvedimento mirava a
“rendere tangibile l’idea che tutti hanno diritto alla vita”.
32
Hands, Charities, cit., 102; Weber, Panem et circenses, cit., 245;
Erdkamp, Feeding Rome, cit., 68-69. Cfr. già Th. Mommsen, Storia di
Roma, (trad. it.), vol. V, Roma 1939, 127-128.
33
Mommsen, Storia di Roma, (trad. it.), vol. VIII, cit., 200-201.
Secondo Marquardt, De l’organisation financière, cit., 157, “cette assi-
stence essentielle n’était donnée qu’aux personnes complètement misé-
rables n’ayant pas à se préoccuper d’esclaves”; Rostowzew, s.v.
Frumentum, in RE, cit., coll. 174-175 riteneva, invece, che già la rifor-
ma di Lepido (78 a.C.) avesse introdotto le distribuzioni gratuite,
mutando il privilegio politico in una forma di elemosina; Clodio avreb-
be solo ripristinato la misura di Lepido (“Clodius hat danach wieder
das Prinzip der Almosen eingeführt”) dopo la modifica di Catone.
Secondo J.G. Schovánek, The provision of the Lex Octavia frumenta-
ria, in Historia, 26, 1977, 378-381, sarebbe stata la lex Octavia a limi-
tare le distribuzioni ai soli cittadini poveri; M.I. Finley, The ancient
economy, Berkeley 1973, 170-171 pensava, al contrario, che il passag-
gio dalle distribuzioni in quanto privilegio dei soli cittadini ad un vero
e proprio sussidio per il romano povero fosse avvenuto in epoca impe-
riale, ed in particolare sotto i Severi, in virtù dell’estensione della citta-
dinanza concessa da Caracalla ai sudditi dell’impero.
362 Cristina Soraci

distribuzioni di grano non sarebbe stato disgiunto dalla pre-


occupazione di assicurare ai Romani anche i posti di lavo-
ro: la stessa struttura organizzativa preposta al rifornimen-
to granario ed al corretto svolgimento delle distribuzioni
presupponeva un’abbondanza di personale alle dipendenze
dello stato e quindi pagato direttamente o indirettamente
dal princeps; alla creazione di nuovi posti di lavoro contri-
buiva d’altronde anche il fervore edilizio che aveva anima-
to alcuni imperatori, in primis Vespasiano, il quale, com’è
noto, una volta si rifiutò di utilizzare un congegno mecca-
nico con cui avrebbe potuto trasportare enormi pesi a basso
costo poiché desiderava plebiculam pascere34.

‘Princeps’ e ‘frumentationes’

Ogni imperatore sapeva che il popolo romano poteva


essere governato soprattutto attraverso l’annona e gli spet-
tacoli (nam qui dabat olim imperium, fasces, legiones,
omnia, nunc se continet atque duas tantum res anxius
optat, panem et circenses), ma l’affermazione può essere
valida solo se presa con le dovute cautele, senza lasciarsi
irretire entro schemi pregiudiziali secondo i quali la plebe
romana sarebbe stata intenta solo a mangiare e a divertirsi35.

34
Suet. Vesp. 18 (ed. H. Ailloud); si vd. Galsterer, ‘Plebiculam
pascere’, cit., 37-40; Garnsey, Cities, cit., 239.
35
Iuv. 10.78-81; Fronto princ. hist. 2.18: …principem, ut qui sci-
ret populum Romanum duabus praecipue rebus, annona et spectaculis,
teneri; vd. J.P.V.D. Balsdon, ‘Panem et circenses’, in Hommage à M.
Renard, II, Bruxelles 1969, 57-60 (che ammonisce a non farsi condi-
zionare troppo dalle affermazioni stereotipate); J. Le Gall, Rome, ville
de fainéants?, in REL, 49, 1971, 266-277; Deininger, Brot und Spiele,
cit., 278 (secondo cui si dovrebbe parlare di plebs spoliticizzata più che
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 363

Augusto aveva in un primo momento pensato di aboli-


re le frumentazioni, giacché esse ingeneravano nella popo-
lazione dell’Urbe, sicura di ricevere il nutrimento quotidia-
no, il disinteresse per la coltivazione dei campi; ma succes-
sivamente ritenne opportuno non dar seguito a questo pro-
posito, certo che qualcuno in un non lontano futuro le
avrebbe potute ripristinare per ambitionem, nell’intento
cioè di accattivarsi, come già era accaduto, il favore della
plebe36. Decise allora di avvalersene egli stesso per ingene-
rare rispetto e amore tra il popolo, che finì così per attac-
carsi irrazionalmente alla persona del princeps da cui
dipendeva il suo sostentamento37.

apatica); Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 224-225; Galsterer,


‘Plebiculam pascere’, cit., 21; Garnsey, Cities, cit., 239; J.R. Patterson,
The emperor and the cities of Italy, in ‘Bread and circuses’. Evergetism
and municipal patronage in Roman Italy, ed. by K. Lomas- T. Cornell,
London-New York 2003, 89; A. Saggioro, Pane per il popolo. Aspetti
sacrali di un alimento di base (da Roma arcaica alle ‘frumentationes’
d’età imperiale), in Connotaciones sacrales de la alimentación en el
mundo clásico (‘Ilu, Anejos, 12, 2004), 109-110.
36
Suet. Aug. 42.3: “impetum se cepisse”, scribit, “frumentationes
publicas in perpetuum abolendi, quod earum fiducia cultura agrorum
cessaret; neque tamen perseverasse, quia certum haberet posse per
ambitionem quandoque restitui”. Cfr. Marquardt, De l’organisation
financière, cit., 149; Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma,
cit., 87-88; Van Berchem, Les distributions, cit., 30; Weber, Panem et
circenses, cit., 244; Rickman, Corn supply, cit., 180-181; Virlouvet,
Famines, cit., 70 e n. 89, 115-117; J. Remesal Rodríguez, El sistema
annonario como base de la evolución económica del Imperio romano,
in Le commerce maritime romain en Méditerranée occidentale.
Colloque international tenu à Barcelone du 16 au 18 mai 1988 (PACT,
27, 1990), 356; Id., Politica e regimi alimentari, cit., 248-249;
Höbenreich, Annona, cit., 26.
37
Cfr. Veyne, Il pane e il circo, cit., 613-614; Galsterer,
‘Plebiculam pascere’, cit., 21; C. Virlouvet, L’approvvigionamento di
364 Cristina Soraci

Tale dipendenza sarà infatti spinta a tal punto che, nel


22 a.C., secondo il racconto di Cassio Dione, «i Romani, in
gravi difficoltà a causa dell’epidemia e della conseguente
carestia… credettero che queste calamità fossero capitate
loro unicamente per il fatto che, anche in quella circostan-
za, non avevano più Augusto come console; perciò vollero
eleggerlo dittatore». L’imperatore si limitò però ad accetta-
re solo la cura annonae38.

Roma imperiale: una sfida quotidiana, in Roma imperiale. Una metro-


poli antica, a c. di E. Lo Cascio, Roma 2000, 116. Si vd. anche quanto
scrivono, riferendosi però al basso impero, Carrié, Les distributions,
cit., 1033-1034 e J. Durliat, De la ville antique à la ville byzantine. Le
problème des subsistances, Rome 1990, 66-67.
38
Dio 54.1.1-3: Ponouvmenoi ou\n uJpovte th`~ novsou kai;uJpo;tou`
limou`… nomivsante~ oiJÔRwmaiòi oujk a[llw~ sfivs i taut̀a sumbebhkev-
nai, ajll∆ o{ti mh;kai;tovte uJpateuvonta to;n Au[gouston e[scon. Sulla
cura annonae svolta da Augusto cfr. Mon. Ancyr. 5. Si vd. Cardinali,
s.v. frumentatio, in DE, cit., 241; A. Marongiu, Testimonianze lettera-
rie del ‘ius vitae ac necis’ del ‘princeps’, in Studi in onore di P. De
Francisci, IV, Milano 1956, 452; H. Pavis d’Escurac, La préfecture de
l’annone, service administratif imperial d’Auguste à Costantin, Rome
1976, 11-14; A. Manodori, L’alimentazione e la sua semiologia nel
mondo antico, in L’alimentazione nel mondo antico. I Romani. Età
imperiale, Roma 1987, 29; M. Corbier, Trésors et greniers dans la
Rome impériale, in Le système palatial en Orient, en Grèce et à Rome.
Actes du colloque de Strasbourg 1985, Strasburgo 1987, 412-413; A.
Magdelain, ‘Praetor maximus’ et ‘comitiatus maximus’, in ‘Jus’ ‘impe-
rium’ ‘auctoritas’. Études de droit romain, Rome 1990, 323 e n. 49;
O.F. Robinson, Ancient Rome. City planning and administration,
London - New York 1992, 153; Virlouvet, L’approvvigionamento, cit.,
113 e 116. Sulla dipendenza del popolo dal suo princeps, cfr. anche A.
Stein, Untersuchungen zur Geschichte und Verwaltung Aegyptens unter
roemischer Herrschaft, Stuttgart 1915, 11-12; Nicolet, Il mestiere di
cittadino, cit., 262; Veyne, Il pane e il circo, cit., 613-614; P. Garnsey,
in P. Garnsey- C. Humpfress, L’évolution du monde de l’antiquité tar-
dive, trad. franç., Paris 2004, 128-129.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 365

Del resto, la monetazione dello stesso Augusto e degli


imperatori successivi, con elementi iconografici “riferibili
ad un complesso che si centralizza progressivamente intor-
no alla persona dell’imperatore ed alla sua famiglia”39, con-
tribuisce a far luce su quella che era diventata una manife-
stazione della liberalitas imperiale40. Non si dimentichi,
tuttavia, che la connessione tra donazione di frumento e
potere politico era ritenuta essere una caratteristica già
della monarchia, quando Servio Tullio votum fecit ut quot-

39
Cfr. S. Pennestri, Distribuzioni di denaro e viveri su monete e
medaglioni di età imperiale: i protagonisti, gli scenari, in MEFRA,
101, 1989, 299. Sulla personificazione dell’Abundantia, della
Liberalitas, dell’Annona nei tipi monetali imperiali cfr. F. Gnecchi, Le
personificazioni allegoriche sulle monete imperiali, in RIN, 18, 1905,
349-388 (in partic. 360-361, 363-364, 373-374); Id., Monete romane,
Milano 19354, 248-261; H.E. Jacob, I seimila anni del pane. Storia
sacra e storia profana, Milano 1971, 117-118; W.C. Phillips,
Numismatic typology of Antoninus Pius, in San, 1, 1969-70, 18-19 e
40-41; J. Almirall, Diez sextercios de Nerón, in ANum, 1, 1971, 107-
114; R. Fontán Barreiro, Significación, naturaleza y vigencia de
Abundantia, divinidad del bienestar, in AEA, 49, 1976, 103-118; D.
Nony, À propos de l’apparition du revers Abundantia Aug. d’Élagabal,
in BSFN, 34, 1979, 481-482; G.G. Belloni, Divinità e culti in Roma.
Fonti scritte, monumenti e monete, Milano 1983, 43-50; Corbier,
Trésors, cit., 413; W.E. Metcalf, Whose «liberalitas»? Propaganda and
audience in the early Roman empire, in RIN, 95, 1993, 337-346.
40
Sul concetto di liberalitas cfr. F. Pringsheim, Liberalitas, in
Studi in memoria di Emilio Albertario, vol. I, Milano 1953, 661-683;
J.F. Meijer, De liberalitas principis en de problemen van de plebs urba-
na, in Lampas, 23, 1990, 74-88. Sulle frumentazioni come esempio di
manifestazione della liberalitas imperiale vd. H. Kloft, Liberalitas
principis. Herkunft und Bedeutung. Studien zur Prinzipatsideologie,
Köln-Wien 1970, 74-75 e 95-96; Weber, Panem et circenses, cit., 253-
255 e 260; M. Heymans, De ‘liberalitas principis’ tijdens de eerste en
de tweede eeuw na Christus. Aspecten uit de sociaal-economische
geschiedenis van de romeinse keizertijd, in RBN, 131, 1985, 5-27.
366 Cristina Soraci

quot annos regnasset, tot ostia ad frumentum publicum


constitueret41.
Il regno di Claudio segna una tappa importante nella
storia delle distribuzioni: gli si attribuisce generalmente la
paternità della costruzione della Porticus Minucia
Frumentaria, il luogo destinato alla distribuzione delle
razioni di frumento42, nonché l’ingrandimento del porto di
Ostia e i privilegi accordati agli importatori di grano e ai
costruttori di navi; tali provvedimenti agevolarono notevol-
mente l’approvvigionamento di Roma ed ebbero ripercus-
sioni positive sulle frumentazioni43.

41
Chronogr. a. 354 p. 144 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX,
1892); Aur. Vict. vir. ill. 7: ac post plebi distribuit annonam. Si vd.
Saggioro, Pane per il popolo, cit., 117-119.
42
Sulla Porticus Minucia Frumentaria vd. infra, 379-380.
Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 154-156 attribuisce invece ad
Augusto, se non proprio la creazione della Porticus, almeno “l’idée de
faire servir cet espace à la distributions des frumentationes”.
43
Circa l’ingrandimento del porto di Ostia cfr. Suet. Claud. 20.1
e 5; Dio 60.11, per cui vd. A. Oliva, La politica granaria di Roma anti-
ca dal 265 a.C. al 410 d.C. Saggio di agricoltura ed economia rurale,
Piacenza 1930, 259; Van Berchem, Les distributions, cit., 82; G.E.F.
Chilver, ‘Princeps’ and ‘frumentationes’, in AJP, 20, 1949, 13; J. Le
Gall, Le Tibre, fleuve de Rome dans l’antiquité, Paris 1953, 125-134;
Garnsey, Carestia, cit., 327-328; E. Lo Cascio, Ancora sugli «Ostia’s
services to Rome». Collegi e corporazioni annonarie a Ostia, in
MEFRA, 114, 1, 2002, 95. Sui privilegi accordati da Claudio agli
importatori di grano e ai costruttori di navi mercantili cfr. Soraci,
‘Sicilia frumentaria’, cit., 375 n. 352, 390-392 e n. 393; alla bibliogra-
fia ivi citata si aggiunga: Oliva, Politica granaria, cit., 259-260;
Chilver, ‘Princeps’, cit., 13; Remesal Rodríguez, El sistema annonario,
cit., 362; L. De Salvo, Economia privata e pubblici servizi nell’impero
romano. I ‘corpora naviculariorum’, Messina 1992, 381-383 e n. 52;
Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 117-118; Lo Cascio, Collegi,
cit., 97. Per altri provvedimenti presi da Claudio in merito alla struttu-
ra amministrativa di Ostia deputata alla gestione dell’annona cfr. M.
Cébeillac Gervasoni, Les rapports institutionnels et politiques d’Ostie
et de Rome de la République au IIIe siècle ap. J.-C., in MEFRA, 114, 1,
2002, in partic. 76-78.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 367

Inoltre, si è propensi a ritenere che Claudio abbia tra-


sferito le spese delle distribuzioni dall’erario, cioè dalla
cassa dello stato, al fiscus, alla sua cassa personale, o,
meglio, ad una ‘sezione’ di esso, denominata fiscus frumen-
tarius: le imposte in natura delle province senatorie, in pri-
mis dell’Africa, venivano ora convogliate in questa cassa
speciale, riservata non solo alle spese delle frumentazioni,
ma in generale alle operazioni legate all’approvvigiona-
mento frumentario44.

44
Cfr. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., col. 178;
Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 245-247; Spaventa De Novellis,
I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 93; Van Berchem, Les distributions,
cit., 71-74; T. Frank, Rome and Italy of the Empire, ESAR, vol. V,
Baltimore 1940, 40-41; C.H.V. Sutherland, ‘Aerarium’ and ‘fiscus’
during the early empire, in AJPh, 66, 1945, 151-170 (in partic. 163 e
n. 85); Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 267-270; Remesal
Rodríguez, El sistema annonario, cit., 361-362; Lo Cascio,
L’organizzazione annonaria, cit., 241 e 248; Robinson, Ancient
Rome, cit., 157. In merito al fiscus e al rapporto tra questo e
l’aerarium si vd. G. Humbert, s.v. fiscus, in Daremberg -Saglio, II, 2,
1896, 1142-1145; H. Last, The ‘fiscus’: a note, in JRS, 34, 1944, 51-
59; Rostowzew, s.v. fiscus, in RE, VI, 1909, coll. 2385-2405; H. M.
Jones, The aerarium and the fiscus, in JRS, 40, 1950, 22-29 (vd. in
partic. 26-27, dove si attribuisce all’età flavia la creazione del fiscus
frumentarius; cfr. anche Id., Studies in Roman government and law,
Oxford 1960, 110); A. Garzetti, ‘Aerarium’ e ‘fiscus’ sotto Augusto:
storia di una questione in parte di nomi, in Athenaeum, n.s. 31, 1953,
298-327; F. Vassalli, Studi giuridici, vol. III, t. 1, Milano 1960, 41-42;
U. Coli, s.v. fisco, in Novissimo Digesto italiano, vol. VII, Torino
1961, 381-385; F. Millar, The fiscus in the first two centuries, in JRS,
53, 1963, 29-42 (cfr. 29 e n. 4 sulle rendite delle province imperiali
assorbite dal fisco); P.A. Brunt, The ‘fiscus’ and its development, in
JRS, 56, 1966, 75-91 (in partic. 77); G. Boulvert, Tacite et le fiscus, in
RD, 48, 1970, 430-438; Id., Le fiscus dans la littérature latine des
deux premiers siècles, in RD, 48, 1970, 687-688; Id., Aerarium dans
les constitutions impériales, in Labeo, 22, 1976, 151-177; G.
Klingenberg, Der «fiscus» im Dienste privater Rechtsdurchsetzung, in
Sodalitas, cit., vol. 4, 1705-1717; T. Yoneta, Imperial procurators as
public officials,
368 Cristina Soraci

Sotto Nerone le distribuzioni frumentarie furono tutta-


via interrotte. L’imperatore, che nel 62 d.C. aveva fatto get-
tare nel Tevere parte del grano destinato alle distribuzioni
perché avariato (frumentum plebis vetustate corruptum in
Tiberim iecit), pensò di sospendere le frumentationes quan-
do, nel 64, l’incendio divampato a Roma lasciò la città
priva di scorte di cereali, ma fece portare le riserve da Ostia
e ridusse il prezzo del grano da acquistare sul mercato. In
questo modo egli favorì l’insieme della popolazione citta-
dina e non solo la plebs frumentaria45. Alla sua morte le fru-

in JCS, 33, 1985, 88-98; M. Alpers, Das nachrepublikanische


Finanzsystem: Fiscus und Fisci in der frühen Kaiserzeit, Berlin 1995.
45
Tac. ann. 15.18.2 (sul frumento gettato nel Tevere); Dio 62.18.5
(kai;twǹ ÔRwmaivwn aujtwǹ to;sithrevs ion parespavsato), Tac. ann.
15.39.2, Suet. Nero 38.3. Si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit.,
237; Spaventa De Novellis, I prezzi in Grecia e a Roma, cit., 95; Van
Berchem, Les distributions, cit., 74-76; Szilágyi, Prices and wages,
cit., 332 e 336; F. Grosso, La lotta politica al tempo di Commodo,
Torino 1964, 305 n. 1; W. Held, Die Vertiefung der allgemeinen Krise
im Westen des römischen Reiches, Berlin 1974, 58 n. 8; S. Mrozek, Prix
et rémunération dans l’Occident romain (31 av. n.è.-250 de n.è.),
Gdansk 1975, 10-11, 14, 35; L. Gavazzi, Alcuni aspetti della populari-
tas di Nerone, in AIV, 134, 1975-76, 421-437; T. Zawadzki, La légation
de Ti. Plautius Silvanus Aelianus en Mésie et la politique frumentaire
de Néron, in Neronia 1974. Relazioni presentate al primo convegno
della Société Internationale des études néroniennes (=PP, 160, 1975),
68 (secondo cui Nerone avrebbe sospeso solo le frumentazioni rivolte
ai cittadini optimo iure); De Martino, Storia economica, vol. II, Firenze
1979, 348; Rickman, Corn supply, cit., 187; H.P. Kohns, Hungersnot
und Hungerbewältigung in der Antike, in Sozialmassnahmen und
Fürsorge. Zur Eigenart antiker Sozialpolitik, hrsg. von H. Kloft, Graz-
Horn 1988, 120; W. Jacob – Sonnabend, Untersuchungen zum Nero-
Bild der Spätantike, Hildesheim – Zürich – New York, 1990, 112 n. 24;
Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 32; Garnsey, Carestia, cit., 313-
314; Lo Cascio, Collegi, cit., 94.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 369

mentazioni avranno verosimilmente ripreso il loro corso46.


Dell’epoca di Nerva possediamo un sesterzio con
l’effige dell’imperatore e la scritta PLEBEI URBANAE
FRUMENTO CONSTITUTO - S.C., oggetto di svariate
interpretazioni discordanti tra di loro: secondo Mommsen,
Nerva avrebbe inizialmente abolito le distribuzioni frumen-
tarie per poi ripristinarle successivamente, coniando questo
tipo monetale per celebrare il provvedimento. Cardinali
pensava piuttosto che l’espressione indicasse solo la pro-
mulgazione di “serie norme pel funzionamento delle fru-
mentazioni, anziché addirittura un nuovo loro inizio”. Van
Berchem riteneva che l’emissione del sesterzio fosse dovu-
ta ai senatori, nelle cui mani ricadeva la coniazione delle
monete di bronzo, e che la moneta avesse indicato la resti-
tuzione agli stessi del titolo di praefecti frumenti dandi, sot-
tratto loro da Claudio, la cui ricomparsa viene tuttavia nor-
malmente datata, come riconosce lo stesso studioso, al
regno di Traiano. Secondo Syme, infine, nel sesterzio

46
Van Berchem, Les distributions, cit., 76; G. Boulvert, Esclaves
et affranchis impériaux sous le Haut-Empire romain. Rôle politique et
administratif, Napoli 1970, 232; si vd. però anche Deininger, Brot und
Spiele, cit., 285 n. 16. Sulle distribuzioni di grano ai pretoriani, che
divennero gratuite a partire da Nerone, vd. Rostowzew, s.v. Frumentum,
in RE, cit., coll. 180-181 e Virlouvet, ‘Tesssera frumentaria’, cit., 271-
272 e Ead., L’approvvigionamento, cit., 124-125 (secondo cui i preto-
riani ricevevano il grano gratuito non come appartenenti alla plebs fru-
mentaria ma come soldati in servizio, che prima di Nerone dovevano
decurtare il prezzo del cibo dal loro stipendio: cfr. già Van Berchem,
Les distributions, cit., 39-40). In merito all’ammissione alle frumenta-
zioni dei vigili, vd. invece: Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 261;
S. Capponi – B. Mengozzi, I ‘vigiles’ dei Cesari. L’organizzazione
antincendio nell’antica Roma, Roma 1993, 148-151; Virlouvet,
‘Tesssera frumentaria’, cit., 273-282; R. Sablayrolles, Libertinus miles.
Les cohortes de vigiles, Rome 1996, 326-333 e passim.
370 Cristina Soraci

sarebbero apparentemente commemorate distribuzioni


extra di frumento. In mancanza di ulteriori dettagli, è pre-
feribile considerare la moneta semplicemente come una
testimonianza dell’attenzione rivolta dall’imperatore alla
plebe urbana e al problema del suo sostentamento47.
Il successore di Nerva, Traiano, fece costruire un
secondo porto ad Ostia, consentendo in tal modo l’approdo
di navi di grandi dimensioni; secondo un’espressione di
Plinio molto discussa (paulo minus… quinque milia inge-
nuorum fuerunt quae liberalitas principis nostri conquisivit,
invenit, adscivit), egli avrebbe avuto, inoltre, il merito di
includere tra i beneficiari del frumento gratuito cinquemila
fanciulli, ma il passo sopra citato pare piuttosto riferirsi ai
destinatari dei congiaria e non alla plebs frumentaria48.
Nell’arco di tempo che intercorse tra l’epoca di

47
Th. Mommsen, Die römischen Tribus in administrativer
Beziehung, Altona 1844, 193; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit.,
237-238 (seguito da Garnsey, Carestia, cit., 315 n. 17, secondo cui la
scritta “sembra indicare una risistemazione dopo un periodo di disorga-
nizzazione”); Van Berchem, Les distributions, cit., 77-78; R. Syme, The
imperial finances under Domitian, Nerva and Trajan, in JRS, 20, 1930,
62 (seguito da Chilver, ‘Princeps’, cit., 11). Si vd. anche A. Garzetti,
Nerva, Roma 1950, 69, G. Vitucci, ‘PLEBEI URBANAE FRUMENTO
CONSTITUTO’, in ArchCl, 10, 1958, 310-314; Rickman, Corn supply,
cit., 216.
48
Plin. paneg. 28.4, su cui vd. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE,
vol. I, 1895, 402; P. Veyne, La table des Ligures Baebiani et
l’institution alimentaire de Trajan (II), in MEFR, 70, 1958, 222 inten-
de l’iscrizione dei 5000 bambini riferita al congiario di cui parla Plinio
nei capp. 26-28 (ma poi in Id., Les ‘alimenta’ de Trajan, in Les empe-
reurs romains d’Espagne, Madrid-Italica, 31 mars-6 avril 1964, Paris
1965, 167-169 lo studioso pensò si trattasse di ammissione alle frumen-
tationes); E. Lo Cascio, Gli ‘alimenta’, l’agricoltura italica e
l’approvvigionamento di Roma, in RAL, 33, 1978, 315; Garnsey,
Carestia, cit., 332; Id., Cities, cit., 238-239; L. Wierschowski, Die
A l i m e n t a r -
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 371

Adriano e quella di Settimio Severo sono stati, invece,


occasionalmente ammessi alle frumentazioni anche alcuni
gruppi di fanciulli. Antonino Pio, infatti, dopo la morte
della moglie Faustina Maggiore, puellas alimentarias in
honorem Faustinae Faustinianas constituit; questa istitu-
zione alimentaria, rivolta solo alle fanciulle di Roma, vale-
va forse come compenso per le ragazze che non potevano
partecipare alle distribuzioni di grano e di monete tipiche
delle festività, cui erano invece ammessi i ragazzi49.
Marco Aurelio si ispirò poi al suo predecessore quan-
do, a ricordo del matrimonio della figlia Lucilla con Lucio
Vero, e quindi dopo il 164 d.C., diede ordine che pueros et
puellas novorum nominum frumentariae perceptioni
adscribi e quando, dopo il 176 d.C., novas puellas
Faustinianas instituit in honorem uxoris mortuae. Secondo
Veyne, l’opera dei successori di Traiano sarebbe stata ispi-

institution Nervas und Traians. Ein Programm für die Armen?, in


Imperium romanum. Studien zu Geschichte und Rezeption. Festschrift
für Karl Christ zum 75. Geburtstag, Stuttgart 1998, 764-766; Panciera
- Virlouvet, Les archives, cit., 260.
49
Hist. Aug. Pius 8.1. Cfr. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, cit.,
403; H.P. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme in der Historia
Augusta, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1964/65, Bonn
1966, 108 n. 40; F.C. Bourne, The Roman alimentary program and
Italian agriculture, in TAPhA, 91, 1960, 67; R. Duncan-Jones, The pur-
pose and organisation of the alimenta, in PBSR, 32, 1964, 143 e n. 107;
Hands, Charities, cit., 110; Duncan-Jones, The economy of the Roman
empire, Cambridge 1974, 319 n. 1 (con segnalazione delle testimonian-
ze numismatiche); H.-G. Pflaum, Les imperatrices de l’époque des
Antonins dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-
Colloquium, 1979/81, Bonn 1983, 247; S. Mrozek, Les distributions
d’argent et de nourriture dans les villes italiennes du Haut-Empire
romain, Bruxelles 1987, 62; M. Prell, Armut im antiken Rom, Stuttgart
1997, 291; W. Eck, L’Italia nell’impero romano. Stato e amministrazio-
ne in epoca imperiale, Bari 1999, 156 e n. 24.
372 Cristina Soraci

rata non tanto dalla ragione di stato ma da sentimenti di


carità verso i più deboli; in altre parole, il criterio discrimi-
nante non sarebbe stato in questo caso quello della cittadi-
nanza romana ma un’eventuale situazione di indigenza50.
Dall’epoca di Commodo appaiono sulle iscrizioni
praefecti Miniciae, affiancati ai curatores aquarum et
Miniciae, che Pflaum riteneva istituiti da Commodo;
secondo lo studioso, sia gli uni che gli altri avrebbero rice-
vuto la nomina dall’imperatore e non dal senato, alla cui
ingerenza sarebbero così state sottratte le frumentazioni:
una simile misura non poteva che essere opera di
Commodo, di cui è ben noto l’astio nei confronti del sena-
to51. Il problema, tuttavia, è reso più complesso dalle data-
zioni delle epigrafi, non sempre sicure, e dalla proliferazio-
ne di titolature che presentano diverse varianti, cui non
sempre è possibile attribuire una funzione specifica e della
cui nomina appare difficile individuare con certezza la

50
Hist. Aug. Aur. 7.8 e 26.6; cfr. CIL 6.10222= ILS 6065: stele
funeraria per una figlia che visse sei anni incisae frumento publico
divae Faustinae iunioris. Veyne, Les ‘alimenta’ de Trajan, cit., 169.
Sulle fonti citate cfr. De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE, cit., 403; O.
Hirschfeld, Die kaiserlichen Verwaltungsbeamten bis auf Diocletian,
Berlin 19052, 223 e n. 4; R.V. Nind Hopkins, The life of Alexander
Severus, Cambridge 1907, 154 e n. 4; Van Berchem, Les distributions,
cit., 34 e n. 1; Bourne, The Roman alimentary program, cit., 67; M.E.
Pfeffer, Einrichtungen der sozialen Sicherung in der griechischen und
römischen Antike, unter besonderer Berücksichtigung der Sicherung
bei Krankenheit, Berlin 1969, 122 n. 290; F. Cassola, Note sul ‘prae-
fectus alimentorum’, in Studi in onore di E. Volterra, vol. III, Milano
1971, 500 n. 15; Duncan-Jones, The economy, cit., 319 n. 1; Prell,
Armut, cit., 291; Eck, L’Italia, cit., 156.
51
H.-G. Pflaum, Du nouveau sur les ‘agri decumates’ à la lumiè-
re d’un fragment de Capoue, CIL X 3872, in Bonner Jahrbücher des
rheinischen Landsmuseum in Bonn, 163, 1963, 232-233; secondo Van
Berchem, Les distributions, cit., 96-97, invece, le due titolature indica-
vano una medesima funzione.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 373

responsabilità, se imperiale o senatoria. Del resto, interpre-


tare il passaggio dall’una all’altra carica come conseguen-
za di una politica di volta in volta filo- o antisenatoria appa-
re riduttivo, considerata l’importanza dei servizi cui si fa
riferimento, quello delle acque e le frumentazioni, due set-
tori che sin dall’epoca di Augusto avevano registrato una
cooperazione tra le due forze al governo, il senato e
l’imperatore52.
I primi curatores aquarum et Miniciae sono comunque
attestati a partire dall’epoca di Settimio Severo:
l’introduzione della nuova carica comportò certamente
l’unificazione di due funzioni, il servizio delle acque e le
frumentationes, e dunque la semplificazione di problemi
dal punto di vista amministrativo53.
Come affermano due passi tanto discussi, alla sua
morte Settimio lasciò al popolo romano il canone frumen-
tario di sette anni. Cosa l’autore dell’Historia Augusta
intenda con l’espressione septem annorum canon non è tut-
tora chiaro. Generalmente si pensa alla quantità complessi-
va di frumento che le province avrebbero versato nell’arco
di sette anni come tributo e che lo stato avrebbe ammassa-

52
Rickman, Corn supply, cit., 253-256 (cfr. anche 193-194 e
216); C. Bruun, The Roman Minucia business. Ideological concepts,
grain distribution and Severan policy, in Opusc. Inst. Rom. Finlandiae,
4, 1989, 106-121. Contra, cfr. F. Coarelli, La situazione edilizia di
Roma sotto Severo Alessandro, in L’URBS. Espace urbain et histoire
(Ier siècle avant J.C.- IIIe siècle ap. J.C.), Actes du colloque internatio-
nal organisé par le Centre national de la recherche scientifique et
l’École française de Rome (Rome, 8-12 mai 1985), Rome 1987, 445.
53
Cfr. Van Berchem, Les distributions, cit., 96; A. Chastagnol, La
préfecture urbaine à Rome sous le bas-empire, Paris 1960, 56; Pavis
d’Escurac, La préfecture, cit., 35 n. 12; Rickman, Corn supply, cit.,
256; C. Bruun, Water for the Castra Praetoria. What were the Severan
opera min., in Arctos, 21, 1987, 7-18. Si vd., da ultimo, C. Bruun, Il
funzionamento degli acquedotti romani, in Roma imperiale, cit., 155.
374 Cristina Soraci

to negli horrea; Van Berchem ha invece ipotizzato che esso


rappresentasse la differenza tra il quantitativo di frumento
versato dalle province e quello distribuito al popolo: con-
servando ogni anno la metà del canone, in quattordici anni
l’imperatore avrebbe avuto a disposizione una quantità di
grano equivalente al canone di sette anni. Sirks riteneva si
trattasse della quantità che si sarebbe potuta distribuire se il
canon (ossia l’ammontare complessivo di cereali necessa-
rio alle frumentationes) previsto per sette anni fosse stato
distribuito in un anno solo. Invece De Romanis ha proposto
di emendare parzialmente uno dei passi dell’Historia
Augusta e di intendere che alla morte di Settimio Severo
l’annuale tributo in grano delle province fosse stato sette
volte superiore alla quantità annualmente distribuita nelle
frumentazioni54. In ogni caso, la notizia testimonia
l’esigenza di creare una riserva di frumento tale da poter

54
Hist. Aug. Sept. Sev. 8.5 e 23.2. Van Berchem, Les distributions,
cit., 106-108; G. Raffo, Sulle distribuzioni di viveri a Roma nel III
secolo d.C., in Giornale Italiano di Filologia, 4, 1951, 251-252; J.
Schwartz, L’empereur Probus et l’Égypte, in CE, 45, 1970, 383-385
(che non ritiene degna di fede la notizia); Pavis d’Escurac, La préfec-
ture, cit., 171-172; F. Paschoud, Le Diacre Philippe, L’Eunuque de la
reine Candace et l’auteur de la Vita Aureliani, in Bonner Historia-
Augusta-Colloquium 1975/1976, Bonn 1978, 149; Id., Raisonnements
providentialistes dans l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-
Colloquium 1977/1978, Bonn 1980, 169 n. 14; Corbier, Trésors, cit.,
411-412 e 417-421; F. De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON. Sul
CANON POPVLI ROMANI lasciato da Settimio Severo, in RAL, s. 9, 7,
1996, 133-159. Sirks, The size of the grain distributions, cit., 220-224
e 236. Cfr. anche Lo Cascio, L’organizzazione annonaria, cit., 236-
237; D. Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’: vecchie e nuove questio-
ni di storia annonaria romana, in «Humana sapit». Études d’antiquité
tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini, ed. J.-M. Carrié- R. Lizzi
Testa, Turnhout 2002, 342 e n. 7, 351-355.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 375

sopperire ad eventuali situazioni di penuria, evitando così


difficili congiunture sul piano economico e politico55.
Sappiamo che l’editto di Caracalla (212 d.C.) conces-
se la cittadinanza romana ai sudditi liberi dell’impero; ci si
chiede se un simile provvedimento abbia comportato
l’ammissione alle frumentazioni di tutti i residenti a Roma.
Ciò appare inverosimile; in realtà, non si conoscono gli
effetti della Constitutio Antoniniana a tale riguardo. Certo
è che molte differenziazioni giuridiche e fiscali non furono
abbandonate e dunque, verosimilmente, le frumentazioni
continuarono ad essere privilegio di un numero ben defini-
to di persone56.
L’Historia Augusta racconta che Elagabalo concesse
l’assegnazione del canon populi Romani di un anno a per-
sone di dubbia moralità, ma la notizia va accolta con caute-
la, considerata la proverbiale parzialità della fonte, favore-
vole solo ai principes filosenatori; De Romanis ha proposto
di intendere che Elagabalo “abbia ordinato di distribuire ad
abitanti di Roma non beneficiari delle frumentazioni una
quota dell’annuale contributo granario delle province pari
alla populi ratio (9000000 modii), evidentemente secondo
le razioni delle frumentazioni”57. Se così fosse, si trattereb-
be di un tentativo di ampliare il numero dei beneficiari, in
perfetta consonanza con quella “assistenza sociale” nel
campo dell’annona civica “che sin dai Severi aveva manife-
stato tendenza a svolgersi su scala più vasta”58.

55
Lo Cascio, Collegi, cit., 107.
56
Cfr. le interessanti osservazioni di Carrié, Les distributions, cit.,
1026-1029; si vd. anche De la ville antique…, cit., 57.
57
Hist. Aug. Heliog. 27.7. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche
Probleme, cit., 99 e 105; Paschoud, Le diacre Philippe, cit., 149 e Id.,
Raisonnements, cit., 169 n. 14; De Romanis, SEPTEM ANNORVM
CANON, cit., 136 e 152-158.
58
S. Mazzarino, Aspetti sociali del quarto secolo. Ricerche di sto-
ria tardo-romana, Roma 1951, 218-219.
376 Cristina Soraci

Sempre l’Historia Augusta narra che Alessandro


Severo avrebbe rifornito a proprie spese i granai svuotati
dal suo predecessore; non sottovalutando anche in questo
caso la tendenziosità della fonte, si potrebbe comunque
ipotizzare che dietro la notizia si nascondano le difficoltà
cui andarono incontro i successori di Caracalla per mante-
nere intatto il gettito del canon populi Romani59.
Dei trentadue anni che intercorrono tra il regno di
Massimino e quello di Aureliano si può dire poco, dato il
silenzio delle fonti a riguardo; forse il sistema avrà conti-
nuato a funzionare senza regolarità60.

L’organizzazione delle distribuzioni: tempi, luoghi e perso-


nale incaricato

La decisione di rendere perpetue le distribuzioni ali-


mentari comportava ovviamente anche l’esigenza di rivede-

59
Hist. Aug. Alex. 21.9; cfr. K. Hönn, Quellenuntersuchungen zu
den Viten des Heliogabalus und des Severus Alexander im Corpus der
Scriptores Historiae Augustae, Leipzig 1911, 128; Raffo,
Distribuzioni, cit., 252; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche Probleme,
cit., 99-115; H.-G. Pflaum, Les amours des empereurs dans l’Histoire
Auguste, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1975/1976, cit., 164;
De Romanis, SEPTEM ANNORVM CANON, cit., 157. Di pueros
Antoninianos et puellas Antoninianas e di puellas et pueros
Mammaeanas et Mammaeanos parlano due passi dell’Historia Augusta
(risp. Diad. 2.10 e Alex. Sev. 57.7) cui, tuttavia, non viene dato gene-
ralmente molto credito a causa dell’assenza di altre testimonianze
documentarie utili ad un riscontro: De Ruggiero, s.v. alimenta, in DE,
cit., 403; Bourne, Program, cit., 68; Duncan-Jones, Economy, cit., 319
n. 1; G. Pugliese, Assistenza all’infanzia nel principato e “piae cau-
sae” del diritto romano cristiano, in Sodalitas, cit., vol. 7, 3181; Eck,
L’Italia, cit., 156 n. 25.
60
Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 35. Raffo, Distribuzioni,
cit., 253 ritiene, invece, che in questo periodo le frumentationes siano
state interrotte.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 377

re la struttura organizzativa a ciò deputata. Fino ad


Augusto, l’incarico dell’approvvigionamento, la cura
annonae, e le frumentationes, insieme ad altre molteplici
mansioni, erano stati quasi sempre nelle mani degli stessi
individui, gli edili61. A partire dal I secolo a.C., tuttavia,
quando le distribuzioni divennero permanenti, la loro orga-
nizzazione era diventata talmente complessa da richiedere
una distinzione di funzioni.
Già Cesare aveva nominato due edili con il compito di
dedicarsi esclusivamente al rifornimento di Roma: gli aedi-
les ceriales62. Augusto fece di più: nel 22 a.C., quando rice-
vette dal popolo, a titolo straordinario, la cura annonae,
incaricò due antichi pretori (cui, nel 18 a.C., si aggiunsero
altri due) di occuparsi unicamente della distribuzione del
frumento, mentre la cura annonae rimaneva nelle mani
degli edili; creò così i praefecti frumenti dandi. Tra il 6 ed
il 14 d.C. sottrasse invece la cura annonae agli edili e
l’affidò ad un altro prefetto, il praefectus annonae, che
aveva il compito di controllare sul mercato di Roma i prez-
zi dei prodotti agricoli principali, soprattutto frumento e

61
Cfr. le eccezioni riportate da Cardinali, s.v. frumentatio, in DE,
cit., 237; Van Berchem, Les distributions, cit., 67.
62
Dio 43.51.3., su cui vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit.,
237; Van Berchem, Les distributions, cit., 67; Pavis d’Escurac, La pré-
fecture, cit., 21-22; Höbenreich, Annona, cit., 34; Virlouvet,
L’approvvigionamento, cit., 114.
63
Senza alcuna pretesa di completezza, citiamo sull’argomento:
Oehler, s.v. Annona, in RE, vol. I, 1894, col. 2318; Van Berchem, Les
distributions, cit., 67-69; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 240-
241; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 21-26 e 29-39; Rickman,
Corn supply, cit., 186 e 193-195; Lo Cascio, L’organizzazione annona-
ria, cit., 240; Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimentari, cit.,
249; Höbenreich, Annona, cit., 35-68; Virlouvet, L’approv-
vigionamento, cit., 114-115.
378 Cristina Soraci

olio63.
Gli aventi diritto potevano ritirare la razione di grano
loro destinata esibendo le tessere frumentarie, che veniva-
no consegnate mensilmente. Augusto, tuttavia, pensò di far
distribuire tre volte l’anno una tessera valida per quattro
mesi, e ciò al fine di non distogliere troppo frequentemen-
te la plebe dagli affari frumentationum causa. Anche in
questa circostanza il popolo appare, dunque, maggior-
mente interessato a ricevere la razione di frumento che gli
era dovuta piuttosto che dedicarsi alle abituali attività.
L’innovazione, comunque, ebbe vita breve, perché la
plebe chiese di ripristinare la distribuzione mensile delle
tessere64.
Le frumentationes comportavano dei problemi orga-
nizzativi non indifferenti, primi fra tutti una cadenza rego-
lare delle distribuzioni e luoghi ad esse destinati.
L’opinione generale degli studiosi è che durante la
repubblica le distribuzioni fossero effettuate una volta al
mese e in differenti punti di Roma65. Secondo Rickman
esse avrebbero avuto luogo negli horrea o in porticus

64
Suet. Aug. 40.3: populi recensum uicatim egit, ac ne plebs fru-
mentationum causa frequentius ab negotiis auocaretur, ter in annum
quaternum mensuum tesseras dare destinauit; sed desideranti consue-
tudinem veterem concessit rursus, ut sui cuisque mensis acciperet. Cfr.
Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; Nicolet, Tessères frumen-
taires, cit., 697; Deininger, Brot und Spiele, cit., 284; Virlouvet,
‘Tessera frumentaria’, cit., 310-324; Lo Cascio, Registri, cit., 376.
65
Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; Van Berchem,
Les distributions, cit., 85. Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE, cit., coll.
175-176 riteneva che il giorno, il luogo e il magistrato incaricato non
fossero fissati una volta per tutte. Secondo Nicolet, Le temple des
Nymphes, cit., 48-51, nella Porticus Minucia Vetus avrebbero avuto
luogo le operazioni amministrative concernenti le distribuzioni, in par-
ticolare la riduzione del numero dei beneficiari ordinata da Cesare.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 379

adatti allo scopo e sarebbero state effettuate in un giorno


prefissato del mese in diversi punti della città contempo-
raneamente66.
Di recente ed a più riprese, la Virlouvet ha formulato
un’altra ipotesi: che le distribuzioni, la cui ubicazione può
aver subito variazioni tra il periodo della lex Sempronia e la
costruzione della Porticus Minucia Frumentaria, si effet-
tuassero lo stesso giorno del mese ed in uno stesso luogo,
forse i Saepta o il circus Flaminius o anche nel luogo dove
poi sarebbe stata edificata la Porticus67. La studiosa pensa
di poter individuare questo luogo nella zona in cui sorgeva
la Porticus Minucia Vetus, costruita da M. Minucio Rufo,
console nel 110 a.C68.
Al regno di Claudio si fa risalire invece la costruzione
della famosa Porticus Minucia Frumentaria, un complesso
situato nella Regio IX (Circus Flaminius) e comprendente
45 arcate in ciascuna delle quali erano verosimilmente
effettuate le distribuzioni: gli aventi diritto sarebbero stati
suddivisi in gruppi, comprendenti dalle 150 alle 200 perso-
ne, mentre tavole di bronzo affisse sulle arcate avrebbero
riportato i loro nomi, l’indicazione del giorno in cui ciascu-
no doveva recarsi a ritirare la propria razione e quella del
numero di arcata69. Secondo altri studiosi, invece, la suddet-

66
Rickman, Corn supply, cit., 185-186 e 192; vd. anche Pucci, I
consumi alimentari, cit., 378.
67
Cfr. C. Virlouvet, La topographie des distributions frumentaries
avant la création de la PORTICUS MINUCIA FRUMENTARIA, in
L’URBS, cit., 175-189; Ead., ‘Tessera frumentaria’, cit., 27-130.
68
Cfr. Virlouvet, Topographie, cit., 189; Ead., ‘Tessera frumenta-
ria’, cit., 157-160. Su Minucio Rufo, vd. Van Berchem, Les distribu-
tions, cit., 89.
69
Si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 268; B. Wall,
Porticus Minucia, in Acta Instituti Regni Sueciae, 1932, 31-54; Van
Berchem, Les distributions, cit., 88-92; Nicolet, Le temple, cit., 30;
Rickman, Corn supply, cit., 192-193 e 250-252; Galsterer, ‘Plebiculam
380 Cristina Soraci

ta Porticus avrebbe avuto solo una funzione amministrativa, il


riconoscimento del diritto al frumento gratuito e il rilascio
delle tesserae frumentariae; la distribuzione sarebbe avvenu-
ta in altri luoghi di Roma, probabilmente nei granai, forse
anche presso la porticus Aemilia70. Allo stato attuale della
nostra documentazione è difficile formulare argomentazioni
decisive in favore dell’una o dell’altra ipotesi.

Aureliano e la riconquista dell’Egitto

Dopo Augusto, i cittadini di Roma godettero, quindi,


del frumento gratuito quasi ininterrottamente per ben tre
secoli, fin quando Aureliano (270-275 d.C.) decise la sosti-
tuzione delle distribuzioni granarie con quelle di pane.
Significativa è, innanzi tutto, la collocazione cronolo-
gica della riforma.
Le fonti in nostro possesso insistono nel correlare la
distribuzione di pane con la conclusione delle due campa-
gne militari in Oriente (la prima durata dall’inizio del 272
all’agosto del 272; la seconda dall’autunno del 272 alla pri-
mavera del 273) e la conseguente riconquista dell’Egitto,

pascere’, cit., 35-36; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 131-156,


secondo cui le arcate sarebbero state 44. Per la localizzazione della
stessa, cfr. Rickman, Corn supply, cit., 250-252; F. Zevi, Per
l’identificazione della ‘Porticus Minucia frumentaria’, in MEFRA,
105, 1993, 2, 661-708; Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 133-145.
70
Sulla tesi che vedeva nella Porticus solo il luogo in cui veniva-
no svolte le fasi amministrative della distribuzione cfr. M. Rostovtzeff,
Étude sur les plombes antiques, in RN, 1898, 262 ss.; Nicolet, Il mestie-
re di cittadino, cit., 252 n. 44; da ultimo, vd. E. Rodríguez Almeida,
Aemiliana, in RPAA, 68, 1995-96, 373-383. Contra, vd. Virlouvet,
‘Tessera frumentaria’, cit., 81-117.
71
Zos. 1.61.3; Hist. Aug. Aurelian. 35.1: Non praeterendum vide
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 381

che dal 270 era stato inglobato nel regno di Palmira71.


Com’è noto, Zenobia e Settimio Vaballato Atenodoro
erano diventati sovrani del regno dopo la morte di Odenato,

tur quod et populus memoria tenet et fides historica frequentavit,


Aurelianum eo tempore quo proficiscebatur ad orientem bilibres coro-
nas populo promississe, si victor rediret, et, cum aureas populus spera-
ret neque Aurelianus aut posset aut vellet, coronas eum fecisse de pani-
bus, qui nunc siliginei vocantur, et singulis quibusque donasse, ita ut
siligineum suum cottidie toto aevo suo unusquisque et acciperet et
posteris suis dimitteret; Hist. Aug. Aurelian. 47.1-2: Panibus urbis
Romae unciam de Aegyptio vectigali auxit. Per una discussione critica
sulle fonti citate, e per la bibliografia in merito, cfr. infra, 397-407.
Sulle campagne di Aureliano in Oriente e sui rapporti tra Palmira e
Roma, vd. L. Homo, Essai sur le règne de l’empereur Aurélien (270-
275), Paris 1904, 84-115; M. Besnier, L’empire romain de l’avènement
des Sévères au Concile de Nicée, Paris 1937, 236-240; I.A. Richmond,
Palmyra under the aegis of Rome, in JRS, 53, 1963, 43-54 (sull’edili-
zia pubblica e privata ispirata in parte ai canoni dell’architettura roma-
na); J. Gagé, La montée des Sassanides et l’heure de Palmyre, Paris
1964, in partic. 140-153; T. Kotula, Aurélien et Zénobie: l’unité ou la
division de l’Empire?, Wroclaw 1966; L. Bivona, Per la cronologia di
Aureliano, in Epigraphica, 28, 1966, 106-121; W. Held, Die zunehmen-
de Erstarkung der römischen Provinzialaristokratie in der zweiten
Hälfte des 3. Jahrhunderts, in AAntHung, 19, 1971, 281-291 (in partic.
286-288); G. Sotgiu, Aureliano (1960-1972), in ANRW, II, 2, Berlin
1975, 1059-1060; J. Schwartz, Palmyre et l’opposition a Rome en
Égypte, in Palmyra. Bilan et perspectives. Colloque de Strasbourg (18-
20 octobre 1973) à la mémoire de Daniel Schlumberger et de Henri
Seyrig, Strasbourg 1976, 139-151; J.W. Han Drijvers, Zenobia und die
Auseinandersetzung zwischen Palmyra und Rom, in Palmyra.
Geschichte, Kunst und Kultur der syrischen Oasenstadt, Linz 1987,
128-131; T. Saunders Randall, A biography of the emperor Aurelian
(A.D. 270-275), Univ. of Cincinnati 1991; R. Stonemann, Palmyra and
its empire: Zenobia’s revolt against Rome, Ann Arbor (Mich.) 1992,
155-179; B. Nakamura, Palmyra and the Roman East, in GRBS, 34,
1993, 133-150; D.F. Buck, The reign of Aurelian in Eunapius’
Histories, in AHB, 9, 2, 1995, 88-92; R. Krautkrämer, Der syrische
Limes: Palmyra im Spannungsfeld zwischen Imperium Romanum und
Persischem Reich, in Grenzkultur-Mischkultur?, hrsg. von R. Marti,
382 Cristina Soraci

rispettivamente loro marito e padre, il quale l’aveva reso di


fatto indipendente da Roma nel 260 d.C., quando l’impero
era in preda a grandi rivolgimenti politici, sociali ed econo-
mici72. In seguito a due fruttuose campagne militari,

Saarbrücken 2000, 147-166; A. Watson, Aurelian and the third century,


London-New York 1999, 70-84. Per i riferimenti cronologici di questo
periodo ci siamo serviti delle indicazioni fornite da S. Estiot, Ripostiglio
della Venèra. Nuovo Catalogo illustrato. Aureliano, vol. II/1, Roma
1995, 94-101 (si v anche Ead. Aureliana, in RN, 150, 1995, 58-63) che,
basandosi su un attento spoglio delle fonti numismatiche e papiracee, ha
rivisitato le datazioni tradizionalmente seguite (per cui vd. anche J.
Schwartz, Chronologie du IIIe s. p. C., in ZPE, 21, 1976, 167-177).
72
Sulla figura di Zenobia, cfr. K. Wegenast, s.v. Zenobia, in RE, X,
1972, coll. 1-8; I. Cazzaniga, Psogos ed épainos di Zenobia. Colori reto-
rici in Vopisco e Pollione (H.A.), in PP, 27, 1972, 156-182; Stonemann,
Palmyra, cit., 111-127; E. Equini Schneider, Septimia Zenobia Sebaste,
Roma 1993; B. Kytzler, Frauen der Antike: von Aspasia bis Zenobia,
Zürich 1994; A. Wieber, Die Augusta aus der Wüste: die palmyrenische
Herrscherin Zenobia, in Frauenwelten in der Antike:
Geschlechterordnung und weibliche Lebenspraxis, hrsg. von T. Späth-B.
Wagner-Hasel, Stuttgart 2000, 281-310; J. Teixidor, Antiquités sémiti-
ques, in ACF, 98, 1997-98, 713-731. In merito al personaggio di
Odenato si vd. H. Seyrig, Les fils du roi Odainat, in AArchSyr, 13, 1963,
159-172; J. Schwartz, L’Histoire Auguste et Palmyre, in Bonner
Historia-Augusta-Colloquium, 1964/65, Bonn 1966, 185-195; L. de
Blois, Odaenathus and the Roman-Persian war of 252-264 A.D., in
Talanta, 6, 1974, 7-23; A. Baldini, Problemi di storia palmirena. Note
sulla politica di Odenato, in CCAB, 23, 1976, 21-45; I.S. Šifman, Le
système étatique de Palmyre (l’empire d’Odénatos et Zénobie), I, in
Problèmes d’histoire et de culture antique. Actes de la XIV conférence
internationale Eirene des spécialistes de l’antiquité dans les pays socia-
listes, éd. Par B.B. Piotrovskij et al., Jerevan 1979, 327-331; E.
Gawlikowski, Les princes de Palmyre, in Syria, 62, 1985, 251-261; S.
Swain, Greek into Palmyrene: Odaenathus as corrector totius Orientis?,
in ZPE, 99, 1993, 157-164; D.S. Potter, Palmyra and Rome:
Odaenathus’ titulature and the use of the imperium maius, in ZPE, 113,
1996, 271-285; T. Gnoli, Roma, Edessa e Palmira nel III sec. d.C.: pro-
blemi istituzionali. Uno studio sui Papiri dell’Eufrate, Pisa-Roma 2000,
125-153; J.-C. Balty, Odeinat, «rois des rois», in CRAI, 2, 2002, 729-
741.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 383

Zenobia, che tendeva a presentarsi come novella Cleopatra,


e Vaballato, di cui è nota una lettera spedita agli
Alessandrini in occasione dell’avanzata nel loro paese,
come segno di immutata benevolenza73, erano riusciti a
conquistare l’Egitto (fine del 270 d.C.), provincia di vitale
importanza per il rifornimento granario di Roma e
dell’Italia: tra gli obiettivi della conquista vi era il deside-
rio di reimpadronirsi di una regione che era stata parte inte-
grante dei territori controllati da Odenato, l’aspirazione al
possesso di una provincia ricca e strategica dal punto di
vista commerciale, la volontà di sostenere i capitalisti pal-
mireni là residenti e l’intento di mettere in difficoltà
l’impero interrompendo gli invii di frumento74. Del resto, la

73
Sull’immagine di Zenobia come novella Cleopatra, cfr. G.
Gaggero, Memorie del passato nella propaganda politica di Zenobia,
in Un incontro con la storia nel centenario della nascita di Luca de
Regibus: 1895-1995. Atti del pomeriggio di studio a Vogogna d’Ossola
(1° luglio 1995), Genova 1996, 211-222; S. Bussi, Zenobia/ Cleopatra:
immagine e propaganda, in RIN, 104, 2003, 261-268. In merito all’au-
tore della lettera agli Alessandrini, cfr. P.J. Parsons, A proclamation of
Vaballathus?, in CE, 42, 1967, 397-401, che riteneva tuttavia suscetti-
bile di verifiche l’attribuzione a Vaballato; Nakamura, Palmyra and the
Roman East, cit., 146; J. Schwartz, L’empereur Alexandre Sévère, le SB
X 10295 et le P. Fay. 20, in ZPE, 61, 1985, 122-124, ritorna invece
all’ipotesi dell’attribuzione ad Alessandro Severo.
74
In merito all’intenzione di ripristinare il dominio di Odenato, di
cui l’Egitto doveva costituire parte integrante sin dagli anni 262-263,
ossia dopo la vittoria sui Persiani, data l’esistenza di un partito favore-
vole a Palmira in questa provincia (cfr. U. Hartmann, Das palmyreni-
sche Teilreich, Stuttgart 2001, 160; contra, E. Cizek, L’empereur
Aurélien et son temps, Paris 1994, 78) si vd. Watson, Aurelian, cit., 32
e 62. Sulle motivazioni economiche e politiche dell’operato di Zenobia
cfr. J. Schwartz, Les Palmyréniens et l’Egypte, in BSAA, 40, 1953, 63-
81 (che, tuttavia, non ritiene l’intento di mettere in difficoltà Roma
attraverso l’interruzione degli invii frumentari una possibile motivazio-
ne della conquista); M. Mazza, Lotte sociali e restaurazione autorita-
384 Cristina Soraci

stessa Palmira, che non poteva produrre grano ma era


costretta ad importarlo, avrebbe tratto non pochi vantaggi
dall’annessione75.
Una spia della difficile situazione venutasi a creare nel

ria nel III secolo d.C., Roma-Bari 1973, 260-267; Nakamura, Palmyra
and the Roman East, cit., 140-141; Estiot, Ripostiglio della Venèra, cit.,
94. Circa l’interruzione degli invii frumentari, vd. in partic. S. Perowne,
The emperor Aurelian, A.D. 270-275, in HT, 21, 1971, 384; Wegenast,
s.v. Zenobia, in RE, cit., col. 4 (il quale ritiene che Zenobia
“Getreideversorgung gefährderte”); L. Bivona, Questioni aurelianee,
Palermo 1979, 15; Hartmann, Das palmyrenische Teilreich, cit., 278-
279 e 281-289. Per una disamina delle possibili intenzioni di Zenobia
si vd. Stonemann, Palmyra, cit., 160-163. Sul commercio a Palmira cfr.
J. Conrad, Petra und Palmyra. Zwei Handelstädte im östlichen
Grenzbereich der hellenistisch-römischen Welt, in Altertum, 17, 1971,
150-165; R. Drexhage, Der Handel Palmyras in römischer Zeit, in
MBAH, 1, 1, 1982, 17-34; E. Gawlikowski, Palmyre et l’Euphrate, in
Syria, 60, 1983, 53-68; J. Teixidor, Un port romain du désert. Palmyre
et son commerce d’Auguste à Caracalla, Paris 1984; M. Gawlikowski,
Le commerce de Palmyre sur terre et sur eau, in L’Arabie et ses mers
bordieres, I: Itinéraires et voisinages. Séminaire de recherche 1985-
1986, Lyon-Paris 1988, 163-172; W.H. Mare, Abila and Palmyra:
ancient trade and trade routes from Southern Syria into Mesopotamia,
in Aram, 7 (1-2), 1995, 189-215; Z.T. Biema, Nabatean and Palmyrene
commerce -the mechanisms of intensification, in AArchSyr, 42, 1996,
189-195; E. Frezouls, Palmyre et les conditions politiques du dévelop-
pement de son activité commerciale, ibid., 147-155; M. Gawlikowski,
Palmyra and its caravan trade, ibid., 139-145; E. Will, Palmyre et les
routes de la soie, ibid., 125-128; F. Zayadine, Palmyre, Petra, la mer
Érythrée et les routes de la soie, ibid., 167-178; J. Healey, Palmyra and
the Arabian Gulf trade, in Aram, 8 (1-2), 1996, 189-215; A. Marcone,
Palmira e l’idea di città carovaniera, in MediterrAnt, 6, 2, 2003, 641-
659; Id., Moneta e commercio in una città di frontiera: Palmira tra II e
III secolo d.C., in Moneta mercanti banchieri. I precedenti greci e
romani dell’Euro. Atti del convegno internazionale (Cividale del Friuli,
26-28 settembre 2002), a cura di G. Urso, Pisa 2003, 187-204.
75
Teixidor, Un port romain, cit., 73.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 385

270 d.C., che spingeva la popolazione a dubitare della rego-


larità degli invii frumentari egiziani, può essere riconosciu-
ta in un tipo monetale coniato a Roma e a Siscia, datato
appunto tra l’ottobre e il novembre di quell’anno, che pre-
senta al rovescio la legenda ANNONA AVG e la personifi-
cazione dell’Annona con in mano alcune spighe, il corno
dell’abbondanza e, in basso a sinistra, la prua di una nave:
Aureliano, da poco salito al potere, doveva rassicurare i cit-
tadini dell’impero sulla continuità dell’approvvigionamen-
to nonostante le minacce dello stato palmireno (vd. fig. 1)76.
Non sarà forse un caso che, tra i papiri a noi pervenu-
ti e risalenti agli anni 270-272, dove il nome di Aureliano è
accompagnato da quello di Vaballato (oJ lamprovtato~
basileu;~ u{pato~ aujtokravtwr strathgo;~ ÔRwmaivwn),
nessuno tratti della raccolta, dell’esazione o del trasporto di
dhmovs io~ purov~77.
Quando, nel maggio del 272 d.C., Aureliano ebbe
riconquistato Alessandria, le spedizioni granarie dall’Egitto

76
Cfr. Homo, Essai, cit., 176 n. 3; Estiot, Ripostiglio della Venèra,
cit., 57. Sull’inquietitudine della popolazione per l’interruzione dei
convogli carichi del frumento egiziano, cfr. Watson, Aurelian, cit., 53 e
138-139.
77
BGU 3.946; P.Oxy. 10.1264, 46.3294, 47.3367,r,1 rp
=Pap.Agon. 9 rp.r,2= P.Coll.Youtie 2.69; P.Stras. 1.8.1; SB 8.9912 (vd.
anche 9911), 14.11589 rp, 18.13305; Chr.Wilck. 5; O.Mich. 3.1006;
Stud.Pal 20.72 rp trpl= CPR 1.9; P.Gr. 1238 e 1197 (in Recherches de
papyrologie, vol. III, Paris 1964, rispettivamente nrr. 8 e 11). Gli unici
papiri che menzionano il grano in questi anni si riferiscono alla distri-
buzione di frumento che, com’è noto, veniva effettuata nella città di
Ossirinco e alla quale è stato dedicato il 40° volume degli Oxyrhynchus
Papyri: P.Oxy. 40.2898.r,2; 2904.r; 2906.1; 2908.r,3; 2916.2; 2921;
2922; 2936.2. Sulla distribuzione di Ossirinco si vd. J.M. Carter - K.
Hopkins, The amount of the corn dole at Oxyrhynchus, in ZPE, 13,
1974, 195-196; N. Lewis, The recipients of the Oxyrhinchus siteresion,
in CE, 49, 1974, 158-162; I.F. Fikhman, The corn dole in the
386 Cristina Soraci

a Roma vennero riprese, anche se per poco: l’anno succes-


sivo la provincia si ribellerà nuovamente, secondo il rac-
conto dell’Historia Augsuta che i più propendono per rite-
nere inventato, sotto la guida di Firmo, un commerciante
greco di Seleucia stabilitosi ad Alessandria, il quale, inte-
ressato alle relazioni d’affari con Palmira (iste Zenobiae
amicus et socius), avrebbe incitato gli Alessandrini alla
rivolta, bloccando nuovamente gli invii frumentari: canon
Aegypti, qui suspensus per latronem improbum fuerat…78.
Alla fine dell’estate del 273 l’Egitto era stato nuova-
mente sottomesso; a qualsiasi cittadino romano doveva

cities of Roman Egypt (P. Oxy. XL), in VDI, 134, 1975, 60-70; Kloft,
Das Problem der Getreideversorgung, cit., 137-154; J.M. Carrié,
Archives municipales et distributions alimentaires dans l’Égypte
romaine, in La memoire perdue, cit., 271-295. Circa la compresenza di
Aureliano e Vaballato nella propaganda ufficiale palmirena si vedano
anche le emissioni monetali di Antiochia ed Alessandria: H. Seyrig,
Vhabalathus Augustus, in Mélanges offerts à K. Michalowski,
Warszawa 1966, 659-662; V. Picozzi, Le monete di Vaballato, in
Numismatica, n.s. 2, 1961, 123-128; R.A.G. Carson, Antoniniani of
Zenobia, in NAC, 7, 1978, 221-228; C. Gallazzi, La titolatura di
Vaballato come riflesso della politica di Palmira, in NAC, 4, 1975, 249-
265; J. Lafaurie, A propos d’un antoninianus de Zénobie, in BSFN, 34,
1979, 471-474.
78
Zos. 1.61.1. Sul personaggio di Firmo vd. invece Hist. Aug.
quatt. tyr. 3.1; circa l’interruzione degli invii frumentari a Roma cfr.
ibid. 5.4. Si vd. Homo, Essai, cit., 112-113; O. Seeck, s.v. Firmus (6),
in RE, VI, 1909, coll. 2382-2383; Schwartz, Les Palmyréniens et
l’Egypte, cit., 78-80 (secondo cui la distruzione del Bruchium, traman-
data dai cronografi, avrà comportato quella dei depositi di grano ivi
conservati); Id., La place de l’Égypte dans l’Histoire Auguste, in
Bonner Historia-Augusta-Colloquium 1975/1976, Bonn 1978, 179;
Bivona, Questioni aurelianee, cit., 17-18; Stonemann, Palmyra, cit.,
178-179; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 114-116; A. Forzoni, La
moneta nella storia, vol. III: Dai Severi a Costantino il Grande, Roma
1995, 197-198; Watson, Aurelian, cit., 82-83. Per un dettagliato riesa-
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 387

risultare evidente il significato della riconquista: l’onore di


Roma era salvo, e il rifornimento alimentare veniva nuova-
mente assicurato: un papiro del 274, ritrovato ad Ision
Tryphonos, un villaggio del nomo ossirinchita, attesta
appunto le normali procedure di esazione del frumento
osservate nei granai dai dekavprwtoi, funzionari incaricati
della riscossione79. Appare, quindi, significativo che al
ritorno dalla spedizione in Oriente, in occasione del suo
trionfo (274 d.C.), Aureliano abbia voluto celebrare questa
particolare vittoria con l’introduzione delle distribuzioni di
pane.
Non meno degno di interesse per comprendere
l’importanza della riannessione dell’Egitto a Roma appare,
del resto, il fatto che l’imperatore avesse imposto a questa
provincia la prestazione di prodotti diversi dal grano, quali
il vetro, la carta, il lino, la stoppa ed altri, genericamente
definiti anabolicae species, aggravando ulteriormente la

me del problema e in merito all’ipotesi che l’intero racconto della ribel-


lione egiziana sia stato inventato, cfr. G. Marasco, Un ‘lapsus’ nella
‘Historia Augusta’ e la biografia di Firmo, in RhM, 140, 3-4, 1997,
400-411, ove bibliografia. Estiot, Ripostiglio della Venèra, cit., 131 n.
47, 100 e 137 n. 229 ritiene che solo il personaggio di Firmus sia stato
inventato.
79
SB 14.12111, per cui vd. H.C. Youtie, P. Mich. Inv. 269:
Oxyrhynchite dekaprotos receipts, in ZPE, 27, 1977, 139-140 (cfr.
anche D. Hagedorn, Nochmals P. Mich. inv. 269, ibid., 100). Sulla data
di introduzione dei dekaprotoi in Egitto cfr. Thomas, The introduction
of dekaprotoi, 111-119, in partic. 112, che propende per gli anni tra il
242 e il 246. Essi termineranno di espletare le loro funzioni (peraltro
liturgiche sin dalla creazione della carica) nel 302 d.C.: cfr. Z. Aly,
Sitologia in Roman Egypt, in JJP, 4, 1950, 304-307; J.D. Thomas, The
introduction of dekaprotoi and comarchs into Egypt in the third centu-
ry A.D., in ZPE, 19, 1975, 60-68; R.S. Bagnall - J.D. Thomas,
388 Cristina Soraci

situazione finanziaria del paese80. Pare, comunque, che solo


i lavori messi in atto da Probo nella regione del Nilo riusci-
rono a far aumentare il quantitativo di frumento dovuto a

Dekaprotoi and epigraphai, in BASP, 15, 1978, 185-189. Si vd. anche


N. Lewis, The compulsory public services of Roman Egypt,
(Papyrologica florentina, XI), Firenze 1982, 21. Sulle mansioni dei
dekaprotoi si vd. A. Calderini, QHSAUROI. Ricerche di topografia e di
storia della pubblica amministrazione nell’Egitto greco-romano,
Milano 1924, 99 e S. Le R. Wallace, Taxation in Egypt from Augustus
to Diocletian, Princeton 1938, 37.
80
Hist. Aug. Aurelian. 45.1: Vectigal ex Aegypto urbi Romae
Aurelianus vitri, chartae, lini, stuppae, atque anabolicas species aeter-
nas constituit. Si vd. Groag, s.v. Domitius (36), in RE, V1, 1903, col.
1391 e 1397 (secondo cui le anabolicae species sarebbero le spezie,
“Specereiwaren”); S. Mazzarino, Trattato di storia romana, vol. II:
L’impero romano, 19622, 375 e 379; Cizek, L’empereur Aurélien, cit.,
116-117 e 166. Mentre Forzoni, La moneta nella storia, cit., 198 ritie-
ne che il binomio anabolicae species si riferisca a merci da esportazio-
ne in genere, altri studiosi reputano più probabile che si trattasse del-
l’esazione di tessuti di lino (o del corrispettivo in denaro) verosimil-
mente destinati all’uso militare; Aureliano avrebbe, inoltre, sottoposto
a modifiche un’imposta già esistente e non introdotto una nuova tassa:
M. Rostovzev, Storia economica e sociale dell’impero romano, trad. it.,
Firenze 1926, 199-200 n. 31, 503-504 n. 57 e 536 n. 39; S.L. Wallace,
Taxation in Egypt from Augustus to Diocletian, Princeton 1938, 214-
219 (il quale precisa, tuttavia, che Aureliano richiese all’Egitto prodot-
ti di valore che però il paese produceva in abbondanza, invece di arti-
coli maggiormente necessari alla popolazione romana); A. D’Ors, P.
Ryl. 654 y el «anabolicum», in Studi in onore di U.E. Paoli, Firenze
1955, 259-267; R. Mac Mullen, The anabolicae species, in Aegyptus,
38, 1958, 184-198 (secondo cui anche la lana sarebbe stata percepita a
titolo di anabolicum); A.J. Sheridan, The anabolikon, in ZPE, 124,
1999, 211-217; N. Gonis, P. Wash. Univ. II 93: a receipt for anaboli-
kon, in ZPE, 132, 2000, 196.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 389

titolo di imposta ([sc. Probus] in Nilo autem tam multa


fecit ut vectigal frumentarium solus adiuverit)81.

Distribuzioni di altri generi alimentari

Alle distribuzioni di pane, in realtà, Aureliano affiancò


quelle di altri generi alimentari, quali l’olio, la carne di
maiale, il sale e il vino, che, insieme al pane, costituivano
la base dell’alimentazione del popolo romano. Purtroppo
non siamo in grado di stabilire quando furono introdotte.
Il primo imperatore ad effettuare distribuzioni giorna-
liere e gratuite di olio fu Settimio Severo, che alla sua
morte lasciò un quantitativo d’olio sufficiente per cinque
anni col quale si poterono coprire non solo i bisogni della
città di Roma, ma anche quelli di buona parte dell’Italia;
sotto Elagabalo, secondo l’Historia Augusta, le distribuzio-
ni furono ridotte ad opera degli uomini malvagi che da lui
vennero nominati prefetti dell’annona; reintrodotte inte-
gralmente da Alessandro Severo, nel corso del III sec. d.C.
divennero irregolari, o forse furono addirittura interrotte.
Aureliano, quindi, non fece altro che ripristinare una misu-
ra già messa in atto dai suoi predecessori. In termini di
costi, queste distribuzioni non gravavano sullo stato roma-
no perché l’olio era fornito gratuitamente dalla città di
Leptis, che ne aveva voluto fare un dono al suo concittadi-
no Settimio Severo, divenuto imperatore; il dono divenne
però un munus con i suoi successori82.

81
Hist. Aug. Prob. 9.3. Cfr. Homo, Essai, cit., 177 n. 4; Schwartz,
L’empereur Probus, cit., 381-386 non ritiene degna di fede la notizia;
vd. anche Id., La place de l’Égypte, cit., 179 e 181 n. 30; Id.,
Reminiscences virgiliennes, cit., 331.
82
Sulle distribuzioni di olio introdotte da Settimio Severo si vd.
Hist. Aug. Sept. Sev. 18.3 e 23.2 (sull’olio fornito gratuitamente da
390 Cristina Soraci

Le distribuzioni gratuite di carne porcina furono inve-


ce introdotte per la prima volta con cadenza regolare pro-
prio da Aureliano83. Prima di lui, Severo Alessandro le

Leptis cfr. Aur. Vict. Caes. 41.19-20); in merito a quelle di Elagabalo e


Alessandro Severo cfr. Alex. 22.2: oleum, quod Severus populo dederat
quodque Heliogabalus inminuerat turpissimis hominibus praefecturam
annonae tribuendo, integrum restituit; tra i turpissimi homines che
Elagabalo avrebbe nominato prefetti dell’annona ci sarà stato il barbie-
re Claudius di cui ci parla l’Hist. Aug. Heliog. 12.1 (si vedano però le
interessanti osservazioni di A. Chastagnol, Étude sur la Vita Cari, in
Bonner Historia-Augusta-Colloquium, 1979/81, 99-113 e in partic.
102). Cfr. Hönn, Quellenuntersuchungen, cit., 129; Groag, s.v.
Domitius (36), in RE, cit., col. 1397; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE,
cit., 279-280; Van Berchem, Les distributions, cit., 98; Raffo,
Distribuzioni, cit., 253-254; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche
Probleme, cit., 104-105; Chastagnol, Préfecture, cit., 321-322;
Szilágyi, Prices and wages, cit., 357; Pavis d’Escurac, La préfecture,
cit., 188-201; Pflaum, Les amours des empereurs, cit., 164; Lo Cascio,
L’organizzazione annonaria, cit., 236; De Romanis, SEPTEM
ANNORVM CANON, cit., 136-137; J. Ma Blazquez, La Historia
Augusta e Hispania: algunos aspectos a la luz de la arqueología, in
Historiae Augustae Colloquium Barcinonense 1993, vol. IV, Bari 1996,
83-97; Lo Cascio, Le procedure, cit., 38-47; F. Chausson, Severus,
XVII, 5 - XIX, 4: une identification?, in Historiae Augustae Colloquium
Bonnense 1994, vol. V, Bari 1997, 106 e n. 11; Garnsey, Cities, cit.,
241; Lo Cascio, Collegi, cit., 107; M. Christol, L’huile du prince: éver-
gétisme impérial et administration annonaire au IIe siècle après J.-C.,
in Histoire, espaces et marges de l’antiquité, 1, Hommages à Monique
Clavel-Lévêque, Besançon 2003, 209-226. Sulle distribuzioni di olio di
Aureliano: Chronogr. a. 354 p. 148 e Hist. Aug. Aurelian. 48.1-4. Su
tutte queste fonti cfr. Homo, Essai, cit., 179; Coarelli, La situazione
edilizia, cit., 453 n. 122; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165; Watson,
Aurelian, cit., 139-140. Già Scipione (Liv. 25.2.8) e Cesare effettuaro-
no occasionalmente distribuzioni di olio (Suet. Iul. 38.2; Dio 43.21.3),
come del resto Agrippa elargì gratuitamente olio e sale (Dio 49.43.2) e
Antonino Pio vino, olio e frumento in occasione di una carestia (Hist.
Aug. Pius 8.11); si vd. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 279.
83
Si vd. Hist. Aug. Aurelian. 35.2 (nam idem Aurelianus et porci-
nam carnem populo romano distribuit, quae hodieque dividit) e 48.1;
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 391

avrebbe effettuate solo saltuariamente: l’espressione gene-


rica utilizzata dall’Historia Augusta non doveva però neces-
sariamente significare che si distribuisse carne suina, sebbe-
ne questa fosse la più ricercata secondo le abitudini alimen-
tari dei Romani. Sappiamo invece che lo stesso imperatore
provocò il ribasso dei prezzi della carne bovina e suina, die-
tro richiesta del popolo, vietando l’uccisione di scrofe, por-
cellini, mucche e vitelli in modo da immettere sul mercato,
nel giro di un anno o due, un’offerta di carne tale da giustifi-
care una consistente riduzione dei prezzi (cum vilitatem
populus Romanus ab eo peteret, interrogavit per curionem
quam speciem caram putarent. Illi continuo exclamaverunt
carnem bubulam atque porcinam. Tunc ille non quidem vili-
tatem proposuit sed iussit, ne quis suminatam occideret, ne
quis lactantem, ne quis vaccam, ne quis damalionem, tan-
tumque intra biennium vel prope annum porcinae carnis fuit
et bubulae, ut, cum fuisset octo minutulis libra, ad duos
unumque utriusque carnis libra redigeretur)84.

Aur. Vict. Caes. 35.7 e Ps. Aur. Vict. epit. 35.6. Cfr. G. Krakauer, Das
Verpflegungswesen der Stadt Rom in der späteren Kaiserzeit, Berlin
1874, 7 e 46; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280; Raffo,
Distribuzioni, cit., 254; A.H.M. Jones, The later Roman empire 284-
602. A social economic and administrative survey, I-III, Oxford 1964
(d’ora in avanti LRE), 702-704; J. Schwartz, À propos des données
chronographiques de l’Histoire Auguste, in Bonner HA Colloquia
1964/65, Bonn 1966, 204-205; Chastagnol, Préfecture, cit., 58-59 e
325-330; Neri, L’alimentazione povera, cit., 252; Coarelli, Situazione
edilizia, cit., 453 n. 122; A. Giardina, Le distribuzioni alimentari per la
plebe romana in età imperiale, in L’alimentazione nel mondo antico,
cit., 18; B. Sirks, Food for Rome. The legal structures of the transpor-
tation and processing of supplies for the imperial distributions in Rome
and Costantinople, Amsterdam 1991, 308 n. 9; Id., The size of the grain
distributions, cit., 224-225; Cizek, L’empereur Aurélien, cit., 165;
Watson, Aurelian, cit., 140.
84
In merito alle distribuzioni di carne effettuate da Alessandro
Severo, cfr. Hist. Aug. Alex. 26.1: carnem populo addidit (cfr. Nind
392 Cristina Soraci

All’età severiana si fanno peraltro risalire l’assetto


finale del Boarium, il foro riservato alla carne bovina, e
l’attivazione del Suarium, secondo alcuni dovuta a
Caracalla, in cui era possibile acquistare la carne suina85:

Hopkins, The life, cit., 156; Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche


Probleme, cit., 108); prima di lui, distribuzioni di carne (viscerationes)
furono effettuate ad opera di privati (cfr. Cic. off. 2.16.55; Liv. 8.22.2,
39.46.2 e 41.28.11; Sen. ep. 8.73.8), tra i quali lo stesso Cesare dopo
un suo trionfo: Suet. Caes. 38.4. Circa le preferenze dei Romani per la
carne suina si vd. J. André, L’alimentation et la cuisine à Rome, Paris
1961, 137-151; Pucci, I consumi alimentari, cit., 374; Cizek,
L’empereur Aurélien, cit., 165; Garnsey, Cities, cit., 243. Sul provvedi-
mento volto ad abbassare il prezzo della carne bovina e suina, cfr. Hist.
Aug. Alex. 22.7, per cui vd. Kohns, Wirtschaftsgeschichtliche
Probleme, cit., 100 e 104; Szilágyi, Prices and wages, cit., 342-345;
Mrozek, Prix et rémunération, cit., 21-22; Neri, L’alimentazione pove-
ra, cit., 251-254.
85
Soprintendente al Forum Suarium e, in generale, deputato al
controllo del mercato della carne, era il praefectus urbi; si vd. D.
1.12.1.11: Cura carnis omnis ut iusto pretio praebeatur ad curam prae-
fecturae pertinet, et ideo et forum suarium sub ipsius cura est. Sed et
ceterorum pecorum sive armentorum quae ad huiusmodi praebitionem
spectant ad ipsius curam pertinent. Cfr. J.-P. Waltzing, Étude histori-
que sur les corporations professionnelles chez les Romains depuis les
origines jusqu’à la chute de l’Empire d’Occident, Tome II, Louvain
1895, 24 n. 5, 89 n. 5, 381 n. 1; G. Baviera, Concetto e limiti dell’in-
fluenza del Cristianesimo sul diritto romano, in Mélanges P.F. Girard,
vol. I, Paris 1912, 94; B. Lapiki, Les esclaves et les prolétaires romains
et leurs conceptions juridiques, in Studi in onore di V. Arangio-Ruiz nel
XLV anno del suo insegnamento, I, Napoli 1953, 269 n. 57; F.M. De
Robertis, Il diritto associativo romano. Dai collegi della repubblica
alle corporazioni del basso impero, Bari 1938, 455 n. 114; Id., Storia
delle corporazioni e del regime associativo nel mondo romano, vol. II,
Bari 1972, 180 n. 118; A. Dell’Oro, I ‘libri de officio’ nella giurispru-
denza romana, Milano 1960, 246-247; Chastagnol, Préfecture, cit., 54-
55; Id., Spuren der Wirtschaftskrise der Kaiserzeit in den römischen
Rechtsquellen, Bonn 1983, 48 e n. 85, 51 n. 92; M. Sargenti, Le strut-
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 393

ciò, unitamente all’arco di trionfo eretto nel 204 d.C. nel


Foro Boario dagli argentarii et negotiantes boari in onore
di Settimio Severo, Caracalla, Geta (il cui nome venne in
seguito eraso per la damnatio memoriae), Iulia Domna e
Fulvia Plautilla, moglie di Caracalla (anch’essa condanna-
ta alla damnatio memoriae), costituisce un chiaro segno
della progressiva attenzione adesso riservata dagli impera-
tori al commercio e al consumo della carne86. Anche la
dedica posta da alcuni actores de Foro Suario al Sol

ture amministrative dell’Impero da Diocleziano a Costantino, in AARC,


II, Perugia 1976, 230; A. Palma, Le ‘curae’ pubbliche. Studi sulle strut-
ture amministrative romane, Napoli 1980, 23; G. Crifò, CTh. 16.2.2 e
l’esenzione dei chierici dalla tutela, in AARC, IV, Perugia 1981, 720 n.
37; F. Fabbrini, L’impero di Augusto come ordinamento sovrannaziona-
le, Milano 1974, 281; D. Vera, Commento storico alle ‘Relationes’ di
Quinto Aurelio Simmaco, Pisa 1981, 117; M. Sargenti, Studi sul diritto
del tardo impero, Padova 1986, 142; P. Herz, Studien zur römischen
Wirtschaftsgesetzgebung. Die Lebensmittelversorgung, Stuttgart 1988,
164, 171 n. 108, 277-278 e n. 70a; A. Sicari, Prostituzione e tutela giu-
ridica della schiava. Un problema di politica legislativa nell’impero
romano, Bari 1991, 145 e ss.; J.M. Frayn, Markets and fairs in Roman
Italy: their social and economic importance from the second century BC
to the third century AD, Oxford 1993, 148 n. 7.
86
CIL 6.1035= ILS 426, su cui vd. Waltzing, Étude historique,
cit., 95 n. 4; J. Hasebroek, Untersuchungen zur Geschichte des Kaisers
Septimius Severus, Heidelberg 1921, 136; L. Schnorr von Carolsfeld,
Geschichte der juristischen Person, I: Universitas, corpus, collegium
im klassischen römischen Recht, München 1933, 286; A. Degrassi,
Epigrafia romana, I, Roma (1937-46), in Scritti vari di antichità, Roma
1962, 315-413, in partic. 352-353 (già in Doxa, 2, 1949, 47-135); L.
Homo, Rome impériale et l’urbanisme dans l’antiquité, Paris 1951,
536; J. Andreau, Les affaires de monsieur Jucundus, Rome 1974, 76; L.
Cracco Ruggini, Collegium e corpus: la politica economica nella legi-
slazione e nella prassi, in Istituzioni giuridiche e realtà politiche nel
tardo impero (III-V sec. d.C.). Atti di un incontro tra storici e giuristi
(Firenze, 2-4 maggio 1976), Milano 1976, 77 n. 39; L. Japella
394 Cristina Soraci

Invictus Mithrae e al suo sodalicium, datata tra la fine del


II e gli inizi del III sec. d.C., sarà verosimilmente da mette-
re in relazione con i provvedimenti presi dagli esponenti
della dinastia severiana per favorire il mercato della carne e
le corporazioni professionali ad esso deputate; ritengo, in
particolare, possibile un’attribuzione della stessa agli anni
di Elagabalo, strenuo fautore del culto solare87.
Significativo appare comunque il fatto che, anche in questo

Contardi, Propaganda imperiale e protezionismo commerciale nelle


iscrizioni dei ‘collegia’ professionali di Roma e di Ostia da Augusto ad
Aureliano, Torino 1980, 51 e n. 104 pp. 115-116; J. Andreau, La vie
financière dans le monde romain: les métiers de manieurs d’argent (IVe
siècle av. J.-C. - IIIe siècle ap. J.-C.), Rome 1987, 110-111, 122-126 e
passim; Galsterer, ‘Plebiculam pascere’, cit., 35; Sirks, Food, cit., 365
e n. 21; G. Dareggi, Quali ‘argentarii’ al Foro Boario?, in AARC, XII,
Napoli 1998, 211-222, con ricca bibliografia alla n. 1. L’istituzione del
Suarium è attribuita a Caracalla da Mazzarino, Trattato, cit., 293 n. 1 e
genericamente all’età severiana da L. Chioffi, ‘Caro’: il mercato della
carne nell’Occidente romano. Riflessi epigrafici ed iconografici, Roma
1999, 130; R. Muth, Forum suarium, in MH, 2, 1945, 227-236, sulla
base di un attento spoglio delle fonti, ipotizza che le distribuzioni di
carne suina, attestate con certezza nell’epoca di Aureliano, siano state
effettuate già al tempo di Caracalla proprio nel Suarium.
87
CIL 6.3728, su cui vd. Muth, Forum suarium, cit., 229;
Andreau, La vie financière, cit., 130 e n. 179; J.J. Aubert, Business
managers in ancient Rome. A social and economic study of
«Institores», 200 B.C. - A.D. 250, Leiden - New York - Köln 1994, 187
n. 246 e 464; Chioffi, ‘Caro’, cit., 41-43. Sul culto solare di Elagabalo
cfr. G. Halsberghe, Sol invictus Elagabal tegenover Sol Indiges en Sol
Invictus Mithra, in Philologische Studien, 10, 1939-1940, 29-41; L.
Cerfaux-J. Tondriau, Un concurrent du christianisme. Le culte des sou-
verains dans la civilisation gréco-romaine, Tournai 1957, 370-372; T.
Optendrenk, Die Religionspolitik des Kaisers Elagabal im Spiegel der
Historia Augusta, Bonn 1968; R. Turcan, Héliogabale et le sacre du
Soleil, Paris 1985; M. Pietrzykowski, Die Religionspolitik des Kaisers
Elagabal, in ANRW, II, 16, 3, Berlin- New York 1986, 1806-
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 395

caso, Aureliano abbia ispirato il suo agire politico a quello


degli esponenti della dinastia severiana.
La richiesta di carne da distribuire al popolo dovette
comportare notevoli cambiamenti nella struttura ammini-
strativa statale. L’accresciuto interesse degli imperatori nei
confronti di quelle organizzazioni a carattere religioso-
professionale che potessero essere maggiormente utili
all’annona si tradusse in agevolazioni ed esenzioni volte ad
incentivare la collaborazione delle suddette associazioni: “I
commercianti, ancora in regime di libero mercato, trovaro-
no lucroso accettare le commesse statali in un momento di
particolare crisi economica con conseguente svalutazione
della moneta; il governo, dal canto suo, si assicurava un
margine di stabilità e di sicurezza, potendo tranquillizzarsi
sui rifornimenti”88.
Le distribuzioni di carne porcina furono già dagli stes-
si autori antichi connesse con il desiderio di ingraziarsi il

1825. Si vd. anche L. Cracco Ruggini, Elagabalo, Costantino e i culti


«siriaci» nella Historia Augusta, in Historiae Augustae Colloquium
Parisinum, a cura di G. Bonamente - N. Duval, Macerata 1991, 123-
146. Da ultimo, cfr. R. Soraci, “Dies Solis” e “Dies Domini”, in QC,
n.s. 3, 2004, in partic. 24-25, ove ulteriore bibliografia.
88
Chioffi, ‘Caro’, cit., 127-128; cfr. anche L. Cracco Ruggini, Le
associazioni professionali nel mondo romano-bizantino, in Artigianato
e tecnica nella società dell’alto medioevo occidentale. Settimane di
studio del Centro italiano di studi sull’alto medioevo, XVIII, (2-8 apri-
le 1970), I, Spoleto 1971, 84-86. Sull’esenzione dalla tutela concessa a
qui in foro suario negotiantur cfr. Ulp. Vat. fr. 236; Paul. Vat. fr. 237; si
vd. Japella Contardi, Propaganda imperiale, cit., 50-51; G. Luraschi, Il
‘praemium’ nell’esperienza giuridica romana, in Studi in onore di A.
Biscardi, IV, Milano 1983, 258 n. 68; M. De Filippi, Il titolo ‘de excu-
satione’ dai ‘Vaticana Fragmenta’, in Sodalitas, cit., vol. 3, 1163-1165;
Robinson, Ancient Rome, cit., 156 n. 92; Cizek, L’empereur Aurélien,
cit., 166; cfr. anche Lo Cascio, Collegi, cit., 89-90.
396 Cristina Soraci

favore del popolo e rendere ancora più salda quella dipen-


denza dal princeps che era stata inaugurata al tempo di
Augusto (usus porcinae carnis, quo plebi Romanae affatim
cederet, prudenter munificeque prospectavit)89.
In merito alle distribuzioni di sale effettuate da
Aureliano, l’unica notizia a noi pervenuta è fornita dal
Cronografo del 354 d.C., dove sono menzionate accanto a
quelle di pane e olio: panem oleum et sal populo iussit dari
gratuite. Homo, seguito da Watson, pensa che siano state
effettuate regolarmente, e ciò potrebbe giustificare
l’accostamento a quelle del pane e dell’olio, ma il silenzio
delle altre fonti, specie di Hist. Aug. Aurelian. 48.1,
dovrebbe indurre, a mio avviso, ad una maggiore cautela.
In precedenza, sembra che siano state effettuate distribu-
zioni di sale gratuite e occasionali da Anco Marcio e da
Agrippa90.
Il vino fu invece venduto a prezzo ridotto, sebbene in
un primo momento Aureliano avesse pensato di distribuire
anche questo gratuitamente: pare che l’imperatore avesse
desistito dal mettere in atto il suo proposito perché sconsi-
gliato dal suo prefetto al pretorio o, forse, dal suo buon
senso. Secondo Homo, l’imperatore avrebbe avuto comun-
que l’intenzione di rendere gratuite successivamente anche

89
Aur. Vict. Caes. 35.7. Cfr. Homo, Essai, cit., 176-177.
90
Chronogr. a. 354 p. 148 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX,
1892). Si vd. Homo, Essai, cit., 179; Cizek, L’empereur Aurélien, cit.,
165; Watson, Aurelian, cit., 140. Sulle distribuzioni effettuate da Anco
Marcio, si vd. Plin. nat. 31.41.89; su quelle di Agrippa cfr. Dio 49.43.2:
kai;prosevti kai;e[laion kai;a{la~ pas̀i dievdwke. In merito alla ven-
dita del sale (e del pesce) come mezzo di sostentamento per le classi
più povere che vivevano in zone costiere cfr. P. Ørsted, Salt, fish and
the sea in the Roman empire, in Meals in a social context, ed. by I.
Nielsen-H. Sigismund Nielsen, Oxford 2001, 13-35.
91
Hist. Aug. Aurelian. 48.1-4: Statuerat et vinum gratuitum popu-
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 397

queste distribuzioni91. Ricordiamo, per contro, che alla


richiesta di procurare vino a buon mercato Augusto aveva
risposto in modo brusco, manifestando così implicitamente
il suo disprezzo per la proposta. Ma a quel tempo
l’imperatore doveva guardarsi dall’attentare ai benefici
economici dell’aristocrazia romana, nelle cui mani era la
maggior parte della produzione e dell’esportazione del
vino, come quella della carne92.

«… E onorò il popolo romano con il dono di pane»


(Zos. 1.61.3)
Le fonti su cui si basa la nostra conoscenza sulle distri-
buzioni di pane introdotte da Aureliano sono essenzialmen-
te quattro: un accenno contenuto nel Cronografo del 354
d.C., un brano di Zosimo e due passi dell’Historia Augusta.
Il Cronografo del 354 si limita a registrare, come
vedemmo, che Aureliano panem oleum et sal populo iussit
dari gratuite93.

lo Romano dare, ut, quemadmodum oleum et panis et porcina gratuita


praebentur, sic etiam vinum daretur, quod perpetuum hac dispositione
conceperat… Sed multi dicunt Aurelianum ne id faceret praeventum,
alii a praefecto praetorii suo prohibitum… Cfr. Homo, Essai, cit., 179-
180; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280; Raffo, Distribuzioni,
cit., 254; Jones, LRE, cit., 704-705; Chastagnol, Préfecture, cit., 322-
325; J. Scarborough, Aurelian: questions and problems, in CJ, 68,
1972, 343; Giardina, Distribuzioni, cit., 18; Cizek, L’empereur
Aurélien, cit., 165; Forzoni, La moneta nella storia, cit., 212; Virlouvet,
‘Tessera frumentaria’, cit., 52-53; A. Cascón, El humor en la Historia
Augusta: características literarias y función crítica, in Historiae
Augustae Colloquium Barcinonense 1993, vol. IV, cit., 161.
92
Remesal Rodríguez, Politica e regimi alimentari, cit., 252-253.
93
Chronogr. a. 354 p. 148 (ed. Th. Mommsen, in MGH, IX,
1892).
398 Cristina Soraci

Zosimo racconta che Aureliano, dopo essere partito


per l’Oriente ed aver nuovamente inglobato nell’impero il
regno di Palmira, entrò in trionfo a Roma; in tale occasio-
ne costruì il tempio del Sole e distribuì nuove monete; «in
più, onorò il popolo romano con il dono di pane» (ejpi;touv-
toi~ kai; a[rtwn dwrea/̀ to;n ∆Romaivwn ejtivmhsen dhm̀on);
secondo la maggior parte degli studiosi, questa frase atte-
sterebbe l’introduzione delle distribuzioni di pane da parte
di Aureliano94.
L’accenno di Zosimo troverebbe poi conferma in un
passo dell’Historia Augusta di cui forniamo qui di seguito
la traduzione:
«Appare giusto non dimenticare ciò che la memoria
del popolo conserva e la verità storica ha ripercorso, che
Aureliano, nel tempo in cui partiva per l’Oriente, aveva
promesso al popolo corone di due libbre, se fosse tornato
vincitore, e, mentre il popolo sperava che fossero d’oro,
Aureliano, sia che non potesse sia che non volesse, fece
delle corone dei pani che ora sono chiamati siliginei95 e le
diede ad ognuno singolarmente, cosicché ciascuno ogni
giorno per tutta la sua vita ricevesse il suo siligineo e ne tra-
smettesse (il diritto) ai discendenti» (Hist. Aug. Aurelian.
35.1)96. Non solo, dunque, l’imperatore avrebbe elargito

94
Zos. 1.61.3. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280-
281; W.H. Fisher, The Augustan ‘Vita Aureliani’, in JRS, 19, 1929, 133;
Van Berchem, Les distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit.,
252-253; Rickman, Corn supply, cit., 187.
95
Il pane siligineo, fatto col grano tenero, era considerato il tipo
di pane migliore; cfr. infra, 418-420.
96
Cfr. Homo, Essai, cit., 178-179; Cardinali, s.v. frumentatio, in
DE, cit., 280-281; Fisher, ‘Vita Aureliani’, cit., 133; Van Berchem, Les
distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253;
Chastagnol, Préfecture, cit., 312 n. 2; Szilágyi, Prices and wages, cit.,
358; Rickman, Corn supply, cit., 187, 197 e 207; Coarelli, La situazio-
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 399

gratuitamente il pane ma anche, a differenza delle prece-


denti distribuzioni di grano, avrebbe esteso il diritto alla
distribuzione gratuita anche ai discendenti dei cittadini
romani.
Tuttavia, un altro passo della stessa Historia Augusta
farebbe piuttosto pensare che le distribuzioni di pane fosse-
ro state non introdotte ma semplicemente aumentate di
peso da Aureliano97:
«Ai pani della città di Roma aggiunse un’oncia, rica-
vata dalle rendite egiziane, come egli stesso si vanta in una
lettera data al prefetto dell’annona della città: “Aureliano
Augusto a Flavio Arabiano prefetto dell’annona. Tra le
altre cose con le quali, grazie al favore degli dei, abbiamo
beneficato lo stato, niente è per me più grandioso del fatto
che con l’aggiunta di un’oncia ho accresciuto ogni genere
di grano della città (omne annonarum urbicarum genus).
Per rendere ciò perpetuo, ho arruolato nuovi armatori di
navi sul Nilo in Egitto e sul Tevere a Roma, ho consolidato
le rive di questo fiume, ho fatto scavare, in modo da render-
lo più profondo, il letto del fiume stesso laddove l’acqua si
ingrossava, ho fatto voti agli dei e alla dea Perennitas, ho
effettuato la consacrazione all’alma Cerere. Adesso sta a te,

ne edilizia, cit., 446 n. 83; Watson, Aurelian, cit., 139. Sull’uso del ter-
mine populus in riferimento alle distribuzioni alimentari nella vita di
Aureliano, cfr. V. Neri, Il populus Romanus nell’Historia Augusta, in
Historiae Augustae. Colloquium Maceratense. Atti dei Convegni
sull’Historia Augusta, vol. III, a cura di G. Bonamente e G. Paci, Bari
1995, 226-227.
97
Cfr. Homo, Essai, cit., 177-178; Cardinali, s.v. frumentatio, in
DE, cit., 280-281; Fisher, ‘Vita Aureliani’, cit., 133, secondo cui questo
passo è stato ricavato da una fonte sulla vita di Aureliano diversa e
meno attendibile da quella utilizzata per Aurelian. 35.1; Van Berchem,
Les distributions, cit., 104 n. 3; Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253;
Rickman, Corn supply, cit., 187; Coarelli, Situazione edilizia, cit., 453
n. 120.
400 Cristina Soraci

carissimo Arabiano, far sì che le mie disposizioni non siano


inutili. Non vi è, infatti, niente di più gradito del fatto che
il popolo romano sia sazio”» (Hist. Aug. Aurelian. 47.1-
4)98.
Per spiegare la presunta incongruenza delle fonti, tre
sono le ipotesi possibili.
A) Secondo una di esse, Aureliano avrebbe introdotto
per primo le distribuzioni di pane dopo un lungo periodo di
sospensione delle frumentationes: il verbo ejtivmhsen utiliz-
zato da Zosimo, lungi dal potersi riferire ad una semplice
ripresa delle distribuzioni, con la sola modifica della forma
del pane, sarebbe indicativo di quanto la decisione risultas-
se nuova e gradita al popolo; in un secondo momento, egli

98
Groag, s.v. Domitius (36), in RE, cit., col. 1937; Cizek,
L’empereur Aurélien, cit., 166. Questa lettera, ritenuta dai più un falso
(cfr. Homo, Essai, cit., 180 n. 3; Le Gall, Le Tibre, cit., 312-313;
Watson, Aurelian, cit., 140), è considerata, secondo me non a torto, da
G. Uggeri, Sul sarcofago di Flavio Arabiano prefetto dell’annona, in
RPAA, 40, 1967-68, 113-122, valida nella ‘sostanza’. Alla dea Cerere
viene attribuito l’appellativo di alma poiché, come spiega Serv. Aen.
1.306, alma lux dicta, quod alat universa, unde et alma Ceres, quod
nos alat; vd. A.L. Prosdocimi, Sul nome del pane, della cena e di
Cerere in latino; e su altro ancora, in Nel nome del pane: regimi, miti
e pratiche dell’alimentazione nella civiltà del Mediterraneo. Atti del
convegno (Bolzano, 3-6 giugno 1993), a cura di O. Longo- P. Scarpi,
Bolzano 1995, 45-46; un’influenza virgiliana per l’uso dell’aggettivo
postulava J. Schwartz, Reminiscences virgiliennes dans quelques vitae
de l’Histoire Auguste, in Bonner Historia-Augusta-Colloquium,
1982/83, Bonn 1985, 332. Si vd. anche A.R. Birley, Religion in the
Historia Augusta, in Historiae Augustae Colloquium Parisinum 1990,
vol. I, Macerata 1991, 32. Sulla consacrazione a Cerere nei primi seco-
li della Repubblica cfr. B. Perrin, La consecration à Cérès, in Studi in
memoria di Emilio Albertario, vol. II, Milano 1953, 385-385-417. La
dea era considerata protettrice dell’annona: M. Marcos Celestino, La
arcaica Ceres romana y su devenir histórico, in EHum, 22, 2000, 137-
160.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 401

avrebbe aumentato le razioni di un’oncia, provvedimento,


quest’ultimo, molto diffuso nel mondo greco-romano dove,
in seguito al variare del prezzo della farina, si modificava
non il costo ma la dimensione delle pagnotte: con la ricon-
quista dell’Egitto, e la conseguente disponibilità di cereali
e di bottino che ne derivò, l’imperatore poteva permettersi
di aumentare le dimensioni del pane. Tra Aurelian. 35.1 e
ibid. 47.1-2 non ci sarebbe dunque alcuna contraddizione99.
B) La seconda ipotesi considera le due notizie incom-
patibili e propende per considerare valida solo quella con-
cernente l’aggiunta di un’oncia al peso del pane;
l’introduzione dei donativi di pane sarebbe invece successi-
va, secondo Hirschfeld, all’epoca di Alessandro Severo,
quando abbiamo ancora attestazioni dell’esistenza di fru-
mentazioni; una compresenza dei due tipi di distribuzione,
peraltro non testimoniata dalle fonti, andrebbe esclusa in
considerazione degli alti costi di cui lo stato si sarebbe
dovuto far carico100. A questo riguardo, tuttavia, non mi

99
Si vd. Raffo, Distribuzioni, cit., 252-253. La maggior parte
degli studiosi accoglie come dato acquisito l’attribuzione ad Aureliano
del provvedimento concernente le distribuzioni di pane: cfr. ad es.
Besnier, L’empire romain, cit., 247-250; Perowne, The emperor
Aurelian, cit., 389; Durliat, De la ville antique…, cit., 42 e 58 n. 57. Per
l’ipotesi del peso del pane variabile in base alla situazione annonaria,
si vd. C. Ampolo, Note minime di storia dell’alimentazione, in Opus,
III, 1984, 115-120.
100
O. Hirschfeld, Die Getreideverwaltung in der römischen
Kaiserzeit, in Philologus, 29, 1870, 20-21, seguito da: Marquardt, De
l’organisation financière, cit., 149-150 e 170; Waltzing, Étude histori-
que, cit., 20; Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 280-281 (che ritie-
ne l’introduzione delle distribuzioni di pane successiva anche all’epoca
di Massimino: cfr. Virlouvet, ‘Tessera frumentaria’, cit., 23 e n. 33); e
W. Ehlers, s.v. Pistor, in RE, 20, 1950, col. 1827. Genericamente nel
corso del III secolo le collocava H.P. Kohns, Versorgungskrisen und
Hungerrevolten im Spätantiken Rom, Bonn 1961, 17. Secondo
402 Cristina Soraci

sembra inverosimile l’ipotesi formulata da Serafina


Pennestri, la quale, nel chiedersi “se l’introduzione regola-
re del panis gradilis, nel corso del III secolo d.C., non sia
stata preceduta da episodi sporadici e occasionali, inseriti
magari entro un contesto ludico”, riteneva che “la distribu-
zione di pani speciali avrebbe potuto convivere con le fru-
mentationes ordinarie in un’epoca precedente al III secolo,
inserita in una sfera cultuale o ludica, nel corso dei ludi
Romani o dei Cerialia”101.
Altri studiosi hanno invece esplicitamente attribuito
l’introduzione dei donativi di pane a Settimio o ad
Alessandro Severo.
Coarelli, secondo cui “Aureliano si limitò ad introdur-
re norme di età severiana”, giudica l’operazione perfetta-
mente coerente con la politica urbana di Alessandro Severo,
il quale, del resto, aveva ripristinato le riserve alimentari
del popolo romano riempiendo a proprie spese i granai che
Elagabalo aveva svuotato102. Lo studioso ipotizza che le
opera mechanica istituite da Alessandro Severo a Roma cui
accenna l’Historia Augusta103 fossero state le bilance monu-

Krakauer, Das Verpflegungswesen, cit., 43, seguito da M. Voigt, Die


verschiedenen Sorten von Triticum, Weizen-Mehl und Brod bei den
Römern, in Museum für Philologie, 31, 1876, 127, già dopo Adriano,
dalla seconda metà del II sec. d.C. alla prima metà del III, si passò alle
distribuzioni di pane del peso di 23 oncie, cui Aureliano avrebbe
aggiunto in seguito un’ulteriore oncia, ottenendo il peso di due libbre;
l’oggetto del dono era costituito tuttavia dal panis plebeius, di qualità
inferiore, che Aureliano avrebbe sostituito con il siligineus.
101
Pennestri, Distribuzioni, cit., 313. Si vd. anche A. Giardina, Il
pane nel circo. Su una scena dell’atrio termale di Filosofiana, in Opus,
2, 1983, 573-580. Watson, Aurelian, cit., 138 ipotizza distribuzioni di
pane occasionali e non del tutto gratuite da parte di Settimio o
Alessandro Severo.
102
Hist. Aug. Alex. 21.9, su cui vd. supra, 376 e n. 59.
103
Alex. 22.4: opera mechanica Romae plurima instituit. Cfr.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 403

mentali, le strutture portuali e i mulini ad acqua e che que-


ste innovazioni, in particolare i mulini ad acqua, potessero
essere connesse con l’introduzione delle distribuzioni di
pane104. Infatti i mulini ad acqua avrebbero consentito
“l’accentramento delle operazioni di macinazione, in pre-
cedenza disperse” e avrebbero ridotto il fabbisogno di per-
sonale, rappresentando così una soluzione ai problemi di
carattere tecnico ed economico105.
Ma di recente Bell, che concorda con Coarelli nel rite-
nere l’invenzione dei mulini ad acqua connessa con
l’introduzione delle distribuzioni di pane, ha supposto che
queste sarebbero state effettuate già al tempo di Settimio
Severo, quando compare la figura del curator aquarum et
Miniciae, alle cui dipendenze sarebbero stati posti, secon-
do lo studioso, i praefecti frumenti dandi. L’esigenza di
unificare in una sola carica due funzioni prima distinte,
l’amministrazione del curator aquarum e le frumentatio-
nes, sarebbe infatti stata dettata dalla decisione di usare
l’acqua degli acquedotti per macinare il grano, operazione
che avrebbe evidentemente richiesto il consenso e la coope-
razione del curator aquarum. Lo studioso pensa così che a
partire dalla comparsa della carica del curator aquarum et
Miniciae, ossia al tempo di Settimio Severo, e fino all’epo-
ca dei Gordiani o di Filippo l’Arabo, quando assistiamo
alla scomparsa dei praefecti frumenti dandi, distribuzioni
di pane e distribuzioni di grano sarebbero coesistite106.

anche Cracco Ruggini, Le associazioni professionali, cit., 110-111; Lo


Cascio, Collegi, cit., 108.
104
È quanto ipotizza anche Durliat, De la ville antique…, cit., 42-
43 n. 9 e 69 n. 92. Cfr. De Martino, Storia economica, vol. II, cit., 509-
510 e n. 19.
105
Coarelli, Situazione edilizia, cit., 445-456.
106
M. Bell, An imperial flour mill on the Janiculum, in Le ravi-
taillement en blé de Rome et des centres urbains des débuts de la répu-
blique jusqu’au haut empire, Actes du colloque international organisé
404 Cristina Soraci

C) Infine, secondo la terza ipotesi, i due passi


dell’Historia Augusta conterrebbero riferimenti a due misure
diverse: l’uno alle distribuzioni gratuite (Aurelian. 35.1)
introdotte proprio da Aureliano, l’altro (Aurelian. 47.1-2) alla
vendita del pane, visto che l’aggiunta di un’oncia viene rife-
rita a omne annonarum urbicarum genus: “L’administration
de l’Annone, qui vendait le blé aux boulangers, leur en four-
nit, à titre gratuit, une quantité suffisante pour augmenter
d’une once tous les pains mis dans le commerce. Le prix de
vente devait, naturellement, rester le même”107.
In definitiva, il provvedimento, degno di menzione
nelle fonti, con cui Aureliano avrebbe onorato (ejtivmhsen)
il popolo di Roma potrebbe essere stato: a) la distribuzione
di siliginei al posto di altri tipi di pane, di qualità più sca-
dente, precedentemente donati alla plebe; b) l’ereditarietà
del diritto al pane gratuito; c) l’aggiunta di un’oncia (pro-
babilmente riferita però a tutti i tipi di pane, anche a quelli
venduti sul mercato); d) l’aver, dopo un lungo periodo di
sospensione delle frumentazioni, reintrodotto questo privi-

par le Centre Jean Bérard et l’URA 994 du CNRS (Naples, 14-16


Février 1991), Naples-Rome 1994, 84-87. Cfr. anche Id., Mulini ad
acqua sul Gianicolo, in ALaz, 11, 1993, 65-72; Lo Cascio, Collegi, cit.,
107-109 e n. 95, secondo cui, tuttavia, l’introduzione delle distribuzio-
ni di pane non sarebbe da attribuire per questo ad Alessandro Severo.
107
Cfr. Homo, Essai, cit., 176-179; Cizek, L’empereur Aurélien,
cit., 164-165; Watson, Aurelian, cit., 139. In altre parole, si farebbe qui
riferimento alla ben nota differenza tra panis gradilis e panis fiscalis,
(su cui vd. il commento di Carrié, Les distributions, cit., 1037-1047;
Cracco Ruggini, L’annona di Roma, cit., 233; Pucci, I consumi alimen-
tari, cit., 380), messa ora in dubbio da Vera, ‘Panis Ostiensis adque
fiscalis’, cit., 341-356; in questo contributo (a p. 356 e n. 172), lo stes-
so studioso ha comunque avanzato un’ipotesi suggestiva: che
Aureliano, la cui attenzione nei confronti della città di Ostia è altrimen-
ti nota, avesse anche “istituito il beneficio del pane da vendersi a prez-
zo politico, che prese il nome di panis Ostiensis”.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 405

legio della città di Roma ma sotto forma di pane.


È evidente che, in mancanza di notizie più precise, il
problema è destinato a rimanere irrisolto. Ciò, tuttavia, non
esime dal formulare qualche considerazione.
Anche a non voler tener conto dell’ipotesi di
Wikander, che l’attribuiva ad Aureliano, la costruzione del
mulino ad acqua ritrovato sul Gianicolo risale al III sec.
d.C. Se è vero che tale arco cronologico appare troppo
ampio per poter stabilire l’esatta paternità della costruzio-
ne, il mulino presente nei bagni di Caracalla è però databi-
le con buona probabilità, perché quasi certamente coevo
alla struttura degli stessi bagni, inaugurati nel 216 d.C. e
arricchiti di nuove costruzioni tra il 218 e il 235; secondo
Schiøler e Wikander, esso sarebbe stato creato per rifornire
di farina un pistrinum situato nelle vicinanze, che avrebbe
avuto il compito di sfornare pane per i circa 1600 visitato-
ri della struttura108. Non siamo in grado di stabilire a quale
scopo fosse realmente usata la farina prodotta, se per la pre-
parazione di pani da consumare nei bagni o da distribuire in
città, ma rimane il fatto che l’innovazione vada datata in
epoca severiana. Che la spinta alla costruzione e all’utiliz-
zo dei mulini ad acqua sia stata dettata dalla penuria di

108
Ö. Wikander, Water-mills in ancient Rome, in ORom, 12, 1979,
21-24; T. Schiøler - Ö. Wikander, A Roman water-mill in the Baths of
Caracalla, in ORom, 14, 1983, 47-64 (in partic. 62-63); Bell, An impe-
rial flour mill, cit., 85. Occorre, comunque, ricordare che i mulini ad
acqua e le mole conobbero un utilizzo parallelo almeno fino alla fine
del IV secolo (vd. Chastagnol, Prefecture, cit., 311; E. Tengström,
Bread for people. Studies of the corn-supply of Rome during the late
empire, Stockholm 1974, 76-77; Wikander, Water-mills, cit., 23; M.
Donner, La macina per cereali nel Veneto di età romana, in Nel nome
del pane, cit., 402-404), e che i primi soppiantarono i secondi forse solo
a partire dal VI sec. (Jones, LRE, cit., 699).
406 Cristina Soraci

manodopera verificatasi sotto Marco Aurelio e Commodo a


causa delle guerre e delle pestilenze, rimane solo un’ipotesi,
anche perché nella Roma dell’epoca dovevano essere mag-
giormente diffuse le mole azionate da animali; certo è, invece,
l’interesse dimostrato dai Severi per la produzione di ingenti
quantitativi di farina col minore spreco possibile di energie109.
Non appare, quindi, illogico pensare ad un progressivo
e graduale slittamento verso le distribuzioni di pane opera-
to in epoca severiana o anche successivamente, attraverso
la costruzione di mulini ad acqua dislocati su tutto il terri-
torio urbano (dei quali i due a noi noti non sono che un
esempio), la moltiplicazione dei granai pubblici effettuata
da Severo Alessandro (horrea in omnibus regionibus publi-
ca fecit), le agevolazioni concesse ai panificatori110. Il pro-
cesso sarebbe stato in ogni caso completato da Aureliano,
che sostituì definitivamente le distribuzioni di frumento
(possibilmente da lungo tempo interrotte) con quelle di
pane. Del resto, abbiamo già visto come l’imperatore
avrebbe ispirato buona parte del suo agire politico a quello

109
Cfr. M. Bloch, Avènement et conquêtes du moulin à eau, in
Annales d’histoire économique et sociale, 7, 1935, 545 e 547, secondo
cui, tuttavia, la diminuzione del numero di abitanti e di manodopera
servile a causa dell’introduzione dei mulini ad acqua si sarebbe verifi-
cata nel IV sec. d.C. Sulla crisi di manodopera nell’epoca di Marco
Aurelio e Commodo, cfr. S. Mazzarino, Osservazioni sull’età di
Commodo e dei Severi, in Annuario dell’Ist. Univ. di Magistero, 11,
1957-58, in partic. 46-47. Cfr. anche Moritz, Grain-mills, cit., 137 e
143, che ipotizza, tra l’altro, una diffusione dei mulini ad acqua tra la
seconda metà del II sec. e il III sec. d.C.
110
Sulla moltiplicazione dei granai pubblici all’epoca di
Alessandro Severo, cfr. Hist. Aug. Alex. 39.3, su cui vd. Bell, An impe-
rial flour mill, cit., 84 n. 42; Lo Cascio, Collegi, cit., 108. Sulle agevo-
lazioni concesse ai panificatori vd. infra, 429-430.
111
Cfr. supra, 389-397 . Se, del resto, fosse corretta la datazione agli
anni 275-300 d.C. proposta da Schiøler - Wikander, A Roman water-mill,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 407

degli esponenti della dinastia severiana111.


Non occorre, tuttavia, necessariamente pensare che i
Severi avessero introdotto occasionalmente distribuzioni
gratuite in favore della plebs frumentaria: l’interesse da
loro dimostrato nei confronti della panificazione mi fareb-
be piuttosto pensare ad una presa di coscienza sempre più
viva dell’importanza di produrre pane a prezzo ridotto,
necessario per tutta la popolazione di Roma come anche
per l’esercito. Indimostrabile, infine, anche se affascinante,
appare l’ipotesi di Lo Cascio secondo cui a partire da
Alessandro Severo e fino all’epoca di Filippo l’Arabo
sarebbe stato distribuito non più il grano, non ancora il
pane, bensì la farina macinata nei mulini ad acqua di recen-
te creazione112.

«Neque enim populo Romano saturo quicquam potest


esse laetius» (Hist. Aug. Aurelian. 47.4)
“Nonostante la crisi, anzi proprio per la crisi, i privile-
gii della città di Roma aumentarono”. Così Mazzarino spie-
gava la politica evergetica dell’età severiana, riferendosi in

cit., 63 per la ricostruzione dei bagni di Caracalla, si potrebbe anche


ipotizzare che essa sia stata promossa da Aureliano per incrementare la
quantità di farina destinata alla produzione del pane.
112
Lo Cascio, Collegi, cit., 109 n. 95.
113
Mazzarino, Trattato, cit., 284; cfr. anche Id., Aspetti sociali del
IV secolo. Ricerche di storia tardo-romana, Milano 2002 (rist. ed.
1951), 180-181: “non dunque in un nuovo modo di esazione, sì in una
maggior misura di privilegi, è certamente consistita la novità del siste-
ma tardo-imperiale, il quale, anche in questo caso, dovrà farsi comin-
ciare dai suoi precedenti nel terzo secolo”. Per un commento all’espres-
sione di Hist. Aug. Aurelian. 47.4 riportata sopra, vd. Kohns,
Versorgungskrisen, cit., 21 e 113; A. Lippold, Kaiser Aurelian, (270-
275). Seine Beziehungen zur Stadt Rom und zum Senat im Spiegel der
Historia Augusta, in Historiae Augustae. Colloquium Maceratense
408 Cristina Soraci

particolare alle distribuzioni di caro porcina alla plebe113.


L’intento di dare agli abitanti di Roma l’impressione che
l’impero godesse di immutata prosperità e che lo stato
avesse a cuore i bisogni della popolazione, mentre invece
forti segnali di instabilità lo minacciavano fuori e dentro i
confini, sarà stata certo una delle motivazioni principali che
avranno indotto Aureliano, come già prima i Severi, alla
decisione di aumentare il numero dei generi alimentari
distribuiti. Non è escluso che lo stesso processo di diviniz-
zazione del monarca, di cui proprio Aureliano fu uno dei
più strenui fautori114, sia riuscito ad allignare nelle menti dei
Romani sfruttando la dipendenza del popolo dalla figura
dell’imperatore in materia di rifornimento alimentare.
Ma il caso del pane merita una riflessione a sé stante;
non si tratta, infatti, di distribuzione ex novo di un genere
alimentare, bensì di sostituzione fra generi di simile valore
nutrizionale. Quali furono allora le motivazioni che spinse-
ro a questo cambiamento, che pure costituì un aggravio
economico per lo stato? E perché esso si verificò nel III

1992, vol. III, cit., 203; Neri, Il populus Romanus, ibid., 265-266;
Cascón, El humor, cit., 161.
114
F. Altheim, Die Krise der alten Welt im 3 Jahrhundert n. Zw.
und ihre Ursachen. III: Götter und Kaiser, Berlin 1943, in partic. 164-
169; W. Ensslin, Gottkaiser und Kaiser von Gottes Gnaden, München
1943, 41-42, 45 e 47; Cerfaux-
Tondriau, Un concurrent du christianisme, cit., 376-377; Cizek,
L’empereur Aurélien, cit., 183-188; Watson, Aurelian, cit., 183-202; M.
Clauss, Kaiser und Gott. Herrscherkult im römischen Reich, München-
Leipzig 1999, 186-187. Sul tema della divinizzazione degli imperatori
e sulla figura di Aureliano in questo contesto, ci limitiamo a citare: L.
Cracco Ruggini, Imperatori romani e uomini divini (I-VI secolo d.C.),
in P. Brown- L. Cracco Ruggini- M. Mazza, Governanti e intellettuali,
popolo di Roma e popolo di Dio (I-VI secolo), Torino 1982, in partic.
9-12 e n. 2, ove bibliografia; A. Momigliano, How Roman emperors
became gods, in Ottavo contributo alla storia degli studi classici e del
mondo antico, Roma 1987, 297-311 (già in The American Scholar,
Spring 1986, 181-193.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 409

secolo e non prima?


Secondo la Ruggini, la distribuzione di pane consenti-
va di “evitare accumuli e diversioni speculative delle derra-
te, conservabili ben più a lungo delle pagnotte”115. Ma i
provvedimenti presi per evitare frodi da parte, ad esempio,
delle corporazioni dei navicularii116, dei molendinarii, dei
mensores frumentarii, dei caudicarii e anche dei pistores,
mostrano come il problema delle “diversioni speculative”
fosse ben lungi dall’essere risolto.
I molendinarii, ossia coloro che si occupavano di
macinare il grano, quasi certamente servendosi dei mulini
ad acqua, potevano frodare lo stato utilizzando pesi trucca-
ti: per ovviare a questo inconveniente, tra il 480 e il 490
d.C. venne imposto a Roma l’uso di bilance statali117.
In merito alle frodi perpetrate dai mensores frumenta-
rii, addetti alla pesatura del frumento, e dai caudicarii, i
battellieri incaricati del trasporto del grano da Ostia a
Roma, ricordiamo infatti una disposizione presa da

115
L. Cracco Ruggini, Spazi urbani clientelari e caritativi, in La
Rome impériale. Démographie et logistique, Actes de la table ronde
(Rome, 25 mars 1994), Rome 1997, 164.
116
Sulle frodi di cui si rendevano responsabili i navicularii, vd.
l’ampia documentazione fornita da De Salvo, ‘Corpora naviculario-
rum’, cit., 551-575.
117
Cfr. CIL 6.1711, comunemente ritenuto un editto del prefetto
della città Claudius Iulius Ecclesius Dynamius: Amore patriae compul-
si…, studio nostro adici novimus, ut omnium molendinariorum fraudes
amputentur (…) Sulla data della prefettura di Dynamius, da collocare
tra il 480 e il 490 d.C., si vd. Chastagnol, Prefecture, cit., 311; in meri-
to all’ipotesi di una distinzione di funzioni tra i pistores, che avrebbe-
ro utilizzato per la macinazione le mole azionate dal bestiame, e i
molendinarii, specializzati invece nell’uso di mulini ad acqua, cfr.
Bloch, Avènement, cit., 542; Wikander, Water-mills, cit., 16 n. 30, 21 e
23 n. 55; cfr. anche R.J. Forbes, Studies in ancient technology, vol. II,
Leiden 1955, 94-95 e Moritz, Grain-mills, cit., 35.
410 Cristina Soraci

Valentiniano nel 364 d.C., secondo la quale le suddette


categorie erano obbligate a vendere ai pistores ad un prez-
zo rigorosamente più basso di quelli di mercato 200˙000
moggi di ottimo frumento, in modo da consentire al popo-
lo di comprare pane di qualità ad un prezzo ragionevole.
Ciò fa pensare che mensores e caudicarii tendessero a spe-

118
C.Th. 14.15.1, che però riguarda il pane da vendere sul merca-
to: Ne pessimus panis populi Romani usibus ministretur, sola ducente-
na milia modiorum frumenti integri adque intemerati iuxta priscum
morem mensores et caudicarii levioribus pretiis pistoribus venundare
cogantur. Cfr. E. Gebhardt, Studien über das Verpflegungswesen von
Rom und Costantinopel in der späteren Kaiserzeit, Dorpat 1881, 21-22;
V. Bandini, Appunti sulle corporazioni, Milano 1937, 144-145 e n. 44;
A. Alföldi, A conflict of ideas in the late Roman empire. The clash bet-
ween the Senate and Valentinian I, Oxford 1952, 60; De Robertis,
Storia delle corporazioni, vol. II, cit., 180 n. 118; Chastagnol,
Préfecture, cit., 318; Tengström, Bread, cit., 63-64; Herz, Studien, cit.,
228-229; R.M. Repaci, I ‘mensores frumentarii’, in Messana, 19, 1994,
248 e n. 58; Höbenreich, Annona, cit., 121-122; Vera, ‘Panis Ostiensis
adque fiscalis’, cit., 347-349. Per un’interpretazione diversa di questa
costituzione, si vd. Carrié, Les distributions, cit., 1040-1043, seguito da
Sirks, Food, cit., 284. Carrié intende che in periodi di frumentum cor-
ruptum si tendesse a utilizzare il grano migliore nella preparazione del
pane da vendere sul mercato, destinando invece a quello delle distribu-
zioni gratuite il frumentum corruptum. Per evitare ciò, si impone di
riservare al panis fiscalis solo un quantitativo ridotto di frumento
buono, in modo che sia il panis gradilis che quello fiscalis contengano
eguale percentuale dei due tipi di grano. Ma la finalità della legge non
cambia: anche seguendo tale interpretazione essa mirava a preservare il
popolo, in questo caso i beneficiari del pane gratuito, da alterazioni e
speculazioni di mensores e caudicarii. Sulla data di questa costituzio-
ne, vd. F. Pergami, La legislazione di Valentiniano e Valente (364-375),
Milano 1993, 55 e 66. Circa i mensores frumentarii, cfr. R. Cagnat, s.v.
mensor, in Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, dir. C.
Daremberg - E. Saglio, vol. III, 2, 1904, 1726-1727; P. Jouanique, A
propos de la mosaïque de l’aula des mensores à Ostie, in REL, 47,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 411

culare sul grano, spesso alterandone la qualità118.


I pistores tendevano invece generalmente a diminuire
il quantitativo di frumento utilizzato nella preparazione del
pane o a svilirlo nella qualità: da una varia di Cassiodoro
apprendiamo, infatti, che il compito di verificare il peso e
la qualità del pane prodotto dai pistores era affidato al pre-
fetto dell’annona, il quale era tenuto ad ispezionare le bot-
teghe e il cibo dei panettieri, controllando pensum et mun-

1969, 418-423; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 231-239; Rickman,


Corn supply, cit., 86-87 e 204; Ph. Pergola, Mensores frumentarii
Christiani et annone à la fin de l’Antiquité: relecture d’un cycle de
peintures, in RAC, 66, 1990, 167-184; Repaci, I ‘mensores frumenta-
rii’, cit., 237-256; P. Arnaud, Les mensores des légions: mensores agra-
rii ou mensores frumentarii?, in La hiérarchie (Randordnung) de
l’armée romaine sous le Haut-Empire. Actes du congrès de Lyon (15-
18 septembre 1994), éd. par Y. Le Bohec, Paris 1995, 251-256;
Höbenreich, Annona, cit., 116-117; G. Minaud, Regard sur la compta-
bilité antique romaine: la mosaïque de l’«aula» des «mensores» à
Ostie, les doigts et les comptes, in MEFRA, 116, 1, 2004, 437-468. In
merito ai caudicarii, cfr. L. Casson, Harbour and river boats of ancient
Rome, in JRS, 55, 1965, 31-39; Tengström, Bread, cit., 57-61 e 74-75;
Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 225-228; L. De Salvo Lietta, I bat-
tellieri del Tevere, in Messana, n.s. 3, 1990, 201-250; W. Boppert,
Caudicarii am Rhein? Überlegungen zur militärischen Versorgung
durch die Binnenschifffahrt im 3. Jahrhundert am Rhein, in AKB, 24, 4,
1994, 407-424; sulle naves caudicariae vd. Soraci, ‘Sicilia frumenta-
ria’, cit., 393-394 e n. 404.
119
Cassiod. var. 6.18.1-7. Per quanto concerne i compiti del prae-
fectus annonae, che esercitava una giurisdizione civile e penale duran-
te il regno di Teodorico (sul cui epiteto ufficiale di Romanus princeps
e non rex Gothorum sono state date ultimamente acute spiegazioni da
A. Giardina, Cassiodoro politico, Roma 2006, 146 ss.), cfr. Sartorius,
Versuch über die Regierung des Ostgothen in Italien, Göttingen 1811,
273; W. Liebenam, Zur Geschichte und Organisation des römischen
Vereinswesen. Drei Untersuchungen, Leipzig 1890, 254 n. 2; Waltzing,
Étude historique, cit., 85 n. 3; A. Stöckle, Spätrömische und byzantini
412 Cristina Soraci

ditiam panis119.
Del resto, due leggi contenute nel Codex
Theodosianus, entrambe del 4 aprile 365 e indirizzate l’una
al prefetto dell’annona, l’altra al prefetto del pretorio,
impongono di effettuare le distribuzioni pubblicamente, nei
gradus e non nei pistrina, per evitare che alcuni vengano
favoriti e altri danneggiati (universi panem gradilem de
gradibus adipiscantur neque cuiquam haec aut deferatur

sche Zünfte. Untersuchungen zum sogenannten ejparciko;n biblivon


Leos des Weisen, Leipzig 1912, 75 n. 2, 106 n. 6; Bandini,
Corporazioni, cit., 151 n. 96; P. Lamma, Teoderico, Brescia 1950, 116;
Homo, Rome impériale, cit., 227; M. Lecca, La vita economica
dell’Italia durante la dominazione dei Goti nelle ‘Variae’ di
Cassiodoro, in Economia e storia, vol. III, 1956, 368; K. Hannestad,
L’évolution des ressources agricoles de l’Italie du 4ème au 6ème siècle
de notre ère, Københaven 1962, 38 n. 3; F. De Martino, Storia della
costituzione romana, cit., vol. V, Napoli 1967, 305; A. Alföldi, Die
monarchische Repräsentation im römischen Kaiserreiche, Darmstadt
1970, 110 n. 1; R. Soraci, Aspetti di storia economica italiana nell’età
di Cassiodoro, Catania 1974, 26-27 n. 55 (ivi altra bibliografia);
Tengström, Bread, 80-81; Rickman, Corn supply, cit., 207 n. 46; L.
Cracco Ruggini, Economia e società nell’Italia annonaria. Rapporti
fra agricoltura e commercio dal IV al VI secolo d.C., Bari 19952, 313
n. 303; Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 343. Per la giurisdi-
zione criminale del praefectus annonae vd. B. Santalucia,
L’amministrazione della giustizia penale, in Storia di Roma, vol. III:
L’età tardoantica, 2: I luoghi e le culture, Torino 1993, 1041 n. 15.
120
C.Th. 14.17.3; ma si vd. anche C.Th. 14.17.4. Cfr. Gebhardt,
Studien über das Verpflegungswesen, cit., 25; Waltzing, Étude histori-
que, cit., 82 n. 3, 86 n. 7; Van Berchem, Les distributions, cit., 106 n.
1; Alföldi, A conflict, cit., 60-61; Chastagnol, Préfecture, cit., 315 n. 5;
De Martino, Storia della costituzione romana, vol. V, cit., 304 n. 51;
Ruggini, Italia annonaria, cit., 309 n. 289; Tengström, Bread, cit., 82-
83; Rickman, Corn supply, cit., 208 n. 47; Giardina, Il pane nel circo,
cit., 575 e n. 10; Id., Distribuzioni, cit., 19-20; R. Soraci, “Consuetudo
fraudium” e “rigor iuris”: repressione a ‘corrente alternata’ e a
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 413

gratia aut imponatur iniuria, ut de pistrino accipiat…)120.


Posto, dunque, che l’introduzione delle distribuzioni
di pane non può essere stata dettata dal tentativo di evitare
frodi a danno dello stato e dei consumatori, occorre cerca-
re altrove la motivazione sottesa al provvedimento.
La spiegazione più ragionevole consiste nel supporre,
come riteneva Rostovzev, che le distribuzioni di pane,
come del resto quelle degli altri generi alimentari, siano
state introdotte per venire incontro ai bisogni di Roma,
impoverita dal declino economico dell’Italia e minacciata
dalla fame121; ma per quale ragione questi bisogni si mani-
festarono solo nel III secolo?
A mio avviso, essi saranno stati determinati da un lato
dal progressivo aumento dei prezzi causato dalla continua
svalutazione della moneta, dall’altro dal cambiamento dei
gusti.
Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi è possibile

direzione variabile, in Corruzione, repressione e rivolta morale nella


tarda antichità, Atti del Convegno internazionale (Catania, 11-13
dicembre 1995), Catania 1999, 469-470; Lo Cascio, Registri, cit., 375
e n. 36. Sulla datazione di questi provvedimenti, si vd. Pergami, La
legislazione, cit., 197-198. Sulla corporazione dei pistores, vd. gli arti-
coli, di vecchia data ma pur sempre utili, di A. Visconti, Il “collegium
pistorum” nelle fonti giuridiche romane e medievali, in RIL, 64, 1931,
517-534 e Id., Sul COLLEGIUM PISTORUM e sulla politica annona-
ria del basso impero. Note critiche a proposito di recenti studi, in
Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, ser. II, 68,
fasc. XI-XV, 1935, 743-768; vd. inoltre De Robertis, Storia delle cor-
porazioni, cit., 97-98, 168-169, 208-211, 224-225; B. Sirks, Archives
used with or by ‘corpora’, working for the annona of Rome and
Constantinople, in La mémoire perdue, cit., 334-335. In mancanza di
prove sugli autori dei furti, poteva essere applicato indistintamente a
tutti i pistores il principio di responsabilità obbietiva: cfr. F.M. De
Robertis, Spunti di responsabilità obbiettiva nel diritto post-classico, in
Studi in onore di P. De Francisci, IV, Milano 1956, 413-415.
121
Rostovzev, Storia economica, cit., 503 e 536 n. 39.
414 Cristina Soraci

fare solo supposizioni, in mancanza di espliciti riferimenti


al costo del pane per l’epoca di cui ci stiamo occupando:
appare, tuttavia, un dato ormai consolidato che il prezzo del
pane tra l’epoca di Traiano e l’inizio del III sec. d.C. sia
cresciuto del cento per cento, a fronte di una notevole dimi-
nuzione del potere d’acquisto del lavoratore comune, il cui

122
Si vd. Szilágyi, Prices and wages, cit., 339, 349, 351 e 377-
380; del resto, anche in Egitto è stato registrato un vertiginoso aumen-
to dei prezzi del frumento nel periodo compreso tra il I e il III sec. d.C.:
R.P. Duncan-Jones, The price of wheat in Roman Egypt under the
Principate, in Chiron, 6, 1976, 241-262; R.S. Bagnall, Currency and
inflation in fourth century Egypt, Atlanta 1985; Id., Fourth-Century pri-
ces: new evidence and further thoughts, in ZPE, 76, 1989, 69-75; H.-J.
Drexhage, Preise, Mieten/Pachten, Kosten und Löhne im römischen
Ägypten bis zum Regierungsantritt Diokletians, St. Katharinen 1991, in
partic. 10-30; J.-M. Carrié, L’arithmétique sociale de l’économie
agraire. Prix de la terre, rente foncière et prix des céréales dans
l’Égypte romano-byzantine, in Économie antique. Prix et formation des
prix dans les économies antiques, Saint-Bertrand-de-Comminges 1997,
120-146; D. Rathbone, Prices and price formation in Roman Egypt,
ibid., 183-244. Per quanto concerne i prezzi del frumento e del pane a
Pompei negli anni compresi tra il 63 e il 79 d.C., cfr. A. Savio, Sui prez-
zi del frumento e del pane a Pompei, in NAC, 1974, 121-126, in base ai
calcoli del quale un moggio di frumento (6,8 kg) sarebbe costato dodi-
ci assi, mentre con un asse potevano essere acquistati poco più di due-
cento grammi di pane; cfr. anche W. Krenkel, Währungen, Preis und
Löhne in Rom, in Altertum, 7, 1961, 167-178; Mrozek, Prix et rémuné-
ration, cit., 10-23; Neri, L’alimentazione povera, cit., 244 e n. 29. Si
vd. le interessanti osservazioni di M. Giacchero, Prezzi e salari dell’an-
tica Roma, in StudRom, 18, 2, 1970, 149-162. Nell’edictum de pretiis
dioclezianeo (301 d.C.), il prezzo di un modius castrensis di frumento
era di 100 denari (si vd. ad es. L.C. West, The coinage of Diocletian
and the Edicts on prices, in Studies in Roman economic and social
history in honor of A. Chester Johnson, Princeton 1951, 290-302),
mentre non è segnato il costo del pane; secondo Forzoni, La moneta
nella storia, cit., 312, tale lacuna sarebbe stata dovuta alla diversa qua-
lità dei tipi in commercio e al fatto che “nelle città c’era la
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 415

salario non aumentava in proporzione122. La carne suina, ad


esempio, era considerata dal popolo uno degli alimenti più
cari, tant’è vero che, come abbiamo visto, fu chiesto ad
Alessandro Severo di abbassarne il prezzo di mercato. È
chiaro che, distribuendo pane e non più frumento,
l’imperatore riversava sullo stato i costi della macinazione
e della cottura prima a carico dei cittadini, svincolando così
questo importante genere alimentare dalle oscillazioni della
moneta e del mercato che si erano verificate negli anni pre-
cedenti e durante lo stesso regno di Aureliano, quando si
registrò, come appare dai papiri egiziani, un vertiginoso
aumento dei prezzi, forse causato dall’eccessivo valore
fiduciario dato alla moneta corrente. Anzi, se quest’ipotesi
fosse vera, si potrebbe anche supporre che con le distribu-
zioni di pane l’imperatore avesse voluto farsi perdonare dal
popolo di Roma per l’aumento dei prezzi causato dalla sua

distribuzione gratuita per gli aventi diritto”. Quest’ultima motivazione


mi sembra, tuttavia, inaccettabile, perché le distribuzioni alimentari
sono attestate solo in alcune città oltre Roma (del problema appare, del
resto, al corrente lo stesso Autore: cfr. ibid., 212) e, comunque, non
erano gratuite per tutti i cittadini: il problema dell’acquisto del pane
doveva essere comunque presente. Rimane il problema della nostra
carenza di informazioni, anche relativamente ai prezzi che distingueva-
no una varietà di pane dall’altra: Ratti, Ricerche, cit., 194.
123
Sull’inflazione negli anni di Aureliano cfr. E. Lo Cascio,
Dinamiche economiche e politiche fiscali fra i Severi e Aureliano, in
Storia di Roma, vol. III: L’età tardoantica, 1: Crisi e trasformazioni,
Torino 1993, 247-282 (in partic. 272-278); Id., Prezzi in oro e prezzi in
unità di conto tra il III e il IV sec. d.C., in Économie antique, cit., 161-
182 (in partic. 169); vd. anche M. Corbier, Svalutazioni, inflazione e
circolazione monetaria nel III secolo, in Società romana e impero tar-
doantico, vol. I: Istituzioni ceti economie, Roma-Bari 1986, 489-533;
Forzoni, La moneta nella storia, cit., 207. Contra, cfr. V. Cubelli,
Aureliano imperatore: la rivolta dei monetieri e la cosiddetta riforma
monetaria, Firenze 1992, 93-97. Se l’ipotesi dell’aumento dei prezzi
416 Cristina Soraci

riforma123. Ma ritengo più corretto pensare che la misura di


Aureliano si inserisca nel quadro delle frumentationes di
età altoimperiale e che, come tale, vada riguardata alla stre-
gua di un provvedimento volto a guadagnarsi la stima e
l’appoggio del popolo, che dal princeps si aspettava di
essere nutrito124.
Per quanto concerne, invece, il mutamento dei gusti,
sappiamo che originariamente i Romani si cibavano di una
sorta di polenta (puls) a base di farro, che, secondo Verrio
Flacco, fu l’unico cereale usato dai Romani nei primi tre-
cento anni della loro storia: questa farinata, ottenuta facen-
do bollire nell’acqua o nel latte i cereali macinati, era del
resto un piatto tipico anche dell’Etruria, dove però veniva-
no utilizzati già da tempo anche altri tipi di cereali; solo in
un secondo tempo, come attesta Plinio, cominciò a diffon-
dersi, specie tra le famiglie più ricche, l’usanza di mangia-
re pane: primus antiquo is (sc. far) Latio cibus… pulte
autem, non pane, vixisse longo tempore Romanos manife-

fosse vera, si potrebbe ricordare il passo del Panegirico di Plinio (28.2)


che, seppur riferito ad altra temperie storica, accenna alle distribuzioni
ed ai congiari fatti nel tentativo di cancellare colpe: nullam congiario
culpam, nullam alimentis crudelitatem redemisti, nec tibi bene facien-
di fuit causa ut, quae male feceras, impune fecisses.
124
Cfr. Saggioro, Pane per il popolo, cit., 121: “il donare al popo-
lo conferisce a chi effettua la frumentatio gratuita un potere, o un cari-
sma, particolare”.
125
Cfr. Plin. nat. 18.19.83. Moritz, Grain-mills, cit., 149-150;
André, L’alimentation, cit., 62-64; Frayn, Home-baking, cit., 32; E.
Salza Prina Ricotti, Alimentazione, cibi, tavola e cucine nell’età impe-
riale, in L’alimentazione nel mondo antico, cit., 71; Pucci, I consumi
alimentari, cit., 369, 375 e 379-380; G. Race, La cucina del mondo
classico, Napoli 1999, 183. In merito al consumo di farro nei primi
secoli dalla fondazione di Roma si vd. Plin. nat. 18.11.62 (populum
Romanum farre tantum e frumento CCC annis usum Verrius tradit), su
cui cfr. F. De Martino, Produzione di cereali in Roma nell’età
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 417

stum125.
Col passare degli anni, anche la gente comune comin-
ciò a cibarsi del pane ed a preferire quello fatto di frumen-
to, limitando sempre più l’uso del farro, che continuò ad
essere impiegato a scopi rituali; del resto, il bollito di cerea-
li era consumato ancora in alcune località, specie nelle
campagne126. Questo portò all’apertura dei primi pistrina di
Roma, che sembra risalgano al tempo della guerra contro
Perseo, tra il 171 e il 168 a.C.; prima di allora, venivano
infatti detti pistores solo coloro che macinavano il farro,
mentre il compito della preparazione del pane era affidato
soprattutto alle donne (mulierumque id opus maxime erat);
tale datazione va forse arretrata di qualche decennio, se
Plauto, nel riferirsi all’opera di un pistor che vendeva e,

arcaica, in PP, 34, 1979, 241-255; Id., Ancora sulla produzione di


cereali in Roma arcaica, ibid., 39, 1984, 241-263 (entrambi ripubblica-
ti in Id., Diritto economia e società nel mondo romano, vol. III, Napoli
1977, 101-139); Neri, L’alimentazione povera, cit., 239-240; T. Braun,
Barley cakes and emmer bread, in Food in antiquity, ed. by J. Wilkins
- D. Harvey - M. Dobson, Exeter Press 1995, 34-35; K.D. White,
Cereals, bread and milling in the Roman world, ibid., 38-39. Sulle fari-
nate etrusche cfr. Iuv. 11.109 (ponebant igitur Tusco farrata catino),
per cui vd. G. Barbieri, L’alimentazione carnea degli Etruschi, in
L’alimentazione nel mondo antico. Gli Etruschi, Roma 1987, 49.
126
Circa la preferenza dei Romani per il triticum rispetto all’hor-
deum, cfr. S. Mazzarino, In margine alle “Verrine” per un giudizio sto-
rico sull’orazione “de frumento”, in Atti del I Congresso
Internazionale di Studi Ciceroniani (Roma, aprile 1959), vol. II, Roma
1961, 105-107; Neri, L’alimentazione povera, cit., 246-247; i Greci si
nutrivano piuttosto di orzo: A. Jardé, Les céréales dans l’antiquité
grecque, vol I: La production, Paris 1925; Braun, Barley cakes, cit.,
25-34. Sull’impiego del farro nelle cerimonie religiose, cfr. Segrè,
Note, cit., 196; M. Torelli, Il pane di Roma arcaica: calendario, riti e
strutture, in Nel nome del pane, cit., 147-168; sul consumo del bollito
di cereali nelle campagne, vd. Ratti, Ricerche, cit., 198; Neri,
L’alimentazione povera, cit., 240-241.
418 Cristina Soraci

verosimilmente, produceva il pane (quom a pistore panem


petimus, vinum ex oenopolio, si aes habent, dant mercem),
ha riportato una situazione valida per Roma e non solo per
il mondo greco teatro delle sue commedie127.
La menzione del pane appare in diverse commedie di
Plauto e nelle razioni che, secondo il trattato scritto da
Catone nella prima metà del II sec. a.C., dovevano essere
date agli schiavi incatenati della familia rustica; durante la
guerra giugurtina (111-105 a.C.) sappiamo che i vivandieri
vendevano il grano dato dallo stato e acquistavano pane fre-
sco ogni giorno; Simulus, il contadino del Moretum virgi-
liano, il quale cominciava la giornata con un po’ di pane e
col moretum, appunto, una sorta di formaggio alle erbe, atte-
sta un’abitudine che nel I sec. d.C., data di composizione del
poemetto, era ormai consolidata: spesso, come a Pompei, il
formaggio veniva mangiato insieme con il pane128.

127
Plin. nat. 18.28.107-108; Varro frg. apud Non. p. 152; Serv.
Aen. 1.179; Plaut. Asin. 200. Cfr. U. Blümner, L’attività industriale dei
popoli dell’antichità classica, in Biblioteca di storia economica, vol. II,
parte I, Milano 1905, 618; Bloch, Avènement, cit., 542; Ehlers, s.v.
Pistor, in RE, cit., coll. 1821-1823; Moritz, Grain-mills, cit., 67-73;
André, L’alimentation, cit., 64-65; Frayn, Home-baking, cit., 30; Ratti,
Ricerche, cit., 157; Neri, L’alimentazione povera, cit., 242; Salza Prina
Ricotti, Alimentazione, cit., 71; Lo Cascio, L’organizzazione annona-
ria, cit., 245; Sirks, Food, cit., 307; A. Fujisawa, I ‘pistores’ nel primo
impero, in Acme, 48, 1995, 175; Braun, Barley cakes, cit., 36-37; C.
Ampolo, Pane antico: mulini, panettieri e città. Aspetti sociali della
panificazione, in Nel nome del pane, cit., 239-240. In Grecia la prepa-
razione del pane e, quindi, il suo utilizzo come alimento chiave dell’ali-
mentazione risalgono, invece, a molto prima, almeno al V sec. a.C.:
Ampolo, Il pane quotidiano, cit., 143-149.
128
Menzioni del pane in Plauto: Asin. 142 e 200; Aul. 195; Bacch.
580; Cas. 310; Curc. 367; Men. 917; Persa 471; Poen. 729; Trin. 253;
vd. anche Achar. fr. 2; cfr. Waltzing, Étude historique, cit., 79. Sulle
razioni della familia rustica cfr. Cato agr. 56.1, cit. supra, n. 27. La
notizia della guerra giugurtina viene da Sall. Iug. 44.5. Circa il pasto di
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 419

Rimaneva sempre, tuttavia, la differenza tra il pane


mangiato dai ricchi, fatto della farina più pura, e quello dei
poveri: secondo Artemidoro, autore di un trattato sull’inter-
pretazione dei sogni, sognare di mangiare il pane che si
consuma abitualmente è un buon segno, ma se il povero
sogna di mangiare il pane del ricco (spesso prescritto dai
medici ai degenti) è indice di futura malattia, se, viceversa,
il ricco sogna di cibarsi del pane del povero è presagio di
povertà: “Artou~ dokeiǹ ejsqivein tou;~ ejx e[qou~ ajgaqovn:
katavllhloi me;n ga;r pevnhti oiJrJuparoiv, plousivw/de;oiJ
pantelw`~ kaqaroiv: oiJ de; ejnalla;x ou[te ajgaqoi; kai;
prosevti kakoiv: oiJ me;n ga;r novson toi`~ pevnhsin oiJ de;
ajporivan toi`~ plousivoi~ shmaivnousin. Chiaramente le
differenze sociali testimoniate dall’onirocritico si riferisco-
no non solo al mondo greco, di cui Artemidoro faceva
parte, ma anche a quello romano: l’a[rto~ kaqarov~ corri-
spondeva al panis siligineus, ossia impastato con la farina
di siligo (il grano tenero, cuius species in pane praecipua,
annotava Columella), era considerato un alimento di lusso
e si trovava sulle tavole dei ricchi; l’equivalente dell’a[rto~
rJuparov~ era invece il panis cibarius, fatto di farina grosso-
lana, il cosiddetto farinaccio, che Celso riteneva infirmissi-
mus e che, insieme a quello plebeius (in greco ajutovpuro~)
in cui la farina non veniva distinta dalla crusca, costituiva
generalmente il nutrimento dei ceti meno abbienti129.

Simulus, vd. Moret. vv. 117-118. White, Cereals, cit., 41-42; Ampolo,
Pane antico, cit., 241; J.F. Donahue, The Roman community at table
during the Principate, Ann Arbor (Mich.) 2004, 10. Sul moretum vd.
TLL, s.v. moretum, vol. XI, col. 1489. Sull’abbinamento di pane e for-
maggio nell’alimentazione dei Romani vd. R. Étienne, Fromages et ali-
mentation à Rome, in Histoire et Géographie des fromages, Caen 1987,
302-303.
129
Artem. 1.69, su cui vd. Manodori, L’alimentazione, cit., 25. Sul
420 Cristina Soraci

Sembra che Cesare abbia addirittura fatto mettere in catene


uno schiavo che serviva agli altri invitati pane diverso da
quello a lui destinato; Seneca affermava, però, con una
buona dose di pragmatismo: utrum hic panis sit plebeius an
siligineus ad naturam nihil pertinet: illa ventrem non
delectari vult sed impleri130. Per ironia della sorte, al giorno
d’oggi lo “Schwartzbrot”, il pane scuro ricco di crusca, e

pane fatto con la siligo: Colum. 2.6 e Plin. nat. 18.20.86: e siligine lau-
tissimus panis. Si vd. André, L’alimentation, cit., 65-66; Carrié, Les
distributions, cit., 1045; Salza Prina Ricotti, Alimentazione, cit., 73. Sul
panis cibarius: Cels. 2.18.4. Per un’attenta classificazione dei tipi di
pane esistenti nel mondo greco-romano cfr. i sempre validi studi di
Voigt, Die verschiedenen Sorten von Triticum, cit., 105-128 e Mau, s.v.
Bäckerei, in RE, II2, 1896, coll. 2734-2743; Segrè, Note, cit., 196-197.
In merito alle differenze nell’alimentazione di ricchi e poveri a Roma
cfr. Neri, L’alimentazione povera, cit., 239; Pucci, I consumi alimenta-
ri, cit., 375 e 379-380. Sull’etimologia del termine greco ajrtokovpo~,
che incherebbe propriamente colui che macina il grano molto finemen-
te (ed ottiene, quindi, un pane di qualità superiore), cfr. Y. Duhoux, Le
boulanger et son pain: l’étymologie d’ ajrtokovpo~ et d’ a[rto~, in
L’antiquité classique, 43, 1974, 321-324.
130
Suet. Iul. 48, su cui vd. Moritz, Grain-mills, cit., 153; Sen.
epist. 20.119.3. Seneca, peraltro, in quanto filosofo e perché attento alla
salute fisica e mentale dell’uomo, esortava a cibarsi di polenta e di un
pezzo di pane d’orzo (epist. 2.18.10: Non enim iucunda res est aqua et
polenta aut frustum hordeacii panis, sed summa voluptas est posse
capere etiam ex his voluptatem et ad id se deduxisse quod eripere nulla
fortunae iniquitas possit), perfino, se necessario, a disprezzare il panis
sordidus e a nutrirsi di erbe (epist. 19.110.12: tunc te admirabor si con-
tempseris etiam sordidum panem, si tibi persuaseris herbam, ubi
necesse est, non pecori tantum sed homini nasci), come, del resto, egli
stesso si nutriva di pane secco (epist. 10.83.6: Panis deinde siccus et
sine mensa prandium). Sul rapporto di Seneca con l’alimentazione cfr.
Ratti, Ricerche, cit., 197 e 199; D. Gourévitch, Le menu de l’homme
libre. Recherches sur l’alimentation et la digestion dans les oeuvres en
prose de Sénèque le philosophe, in Mélanges de philosophie, de litté
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 421

perciò anche di vitamine e di fibre, è acquistato soprattutto


dai ceti medio-alti e costa più di quello bianco…
Nella preparazione del pane la povera gente si trovò di
fronte ai problemi di macinazione della farina e di cottura
dell’impasto.
Per quanto riguarda la prima, di certo coloro che vive-
vano in campagna avranno fatto per lungo tempo ricorso
all’uso del pestello, che consentiva lo svolgimento delle
operazioni in casa propria e che venne a lungo adoperato in
Etruria e in gran parte dell’Italia, anche dopo l’introduzione
delle mole (come annotava Plinio, «la maggior parte
dell’Italia adopera un nudo pestello, e ruote azionate dal-
l’acqua, occasionalmente anche la mola»)131, oppure si
saranno recati a macinare il grano nella mola di qualche

rature et d’histoire ancienne offerts à Pierre Boyancé, Rome 1974,


311-344; Neri, L’alimentazione povera, cit., 242. Il pane d’orzo (panis
hordeaceum), di cui si cibavano talvolta anche i Romani, era ritenuto
più sano e nutriente di quello fatto con una scarsa qualità di grano:
Orth, s.v. Gerste, in RE, VII1, 1910, coll. 1281-1283. Il giudizio espres-
so dagli antichi sui benefici apportati dal grano duro (triticum turgi-
dum, ossia quello strictu sensu) e da quello tenero (siligo o triticum vul-
gare) alla salute dell’uomo non sempre è stato a favore di quello tene-
ro: cfr. ad es. Plin. nat. 18.26.104, su cui vd. C. Deroux, Un passage
obscur de Pline l’Ancien: Histoire Naturelle, 18, 104, in Latomus, 36,
1977, 505-511. Per una classificazione dei tipi di grano esistenti nel
mondo antico e della loro terminologia, cfr. N. Jasny, The wheat of
classical antiquity, Baltimore 1944, 53-70; Segrè, Note, cit., 161, 168-
172 e 178-180; L.A. Moritz, Husked and ‘naked’ grain, in CQ, 49,
1955, 129-134 e Id., ‘Corn’, ibid., 135-141.
131
Plin. nat. 18.23.97: maior pars Italiae nudo utitur pilo, rotis
etiam, quas aqua verset, obiter et mola; cfr. anche Isid. orig. 15.6.4:
unde et apud veteres non molitores sed pistores dicti, quasi pinsores, a
pinsendis granis frumenti; molae enim usus nondum erat, sed granum
pilo pinsebant. Si vd. André, L’alimentation, cit., 59-60; W. Krenkel,
Vom Korn zum Brot, in Altertum, 11, 1965, 214-221; Wikander, Water-
mills, cit., 14-15 e n. 14, ove ulteriore bibliografia.
132
Cfr. Garnsey, Carestia, cit., 299.
422 Cristina Soraci

agiato possidente, in cambio di alcune prestazioni132; in


questi casi ci si sarà verosimilmente accontentati di
un’estrazione dell’85-90% di farina, per limitare al massi-
mo gli sprechi di cereale, con conseguente produzione di
pane ricco di crusca, del tipo plebeius133. Nelle grandi città
come Roma, ma anche Pompei, la macinazione sarà stata
invece per lo più affidata ai summenzionati pistores o ai
molitores, i quali si saranno specializzati, probabilmente
sin dal loro primo apparire, in operazioni che consentivano
la produzione di farina di diversi gradi di finezza, come
apprendiamo da Plinio, secondo cui dal grano del tipo sili-
go si ottenevano siligo, flos, cibarium e furfures, mentre dal
triticum venivano ricavati similago, pollen, secundarium e
furfures. La siligo era impiegata, come abbiamo visto, per
la produzione del pane migliore, mentre dal cibarium e dal
secundarium si otteneva, appunto, pane di seconda qualità,
mangiato dai ceti meno abbienti134.
Analogamente, la campagna offriva, rispetto alla città,
maggiori possibilità di cottura: la fornax e il furnus, parti-
colarmente adatti per la cottura del pane, potevano trovar
spazio nelle ville, nelle grandi fattorie o nei villaggi; in città
erano posseduti generalmente dai fornai, mentre la gente
comune cuoceva i cibi nel clibanus o sub testu dove, come
testimonia Catone, veniva cotto anche il pane135.

133
Moritz, Grain-mills, cit., 212; Foxhall - Forbes, Sitometreiva,
cit., 64 e 75-80.
134
Plin. nat. 18.86-89, su cui vd. Moritz, Grain-mills, cit., 168-
214. Sulla situazione di Pompei nel I sec. d.C., cfr. ibid., 71-72: coloro
che abitavano in dimore di piccole dimensioni acquistavano il pane
nelle panetterie, mentre i proprietari di grandi tenute lo producevano in
proprio. Garnsey, Cities, cit., 236-238 ipotizza che parte dei 5 moggi
possa essere stata consegnata ai pistores al posto del denaro come paga-
mento per le operazioni di macinatura e cottura.
135
Cato agr. 74; Frayn, Home-baking, cit., 29-30; A. Cubberley,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 423

In seguito, tuttavia, la diffusione sempre più ampia


delle panetterie tra la fine della Repubblica e nel corso dei
primi secoli dell’impero, se da un lato è segno di un pro-
gressivo cambiamento nei gusti della popolazione, che finì
per consumare il grano ormai quasi unicamente sotto forma
di pane, dall’altro testimonia che gli abitanti delle città pre-
ferirono comprare il pane dai fornai, piuttosto che farlo in
casa136. Famosa, a questo proposito, l’attività di M.
Vergilius Eurysaces, pistor e redemptor della fine del I
secolo a.C. o degli inizi del I sec. d.C., che fece costruire
per sé a Roma un monumento funerario (una parte del
quale rimane tuttora visibile) nel cui fregio erano raffigura-
te tutte le fasi della panificazione, dalla pulitura del grano,
alla macinazione, all’impasto, alla cottura e alla distribu-
zione del pane137.
Secondo l’opinione di Frayn, la scelta di acquistare il

Bread-baking in ancient Italy. ‘Clibanus’ and ‘sub testu’ in the Roman


world: further thoughts, in Food in antiquity, ed. by J. Wilkins-D.
Harvey-M. Dobson, Exeter 1995, 55-68.
136
Cfr. Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 264. Sull’aumento del
numero delle panetterie ad Ostia e Pompei in relazione alla preferenza
adesso accordata al pane, vd. Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 170-173; sulla
posizione strategica delle panetterie a Pompei, cfr. B.S. Lyapustin, The
connections of craft workshops in Pompeii, First century A.D., in VDI,
164, 1983, 59-80. Si vd. anche B.J. Mayeske, Bakeries, bakers and
bread at Pompei. A study in social and economic history, Ann Arbor
(Mich.) 1972.
137
Sul momumento funerario del fornaio Eurysaces si vd.
Rostovzev, Storia economica, cit., tav. IV; Moritz, Grain-mills, cit., 78;
Pavis d’Escurac, La préfecture, cit., 264; P. Ciancio Rossetto, Il sepol-
cro del fornaio Marco Virgilio Eurisace a Porta Maggiore, Roma 1973;
Tengström, Bread, cit., 76; L. Castiglione, Zur Deutung des Grabmals
von M. Vergilius Eurysaces, in AArchHung, 27, 1975, 157-161; O.
Brandy, Resent research on the tomb of Eurysaces, in ORom, 19, 1993,
13-17; Ampolo, Pane antico, cit., 242; Garnsey, Cities, cit.,
424 Cristina Soraci

prodotto finito dai fornai sarebbe stata dovuta alla crescita


del proletariato urbano ed al conseguente aumento del
numero di famiglie che non avrebbero coltivato in proprio
il frumento e sarebbero state prive di adeguate possibilità di
cottura. L’ipotesi è ampiamente condivisibile e sarà stata
certo il principale incentivo alla moltiplicazione delle
panetterie, nell’Urbe come in altri centri urbani, ma non va
sottovalutato, a mio avviso, anche il desiderio delle fami-
glie romane di usufruire di un servizio sempre più richiesto
e, per ciò stesso, sempre più diffuso, che comportava van-
taggi non indifferenti a fronte di una spesa non troppo ele-
vata per buona parte della popolazione. Tra i vantaggi
vanno posti non solo il risparmio di tempo ed energie, ma
anche la possibilità di gustare tipi di pane diversi tra loro.
Analogo processo è, del resto, possibile osservare
nell’Atene del V sec. a.C., quando lo sviluppo della vita
urbana comportò l’incremento dell’attività dei panettie-
ri138.
Un simile cambiamento dei gusti e delle abitudini
avrebbe, secondo alcuni studiosi, spinto il governo, tra il I
sec. a.C. e il I d.C., a stipulare contratti con i pistores in
merito alla fornitura di pane o, quanto meno, alla macina-
zione del grano: l’ipotesi, basata sull’attribuzione ad
Eurisace dell’appellativo di redemptor nell’iscrizione
posta sul monumento funerario di cui si è già parlato, non
va, a mio avviso, esclusa; quella secondo cui Eurisace ed

237-238; Lo Cascio, Collegi, cit., 93; L. Hackwort Petersen, The baker,


his tomb, his wife, and her breadbasket: the monument of Eurysaces in
Rome, in ABull, 85, 2, 2003, 230-257; Donahue, The Roman communi-
ty at table, cit., 25-27.
138
Frayn, Home-baking, cit., 28 e 30. Sui tipi di pane prodotti dai
fornai cfr. Donahue, The Roman community at table, cit., 25. Per
l’analoga situazione ateniese, cfr. Ampolo, Il pane quotidiano, cit.,
145-146.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 425

altri pistores avrebbero dovuto macinare e forse cuocere


grano per la plebs frumentaria a prezzo ridotto o addirittu-
ra gratuitamente non mi sembra, invece, allo stato attuale
della nostra documentazione, sostenibile139.
In ogni caso, l’interesse manifestato dalle autorità
competenti, nel caso specifico i sitophylakes, gli agorano-
moi o gli edili, nei confronti del peso del pane e del relati-
vo prezzo di vendita può essere riscontrato nell’Atene del
V e IV secolo a.C., ad Efeso tra l’epoca traianea e il 220
d.C., a Pompei nel I sec. d.C. e ad Ossirinco nel 116 d.C.
Non pare quindi improbabile, come aveva ipotizzato
Rostovzev, che il governo romano esercitasse già da tempo
un controllo sulla lavorazione e la vendita del pane140.

139
Cfr. CIL 6.1958= ILS 7460; per l’ipotesi dei servizi resi alla
plebs frumentaria dai pistores cfr. Sirks, Food, cit., 310-311; Lo
Cascio, Collegi, cit., 93. Più cauti, invece, Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit.,
col. 1826; Herz, Studien, cit., 113; Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 176-177;
Höbenreich, Annona, cit., 120 n. 275. Waltzing, Étude historique, cit.,
79 e 81-82 riteneva che i panettieri privati si impegnasssero a fornire
alla popolazione pane di buona qualità a prezzo ridotto.
140
Rostovzev, Storia economica, cit., 425 n. 20. Waltzing, Étude
historique, cit., 79; H. Francotte, Le pain à bon marché et le pain gra-
tuit dans les cités grecques, in Mélanges de droit public grec, Liège-
Paris 1910, 291-312; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; Ampolo,
Note minime, cit., 116-118 e 119 n. 6; Id., Il pane quotidiano, cit., 143-
149; M.-C. Amouretti, La transformation des céréales dans les villes,
un indicateur méconnu de la personnalité urbaine. L’exemple
d’Athènes à l’époque classique, in L’origine des richesses dépensées
dans la ville antique. Actes du Colloque organisé à Aix-en-Provence
par l’U.E.R. d’Histoire, les 11 et 12 Mai 1984, a cura di P. Leveau, Aix-
en-Provence 1988, 133-138 (in partic. 137); Galsterer, ‘Plebiculam
pascere’, cit., 21; Migeotte, Le pain quotidien, cit., 19-41; Ampolo,
Pane antico, cit., 238-239 e 243; L. Migeotte, Les ventes de grain
public dans les cités grecques aux périodes classique et hellénistique,
in La mémoire perdue, cit., 229-246. Contra, P. Garnsey – O. Van Nijf,
Contrôle des prix du grain à Rome et dans les cités de l’empire, in La
.
426 Cristina Soraci

È noto che Caligola requisì gli animali delle panetterie


destinati a tirare la mola per macinare il grano (pistrinensia
iumenta), come del resto le vetture a noleggio, al fine di uti-
lizzarli per suoi scopi personali; questa risoluzione, che
sappiamo causò penuria di pane a Roma (adeo ut et panis
Romae saepe deficeret), con conseguente malcontento della
plebe, unitamente all’altra notizia, secondo cui
l’imperatore fece chiudere i granai pubblici e annunciare al
popolo il verificarsi di una situazione di penuria (horreis
praeclusis populo famem indixit), è indice della scarsa con-
siderazione dell’imperatore nei confronti dei bisogni dei
suoi sudditi, in particolare della dipendenza da quello che
era ormai diventato un genere alimentare insostituibile141.
Traiano si adoperò per favorire l’attività professionale
dei pistores, autorizzando legalmente la costituzione del
collegium pistorum di Roma142; in particolar modo, si inte-
ressò alle operazioni di macinazione, concedendo la citta-
dinanza romana ai Latini che per tre anni avessero esercita-
to il mestiere di pistores a Roma, macinando ogni giorno
non meno di cento modii e, analogamente, accordando

mémoire perdue, cit., 302-315. In merito al controllo sulla fabbricazio-


ne e la vendita del pane ad Antiochia, cfr. G.L. Kurbatov, La corpora-
tion des boulangers à Antioche au IVe siècle ap. J.C., in VDI, 91, 1965,
141-153.
141
Suet. Cal. 39.1 e 26.9, su cui vd. Bloch, Avènement, cit., 538 e
547; Moritz, Grain-mills, cit., 135; Garnsey, Carestia, cit., 312;
Donahue, The Roman community at table, cit., 249 n. 31. Sull’uso degli
animali nelle operazioni di macinazione cfr. Tengström, Bread, cit., 76;
Donner, La macina per cereali, cit., 400.
142
Aur.Vict. Caes. 13.5: et annonae perpetuae mire consultum,
reperto firmatoque pistorum collegio. Cfr. Waltzing, Étude historique,
cit., 79; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1826; Cracco Ruggini, Le
associazioni professionali, cit., 87; Pavis d’Escurac, La préfecture, cit.,
264-266.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 427

l’excusatio tutelae ai membri del collegium pistorum che


avessero esercitato l’attività personalmente (si modo per
semet ipsos pistrinum exerceant) e avessero gestito un cen-
tenarium pistrinum (forse un pistrinum nel quale fossero
stati macinati cento modii di frumento al giorno)143. Sirks

143
Gai. inst. 1.34: Denique Traianus constituit, ut si Latinus in
urbe triennio pistrinum exercuerit, in quo in dies singulos non minus
quam centenos modios frumenti pinseret, ad ius Quiritium perveniat;
Vat. fr. 233: Ulpianus de officio praetoris tutelaris. Sed qui in collegio
pistorum sunt, a tutelis excusantur, si modo per semet ipsos pistrinum
exerceant; sed non alios putos excusandos, quam qui intra numerum
constituti centenarium pistrinum secundum litteras divi Traiani ad
Sulpicium Similem exerceant; quae omnia litteris praefecti annonae
significanda sunt; cfr. anche D. 27.1.46 pr.: Paulus libro singulari de
cognitionibus. Qui in collegio pistorum sunt, a tutelis excusantur, si
modo per semet pristrinum exerceant: sed non alios putos excusandos
quam qui intra numerum sunt. Vd. V. Arancio Ruiz, Sul ‘Liber singula-
ris regularum’. Appunti gaiani, in BIDR, 30, 1921, 7 e 41 (poi in Scritti
di diritto romano, vol. II, Napoli 1974, 93 e 127); F. Lardone, The
imperial constitutions in the Institutes of Gaius, in Studi in onore di S.
Riccobono nel XL anno del suo insegnamento, vol. I, Palermo 1936,
658-664; De Robertis, Il diritto associativo romano, cit., 410 n. 48; C.
Castello, La condizione del concepito da libero e schiava e da libera e
schiavo in diritto romano, in Studi in onore di Siro Solazzi, Napoli
1948, 241 n. 26; M. Kaser, Das altrömische ius. Studien zur
Rechtsvorstellung und Rechtsgeschichte der Römer, Göttingen 1949,
77 e n. 11; Id., Das römische Privatsrecht, I. Das altrömische, das vor-
klassiche und klassiche Recht, München 19712, 32 n. 4; Ehlers, s.v.
Pistor, in RE, cit., col. 1826; G. Gualandi, Legislazione imperiale e giu-
risprudenza, II, Milano 1963, 55-56; A. Guarino, ‘Ius Quiritium’, in Le
origini quiritarie. Raccolta di scritti romanistici, Napoli 1973, 172 (già
in Iura, 1, 1950); Id., Dal ‘ius civile’ al ‘ius Quiritium’, ibid., 180 n. 5
(già in Studi in onore di S. Pugliatti, Milano 1973); F. De Visscher,
Autour du ‘ius Quiritium’, in Festschrift Schulz, vol. II, Weimar 1951,
71-75 (sulla locuzione ius Quiritium); Id., ‘Ius Quiritium’, ‘civitas
romana’ et nationalité moderne, in Studi in onore di U.E. Paoli, cit.,
240; S. Solazzi, Ritorni su Gaio, in Iura, 8, 1957, 2 n. 2; L. Labruna,
428 Cristina Soraci

ipotizza che da allora la plebs frumentaria avesse avuto


diritto non solo alla razione di grano mensile, ma anche alla
possiblità di usufruire gratuitamente delle operazioni di
macinazione e di cottura; tuttavia, non essendoci pervenuta
nessuna notizia in merito, è preferibile ritenere che lo scopo

‘Quirites’, in Labeo, 8, 1962, 343 n. 14; G. Impallomeni, Le manomis-


sioni mortis causa. Studi sulle fonti autoritative romane, Padova 1963,
242 n. 72 (a p. 243); Jones, LRE, cit., 699-700 e n. 27; M. De
Dominicis, La ‘Latinitas Iuniana’ e la legge Elia Senzia, in Scritti
romanistici, Padova 1970, 186-187 n. 28 (già in Mélanges offerts à
André Piganiol, Parigi 1966); C.A. Maschi, Il diritto romano. I. La pro-
spettiva storica della giurisprudenza classica (Diritto privato e proces-
suale), Milano 19662, 167 (dove sono esposti i modi di acquisto della
cittadinanza romana da parte dei Latini ricordati da Gaio, 1, 28-35);
J.E. Spruit, De juridische en sociale positie van de romeinse acteurs,
Assen 1966, 205 n. 27; J. Gaudemet, Institutions de l’Antiquité, Paris
1967, 526 n. 5, 568 n. 7, 744 n. 5; De Robertis, Storia delle corpora-
zioni, vol. II, cit., 118 n. 49, 193 n. 37; U. Robbe, La ‘hereditas iacet’
e il significato della ‘hereditas’ in diritto romano, vol. I, Milano 1975,
577 (sulla locuzione ius Quiritium); B. Albanese, Premesse allo studio
del diritto privato romano, Palermo 1978, 83 n. 24; L. Rodríguez Álva-
rez, Las leyes limitadoras de las manumisiones en época augustea,
Oviedo 1978, 150 n. 109; R. Quadrato, Le ‘Institutiones’ nell’insegna-
mento di Gaio. Omissioni e rinvii, Napoli 1979, 20 n. 72 (con riferi-
mento all’imperatore Traiano non designato divus); G. Scherillo, Corso
di istituzioni di dritto romano, vol. I, Milano 1980, 171; Rickman, Corn
supply, cit., 90, 205 e 228 n. 8; Luraschi, Il ‘praemium’, cit., 258 n. 68;
M. Balestri Fumagalli, Lex Iunia de manumissionibus, Milano 1985, 55
n. 30, 56 e n. 34, 172 n. 15; Herz, Studien, cit., 110-113; Sirks, Food,
cit., 308 n. 10 e 311-317 (il quale, però ritiene che l’espressione cente-
narium pistrinum si riferisca a panetterie in cui siano stati investiti
10000 sesterzi); Robinson, Ancient Rome, cit., 149 n. 32, 155 n. 88;
Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 177-178; Ampolo, Pane antico, cit., 242; J.F.
Gardner, Hadrian and the social legacy of Augustus, in Labeo, 42,
1996, 96 n. 31; Höbenreich, Annona, cit., 120-121 e 123-126; Sirks,
Archives, cit., 336; Lo Cascio, Collegi, cit., 98; Vera, ‘Panis Ostiensis
adque fiscalis’, cit., 349; Donahue, The Roman comunity at table, cit.,
249 n. 31.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 429

dell’imperatore fosse semplicemente quello di aumentare il


numero dei pistores a Roma; ciò svelerebbe comunque il
suo interesse per le operazioni legate alle fasi successive
delle frumentazioni144.
Adriano proseguì la politica del suo predecessore,
estendendo la vacatio ai pistores che avessero avuto affida-
ta la tutela dei figli dei propri colleghi, a patto che essi stes-
si non fossero né decuriales né membri di altre corporazio-
ni, mentre Caracalla l’assegnò anche ai membri della cor-
porazione da lui creati i quali avessero ricevuto la tutela
prima di divenire pistores145. Tra la fine del II e gli inizi del

144
Sirks, Food, cit., 311-322 e Id., The size of the grain distribu-
tions, cit., 224; Fujisawa, I ‘pistores’, cit., 178.
145
Vat. fr. 235: Urbici pistores a collegarum quoque filiorum tute-
lis excusantur, quamvis neque decuriales neque qui in ceteris corpori-
bus sunt excusentur. Et ita Hadriano rescripto ad Claudium Iulianum
praefectum annonae significatur, quam epistulam quodam rescripto ad
Vernam et Montanum pistores imperator noster cum patre interpreta-
tus est et ad pistores pertinere, cum in eo negotio frumentum agentibus
daretur a collegarum filiorum tutelis vacatio. Plus etiam imperator
noster indulsit, ut a tutelis, quas susceperant ante quam pistores essent,
excusarentur; sed hoc ab ipso creatis pistoribus praestitit et ita Marco
Diocae praefecto annonae rescripsit; cfr. anche D. 27.1.46.1-2: Urbici
autem pistores a collegarum quoque filiorum tutelis excusantur. Sed et
hoc genus excusationis est, si quis se dicit ibi domicilium non habere,
ubi ad tutelam datus est: idque imperator Antoninus cum divo patre
significavit. Vd. Schnorr von Carolsfeld, Geschichte der juristischen
Person, I, cit., 347 n. 2; De Robertis, Il diritto associativo romano, cit.,
410 n. 49; Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1827; Y. Debbasch,
Excusatio tutoris, in Varia. Études de droit romain, II, Paris 1957, 80 n.
85; P. Bonfante, Corso di diritto romano, I: Diritto di famiglia, ristam-
pa corretta della I edizione (1925) a cura di G. Bonfante e G. Crifò,
Milano 1963, 593-594; D. Liebs, Hermogenians iuris epitomae. Zum
Stand der römischen Jurisprudenz im Zeitalter Diokletians, Göttingen
1964, 71 n. 191; Spruit, De juridische en sociale positie, cit., 205 n. 27;
A. Dell’Oro, Il titolo della suprema carica nella letteratura
430 Cristina Soraci

III sec., l’appartenenza volontaria ai corpora venne trasfor-


mata in munus; a determinare tale cambiamento furono
probabilmente le crescenti difficoltà di approvvigionamen-
to verificatesi a partire dall’epoca di Commodo che, unita-
mente alla diffusione di numerose pestilenze nei territori
dell’impero, avranno determinato una diminuzione del
numero dei navicularii e con tutta probabilità anche dei
membri di altre corporazioni desiderosi di prestare servizio
nel campo dell’annona. Proprio per questo, si rese necessa-
ria l’imposizione del munus, come era avvenuto per i pisto-
res forse già all’epoca di Caracalla146.

giuridica romana, Milano 1968, 68-69, che, commentando D.


27.1.46.2, ritiene la decisione attribuita a Caracalla, congiuntamente
con il padre Settimio Severo, tuttavia defunto (e perciò fregiato dell’ap-
pellativo di divus) al momento della redazione del testo originale; De
Robertis, Storia delle corporazioni, cit., 118-119, 231 n. 52; A.
Gurzman, Dos estudios en torno a la historia de la tutela romana,
Pamplona 1976, 129 n. 10 (ove è ridimensionata l’importanza delle lit-
terae di Traiano per quanto concerne la concessione dell’excusatio
tutoris), 189; M. Talamanca, Lo schema ‘genus-species’ nelle sistema-
tiche dei giuristi romani, in La filosofia greca e il diritto romano.
Colloquio italo-francese (Roma, 14-17 aprile 1973), II, Acc. Naz. dei
Lincei, quad. nr. 221, Roma 1977, 262 n. 734 (a p. 271); B. Albanese,
Le persone nel diritto privato romano, Palermo 1979, 462 n. 157, 468
n. 192; Luraschi, Il ‘praemium’, cit., 258 n. 68; G. Giliberti, Legatum
kalendarii. Mutuo feneratizio e struttura contabile del patrimonio nel-
l’età del Principato, Napoli 1984, 72 (secondo il quale una delle più
frequenti excusationes che esimevano dall’ufficio del tutore era la
dimora in una provincia diversa da quella in cui andava gestita la tute-
la); Sirks, Food, cit., 320-323; S. Puliatti, Il ‘de iure fisci’ di Callistrato
e il processo fiscale in età severiana, Milano 1992, 25 n. 48; J.P. Coriat,
Le prince législateur. La technique législative des Sévères et les métho-
des de création du droit impérial à la fin du Principat, Rome 1997,
486; Höbenreich, Annona, cit., 126-130; Sirks, Archives, cit., 336-337.
146
Si vd. Sirks, Food, cit., 322-325, seguito da Lo Cascio, Collegi,
cit., 102-107, che così interpreta Vat. fr. 235; una datazione più generi-
ca, nel corso del III sec. d.C., proponeva Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit.,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 431

Nel III secolo l’interesse degli imperatori per le opera-


zioni legate alla panificazione, come del resto per
l’approvvigionamento in genere, era quindi ormai consoli-
dato; fu appunto prendendo atto dei bisogni della maggio-
ranza della popolazione e tenuto conto della diffusione dei
mulini ad acqua in tutto il territorio urbano che, a nostro
avviso, Aureliano si decise a sostituire le tradizionali distri-
buzioni di frumento con quelle di pane147. È, comunque,
indicativo, se la notizia è da ritenere fededegna, che
l’imperatore avesse fatto distribuire il pane più pregiato, il
siligineus: intendeva dimostrare la propria liberalitas per
assicurarsi popolarità, ricompensare il popolo della manca-
ta distribuzione di corone d’oro o renderlo partecipe dei
benefici delle vittorie da poco ottenute? Probabilmente egli
sarà stato spinto dall’insieme delle suddette motivazioni,
ma forse anche, azzardiamo un’ipotesi, da una sottile con-
siderazione: se il pane fatto di siligo era, in passato come
poi lo sarà anche in futuro fin quasi ai nostri giorni, il cibo
dei ricchi (“il devient symbole de réussite et d’ascension
sociale”)148, Aureliano potrebbe aver voluto, in modo con-
forme a tutto il suo agire politico, minare i privilegi del-
l’aristocrazia romana, facendo sentire la gente comune un
po’ più vicina al tenore di vita delle classi più agiate.

col. 1829, mentre Waltzing, Étude historique, cit., 268-271 propendeva


per l’epoca di Diocleziano. Si vd. anche Besnier, L’empire romain, cit.,
250-251, secondo cui le misure prese da Aureliano in materia di rifor-
nimento alimentare contribuirono a rendere inevitabile la trasformazio-
ne in munera dei servizi resi allo stato.
147
Cfr. Virlouvet, L’approvvigionamento, cit., 125, che con pru-
denza afferma: “questo cambiamento, le cui ragioni profonde ci sfug-
gono per mancanza di fonti, ratifica certamente una soluzione che
auspicavano i beneficiari: sappiamo che i cereali erano sempre più con-
sumati sotto forma di pane durante l’impero”.
148
Amouretti, Le pain et l’huile, cit., 117 e 119. Cfr. anche Moritz,
Grain-mills, cit., xxiv-xxv e 153-154.
432 Cristina Soraci

Un simile cambiamento comportò, tuttavia, un aumen-


to delle spese; infatti, nonostante vi fosse, dal punto di vista
del cittadino romano consumatore, uno scompenso tra il
quantitativo di frumento fornito in passato per un giorno e
il peso delle pagnotte di due libbre (1,133 kg circa rispetto
a 654 gr)149, la decisione di distribuire pani siliginei com-
portava l’impiego del tipo di farina bianca detto siligo, che,
come abbiamo visto, costituiva solo una parte del prodotto
dato dalla macinazione dell’omonimo tipo di grano; ciò
avrà comportato per lo stato un’apparente ‘perdita’ della
farina restante, probabilmente utilizzata per altri scopi
mediante accordi con i panificatori. Se poi ricordiamo che
l’Egitto non era produttore della siligo ma di triticum, e che
la siligo proveniva per lo più dalle campagne italiane, c’è
da chiedersi quali provvedimenti abbia adottato Aureliano
per rifornirsi di siligo senza pesare troppo sulle casse dello
stato, se incentivando la cerealicoltura in Italia o aumentan-
do le imposte dirette, ecc… È, comunque, possibile che la
distribuzione di panis siligineus sia stata, come riteneva
Durliat, di breve durata150.

149
Calcoli diversi, che non tengono conto del tipo di grano vero-
similmente utilizzato, offrono Raffo, Distribuzioni, cit., 253; Rickman,
Corn supply, cit., 207. Chastagnol, Préfecture, cit., 312 evidenzia il
dimezzamento del quantitativo distribuito, aggiungendo che Aureliano
avrebbe agito così “sans doute afin de supporter plus aisément les char-
ges financières qu’entraînait sa réforme”; Coarelli, Situazione edilizia,
cit., 454 n. 123 parla di “enorme aggravio” per lo stato, “solo in parte
assorbito dalla diminuzione a metà circa dei quantitativi distribuiti”.
150
Durliat, De la ville antique…, cit., 61-63 considera la perdita di
peso che i cereali registrano in seguito alla macinazione e il diverso
grado di finezza della farina, per cui ritiene che per produrre due libbre
di pane siligineo sarebbe stato necessario 1,1 kg di pane al giorno, ossia
l’equivalente dei 5 modii mensili prima distribuiti ai cittadini romani
(cfr. anche Segrè, Note, cit., 189); dunque lo stato non avrebbe rispar-
miato nemmeno nella quantità del grano utilizzato. Analogamente,
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 433

Sullo stato ricadevano adesso anche i costi di macina-


zione e di cottura, che potevano causare anche un aumento
del cento per cento sulla spesa151; infine, visto che il pane
non poteva conservarsi a lungo ma doveva essere distribui-
to giornalmente, è chiaro che ciò comportò il moltiplicarsi
dei luoghi di distribuzione, con il conseguente aumento del
personale: un sistema, dunque, “assai più macchinoso e
costoso rispetto alle antiche distribuzioni frumentarie men-
sili”152.
Aureliano non distribuì, quindi, corone d’oro, come
sperava il popolo, ma le spese cui andò incontro non furo-
no certo indifferenti.

«Panis... dispensus ab altis» (Prud. c. Symm. 1.582)


Con l’introduzione delle distribuzioni di pane si rende-
vano necessarie alcune modifiche di tipo organizzativo. Le
pagnotte dovevano essere, com’è ovvio, distribuite giornal-
mente ed era impossibile consegnarle nello stesso giorno e
in uno stesso luogo a circa 100000 persone, anche se vi è
stato chi ha ipotizzato un utilizzo ininterrotto della Porticus

secondo Sirks, The size of the grain distributions, cit., 216 e n. 2,


Aureliano non avrebbe aumentato di un’oncia (“yet it is uncertain what
is to be understood by «uncia» here”) la quantità di 5 modii mensili,
rimasta invariata dai tempi della repubblica, perché aveva addossato
sullo stato una spesa non irrilevante, ossia i costi della macinazione e
della cottura. Sulla distribuzione geografica della produzione di siligo
e di triticum, cfr. Jasny, The wheat, cit., in partic. 71-79; Segrè, Note,
cit., 197.
151
Szilágyi, Prices and wages, cit., 380; cfr. anche Id., Zur
Entwicklung des Preis- und Lohnverhältnisses in der römischen
Kaiserzeit, in Neue Beiträge zur Geschichte der Alten Welt, Band II:
Römisches Reich, Berlin 1965, 133-139. Sulla difficoltà di poter preci-
sare i costi di produzione cfr. però Rostowzew, s.v. Frumentum, in RE,
cit., col. 149.
152
Cfr. Cracco Ruggini, Spazi urbani, cit., 163-164.
434 Cristina Soraci

Minucia a questo scopo fino al 330 d.C. circa, quando il


curator aquarum et Miniciae avrebbe perso le sue preroga-
tive sui rifornimenti153.
Si rendeva dunque necessario moltiplicare i luoghi di
distribuzione; a tale scopo, vennero dislocati in ogni regio-
ne della città dei gradus, una sorta di gradini da cui
l’incaricato elargiva ogni giorno agli aventi diritto il pane,
che per questo prese il nome di gradilis o popularis.
L’identificazione della natura dei gradus è stata, a dire il
vero, oggetto di discussione da parte degli studiosi. Van
Berchem riteneva che essi fossero analoghi ai tribunales o
suggestus utilizzati per i congiari, mentre Tengström li assi-
milava alle tribune degli edifici da spettacolo; Giardina ha
ipotizzato che esse fossero strutture annesse ai pistrina. Da
ultimo, Lo Cascio ha proposto di vedere una connessione
tra le insulae (termine che, inteso nell’accezione più ampia
di significato, indicherebbe edifici di ogni tipo, “ivi com-
prese le domus e i pistrina e le thermae”) e i gradus, i quali
potrebbero essere “scale di particolari insulae”154.

153
Rickman, Corn supply, cit., 197; Coarelli, Situazione edilizia,
cit., 446; Lo Cascio, Registri, cit., 376; Watson, Aurelian, cit., 139;
Vera, ‘Panis Ostiensis adque fiscalis’, cit., 344-345. Per l’ipotesi del-
l’utilizzo ininterrotto della Porticus Minucia fino al 330 d.C. circa cfr.
Chastagnol, Préfecture, cit., 56-57. Secondo altri (Forzoni, La moneta
nella storia, cit., 211-212) il pane poteva essere distribuito anche ogni
due giorni, cosa che però appare improbabile specialmente se riferita al
panis siligineus.
154
Van Berchem, Les distributions, cit., 104-105; Tengström,
Bread, cit., 82-84; per queste ed altre ipotesi, vd. Giardina, Il pane nel
circo, cit., 577-578 (“gradus era ormai, nella Roma di Atalarico, il
nome che qualificava, nel linguaggio corrente, il complesso degli edi-
fici che tradizionalmente si sarebbero divisi in pistrinum, taberna e
gradus. Il gradus, parte per il tutto, ne era l’elemento più caratteristi-
co”) e Id., Distribuzioni, cit., 20-21, seguito da Pucci, I consumi ali-
mentari, cit., 380. Lo Cascio, Registri, cit., 373-380.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 435

Come nella Porticus Minucia, anche presso i gradus


erano affisse tavole di bronzo contentenenti i nomi dei
beneficiari e la quantità di pane assegnata, che non dipen-
deva, ovviamente, dal diverso trattamento riservato ad alcu-
ni beneficiari rispetto ad altri, ma dal fatto che ad un pater
familias potevano essere date, oltre alla sua, anche le razio-
ni di eventuali figli maschi, ancora in potestate155; ognuno
poteva ritirare la propria razione solo presso il gradus cui
era iscritto156. E’ interessante l’ipotesi di Lo Cascio secondo
cui “il passaggio alla distribuzione di pane potrebbe (…)

155
C.Th. 14.17.5, di cui riportiamo la parte finale: Popularibus
enim, quibus non est aliunde solacium, quibus idem panis hodieque
distrahitur, et eorum successoribus clementia nostra deputavit in quo
nunc emitur loco propriis gradibus erogandum. Quibus titulus figendus
est aeneus, in quem et panis modus et percipientis nomen debebit inci-
di. Et si ad tantum alicuius temeritas eruperit, ut aut per se aut per ali-
quem suorum sibi quolibet modo ius panis istius adque aereae tabulae
suum voluerit nomen inserere, supra dictis condicionibus subiacebit
(cioè sarà privato del pane di cui si è appropriato illecitamente: adqui-
sito pane privabitur). Da ciò si evince anche che le liste affisse sui gra-
dus miravano ad evitare indebite intrusioni tra gli aventi diritto. Cfr.
Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 289; Van Berchem, Les distribu-
tions, cit., 106 n. 2; Waltzing, Étude historique, cit., 86 n. 5;
Chastagnol, Préfecture, cit., 312; Tengström, Bread, cit., 85; Giardina,
Il pane nel circo, cit., 575; Lo Cascio, Registri, cit., 371-373; Ampolo,
Pane antico, cit., 242.
156
C.Th. 14.17.2: Panis gradilis in alium gradum translatio inhi-
beatur et cognoscat officium p(rae)f(ecti) annonae severissima sibi
inminere supplicia, si ulterius translationem per gradus permiserit
commutari. Cfr. Cardinali, s.v. frumentatio, in DE, cit., 289; B. Kübler,
‘Res mobiles’ und ‘immobiles’, in Studi in onore di P. Bonfante nel XL
anno del suo insegnamento, II, Milano 1930, cit., 355; Id., s.v. Panis
civilis, in RE, 18, 1949, col. 607; Bandini, Corporazioni, cit., 55;
Waltzing, Étude historique, cit., 86 n. 7; Giardina, Il pane nel circo, cit.,
575; Sirks, Food, cit., 415; Lo Cascio, Registri, cit., 373.
436 Cristina Soraci

avere implicato che i 1320 gruppi nei quali era divisa la


plebs frumentaria del principato venissero a costituire un
numero grosso modo analogo di gruppi attribuiti a un pari
numero di gradus, sparsi nelle regiones della città: quasi
che, in sostanza, la pertinenza del singolo ad un determina-
to ostium e ad un determinato giorno del mese si trasfor-
masse ora nella pertinenza ad un determinato gradus”.
Naturalmente, il numero dei gradus doveva essere eleva-
to157. Personalmente, ritengo che una collocazione dei gra-
dus in zone non distanti dai pistrina o, meglio ancora, ad
esse adiacenti, avrebbe evitato, almeno in questo caso, ulte-
riori spese e problemi legati al trasporto del pane; si può
supporre con buona verosimiglianza, sulla scia di Waltzing,
che ciascuna panetteria dovesse servire uno o più gradus.
Del resto, il numero dei pistrina di Roma, che nel IV sec.
ammonta a più di 250, appare sufficiente a soddisfare le
esigenze di produzione per garantire sia il pane da vendere
sul mercato sia quello da distribuire alla plebs frumenta-
ria158.
Incaricati delle distribuzioni, o almeno di queste

157
Lo Cascio, Registri, cit., 377-378.
Cfr. Ehlers, s.v. Pistor, in RE, cit., col. 1828; Sirks, The size of
158

the grain distributions, cit., 224; M.L. Ceparano, I ‘pistrina’ nei regio-
nari di IV secolo, in MEFRA, 110, 2, 1998, 917-927; Donahue, The
Roman community at table, cit., 27. Per l’ipotesi dei gradus non distan-
ti dai pistrina, cfr. già Krakauer, Das Verpflegungswesen, cit., 44;
Waltzing, Étude historique, cit., 86. È interessante osservare che nel IV
secolo le mensae oleariae, i luoghi di distribuzione dell’olio, erano a
Roma 2300 (cfr. Homo, Rome impériale, cit., 238; Chastagnol,
Préfecture, cit., 321; Lo Cascio, Registri, cit., 374 e 384; Christol,
L’huile du prince, cit., 210), un numero di gran lunga superiore a quel-
lo dei pistrina, ma che forse potrebbe essere stato non troppo diverso
da quello dei gradus.
Dalle frumentationes alle distribuzioni di pane 437

supervisori, assistiti da scribi dell’officium urbanum che


verificavano l’idoneità dei richiedenti e controllati da per-
sonale al servizio del prefetto dell’annona159, erano gli stes-
si pistores, i quali elargivano la razione dovuta dall’alto dei
gradus, come ricorda Prudenzio: omnis… quem panis alit

Fig. 1

159
Vd. Waltzing, Étude historique, cit., 86; Tengström, Bread, cit.,
87; Rickman, Corn supply, cit., 208.
160
Prud. c. Symm. 1.580-582, su cui cfr. Ehlers, s.v. Pistor, in RE,
cit., col. 1828; Giardina, Il pane nel circo, cit., 577; Id., Distribuzioni,
cit., 21; Lo Cascio, Registri, cit., 374 n. 33.

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