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1-3 La potenza luminosa di Chi (= Dio) dà movimento a tutte le cose, penetra nell’universo e risplende in misura maggiore nelle creatura

più
La gloria di colui che tutto move 3 elevate ed in misura minore nelle altre

4-6 Nel cielo che rispetto agli altri riceve il massimo grado della luce divina, vidi cose che non è in grado e nemmeno sa ridire l’uomo ritornato
Nel ciel che più de la sua luce prende 6
in terra dal Paradiso;

perché appressando sé al suo disire, 9 7-9 poiché, nell’avvicinarsi a Dio, che è lo scopo del suo desiderio di conoscenza, l’intelletto umano penetra così profondamente nel mistero

divino che la memoria non può ricordare quanto l’intelletto ha visto.
Veramente quant’io del regno santo 12
10 -12 Tuttavia, quel poco che del Paradiso io riuscì a far tesoro nella mia memoria, ora costituirà l’argomento della mia cantica

O buono Appollo, a l’ultimo lavoro 15 13-15 O Apollo, simbolo della poesia, aiutami, ispirandomi, nella realizzazione di questa mjia ultima fatica nel modo con il quale tu richiedi per

concedere la gloria poetica.
Infino a qui l’un giogo di Parnaso 18
16-18 Fino a questo punto mi è bastata una sola delle due cime del Parnaso; ma ora è necessario che affronti la prova che mi resta con l’aiuto

di entrambe le cime.
Entra nel petto mio, e spira tue 21

19-21 Penetra nel mio cuore e tu stesso ispirami con la stessa energia con cui strappasti il satiro Marsia dalla pelle del suo corpo.
O divina virtù, se mi ti presti 24
22-24 O potenza divina se mi accordi il tuo aiuto a tal punto che io possa imprimere nella mia mente una labile parvenza del paradiso,

vedra’ mi al piè del tuo diletto legno 27 25-27 mi vedrai arrivare ai piedi dell’albero da te amato (= l’alloro) e cingermi il capo delle foglie di cui mi renderanno degno l’altezza

dell’argomento e il tuo aiuto.
Sì rade volte, padre, se ne coglie 30

28-30 Così raramente, o Apollo, padre della poesia e dei poeti, si colgono simili foglie per la celebrazione del trionfo di un imperatore o di un
poeta, colpa e vergogna dei desiderio di cui sono traviati gli uomini,
che parturir letizia in su la lieta 33

31-33 che l’alloro (= fronda peneia, detta così perché la ninfa Dafne, amata da Apollo, tramutata in alloro, era figlia di del fiume Peneo)
Poca favilla gran fiamma seconda: 36 dovrebbe generare una nuova gioia in Apollo ogni volta che esso suscita desiderio di sé in qualche uomo.

34-36 Spesso, un incendio è conseguenza di una semplice favilla: dopo di me con parole più possenti verrà invocato l’aiuto di Apollo da vari
Surge ai mortali per diverse foci 39
punti dell’orizzonte

con miglior corso e con migliore stella 42 37-42 La lampada della terra (= il sole) nasce, a vantaggio degli uomini da vari punti dell’orizzonte; ma da quel punto dove si intersecano i

quattro cerchi (= equatore, eclittica, meridiano dell’equinozio ed orizzonte) per formare tre croci, il sole sorge in congiunzione col periodo più
Fatto avea di là mane e di qua sera 45 favorevole dell’anno con la propria potenza vitale la primavera) e con la costellazione più benefica (= l’ariete) e meglio plasma ed impronta la
materia del mondo.

quando Beatrice in sul sinistro fianco 48 43-48 Il sorgere del sole da quel punto dell’orizzonte aveva portato la mattina nel Purgatorio e la sera sulla terra. L’emisfero del Purgatorio era

quasi tutto era bianco mentre l’emisfero terrestre era buio, allorché scorsi Beatrice risvolta a sinistra nell’intento di guardare il sole; un’aquila
E sì come secondo raggio suole 51 non fissò mai così intensamente gli occhi nel sole.

49-54 E come il raggio di riflessione si genera da quello incidente e riverbera verso l’alto, come fa il falco pellegrino che dopo il suo volo in
così de l’atto suo, per li occhi infuso 54 picchiata verso il basso, vuole di nuovo risalire verso l’alto, così il mio atteggiamento prese origine da quello di Beatrice (= il fatto di guardare

nel sole), trasmesso attraverso la vista della mia facoltà immaginativa (e quindi debolmente percepito)
Molto è licito là, che qui non lece 57

55-57 Nel Paradiso terrestre sono consentite molte cose che che qui, in terra, non sono lecite, perché si tratta di un luogo creato da Dio come
dimora esclusiva dell’umanità.
Io nol soffersi molto, né sì poco, 60

58-63 Non riuscì a sopportare la vista diretta del sole e neppure lo sprizzare delle scintille tutte intorno, come accade al ferro incandescente
e di sùbito parve giorno a giorno 63 che esce dal fuoco ed improvvisamente sembrò che la luce del giorno fosse raddoppiata come se Dio Onnipotente avesse abbellito il cielo con

un secondo sole.
Beatrice tutta ne l’etterne rote 66
64-66 Beatrice teneva gli occhi fissi verso gli eterni cieli rotanti ed io fissai i miei occhi su di lei, ormai distolti dal sole.

Nel suo aspetto tal dentro mi fei, 69 67-69 Nella contemplazione di lei, io diventai come Glauco che, nel mangiare un’erba miracolosa, fu trasformato in una divinità marina e

quindi partecipe della stessa sorte degli altri dei.
Trasumanar significar per verba 72
70-72 Non sarebbe possibile esprimere con parole quell’uscire dai limiti umani; per questo motivo, sarà sufficiente l’esempio di Glauco a tutti

coloro (i lettori di religione cristiana) a cui la grazia di Dio, dopo la morte, riserva l’esperienza diretta.
S’i’ era sol di me quel che creasti 75

73-75 O Dio, signore amoroso dei cieli, che mi facesti accedere in Paradiso con la luce della tua grazia, riflessa negli occhi di Beatrice, tu lo sai
Quando la rota che tu sempiterni 78 se nel salire in Paradiso io fossi soltanto anima (e non anche corpo), cioè soltanto quella parte di me che tu creasti per ultima.

76-81 Quando il moto circolare dei cieli che tu, o Dio, fai durare in eterno in quanto sei da esso sempre desiderato (= il desiderio di Dio che i
parvemi tanto allor del cielo acceso 81 cieli provano, li fanno continuamente muovere), richiamò su di sé la mia attenzione con quella musica che tu regoli, assegnando i singoli ruoli,

il cielo talmente infiammato dalla luce del sole che pioggia, fiume non formarono mai un lago di una simile estensione.
La novità del suono e ’l grande lume 84

82-84 La straordinaria armonia del suono e l’immensità della luce accesero in me un forte desiderio, mai provato prima, di conoscerne la
causa
Ond’ella, che vedea me sì com’io, 87

85-90 Pertanto, Beatrice, che io vedevo dentro di me come io stesso mi vedevo (= Beatrice legge nel pensiero di Dante), per tranquillizzare il
e cominciò: "Tu stesso ti fai grosso 90 mio animo agitato da tale desiderio, prima che io ponessi la domanda, aprì la bocca e cominciò a parlare dicendo: “Tu stesso offuschi la tua

mente con l’errata supposizione di essere ancora in terra per cui non sei in grado di vedere ciò che, invece, vedresti se tu avessi rimosso dal
tuo animo tale supposizione”.
Tu non se’ in terra, sì come tu credi; 93

S’io fui del primo dubbio disvestito 96



91-93 Tu non ti trovi sulla terra, come invece credi; bensì, il fulmine, allontanandosi dalla sua sede naturale, cioè la sfera del fuoco, non corse
e dissi: "Già contento requïevi 99 come sei corso tu che stai ritornando verso la tua sede naturale, cioè verso il cielo.

94-99 Se, da un lato, io fui liberato dal primo dubbio con quelle poche parole dette, sorridendo, da Beatrice, dall’altro, dentro di me io fui preso
Ond’ella, appresso d’un pïo sospiro, 102 da un secondo dubbio, come se fossi stato avvolto da una rete e dissi: “Mi sono acquietato di fronte a tanta meraviglia, ma ora mi stupisco

come possa io, salendo, attraversare questi corpi leggeri (= le sfere dell’aria e del fuoco)”.
e cominciò: "Le cose tutte quante 105
100-105 Per cui Beatrice, dopo un pietoso sospiro, si girò verso di me con un espressione del volto simile a quella di una madre che si volge

verso il figlio delirante per la febbre e quindi cominciò a parlare: “Tutte le cose sono in un rapporto ordinato fra di loro e questo è il principio
Qui veggion l’alte creature l’orma 108 essenziale che rende l’universo simile a Dio (= Dio è suprema armonia)

Ne l’ordine ch’io dico sono accline 111 106-108 In questa armonia, gli esseri superiori (= gli angeli e gli uomini, superiori in quanto dotati di ragione) ritrovano l’impronta della virtù di

Dio che è lo scopo ultimo in vista del quale tale regola è stata stabilita per l’universo.

onde si muovono a diversi porti 114


109-114 Verso l’armonia di cui sto parlando, sono inclini tutte le cose create, a seconda delle condizioni assegnate loro da Dio, a Dio che è loro

comune inizio e a cui meno vicine;
Questi ne porta il foco inver’ la luna; 117 per questo motivo, esse si muovono in direzione di diversi porti, all’interno dell’immenso e molteplice spazio dell’universo e ciascun ha un

istinto e la spinge ad arrivare al suo fine e quindi a realizzarsi.
né pur le creature che son fore 120
115-120 Tale impulso naturale fa salire il fuoco in direzione della luna ed è il principio vitale degli animali bruti, cioè dotati di un’anima

sensitiva e quind verso i piaceri terrenii non immortali; è il principio che dà coesione e peso alla terra (= forza di gravità): questo istinto scocca
La provedenza, che cotanto assetta, 123 come una freccia non soltanto per le creature prive di intelligenza ma anche per quelle che sono dotate di anima intellettiva e di volontà

e ora lì, come a sito decreto, 126 121-126 La Provvidenza che dà all’universo questo ordine così’ meraviglioso, appagandolo continuamente con la sua luce, rende immobile
l’Empireo, entro il quale gira il cielo che è più rapido di tutti gli altri (=il Primo Mobile); ed ora nell’Empireo (= dove risiede Dio), sede indicata

per l’uomo come fine ultimo, , ci conduce la potenza di quell’arco (= istinto infuso da Dio negli uomini) il quale dirige ad un bersaglio di felicità
Vero è che, come forma non s’accorda 129 ogni freccia scagliata.

così da questo corso si diparte 132 127-135 Veramente, come la dal peccato,m forma dell’opera spesso non corrisponde all’idea dell’artista perché la materia è restìa a farsi
plasmare, allo stesso modo, a volte, una creatura si discosta da questa via (segnata dall’istinto e che che ha come obiettivo Dio) con la

possibilità che essa ha di dirigersi altrove, per quanto sospinta (= dall’istinto) verso il bene; come possiamo vedere il fulmine che cade sulla
e sì come veder si può cadere 135 terra, così la naturale inclinazione spinge l’uomo verso i piaceri terreni, in quanto sviato da una falsa immagine del bene.

Non dei più ammirar, se bene stimo, 138 136-138 Non devi guardare con maggiore stupore la tua ascensione verso il cielo di quanto tu non sia solito fare nei confronti di un corso

d’acqua che scende dall’alta montagna verso la valle più profonda.

Maraviglia sarebbe in te se, privo 141


139-141 Ti dovresti stupire se, libero dal peccato, tu fossi rimasto seduto in modo inerte, giù nel Purgatorio, come sarebbe fonte di stupore

sulla terra la presenza di una fiamma ardente, ma immobile”.
Quinci rivolse inver’ lo cielo il viso.
142 Dopo questo, Beatrice rivolse lo sguardo verso il cielo.

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