Sei sulla pagina 1di 3

Testo “L’uguaglianza, la virtù e il terrore” (pag 169)

1)Quale compito Robespierre affida alla Francia?


Dal testo preso in analisi , tratto da un discorso tenuto da Maximilien Robespierre ai deputati della
Convenzione il 5 febbraio 1794, contenuto in “Scritti sulla rivoluzione francese”, emerge lo scopo
della propria azione politica e il compito che la Francia deve portare a termine. Dopo aver
evidenziato, attraverso un procedimento antitetico ,tutti gli aspetti che dovranno essere sostituiti con
dei nuovi , fedeli ai sentimenti e agli ideali rivoluzionari , viene definito il compito della Francia :
divenire “un modello per le altre nazioni, il terrore per gli oppressori, la consolazione degli
oppressi, l’ornamento dell’universo”. Tra le cose suddette Robespierre si propone di mutare le sorti
che fino ad allora avevano caratterizzato la Francia , con degli obbiettivi comuni agli ideali
rivoluzionari , come ad esempio il confronto con gli altri popoli liberi, per cui la Francia vuole
essere un modello. Bisogna dunque ragionare in nuce sul significato che Robespierre affida alla
parola “modello”: generalmente qualsiasi cosa fatta o assunta per servire come esemplare da
riprodurre , da imitare. Innanzitutto emerge la volontà di essere “un popolo libero” e voler essere un
esempio per gli altri popoli liberi , aspetto questo che si ricollega a una caratteristica di Robespierre
che emergerà nell’intero testo : la costante preoccupazione della rigenerazione sociale, alla quale
aveva consacrato la propria vita.
2)Quale concezione della democrazia emerge da questo testo?
Partendo dalla constatazione che il governo democratico e Repubblica sono sinonimi, Egli prosegue
affidando al popolo un ruolo centrale, “ è uno stato in cui il popolo sovrano da se stesso tutto ciò
che può far bene e per mezzo dei suoi delegati tutto ciò che non può fare da se stesso”.Inoltre essa è
legata strettamente alla virtù , definita come “ la forza essenziale che la fa muovere e la sostiene”,
nient’altro se non “l’amor della patria e delle sue leggi”.
Tuttavia , rileggendo questa parte e confrontandola con la precedente(“la democrazia non è”)
emerge una contraddizione : egli infatti afferma che è inutile e inefficace, ma soprattutto sbagliato
concedere al popolo troppo potere poiché le innumerevoli fazioni che lo compongono porterebbero
lo Stato al «dispotismo».Possiamo provare a giustificare questa contraddizione attraverso un noto
procedimento letterario:Captatio benevolentiae . Robespierre con queste affermazioni di fatto
distoglie dalle sue colpe i sospetti del popolo, che è invitato a credere che Robespierre debba
godere di un potere smisurato affinché possa più facilmente debellare ogni minaccia per lo Stato. In
verità è celato il fatto che Robespierre stesso è la minaccia da scongiurare. Inoltre egli presenta
come impossibile e irrealizzabile nonché mostruosa la tirannide, celando la dittatura in atto. In altre
parti del discorso però critica con fermezza la monarchia e loda la democrazia per il suo rapporto
leale con i cittadini. Difatti l’opinione pubblica è perlopiù preoccupata di evitare la restaurazione
del regno ed è inevitabile che questi semplici espedienti potevano risultare estremamente efficaci al
mantenimento del potere.
3)Rifletti sul legame che , secondo Robespierre, deve legare virtù e terrore in tempi di rivoluzione e
di emergenza. Condividi la posizione di Robespierre?
In tempi di emergenza , per Robespierre , virtù e terrore dipendono l’una dall’altra, bisogna che
siano legate in un vincolo non solo teorico ma anche pratico. Difatti la virtù senza il terrore è
“impotente ”; il terrore senza virtù è “cosa funesta”. Insomma il Terrore viene considerato da
Robespierre un rimedio doloroso ma giustificato dallo stato di necessità della rivoluzione in corso
che trova la sua collocazione nell'ambito della "salute pubblica" della nuova comunità democratica.
Personalmente ritengo che il concetto stesso di virtù sia stato abusato tanto da Robespierre quanto
dagli altri esponenti dell’epoca : i sanculotti esaltavano la "Virtù repubblicana", mentre gli
aristocratici difendevano la "Virtù monarchica". Il "terrore" che scaturì dai moti rivoluzionari viene
giudicato essenzialmente secondo il metro della Virtù , ecco ciò che trapela dalle parole di
Robespierre alla Convenzione nazionale : "il terrore non è altro che la giustizia severa e
inflessibile, ossia l'emanazione della Virtù".Sembra quasi che in questo si voglia richiamare
pedissequamente il primo vero e proprio sostenitore del terrore , Niccolò Machiavelli. Difatti non
posso non giudicare Il "terrore” ,di cui parla Robespierre , un espediente che nasce in definitiva
come un'estrema degenerazione dell'idea stessa di rivoluzione, volto all'eliminazione fisica d'ogni
fattore d'opposizione, reale o presunta, e all'instaurazione di un nuovo ordine politico e sociale.

L’esercito Napoleonico: uno strumento di potere e di promozione sociale (pag.216)


1)In che senso l’esercito napoleonico poteva diventare un mezzo di promozione sociale?
Nel brano analizzato , lo storico John Keegan presenta le caratteristiche innovative dell’esercito
napoleonico e l’importanza comunicativa di questo. Dal testo emerge innanzitutto che la
formazione delle milizie fu uno degli elementi essenziali del programma democratico fondato sulla
difesa dei diritti e delle libertà civili. La stessa radice del successo militare dell’esercito francese
sembrava risiedere proprio nell’entusiasmo politico, nello slancio patriottico legato alla percezione
di combattere per una causa giusta ossia per la libertà e per i diritti civili. Difatti la Grande Armée
divenne un luogo di formazione professionale ed efficace strumento di coesione e disciplinamento
sociale, per questo impressionò notevolmente i contemporanei, contribuendo a mettere a nudo le
evidenti criticità organizzative degli eserciti di stampo tradizionale
2)Come cambia la Grande Armée nell’epoca imperiale rispetto all’esercito della Rivoluzione?
Come viene esplicitamente evidenziato nel testo l’esercito della rivoluzione non è la Grande
Armée, come si è spesso erroneamente indotti a credere .Difatti Fin dal momento in cui divenne
Primo Console, nel 1799, Napoleone spese molto tempo a studiare l'esercito, che si basava sulle le
vecchie armate rivoluzionarie, per apportarvi modifiche e miglioramenti.
È solo nel 1805 tuttavia che si può parlare di Grande Armata napoleonica, interamente organizzata
dall'imperatore stesso e destinata alle eroiche imprese del decennio successivo. La differenza
sostanziale che Keegan tiene a sottolineare è che sebbene molti ufficiali e parte dei soldati fossero i
superstiti delle campagne che videro coinvolto l’esercito rivoluzionario, la Grande Armée era
diventata uno strumento di potere statale ,anziché dell’ideologia, mantenendo però saldo il fattore
“rivoluzionario” che aveva caratterizzato l’esercito precedente.
3)E’ corretto affermare che nell’esercito napoleonico militarono solo convinti rivoluzionari?Motiva
la tua risposta
La mia opinione è che gran parte dei militanti fossero caratterizzati da una fervida fede nella causa
per cui combatterono .E’ altresì vero che non è sempre possibile generalizzare in quando
bisognerebbe analizzare l’aspetto nello specifico per giungere ad una risoluzione che possa essere
coerente. Ciò che però tengo a sottolineare e di cui posso dirmi convinta è che si cercò di ricucire il
rapporto tra il sistema militare e quello sociale, approntando una politica di riavvicinamento del
primo all’ethos del secondo .Lo stesso dovere di obbedienza al sovrano non si configurava più come
un obbligo assoluto ma appariva condizionato da una molteplicità di fattori che avevano a che fare
con l’autonomia di giudizio del cittadino e con il suo personale senso di responsabilità, del dovere e
dell’onore e, dunque, con la sua coscienza politica. In ultimo l'idea che una diffusa e costante
pedagogia dell’onore militare potesse trasformare la società francese “une masse de granit
inscalfibile”, rese di fatto l’esercito il perno fondamentale del sistema politico dell’Impero

PERCHE’ IL TERZO STATO E’ TUTTO ? (pag.166)


1)Che operazione concettuale svolge l’autore nella prima parte del brano ,e a quale scopo?
Il brano in questione è un estratto del pamphlet politico scritto nel 1789 dall’abate Emmanuel-
Joseph Sieyès . L’incipit fa già chiaramente comprendere il fine a cui tenderà il brano. Un
interrogativo retorico apre il brano, dimostrando che per la prosperità di una nazione occorrono dei
lavori particolari, che vengono poi presentati attraverso un elenco e divisi in quattro classi. Il fine
del procedimento è facilmente intuibile: da un lato si vuole dimostrare che il Terzo Stato svolge
tutte le attività produttive e rappresenta quindi un “tutto”basato sulla laboriosità, dall’altro si vuole
sottolineare l’inerzia delle cosiddette classi privilegiate.

2)Dal brano si può evincere la posizione dell’autore rispetto alla rivoluzione:qual è , e perché?
La concezione di Sieyès è estremamente eloquente: il Terzo Stato basta a sé stesso e può fare a
meno della Nobiltà, senza la quale sarebbe “un tutto libero e fiorente”; inoltre finora il Terzo Stato
non ha avuto alcuna importanza politica, ma ora rivendica il ruolo che gli spetta .Non solo Sieyes
appare del tutto a favore della rivoluzione, ma per la concretezza e inerenza del contenuto il suo
potrebbe essere addirittura considerato un manifesto di molte delle idee che animarono la
rivoluzione.

3)Che considerazione ha l’autore del cosiddetto “terzo stato”, e con quali argomentazioni la
giustifica?
Il Terzo Stato svolge tutti i lavori utili, basta a sé stesso e non ha bisogno di alcun ordine di
privilegiati. Essi sono solo un peso che lo opprime. Senza il Terzo Stato la Nazione non esiste,
senza i privilegiati la Nazione fiorisce. Il Terzo stato sostiene le attività che reggono la società e
sono molte le argomentazioni a favore della tesi di Sieyès : non basta aver solo mostrato che i
privilegiati, lungi dall’essere utili alla nazione, possono solo indebolirla e nuocerle; occorre anche
provare che l’ordine dei privilegiati non ha un posto nell’organizzazione sociale, che esso non solo
è un peso per la nazione ma non potrebbe nemmeno farne parte , in quanto non produce nulla ,
perché tutto ciò che viene prodotto, lo fa il terzo stato . La degenerazione di uno Stato si trova in
quello in cui non solo singoli individui, ma una classe intera di cittadini si desse merito di rimanere
immobile in mezzo al movimento generale e consumasse la parte migliore del prodotto senza avere
in nulla concorso alla sua creazione.

Potrebbero piacerti anche