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Guida al Museo Nazionale del

Palazzo di Venezia

GUIDA AL MUSEO NAZIONALE DEL PALAZZO DI VENEZIA

UNA REALIZZAZIONE EDITORIALE


®

GEBART S.P.A.
SU CONCESSIONE DEL
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
AA.VV.

Guida al Museo Nazionale del

Palazzo di Venezia

a cura di
Maria Giulia Barberini
Maria Selene Sconci

prefazione
Claudio Strinati
SOPRINTENDENZA SPECIALE PER IL SOMMARIO
PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED
ETNOANTROPOLOGICO E PER IL
POLO MUSEALE DELLA CITTÀ DI ROMA Prefazione Pag. 5
Introduzione
MUSEO NAZIONALE DEL
PALAZZO DI VENEZIA Il Palazzo di Venezia Pag. 9
La storia del museo Pag. 13
Autori testi (sigle)
Fabrizio Antimi (FA)
Maria Giulia Barberini (MGB)
Lucia Calzona (LC) Museo Nazionale del Palazzo di Venezia
Pietro Cannata (PC)
Maria Letizia Casanova (MLC)
Pierfrancesco Fedi (PF) Scalone monumentale
Gianni Pittiglio (GP) Ingresso museo al piano nobile Pag. 17
Maria Selene Sconci (MSS)
Carolina Vigliarolo (CV)
Appartamento Cybo
Fonti iconografiche
Archivio e laboratorio fotografico della
La pinacoteca (Anticamera e sale 1-10) Pag. 21
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio
Artistico, Storico ed Etnoantropologico e Passetto dei Cardinali
per il Polo Museale della Città di Roma
Le porcellane (Sala 11) Pag. 41
Editore
Gebart S.p.A.
Via Prenestina 685 – 00155 Roma
Appartamento Querini
Tel. 06 22582330 Arte medievale e sculture rinascimentali (Sale 12-13) Pag. 51
Fax 06 22754229
www.gebart.it
Palazzetto
Cura editoriale e coordinamento tecnico Le maioliche (Sale 14-15) Pag. 59
Stefania Spirito I bronzetti (Sale 16-17) Pag. 65
Progetto grafico I modelli e i bozzetti in terracotta (Sale 18-26) Pag. 81
Berardi Design L’armeria Odescalchi (Sala 27) Pag. 95
Fotolito
Pageservice, Roma Loggiato superiore del Palazzetto
Il lapidarium: la sezione dei marmi (entrata dalla sala 20) Pag. 109
Stampa
Miligraf, Roma

© 2009 Soprintendenza Speciale per il


Patrimonio Storico, Artistico ed
Etnoantropologico e per il Polo Museale
della Città di Roma, Ministero per i Beni e Depositi Pag. 117
le Attività culturali e Fabrizio Antimi, Maria
Giulia Barberini, Lucia Calzona, Pietro Cassoni del XV e XVI secolo Pag. 121
Cannata, Maria Letizia Casanova,
Pierfrancesco Fedi, Gianni Pittiglio, Maria
Selene Sconci, Carolina Vigliarolo.

In copertina
Giorgione, Doppio ritratto, inizi del XVI sec.
Palazzo di Venezia, particolare Bibliografia Pag. 125
(© Foto Berardi Design) Indice delle opere e degli artisti Pag. 127
Si ringrazia Civita per aver contribuito alla
realizzazione del volume
l Museo Nazionale del Palazzo di Venezia ha finalmente una guida

I aggiornata e originale che mancava ormai da troppo tempo. Rispetto


a pochi anni fa il Museo ha, del resto, registrato acquisizioni im-
portanti in termini di spazio e di allestimento tali da implicare la pub-
blicazione di un testo che desse conto di tante novità e tante ricerche
recenti e recentissime.
È stato aperto il Lapidarium collocato in un ammirevole allestimento nel
chiostro del Palazzetto Venezia. È stato recuperato e presto verrà allestito
tutto il livello al piano terreno occupato fino a poco tempo fa da labo-
ratori artigiani e uffici vari. Si sono incrementate nuove e pregevoli at-
tività tra cui cicli periodici estivi di concerti di musica antica in
collaborazione con la RAI.
Questa Guida nasce quindi in una fase positiva e produttiva del Museo.
Vi si è svolta e vi si svolge notevolissima attività scientifica che, negli ul-
timi tempi, si è concretizzata in pubblicazioni di grande impegno e vasto
respiro attraverso le quali è stato possibile impostare nuove iniziative
destinate a porre il nostro Istituto su un piano anche internazionale di
un certo prestigio. Basti in proposito ricordare l’accordo recentissimo,
per merito precipuo di Maria Giulia Barberini, con l’Istituto Getty per
una collaborazione di ricerca e approfondimento inerente ad alcuni set-
tori del patrimonio museale qui analizzato, mentre si preparano altre
manifestazioni incentrate su opere fondamentali del Museo come il ce-
leberrimo Doppio Ritratto attribuito al Giorgione, su determinante im-
pulso di Maria Selene Sconci.
La guida vuole, quindi, assolvere alla sua sacrosanta funzione di con-
durre il visitatore nei complessi meandri di una istituzione museale i cui
contorni sono sempre risultati di non facile intendimento da parte del
vasto pubblico.
Assolviamo con questo a un graditissimo dovere e esprimiamo la sod-
disfazione di poter fornire ai visitatori un testo, esauriente e sintetico al
tempo stesso, di solida base scientifica e di piacevole lettura tanto da
farne un testo che ci auguriamo d’ora in avanti possa diventare indi-
spensabile per i cultori delle Belle Arti.

Claudio Strinati
Soprintendente
PALAZZETTO DI VENEZIA

PIAZZA SAN MARCO GIARDINO DI PAOLO II

LOGGIA
DELLE BENEDIZIONI

BIBLIOTECA
DI
ARCHEOLOGIA

VIA DEGLI ASTALLI


E STORIA
DELL’ARTE
PIAZZA VENEZIA

BASILICA CORTILE
DI SAN MARCO

LOGGIATO

B
CAPPELLA DELLE GRAZIE
“MADONNELLA A C
DI SAN MARCO”

INGRESSO
MUSEO

VIA DEL PLEBISCITO, 118

PIANO TERRA

A Biglietteria e bookshop
B Scalone monumentale
C Ascensori

Ingresso museo piano terra


Mostre temporanee
Sale non visitabili
26 25 24 23 22 21 20 19 18
LAPIDARIUM

27
17

D GIARDINO DI PAOLO II

16

15

14

E
LOGGIA
DELLE BENEDIZIONI D 13

12

SALA DEL
PAPPAGALLO

SALA DELLE
FATICHE
D’ERCOLE BASILICA
O DEI DI SAN MARCO
CORTILE
PARAMENTI 11

SALA DEL
MAPPAMONDO

LOGGIATO
D E 10

3 4 9
SALA DEL CONCISTORO
B C 8
SALA REGIA
O DELLE BATTAGLIE
6
1 2 5 7

PIANO NOBILE

B Scalone monumentale
C Ascensori Mostre temporanee
D Depositi Sale non visitabili
E Bagni

Ingresso museo piano nobile


Anticamera e sale 1-10 Appartamento Cybo. La pinacoteca
Sala 11 Il passetto dei Cardinali. Le porcellane
Sale 12-13 Appartamento Querini. Arte medievale (Sala 12), Sculture Rinascimentali (Sala 13)
Sale 14-15 Il Palazzetto. Le maioliche
Sale 16-17 Il Palazzetto. I bronzetti
Sale 18-26 Il Palazzetto. I modelli e i bozzetti in terracotta
Sala 27 Il Palazzetto. L’armeria Odescalchi
Loggiato superiore del Palazzetto. Il Lapidarium: la sezione dei marmi (entrata dalla sala 20)
8

La facciata del palazzo.

Ipotetica ricostruzione del palazzo cardinalizio, poi sviluppato nella mole pontificia.
9

I L PA L A Z Z O D I V E N E Z I A

Dal 1455 il cardinale veneziano Pietro Barbo avvia la costruzione della


sua imponente residenza ai piedi del Campidoglio, a ridosso della
chiesa di San Marco (IV secolo d.C.), occupando l’isolato tra le at-
tuali piazza Venezia, via del Plebiscito, via degli Astalli e piazza San
Marco. Con l’acquisto di diversi edifici inizia la storia del palazzo che
si svolge in due fasi.
La prima fase si sviluppa lungo l’area che dalla grande torre, attigua alla
chiesa e al corpo di fabbrica collegato ad essa, e arriva al limite dell’at-
tuale androne di piazza Venezia. L’appartamento del cardinale Barbo,
individuato dallo stemma con il leone rampante coronato dal cappello
cardinalizio, era composto da un pianoterra, utilizzato per il corpo di
guardia, e da un primo piano residenziale corrispondente ad alcune
stanze dell’attuale piano nobile (appartamento Barbo).
La seconda fase ha inizio quando il cardinale viene eletto papa con il
nome di Paolo II (1464-1471). Invece di abbandonare l’edificio, il pon-
tefice decide di ampliarlo adeguandolo al ruolo di palazzo apostolico,
con uno sviluppo verso l’attuale via del Plebiscito. Si procede al restauro
e all’abbellimento della basilica e viene costruito sul lato della piazzetta
San Marco il viridarium, un giardino pensile a doppio ordine di loggiati
aperti anche verso l’esterno. Ancorata direttamente all’edificio princi-
pale, la struttura viene realizzata con l’impiego del travertino per pila-
stri, colonne, capitelli e arcate (1465-68). Nello stesso tempo, viene
messo in opera sia l’androne con volta a lacunari di derivazione classica
sia il bellissimo portale sull’odierna piazza Venezia (1470); sia, all’in-
terno, la grande sala detta del Mappamondo (1466-67), la cui ampiezza
(280 mq ca.) è definita dalle esigenze auliche e cerimoniali del pontifi-
cato. Dal 1468, a lavori non ancora completati, Paolo II concepisce
l’idea di un edificio di dimensioni ancora più grandi, con un cortile al
centro, circondato da un elegantissimo portico sormontato da loggia e
rimasto incompiuto per la morte del pontefice. Per quanto sia difficile
stabilire una paternità certa dell’intero progetto, non c’è ragione di
escludere l’architetto Leon Battista Alberti dal gruppo di coloro che po-
terono essere consultati per la realizzazione di questa che viene definita
la prima grande opera di architettura civile rinascimentale a Roma. Nel
frattempo, si procede anche all’interno, con la costruzione del lato d’an-
golo tra piazza Venezia e via del Plebiscito (sala detta del Concistoro e
sala Regia). Paolo II muore nel 1471 e i lavori proseguono con il nipote
Marco Barbo, vescovo di Vicenza e patriarca di Aquileia, il cui stemma,
sormontato dal cappello cardinalizio, compare sul grande camino della
sala del Mappamondo. Alla sua morte (1491) sarà il cardinale Lorenzo
Cybo, titolare di San Marco dal 1491 al 1501, a portare a termine la sala
Regia, la decorazione della sala del Mappamondo e l’appartamento di
10

Il viridarium o giardino di Paolo II. residenza, detto appunto appartamento Cybo. Sede della corte pon-
tificia alternativa al Vaticano, l’edificio paolino ospita, tra gli altri,
Paolo III Farnese (1534-1549) che vi soggiorna per qualche tempo.
È sua l’idea di collegare, attraverso strutture pensili, il palazzo apo-
stolico con una torre-belvedere che fa costruire sul colle capitolino, a
sinistra della chiesa dell’Aracoeli. E suo è anche l’intervento di chiu-
sura di 21 arcate del viridario (1537).
L’edificio rimane residenza papale fino al 1564, anno in cui viene ce-
duto in uso da Pio IV Medici alla Repubblica Veneta come residenza
per i suoi ambasciatori che lo abiteranno in ‘condominio’ con i car-
dinali titolari, sempre veneziani. Le aree in comune – la scala, il cor-
tile e la sala Regia – saranno fonti di continue controversie. L’edificio
viene diviso in due: i cardinali di San Marco useranno d’ora in poi
l’ala prospiciente l’attuale via del Plebiscito (appartamento Cybo); gli
ambasciatori l’ala verso l’attuale piazza di Venezia (appartamento
Barbo e Saloni) Alla fine del Cinquecento, durante il lungo soggiorno
del cardinale Francesco Pisani (1527-1570), viene aggiunta la sala an-
golare, oggi chiamata sala Altoviti, lungo l’attuale via del Plebiscito.
Seguono anni di difficile convivenza tra i due ‘coinquilini’, mentre i
pontefici faranno del palazzo un uso sempre più saltuario. Dopo un
Giovanni Dalmata (?), il portale su XVII secolo di quasi completa decadenza, si rinnova qualche inte-
piazza Venezia. resse per l’edificio a partire dal 1714, anno in cui il balcone è ag-
11

giunto alla finestra centrale della facciata su piazza Venezia. Nel 1730 Vestibolo d’ingresso su piazza Venezia.
l’ambasciatore Niccolò Erizzo porta a termine la chiusura dei loggiati
del viridarium che diventerà da questo momento, di fatto, il palaz-
zetto di Venezia. Nel 1729 lo scultore Carlo Monaldi realizza la fon-
tana che adorna il cortile grande con l’allegoria di Venezia che sposa
il mare. Nel 1733-34 il cardinale Angelo Maria Querini trasforma il
cammino di ronda di via degli Astalli in un passaggio coperto, chia-
mato passetto dei Cardinali.
Con il trattato di Campoformio (1797) l’edificio passa in proprietà
dell’impero austro-ungarico, come residenza dei suoi ambasciatori.
Nel 1909-10 il ‘palazzetto’ viene demolito per ampliare piazza Vene-
zia e rendere visibile il Monumento a Vittorio Emanuele II. Gli archi-
tetti italiani e austriaci lo riscostruiscono nell’area attuale, modificando
all’esterno l’orginaria pianta trapeizoidale, oggi quadrata, e sacrifi-
cando all’interno due archi per ogni lato. Il palazzo rimane all’Austria Il cortile del palazzo in una foto di
fino all’agosto del 1916, anno in cui viene rivendicato dal governo ita- fine Ottocento.
liano che fa intraprendere i lavori di restauro, diretti da una commis-
sione presieduta dal conte Volpi e costituita da un gruppo di specialisti
Luigi Marangoni, Corrado Ricci, Federico Hermanin, Armando Bra-
sini e Domenico Bartolini. Negli anni 1924-30 viene costruita la
nuova scala su via del Plebiscito, opera del Marangoni. Il Brasini pro-
getta la decorazione delle pareti della sala del Concistoro, che diventa
12

Una foto d’epoca prima dello la sala delle Battaglie; e nella sala del Mappamondo viene rifatto il pa-
spostamento del palazzetto. vimento a mosaico su disegno di Pietro D’Achiardi. Federico Her-
manin, direttore del Museo Nazionale, dirige la ricostruzione delle
decorazioni pittoriche delle grandi sale. Nell’edificio restaurato (pa-
lazzo e palazzetto) vengono allestiti il Museo del Medioevo e del Ri-
nascimento e la Biblioteca dell’Istituto Nazionale di Archeologia e
Storia dell’Arte. Dal 1929 le sale di rappresentanza del palazzo ven-
gono destinate a sede del Capo di Governo e del Gran Consiglio del
Fascismo, che lo utilizza fino alla sua ultima seduta (24 luglio 1943).
Questa parte del palazzo è oggi sede di mostre temporanee ed eventi
culturali; mentre l’appartamento Cybo è sede permanente del Museo
Nazionale del Palazzo di Venezia le cui collezioni sono allestite lungo
un percorso di 27 sale. [MGB]

Carlo Monaldi, Venezia sposa il mare,


1729.
13

L A S TO R I A D E L M U S E O

Il Museo Nazionale del Palazzo di Venezia ha sede in quella che fu la


grandiosa dimora papale del veneziano Paolo II Barbo (1464-1471),
grande appassionato di collezionismo e iniziatore ideale del destino mu-
seale ed artistico dell’edificio.
Il suo primo ordinamento si deve a Federico Hermanin (1871-1953),
direttore e al tempo stesso Soprintendente alle Gallerie del Lazio e del-
l’Abruzzo; questi realizzò, al piano nobile di Palazzo di Venezia, un al-
lestimento mirato a far rivivere al visitatore lo spirito degli antichi fasti
di una ricca dimora rinascimentale, esponendo, nella parte più antica
del complesso architettonico di San Marco, pitture, mobili e arredi
del Quattro e Cinquecento. Tali raccolte si erano formate a partire da
un primo nucleo di sculture e opere provenienti da Castel Sant’An-
gelo, da una serie di dipinti provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte
Antica e da una parte delle collezioni del disciolto Museo del Colle-
gio Romano fondato nel Seicento dall’enciclopedico gesuita Athana- (Sopra) Duilio Cambellotti,
sius Kircher. Carta intestata del museo,
Tra il 1924 ed il 1926 alle collezioni originarie si aggiunsero vari oggetti xilografia, 1920 ca.
(interi corredi ceramici, mobili chiesastici, argenterie, oreficerie e para-
menti sacri) confiscati agli ordini religiosi soppressi alla fine del XIX se- (Sotto) L’allestimento del 1921. La
colo e provenienti da varie comunità monastiche della regione. sala delle Fatiche d’Ercole.
14

L’allestimento del 1929. La sala di


Filippo Lippi.

Nel 1929 il palazzo fu scelto da Benito Mussolini come sede del Capo del
governo e il Museo, che pure conservò formalmente la sua denomina-
zione ed il suo ordinamento, fu praticamente chiuso e divenne visitabile
solo dietro autorizzazione degli organi di pubblica sicurezza.
Dopo la parentesi della Seconda Guerra Mondiale, in seguito a consistenti
lasciti e a numerose donazioni pubbliche e private, l’istituzione culturale
romana ha a poco a poco definito la sua fisionomia museale: il Museo
conserva materiali artistici di varia natura ed epoche storiche che occupano
praticamente tutto il piano nobile dell’edificio, fatta eccezione per i sa-
loni monumentali e l’appartamento Barbo (normalmente utilizzati per
ospitare mostre temporanee): gli ampi locali dell’appartamento Cybo; il
passetto dei Cardinali e tutte le sale storiche che si snodano lungo il peri-
metro del Palazzetto San Marco.
Risalgono alla fine degli anni Ottanta del Novecento i lavori che hanno
definito l’attuale fisionomia del museo: dalla sistemazione museografica
La sala del Concistoro: l’armeria della quadreria (Sale 1-10) a quella del corridoio dei Cardinali, con la
Odescalchi nell’allestimento degli anni lunga galleria che oggi ospita la collezione delle porcellane, a quella delle
Settanta del Novecento. sezioni dei bronzetti rinascimentali, dei bozzetti in terracotta e dell’arme-
15

ria (Sale 11-27). Appartiene invece alla storia recente del Museo l’apertura,
nell’anno 2006, del Lapidarium allestito nel suggestivo loggiato superiore
del Palazzetto di Venezia. Tale intervento ha musealizzato circa 120 marmi
erratici di età romana, medievale e rinascimentale per lo più provenienti
dallo storico sito occupato dalla basilica di San Marco e dallo stesso Pa-
lazzo di Venezia costituenti parte della collezione storica museale.
Sono in corso i lavori per l’allestimento, al piano terra del Palazzo,
della nuova sezione dedicata ai cassoni quattro-cinquecenteschi del
museo. [MSS]

L’allestimento attuale delle


terrecotte.

La prima sala del Museo:


la pittura veneta.
SCALONE MONUMENTALE
Ingresso museo al piano nobile
18 SCALONE MONUMENTALE

ttraverso il grande portale che immette da via del Plebiscito

A nell’atrio del palazzo e nel cortile, si accede, sulla destra, allo


“scalone d’onore” che conduce al museo e alle sale adibite a
esposizioni temporanee. La scala monumentale, in stile rinascimen-
tale, fu realizzata tra il 1924 e il 1930 su progetto dell’architetto vene-
ziano Luigi Marangoni.
La struttura, in travertino di Tivoli, è collocata nel punto in cui nei se-
coli si sono avvicendate altre tre scale: la “cordonata” in laterizio risalente
all’età Paolo II (1464-71); quella settecentesca, voluta dagli ambasciatori
veneziani; e quella che Camillo Pistrucci realizzò per l’ambasciata d’Au-
stria (1911).
La cosiddetta Scala nova è costituita da sei rampe per un totale di 127
scalini ed è chiusa in alto da una volta a lacunari che cita il grande pre-
cedente quattrocentesco del vestibolo su piazza Venezia.
La scala è sostenuta da pilastri compositi arricchiti da capitelli alla cui
decorazione viene affidato il programma iconografico riferito alle vitto-
rie italiane contro l’Austria durante la Terza Guerra d’Indipendenza
Modelli per i capitelli dedicati alle città
di Udine e di Venezia. (1866) e la Prima Guerra Mondiale (1915-18), all’epoca considerata
coronamento dell’età risorgimentale. È per questo che in moltissimi dei
quasi centocinquanta capitelli, in parte disegnati dallo stesso Maran-
goni e modellati dallo scultore Benedetto D’Amore, sono raffigurati
stemmi, monumenti e simboli delle città riconquistate dall’Italia in Ve-
neto, Trentino, Friuli Venezia Giulia e Dalmazia. A quei territori, allora
noti come le Tre Venezie (Tridentina, Euganea e Giulia), fa riferimento
la grande iscrizione collocata su una parete alla sommità del vano cen-
trale con la data della scala: IN AEDIBUS VENETIAR(UM) VETUSTIS
MONUM(ENTUM) A.D. MCMXXX AET(ATIS) LICT(ORIAE) VIII. Sugli altri ca-
pitelli, sui pavimenti, sulle mostre delle porte e nelle chiavi di volta,
sono altre decorazioni che alternano semplici motivi vegetali e marini,
stemmi papali e iscrizioni riferite ad importanti battaglie della Grande
Guerra (Timavo, Piave, Monte Grappa).
Prima di salire, in un vano a destra della prima rampa, è una nicchia
che ospita una fontana, oggi non più in funzione, con tre teste di leoni
coronate, simbolo della Dalmazia e, alla base della vasca, l’iscrizione
IUNGIT NON DIVIDIT affiancata dagli stemmi del Regno d’Italia e della
capitale storica della Dalmazia riconquistata, Zara.
Al piano nobile, prima di accedere al museo, è possibile ammirare il bel
sarcofago del III secolo rinvenuto nell’area del palazzetto ad inizio No-
vecento (Fig.1) e, nel loggiato, i Quattro mensoloni figurali (Fig. 134).
[GP]
INGRESSO MUSEO AL PIANO NOBILE 19

Arte romana di età imperiale un’antilope, a sinistra). La folta criniera


è realizzata a grandi solchi mentre il
1 Sarcofago con leoni che muso è caratterizzato da occhi incisi e
azzannano una preda fronte aggrottata per sottolineare la
250-290 d.C. forza violenta. Sarcofagi di questo tipo
Marmo bianco venato di grigio vennero prodotti in ambito romano
59x178x54 cm soprattutto nel III secolo d.C., epoca
N. inv. 3275 nella quale l’immagine del combatti-
Scavi Palazzetto (1910-11)
mento tra animali raggiunse un note-
vole riscontro nella realtà dei giochi
Il sarcofago, collocato sullo scalone circensi, per lo svolgimento dei quali
monumentale all’ingresso del museo, vennero appositamente importate an-
è del tipo ‘a vasca’ e presenta una tilopi, zebre e cervi, prede naturali del
fronte decorata da un sistema di linee leone. La simbologia è pertinente alla
curve. Alle estremità stondate sono sfera funeraria di antica origine orien-
scolpite due scene con leoni che az- tale ed evoca il concetto della morte
zannano la preda (un cervo, a destra; divoratrice. [MGB]
APPARTAMENTO CYBO LA PINACOTECA
Anticamera e sale 1-10
22 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

 I CAPOLAVORI e prime dieci sale del Museo, che ospitano la sezione dei

2 Bottega di Paolo Romano; 6 Pi-


sanello (Antonio Pisano, detto il); L dipinti, costituiscono l’appartamento Cybo del Palazzo
di Venezia di cui fa parte la serie di locali prospicenti l’an-
8 Giorgione; 11 Pittore romano tica via Papale (oggi via del Plebiscito), fino all’angolo con via
della cerchia di Pietro Cavallini; 16
Filippo Lippi e Pesellino (France-
degli Astalli. L’appartamento venne edificato dal cardinale Lo-
sco di Stefano); 17 Beato Angelico; renzo Cybo, vescovo di Benevento e nipote di papa Innocenzo
21 Donato Creti; 25 Carlo Ma- VIII, che portò avanti i lavori della fabbrica paolina nell’ultimo
ratti; 29 Giorgio Vasari.
decennio del Quattrocento.
Gli ambienti furono destinati a residenza domestica dei cardinali
titolari di San Marco. Nel 1564, infatti, papa Pio IV Medici, per
propiziarsi le simpatie della Repubblica Veneta, aveva donato il
palazzo – che da allora si chiamò “di Venezia” – agli ambasciatori
della Serenissima, perchè ne facessero la loro residenza ufficiale
2 6
in Roma.
I cambiamenti più radicali, che poi sono quelli che ci restitui-
scono l’appartamento così com’è attualmente, risalgono al pe-
riodo successivo alla riacquisizione del complesso edilizio all’Italia
(1916) allorché, nel quadro della generale ristrutturazione, si pro-
8 11
cedette al totale rifacimento dei pavimenti: questi furono realiz-
zati in cotto e maioliche policrome e s’ispirarono, come quelli
dell’appartamento Barbo, ad esempi rinascimentali, ancora esi-
stenti in alcune chiese e palazzi romani.
Per la costruzione dei soffitti invece furono utilizzati in gran parte
16 17
i bozzetti preparatori realizzati dall’architetto Ludovico Seitz, te-
desco di origine e romano di adozione, direttore per un trenten-
nio della Pinacoteca Vaticana. Per la decorazione delle finte volte
furono applicati stucchi e dorature in stile neo-cinquecentesco
come il soffitto della sala IV, già detta dello Zodiaco, decorato
21 25
negli anni Trenta con le figurazioni dei differenti segni astrali.
La prima sezione espositiva, preceduta dall’anticamera dove si tro-
vano il Busto (Fig. 2) e lo Stemma ligneo di Paolo II Barbo (Fig. 3),
riguarda il settore dei dipinti: pitture su tavola e su tela, di un
29 arco temporale che va dal XIII al XVIII secolo; seguono la sala Al-
toviti con la volta affrescata a metà Cinquecento da Giorgio Va-
sari e la sala dei pastelli settecenteschi. Il criterio espositivo
 I capolavori sono contrassegnati da utilizzato, è stato quello di distribuire le opere per scuole pittori-
un quadratino. che regionali. [MSS]
ANTICAMERA E SALE 1-10 23

Bottega di Paolo Romano


(notizie dal 1415-1470)

2 Busto di Paolo II Barbo


1464-71
Marmo bianco
58x30,5 cm (busto);
19,2x37 cm (base)
Iscrizione sul basamento:
PAULUS VENETUS PPII
N. inv. 4057
Già nel Palazzo di Venezia


Il ritratto del pontefice Paolo II Barbo a Roma già nel 1451 con una bottega sguardo vivo, indirizzato verso sini-
poggia su base ovale dove è inciso il assai ben organizzata. Il pontefice, ri- stra. L’importanza del ruolo viene af-
suo nome, l’origine e la carica. L’opera vestito degli abiti e dei simboli della fidata alla sontuosa sopravveste, alla
rientra nel genere messo a punto a sua autorità sacrale, presenta una grande fibula diamantata e al pre-
Firenze nella seconda metà del Quat- espressione insieme ieratica e volitiva, ziosissimo copricapo ornato con tre
trocento a seguito della lezione natu- ben diversa dal rarefatto distacco del corone (triregno) che ostentano la
ralistica di Donatello. Proprio al ritratto di profilo suggerito dallo stu- passione di Barbo per l’oreficeria di
valore dell’individuo, al rinato amore dio delle medaglie e monete antiche. cui fu collezionista.
per l’arte classica e all’aderenza a sti- Il volto, largo e robusto, solcato al lato Il taglio orizzontale al di sotto delle
lemi di nobile eleganza lineare, si col- della bocca da rughe che increspano spalle ricorda il genere del busto-re-
lega lo scultore Paolo Romano, attivo anche la fronte, è caratterizzato dallo liquiario medievale. [MGB]

Giovannino de’ Dolci


(notizie dal 1435-Roma 1486)

3 Stemma ligneo
di Paolo II Barbo
1468-70
Legno di pioppo policromo
200x200 cm
N. inv. 4057
Già nel Palazzo di Venezia
Lo stemma riproduce l’arme ponti-
ficia di Paolo II (1464-71): un leone
rampante in campo azzurro, sor-
montato dalla tiara e dalle chiavi in-
crociate. A incorniciare l’insieme è
una ghirlanda d’alloro intagliata,
cinta da nastri, che in parte con-
serva la doratura originaria. Il
grande pannello costituiva un lacu-
nare del soffitto di uno dei saloni
dell’appartamento papale, verosi- riscoperto durante i lavori di re- torno al 1450. A suo nome risul-
milmente quello della sala del Map- stauro effettuati a partire dal 1916 tano diversi pagamenti per i lavori
pamondo. Venne rimosso nel 1715 (v. Introduzione). nel cantiere paolino, tra cui i soffitti
per lasciare spazio alle profonde L’opera è assegnata a Giovannino della basilica di San Marco, del log-
trasformazioni volute dall’amba- de’ Dolci, architetto e intagliatore giato del giardino e delle sale del
sciatore veneto Niccolò Duodo; fu fiorentino, trasferitosi a Roma in- piano nobile del palazzo. [GP]
24 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Il Dittico Sterbini è un altarolo por-


tatile destinato alla devozione pri-
vata. Si compone di due tavole,
ognuna divisa in due registri: nella
prima sono raffigurati in alto la Ver-
gine col Bambino e san Giuseppe e, in
basso, i Santi Lorenzo, Filippo e Gio-
vanni Battista. Nella seconda è rap-
presentata la Crocifissione, al di sotto
della quale compare San Francesco
che riceve le stimmate. La presenza
di san Ludovico di Tolosa nella
stessa scena consente di datare
l’opera dopo il 1317, anno della ca-
nonizzazione del santo. Il dipinto
proviene dalla collezione di Giulio
Sterbini che, tra la fine dell’Otto-
cento e il primo decennio del No-
Maestro del Dittico Sterbini vecento, costituì una “quadreria” di
(attivo nel XIV sec.) opere, datate tra il XIV e il XVII se-
colo, con una particolare predile-
4 Dittico Sterbini zione per le tavole medievali e
Post 1317
Tempera su tavola
rinascimentali. La raccolta, dispersa
32x25 cm (ciascuna tavola) dopo la sua morte, fu parzialmente
N. inv. 10202 acquistata e poi donata allo Stato
Dono Armenise (1940), Italiano nel 1940 da Giovanni Ar-
già collezione Sterbini menise. [CV]

Paolo Veneziano
(documentato dal 1333-ante 1362)

5 Angeli musicanti
Metà del XIV sec.
Tempera su tavola
61x38 cm
N. inv. 7698
Collezione Tower-Wurts (1933)

Il dipinto raffigura, entro una lunetta


dorata, dieci angeli musicanti dispo-
sti su due livelli al di sopra della volta
stellata. Il frammento costituiva la
parte superiore di una tavola (ci-
masa) di grandi dimensioni dove, con
molta probabilità, era raffigurata l’In-
coronazione della Vergine, come sug-
gerisce l’iscrizione REGINA CELI
LETARE ALLEUIA, posta in alto. I
volti degli angeli e la minuziosa de-
scrizione degli strumenti musicali
sono affini a quelli del coro dipinto Paolo Veneziano fu protagonista e gotico, poi definitivamente acqui-
in una tavola di medesimo soggetto, rinnovatore del panorama pitto- sito dalla successiva generazione di
conservata a New York (Frick Col- rico lagunare del Trecento: la sua artisti attivi nella sua bottega, i figli
lection), opera autografa del mae- pittura sancì il passaggio tra la cul- Luca e Giovanni e, soprattutto, l’al-
stro, datata al 1358. tura bizantina e il nuovo linguaggio lievo Lorenzo Veneziano. [CV]
ANTICAMERA E SALE 1-10 25

Pisanello (Antonio Pisano, nella varietà e ricerca estetica del-


detto il) l’acconciatura.
(Pisa ante 1395?-1455) L’attribuzione al Pisanello è stata
confermata da parte della critica
6 Testa di donna grazie alle emerse affinità stilistiche
Prima metà del XV sec. e figurative tra questa testa e quella
Affresco staccato, frammento di una delle donzelle che, di sicura
17x24 cm paternità pisanelliana, si affacciano
N. inv. 4217
da un padiglione per assistere a un
Acquisto (1922)
grande torneo di battaglia nell’af-
fresco di Palazzo Ducale a Mantova.
Il dipinto raffigura una giovane donna Più incerta è la critica in merito alla
di profilo, che mostra la sua capiglia- provenienza di questo frammento
tura bionda raccolta dietro il capo, dagli affreschi di San Giovanni in La-
con delle piccole ciocche, ricadenti terano, ai quali il Pisanello lavorò in
lungo le tempie e il collo: unico ele- collaborazione con Gentile da Fa-
mento di lettura iconografica, ma pur briano (1430-32) e che sono docu-
sempre significativo di un’epoca e di mentati unicamente dal disegno
un gusto, come quello gotico di metà fatto da Borromini nel 1647, prima 
del Quattrocento, che suole lasciare dell’inizio dei lavori, essendo stati
scoperta e sempre più visibile la ca- distrutti a seguito di tale rifaci-
pigliatura e, anzi, pone estrema cura mento. [MSS]

Niccolò de’ Barbari


(documentato a Venezia nel 1516)

7 Cristo e l’adultera
Inizi del XVI sec.
Tempera su tavola
93x121 cm
N. inv. 5815
Dono di Robilant (1930)

Il dipinto, proveniente dal palazzo


Mocenigo di Venezia, rappresenta
l’episodio tratto dal passo del Van-
gelo di Giovanni, che narra l’inter-
vento di Gesù in difesa di un’adultera
condannata alla lapidazione (VIII, 1-
11). Nei personaggi che circondano i
protagonisti si riconoscono i mem-
bri del sinedrio nell’atto di pronun-
ciare la sentenza: i cartigli sulle loro
teste simboleggiano la Legge ebraica,
mentre l’uomo alla destra di Cristo
presenta tratti grotteschi che lo con-
notano negativamente. copo e il tridente di Nettuno per
La tavola, che sul cartiglio in basso Niccolò. La tavola presenta un ac-
riporta la firma NICHOLAUS DE centuato cromatismo di matrice ve-
BARBARIS FECIT, è l’unica opera neta, mentre il grafismo e il netto
certa di Niccolò, forse fratello e al- distacco delle figure dal fondo ri-
lievo del più noto Jacopo. I due con- mandano all’influenza nordica in
dividono l’uso di siglare le proprie parte determinata dalla presenza di
opere con attributi di divinità classi- Dürer a Venezia all’inizio del Cin-
che: il caduceo di Mercurio per Ja- quecento. [GP]
26 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Giorgione (Giorgio o Zorzi


da Castelfranco, detto)
(Castelfranco Veneto,Treviso 1477 ca.-
Venezia 1510)

8 Doppio ritratto
Inizi del XVI sec.
Olio su tela
80x75 cm
N. inv. 902
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il dipinto propone un ritratto a due


figure: in primo piano un giovane
uomo, con la testa languidamente re-
clinata, stringe un frutto nella mano
sinistra: si tratta di un melangolo,
un’arancia selvatica dal sapore acre
che per la sua natura dolce-amara
simboleggia la passione amorosa ge-
neratrice di umore melancolico. Alle
sue spalle irrompe un giovane uomo,
anch’egli assorto in pensieri d’amore, 
ma caratterizzato da una espressione dotto dalla critica alla produzione ar- dinale Tommaso Ruffo e, in seguito alla
più marcatamente realistica. tistica del maestro di Castelfranco. donazione del principe Fabrizio Ruffo
Già attribuito alla mano di Sebastiano Menzionato nell’inventario di Pio di di Motta Bagnara del 1919, l’opera è
dal Piombo e di Dosso Dossi, il di- Savoia nel 1624, è entrato a far parte, stata acquisita dal Museo Nazionale
pinto è oggi concordamente rincon- intorno al 1734, della raccolta del car- del Palazzo di Venezia. [MSS]

Lorenzo Sabbatini
(Bologna 1530 ca.-Roma 1576)

9 Adorazione dei Magi


Terzo quarto del XVI sec.
Tempera su tavola
104x91 cm
N. inv. 892
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

La tradizionale scena dell’omaggio dei


re mediorientali a Gesù (Mt. II, 1-16),
è ambientata all’aperto, nello spazio
antistante i resti di un colonnato clas-
sico, chiara allusione alla vittoria del
cristianesimo sul paganesimo. Il lungo
corteo è caratterizzato dalla pre-
senza di cammelli, che il pittore deli-
nea in maniera fantasiosa, e di un
fanciullo, l’unico abbigliato secondo la
moda tardo cinquecentesca e non al-
l’antica, che porge uno dei tre doni e
attira l’attenzione dei Magi al suo
fianco. In alto è ben visibile la stella
cometa.
ANTICAMERA E SALE 1-10 27

Sabbatini, formatosi a Bologna e ope- a Roma da papa Gregorio XIII Bon- pinto, in sintonia con la vicenda bio-
rante negli anni Sessanta del Cinque- compagni (1572-85), suo concitta- grafica del pittore, fonde componenti
cento in Palazzo Vecchio a Firenze al dino, per dirigere alcuni cicli pittorici veneto-emiliane con quelle della ma-
fianco di Vasari, venne poi chiamato del Palazzo Apostolico Vaticano. Il di- niera tosco-romana. [GP]

Lelio Orsi
(Novellara, Reggio Emilia 1508 ca.-1587)

10 Compianto sul Cristo


Terzo quarto del XVI sec.
Tempera su tavola
66x57 cm
N. inv. 894
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

La tavola mostra il momento inter-


medio tra la deposizione dalla croce e
la sepoltura di Cristo nel sepolcro.
L’intera raffigurazione è dominata dal
buio antro che si apre dietro le figure
e sulla cui roccia compare una rada
vegetazione. I personaggi che hanno
partecipato al corteo funebre sono
radunati presso il corpo di Gesù: la
Maddalena è in basso nell’atto di co-
spargergli i piedi con gli unguenti; Giu-
seppe d’Arimatea tiene in mano i
chiodi della croce; Nicodemo si piega Lelio Orsi si formò probabilmente a Roma, ebbe modo di ammirare
in avanti; Giovanni Evangelista è a tra Mantova e l’Emilia sulle opere le opere di Michelangelo, alla cui
mani giunte in un eloquente gesto di di Giulio Romano, Correggio e Par- Pietà Colonna (Boston, Isabella Ste-
disperazione; Maria, alle spalle del fi- migianino; per gran parte della sua wart Gardner Museum) deve molto
glio, lo accarezza; a destra è un angelo vita lavorò per i Gonzaga di Novel- il gruppo centrale del dipinto in
con la corona di spine. lara. Nel 1554, durante un viaggio esame. [GP]

Pittore romano della cerchia Pietro Cavallini, il dipinto in passato è


di Pietro Cavallini stato attribuito allo stesso maestro
romano e messo a confronto con le
11 Testa di Cristo teste nel Giudizio Universale a Santa
Fine XIII-inizi del XIV sec. Cecilia in Trastevere e soprattutto
Tempera su tavola con l’affresco di medesimo soggetto
34x28 cm nella lunetta del Monumento funebre
N. inv. 7137 del cardinale Matteo d’Acquasparta,
Acquisto Sagretti Manzi (1935) nella chiesa di Santa Maria in Aracoeli.
Più di recente la critica è stata con-
La tavola raffigurante il volto di Cristo corde nel riferire la tavola a un artista
doveva essere in origine inserita in della cerchia di Cavallini o a un suo
una composizione più ampia, proba- collaboratore. L’ultima ipotesi attribu-
bilmente un Giudizio Finale o una Ma- tiva identifica il pittore con il cosid-
jestas Domini. L’aureola, realizzata a detto Maestro della Madonna Altieri, 
rilievo in pastiglia (impasto di gesso personalità artistica ancora poco nota
con polvere di marmo e colla), ha e di cui si conosce con certezza un
ormai perduto l’originale doratura. solo dipinto: la Vergine col Bambino,
Per le strette affinità con le opere di oggi in collezione privata. [CV]
28 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Si tratta di una tavola processionale


che segue una tipologia molto dif-
fusa in area marchigiana. Sul recto è
raffigurata la Vergine che protegge i
fedeli avvolgendoli nel manto solle-
vato dagli angeli. Tra i devoti, divisi
per sesso e per ceto, in primo piano
sono riconoscibili i Flagellanti, mem-
bri penitenti della congregazione
che commissionò l’opera. Alla sini-
stra di questi è schierata la gerar-
chia ecclesiastica guidata dal pontefice.
L’iconografia si riferisce a una epi-
demia di peste (simboleggiata dagli
strali di Dio Padre nella cuspide) al
termine della quale sarebbe stata
organizzata una processione di rin-
graziamento. Sul verso, davanti a
una città cinta da mura identificata
con Fabriano, appaiono i Santi Gio-
Maestro di Staffolo
vanni Battista e Sebastiano, rispetti-
(attivo nella seconda metà del XV sec.)
vamente patrono della città e
protettore contro la peste. Nella
12 Madonna della Misericordia cuspide la Resurrezione di Cristo sim-
(recto);
boleggia il ritorno alla vita della co-
Santi Giovanni Battista munità liberata dal morbo.
e Sebastiano (verso) L’ignoto autore, che prende il
Metà del XV sec.
Tempera su tavola nome dalla cittadina marchigiana di
113,4x58 cm Staffolo, viene tradizionalmente ri-
N. inv. 7586 tenuto un artista gravitante nell’or-
Collezione Tower-Wurts (1933) bita di Gentile da Fabriano. [GP]

della famiglia romana dei Cenci e


trasferito successivamente nella
chiesa di San Tommaso, accanto al
palazzo Cenci, nella zona del Ghetto.
Il corpo di Cristo è affiancato dalle
figure dei due dolenti, la Vergine e
san Giovanni Evangelista, ma gli esi-
gui lacerti di pittura superstiti con-
sentono solo una parziale lettura del
dipinto.
Ambito romano Tracce della policromia originaria
sono state recuperate durante un
13 Croce dipinta restauro condotto negli anni Ses-
Fine del XIII sec. santa del Novecento, che ha elimi-
Tempera su tavola nato le pesanti ridipinture applicate
255x160 cm nel corso di vecchi interventi con-
Deposito San Tommaso de’ Cenci servativi. I resti più significativi del
(1971) disegno e del colore si trovano nelle
gambe, nel perizoma, nelle mani di
Realizzato per decorare un altare Cristo e nelle figure in alto nella ci-
della chiesa di Santa Maria in Ara- masa. L’opera è da considerare una
coeli, il grande crocifisso ligneo fu interessante testimonianza della
donato alla metà del XV secolo dai produzione pittorica romana della
frati del convento a un membro fine del Duecento. [CV]
ANTICAMERA E SALE 1-10 29

Nicola di Nuto (?)


(attivo nella prima metà del XIV sec.)

14 Madonna col Bambino


Prima metà del XIV sec.
Legno di ciliegio policromo
130x40x40 cm
N. inv. 825
Beneficio chiesa di San Nicola,
San Polo dei Cavalieri, Tivoli (1919)

Il gusto gotico francese, affermatosi a


cavallo dei secoli XIII-XIV a Orvieto,
è testimoniato da questa opera in cui
il consueto tema della Vergine col
Bambino è arricchito da una resa na-
turalistica e quotidiana, evidenziata
dal gesto di Gesù che afferra il velo
della madre.
L’opera è stata accostata su base sti-
listica al nome di Nicola di Nuto, au-
tore degli intagli per gli stalli del coro
del duomo di Orvieto di cui fu capo-
mastro a partire dal 1331. Sul retro è
ancora visibile parte della policromia
originaria che riproduce motivi diffusi
sui tessuti umbri del Trecento. [GP]

Maestro dell’Incoronazione
Christ Church
(attivo a Firenze 1360-80 ca.)

15 Sposalizio mistico
di Santa Caterina
Seconda metà del XIV sec.
Tempera su tavola
130x122 cm
N. inv. 10445
Dono Mussolini (1940)

Il dipinto raffigura lo sposalizio mi-


stico di santa Caterina d’Alessandria,
celebrato al cospetto di due santi:
sulla sinistra un vescovo con mitra e
pastorale, sulla destra un santo dia-
cono che tiene in mano un libro e
un attributo non identificabile. In se-
condo piano due angeli sostengono
un drappo bordato d’azzurro con
decorazioni a motivi geometrici. Il
fondo della tavola è ricoperto da una
ricca doratura che in alcuni punti, Si ritiene che l’autore del dipinto sia coronazione della Vergine conservata
soprattutto in alto, lascia intravedere un pittore fiorentino attivo nella se- nella Christ Church Gallery di Ox-
il bolo rosso (strato preparatorio conda metà del Trecento: a questo ford, da cui deriva il nome con cui
usato per applicare la foglia d’oro). anonimo maestro è attribuita una In- egli è ancora oggi identificato. [CV]
30 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Filippo Lippi e Pesellino


(Francesco di Stefano, detto il)
(Firenze 1406 ca.-Spoleto 1469)
(Firenze 1422-57)

16 Natività di Cristo
Seconda metà del XV sec.
Tempera su tavola
117x75,5 cm
N. inv. 7695
Collezione Tower-Wurts (1933)
La tavola, che rappresenta una Nati-
vità, s’inserisce all’interno di una tipo-
logia iconografica molto diffusa in
ambito fiorentino e conosce molte-
plici varianti compositive. Attorno al
gruppo centrale della Sacra Famiglia –
idealmente incorniciata dalla capanna
con la mangiatoia – sono i Santi Cate-
rina d’Alessandria, Giovanni Evangelista,
Lorenzo e Maddalena. Più in basso due
Angeli e San Giovannino, inginocchiato
accanto a Gesù, adagiato in terra. In
alto, Dio Padre e la Colomba dello Spirito
Santo sono posti in asse con il Bam-
bino secondo una consueta iconogra-
fia trinitaria; ai lati sono angeli
musicanti e l’Annunciazione, bipartita ai
lati del tetto della capanna. La figura
dell’uomo orante sulla destra, ritratto
a mani giunte, è identificabile con Lo-
renzo il Magnifico, autorizzando l’ipo-
tesi di una committenza medicea.
La bottega di Lippi, alla quale l’opera è
stata riferita, è una delle più rilevanti
nella Firenze dell’epoca: in essa si for-
mano artisti del calibro di Sandro Bot-
ticelli e dello stesso Pesellino. [GP] 

Beato Angelico da una lunga massa di capelli; l’incar-


(documentato a Firenze dal 1417- nato è appena ombreggiato da una
Roma 1455) rada peluria, le labbra sono serrate e
gli occhi leggermente socchiusi.
17 Volto di Cristo Tradizionalmente attribuito a Be-
Secondo quarto del XV sec. nozzo Gozzoli sulla base delle pre-
Affresco staccato, frammento sunte affinità stilistiche con il volto del
37x29 cm San Sebastiano affrescato nella chiesa
N. inv. 10578
di Sant’Agostino a San Gimignano,
Chiesa di Santa Chiara di Priverno
(1920) solo recentemente è stato ricon-
dotto al più “soffice sintetico” tratto
artistico di Beato Angelico, docu-
Si tratta di un frammento irregolare mentato dai brani degli affreschi della
di affresco che riproduce il volto di cappella Niccolina, unica impresa pit-
Cristo in posizione frontale, con le torica romana dell’artista fiorentino
spalle scoperte percorse unicamente sopravvissuta alle distruzioni. [MSS]

ANTICAMERA E SALE 1-10 31

Michael Pacher (cerchia di) l’arte di Mantegna e Donatello a


Seconda metà del XV sec. Padova – la cromia e il plasticismo
riferiscono l’opera alla bottega di
18 San Michele sconfigge Michael Pacher (1430/35-1498),
il demonio scultore altoatesino attivo nel Ti-
1480 ca. rolo e a Salisburgo. Nella figura
Legno di pino cembro policromo dell’arcangelo guerriero si celebra
90x35x32,5 cm la sconfitta del demonio secondo
N. inv. 7286
il racconto dell’Apocalisse (12, 7-8).
Collezione Tower-Wurts (1933)
Il santo, vestito con un’armatura,
tiene nella mano destra una spada
La fine del Quattrocento, in Europa e nella sinistra una bilancia per il
e in area tedesca in particolare, giudizio delle anime mentre ai suoi
segna l’intensificarsi degli influssi piedi soccombe il diavolo, il cui ad-
italiani, come dimostra la scultura di dome è modellato in forma di
San Michele sconfigge il demonio. Gli volto grottesco. Sulla schiena del
arditi scorci prospettici – impensa- santo restano gli incavi delle ali,
bili senza la conoscenza diretta del- oggi mancanti. [CV]

Ciro Ferri
(Roma 1634-1689)

19 Sposalizio mistico di Santa


Caterina
1686
Olio su tela
109x86,5 cm
N. inv. 882
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il dipinto raffigura Gesù Bambino tra


la Madonna e santa Caterina d’Ales-
sandria nell’atto di essere impalmata.
Opera tarda di Ferri, la composi-
zione s’ispira al modello cortonesco
di cui modifica però l’impianto for-
male che colloca al centro della raf-
figurazione il Bambino.
Allievo a partire dal 1650 di Pietro
da Cortona, e attivo al suo fianco
per molti anni nella sua importante
bottega romana, Ciro Ferri colla-
borò alla realizzazione di ingenti
imprese pittoriche quali la decora-
zione della cupola di Santa Maria in
Vallicella e della Galleria di Enea in
Palazzo Pamphilj a piazza Navona.
Certamente tra i più fedeli inter-
preti e prosecutori della fortunata
maniera cortonesca, fu incaricato
in vita di portare a termine quasi
tutte le opere lasciate incompiute
da Berrettini nel culmine della sua
pienezza barocca. [MSS]
32 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Giuseppe Maria Crespi,


detto lo Spagnolo
(Bologna 1665-1747)

20 Mosè salvato dalle acque


1721-27
Olio su tela
120x165 cm
N. inv. 876
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Da mettere in relazione con l’altro


dipinto di Crespi, Abigail chiede per-
dono a Re David, presente nella me-
desima sala: entrambi furono
commissionati al pittore bolognese
direttamente dal cardinal Tommaso
Ruffo tra il 1721 e il 1727, anni in cui tere in relazione con la richiesta di tivo, costituito dalla figura centrale
questi ricopriva la prestigiosa carica grazia per due condannati avanzata della figlia del faraone e delle sue an-
di legato pontificio a Bologna. Crespi dallo Spagnolo al cardinal Ruffo e da celle indaffarate intorno al piccolo
era legato all’alto prelato da un im- questi infine accordata. Mosè in fasce nelle acque del Nilo. Le
portante legame di amicizia e di fidu- La composizione del dipinto qui raf- figure che si muovono concitate ema-
cia. Infatti, su sua commissione figurato è pervasa di movimento e nano luce propria e si stagliano su
dipinse le due tele oggi nel Museo, i di drammatica teatralità che si or- sfondi scuri cui i bianchi restituiscono
cui significati simbolici sono da met- ganizza intorno a un nucleo narra- forza. [MSS]

Donato Creti
(Cremona 1671-Bologna 1749)

21 Ballo di ninfe
1725
Olio su tela
140x114 cm
N. inv. 872
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il dipinto rappresenta un paesaggio


arcadico affollato di idilliache figure
dedite alla musica e alla danza (un
suonatore di liuto in primo piano e la
figura di una giovane donna sdraiata,
un suonatore di flauto a becco, un
suonatore di viola da gamba, una ca-
rola di donne e altri personaggi sullo
sfondo). Eseguita nel 1725 su com-
missione del cardinale Tommaso
Ruffo, l’opera piacque talmente alla
committenza, al punto che il cardinale
Ruffo premiò il pittore con il titolo di 
Cavaliere dello Speron d’Oro. riallacciarsi al suo maestro Lorenzo pittorico con la riproposizione dei
Il soggetto del dipinto, un idillio pa- Pasinelli il quale aveva già trattato tale piani prospettici scandita da diversi
storale, riflette l’andamento classici- tema realizzando un’armonica asso- gruppi di figure che tendono a scalare
sta che caratterizza gran parte della nanza tra l’elemento paesaggistico e di dimensione, a mano a mano che si
pittura bolognese del primo Sette- la presenza umana. Creti eredita da procede verso il fondo della rappre-
cento. In particolare, Creti sembra Pasinelli il modo di utilizzare lo spazio sentazione. [MSS]
ANTICAMERA E SALE 1-10 33

Alessandro Algardi ritratti del pontefice, realizzati dallo


(Bologna 1598-Roma 1654) scultore bolognese a partire dal 1652.
Nei tratti fisionomici, finemente de-
22 Busto di Innocenzo X Pamphilj scritti, si coglie un profondo senti-
1650-53 ca. mento di amarezza unito alla dignità
Terracotta dipinta di bianco e alla consapevolezza del ruolo rive-
80x81,5x32 cm (senza base) stito. La ritrattistica algardiana, infatti,
N. inv. 13466
predilige alla rappresentazione del po-
Acquisto Gasparrini (1998)
tere la ricerca introspettiva e natura-
Il busto ritrae il papa Innocenzo X listica del soggetto.
(1644-55) con la berretta di velluto La patina bianca che riproduce il co-
(camauro), una corta mantellina lore del marmo e la doratura, oggi
(mozzetta) e la stola ornata con i sim- scomparsa ma documentata in una ci-
boli della famiglia Pamphilj (colomba tazione inventariale, vennero applicate
e giglio). L’alta qualità esecutiva del- per conferire maggior dignità al ma-
l’opera suggerisce un uso della terra- teriale e per adattare il busto a una
cotta quale modello per una serie di funzione decorativa. [CV]

Tiberio Titi
(Firenze 1578-1637)

23 Ritratto dei bambini Orsini


1597
Olio su tela
148x113 cm
N. inv. 5201
Collezione Frascara (1926)
La tela ritrae i cinque figli del duca
di Bracciano Virginio Orsini e di sua
moglie Flavia Damasceni Peretti, ni-
pote del pontefice Sisto V. I fanciulli
sono ritratti davanti all’arcata di
una loggia all’interno del castello di
famiglia sul lago di Bracciano, che si
intravede sullo sfondo. Carlo è il
primo da sinistra, nella nicchia, se-
guono Cosimo – che indossa una
lunga veste tipica della prima infan-
zia, detta “ungherina” –, Paolo
Giordano, Ferdinando – vestito
come Cosimo e con in mano lo
stemma di famiglia – e, infine, Ales-
sandro, riconoscibile dalla scritta
sul cinturino di cuoio del “gippone”
S. ALESS. A.IIII M.VI MDLXXXVII
che, oltre a fornirci il nome e l’età
di Alessandro, ci indica la data del
dipinto.
L’opera è riferibile alla mano del
pittore Tiberio Titi, ritrattista della lazzo Pitti; ciò grazie dei rapporti
corte medicea, e probabile autore dinastici tra gli Orsini e i Medici, a
di questo ritratto ufficiale dei ram- partire dal matrimonio di Paolo
polli della nobile casata Orsini, che Giordano, padre di Virginio, con Isa-
nel 1597 risiedevano con la famiglia bella de’ Medici, figlia di Cosimo I.
a Firenze, in un appartamento di Pa- [MSS]
34 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Francesco Solimena
(Canale di Serino, Avellino 1657-Barra,
Napoli 1747)

24 Le Nozze di Cana
Prima metà del XVIII sec.
Olio su tela
115x155 cm
N. inv. 877
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il dipinto raffigura il miracolo della


trasformazione dell’acqua in vino re-
lativo all’episodio evangelico delle
Nozze di Cana. La narrazione si
svolge in un complesso schema com-
positivo articolato su due piani prin-
cipali all’interno di un sontuoso servitore solleva a fatica una conca e mente ricondotto alla mano di un
ambiente affollato dalle figure di nu- ai lati gruppi di persone esprimono il giovane Francesco De Mura. Più pro-
merosi commensali e servitori af- proprio stupore di fronte al manife- babile l’originaria attribuzione a causa
faccendati intorno a Cristo, alla starsi del prodigio. della forza volumetrica e del rigore
Madonna e agli sposi. Sul lungo tavolo Il dipinto, tradizionalmente attribuito del linguaggio pittorico sensibile agli
del banchetto Gesù, seduto al- al Solimena, a sua volta allievo di Luca effetti di luce e di colore, propri della
l’estrema sinistra, indica i catini dove Giordano e formatosi nella scuola di migliore tradizione pittorica napole-
si è compiuto il miracolo; al centro un Pietro da Cortona, è stato recente- tana. [MSS]

Carlo Maratti
(Ancona 1625-Roma 1713)

25 Cleopatra che scioglie la perla


in una coppa di vino
1693-95
Olio su tela
162x113 cm
N. inv. 873
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il pittore che, secondo la tradizione,


usa come modella per questo dipinto
sua figlia Faustina – che aveva fatto da
modella anche per l’Allegoria della Pit-
tura, oggi a Roma, Galleria Nazionale
d’Arte Antica a Palazzo Corsini – ci
presenta una seducente Cleopatra
rappresentata in una posa teatrale e
artificiosa. La regina d’Egitto, durante il
banchetto in onore di Antonio, si ac-
cinge a sciogliere nel vino una grossa
perla a goccia di un orecchino. Ciò
per dimostrare agli astanti il suo di-
stacco dalle ricchezze e dalle cose
terrene. Il dipinto è un tripudio di 
stoffe e di fastosi tessuti della tonalità una lunghissima collana di perle ap- il 1693 e il 1695, dell’opera esistono
del rosso arricchiti da un ricco tavolo poggiata su una sedia anch’essa ricca- copie, una incisione e due disegni.
a mensola con il piano di marmo e mente intagliata e dorata. Databile tra [MSS]
ANTICAMERA E SALE 1-10 35

Orazio Borgianni
(Roma 1578 ca.-Roma 1616)

26 Cristo morto con tre dolenti


1612-15
Olio su tela
75x86 cm
N. inv. 893
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

L’estrema drammaticità della rappre-


sentazione è costruita mediante la
collocazione dell’intera scena del
compianto in primo piano: in tale
contesto il corpo martoriato del Cri-
sto è posto centralmente rispetto
alle figure a mezzobusto di san Gio-
vanni Evangelista, della Maddalena e gono infatti con drammatica teatra- rose versioni tra cui quella a Roma
di Maria. La luce è tutta concentrata lità le mani e i volti addolorati degli della Galleria Spada (nella quale
sul corpo di Cristo e da esso pro- astanti posti tutto intorno a lambire non compare la Maddalena), va si-
mana sulla scena, definendo impieto- quelle sacre spoglie. tuata tra il 1612 e il 1615, quindi
samente i chiari e gli scuri della La data di esecuzione del Com- negli ultimi anni di vita di Borgianni.
rappresentazione. Dal buio emer- pianto, di cui si conoscono nume- [MSS]

Guercino (Giovan Francesco


Barbieri, detto il)
(Cento 1591-Bologna 1666)

27 San Pietro piangente


1639
Olio su tela
110x78 cm
N. inv. 878
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)
L’opera, che ritrae il pianto di Pie-
tro, pentito per aver rinnegato tre
volte Gesù Cristo, inquadrato sullo
sfondo da un edificio monumentale,
è da mettere in relazione con un di-
pinto della stessa iconografia e di
certa paternità guercinesca conser-
vato presso la National Gallery of
Scotland di Edimburgo, di cui que-
sto di Palazzo di Venezia sarebbe
una copia di bottega.
Giovan Francesco Barbieri, forma-
tosi nella sua provincia d’origine
sulla tradizione pittorica ferrarese,
fu assai presto attratto dalla vicina
Bologna dove i fratelli Carracci si pittorico caratterizzato da un vivo Venuto a Roma tra il 1621 e il ’23 al
erano già affermati come i grandi ri- cromatismo e sorretto da un disegno seguito del bolognese papa Gregorio
formatori della pittura. In partico- invisibile in grado di governare la XV Ludovisi, egli si impegnò nella rea-
lare egli ammirò Ludovico, da cui composizione senza per questo limi- lizzazione di numerose opere in al-
derivò gran parte del suo linguaggio tarne la fantasia pittorica. trettanti cantieri capitolini. [MSS]
36 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Alessandro Algardi
(Bologna 1598-Roma 1654)

28 Battesimo di Cristo
1646 ca.
Terracotta dorata, con tracce
di patina in argento
58x51 cm
N. inv. 13474
Acquisto Pratesi (2004)

Nel suo testamento lo scultore Ales-


sandro Algardi lasciò questa terra-
cotta al maggiordomo di Innocenzo
X, Monsignor Cristoforo Segni, suo
esecutore testamentario nonché
principale sostenitore dell’artista
presso la corte Pamphilj. Il Battesimo
risulta in casa Segni a Bologna fino al
Settecento, dopo di che se ne per-
dono le tracce fino ai nostri giorni
quando, a seguito dell’identificazione
sul mercato antiquario, è stato acqui-
stato dallo Stato italiano.
La terracotta, la cui doratura è un’ag-
giunta posteriore, va ritenuta un mo-
dello per diverse fusioni in bronzo e
forse per quella in argento, oggi di-
spersa, donata al pontefice Innocenzo per esser lo Santo protettore della gure allungate: uno stile derivato dalla
X, al secolo Giovanni Battista Pam- sua famiglia” (Bellori, 1672). Qualità giovanile educazione dello scultore
philj, che “se ne compiacque molto principale dell’opera è la chiarezza e nella bottega dei Carracci, a Bologna.
per alludere al suo proprio nome e la nobiltà della composizione con fi- [GP]

Giorgio Vasari le pitture murali furono ricomposte divinità classiche che reggono i singoli
(Arezzo 1511-Firenze 1574) nell’attuale ambiente nel 1929 a cura mesi. Gli altri mesi si riferiscono fe-
di Federico Hermanin, primo diret- delmente alla tradizione iconografica
29 Affreschi Altoviti tore del Museo Nazionale del Pa- delle attività umane, per lo più legate
1553 lazzo di Venezia. alla coltivazione della terra. In ognuna
Pitture a fresco staccate e riportate Eseguite nel 1553 da Giorgio Vasari, delle dodici raffigurazioni sono rap-
Palazzo Altoviti (1929) le composizioni pittoriche si rag- presentati, anche se non tutti chiara-
gruppano attorno alla rappresenta- mente visibili, i segni zodiacali. I
La sala Altoviti, posta a conclusione zione centrale dell’Omaggio a Cerere, quattro riquadri monocromi illu-
dello storico appartamento Cybo costituita da un gruppo di ben dodici strano il mito di Cerere e Trittolemo,
del Palazzo di Venezia, prende il figure che porgono offerte alla dea il figlio del re d’Eleusi, cui la dea inse-
nome dalla decorazione a fresco e della terra. I due riquadri laterali rap- gna l’arte della coltivazione della terra
stucchi che occupava la volta dello presentano l’Arno incoronato da Fi- affidandogli il compito di diffonderne
studiolo sito al piano terra del pa- renze e il Tevere incoronato da Roma; la pratica e il significato: Cerere allatta
lazzo cinquecentesco del celebre alle estremità una Zuffa di Tritoni e una Trittolemo, Cerere sottopone Trittolemo
banchiere fiorentino Bindo Altoviti, Zuffa di Centauri. Sui peducci della al rituale del fuoco (per dargli vita
situato sulla sponda sinistra del Te- volta sono disposti, due su ogni lato eterna), Cerere affida a Trittolemo la sua
vere all’altezza di Ponte Sant’Angelo. breve, quattro sui lati lunghi, i dodici missione, Cerere riparte alla ricerca di
Staccate nel 1888, quando i lavori di scomparti con le personificazioni dei Proserpina.
arginatura del Tevere avevano impo- Mesi. Marzo e Aprile, rappresentati ri- Nella volta Altoviti sono presenti inol-
sto la distruzione della dimora ro- spettivamente da Marte e Venere, se- tre alcuni ritratti che fanno precisi ri-
mana della grande famiglia fiorentina, guono l’iconografia connessa alle ferimenti al presente di Bindo Altoviti:
ANTICAMERA E SALE 1-10 37


Vasari ha infatti l’abitudine di inserire tente Bindo è presente nella raffigu- tava assiduamente. I tre medaglioni in
ritratti di amici e committenti nei suoi razione sotto le spoglie del sacerdote stucco in opera sulle pareti rappre-
dipinti, magari celati in abiti d’epoca e ammantato di giallo che offre l’anfora sentano altrettante divinità classiche
mescolati ai personaggi della narra- a Cerere; accanto a lui appare il volto simboleggianti gli elementi, poste su
zione. È ravvisabile l’autoritratto di di tre quarti di un altro sacerdote la cocchi trainati dagli animali ad esse
Vasari nelle vesti di un contadino che cui fisionomia è palesemente riferibile sacri: Vulcano e Cerbero (Fuoco), Net-
miete il grano nel riquadro del mese all’immagine di Michelangelo Buonar- tuno e i cavalli marini (Acqua), Giunone
di luglio, anche il volto del commit- roti che Vasari in quegli anni frequen- e i pavoni (Aria). [MSS]

Arte romana di età imperiale si avvolge in due giri intorno al


(epoca di Antonino Pio: 138-161 d.C.) capo. L’opera è stata ritenuta una
replica della testa di Nike, personi-
30 Testa femminile ficazione della Vittoria, che lo scul-
140 d.C. tore Paionios di Mende avrebbe
Marmo bianco con venature eseguito prima del 421 a.C. per or-
blu-grigie nare un alto pilastro davanti al fron-
33x25x30 cm (senza base)
tone orientale del tempio di Zeus a
N. inv. 3256
Collezione Mond, già Hertz (1921) Olimpia, a ricordo della vittoria
sugli spartani. Studi recenti indivi-
La testa, dal volto impostato classi- duano la scultura come replica ro-
camente con grandi occhi di forma mana, datata al 140 d.C., della ben
ovale, bocca socchiusa e collo ro- più famosa Nike poggiata sulla mano
busto, è caratterizzata dall’accon- destra dell’Athena Parthenos realiz-
ciatura dei capelli raccolti sulla nuca zata da Fidia per il Partenone di
e trattenuti da una larga benda che Atene (438-437 a.C.). [MGB]
38 APPARTAMENTO CYBO - LA PINACOTECA

Jacob Cornelisz Cobaert,


bottega di Gian Lorenzo Bernini
(Enghien? 1530/35-Roma 1615)
(seconda metà del XVII sec.)

31 Croce d’altare e figure di santi


e profeti
1610 ca. e 1660 ca. (crocifisso)
Bronzo dorato e argentato, ebano,
lapislazzuli
Base 71x95,5x24 cm; croce h. 98
cm; statua di Gesù 45 cm; statue
degli Evangelisti e dei Profeti 25,5
cm; statue della Vergine e di
Giovanni 23 cm; statua della
Maddalena 21 cm.
N. inv. 13475
Acquisto Baroni (2005)

L’opera è un raro e prezioso alta-


rolo destinato alla devozione pri-
vata, eseguito nel primo decennio
del Seicento. La personalità emi-
nente dell’ignoto committente del-
l’opera, il suo ruolo e la sua fortuna
nella società romana del tempo
emergono chiaramente dalla qualità
delle sculture e dalla preziosità e
varietà dei materiali adoperati dal-
l’artista (bronzi dorati o argentati
per i santi e profeti, pannelli di lapi-
slazzuli per rifinire la base in ebano).
La fattura delle statue dei quattro
Evangelisti e dei due Profeti nell’or-
dine inferiore dell’opera, così come
anche le figure degli angioletti e le
numerose ghirlande che ornano il
monumentale altarolo, richiamano
senza possibilità d’errore il magni-
fico tabernacolo del Cobaert, in
origine destinato alla cappella Con-
tarelli di San Luigi dei Francesi: i
modelli adoperati per gli Evangelisti
di Palazzo di Venezia sono gli stessi,
tranne l’eliminazione di alcuni attri-
buti; originale è invece il gruppo dei
dolenti sul Golgota, ai piedi della
Croce, costituito dalla Madonna,
dalla Maddalena e da Giovanni.
Appare chiaramente sostituito il altre figure dell’opera: il modello del di San Pietro in Vaticano su commis-
pregevole Crocifisso, in bronzo ar- Cristo deriva dal Cristo morto realiz- sione di Alessandro VII (1658 e
gentato, che corona l’altarolo, non zato dal Bernini, assieme con il Cri- 1659), modelli famosi, replicati an-
coerente per proporzione con le sto vivo, per i crocifissi delle cappelle cora nel XVIII secolo. [PC]
ANTICAMERA E SALE 1-10 39

Anonimo francese La tecnica della pittura a pastello


caratterizzò gran parte della ritrat-
32 Coppia di coniugi tistica del Settecento, perché ben si
Metà del XVIII sec. adattava alle esigenze dell’alta no-
Pastello su carta riportata biltà europea: il gusto raffinato ti-
su tela pico del XVIII secolo, infatti, trovò
108x88 cm nel tratto leggero e impalpabile del
N. inv. 7821 pastello il mezzo ideale per esaltare
Collezione Tower-Wurts (1933)
lo sfarzo degli abiti e il candore
degli incarnati e delle acconciature
Il dipinto, realizzato a pastello su carta, vaporose.
raffigura una giovane coppia di sposi a Il dipinto è esposto insieme a una
mezzo busto. Una recente ipotesi at- serie di ritratti, per lo più di scuola
tributiva ritiene autore dell’opera francese e inglese del XVIII e XIX
lo svedese Alexandre Roslin (1718- secolo, donati allo Stato Italiano nel
1793) e riconosce nei due personaggi 1933 da George ed Henriette
il pittore italiano Giuseppe Baldrighi Wurts. [CV]
e sua moglie Adelaide Nugot.

Manifattura napoletana

33 Portantina Ruffo
XVIII sec.
Legno, tempera, velluto
176x88x104 cm
N. inv. 3861
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

La portantina è uno splendido esem-


plare di arredo da parata apparte-
nuto alla famiglia Ruffo che contribuì,
nel 1799, alla restaurazione del
Regno dei Borboni nella città parte-
nopea. L’esterno, intagliato e deco-
rato, è costituito da cinque pannelli
dipinti a tempera su foglia d’oro e da
elementi decorativi, mentre l’interno
è foderato da velluto verde ricamato
con fili d’argento. Sulla cupoletta in
cuoio è un pinnacolo in rame do-
rato, materiale usato anche per la
maniglia. Nei riquadri pittorici, di
gusto arcadico e attribuibili al pit-
tore napoletano Giacinto Diano,
sono riprodotte figure allegoriche di
ninfe, puttini e fauni in ambienta- Le portantine e le carrozze prodotte decorazione, spesso affidata ad artisti
zione campestre. La scena sul pan- nella Napoli del XVIII secolo erano di rilievo come Francesco De Mura,
nello frontale rappresenta Venere e apprezzate dai viaggiatori stranieri Francesco Solimena e lo stesso Gia-
Adone. per la leggerezza e la bellezza della cinto Diano. [GP]
PASSETTO DEI CARDINALI LE PORCELLANE
Sala 11
42 PASSETTO DEI CARDINALI - LE PORCELLANE

 I CAPOLAVORI a collezione di porcellane del Museo è formata essenzialmente

39 Giappone, manifattura Kyō-


Satsuma (Kyōto); 40 Napoli, Real
Fabbrica Ferdinandea; 43 Cina,
manifattura di Jingdezhen (Jian-
L da pezzi europei e dell’Asia Orientale, provenienti dalla dona-
zione Ruffo di Motta Bagnara del 1919 (espressione delle raf-
finate scelte di un antico casato) e dalla collezione Tower-Wurts del
1933 (testimonianza di un’articolata e vivace raccolta dei coniugi ame-
gxi); 45 Spagna, Manifattura del
Buen Retiro. ricani Wurts, influenzati anche dalla moda del Japonisme di fine Otto-
cento). A queste si affiancano altre pregevoli acquisizioni avvenute nel
corso del tempo.
Nel 2004, dopo che le porcellane cinesi e giapponesi erano state inte-
gralmente schedate, e quelle occidentali, insieme con i pezzi della Com-
pagnia delle Indie, erano state pubblicate, si procedeva a un nuovo
allestimento con la scelta di esemplari sia orientali sia occidentali, collo-
39 40
cati nelle venti vetrine poste lungo il passetto dei Cardinali. Il criterio
adottato vuole mostrare in entrambe le aree lo sviluppo e le diversifica-
zioni delle varie produzioni dal tardo XVII secolo agli inizi del Nove-
cento, visualizzando anche l’interscambio culturale tra Oriente e
43 Occidente.
45
Così, la quinta vetrina delle porcellane orientali (Figg. 34-39) propone al-
cune imitazioni di modelli cinesi da parte di manifatture occidentali (Fig.
37), ma anche islamiche. La sedicesima vetrina di porcellane occidentali
(Figg. 40-45) è interamente dedicata a una selezione di pezzi del Servizio
dell’Ombrellino (Fig. 43), una produzione cinese su disegni olandesi.
L’invenzione della porcellana (ci) in Cina, dopo un elaborato e lungo
processo di ricerca, risale al VI-VIII d.C. ca. e per diverse centinaia di
anni venne gelosamente custodito il ‘segreto’ del composto, formato da
purissima argilla bianca (il caolino) e da materiale feldspatico non plastico
(derivato da rocce granitiche in deperimento e fatto essiccare in piccoli
blocchi bianchi, chiamati dai cinesi baidunzi, da cui il nome “petuntse”),
sottoposto a una cottura ad alte temperature tra i 1280-1400 gradi. A
partire dal XVII secolo anche in Giappone, inizialmente nella zona di
Arita e tramite ceramisti coreani, fiorirono i forni che rivaleggiarono con
le manifatture cinesi del Jiangxi e del Fujian.
In Occidente, dopo tanti tentativi falliti, verso il 1707-09 in Germania,
l’alchimista Johann Friederich Böttger (1682-1719) riuscì finalmente a
conseguire risultati definitivi. La prima manifattura fu quella di Meis-
sen, fondata nel 1710, quindi, dal 1718 in poi, quelle di Vienna e di Ve-
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. nezia, cui seguirono tutte le altre. [PF]
SALA 11 43

Cina, manifattura di Jingdezhen anche l’ornamentazione propone un


(Jiangxi) bestiario, tipico del periodo, con uc-
(epoca Qing: 1644-1911) celli e animali mitici, come il qilin (be-
neaugurante animale composito,
34 Vaso rouleau con decoro simbolo di bontà e di prole nume-
bianco e blu rosa), inseriti in un frastagliato
Fine del XVII-inizi del XVIII sec. paesaggio montuoso con acque im-
Porcellana e ossido di cobalto petuose e nubi. Sulla base compare,
77,2 cm come marca di regno, il doppio cer-
N. inv. 7373
chio concentrico blu vuoto al cen-
Collezione Tower-Wurts (1933)
tro, perché un editto di Kangxi del
1667 proibì di apporre all’interno il
Il vaso, un eccellente esemplare della nome di regno dell’imperatore (nian-
tipologia bianco e blu (qinghua), ri- hao). La produzione bianco e blu
sale all’epoca dell’imperatore Kangxi (dove l’ossido di cobalto si fissa in-
(1662-1722), sia per la forma, detta delebilmente sotto coperta, soppor-
rouleau (vaso cilindrico a spalla piatta tando agevolmente la cottura ad alte
con collo alto e slanciato, sempre ci- temperature), iniziò verso il se-
lindrico, e ampia bocca ad anello), sia condo decennio del Trecento e fu
per la decorazione, in blu cobalto, sempre molto apprezzata dai mer-
estremamente brillante e intenso; cati esteri. [PF]

Cina, manifattura di Jingdezhen


(Jiangxi)
(epoca Qing: 1644-1911)

35 Piatto in smalti policromi


della Famiglia verde
Primo quarto del XVIII sec.
Porcellana e smalti
D. 38,5 cm
N. inv. 3734
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il piatto, a parete curva su un breve


piede ad anello, è ornato al centro
con un albero di pruno, che può al-
ludere tanto all’inverno quanto al
primo sbocciare della primavera,
visto che inizia a fiorire prima che munemente conosciuta come “Fa- del Settecento raggiunse il culmine
termini la stagione fredda. Nella miglia verde”. In Cina tale produ- per capacità espressive e decora-
decorazione compaiono anche il zione s’indica come yingcai (colori tive, attraverso un accorto uso di
fungo dell’immortalità e il crisan- duri), esito di un lungo processo di netti contrasti di colore degli smalti
temo, emblema dell’autunno. Il elaborazione, che si definì compiu- traslucidi tendenti al verde, accanto
pezzo utilizza gli smalti sopra co- tamente sotto il regno di Kangxi ad altre gradazioni di smalti brillanti
perta della tavolozza policroma co- (1662-1722). Nel primo ventennio e opachi. [PF]
44 PASSETTO DEI CARDINALI - LE PORCELLANE

Cina, manifattura di Jingdezhen sole, camini, armadi e cabinets. Il de-


(Jiangxi) coro propone un paesaggio che ri-
(epoca Qing: 1644-1911) chiama anche modelli occidentali,
piuttosto che quelli più squisita-
36 Potiche in smalti policromi mente cinesi. Il pomo dorato del co-
della Famiglia rosa perchio raffigura il cosiddetto cane di
Seconda metà del XVIII sec. Fo, ossia il leone buddhista. La tavo-
Porcellana e smalti lozza utilizza i colori chiari pastello
51,5 cm della cosiddetta “Famiglia rosa”. Tale
N. inv. 758
produzione iniziò verso il 1720 in
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919) Cina, dove s’indica come fencai (co-
lori tenui), o anche ruancai (tonalità
morbide), per sottolineare la pre-
Il vaso “a balaustra” sormontato da ponderanza dell’uso di smalti pallidi
un coperchio viene solitamente de- e poco contrastanti sopra la coperta;
nominato potiche. Con altri due vasi un altro termine usato è, infine, yan-
a tromba (cornets), esposti ai suoi lati gcai (colori stranieri), dall’origine eu-
(n. inv. 756-757), forma una garniture ropea dei pigmenti, come la ‘porpora
de cheminée. In Europa, infatti, gruppi di Cassio’, per le varie gradazioni di
di tre o cinque vasi ornavano men- rosa, e l’arsenico, per il bianco. [PF]

Francia, manifattura Samson loto. Il pezzo per forma (la larga co-
(Parigi) lonna di balaustra), tipo di decoro
(1873-tuttora in funzione) (la coppia di fenici, simbolo di feli-
cità coniugale, in un giardino tra
37 Potiche in smalti policromi sul rocce e grandi peonie) e scelte cro-
tipo della “Famiglia rosa” matiche (gli smalti di tipo “Famiglia
cinese rosa”) potrebbe sembrare cinese.
Seconda metà del XIX sec. Tuttavia, malgrado la presenza di
Porcellana e smalti tutti questi elementi, si nota una in-
56,4 cm congruità nelle soluzioni decorative
N. inv. 7753
adottate, nel timbro dei colori e
Collezione Tower-Wurts (1933)
nella costruzione spaziale. Il vaso ri-
sulta un ottimo esempio di quella
Il vaso, in coppia con un altro non produzione di geniale imitazione,
esposto, è dotato di un coperchio a apertamente ispirata da prototipi
calotta ribassata e tesa obliqua, sor- cinesi, della manifattura Samson
montato da un pomo a bocciolo di père et fils. [MLC]
SALA 11 45

Giappone, manifattura Arita pone nella seconda metà del XVII se-
(prefettura di Saga) colo. Una beltà femminile (bijin) in-
(periodo Meiji: 1868-1912) dossa un ampio kimono foderato
dalle lunghe maniche, fermato all’al-
38 Statuina femminile in smalti tezza della vita dalla cintura (obi) ter-
policromi Imari minante con un ampio fiocco; sotto
Ultimo quarto del XIX sec. s’intravede il sottokimono (juban). La
Porcellana e smalti giovane, leggermente piegata in
44,3 cm avanti, trattiene nella mano sinistra
N. inv. 8554/1
una piccola borsa, mentre con l’altra
Collezione Tower-Wurts (1933)
solleva un lembo della veste, sco-
prendo parte del piede che calza il
La pregevole statuina risale alla prima tabi. La raffinata decorazione floreale
fase del periodo Meiji (1868-1912) ed di abito e accessori testimonia anche
è riconducibile alla produzione delle l’eleganza della tradizione tessile
manifatture di Arita nella tipica tavo- giapponese.Tali statuine erano molto
lozza Imari (blu cobalto sotto co- ricercate sul mercato e non è raro
perta, fissato ad alte temperature e trovarne di simili, caratterizzate,
smalti rosso ferro e oro, cotti quindi però, da differenti decori nelle vesti
a basse temperature) ideata in Giap- o da diverse posture. [PF]

Giappone, manifattura a tromba. Il pezzo è un superbo


Kyō-Satsuma (Kyōto) esempio dell’altissima qualità rag-
(periodo Meiji: 1868-1912) giunta dalle manifatture Satsuma di
Kyōto tra la fine dell’Ottocento e
39 Vaso a sagoma di bottiglia l’inizio del Novecento, testimoniata
Fine del XIX sec. dall’articolata produzione di opere
Ceramica porcellanosa e smalti per le grandi esposizioni universali e
75,5 cm per una raffinata clientela di cono-
N. inv. 9217/526
scitori e collezionisti. L’opera, con la
Collezione Tower-Wurts (1933)
sua stilizzata cascata di foglie, carat-
terizzata da un ricercato uso del-
Il vaso in grès di colore bianco-avo- l’oro, rivela una estrema eleganza e
rio presenta una fitta rete di minute ben s’inserisce nel novero di quei
screpolature, appositamente otte- prodotti giapponesi che influenza-
nute in fase di cottura (craquelures). rono le tendenze più creative e in-
La forma si caratterizza per un’am- novative del Liberty. Sulla base è
pia pancia globulare con un lungo e impresso il marchio del ceramista.
slanciato collo cilindrico che si apre [PF]


46 PASSETTO DEI CARDINALI - LE PORCELLANE

Napoli, Real Fabbrica


Ferdinandea
(1771-1806)

40 Ritratto di Maria Carolina


“all’eroica”
1795-1804
Modellatore: Filippo Tagliolini
Biscuit
40 cm
N. inv. 3636
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il pezzo raffigura la Regina Maria Ca-


rolina di Napoli, consorte di Ferdi-
nando IV di Borbone (1752-1814).
Esso costituisce una testimonianza
esemplare di quella vastissima pro-
duzione in biscuit (termine con il
quale si designa la porcellana non
verniciata, sottoposta a due succes-
sive cotture) che contraddistinse la
fabbrica napoletana nel segno del
Neoclassicismo dell’ultimo scorcio
del Settecento.Voluta da Ferdinando
IV e attiva dal 1771, ne fu rappre-
sentante prestigioso lo scultore Fi-
lippo Tagliolini (1745-1809) che
espresse la sua personale visione 
dell’Antico, integrata dall’approccio livello esecutivo. La nostra Maria cosiddetta Hera Farnese, giunta a
diretto con i tesori di Ercolano e Carolina, il cui volto è chiaramente Napoli con le sculture antiche della
Pompei, di recente dissepolti, in una ripreso da ritratti ufficiali, è debi- collezione omonima, oggi conser-
rivisitazione della classicità di grande trice nella figura, abbigliata come vate nel Museo Archeologico Na-
eleganza formale e di ineccepibile quella di una matrona romana, alla zionale. [MLC]

Manifattura di Doccia tino, primeggiò ben presto tra le


(1737-1896) coeve fabbriche europee per una
linea decisamente innovativa, sia sul
41 Ganimede e l’aquila piano della fantasia inventiva sia su
1750-55 quello formale e cromatico. Per
Modellatore: Gasparo Bruschi quanto riguarda la produzione pla-
Porcellana bianca stica, sotto la direzione dello scultore
27 cm
Gasparo Bruschi, essa privilegiò pezzi
N. inv. 8624
Collezione Tower-Wurts (1933) tratti dalla statuaria classica e, come
nel nostro caso, dalle opere più signi-
Il gruppo, che illustra il mito di Gani- ficative degli artisti contemporanei.
mede rapito in cielo da Giove sotto Eccellente esempio dell’alto livello
le spoglie di un’aquila, è da ascrivere qualitativo raggiunto dalle realizza-
probabilmente a un modello del zioni di Bruschi, il Ganimede conserva
grande scultore toscano Massimiliano le qualità squisitamente pittoriche dei
Soldani Benzi, acquistato dal marchese prototipi soldaniani, esaltate dalla tra-
Carlo Ginori (1702-57), per la neo- duzione in porcellana traslucida, che
nata manifattura di Doccia. Sorta nel conserva il pathos emotivo e senti-
1737 nel territorio di Sesto Fioren- mentale dell’originale. [MLC]
SALA 11 47

Napoli, Real Fabbrica prototipo figurativo è quello del più


Ferdinandea celebre complesso del genere: il Ser-
(1771-1806) vizio dell’Oca, eseguito per la corte na-
poletana tra il 1793 e il 1795 e oggi
42 Rinfrescatoio conservato per la massima parte al
1790-95 Museo di Capodimonte.
Porcellana policroma Il tema del vedutismo, che in quegli
20 cm anni raggiunse il massimo della diffu-
N. inv. 10904
sione, allo scopo di pubblicizzare le
Comitato Lavori Palazzo di Venezia
(1928) bellezze naturali e artistiche del
regno, coniugò le esigenze del “pit-
toresco” con quelle di una docu-
Il pezzo è verosimilmente l’unica te- mentazione di prima mano dei
stimonianza rimastaci di un servizio monumenti antichi. Per quanto ri-
da tavola che illustrava una serie di guarda la nostra porcellana, la fedeltà
Vedute obbligate di Napoli e dei Siti descrittiva delle riserve, esaltata
reali. Le riserve che figurano sul ma- dalla perfetta esecuzione tecnica, si
nufatto rappresentano infatti una Ve- condensa in una grafia di straordina-
duta di Castello dell’Ovo e una Veduta ria nitidezza e precisione, quasi fo-
della darsena e del Palazzo Reale. Il tografica. [MLC]

Cina, manifattura di Jingdezhen


(Jiangxi)
(epoca Qing: 1644-1911)

43 Servizio dell’Ombrellino
1736-38 ca.
Porcellana e smalti
Composto da 270 pezzi
N. inv. 3317-3585 bis
Collezione Ruffo di Motta Bagnara
(1919)

Il famoso servizio è decorato in blu


cobalto sotto coperta e smalti rosso
ferro e oro sopra coperta, nella tavo-
lozza di tipo Imari cinese, ripresa dai
modelli giapponesi. Nei piatti di varie
forme e dimensioni, nelle zuppiere,
nelle salsiere e nei due candelieri,
viene riportato il disegno, eseguito in
Olanda verso il 1734 da Cornelis
Pronk (1691-1759) per la Compagnia
delle Indie. In Cina, infatti, vennero
realizzati numerosi esemplari in di-
verse tavolozze, riproducendo il tema
della dama che osserva dei piccoli uc-
celli in un giardino accompagnata da
un’ancella con un parasole; tali pezzi 
rappresentano una eccellente testi-
monianza del gusto per le “cineserie”. Anche in Giappone si commissiona-
Un primo gruppo risale al 1736-1738, rono dei servizi con una simile figu-
ma dato il successo riscosso in Eu- razione, sostituendo la dama cinese
ropa i forni cinesi ne produssero suc- con una giapponese e semplificando
cessivamente ancora. il parasole. [PF]
48 PASSETTO DEI CARDINALI - LE PORCELLANE

San Pietroburgo, Manifattura cittadine; nel nostro caso la tesa po- fronti di tutti i generi e di tutti gli stili.
Imperiale lilobata di un blu profondo, percorsa Ciò è tanto più vero nel caso della
(1750-1918) da fronde e motivi in oro a leggero porcellana russa e della fabbrica im-
rilievo, incornicia una veduta dell’Ac- periale. Operante dal 1750 sotto
44 Piatto ornamentale cademia delle Scienze di San Pietro- l’egida della zarina Elisabetta, figlia di
1830-40 burgo. Il vedutismo su porcellana, che Pietro il Grande, e portata da Cate-
Porcellana policroma realizza una sorta di contaminazione rina II al massimo del suo splendore,
D. 23,5 cm tra l’oggetto di lusso e il quadro, ebbe essa soffrì di una cronica mancanza di
N. inv. 8606/1
la sua massima voga nella prima metà identità subendo dapprima l’influsso
Collezione Tower-Wurts (1933)
del XIX secolo, testimonianza signifi- della manifattura di Meissen e suc-
cativa di una globalizzazione ante lit- cessivamente di Sèvres. Il pezzo qui
Il piatto fa parte di una serie di quat- teram delle arti figurative, praticata dal esaminato appartiene all’epoca di Ni-
tro, illustranti altrettante architetture positivismo ottocentesco nei con- cola I (1825-55). [MLC]

Spagna, Manifattura del Buen Laterano, appartenente alla grandiosa barocca e tardobarocca romana te-
Retiro serie degli Apostoli, eseguiti su com- stimonia altresì l’impegno a riscattare
(1759-1812) missione del cardinale Benedetto un’attività pur sempre artigianale,
Pamphilj a partire dal 1706. Esem- qual è la porcellana, dai limiti angusti
45 L’apostolo Andrea plata sull’originale omonimo realiz- del ‘mestiere’, elevandola al rango di
1765 ca. zato da Camillo Rusconi (1709), arte.
Porcellana policroma l’opera costituisce una testimonianza La manifattura del Buen Retiro, filia-
47 cm del filone ‘colto’ della fabbrica, fon- zione di Capodimonte in Spagna,
N. inv. 7950
data a Capodimonte per volontà di dopo la designazione del sovrano
Collezione Tower-Wurts (1933)
Carlo III di Borbone (1743). Essa si borbonico a re di quel Paese (1759),
rifà a soggetti letterari, mitologici e potenziò la produzione plastica a ca-
Il personaggio, il cui pendant, presente religiosi sulla scorta di testi e figura- rattere sacro nei suoi esiti di teatra-
ugualmente in esposizione, raffigura zioni legati alle più qualificate espres- lità, di enfasi, di calda e preziosa
l’apostolo Pietro, riproduce libera- sioni della cultura italiana e europea. policromia, entro la quale può ragio-
mente la scultura dello stesso sog- Nel nostro caso, l’adeguamento a nevolmente collocarsi il nostro
getto collocata in San Giovanni in modelli della scultura monumentale pezzo. [MLC]
SALA 11 49


APPARTAMENTO QUERINI
ARTE MEDIEVALE E SCULTURE RINASCIMENTALI
Sale 12-13
52 APPARTAMENTO QUERINI – ARTE MEDIEVALE E SCULTURE RINASCIMENTALI

 I CAPOLAVORI el 1733 Angelo Maria Querini, cardinale titolare della ba-

46 Manifattura romano-laziale (?);


47 Manifattura campano-laziale; 48
Arte romana; 49 Manifattura del-
l’Europa centrale (mosana?);51 Ma-
N silica di San Marco (1728-33), aggiunse un appartamento
estivo, costituito da alcune sale e una terrazza, all’ala già de-
stinata ai cardinali.
Alla sala, oggi dedicata all’arte medievale, si accede attraverso l’antico
nifattura bizantina;52 Nicola Pisano;
53 Manifattura dell’Italia centro- camminamento di ronda, che lo stesso Querini chiuse nella parte supe-
meridionale; 54 Mino da Fiesole riore trasformandolo in un corridoio, noto come passetto dei Cardinali.
(Mino di Giovanni, detto).
Parte delle opere proviene dal Museo Kircheriano, fondato dal gesuita
Athanasius Kircher al Collegio Romano (1651) e disciolto con la sop-
pressione della Compagnia di Gesù (1773): gli oggetti d’arte conflui-
rono nei Musei Vaticani, mentre le raccolte scientifiche, etnografiche e
archeologiche, restarono al Collegio Romano. Dopo il 1870, a seguito
46 47 dell’annessione di Roma al nuovo regno, i reperti vennero trasferiti in
vari musei italiani e gabinetti universitari. A Palazzo Venezia le opere
giunsero nel 1920, dopo essere state esposte nelle Mostre Retrospettive di
Castel Sant’Angelo (1911) che celebravano il cinquantenario dell’unità
49
del Regno d’Italia.
48 Provenienze diverse hanno invece gli altri oggetti conservati nella sala,
tra cui si segnala, oltre le opere schedate, il frammento in bronzo raffi-
gurante la Pentecoste, parte di una delle 54 formelle della Porta Santa
della basilica di San Paolo fuori le mura, realizzata da Staurachios di
Scio (1070), commissionata dall’arcidiacono Ildebrando, futuro papa

51 52
Gregorio VII (1073-85) e finanziata dal ricco mercante amalfitano Pan-
taleone. La porta, ancora oggi in situ, venne gravemente danneggiata
dall’incendio del 1823 che distrusse la basilica, riedificata in forma me-
dievale da Pasquale Belli e Luigi Poletti (1823-28).
La sala successiva, da cui si accede a un’area oggi destinata a mostre tem-
poranee dedicate alla maiolica, ospita opere di differente tipologia e da-
54 a 54 b
tazione: i marmi con le Storie di san Girolamo (Fig. 54); tre mobili
53 rinascimentali decorati a intarsio, tra cui la Credenza con edifici merlati
e turriti; un Orciolo biansato da farmacia con versatoio (XVI sec.), della
manifattura di Montelupo, con lo stemma della famiglia fiorentina Ros-
selli; due statue lignee, una Santa di ambito padovano e una Puerpera,
54 c 54 d
in origine parte di un gruppo più articolato raffigurante una nascita,
(non sappiamo se di Maria, Giovanni Battista o Gesù). Dalla sala se-
guente si accede al palazzetto di Venezia, l’antico viridarium di Paolo
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. II, spostato tra il 1910 e il 1913 (v. Introduzione). [GP]
SALE 12-13 53

Manifattura romano-laziale (?)

46 Madonna col Bambino


Fine del XII sec.-inizi del XIII sec.
Legno di faggio policromo
109x37x18 cm
N. inv. 6964
Beneficio parrocchiale di Santa
Maria in Acuto, Fiuggi (1920)

L’opera, utilizzata probabilmente


come reliquiario, raffigura la Vergine
in trono che sostiene il Bambino be-
nedicente ed è uno dei rari esem-
plari di scultura lignea romanica nel
Lazio. È conosciuta anche come Ma-
donna d’Acuto perché ritrovata nella
omonima località presso Fiuggi. La bi-
dimensionalità e la rigida imposta-
zione frontale evidenziano una
diretta derivazione da modelli figura-
tivi bizantini e conferiscono alla scul-
tura la sacralità tipica delle icone. La
preziosa decorazione nel manto
della Vergine, nell’abito e nella corona
del Bambino è costituita da finte pie-
tre in vetro, mentre nel grande fer- 
maglio sul petto della Vergine sono vetro rosso. In questa opera si ri- compattezza delle forme, nelle gi-
incastonati due turchesi, un lapislaz- scontrano anche influssi romanico- nocchia sporgenti e nel movimento
zuli e uno smeraldo intorno a un lombardi che emergono nella solida del Bambino. [CV]

Manifattura campano-laziale

47 Cassa detta “di Terracina”


X-XI sec.
Legno di noce
60x106x66 cm
N. inv. 1480
Castel Sant’Angelo (1920)

Tra i più antichi cassoni giunti fino a


oggi, il mobile fu ritrovato nella cat-
tedrale di Terracina nel 1889, privo
dell’originale copertura. Destinata a
custodire documenti o paramenti
liturgici, la cassa ha una complessa
decorazione divisa su due registri. scontri tra uomini e animali, ripetuti sone e normanna) e orientali (sassa-
Nel pannello frontale, in alto, si di- anche nei pannelli laterali. Tutte le nide, bizantina, copta e araba) tipiche
stinguono un’aquila che afferra un scene di lotta sono racchiuse entro di quelle zone crocevia di culture
serpente e ai lati due cavalieri che arcatelle e il loro significato è proba- diverse come era il territorio di Ter-
lottano contro due centauri. Le quat- bilmente da ricondurre all’eterno racina. I tre tasselli mancanti sul pan-
tro figure sovrastano un vitello, un dualismo tra il bene e il male, tema nello frontale corrispondono alle
leone, un orso e un bue. Nella fascia assai ricorrente nell’arte medievale. serrature, di cui solo quella centrale,
inferiore Il peccato originale di Adamo S’individuano nella decorazione in- che non interrompe la decorazione,
ed Eva è affiancato da rilievi con fluenze occidentali (longobarda, sas- è originale. [CV]
54 APPARTAMENTO QUERINI – ARTE MEDIEVALE E SCULTURE RINASCIMENTALI

Arte romana 1300 Bonifacio VIII adottò la tiara a


tre corone. Il retro della scultura, in-
48 Pontefice sul faldistorio serita all’imposta di due archi fram-
Ultimo quarto del XIII sec. mentati, mostra in basso, all’altezza
Marmo bianco con tracce di del peduccio, un bassorilievo raffigu-
doratura sulla tiara rante il busto di un angelo con le ali
101x65x33,5 cm spiegate. Non esistendo documenti
N. inv. 724 certi riguardo alla funzione del
Castel Sant’Angelo (1919)
marmo e all’identificazione e crono-
La scultura raffigura un pontefice as- logia del pontefice raffigurato, è stata
siso in posizione frontale sul faldisto- supposta una originaria provenienza
rio, il sedile ecclesiastico impiegato dalla zona dell’Esquilino piuttosto
durante le cerimonie pubbliche. L’uf- che da una decorazione di portale,
ficialità della rappresentazione è per le ridotte dimensioni dell’opera.
anche sottolineata dall’abbigliamento È stata anche ipotizzata la mano au-
del papa, che indossa i paramenti tografa di Arnolfo di Cambio, oggi re-
sacri e la tiara gemmata con una sola spinta da alcuni studiosi che
corona. Proprio quest’ultima costi- collocano il marmo in area angioina
tuisce un ante quem cronologico, dal piuttosto che in ambito romano.
momento che solo dall’anno giubilare [MGB]



Manifattura dell’Europa centrale confessione della basilica di San Pie- tere episcopale, la mitra e il faldistorio
(mosana?) tro in Vaticano. La nicchia, situata sotto (sedile ecclesiastico).Tutt’intorno, nel-
l’altare papale, contiene l’urna di l’arco e alla base, sono rappresentati
49 Lunetta della Nicchia dei Palli bronzo in cui sono riposte le sottili gli Apostoli e i Profeti: i primi tengono le
1215 ca. stole bianche (palli) consegnate dai Sacre Scritture, fatta eccezione per
Bronzo dorato pontefici agli arcivescovi secondo un Pietro che stringe le chiavi con la
30x66 cm rito che risale al VI secolo. mano sinistra e benedice con la de-
Deposito Santuario di Santa Maria La decorazione della lunetta sul recto stra; i secondi recano cartigli.
delle Grazie in Vulturella è concentrata sul concetto di Cristo- Sul verso è incisa la scena della con-
(Mentorella), Capranica Prenestina
(1955)
Agnus Dei e Porta della Salvezza, le due segna dei palli, con il pontefice al
raffigurazioni sono poste in asse nel centro e i ventiquattro arcivescovi
La lunetta venne realizzata all’epoca di tondo centrale, circondate dai simboli neoeletti attorno a lui. È quasi del
Innocenzo III (1198-1215) come co- degli Evangelisti e sormontate da un tutto perduta l’originaria decora-
ronamento della Nicchia dei Palli nella secondo clipeo con i simboli del po- zione in smalto. [GP]
SALE 12-13 55

Manifattura bizantina

50 Trittico Casanatense
Prima metà del X sec.
Avorio
23,5x14,3 cm (centrale),
21x7,5 cm (laterali)
N. inv. 1490
Castel Sant’Angelo (1920),
già coll. Barberini (1748),
poi Biblioteca Casanatense (1907)

Si tratta di un trittico devozionale


con funzione rituale: le figure sacre
rappresentate venivano invocate du-
rante le litanie in onore del sovrano,
recitate in occasione di cerimonie li-
turgiche. Il pannello centrale raffi-
gura la Deesis (intercessione), con
Cristo fiancheggiato dalla Vergine e
san Giovanni Battista. In basso sono La lunga iscrizione in greco inserita VII Porfirogenito (913-959). Ritenuto
cinque apostoli, da sinistra a destra, tra i due registri permette di datare una delle più importanti opere del
Giacomo, Giovanni, Pietro, Paolo e l’opera alla prima metà del X secolo, periodo post-iconoclasta, conosciuto
Andrea. Nelle ante laterali sono ri- poiché il nome di Costantino, per il anche come Rinascimento mace-
prodotte figure di santi vescovi e quale s’invoca la protezione divina, è done, il trittico era in origine dipinto
martiri. riferibile all’imperatore Costantino e dorato. [GP]

Manifattura bizantina

51 Cofanetto nuziale
con Storie di David
Seconda metà del IX sec.
Avorio
12x6,2x11,7 cm
N. inv. 1491
Castel Sant’Angelo (1920),
già Museo Kircheriano (1874)

Lo scrigno è da ritenersi un dono


nuziale per il matrimonio della
coppia di imperatori bizantini, raffi-
gurati sul coperchio al cospetto
di due donatori. Le iscrizioni in
greco citano la “coppia imperiale
benedetta da Cristo”, associando
l’anima dell’imperatore a “un vaso
ricolmo di ricchezze” e il corpo 
dell’imperatrice a “un tesoro di quindici episodi, vanno dalla Nascita rina (865 ca.) o al secondo o al
doti straordinarie”. La scena della di David alla sua Incoronazione a re terzo matrimonio dell’imperatore
benedizione spiega perfettamente d’Israele e corrono su due registri Leone VI (898 o 900).
la relazione tra il cofanetto e il rac- lungo i lati del cofanetto e sul co- Pregevole la resa dell’altorilievo
conto biblico che si snoda lungo le perchio. Incerta la datazione, che con le figure emergenti quasi a
pareti istoriate, cioè quello di re oscilla tra il IX e il XII secolo, anche tutto tondo. Dell’originaria poli-
David, personaggio che nel testo se gli studi più recenti hanno pro- cromia restano poche tracce di
sacro viene definito “il benedetto posto di associare l’opera alle rosso sulle bocche e sulle vesti
da Dio”. Le storie, per un totale di nozze di Basilio I e Eudokia Inge- delle figure. [GP]
56 APPARTAMENTO QUERINI – ARTE MEDIEVALE E SCULTURE RINASCIMENTALI

Nicola Pisano formato in Puglia nei cantieri pro-


(1225 ca.-1278/84) mossi da Federico II di Svevia (1194-
1250), dove erano attivi intagliatori di
52 Testina muliebre gemme. Solo questo tipo di appren-
Metà del XIII sec. distato e l’abbondanza di pirite in To-
Pirite scana (estratta nella vicina Isola
13x10,8x10,5 cm d’Elba) può spiegare l’inusuale scelta
N. inv. 9734
del materiale impiegato. Nella solida
Castel Sant’Angelo (1936),
già Museo Kircheriano volumetria del viso è evidente il rife-
rimento ai modelli classici e tardoan-
tichi, propri della scultura federiciana.
Questa testa femminile velata è un Le pupille vuote ricavate con il tra-
raro esempio di scultura medievale a pano, le labbra socchiuse e la distin-
tutto tondo intagliata in un minerale, zione delle varie ciocche di capelli
forse usata come decorazione di una sono elementi presenti anche nei ca-
 mensola o di un capitello. L’opera, ri- pitelli e nelle teste-mensole scolpite
ferita a Nicola Pisano, risalirebbe ai nel duomo di Siena, nel cui cantiere
primi anni successivi all’arrivo in To- Nicola operò intorno alla metà del
scana (1245) del maestro, che si era XIII secolo. [CV]

Manifattura dell’Italia nella predellina in basso. Gli alveoli in


centro-meridionale cui sono inserite le paste vitree sono
ricavati a sbalzo nel rame.
53 Cristo Pantocrator La preziosità delle decorazioni e
XIII sec. l’impostazione ieratica della figura
Smalto su rame hanno fatto supporre per que-
69x19,5 cm st’opera una probabile origine bi-
N. inv. 1485 zantina, anche se nella sottile resa
Castel Sant’Angelo (1936), volumetrica si riscontra già una
già Museo Kircheriano
nuova ricchezza di linguaggio. Il Cri-
sto Pantocrator, ritrovato nell’area ro-
Lo smalto raffigura Cristo benedi- mana di Santa Maria in Trastevere, fu
cente “alla greca”, ossia con l’anulare anche ritenuto affine agli smalti della
e il pollice uniti a rappresentare la na- scuola di Limoges e agli esemplari
tura umana e divina che s’incontrano; del XII secolo che decoravano l’al-
la mano sinistra invece stringe il ro- tare della Confessione della basilica di
tolo della Legge. Il nimbo gemmato è San Pietro in Vaticano. Oggi l’opera
decorato con motivi a racemi floreali è ricondotta a una manifattura del-
intrecciati che si ripetono identici l’Italia centro-meridionale. [CV]


SALE 12-13 57

Mino da Fiesole
(Mino di Giovanni, detto)
(Papiano, Perugia 1429-Firenze 1484)

54 Storie di san Girolamo


1461-64
Marmo
110x62x8,5 cm
N. inv. 13591-13594
Museo Artistico Industriale (1957),
già Santa Maria Maggiore

I quattro rilievi vennero commis-


sionati per l’Arca di san Girolamo in
Santa Maria Maggiore dal cardinale
Guillaume d’Estouteville, arciprete
della basilica tra il 1443 e il 1483.
Nel 1586 l’arca venne rimossa nel-
l’ambito dei lavori per la creazione
della cappella funebre di Sisto V Pe-
retti (1585-90) e i rilievi portati
nella villa del papa, situata nei pressi
della basilica.
Non si conosce l’aspetto originario
dell’arca, né se comprendesse altri
rilievi. Le lastre illustrano episodi
della vita del santo: la prima, bipar-
tita, raffigura San Girolamo penitente
che si batte il petto e contempla il
crocifisso, e San Girolamo nello studio,
mentre traduce la Bibbia dal greco
al latino (la Vulgata); la seconda e la
terza, San Girolamo guarisce il leone e
Il leone riconduce al convento gli ani-
mali rubati. Nell’ultimo rilievo è scol-
pita la Visione di sant’Agostino che,
durante lo studio, viene a cono-
scenza della morte di Girolamo che
gli appare in una mandorla insieme a
Giovanni Battista.
Autore dei marmi è Mino da Fie-
sole, artista inizialmente al servizio
dei Medici, che completò la propria
formazione a Roma, studiando la
scultura antica e operando una sin-
tesi tra la tradizione fiorentina e il
classicismo. [GP]


PALAZZETTO LE MAIOLICHE
Sale 14-15
60 PALAZZETTO - LE MAIOLICHE

 I CAPOLAVORI a sezione delle maioliche, esposte a rotazione nelle sale 14 e

57 Manifattura romana; 58 France-


sco Xanto Avelli. L 15, documenta la produzione cinque e seicentesca italiana che
è rappresentata da un considerevole numero di manufatti ca-
ratterizzati da un repertorio figurativo ricchissimo e vario.
Significativa è la serie di piatti da pompa di Pesaro e Urbino dei primi
decenni del XVI secolo, decorati a tutto campo con scene mitologiche
dipinte da maestri maiolicari dell’istoriato, quali Francesco Xanto Avelli
e Orazio Fontana; i lustri metallici provenienti da Deruta con ornati
57 58
simmetrici dalle tonalità cangianti; le varie tipologie faentine, quali i
“bianchi” compendiari con le decorazioni monocrome, nonchè le cre-
spine e i piatti policromi decorati a quartieri simmetrici e a sezioni eli-
coidali, recanti sul cavetto effigi muliebri e stemmi gentilizi. Consistente
la sezione dei piatti da pompa delle fabbriche di Montelupo fiorentino
degli inizi del 1600, con le caratteristiche decorazioni di gusto mac-
chiettistico a vive coloriture. Altrettanto numerosi i manufatti realizzati
dal centro ceramico abruzzese di Castelli, di cui due grandi vasi da far-
macia rappresentano la cinquecentesca serie Orsini-Colonna, caratte-
rizzata dalla tipica policromia con blu cobalto, giallo e bianco. Un’altra
serie documenta con vigore quella che fu la ripresa dell’istoriato di tipo
urbinate da parte delle abili maestranze castellane che producevano
grandi piatti ornamentali con tesa decorata a fogliame, trofei e raffael-
lesche e il cavo decorato con scene mitologiche e di guerra.
Per numero e qualità artistica si distingue un nutrito gruppo di cerami-
che liguri di Genova, Savona e Albisola dei secoli XVII e XVIII, costi-
tuito da grandi piatti da pompa, da crespine e centrotavola con tese
baccellate e traforate, che recano i marchi delle più prestigiose manifat-
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. ture liguri quali Levantino, Salomone e Guidobono. [MSS]
SALE 14-15 61

Manifattura di Bagnoregio

55 Brocca da farmacia
con emblema di San Benedetto
1652
Maiolica a smalto berettino
con decorazione policroma
19,5x15 cm; 9,7 cm (orlo)
N. inv. 4990
Farmacia del monastero
di San Pietro di Montefiascone
(1919)

La brocca presenta corpo ovoidale,


largo piede appena svasato, breve
collo con orlo leggermente estro-
flesso, cannello a tubetto contrappo-
sto a un’ansa scanalata verticalmente
e terminante in due volute serpenti-
formi appiattite su un bottone
centrale. È ricoperta di smalto be-
rettino, tendente sul retro al vio-
letto, e reca decori a foglie di vite e
fiori in monocromia azzurro scuro
disposti su ampie e ripetute girali.
Nella fascia mediana frontale pre- in stile compendiario (stile pittorico nuto mediante la sospensione della
senta un cartiglio, con le estremità con pennellate veloci e macchie di decorazione a fogliami; essa è posta
ripiegate e arrotolate, sul quale è colori, che non definisce i partico- sotto l’attaccatura dell’ansa. L’in-
scritto, a caratteri capitali, il nome lari dell’immagine); alla sua base le terno ha un rivestimento di smalto
del preparato galenico. Sotto di iniziali S.B. Il retro è contrassegnato stannifero (vernice opaca riproduci-
esso, iscritta entro un ovale, c’è l’im- dalla data (1652) di realizzazione bile in più colori) bianco e poco
magine di san Benedetto, riprodotta che è inserita in un riquadro otte- corposo. [MSS]

Manifattura romana corazione con motivo “a foglia di


(fine del XVI-inizi del XVII sec.) prezzemolo” in blu cobalto su fondo
bianco. Sulla parte frontale cartiglio
56 Brocca della Spezieria recante la scritta in caratteri capitali
di Santo Spirito in Saxia MIVA CITONIOR e grande stemma
Maiolica policroma vescovile con emblema dell’Ospe-
32x26,1 cm dale di Santo Spirito e riferimento
S.n.i. araldico al commendatore dell’ospi-
Castel Sant’Angelo (1920)
zio (stemma con la doppia croce
sormontata dalla colomba affiancato
Brocca grande con corpo ovoidale da un angelo, emblema di un com-
su piede piano; breve collo e orlo mendatore non identificato. Al di
estroflesso, cannello cilindrico con- sopra dello scudo è il cappello car-
trapposto ad ansa bipartita termi- dinalizio). Proveniente dal corredo
nante con riccio serpentiforme su della spezieria dell’ospedale romano
mascherone in rilievo. Presenta de- di Santo Spirito in Saxia. [MSS]
62 PALAZZETTO - LE MAIOLICHE

Manifattura romana

57 Bacino con stemma


del cardinale Marco Barbo
1467-68
Maiolica policroma
D. 39,5 cm
S.n.i.
Dalla Torre Belvedere
del Palazzo di Venezia (1962)

Il disco in maiolica policroma, messo


in opera sulla torre intorno al 1467 a
cura e per volontà del cardinale
Marco Barbo, costituiva, insieme ad
altri bacini monocromi in blu cobalto
e verde ramina, il motivo decorativo
della fascia superiore della trabeazione
della Torre del Belvedere di Palazzo di
Venezia. Reca lo stemma cardinalizio
di Marco, nipote di papa Paolo II, car- 
dinale di San Marco e camerlengo di
Santa Romana Chiesa. Il leone ram- trato a lui nella committenza dei la- Torre, probabilmente da un colpo di
pante bianco in campo azzurro con vori per l’ampliamento del Palazzo fucile, venne rimosso per ragioni
banda trasversale gialla è reso con di Venezia, curò personalmente la si- conservative dall’originaria colloca-
segno deciso e vivace cromia. stemazione della Torre Belvedere. Il zione nel 1962, e da allora entrò a
Il cardinale veneziano Marco Barbo, bacino, gravemente danneggiato far parte delle collezioni storico-ar-
nipote di Paolo II, che era suben- quando era ancora in opera sulla tistiche del museo. [MSS]

Francesco Xanto Avelli


(Rovigo 1478 ca.-Urbino 1545)

58 Piatto istoriato col mito


di Esaco
1534
Maiolica policroma
3,4x26 cm
N. inv. 3044
Castel Sant’Angelo (1921)

Piatto a larga tesa e ampio fondino


istoriato con la rappresentazione del
mito di Esaco, tratto dalle Metamor-
fosi di Ovidio. Il manufatto sul retro
reca la firma autografa di Francesco
Xanto Avelli, maestro titolare in Ur-
bino di una grande bottega ceramica;
reca inoltre la datazione, e un’iscri- 
zione relativa al soggetto figurato:
“1534. Essacco in smergo nel cascar getta in mare da un’alta rupe ma in alto il giovane Esaco che precipita;
cangiossi. Nel libro d’Ovidio Met: viene salvato in volo dalla dea Teti in basso il corpo esanime della ninfa
F.X.A.R. in Urbino”. che lo trasforma in un uccello ac- ed Eros in un eloquente gesto di di-
La pittura maiolica illustra la dram- quatico (lo smergo). La rappresenta- sperazione e sulla destra un vecchio
matica storia del giovane Esaco che, zione policroma, caratterizzata da un dalla lunga barba bianca, probabil-
disperato per la perdita dell’amata, si ingenuo realismo figurativo, propone mente Priamo, padre di Esaco. [MSS]
SALE 14-15 63

Manifattura di Castelli zione a mezzo busto dell’immagine


di Didone nell’atto di trafiggersi col
59 Vaso da farmacia serie pugnale. Al collo del vaso è presente
Orsini-Colonna il cartiglio con la scritta, realizzata in
1530 ca. caratteri gotici, relativa all’indica-
Maiolica policroma zione del preparato officinale che il
33,5x26 cm vaso era destinato a contenere:
N. inv. 983 “DIA PRUIS S” (latino: diaprunis so-
Acquisto Ugo Iandolo (1919) lutivuum=diapruno solutivo).
Il vaso – insieme al suo pendant che,
Grande vaso con corpo globulare sempre al Museo del Palazzo di Ve-
su ampia base piana e cercinata, nezia, rappresenta una piccola va-
stretto collo con orlo estroflesso e riante del medesimo soggetto
due larghe anse a nastro verticali e storico – è riconducibile agli stilemi
contrapposte. grafico-decorativi tipici della cosid-
La decorazione, inserita in un’ampia detta tipologia Orsini-Colonna,
fascia che attraversa frontalmente espressa dalle maestranze del centro
l’intero corpo del manufatto cera- ceramico di Castelli nel corso della
mico, consiste nella rappresenta- prima metà del XVI secolo. [MSS]

Maestro di Pio II
(attivo nel settimo decennio del XV sec.)

60 Madonna col Bambino


1460-70 ca.
Marmo
152x80x3,5 cm
N. inv. 1635
Castel Sant’Angelo (1920)

Il marmo – di cui non si conosce la


provenienza e che per la prima volta
apparve alle mostre retrospettive di
Castel Sant’Angelo del 1911 – è stato
inserito dalla critica nel novero di un
gruppo di opere di elevata qualità for-
male, scaturite da un unico prototipo
che, secondo alcuni studiosi, fu realiz-
zato da Donatello a Siena a cavallo
degli anni Cinquanta e Sessanta del
XV secolo, facendo così da modello
per i rilievi del Louvre, della colle-
zione Chigi Saracini (Siena) e del
Museo Bardini (Firenze).
È stato inoltre ipotizzato che da Siena
il modello sia giunto a Roma, dove
avrebbe conosciuto delle varianti te-
stimoniate da una lunetta in colle-
zione privata, da una lastra della
parrocchiale di Terrenzano e dal-
l’esemplare di Palazzo di Venezia, tutti L’anonimo maestro tosco-romano a
accomunati dal dettaglio naturalistico cui viene assegnata l’opera è ritenuto
della veste della Vergine afferrata dal autore della Madonna col Bambino
Bambino, che solo nel marmo in della Tomba di Pio II in Sant’Andrea
esame è privo dell’aureola. della Valle. [GP]
PALAZZETTO I BRONZETTI
Sale 16-17
66 PALAZZETTO - I BRONZETTI

 I CAPOLAVORI el 1934 il duca Visconti di Mondrone, quale podestà di

62 Severo da Ravenna ? (Severo


Calzetta, detto); 63 Riccio (Andrea
Briosco, detto il); 72 Padovano
N Milano, promuoveva una sottoscrizione per acquistare la
collezione di bronzetti dell’antiquario romano Alfredo Bar-
santi. L’operazione fu suggerita da Pietro Fedele, ministro dell’Educa-
(Giammaria Mosca, detto); 76 e 77 zione nazionale, che con il dono al Capo del governo voleva assicurare
Giambologna (Jean Boulogne, detto
il); 81 Alessandro Algardi. allo Stato la preziosa raccolta di 110 bronzetti, ripetutamente richiesta
dai principali collezionisti europei e americani. La somma necessaria fu
reperita presso alcuni industriali e istituti milanesi, che furono ricordati
nel museo da una targa recante i loro nomi.
Nella Roma fra le due guerre, Barsanti presentò una nuova immagine di

63
antiquario, colto ed esperto: nel periodo di maggiore fortuna agiva in un
62 proprio palazzo, fra i più aristocratici della via Sistina. Nel suo studio,
confortato da un’ampia biblioteca, transitavano opere d’alto valore, solo
i bronzetti rimanevano a costituire la sua collezione privata, non com-
merciabile; gli intenditori e la buona società romana erano ammessi ad
ammirarla nelle ampie vetrine, celate da pesanti tende di velluto che
72 76
Barsanti di volta in volta scostava lentamente con calcolata liturgia. L’im-
magine dell’antiquario-collezionista acquistò un diverso spessore
quando, nel 1922, editò il monumentale ed elegante catalogo della col-
81 lezione, redatto da un esperto come Ludwig Pollak e presentato dal
77 grande Wilhelm Bode: nello stesso anno Barsanti era ricevuto affabil-
mente nelle due corti romane.
Il 25 ottobre 1963 una collezione di 113 bronzetti e placchette fu ge-
nerosamente donata al museo dall’ambasciatore Giacinto Auriti (1883-
1969), che aveva svolto la sua carriera negli Stati Uniti, in Spagna, in
Romania e, dal 1921 al 1933, in Austria: in quel tempo Vienna era il
principale centro di studio e commercio dei bronzetti, e in questa città
Auriti frequentò lo storico Leo Planiscig, al quale fu legato da sincera
amicizia e che, tra il 1922 e il 1933, fu suo consigliere nell’acquisto dei
bronzetti. Trasferitosi a Tokio, Auriti si appassionò della cultura orien-
tale divenendo collezionista di bronzi asiatici: anche questa raccolta fu
donata in vita e ora è esposta nel Museo Nazionale di Arte Orientale a
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. Palazzo Brancaccio. [PC]
SALE 16-17 67

Severo da Ravenna De Sculptura (1504) lo esalta “bron-


(Severo Calzetta, detto) zista, scultore in marmo e in legno,
(Ferrara o Ravenna 1465/1475 - Ravenna cesellatore, modellatore e egregio
ante 1538) pittore”, aggiungendo che se gli
fosse stata rivolta la domanda di
61 Mostro marino come avrebbe dovuto essere uno
1510-30 scultore avrebbe risposto “come
Bronzo, patina rossastra, lacca nera Severo”, però “se fosse anche un
8,7x17,2x11 cm letterato”. I suoi bronzi sono stati
N. inv. 9250
confusi con quelli di Bellano e del
Collezione Barsanti (1934)
Riccio, poi la critica, precisandone
le caratteristiche, li ha assegnati a
Severo operò a Ferrara, Ravenna, un Maestro del Drago, sino al ritro-
Padova (forse anche a Venezia): è vamento su uno di essi dell’iscri-
tra gli artisti più interessanti che la- zione O. SEVERI. RA, che ha
vorarono successivamente alla ve- permesso di accertarne l’identità.
nuta a Padova di Donatello ed è Le incisioni delle Battaglie degli dei
quello che ebbe il maggior numero del mare di Mantegna sembrano vero, che a volte sono completati
di imitatori. Pomponio Gaurico nel aver ispirato i Mostri Marini di Se- da statuette del dio Nettuno. [PC]

Severo da Ravenna
(Severo Calzetta, detto)
(Ferrara o Ravenna 1465/1475 - Ravenna
ante 1538)

62 Satiro inginocchiato
con conchiglia
1500-30
Bronzo, patina bruna rosso scura,
tracce di lacca nera
31x23,3x14x14 cm
N. inv. 9236
Collezione Barsanti (1934)

Alcuni imitatori di Severo proposero


questo tipo di satiro, ponendogli
nelle mani vari attributi (conchiglie,
cornucopie, calamai, candelieri); nel
museo ne sono conservate quattro
versioni simili. Le iniziali dell’autore
“SE” sono incise sotto la coscia di un
Satiro inginocchiato di una collezione
privata svizzera: rispetto a quel
bronzetto il nostro è raffigurato con
caratteristiche meno bestiali, il
corpo meno rozzo, il sesso umano, il
capo coronato da foglie di vite. Per
questa presentazione il Satiro del
museo è stato attribuito alla bottega
di Severo, trascurando di rilevare 
come il corpo segua l’anatomia “fan- dell’artista. La conchiglia, calcata dal il Satiro fu posto su una base trian-
tasiosa” più che ripresa dal vero, che vero con rara perizia, fungeva da ca- golare, forse il coperchio di un cala-
caratterizza altre opere autografe lamaio o da lampada a olio. Più tardi maio. [PC]
68 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Riccio (Andrea Briosco,


detto il)
(Trento 1470-Padova 1532)

63 Caprone
1510-20 ca.
Bronzo, patina bruna, lacca nera
21x22,5x9 cm
N. inv. 9235
Collezione Barsanti (1934)
Il mondo della natura è tra i soggetti
frequentemente raffigurati dagli arti-
sti attivi a Padova nel Quattrocento. Il
Caprone proposto dal Riccio sottin-
tende un significato recondito: l’ani-
male, emblema di vitalità e di
sensualità nel mondo classico, è la vit-
tima sacrificata alle divinità pagane,
sempre presente nei miti dionisiaci 
(Erodoto, Euripide, Orazio). Qui ha il anche nelle raffigurazioni cristiane. dell’artista, raffiguri il caprone che, se-
corpo tosato, solo alcune ciocche del Caratteristica ricorrente in alcune condo un rito annuale prescritto a
vello sono state risparmiate secondo opere del Riccio è la commistione di Mosè, veniva approntato per essere
un ordine preciso, tra le corna reca elementi del mondo classico con altri immolato a Dio, per ripristinare l’ar-
una corona d’alloro, pianta simbolica desunti dalla Bibbia: è da presumere monia turbata e interrotta dal pec-
assunta dai pagani, ma adoperata che il bronzetto, uno dei capolavori cato degli israeliti (Lv., 16). [PC]

Maestro ispiratore dello Zoppo stino Zoppo (1520 ca.-1572). La


(Padova inizio del XVI sec.) statuetta del Laocoonte, invece, è
modellata nella prima metà del Cin-
64 Laocoonte quecento, precede e deve aver ispi-
1510 ca. rato lo Zoppo; dedicata anch’essa a
Bronzo, lacca nera opaca un personaggio dell’Eneide, raffigura
14,3x9,5x5,5 cm (senza base) la punizione inflittagli da Atena per
N. inv. 9269
aver esortato i troiani a non acco-
Collezione Barsanti (1934)
gliere nella loro città il cavallo di
A Padova nella seconda metà del legno dove erano nascosti i greci. Il
Cinquecento furono eseguiti alcuni corpo massiccio del sacerdote è
bronzi raffiguranti Montagne infer- nudo, solo una spalla è coperta da
nali, animate da personaggi mitolo- un breve panno trattenuto da una
gici ricordati da Virgilio nell’Eneide bandoliera; sotto il morso dei ser-
e da Ovidio nelle Metamorfosi. I penti Laocoonte punta un piede sul
bronzi, posti a copertura di bracieri terreno e solleva l’altro, mentre
per evocare l’Ade, recavano dei fori apre le braccia in un gesto arioso,
dai quali usciva il fumo: autore delle come abbandonandosi a una danza
Montagne di più alta qualità fu Ago- disperata. [PC]
SALE 16-17 69

Niccolò Roccatagliata rire la candela. L’aria patetica del-


(Genova 1530 ca.-1636 ca.) l’angioletto pone la datazione del
bronzo attorno al 1633, anno che
65 Angelo con lume compare nell’iscrizione posta sul
1633 grande Paliotto della Redenzione della
Bronzo, lacca nera lucida chiesa veneziana di San Moisè, alto-
19,3x9,3x7,5 cm (senza base) rilievo di bronzo compiuto in colla-
N. inv. 9330
borazione con il figlio Sebastiano.
Collezione Barsanti (1934)
L’opera del Roccatagliata a Venezia,
copiosa e assai imitata dai contem-
Il piccolo angelo è presentato in poranei, è caratterizzata dalla pre-
atto di camminare: imperniato sulla senza di fanciulli dai capelli folti e
gamba sinistra, sembra dominato dal ricciuti e dalle palpebre “pesanti”, a
movimento circolare delle braccia e volte raffigurati intenti ai giochi felici
dell’altra gamba che solleva con gra- dell’infanzia, ma ancor più sovente
zia; il capo rivolto indietro è recli- posti ad animare con la loro piace-
nato da un lato; le mani sorreggono vole presenza un gran numero di og-
la cornucopia sulla quale doveva es- getti liturgici (calamai, candelieri,
sere avvitato il bocciolo in cui inse- candelabri, campane d’altare). [PC]

Vincenzo e Girolamo Grandi


(Vicenza 1493-Padova 1577/78)
(Padova 1508-1560)

66 Satiro seduto
Metà XVI sec.
Bronzo, patina bruna chiara,
tracce di lacca
6x9x3 cm
N. inv. 10771
Collezione Auriti (1963)

Nella produzione di bronzetti sono


frequenti le raffigurazioni di satiri:
sino a qualche decennio or sono
erano assegnati in toto al Riccio, ma
ormai sono attribuiti a diversi arti-
sti, molti dei quali attivi nel Veneto,
soprattutto a Padova. Alcuni bronzi
sembrano rifarsi alla statuaria clas-
sica, altri ai Baccanali incisi dal Man-
tegna. Gli autori, ai quali il minuscolo mentre il volto, caratterizzato dalle
bronzo è stato riferito recente- guance emaciate, dalla fronte bom-
mente (2001), acutamente colgono bata e da piccole corna, è raffigurato
l’ambiguità di questa creatura mito- assorto nell’atto umano di meditare.
logica, la sua natura umana e al Il corno che il satiro stringe nella
tempo stesso bestiale: il corpo, pre- mano sinistra allude sia allo stru-
sentato in una posizione scomposta mento che egli suona nel corteo di
e di precario equilibrio, assume Dioniso sia alle sfrenate libagioni cui
aspetto di capra nella parte inferiore, è solito abbandonarsi. [PC]
70 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Pietro Tacca (attribuito a)


(Carrara 1577- Firenze 1640)

67 Cavallo al passo
1606-1616
Bronzo, patina bruna
20,4x19x5,5 cm (senza base)
N. inv. 9294
Collezione Barsanti (1934)

L’opera è stata assegnata a Pietro


Tacca o ad Adriaen de Vries. Certa è
l’influenza del Giambologna, ma
manca un riferimento preciso ai suoi
bronzetti di cavalli, alcuni progetti di
monumenti. Tacca, che di quest’ul-
timo fu non solo allievo ma anche il
principale assistente, partecipò da
protagonista al nuovo periodo della
scultura fiorentina che inizia con il
Monumento equestre a Cosimo de’
Medici (1587-98) del Giambologna.
Abile fonditore oltre che scultore,
eseguì numerosi cavalli di bronzo:
tra essi sono i modelli dei quattro
monumenti equestri di cui è autore,
anche se i più antichi furono iniziati supporti sotto le zampe anteriori; modi di realizzazione della criniera
dal Giambologna. Tacca è il primo molti dei suoi piccoli bronzi presen- e della coda l’opera in catalogo ap-
scultore che realizza un monumento tano cavalli impennati, più rari sono pare prossima ai monumenti di Fer-
dove il cavallo è impennato senza quelli raffigurati “al passo”. Per i dinando I e Filippo III. [PC]

Romolo Ferrucci del Tadda sapiente e ben calibrato: l’uomo


(attribuito a) avanza cautamente guardando la
(Fiesole 1544-Firenze 1621) preda, ha il corpo proteso in avanti
piegato sulle ginocchia, un piede
68 Contadino cacciatore di uccelli poggia a terra e l’altro è appena sol-
1617-1621 levato. La figura grottesca e un po’
Bronzo, resti di lacca nera grossolana rimanda all’arte di Ro-
25,5x12x11,8 cm (senza base) molo del Tadda e alle sue statue in
N. inv. 9284
pietra serena, come le Tre figure
Collezione Barsanti (1934)
grottesche del Giardino di Boboli, af-
fatto eguali nelle espressioni plebee,
Il Contadino intento alla caccia not- caricate e agitate dai movimenti sle-
turna d’uccelli doveva avere nella gati degli arti, così che è da ritenere
mano sinistra una lanterna, donde plausibile la loro derivazione da di-
l’altra denominazione di Cacciatore segni di Jacques Callot. A Firenze,
col frugnolo, e nascondeva dietro le dopo il Giambologna e oltre a Ro-
spalle un altro oggetto, certo una molo del Tadda, altri autori realiz-
rete. Il bronzetto, godibile da ogni zano statue da giardino e bronzetti
lato, è caratterizzato dal movimento con soggetti simili. [PC]
SALE 16-17 71

Francesco Mochi (attribuito a) reggere un reliquiario; alcuni oggetti


(Montevarchi 1580-Roma 1654) liturgici, infatti, sono ornati da angeli
caratterizzati da eguale gestualità. La
69 Angelo statuetta sinora è stata considerata
1630 ca. opera di Camillo Mariani, ma si pro-
Bronzo, patina gialla, lacca nera, pone qui l’attribuzione a Francesco
tracce di doratura Mochi, anche se all’artista sono stati
24,8x9,5x7 cm (senza base)
assegnati solamente pochi bronzetti.
N. inv. 9306
Collezione Auriti (1963) A motivare la nuova attribuzione
dell’Angelo sono il movimento vitale
che avvolge interamente la figura, la
Variamente ritenuto un angelo che dinamicità che rianima il gesto ‘an-
gioisce oppure una donna che si di- tico’, l’abbondanza delle vesti agitate
spera, il bronzetto raffigura un angelo e gonfiate dal vento che impedisce
destinato a decorare un candelabro di intenderne chiaramente l’anato-
oppure, più convincentemente, a sor- mia. [PC]

Ferdinando Tacca
(Firenze 1619 – 1686)

70 Cavallo in posata
1650 ca.
Bronzo, vernice traslucida rossastra
e tracce di lacca nera
22x25x9 cm (senza base)
N. inv. 9292
Collezione Barsanti (1934)

Il cavallo, nervoso e scattante, è


presentato in pieno movimento,
impennato nella posizione denomi-
nata ‘di posata’; le membra eleganti
sono protese verso sinistra, la coda
è trattenuta da un nastro e la cri-
niera scende folta e svolazzante sul
lato destro.
Questo bronzo è stato assegnato
in passato a Pietro Tacca e solo re-
centemente al figlio Ferdinando
che, nel 1640, gli successe a Firenze
nella carica di primo scultore del
granduca Ferdinando II de’ Medici,
ricevendo assieme al riconosci-
mento il privilegio di occupare la il Giambologna, poi il padre Pietro
casa e la fonderia di corte in Borgo e dove, dopo Ferdinando, lavorerà
Pinti, dove avevano operato prima Giovan Battista Foggini. [PC]
72 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Tiziano Minio (Tiziano Aspetti,


detto)
(Padova 1511/12-1552)

71 Nettuno
1545 ca.
Bronzo, patina bruna,
lacca nera lucida
29,6x16x15,5 cm (senza base)
N. inv. 10782
Collezione Auriti (1963)

Minio, scultore e collaboratore di


Jacopo Sansovino, raffigura Nettuno
secondo il modulo iconografico
detto del Quos ego dal verso ini-
ziale del Libro I dell’Eneide, quando
il dio interviene imperiosamente a
placare la tempesta sul mare scate-
nata da Giunone per ostacolare la
fuga da Troia di Enea e delle sue
navi. Nettuno è raffigurato in piedi
come in cammino, ma in alcune re-
pliche è posto su un minuscolo
carro trainato da due cavalli marini.
Secondo Minio, il dio è un vecchio
dalle membra possenti, che volge
indietro la testa, bellissima, mentre
i venti sconvolgono la sua capiglia-
tura e la barba foltissime. Intensa è
l’espressività del volto, caratteri-
stica propria dell’arte dello scul-
tore; ancora da rimarcare è la forte
somiglianza nella modellazione del
volto di Nettuno e di quello di uno
dei Quattro Evangelisti del Sanso-
vino, collocati sulla balaustra di San
Marco a Venezia (1550-52). [PC]

Padovano (Giammaria Mosca, natale da Enea: lo sguardo è volto pa- anche se è chiara la derivazione da
detto il) teticamente lontano, dove ormai una incisione di Marcantonio Rai-
(Padova 1495/99-Cracovia 1574) deve trovarsi la nave dell’amato in mondi: la regina, il cui corpo affuso-
fuga da Cartagine. Lo scultore evoca lato è avvolto dalle pieghe impetuose
72 Didone lo sconforto della regina seguendo il della veste ed emerge completa-
1525-1535 racconto di Virgilio nell’Eneide, brano mente dal fondo, si approssima alle
Bronzo, altorilievo notissimo ed esaltato dagli scrittori fiamme che alte si levano dalla pira,
15,1x9,8 cm pagani, ma che sollecita la pietà anche abbandonando presso l’albero le
N. inv. 10824
di quelli cristiani, come Tertulliano, armi dell’infedele troiano. Mosca raf-
Collezione Auriti (1963)
Girolamo, Agostino (che confessa di figura la passione e il dolore di Di-
aver pianto sulle vicende della regina done per l’abbandono secondo i
Nel rilievo è raffigurata Didone che suicida). Di rara bellezza è la raffigu- moduli neoclassicisti dei Lombardo,
si appresta a uccidersi con l’arma do- razione di Didone nel piccolo rilievo, in particolare di Tullio. [PC]

74 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Giulio Dal Moro prontata a profonda calma, è la raffi-


(Verona 1555-Venezia 1616) gurazione di Cristo Risorto che trionfa
sulla morte.
73 Il Redentore Nella piccola statua è accentuato in
1616 senso classico l’aspetto eroico: l’ar-
Bronzo, getto pieno, tista lascia quasi interamente sco-
vernice nera opaca perto dall’ampio panneggio il corpo
47,5x19x13 cm (senza base)
possente, da atleta.
N. inv. 9307
Collezione Barsanti (1934) La datazione dell’opera si presume
essere l’ultimo anno della vita del-
l’artista, quando Giulio era ormai
Il bronzetto del Redentore, ieratico e lo scultore e il pittore ufficiale della
monumentale pur nell’esiguità delle Serenissima nel Palazzo Ducale e,
proporzioni, è l’immagine di un Cristo scolpendo un copioso numero di
vincitore più che di un Cristo paziente. busti, divenne il ritrattista ufficiale
Anche se mancano sulle membra i della società veneziana, ruolo im-
segni dolorosi della Passione e se portantissimo ereditato da Ales-
l’espressione del volto con gli occhi sandro Vittoria alla sua morte
velati da accorata tristezza è im- (1608). [PC]

Tiziano Aspetti della tartaruga, poiché l’animale as-


(Padova 1565- Pisa 1606) sume diversi valori simbolici nel
tempo (fortezza, pigrizia, modestia,
74 Figura Allegorica (La Fede?) sottomissione), però qui certo è
1593 ca. emblema del male.
Bronzo, patina bruna, vernice nera Il bronzetto è opera dell’Aspetti,
47x17x15,5 cm (senza base) che nel 1593 eseguì nove statue in
N. inv. 10784
bronzo per la basilica del santo a
Collezione Auriti (1963)
Padova: quattro sono raffigurazioni
di Virtù assai vicine all’opera in cata-
La bella figura muliebre ha i capelli logo, anche se caratterizzate dai
ornati da un diadema, reca nelle movimenti accentuati e dall’allunga-
mani un libro e un piccolo disco, mento manierato dei corpi, le rima-
forse un’ostia oppure il frammento nenti statue (i Santi Antonio, Ludovico
di un calice, poggia il piede destro e Bonaventura e due Angeli Cerifori)
su una tartaruga: certamente è hanno proporzioni naturali e una
un’allegoria, forse della Fede spesso gestualità più misurata. La stessa da-
rappresentata mentre ostenta un tazione dei bronzi patavini è da pro-
calice. Rimane oscuro il significato porre per l’opera in catalogo. [PC]
SALE 16-17 75

Alessandro Vittoria
(Trento 1525-Venezia 1608)

75 Busto di Marino Grimani


1592-93
Marmo
89x55x30 cm
N. inv. 10415
Dono Stroganoff (1924)

Marino Grimani, che a seguito di una


brillante carriera politica venne
eletto doge di Venezia nel 1595, è ri-
tratto in un busto celebrativo nel
quale l’autorità senatoria del perso-
naggio viene portata alla massima
espressione dal mantello allacciato
sulla spalla come nei ritratti impe-
riali. L’attenta definizione dei linea-
menti fisionomici e la resa espressiva
del volto trovano un ideale parallelo
nella ritrattistica del pittore Jacopo
Tintoretto. Il busto, di cui esiste una casa romana di via Sistina. Il marmo è dove lo scultore giunse nel 1543 for-
versione in terracotta alla Ca’ d’Oro opera di Alessandro Vittoria, il più mandosi nella bottega del fiorentino
di Venezia, passò da Palazzo Grimani grande ritrattista della scultura ve- Jacopo Sansovino con il quale colla-
nella collezione di Grégoire Stroga- neta del XVI secolo: grazie a lui que- borò alle sculture della Libreria Mar-
noff (1829-1910), conservata nella sto genere si consolidò a Venezia, ciana (1550). [GP]

Giambologna (Jean Boulogne,


detto il)
(Douai 1529-Firenze 1608)

76 Suonatore di cornamusa
1580-1600
Bronzo, patina bruna
con trasparenza rossiccia
10,5x6,8x5,2 cm (senza base)
N. inv. 10810
Collezione Auriti (1963)

Le grandi statue del Parco di Prato-


lino, come anche questo Suonatore di
cornamusa e altri bronzetti che raffi-
gurano contadini, appartengono a un
genere che, secondo il Vasari, fu pro-
posto per primo da Baccio Bandinelli,
come testimoniano numerosi suoi di-
segni “di un verismo sorprendente”.
La scelta di questi soggetti per le 
grandi statue di pietra o marmo e le modesti personaggi raffigurati in zetti con gli stessi protagonisti
statuette di bronzo doveva ‘sor- scene di vita popolare o nella dignità erano inviati in tutta Europa a nobili
prendere’ le persone di corte e i di umili lavori. Le figure di carattere e sovrani, considerati doni prezio-
visitatori stranieri: a loro era pro- di Pratolino s’impadronirono anche sissimi dalla corte medicea, ricercati
posto un mondo estraneo dove non della natura di altri giardini fioren- e apprezzati da quanti ne erano gra-
agivano i consueti eroi o dei, ma tini. Contemporaneamente, bron- tificati. [PC]
76 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Giambologna (Jean Boulogne, dall’artista per le sue origini fiam-


detto il) minghe, ma nella realtà una scelta
(Douai 1529-Firenze 1608) determinata dalle circostanze sto-
riche della scultura fiorentina con-
77 Contadino con bastone temporanea. La decorazione del
(Viandante) Parco di Pratolino, disegnato dal
1580-1600 Buontalenti per Francesco I, era
Bronzo, patina bruna costituita non solo da grotte, gio-
con trasparenza rossiccia chi d’acqua, sculture antiche e mo-
13x5x6 cm (senza base)
derne, ma anche da numerose
N. inv. 10809
Collezione Auriti (1963) ‘figure di carattere’, cioè da villani
che, invece dei panni classici, indos-
savano gli abiti adoperati per il la-
Nella produzione del Giambologna, voro in campagna o nel borgo. Il
accanto alle sculture di soggetto Giambologna scolpì in pietra per il
mitologico o religioso e ai ritratti Parco alcuni Villani, purtroppo oggi
ufficiali, trovano posto “figure di ca- perduti: i bronzetti del Contadino e
rattere o soggetti di genere”, pa- del Suonatore sono stati considerati
stori e popolani in abito da lavoro: dei modelli per alcune di queste
un mondo apparentemente scelto statue. [PC]

Guglielmo della Porta


(Porlezza 1515 ca.-Roma 1577)

78 Danza di ninfe nel bosco


1570 ca.
Rilievo in bronzo, patina bruna
13,6x24 cm
N. inv. 10836
Collezione Auriti (1963)

Il rilievo fa parte di un ciclo di sedici


placchette con scene mitologiche, in
gran parte derivate dalle Metamor-
fosi d’Ovidio. Si tratta di opere pre-
ziose per qualità, caratterizzate dalla
stessa forza vitale dimostrata da Gu-
glielmo della Porta nei rilievi della
Tomba Solis, poi utilizzati per il Mo-
numento a Paolo III. NellaVita di Jacob
Cobaert, Baglione ci informa che i ri-
lievi, gettati in oro o in argento, “ser-
vivano per adornare un ricchissimo
tavolino”. Questa frase permette di
assegnare le placchette a Guglielmo, lievi, la rifinitura dei getti finiti. La pa- sioni, da alcuni artisti (tra i quali lo
poiché nella sua bottega agiva quale ternità è affermata da Guglielmo nei stesso Cobaert) nel corso della
“lavorante” l’artista fiammingo e in- suoi Taccuini e risulta dagli inventari causa promossa da Teodoro della
vece spettavano al maestro la scelta redatti alla sua morte, infine appare Porta per il furto di alcuni modelli
dei soggetti, la modellazione dei ri- anche confermata, non senza confu- del padre. [PC]
SALE 16-17 77

Riccio (Andrea Briosco, detto il) nelle ali della figura femminile. La
(Trento 1470-Padova 1532) complessità dell’allegoria manifesta
il mondo erudito frequentato dal
79 Allegoria della Giustizia Riccio, costituito da committenti
1510-15 aristocratici, umanisti e dotti neo-
Bronzo dorato platonici, docenti dell’università di
D. 4,9 cm Padova: l’artista fu un uomo colto,
N. inv. 10589/6
dotato di una fantasia che elaborò
Acquisto Finaly (1958)
raffigurazioni d’estrema eleganza
formale, dove personaggi drappeg-
La Fama incorona con l’alloro un fan- giati classicamente agiscono o sono
ciullo alato, forse emblema della Virtù presentati in una immobilità non
umanistica; l’iscrizione “ISA”, incisa sfiorata dal tempo. I fori nel piccolo
sulla tavoletta presso la palma al cen- rilievo lasciano intendere una delle
tro, è da intendere come l’abbrevia- frequenti utilizzazioni della plac-
zione di IVSTITIA. chetta: cucita sul berretto o sul-
Se il significato della composizione l’abito di un gentiluomo, è un
rimane in parte oscuro, palese è emblema di raffinata eleganza as-
l’armonia della raffigurazione: così i sunto quale manifestazione del suo
rami della palma si trasformano pensiero. [PC]

Anonimo
(attivo a Roma nel XV sec.)

80 Cinque amorini che giocano


1468 ca.
Terracotta
4,5x8,5x0,8 cm
N. inv. 10419
Scavi Palazzo di Venezia (1876)

Il rilievo, dedicato ai giochi spensie-


rati della fanciullezza, è un esempio
dell’elaborazione rinascimentale di
sculture dell’antichità: una coppia di
amorini fa musica con un piffero e
un cembalo, mentre un’altra con una
maschera teatrale spaventa un com-
pagno caduto a terra. La terracotta è
la matrice adoperata per una plac-
chetta di bronzo, d’alta qualità e assai
diffusa, spesso assegnata a un artista
settentrionale della fine del Quat- lazzo di Venezia, nella parte più an- a opera di un artista impiegato nel-
trocento (ma anche a Donatello, a tica della facciata, edificata intorno l’edificazione del palazzo, un romano
Riccio, a Gavino). Nel 1876 un “din- al 1468, e comunque prima della o un fiorentino ispirato da Dona-
darolo”, una medaglia di Paolo II del morte del papa nel 1471. Tale data- tello. La matrice documenta la pro-
1465, questa e un’altra matrice fu- zione esclude le attribuzioni citate e duzione di placchette a Roma già nel
rono trovati nelle fondazioni del Pa- riconduce la sua lavorazione a Roma sesto decennio del XV secolo. [PC]
78 PALAZZETTO - I BRONZETTI

Alessandro Algardi
(Bologna 1598-Roma 1654)

81 Cristo portacroce
1650 ca.
Bronzo, patina naturale bruno scura
18x25x15 cm (senza base)
N. inv. 51
Acquisto Fallani (1919)

Il piccolo bronzo di Gesù che cade


sotto la croce è la raffigurazione di una
delle stazioni della Via Crucis, devo-
zione iniziata nel V secolo e diffusa
ovunque dai Frati Minori dopo le cro-
ciate. L’opera è la meditazione del-
l’artista su una delle cadute di Gesù
oppresso dalla croce, che con la mano 
destra, delicata e bellissima, sostiene il nieratamente allungate, emergono dal sempre importante la produzione
legno (mancante), con l’altra, appog- panneggio abbondante e segnato da di bronzetti. L’artista, contraria-
giandosi alla roccia, tenta di risolle- forti pieghe. mente a quanto sostengono i suoi
varsi. L’ascesa al Calvario è evocata L’opera, databile intorno al 1650, biografi contemporanei, si dedicò
dal terreno che sale verso sinistra; il mostra come Algardi, a differenza anche nella maturità alla realizza-
volto di Gesù è dolorosamente as- degli altri scultori del suo tempo, zione di piccole sculture di bronzo.
sorto; le sue membra, magre e ma- eccettuato Duquesnoy, considerò [PC]

Antonio Susini che sbalordisce anche per l’asso-


(attivo 1572-Firenze 1624) luta perfezione nel fondere e nel ri-
finire. Pertanto, le sue opere
82 Crocifisso furono ricercate da imperatori, so-
1600 ca. vrani, nobili e potenti. Molti Croci-
Bronzo, ebano fissi di bronzo sono assegnati a
86,4x37,8x15,3 (con base) Susini, ma anche altri fusi in argento
N. inv. 818
e in oro. Si tratta di opere tutte
Ministero Lavori Pubblici (1919)
differenti per dimensione perché
varia l’altezza, come anche diverse
Il bronzo è opera sicura di Antonio sono le raffigurazioni del Golgota
Susini, dal 1580 allievo e aiuto del che serve loro di base, modellato
Giambologna, che replica e porta a in bronzo o scolpito in ebano; ra-
perfezione i modelli del maestro e ramente tra le rocce compare un
ne propone altri originali, sempre teschio, evocazione tradizionale del
raggiungendo una vitalità artistica capo di Adamo. [PC]
SALE 16-17 79

Alessandro Algardi
(Bologna 1595-Roma 1654)

83 Riposo durante la fuga


in Egitto
1635 ca.
Bronzo dorato
31x38 cm
N. inv. 7963
Collezione Tower-Wurts (1933)

La Sacra Famiglia è raffigurata du-


rante una sosta della fuga in Egitto
per salvare Gesù. Il paesaggio è de-
scritto solamente dai ciuffi di erba
sul terreno e da un albero, al quale
un angelo accorto ha steso un
panno per riparare il piccolo Gesù,
forse dal sole. Anche Maria si ac-
cinge a coprire con il manto il corpo,
luminosissimo, del Figlio. Tutta la ca- splendono nella preziosità della do- sità. Nella raffigurazione è rilevabile
pacità evocativa di Algardi è asse- ratura i volti e le mani di Giuseppe e l’influenza di Ludovico Carracci, che
condata dall’abilità tecnica, ormai di Maria, mentre gli ampi panneggi, fu maestro dell’artista, come anche
perfetta intorno l’anno 1635: i pro- che avvolgono i corpi, sono ritoccati dei contemporanei Guido Reni e Si-
tagonisti sono modellati nella luce, col cesello per attutirne la lumino- mone Cantarini. [PC]

Gian Lorenzo Bernini


(Napoli 1598-Roma 1680)

84 Ritratto di Clemente X
1670
Bronzo
D. 28,5 cm
N. inv. 1637
Castel Sant’Angelo (1920)

Bernini eseguì diversi ritratti di Cle-


mente X. Questo è descritto nel
1677 nell’inventario di medaglie del
Cardinale Massimo come Effige di
Clemente decimo assai bella, del Ca-
valiere Bernino; senza lettere e senza
rovescio. Medaglione assai grande. Il
bronzo è particolarmente raffinato
nella realizzazione per l’impiego di
sapienti accorgimenti tecnici: sono
puntinati i capelli e la barba, granu-
lato il fondo, filettato a barba d’oca sia con il profilo in controparte del disegno invece rassegnato per la
il colletto, satinati gli abiti e il cap- papa. Le due opere, invece, diver- decadenza fisica. La datazione delle
pello, mentre la struttura del volto gono per la diversa interpretazione opere è diversa: il rilievo appartiene
è tutta modulata dalla luce. È stata del carattere di Clemente X: nel all’inizio del pontificato (1670 ca.),
rilevata una presunta derivazione bronzo celebrato ancora nella fie- il disegno, invece, al suo termine.
dal noto disegno del Museo di Lip- rezza di una vecchiaia vigorosa, nel [PC]
PALAZZETTO
I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA
Sale 18-26
82 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

 I CAPOLAVORI el museo è conservata una tra le più grandi raccolte di boz-

85 Jacopo Sansovino (Jacopo Tatti,


detto); 87 Guido Reni; 88 Ales-
sandro Algardi; 91 e 93 Gian Lo-
renzo Bernini; 95 Melchiorre Caffà;
N zetti e modelli in terracotta datati tra la fine del Cinque-
cento e i primi dell’Ottocento. Si tratta di più di trecento
opere, buona parte delle quali è esposta negli ambienti allestiti da Franco
101 Pietro Bracci. Minissi nel 1987.
La grande stagione barocca romana è la sezione di maggior pregio che
conta sculture di Gian Lorenzo Bernini (Angelo con il titolo, Fig. 91),
Alessandro Algardi (San Filippo Neri e l’Angelo, Fig. 89), Ercole Fer-
rata, Antonio Raggi e gli accademici francesi attivi a Roma alla fine del
Seicento.
85 87
Il nucleo più cospicuo di questi modelli proviene dalle collezioni Cava-
ceppi e Gorga.
Lo scultore Bartolomeo Cavaceppi (1716-1799), amico di J. J. Win-
88
ckelmann e del cardinale Alessandro Albani, fu anche un apprezzato re-
stauratore di antichità classiche: il suo studio divenne un vero e proprio
91
museo d’arte antica, i cui pezzi, alla morte dell’artista, furono venduti
da Vincenzo Pacetti al marchese Giovanni Torlonia (1800). Successiva-
mente disperse, molte delle sue opere sono state identificate nella col-
93
lezione del cantante lirico Evangelista Gorga (1865-1957), in parte
95 confluita nel museo.
La stravagante figura del tenore costituisce una curiosa pagina del col-
lezionismo italiano del Novecento. Scelto da Giacomo Puccini per in-
101 terpretare Rodolfo alla prima della Bohème nel Teatro Regio di Torino
(1 febbraio 1896) sotto la direzione di Arturo Toscanini, dopo appena
quattro anni di fortunata carriera, lasciò il palco per dedicarsi alle sue
passioni: il gioco e il collezionismo.
Dopo aver raccolto circa centocinquantamila pezzi (strumenti e spartiti,
reperti archeologici, fossili, giocattoli, arnesi per arti e mestieri, stru-
menti chirurgici, terrecotte, libri) e dopo aver accumulato ingenti debiti,
Gorga, attraverso un lungo e travagliato accordo con lo Stato Italiano,
cedette la sua collezione nel 1948.
Un altro importante lascito, meno numeroso ma di grande qualità,
giunse al museo nel 1952, quando Margaret Nicod Sussmann donò al-
cuni bozzetti in terracotta in memoria di suo cognato, l’archeologo col-
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. lezionista Ludwig Pollak. [CV]
SALE 18-26 83

Jacopo Sansovino (Jacopo Tatti,


detto)
(Firenze 1486-Venezia 1570)

85 Miracoli di san Marco


1536
Terracotta
50x67x9 cm
N. inv. 3259
Collezione Mond (1921)

Le terrecotte sono i modelli per due


delle otto lastre in bronzo commis-
sionate a Jacopo Sansovino per i pul-
piti del coro della basilica di San
Marco a Venezia (1536-42). Per tale
decorazione furono previsti due cicli 
con le storie dell’Evangelista, al primo
dei quali appartengono i due modelli posseduto. Sullo sfondo classicheg- classico con statue all’interno di nic-
raffiguranti La liberazione di un inde- giante è delineata la città di Ales- chie e paraste.
moniato e La pioggia di pietre per le vie sandria, ultima tappa dell’apostolato L’artista, che deve il suo pseudonimo
di Alessandria. Nel primo riquadro di Marco. Nel secondo rilievo, qui ri- all’alunnato presso Andrea Sanso-
(49x65,5x9,5 cm; n. inv. 3258) l’apo- prodotto, il santo è trascinato con vino, si formò a Firenze e a Roma
stolo è al centro della composizione, una corda al collo dai suoi carnefici, per poi approdare a Venezia dopo il
circondato da una folla di uomini, ma una provvidenziale pioggia di Sacco del 1527, integrando le espe-
donne, giovani, vecchi e ammalati; un pietre interrompe il martirio. La rienze tosco-romane con quelle ve-
demone si allontana dal corpo del scena è ambientata su uno sfondo nete. [GP]

Andrea Guardi
(attivo nel quinto decennio del XV sec.)

86 Croce figurata a doppia faccia


1445 ca.
Marmo bianco scolpito
105x82,5x29 cm
N. inv. 10641
Ospedale della Consolazione (?);
M.A.I. (1957)

La croce presenta entrambe le facce


scolpite: da un lato è raffigurata la Ver-
gine con il Bambino e due angeli, dal-
l’altro la Trinità. Lungo i bordi laterali
compaiono motivi decorativi vegetali.
Andrea Guardi appartiene alla cospi-
cua schiera di artisti di cultura to-
scano-pisana, che gravitavano intorno
alla corte papale di Niccolò V alla
metà del XV secolo e la cui caratte-
ristica stilistica s’individua nel modo
aggraziato, di matrice fiorentina, di
realizzare le figure. In particolare, sta morbidezza, di reminescenza tar- lungo i bordi della croce, condotta va-
quella della Vergine dal volto dolce e dogotica, si oppone la plastica robusta riando le volute delle foglie di acanto,
dalla posa sottolineata dal fluire dei del Cristo crocifisso, sbalzata con de- rivela invece un’attenzione all’arte
panneggi ondulati della veste. A que- ciso rilievo. La decorazione fitomorfa classica romana. [MGB]
84 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

Guido Reni
(Bologna 1575-1642)

87 Testa detta del Seneca


1600-03 ca.
Terracotta
37x33x25,5 cm
N. inv. 10588
Acquisto Ravajoli (1958),
già Cavaceppi

L’opera, uno dei rari esempi della


produzione scultorea di Guido Reni,
nasce come studio anatomico ed è
documentata nella Felsina pittrice di
Cesare Malvasia (1678), che riporta
la notizia di uno “schiavo” che trovò
a Roma nella zona di Ripa Grande –
preso a modello dall’artista. Questo
studio dal naturale venne ben pre-
sto conosciuto come Seneca, per via
del grande interesse suscitato da un
marmo antico – entrato nella colle- 
zione Borghese all’inizio del Sei-
cento – che per lo stesso forte l’alto, le rughe profonde che solcano determinò una larga diffusione del
realismo e la puntuale resa anato- il viso e la pelle raggrinzita del collo soggetto, utilizzato come modello
mica era stato all’epoca erronea- accentuano la sensazione di soffe- nelle botteghe del Seicento e cono-
mente interpretato come un Seneca renza della figura. Proprio la note- sciuto attraverso numerosi disegni e
morente. Lo sguardo rivolto verso vole forza espressiva del volto repliche. [CV]

Alessandro Algardi
(Bologna 1598-Roma 1654)

88 Santi e Beati della Compagnia


di Gesù
1629-37
Terracotta
29,5x50x7,5 cm
N. inv. 10395
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi (1760-70)

Il rilievo in terracotta è il bozzetto


per la fronte dell’urna di sant’Igna-
zio da Loyola, destinata all’altare
dedicato al santo nella chiesa del
Gesù di Roma. La composizione 
raffigura una teoria di santi e beati tro; Francesco Borgia con l’osten- bito dai gesuiti a Nagasaki in Giap-
dell’Ordine, fondato nel 1539 dal sorio e Stanislao Kostka in ginoc- pone (1617-32).
santo spagnolo. Si riconoscono nel chio davanti a lui; Ignazio d’Azevedo La terracotta, già assegnata ad An-
gruppo, da sinistra: Roberto Bellar- che indica a un confratello una drea Pozzo, architetto dell’altare di
mino che poggia la mano sulla testa copia dell’icona della Vergine di sant’Ignazio, è stata attribuita ad Al-
di Luigi Gonzaga, seduto in terra; Santa Maria Maggiore. Le croci e le gardi grazie alla scoperta di un suo
Francesco Saverio; Ignazio da Lo- palme in secondo piano sono un disegno preparatorio (San Pietro-
yola con la regola in mano al cen- esplicito riferimento al martirio su- burgo, Museo dell’Ermitage). [GP]
SALE 18-26 85

Alessandro Algardi Corcos, appartenente a una famiglia


(Bologna 1598-Roma 1654) ebrea convertitasi al cristianesimo
proprio per intervento di san Fi-
89 San Filippo Neri e l’angelo lippo Neri. Il bozzetto, mancante
1635-36 della mano destra, si differenzia dal
Terracotta marmo per l’impostazione più
41x25x14,5 cm ampia delle figure, scelta secondo
N. inv. 13467
l’iniziale intenzione di collocare il
Acquisto Gallino (1999)
gruppo scultoreo davanti l’altare
della sagrestia. Nel 1636, invece, per
Il santo, fondatore della Congrega- dare maggiore visibilità all’opera
zione degli Oratoriani, è rappresen- venne realizzata una nicchia sopra
tato in estasi con lo sguardo rivolto l’altare e il minore spazio a disposi-
verso l’alto e la mano sinistra pog- zione rese necessaria una forma
giata su un libro sostenuto da un an- più compatta e profonda. La terra-
gelo genuflesso. Si tratta dell’unico cotta è forse una dei quattro modelli
modello rimasto per l’edicola mar- donati dal celebre scultore e restau-
morea dell’altare della sagrestia ratore Bartolomeo Cavaceppi al-
della Chiesa Nuova, commissionata l’Accademia di San Luca nel giugno
ad Algardi da Pietro Boncompagni del 1790. [CV]

Alessandro Algardi
(Bologna 1598-Roma 1654)

90 San Nicola da Tolentino


1650-54
Terracotta
39x32x20 cm
N. inv. 10760
Collezione Gorga (1948)

Nel 1651 il principe Camillo Pam-


philj commissionò ad Algardi l’al-
tare maggiore della chiesa romana
di San Nicola da Tolentino. La ter-
racotta è il modello preliminare per
la statua del santo inserita nel
gruppo scultoreo raffigurante la
Vergine con il Bambino e i santi Ago-
stino e Monica che appaiono a san
Nicola da Tolentino. L’artista bolo-
gnese morì prima di portare a
compimento l’opera che venne ter-
minata da Domenico Guidi. Il sog-
getto si riferisce all’episodio della volto in alto e ha un braccio teso
guarigione miracolosa di san Ni- nella stessa direzione, laddove nella
cola, avvenuta dopo aver mangiato redazione finale è posta la Vergine.
il pane chiesto a una donna indica- La nicchia poco profonda in cui è
tagli dalla Vergine. Il modello mostra inserita la scultura in marmo ha de-
il santo, abbigliato con la veste terminato la particolare lavora-
stretta in vita dalla cinghia di cuoio zione che fa dell’opera un esempio
dell’Ordine Eremitano e giacente di contaminazione fra l’altorilievo e
su una stuoia. Il suo sguardo è ri- la scultura a tutto tondo. [GP]
86 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

Gian Lorenzo Bernini


(Napoli 1598-Roma 1680)

91 Angelo con il titolo


1667-68
Terracotta
36,5x20x10,5 cm
N. inv. n. 1195
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi (1760-70),
poi Ferroni (1909)

Nel 1667 papa Clemente IX Rospi- all’aperto. La terracotta in esame è il


gliosi commissionò a Bernini gli An- primo degli studi noti degli angeli
geli con i simboli della Passione per berniniani: come gli altri della serie,
ponte Sant’Angelo, ideali accompa- la figura alata poggia i piedi su una
gnatori dei pellegrini in direzione nube e reca in mano il titolo con
della basilica di San Pietro. Lo scul- l’iscrizione I.N.R.I. L’impostazione
tore ideò dieci statue, ma ne scolpì del punto di vista dal basso è stu-
personalmente solo due, lasciando diata in previsione della collocazione
le altre ai collaboratori. I due angeli sulla balaustra del ponte, mentre
realizzati da Bernini, quello con il ti- l’assenza di una caratterizzazione
tolo e quello con la corona di spine, emotiva e la maggiore semplicità del
vennero in seguito portati nella panneggio dimostrano come il boz-
chiesa di Sant’Andrea delle Fratte zetto appartenga alla fase iniziale del
dove sono ancora oggi e sostituiti processo creativo, finalizzata a fis-
da copie, poiché ritenuti dal papa sare la posa e la distribuzione del
troppo preziosi per essere esposti peso nel marmo. [GP]


Gian Lorenzo Bernini


(Napoli 1598-Roma 1680)

92 Testa del Moro


1653
Terracotta
11,5x8x10 cm
N. inv. 10378
Collezione Gorga (1948)

La testa è il modello per la scultura durre in marmo l’idea berniniana,


del Moro della omonima fontana di scolpì la scultura che dal 1655 si
piazza Navona. Si tratta di un boz- trova nella piazza. Il volto reclinato
zetto plasmato da Gian Lorenzo ha una espressione aggrottata; la fat-
Bernini per il gruppo collocato sulla tura è rapida, il naso, le labbra e il
vasca realizzata da Giacomo della ciuffo di capelli sono resi con cura.
Porta (1570) di fronte al Palazzo Lo studio del punto di vista dal basso,
Pamphilj. L’opera, commissionata nel invece, è riferito all’altezza della fi-
1651 dal papa Innocenzo X Pamphilj, gura del Moro, il cui modello di rife-
fu definita e approvata solo dopo due rimento è la celeberrima statua di
anni e tre differenti progetti. Gio- Pasquino, distante appena pochi metri
vanni Antonio Mari, incaricato di tra- dalla fontana. [CV]
SALE 18-26 87

Gian Lorenzo Bernini


(Napoli 1598 - Roma 1680)

93 Memoria a Suor Maria Raggi


Post 1647
Cartapesta dorata e legno
90x70,5x23 cm
N. inv. 10374
Collezione Gorga (1948)
Si tratta di una “prova” per la realiz-
zazione del monumento funebre de-
dicato a suor Maria Raggi nella chiesa
romana di Santa Maria sopra Minerva,
commissionato da Ottaviano, Tom-
maso e Lorenzo Raggi, discendenti
della religiosa. Del monumento si co-
nosce anche un disegno (Roma, Bi-
blioteca Vaticana) cronologicamente
precedente alla cartapesta, che va
quindi collocata in un momento in-
termedio del processo creativo.
La cartapesta, unico modello in
grande del Bernini per un’opera in
bronzo, fu trasferita dallo studio del-
l’artista nella sua casa di via della Mer- 
cede, dove è citata negli inventari dei
beni del 1706 e del 1731. cana e condusse una vita austera. Al- fronte, non furono sufficienti per
Maria Raggi (1552-1600), sposatasi cuni episodi miracolosi a lei ricon- portare a termine il processo di bea-
ad appena dodici anni e rimasta pre- dotti, le stimmate sulle mani e le tificazione avviato dopo la sua
sto vedova, si fece terziaria domeni- ferite della corona di spine sulla morte. [CV]

Ercole Ferrata opera di Bernini, è attribuita oggi a


(Pellio Inferiore, Como 1610 - Roma 1686) Ercole Ferrata su base documentaria
e sulle informazioni riportate nella
94 Tritone vita dell’artista redatta da Filippo Bal-
1670 ca. dinucci nelle Notizie dei Professori del
Terracotta disegno (1681-1728). In effetti nella fi-
40x18x16 cm gura del semidio marino, che stringe
N. inv. 4258
uno stemma e ha le gote rigonfie, si
Acquisto Sestieri (1922)
nota una certa durezza nel model-
lato, soprattutto nella coda, ignota
Il bozzetto è lo studio preparatorio alla plastica berniniana.
per uno dei quattro tritoni che ador- Lo scultore lombardo collaborò a
navano la fontana del Palazzo del- Roma con Bernini e Algardi e fu a
l’Anunciada di Lisbona, fatta erigere capo di una rilevante bottega: per la
nel 1670 da Don Louis de Meneses, fontana portoghese s’ispirò palese-
conte di Ericeira. Oggi la scultura mente alla più nota Fontana del Tritone
orna la Fontana di Nettuno nel Pálacio (1642-43), realizzata da Gian Lo-
Nacional di Queluz (Portogallo). renzo Bernini per la famiglia Barbe-
La terracotta, inizialmente ritenuta rini. [CV]
88 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

Melchiorre Caffà
(Vittoriosa, Malta 1638-Roma 1667)

95 Sant’Eustachio tra i leoni


1660
Terracotta
55,5x47,5x9 (con cornice)
N. inv. 10093
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi (1760-70)

Si tratta di uno dei primi studi per la


pala d’altare dedicata a sant’Eusta-
chio nella chiesa romana di San-
t’Agnese in Agone, commissionata
nel 1660 dal principe Camillo Pam-
philj. Il soggetto rappresenta il mar-
tirio del santo, generale romano
convertito al Cristianesimo, che nel
II secolo d.C. venne condannato dal-
l’imperatore Adriano con moglie e
figli ad affrontare i leoni nel circo. La
terracotta descrive l’esatto mo-
mento in cui le belve, rese mansuete 
dall’intervento divino, risparmiano la chior Maltese, non ebbe il tempo di chio venne portato a termine da Er-
famiglia, in seguito arsa viva in un concludere il lavoro a causa della cole Ferrata, che probabilmente
bue di bronzo arroventato. morte, sopraggiunta a soli venti- collaborò con Giovan Francesco
Caffà, che nei documenti dell’epoca nove anni per un incidente nelle de’ Rossi, già aiuto dello scultore
compare anche con il nome di Mel- fonderie di San Pietro. Il Sant’Eusta- maltese. [GP]

Michel Maille
(documentato 1668-1703)

96 Re David
1682-84
Terracotta
36x29x8,5 cm
N. inv. 13265
Collezione Gorga (1948)

La terracotta raffigura re David con cole Ferrata, furono affidati alcuni la-
la cetra suonata dall’angelo ed è il vori in stucco e successivamente i
modello per la figura in stucco posta monumenti funebri di Ercole e Luigi
sul cornicione della controfacciata Bolognetti.
nella chiesa romana di Gesù e Maria Nel modello è apprezzabile l’ele-
al Corso. L’opera, realizzata tra il ganza e la forza plastica con cui i
1682 e il 1684, faceva parte degli in- corpi di David e dell’angelo si stac-
terventi di restauro e rinnovo della cano dal piano di fondo. Di grande
chiesa voluti da monsignor Giorgio interesse, infine, sono i segni metrici
Bolognetti a partire dal 1678 e di- tracciati sulla sinistra della terra-
retti da Carlo Rainaldi. Allo scultore cotta necessari per il riporto in
francese Michel Maille, allievo di Er- scala dell’opera. [CV]
SALE 18-26 89

Pierre Le Gros
(Parigi 1666-Roma 1719)

97 Monumento funebre
di Innocenzo XI
1697
Terracotta
56x41x28 cm
N. inv. 10656
Ufficio Esportazione (1960)
Nel bozzetto, eseguito per il sepolcro
di Innocenzo XI Odescalchi (1676-
89), il ritratto del pontefice è rac-
chiuso in un medaglione sorretto da
un angelo e da una figura femminile
panneggiata rappresentante l’Allego-
ria della Fede. Tale schema, ripreso
dalla scultura funebre classica, costi-
tuisce un netto sovvertimento della
tradizione barocca del sepolcro pa-
pale, che prevedeva il pontefice pro-
tagonista centrale del monumento.
La composizione dello scultore fran-
cese non solo fa sue, ma radicalizza le sepolcro del cardinale Lelio Falco- San Pietro. Non a caso, infatti, il pro-
innovazioni che Bernini aveva appor- nieri (1669) in San Giovanni dei getto di Le Gros non venne scelto e
tato alla metà del secolo in monu- Fiorentini, il cui modello è esposto il cardinal nipote, Livio Odescalchi,
menti funebri, come quello di suor nella sala precedente. È ancor più committente dell’opera, gli preferì la
Maria Raggi in Santa Maria sopra Mi- evidente la portata rivoluzionaria versione proposta da Carlo Maratta
nerva (1647-53; vedi n. 93). Esso fu ri- di questo modello se si pensa che ed eseguita da Pierre Etienne Mon-
preso anche da Ercole Ferrata nel l’opera era destinata alla basilica di not. [GP]

Camillo Rusconi Nel 1692 Camillo Rusconi scolpì


(Milano 1658-Roma 1728) un’Allegoria dell’Autunno che venne ac-
quistata dal marchese Niccolò Maria
98 Allegoria dell’Inverno Pallavicini. Successivamente su richie-
1690-95 ca. sta dello stesso committente realizzò
Terracotta le altre tre stagioni. Le quattro scul-
31x20x20 cm ture in marmo dopo la morte del Pal-
N. inv. 13264
lavicini furono vendute in Inghilterra,
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi dove passarono nelle collezioni di re
Giorgio I. Presso l’Ermitage di San Pie-
troburgo è conservato un altro boz-
Allegoria dell’Inverno, di delicatezza zetto dell’Inverno completato sulla
settecentesca, rappresenta un putto sinistra da un volatile, presente anche
che si copre con un manto per pro- nel marmo inglese ma assente nella
teggersi dal freddo: si tratta del mo- terracotta di Palazzo di Venezia. Ru-
dello utilizzato per uno dei putti sconi, formatosi nella bottega di Er-
marmorei raffiguranti le stagioni, cole Ferrata, fu tra i più prolifici
oggi conservati a Londra (Royal scultori attivi a Roma a cavallo tra il
Collection). XVII e il XVIII secolo. [CV]
90 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

Bernardino Ludovisi dino Ludovisi tra il 1728 e il 1732.


(Roma 1693-1749) L’iconografia è una versione sempli-
ficata di quella codificata da Cesare
99 Allegoria della Carità Ripa nella sua Iconologia (1593): una
1728 donna che allatta un bambino men-
Terracotta tre un altro fanciullo, impaziente, le
55x23x14 cm tira la veste. La testa della terracotta
N. inv. 10751
e alcuni elementi dei putti sono in-
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi (1760-70) tegrazioni dovute a un intervento di
restauro.
Bernardino Ludovisi, che si formò su
Si tratta del modello per una delle basi classiciste e nel corso della car-
statue in travertino raffiguranti le riera si accostò progressivamente a
Virtù cardinali, collocate nelle nicchie uno stile più decorativo vicino al Ro-
dei vestiboli interni nel portico della cocò e al Barocchetto romano, con-
basilica di San Pietro in Vaticano, tribuì con sue sculture ad altri grandi
commissionate a Lorenzo Ottoni e cantieri del tempo, quali la facciata di
realizzate da diversi artisti. La Carità, San Giovanni in Laterano, la Fontana
posta sul lato destro dell’ambulacro, di Trevi, la cappella di Sant’Ignazio al
venne scolpita dal romano Bernar- Gesù. [GP]

Bartolomeo Mazzuoli vina, e il cane, riferimento all’Ordine


(Siena 1674-1748) di san Domenico. Il bozzetto è il
modello preparatorio per il marmo
100 Benedetto XIII Orsini commissionato dal Capitolo dei Ca-
1725 ca. nonici di Santa Maria Maggiore per il
Terracotta Giubileo del 1725 e collocato nel
41x37,5x22,5 cm coro invernale della basilica. La sta-
N. inv. 980
tua, già attribuita a Pietro Bracci, è
Acquisto Jandolo (1919)
stata recentemente (2008) ricon-
dotta a Mazzuoli su base documen-
Il busto – raro esempio di scultura taria, una scoperta che ha permesso
in terracotta del XVIII secolo che di assegnare allo stesso scultore
conserva ancora la policromia ori- anche la terracotta del museo.
ginaria – riproduce fedelmente la fi- Bartolomeo, nato da una famiglia di
sionomia del pontefice domenicano scultori, si formò col padre Gio-
(1724-30), abbigliato con camauro vanni Antonio, con cui collaborò nel
(berretta di velluto), mozzetta (man- San Martino di Siena e con il più ce-
tellina) e stola. Su quest’ultima sono lebre zio, Giuseppe, protetto del
raffigurate le chiavi e la tiara simboli cardinale Flavio Chigi, per il quale i
del potere pontificio, la stella, em- due artisti lavorarono in Villa Ceti-
blema della famiglia Orsini di Gra- nale nei pressi di Siena. [GP]
SALE 18-26 91

Pietro Bracci
(Roma 1700-73)

101 Oceano
1758 ca
Terracotta
40x26x17 cm
N. inv. 1190
Castel Sant’Angelo (1920)

Questo bozzetto e la vicina terre-


cotta di Filippo della Valle raffigu-
rante l’Allegoria dell’Abbondanza
(1760-62; 32,5x13,5x8 cm; n. inv.
1193) – sono i modelli per due
delle statue che decorano la Fon-
tana di Trevi, realizzata su progetto
dell’architetto Nicola Salvi per vo-
lere di Clemente XII Corsini
(1730-40). Al completamento del
celebre capolavoro tardo-barocco,
i cui lavori si protrassero per oltre
vent’anni, parteciparono molti scul-
tori, tra i quali Pietro Bracci e Fi-
lippo Della Valle.
Figura dominante della fontana è
Oceano, collocato all’interno della
nicchia centrale su un cocchio trai-
nato da cavalli marini guidati da tri-
toni; nel modello in terracotta il
titano è avvolto in un panneggio
mosso dal vento e mostra già i ca-
ratteri di maestosità e potenza che
contraddistinguono il marmo. L’altro
bozzetto è relativo alla statua posta
nella nicchia sinistra, raffigurante l’Al-
legoria dell’Abbondanza, accompa-
gnata dalla consueta cornucopia. Ai
suoi piedi è un vaso da cui fuoriesce
dell’acqua, simbolo della fonte del-
l’Acqua Vergine, condotta a Roma da
Agrippa nel 19 a.C. [CV]

92 PALAZZETTO - I MODELLI E I BOZZETTI IN TERRACOTTA

Giuseppe Raffaelli mentre il modellato risente ancora


(documentato 1696-1731) dei possenti modelli barocchi, so-
prattutto nel ricco panneggio. Il
102 Allegoria della Semplicità marmo venne collocato nella nic-
1696-98 chia nel luglio del 1698, in occa-
Terracotta sione della festa di san Camillo de
50x25,5x14,3 cm Lellis, alla cui Congregazione la
N. inv. 167
chiesa apparteneva fin dal 1586.
Acquisto Jandolo (1919)
Dell’attività e della vita di Giuseppe
Raffaelli si hanno poche notizie; di
La terracotta è lo studio per una certo fu impegnato nel rinnova-
delle sei statue raffiguranti le Virtù mento della chiesa di Santa Maria
collocate in Santa Maria Maddalena, in Vallicella per il Giubileo del 1700
una delle più belle chiese tardo ba- e nella basilica di San Pietro, dove
rocche-rococò di Roma. All’interno realizzò il San Gervasio sul colon-
della terza edicola a sinistra, con- nato berniniano, una figura del Mo-
traddistinta dall’iscrizione Simplex, numento funebre di Alessandro VIII e
si trova il marmo scolpito da Raf- portò a termine l’allegoria della
faelli a partire dal 1696. L’eleganza Temperanza di Francesco Moderati
della figura è già settecentesca nel portico d’ingresso. [CV]

Bartolomeo Cavaceppi sostengono un trofeo di guerra.


(Roma 1716-99) Marco Aurelio ha il braccio destro,
oggi purtroppo mancante, proteso
103 Marco Aurelio nell’atto dell’adlocutio, discorso ri-
1770 ca. tuale rivolto all’esercito prima della
Terracotta battaglia. La terracotta è stata di-
52x18,5x16 cm pinta con un colore scuro per ri-
N. inv. 13391
produrre l’effetto del bronzo ed
Collezione Gorga (1948),
già Cavaceppi essere quindi utilizzata come ele-
mento ornamentale.
Si tratta di uno dei modelli di sculture
L’opera è uno studio in creta del antiche che Bartolomeo Cavaceppi,
Marco Aurelio della Collezione Al- tra i più noti restauratori del Sette-
bani, oggi nei Musei Capitolini. L’im- cento, custodiva nel suo studio-
peratore, con il braccio sinistro museo. Nel XVIII secolo il commercio
avvolto nel mantello, veste una tu- e il restauro di marmi classici, infatti,
nica su cui spicca una lorica (co- aveva subìto a Roma un notevole in-
razza) finemente cesellata con una cremento dato dalla continua e fer-
testa di Medusa, al di sotto della vente attività di scavo nei numerosi
quale sono due Vittorie alate che siti archeologici della città. [CV]
SALE 18-26 93

Vincenzo Pacetti tefici nei due secoli precedenti (vedi


(Roma 1745 ca.-1820) Fig. 100). Sul piano politico Pio VI subì
lo strapotere napoleonico rinun-
104 Pio VI Braschi ciando a numerosi territori con la
Ultimo quarto del XVIII sec. firma del Trattato di Tolentino (1797)
Terracotta e venne deposto nel febbraio 1798,
43,5x34x24,5 cm in occasione della proclamazione
N. inv. 13943
della Repubblica Romana.
Collezione Gorga (1948)
Vincenzo Pacetti, fratello di Camillo,
artista neoclassico e professore del-
Ideata probabilmente come modello l’Accademia di Brera, fu attivo a
per un marmo, la terracotta ritrae Roma soprattutto al servizio dei
papa Braschi (1775-99) con la stola Borghese come scultore, decora-
su cui è appena abbozzato lo stemma tore e restauratore di marmi antichi.
familiare e il capo coperto solamente Nel 1799 ottenne la prestigiosa ca-
dallo zucchetto e non dal tradizionale rica di principe dell’Accademia di
camauro con cui sono ritratti i pon- San Luca. [GP]
PALAZZETTO L’ARMERIA ODESCALCHI
Sala 27
96 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

 I CAPOLAVORI a Collezione Odescalchi non è un’armeria gentilizia costituita

105 Michael Witz il Giovane; 106


Italia; 107 Italia settentrionale; 110
Germania; 111 Italia settentrio-
nale; 119 Italia; 120 Giovanni Stra-
L attraverso generazioni ma è frutto della passione e della com-
petenza di un esponente di quella famiglia. Sul finire dell’Ot-
tocento il principe Ladislao Odescalchi (1846-1917) – fondatore di
dano (Jan van der Straet); 124 Ladispoli, cittadina sul litorale romano – formò, con una serie di mirati
Johan Pichler.
acquisti, questa raccolta che rappresenta uno dei nuclei più consistenti
e significativi del Museo del Palazzo di Venezia e, al tempo stesso, una
delle più importanti collezioni a livello europeo. Gran parte dei pezzi
proviene dal mercato antiquario, soprattutto straniero, con cui Ladislao
Odescalchi, ebbe frequenti contatti: in particolare si giovò dell’assistenza
105 106
dell’inglese Samuel James Whawell, consulente anche per la sezione armi
della collezione di sir Richard Wallace, e del francese Louis Bacherau. A
ciò si aggiungono gli acquisti diretti o effettuati tramite aste.

107 Va precisato, comunque, che presumibilmente anche gli Odescalchi eb-


110 bero armerie nei loro castelli, come altre famiglie nobili, costituite da
armi da truppa e artiglierie; ne è testimonianza, ad esempio, la presenza
documentata, nel XVIII secolo, di 25 pezzi di artiglieria nella fortezza
111
di Palo, possedimento della famiglia nei pressi di Roma.
119 Dopo la morte di Ladislao la collezione venne incrementata e riordi-
nata dal nipote Innocenzo, arrivando a circa 2000 pezzi. Nel 1959, dopo
la scomparsa di quest’ultimo (1953), lo Stato italiano acquistò il nucleo
120
più cospicuo della raccolta, conservato a Palazzo Odescalchi a Roma,
mentre il resto della collezione rimase nel castello di Bracciano, cittadina
124 nella vicinanze di Roma, di proprietà dei principi, dove tuttora si trova.
L’armeria è composta principalmente da varie tipologie di armi e arma-
ture europee dal XIV al XVIII secolo, tra le quali si evidenziano pezzi
di pregevole fattura, come il Bacinetto a visiera (Fig. 107), l’Armatura da
piede (Fig. 105), l’Armatura “alla Massimiliana” (Fig. 110), la Brigantina
(Fig. 111) e la Rotella da parata (Fig. 120).
Di notevole rilevanza anche la sezione delle armi da fuoco, che comprende
esemplari rari, come le pistole tedesche a ruota del XVI secolo, e altri di raf-
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. finata eleganza, come la Carabina a ruota da caccia (Fig. 124). [FA]
SALA 27 97

Michael Witz il Giovane Prodotta principalmente nelle città


(attivo a Innsbruck nel 1538-83) di Norimberga, Augusta e Innsbruck,
questo tipo di armatura, chiamata
105 Armatura da piede anche con il termine tedesco Har-
1550-60 nasch, si diffuse nella seconda metà
Ferro acciaioso del XVI secolo e fu in uso fino agli
137x38 cm; 16.556 g inizi del XVII. Era solitamente in do-
N. inv. 11432
tazione alle truppe appiedate, in ge-
Collezione Odescalchi (1959)
nere lanzichenecchi, ma variando
alcuni pezzi, poteva essere utilizzata
Si tratta di un’armatura completa per anche dai “pistolieri” a cavallo. Per lo
un comandante di fanteria, composta più si tratta di produzioni di medio-
dall’elmo (borgognotta), dotato di vi- cre qualità, tranne nei casi in cui,
siera mobile a lame articolate (buffa come nell’esemplare in esame, que-
alla unghera), e dai pezzi di prote- ste erano destinate a ufficiali o co-
zione di petto, schiena, spalle (spal- mandanti. In questo caso l’armatura
lacci), braccia (bracciali) e gambe viene impreziosita dalla decorazione
(cosciali). È invece un’aggiunta poste- a sbalzo con motivi a bande e tralci
riore la resta sul petto, elemento su su fondo nero. Inoltre la borgo-
cui si poggiava la lancia, tipico delle ar- gnotta sul retro reca impressa la let-
mature da cavallo, mentre i guanti tera W, marca dell’armaiolo Michael
(manopole) sono di epoca anteriore. Witz il Giovane. [FA]

Italia

106 Mazza
1300-50
Ferro
75x5,5 cm (impugnatura 13 cm);
1.350 g
N. inv. 11959
Collezione Odescalchi (1959)

La mazza presenta una impugna-


tura cilindrica terminante con un
pomo tondeggiante; il corpo, for-
mato da quattro coste disposte a
croce, è stretto e si allarga verso
l’alto terminando con un’appendice
a tronchetto di piramide quadra e
sgusciata; la leggera curvatura è do-
vuta all’uso prolungato.
Questo tipo di arma “da botta”, di
cui il pezzo in esame è l’unico
esemplare oggi noto, era in uso in
Italia tra il XIII e il XIV secolo, 
come testimoniano alcune opere di dova. Collocata tra le immagini
artisti italiani dell’epoca. Un impor- delle Virtù, questa figura allegorica
tante esempio è dato dalla raffigu- ha in mano, come suo attributo,
razione della Fortezza, dipinta da una mazza molto simile al presente
Giotto nel 1303-05, negli affreschi esemplare, qualificandone in modo
della cappella degli Scrovegni a Pa- pregnante il significato. [FA]
98 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

Italia settentrionale da giostra o da barriera (gran baci-


netto). L’esemplare in esame ha vi-
107 Bacinetto a visiera siera a punta impropriamente
1400 ca. chiamata anche a “becco di passero”;
Ferro acciaioso la parte superiore a protezione del
30x29 cm; 2.300 g cranio (coppo), ogivata, ha sul mar-
N. inv. 12007 gine inferiore una doppia fila di fori
Collezione Odescalchi (1959) per il fissaggio dell’imbottitura in-
terna (falsata) e una serie di anelli, da
Il bacinetto è un tipo di elmo solita- cui pendeva il camaglio. La visiera
mente caratterizzato da una visiera presenta due fenditure a imbuto per
a punta o più raramente curva, con un’adeguata protezione degli occhi;
l’aggiunta di una maglia di ferro (ca- sotto al nasale fortemente appuntito
maglio), in uso dalla prima metà del sono altre due fenditure a imbuto
XIV secolo all’inizio del XV. Sosti- per la respirazione, assicurata anche
 tuito successivamente da altre forme, da due serie simmetriche di tre fori
il bacinetto sopravvisse come elmo posti lateralmente. [FA]

Germania meridionale “all’italiana” e “alla tedesca”, senza


che ciò comporti necessariamente
108 Celata una indicazione di provenienza.
1480 ca. L’esemplare in esame appartiene al
Ferro acciaioso secondo tipo ed è costituito dalla
24x37,5 cm; 2.600 g parte superiore (coppo) com-
N. inv. 12063 pressa; da una protezione poste-
Collezione Odescalchi (1959) riore del collo (gronda) molto
pronunciata e da una corta visiera
La celata è un tipo di elmo intro- mobile che può essere tenuta sol-
dotto agli inizi del XV secolo e in levata da una barretta imperniata
uso fino agli inizi del XVI, utilizzato lateralmente a destra; mentre,
in molte varianti dagli uomini ar- quando è chiusa, viene fissata me-
mati, sia a piedi che a cavallo. Ge- diante un dente a scatto, situato an-
neralmente si distingue nel tipo ch’esso sullo stesso lato. [FA]

Germania

109 Pellegrina di maglia


XVI sec.
Ferro
79x100 cm; 5.500 g
N. inv. 12979
Collezione Odescalchi (1959)

La pellegrina è una mantellina di ma-


glia di ferro, diffusasi tra il XIV e il
XVI secolo, composta da una fitta
serie di anelli. In genere ha una forma
di larga pezza triangolare, chiusa an-
teriormente con una o più fibbie e,
solitamente indossata sopra l’arma-
tura, a protezione delle spalle, di fibbia all’altezza dello scollo. La pelle- ticolare ne fecero uso le milizie mer-
parte del dorso e talvolta del capo. grina era generalmente in dotazione cenarie, soprattutto svizzere e tede-
L’esemplare in esame presenta una ai fanti o alla cavalleria leggera; in par- sche, chiamate lanzichenecchi. [FA]
SALA 27 99

Germania

110 Armatura “alla massimiliana”


Primo quarto del XVI sec.
Ferro acciaioso
95x32 cm; 15.350 g
N. inv. 11635
Collezione Odescalchi (1959)

Si tratta della ricomposizione otto-


centesca di un tipo di armatura in
voga nel primo trentennio del XVI se-
colo, denominata così dai collezionisti
del XIX secolo in quanto si riteneva
introdotta dall’imperatore Massimi-
liano I d’Asburgo (1459-1519). Carat-
teristica è la decorazione plissettata,
testimone dell’influenza che, a partire
dal XVI secolo, l’abbigliamento civile
ebbe sulla lavorazione delle arma-
ture. I diversi pezzi dell’esemplare in
esame sono stati avvicinati a impor-
tanti armaioli tedeschi, tra i quali
Kolman Helmschmid di Augsburg
(1471-1532), mentre la decorazione
rimanda alla maniera dell’incisore Da-
niel Hopfer il Vecchio (1470-1536).
L’armatura, priva delle gambiere, ha un
elmetto da incastro costituito a sua
volta da una visiera – formata da due
protezioni, una per la fronte e gli
occhi (vista), una per il naso con fes-
sure per la ventilazione (ventaglia) – e
dalla baviera, a protezione del mento
e del collo. Le difese delle spalle (spal-
lacci) sono costituite da otto lame;
quelle delle braccia (bracciali) sono
complete e mostrano cubitiere ai go-
miti di splendida fattura; i guanti non
presentano divisioni per le singole
dita. Il petto è decorato con girali e
volute, come la schiena, ed è fornito
dell’appoggio per la lancia (resta); nel 
medaglione è una testa d’uomo con
ai lati le lettere “FA” e in alto la data
1530; accanto ad esso sono due car-
tigli con le iniziali “G.T.”. A protezione
dei fianchi sono le scarselle. [FA]
100 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

Italia settentrionale

111 Brigantina
1490-1500
Farsetto in tela, lamelle in acciaio
con punzone, maglia di ferro
60x40 cm; 6.600 g
N. inv. 12103
Collezione Odescalchi (1959)

La brigantina, che deriva da un tipo


di abbigliamento da guerra, è arma di
difesa del torso ottenuta mediante
lamelle in ferro, disposte in fasce ver-
ticali applicate su un farsetto di tela e
cuoio, e si diffonde in Europa dal XIV
secolo per resistere ai tiri di freccia
e di balestra. Nella versione di lusso,
tra il XV e il XVI secolo, viene ulte-
riormente rivestita di velluto. Poiché
doveva garantire il massimo della
protezione mantenendo la libertà dei
movimenti, era pensata per essere
indossata con rapidità e senza aiuto,
proprio come un normale capo di
abbigliamento. All’interno la brigan-
tina Odescalchi è costituita da più di
seicento lamelle, di forma e dimen-
sioni diverse. All’esterno, la tela è
 fissata alle piastre da piccoli chiodi
con teste circolari: un sistema che
garantiva mobilità e flessibilità, per-
mettendo alla corazza di adattarsi
perfettamente a ogni movimento
del corpo. [MGB]

Italia settentrionale dalla fine del XVI secolo fino al


primo quarto del XVII, caratterizzati
112 Elmetto “alla savoiarda” da una visiera dall’aspetto antropo-
1630 ca. morfo, talvolta grottesco.
Ferro acciaioso Spesso bruniti o verniciati di nero,
25,5x22,7 cm, 4.300 g questi elmetti, come anche i cavalieri
N. inv. 12583 che li indossavano, furono sopran-
Collezione Odescalchi (1959) nominati Todenkopf (testa di morto).
Il loro uso si diffuse anche nel resto
Il termine “alla savoiarda” fu intro- d’Europa, in particolare in Francia e
dotto nel mercato antiquario di armi nei paesi dell’area germanica, impie-
antiche nel XIX secolo, per indicare gati dalle cavallerie pesanti (corazze),
quel gruppo di elmetti, in dotazione da cui deriva il nome generico di “el-
alle truppe del duca di Savoia, in uso metto da corazza”. [FA]
SALA 27 101

Italia

113 Spadona
XVI sec.
Ferro acciaioso
124,3 cm (lama 95,7 cm; elsa 28,6
cm); 1.966 g
N. inv. 11829
Collezione Odescalchi (1959)

La spadona ebbe origine come arma


da piede nel XIII secolo nei paesi del-
l’area germanica, diffondendosi in se-
guito nel resto d’Europa. A partire
dalla metà del XVI secolo fu per lo più
impiegata per occasioni cerimoniali e
di rappresentanza, trasformandosi in
un ricco accessorio impreziosito,
come in questo caso, da due monete sulla lunga impugnatura ricoperta in larga lama a due fili e il pomo schiac-
romane incastonate al centro del cuoio consentivano una salda presa, in ciato, ne denotano un uso quasi esclu-
pomo ottagonale. Gli anelli rilevati genere a due mani. La struttura della sivamente di taglio. [FA]

Germania

114 Daghetta da duello


Inizi del XVII sec.
Ferro acciaioso
45,5 cm (lama 33 cm; elsa
12,5x12,8 cm); 679 g
N. inv. 11425
Collezione Odescalchi (1959)
Questo tipo di arma, generica-
mente denominata “daghetta mano
sinistra”, fu in voga dalla metà del
XVI secolo alla metà del XVII, pe-
riodo in cui la pratica del duello si
perfezionò grazie anche al contri-
buto di numerosi trattati in mate-
ria. La sua funzione, di supporto
alla spada nel duello, è quella sia di
parare gli attacchi dell’avversario
sia di colpire. A tale scopo è strut-
turata con else di fogge diverse, ma
in genere molto curve in basso e
spinte in avanti per favorire la presa
della lama avversaria. Solitamente,
alla base dell’impugnatura, è un
anello di ferro per il pollice allo
scopo di dare più forza ai colpi
portati dal basso in alto.
Nell’esemplare in esame, la robusta
lama si allarga a forma di pettine,
composto da diciotto denti che
potevano bloccare, e talvolta spez-
zare, la lama avversaria. [FA]
102 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

Germania meridionale

115 Elmetto da cavallo


1525 ca.
Ferro acciaioso
26x20,5 cm; 2.679 g
N. inv. 12832
Collezione Odescalchi (1959)

Questo tipo particolare di elmetto


ebbe diffusione negli anni Venti e
Trenta del XVI secolo, soprattutto nei
paesi dell’area germanica; spesso
completava le armature cosiddette “a
costume”, allora molto in voga, che
intendevano riprodurre gli abiti civili.
La sua caratteristica principale è quella
di avere, in numerose varianti, la visiera
grottesca a forma di volto umano, di
animale o altrimenti di aspetto mo-
struoso, allo scopo di incutere mag-
gior timore e, nel contempo, dare una
sorta d’immagine d’invulnerabilità a
chi lo indossava. La superficie è com-
pletamente brunita. [FA]

Venezia

116 Barbuta “alla veneziana”


Inizi del XVIII sec.
Ferro acciaioso, velluto,
decorazioni in bronzo dorato
30x21x23,5 cm; 3.600 g
N. inv. 12950
Collezione Odescalchi (1959)

Elmi di questo tipo erano impiegati


soprattutto a Venezia in occasione
di cerimonie solenni, a partire dalla
fine del Cinquecento fino al Sette-
cento, quale segno di distinzione e
simbolo di carica pubblica.
L’esemplare in esame è ricoperto
esternamente di velluto cremisi e
ornato nella parte superiore, lungo
il dorso centrale fino alla nuca, di fo-
glie d’acanto in bronzo dorato, che con stemma ovale, alla banda di nel nostro caso, sulle quali si appli-
proseguono in rami di tralci su en- rosso. Sulla sommità dell’elmo è un cava questo genere di decorazioni
trambi i lati per poi terminare con foro per l’alloggiamento di un fre- e, frequentemente, un cimiero. Un
una testa leonina. Presenta una larga gio o di una figura a forma di ani- barbuta del tutto simile a quella in
placca frontale a forma di foglie mo- male o di fantasia (cimiero). Di esame è raffigurata in un dipinto di
dellate e incise, una piccola lamina solito venivano riutilizzate barbute Caravaggio, la Negazione di san Pie-
messa a giorno e lobata sul margine quattrocentesche, spesso di fabbri- tro, del 1609-10 (New York, Metro-
inferiore del coppo e una cartella cazione milanese, come sembra sia politan Museum of Art). [FA]
SALA 27 103

Francia

117 Corazza da bambino


con croce di Malta
1600-10 ca.
Ferro acciaioso
Petto 31,5x24 cm; 600 g; schiena
27x20,5 cm; 491 g
N. inv. 11678
Collezione Odescalchi (1959)

La produzione di armature da bam-


bino ebbe in Europa una lunga
tradizione basata sul precoce ad-
destramento militare dei cavalieri.
Oltre a questo uso pratico esisteva
anche un utilizzo in contesti uffi-
ciali, come cerimonie e parate, per
una delle quali venne realizzato
l’esemplare qui esposto. La grande
croce liscia dell’Ordine di Malta vi-
sibile sul petto, infatti, indica un’ap-
partenenza al prestigioso e antico
ordine cavalleresco, concessa solo a tortiglione, sono inseriti ribattini mentre il fondo dell’incisione è ri-
ai figli dei principi a partire dall’età dorati. La corazza è incisa all’ac- bassato, granito e dorato.
di tre anni in virtù di particolari di- quaforte con motivi “a tessuto”, La corazza venne acquistata dal
spense pontificie. Petto e schiena diffusi in Francia e in Italia, ispirati ai principe Ladislao Odescalchi nel
hanno sporgenze piuttosto pro- decori delle stoffe damascate con 1898 a Parigi presso l’antiquario
nunciate e lungo i margini, lavorati elementi fitomorfi, nastri e trofei Louis Bacherau. [CV]

Italia

118 Rotella “da carosello”


o da parata
1530 ca.
Legno ricoperto di tela gessata e
cuoio; dipinta a olio su lamina
d’argento
D. 35 cm; 1.925 g
N. inv. 11434
Collezione Odescalchi (1959)

Tra il XV e il XVII secolo l’uso delle


rotelle da parata durante i tornei e
le feste celebrative fu particolar-
mente diffuso: quelle dipinte a figure,
come l’esemplare Odescalchi, esal-
tavano i valori e gli ideali della caval-
leria attraverso gli episodi e le gesta
valorose degli eroi antichi dell’Eneide cile interpretazione, che in passato de Troyes sulle leggende del Graal
e dell’Odissea o dei cavalieri dei è stata letta come un episodio della e di re Artù: forse si tratta dell’in-
poemi epici medievali (Chanson de vita di un santo o di un personag- contro tra il giovane Perceval e un
Roland e cantari del ciclo carolingio). gio storico. Più probabile è l’ipotesi gruppo di cavalieri guidati da un re
La rotella qui esposta è decorata a che si tratti di una rappresenta- davanti alle porte di una città forti-
tutto campo con una scena di diffi- zione legata ai romanzi di Chrétien ficata. [CV]
104 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

Italia L’elmo ha la parte superiore (coppo)


tondeggiante con alta cresta avente il
119 Morione a cresta margine a tortiglione, al cui centro è
1550 ca. una tiara stilizzata; la tesa ha un pro-
Ferro acciaioso brunito filo ondulato. Sul retro è la pennac-
33,5x23x37 cm; 1.801 g chiera. Tutta la superficie è brunita e
N. inv. 11615 presenta incisioni dorate. Ai lati della
Collezione Odescalchi (1959) cresta sono raffigurate, entro due
medaglioni, un’amazzone e una Vitto-
ria alata appoggiata a uno scudo e, ai
loro fianchi, figure di atleti nudi con
palme. Sui due lati del coppo, un me-
daglione con il profilo di Giulio III
Ciocchi del Monte (1550-55), sor-
montato dal suo stemma (tre monti),
fa pensare a un uso destinato alle
guardie pontificie, confermato dalla
foggia e dalla decorazione. Dalla metà
del XVI secolo fino al XVIII, l’arma-
mento di questi reparti era di solito
completato da corsaletti (mezze ar-
mature da fante o da cavallo leggero,
prive di gambiere) aventi lo stesso
motivo decorativo. In genere il mo-
rione fu in uso per gran parte del XVI
secolo fino agli inizi del XVII, diffon-
 dendosi in tutta Europa in diverse va-
rianti relative, soprattutto, alla forma
del coppo e della tesa. [FA]

Giovanni Stradano
(Jan van der Straet)
(Bruges 1523-Firenze 1605)

120 Rotella da parata


1574
Legno ricoperto di tela gessata e
cuoio inciso, dipinta a olio
D. 66,6 cm; 3154 gr
N. inv. 11404
Collezione Odescalchi (1959)

La scena rappresenta la battaglia del


2 agosto 1554, combattuta a Scan-
nagallo presso Marciano in Val di
Chiana, tra le truppe medicee e au-
striache contro l’esercito franco-se-
nese. Si tratta dell’ultimo e decisivo
scontro della lunga guerra che san-
cisce la sottomissione di Siena alla
signoria fiorentina. La fuga della ca-
valleria francese, visibile sullo sfondo,
diede adito a sospetti di tradimento.
Ben identificabili i vessilli degli schie-
ramenti: in primissimo piano lo 
SALA 27 105

stemma imperiale d’oro con l’aquila con finti opali, mentre sul margine in- delle grandi vittorie militari del padre
bicipite caricata dello stemma Medici; feriore del verso è la firma dell’artista Cosimo I, da cui ereditò il granducato
più avanti lo stendardo bianco con la fiammingo, attivo alla corte dei Me- proprio nel 1574. Alcuni decenni più
croce rossa di Sant’Andrea della ca- dici: IO. STRADENSIS FLANS. tardi i Medici entrarono in possesso
valleria di Carlo V; sul fondo è l’inse- La rotella venne commissionata da di un’altra splendida rotella: la celebre
gna francese rossa con la croce Francesco I per il ventennale della Medusa di Caravaggio (Firenze, Gal-
bianca. Incornicia la scena un bordo battaglia, come celebrazione di una leria degli Uffizi). [GP]

Italia

121 Cappuccio da falcone


con manichino
XVI sec.
Cuoio e avorio
9x7,5x9,5 cm; 280 gr
N. inv. 11300 e 13079
Collezione Odescalchi (1959)

Il cappuccio, montato su un mani-


chino che riproduce le fattezze di un
falco, presenta un’apertura frontale
per il becco.Alla base del supporto è
intagliato un cartiglio con la scritta
DA ZIRIFALCHO MINORE che ne
precisa l’utilizzo. La sua funzione, in-
fatti, era quella di coprire gli occhi
dell’animale fino al momento in cui
veniva liberato per cacciare le prede.
Numerosi documenti confermano
l’alta considerazione che la falconeria
vantava tra la nobiltà nel Medioevo e
nel Rinascimento: Carlo Magno pub-
blicò un editto che puniva chi rubava
o uccideva un esemplare addestrato
alla caccia; Filippo Augusto di Francia
sbarcò a San Giovanni d’Acri, al-
l’epoca della terza crociata, con in
pugno un magnifico esemplare di gi-
rifalco. La larga diffusione di tale tipo
di caccia in Occidente è testimoniata
fin dal X secolo, in virtù di numerosi
trattati sull’argomento. Il più celebre
è certamente quello scritto intorno
al 1236 dall’imperatore Federico II di
Svevia (1194-1250) e intitolato De
arte venandi cum avibus, opera in sei
volumi, illustrata da miniature di alto
livello artistico. [GP]
106 PALAZZETTO - L’ARMERIA ODESCALCHI

Austria o Germania

122 Balestraa martinetto


da caccia
XVI sec.
Ferro acciaioso inciso, corno, corda,
legno
62x59x13,8 cm; 4.000 g
N. inv. 12663
Collezione Odescalchi (1959)

La balestra è composta da un fusto


(teniere) in legno ricoperto di corno
inciso con motivi a fogliami e due ovali
con animali; ai lati sono dei perni d’ac-
ciaio sporgenti per fermarvi il marti-
netto. L’arco d’acciaio, fissato alla testa
del teniere con fasciature in trecciola
di canapa incerata (briglia), è intera-
mente decorato da incisioni con mo-
tivi di animali, mostri, putti, fogliami, ed
è arricciato all’estremità (corni); pre-
senta una marca, riscontrata in altri gran parte del XVI secolo, soprattutto cia ad animali di grossa taglia, come
esemplari ma non ancora identificata. nei paesi dell’area germanica e il suo orsi, cinghiali o cervi, data la notevole
Questo tipo di balestra fu in uso per impiego, in particolare, era per la cac- forza d’urto del colpo. [FA]

Germania tello, tre coltellini, un “passacorda” Questo tipo di guarnitura fu in uso


(usato per aggiustare i finimenti da nei secoli XVII e XVIII, soprattutto
123 Guarnitura da caccia cavallo) e una forchetta. Il coltello nei paesi del Nord Europa; era im-
XVIII sec. maggiore ha l’elsa d’acciaio con piegata per la cerimonia finale della
Ferro acciaioso, fodero in lamina brevi bracci di guardia terminanti cosiddetta curée, nella quale l’ani-
metallica e velluto con teste di leone, così come il male abbattuto veniva preparato
52 cm (elsa 12,5x13,5 cm); 2.852 g pomo. per la cottura tagliando le carni e
N. inv. 11530 Gli altri coltelli e la forchetta hanno disarticolando le ossa, dopo aver
Collezione Odescalchi (1959)
l’impugnatura di forma analoga e dato in premio all’uccisore lo zoc-
sono tutti marcati. Il fodero è rico- colo anteriore destro e ai cani della
La guarnitura è composta da un fo- perto di velluto e di lamina, in parte muta le interiora. [FA]
dero contenente un grande col- cesellata a giorno con scene di caccia.
SALA 27 107


Johan Pichler truppe francesi di cavalleria leggera, cia, che ne denotano l’uso venatorio,
(documentato a Monaco nel 1596-1625) armate di pistola, attive alla fine del figure mitologiche, allegorie con iscri-
XVI secolo. La carabina ha una canna zioni in latino, la lupa con i gemelli, e
124 Carabina a ruota da caccia quadra, liscia e brunita; marcata, ai lati la cena di Damocle con il tiranno
1600 della culatta (estremità posteriore Dioniso (episodio legato alla nota
Fornimenti in ferro, cassa in noce della canna), con un orso ritto tra le metafora della spada di Damocle, nar-
con intarsi in corno iniziali “IP”, riferite a Johan Pichler. Il rato da Cicerone, Tuscolanae Disputa-
123,4x17,5x9,5 cm; 3.700 g
meccanismo di sparo (piastra, ruota, tiones, v. 61-62). Un cartiglio, con le
N. inv. 11298
Collezione Odescalchi (1959) briglia, cane) presenta parti in bronzo iniziali “IP”, è presente anche sull’im-
dorato e cesellato, con due arpie ad- pugnatura con la data “1600”; sul sot-
dossate e una scimmietta rovesciata. tocalcio è inciso lo stemma di
Il nome di questo tipo di fucile, corto La cassa in noce è decorata con in- Ernesto di Baviera, principe elettore
e leggero, deriva dai carabins, le tarsi in corno inciso con scene di cac- di Colonia (1583-1613). [FA]
LOGGIATO SUPERIORE DEL PALAZZETTO
IL LAPIDARIUM: LA SEZIONE DEI MARMI
Entrata dalla sala 20
110 LOGGIATO SUPERIORE DEL PALAZZETTO - IL LAPIDARIUM: LA SEZIONE DEI MARMI

 I CAPOLAVORI ornando indietro, verso l’uscita del Museo, ci si fermi alla sala

125 Giovanni di Stefano da Siena;


130 e 131 Arte romana; 134 Scal-
pellino romano.
T 20 dalla quale si accede al loggiato dove si trova il lapidarium.
I centoventi marmi archeologici, altomedioevali, medioevali e
rinascimentali, qui esposti dal 2006 con un nuovo allestimento, sono
confluiti nelle collezioni del museo in epoche diverse. Si tratta di mate-
riali che non provengono da collezioni storiche, bensì da scavi e sterri ef-
fettuati dalla fine del XIX agli inizi XX secolo.
Infatti, anche se già dalla metà del XV secolo nel Palazzo di Venezia
125
erano stati raccolti marmi antichi collezionati prima dal cardinale Pie-
tro Barbo e successivamente dal cardinale Domenico Grimani (1503-
1523), si tratta di collezioni disperse o trasferite già alla morte dei loro
proprietari. Non si hanno notizie nemmeno delle sculture realizzate in-
130
torno al 1812 dall’Accademia di Belle Arti sotto la direzione di Antonio
Canova; o di quelle uscite dalla Scuola di Belle Arti di Vienna che or-
navano alla fine del XIX secolo il portico inferiore del chiostro.
Per ricominciare a parlare di marmi nel Palazzo di Venezia bisogna ar-
rivare agli inizi del XX secolo, alle demolizioni della zona limitrofa al
colle capitolino e al 1910-1911, anni in cui l’architetto Camillo Pistrucci
134
inizia l’opera di smantellamento del palazzetto per lasciare spazio visivo
131
al Monumento a Vittorio Emanuele II. Gli sterri effettuati nell’area de-
molita mettono in luce sarcofagi, cippi funerari e un frammento di Ri-
lievo egizio (Fig. 131), che vengono ammassati nel giardino o murati
lungo le pareti del loggiato inferiore. Nel frattempo, le demolizioni in-
traprese, con varia giustificazione e in differenti zone della città, recu-
perano infinite ricchezze artistiche e storiche sepolte che vengono
trasferite a Castel Sant’Angelo, in cerca di una possibile, futura, collo-
cazione. E proprio da qui vengono prelevati svariati frammenti quando,
nel 1916, Palazzo Venezia viene scelto come sede definitiva del Museo
del Medioevo e del Rinascimento.
Nel 1933 la collezione si arricchisce di pochi ma selezionati marmi ar-
cheologici del II e III secolo d.C., provenienti dalla prestigiosa colle-
zione costituita da Ciriaco Mattei alla fine del XVI secolo: il Sarcofago
con eroti vendemmianti (Fig. 130) e il Sarcofago con Vittorie alate e mito
di Ganimede (Fig. 129).
Nel 1957, a seguito della chiusura del Museo Artistico Industriale
(M.A.I.) – una istituzione creata dal Comune di Roma nel 1872 per
raccogliere manufatti artistici di ogni epoca, utilizzati come modelli per
gli studenti della Scuola Superiore d’Arte Applicata all’Industria – en-
trano nella collezione alcune sculture con carattere scopertamente de-
corativo come la Margella da pozzo (Fig. 127) e la Lastra tombale del
cardinale Giovanni Berardi (Fig. 133). Tra i marmi più preziosi conser-
vati nel museo provenienti da collezioni private si ricordano: la Testa
femminile, da originale greco (Fig. 30) e il Busto di Marino Grimani di
Alessandro Vittoria (Fig. 75). Anche nel portico inferiore sono conser-
 I capolavori sono contrassegnati da vati frammenti marmorei provenienti da scavi effettuati nel palazzo o da
un quadratino. demolizioni. [MGB]
ENTRATA DALLA SALA 20 111


Giovanni di Stefano da Siena guito della decisione di edificare il alle estremità due figure inginoc-
(notizie dal 1366-91) Monumento a Vittorio Emanuele II. chiate e oranti, identificabili, grazie
Sotto il piccone del nuovo piano ur- alla soprastante iscrizione, con Fran-
125 Transenna con due donatori banistico finì anche il chiostro dei cesco dè Felici e sua moglie Cate-
1372 padri francescani della chiesa di rina, appartenenti a una nobile
Marmo bianco Santa Maria in Aracoeli. Qui, sopra famiglia romana titolare di una cap-
70x236,7x15 la porta di ingresso al convento, era pella collocata nell’antica chiesa ma-
N. inv. 1159
stata murata fin dal 1565 la tran- riana. L’attribuzione allo scultore
Santa Maria in Aracoeli; Tabularium
(1888); Castel Sant’Angelo (1911) senna marmorea del tabernacolo senese Giovanni di Stefano, una
trecentesco, che recingeva nell’area delle poche figure note, attive a
presbiteriale l’immagine della Ma- Roma nel tardo XIV secolo, è stata
Tra il 1885 e il 1888 furono attuate donna di San Luca. avanzata per affinità stilistiche con i
tutte le demolizioni previste sulla Caratterizzata da tre rosoni circo- rilievi del tabernacolo di San Gio-
sommità del colle capitolino a se- lari tutti diversi, la lastra raffigura vanni in Laterano (1367). [MGB]


Drudo da Trivio lancata è ricavato il foro di uscita del- a fianco di maestranze che attende-
(notizie dal secondo quarto del XIII sec.) l’acqua e collegato con festoni vege- vano a decorazioni marmoree d’or-
tali alle due protomi di leone e nato, ispirati dalle fonti classiche, per
126 Lavabo con protomi e festoni d’ariete posizionate ai margini destro oggetti con funzione liturgica (altari,
1230-40 e sinistro. Lungo il bordo superiore cibori, amboni).
Marmo bianco e inferiore corrono due iscrizioni, la Il repertorio decorativo della vasca
23x120x36,3 cm seconda delle quali particolarmente – il mascherone, le protomi, e le ghir-
N. inv. 1809
importante perché dà notizia del lande – dichiara immediatamente una
Scavi (1870); Museo Nazionale
Romano (1907); maestro: il marmoraro romano ripresa di questo linguaggio antico,
Castel Sant’Angelo (1919-20) Drudo da Trivio, attivo a Roma (Santa avvicinando la produzione dell’autore
Maria Nova) e nel Lazio (duomo di agli intenti suggeriti dalla bottega dei
Civita Castellana e cattedrale di Fe- Vassalletto nei chiostri di San Gio-
Il lavabo è decorato sulla fronte con rentino) tra il 1210 e il 1240. Lo scul- vanni in Laterano e di San Paolo fuori
un mascherone dalla cui bocca spa- tore lavora nei cantieri dei Cosmati, le mura. [MGB]
112 LOGGIATO SUPERIORE DEL PALAZZETTO - IL LAPIDARIUM: LA SEZIONE DEI MARMI

Manifattura romana corde, i recipienti con l’acqua,


(prima metà del IX sec.) come testimoniano i numerosi sol-
chi presenti all’interno.
127 Margella da pozzo La provenienza dalla chiesa di San-
Marmo bianco t’Agata in Diaconia sul colle Quiri-
82,2x84,8x57,2 cm nale dove la vera aveva funzione
N. inv. 13169 lustrale e il carattere simbolico
Scavi Quirinale (1870); M.A.I.
della decorazione, allusiva al sacri-
(1957)
ficio della Croce e alla salvezza che
si rinnova con l’acqua battesimale,
La vera o margella (raro esempio fanno di quest’opera un unicum nel-
di opera altomedievale decorata l’ambito della scultura della prima
con edicole formate da trecce di metà del IX secolo.
nastri viminei che racchiudono Il foro visibile in basso lascia pre-
croci, motivi floreali e albero della supporre un succesivo reimpiego
vita) individuava la posizione del della margella non più consono a
pozzo e veniva impiegata come ap- quella iniziale funzione privilegiata.
poggio per sollevare, con l’uso di [MGB]

Arte romana di età imperiale dove risalta, a rilievo, il busto-ri-


(epoca di Adriano: 117-138 d.C.) tratto della defunta caratterizzato
dal volto ovale coronato da una pet-
128 Ara funeraria di Iulia Iusta tinatura a larghi boccoli. È proprio
118-125 d.C. questo ‘diadema a riccioli’, tipico
Marmo lunense dell’età traianea e della prima età
74,50x54x32 cm adrianea, molto di moda nella fami-
N. inv. 8784
glia imperiale, a datare il marmo.
Collezione Mattei (1933)
Mentre l’iscrizione, così precisa nei
riguardi del marito e della sua atti-
Il monumento funerario, in forma di vità, attribuisce alla moglie una no-
ara quadrangolare, è dedicato a Iulia tevole evidenza sociale. Nei riquadri
Iusta dal marito Antiochus Lucco- laterali, posizionati sui fianchi del-
nianus, un personaggio che l’epi- l’ara, sono raffigurate una brocca e
grafe dedicatoria qualifica come una patera (bassa ciotola o tazza
responsabile degli introiti della pro- per libagioni alle divinità), simboli
vincia d’Africa. Due colonne strigi- della suppellettile sacra in uso nei
late inquadrano la faccia principale sacrifici funebri. [MGB]
ENTRATA DALLA SALA 20 113

Arte romana di età imperiale due Vittorie alate, il busto togato l’Inverno, rimane solo un’ala; segue
(epoca di Alessandro Severo: 222-235 d.C.) del giovane defunto ritratto con l’Autunno con la cacciagione in
una corta capigliatura, grandi occhi mano; mentre, sulla destra, compa-
129 Sarcofago con Vittorie alate incisi, bocca minuta. Sotto, è scol- iono il genio dell’Estate con la falce
e mito di Ganimede pita la scena centrale con il pastore e le spighe e quello della Primavera
230 d.C. Ganimede, “il più bello dei mortali”, con il cesto dei fiori. Nell’angolo
Marmo lunense rapito dall’aquila di Zeus. Ai lati del estremo è raffigurato Oceano che
54x138x9,5 cm rilievo sono collocate le figure dei trattiene un mostro marino. I temi
N. inv. 8952
Geni di stagione, simboli dell’eterno delle Vittorie e delle Stagioni, molto
Collezione Mattei (1933)
rinnovamento della vita e che, ori- diffusi nel III e IV secolo d.C., cele-
La fronte del sarcofago raffigura al ginariamente, dovevano essere brano l’apoteosi dell’adolescente
centro, dentro il clipeo sorretto da quattro. Attualmente del primo, rapito alla vita. [MGB]


Arte romana di età imperiale pertinente, raffigura, a sinistra, l’erma Dioniso di cui Priapo era figlio. Il co-
(epoca di Antonino Pio: 138-161 d.C.) di Priapo, il dio preposto alla fertilità perchio cuspidato è ornato da ma-
e alla custodia delle vigne e dei giar- schere di giovani satiri, eroti volanti
130 Sarcofago
con eroti dini, con la tunica sollevata e ripiena con ghirlande, aquile e volto di Me-
vendemmianti di melograni e uva. Seguono due dusa, resi con grande attenzione al
150 d.C. ca. eroti con grani di incenso e frutti; dettaglio.
Marmo lunense mentre un terzo putto trascina un L’intera figurazione del sarcofago è
26,6x143,5x39 cm; capro destinato al sacrificio. La se- legata al culto dionisiaco collegato
coperchio: 9,9x143x38 cm
conda scena raffigura la vendemmia al concetto di trasformazione e al
N. inv. 8785
Collezione Mattei (1933) con cinque eroti, molto simili tra superamento della morte: tema pre-
loro, intenti alle diverse fasi della rac- diletto nell’ambiente alessandrino di
colta, fino alla pigiatura dell’uva. Sui età ellenistica e utilizzato nella pro-
Il sarcofago infantile con eroti ven- lati del sarcofago sono raffigurati duzione funeraria di età imperiale
demmianti, integro e con coperchio grandi grifi, animali sacri ad Apollo e romana. [MGB]
114 LOGGIATO SUPERIORE DEL PALAZZETTO - IL LAPIDARIUM: LA SEZIONE DEI MARMI

Arte romana di età imperiale Probabilmente, in una ipotetica ri-


(epoca di Domiziano: 81-96 d.C.) costruzione della scena completa, il
dio doveva far parte di un gruppo
131 Rilievo egizio di divinità davanti alla quale si tro-
Fine del I sec. d.C. vava la figura stante di un impera-
Marmo lunense tore romano.
58x25x8,5 cm Il frammento è stato ritrovato nel-
N. inv. 3283
l’area interessata allo spostamento
Scavi Palazzetto (1910-11)
del palazzetto di Venezia agli inizi
del XX secolo. Si può quindi ipo-
Il rilievo è lavorato in negativo, a in- tizzare la sua provenienza da uno
cavo, e raffigura un personaggio dei due santuari isiaci presenti a
maschile seduto e con il capo rico- Roma, più vicini a questa zona:
perto da una acconciatura a doppia l’Iseo Campense e l’Iseo Capitolino,
corona, simbolo dell’Alto e Basso entrambi rinnovati all’epoca di Do-
Egitto. L’immagine si riferisce al dio miziano, da uno dei quali proviene
Geb, divinità dell’abbondanza legata anche il grande busto di Madama
al passaggio delle stagioni e al ciclo Lucrezia, collocato sulla piazzetta di
produttivo della terra. San Marco. [MGB]

Bottega di Andrea Bregno della Carità è confermata dal motivo e attiva bottega, raggiungendo una
(Osteno, Como 1418-Roma 1503) della torre che san Pietro affida alla meritata fortuna tanto da essere raf-
Vergine, identificata con la celebre figurato dal Perugino nell’affresco
132 Madonna con Bambino tra i torre già dei Frangipane (chiamata della cappella Sistina in Vaticano nel
santi Pietro e Paolo anche della Scimmia), ancora visibile riquadro della Consegna delle chiavi
Fine XV sec. sul palazzo di via dei Portoghesi. Il (1481-82). Da notare la inconsueta
Marmo di Carrara marmo, frammento di un ignoto conformazione concava della nicchia
80x155x18,5 cm complesso scultoreo smembrato, è di fondo sulla quale si stagliano i per-
N. inv. 10412
avvicinato alla produzione dello sonaggi: modulo ripreso forse dal
Palazzo Scapucci;
Castel Sant’Angelo (1911) scultore lombardo Andrea Bregno. monumento funebre del cardinale
L’artista aveva svolto un ruolo fon- Roverella (†1476), eretto dal Bregno
L’appartenenza del rilievo all’edificio damentale nella Roma di fine Quat- nella basilica di San Clemente.
di proprietà della Congregazione trocento grazie anche a una grande [MGB]
ENTRATA DALLA SALA 20 115

Bottega di Isaia da Pisa sostituzione del pavimento nel


(notizie dal 1428-65) 1760. Nell’occasione di questi la-
vori, la lastra venne rimossa e si-
133 Lastratombale del cardinale stemata su una parete della
Giovanni Berardi († 1449) medesima cappella da dove venne
Post 1449 tolta alla metà dell’Ottocento. Su
Marmo di Carrara modello di una celebre invenzione
216,5x92x6,7 cm di Donatello per la tomba Crivelli
N. inv. 13613
in Santa Maria in Aracoeli (1432), la
Sant’Agostino (cappella San Nicola
da Tolentino); M.A.I. (1957) lastra presenta l’effigie del cardi-
nale, resa con scarso risalto pla-
stico, all’interno di una nicchia
La lastra appartiene al Monumento classica definita da pilastrini e
funerario del cardinale Giovanni Be- chiusa da una valva a conchiglia.
rardi, potente protettore dell’Or- L’opera, che presenta notevoli affi-
dine dei Minori, nunzio a Basilea nità con i prodotti della scultura in
durante il pontificato di Eugenio IV metallo e dell’oreficeria, rivela l’ag-
(1431-1447) e morto a Roma nel giornamento sul patrimonio figura-
1449. Il marmo, impiantato nel pa- tivo classico di Isaia da Pisa, uno tra
vimento della cappella di San Ni- i più importanti scultori attivi a
cola da Tolentino nella chiesa di Roma, città nella quale lavora dal
Sant’Agostino, era inizialmente cor- 1431 con Paolo Romano che di-
redato da una targa epigrafica, an- verrà di lì a poco suo socio in al-
data dispersa a seguito della cune imprese scultoree. [MGB]

Ambito romano quattro elementi decorativi dai ca-


(seconda metà del XV sec.) ratteri fisionomici e bocche aperte
dalle quali defluivano le acque pio-
134 Quattro mensoloni figurati vane di raccolta. Le protomi (men-
1466 ca. sole), raffigurano i Venti: Austro (sud),
Travertino Settentrione (nord), Favonio (est), Vol-
100x40 cm turno (ovest) che, nella scienza dei
N. inv. 10406-10409
simboli, apprezzata nel Rinascimento,
Già Palazzetto di Venezia
hanno valore di manifestazioni so-
prannaturali rivelando le intenzioni
Tra la fine del 1464 e gli inizi del 1465 divine. Nel 1911, al momento dello
Paolo II Barbo aveva deciso la co- spostamento del palazzetto con con-
struzione di un viridarium (giardino) seguente correzione della pianta per
con un doppio ordine di logge a dieci la riduzione del numero delle arcate,
arcate per lato, aperto sia all’interno, i quattro mensoloni vennero rimossi
verso il giardino segreto, sia al- e murati nel cortile delle Torri, a ri-
l’esterno, verso la città. Al centro di dosso della basilica di San Marco. Dal
ogni lato, in corrispondenza del 2009 sono stati inseriti nella loggia 
primo loggiato, vennero inseriti i grande del palazzo. [MGB]
DEPOSITI
118 DEPOSITI

 I CAPOLAVORI a prima sala dei depositi (visitabili su richiesta da fare al per-

135 Roma, Arazzeria Barberini;


136 Manifattura medio-orientale. L sonale dell’accoglienza museale) ospita la collezione degli ar-
genti che conta più di ottocento esemplari ed è composta
dalle raccolte di argenterie, oreficerie, gioielli, smalti e altri metalli la-
vorati, confluita al museo per gruppi di oggetti preziosi di vario genere
e provenienza.
Di rilievo la sezione degli avori costituita da pochi esemplari tutti di
grande pregio storico.
135 Segue la collezione di vetri che annovera, tra le altre opere, una pre-
gevole raccolta di lastre, dipinte dei secoli XVI, XVII e XVIII: di ma-
nifattura veneziana realizzate da incisioni di scuola raffaellesca.
La sezione delle porcellane è documentata da un numero rilevante di
136 manufatti di provenienza cinese e giapponese dei secoli XVIII e XIX,
tra cui esemplari di tradizionali potiches, grandi catini e piatti prove-
nienti quasi tutti dal Collezione Tower-Wurts. Segue la serie delle por-
cellane italiane, francesi, tedesche, che documentano tutte le più
importanti manifatture operanti in Europa nell’arco di tempo che va
dall’inizio del 1700 alla metà del 1800. Di rilievo senz’altro le porcel-
lane russe espressione della gloriosa manifattura imperiale fondata a
Pietroburgo nel 1744.
L’intera raccolta di maioliche, la cui consistenza complessiva è di 1157
pezzi illustra tutto lo sviluppo di tale tipologia artistica in Italia, dai
prototipi prodotti intorno all’anno Mille, fino alle terraglie campane
della fine dell’Ottocento. Tale raccolta documenta inoltre una buona
parte della produzione straniera con esemplari olandesi di Delft, in-
glesi di Wedgwood e islamici provenienti dalla Persia, dalla Spagna,
dalla Turchia.
Pregevole la collezione di stoffe, che consta di circa 800 pezzi di epoca
tardo antica, medievale e barocca. Di grande rilievo la raccolta di tes-
suti copti dei secoli V e VI d.C., formatasi grazie a importanti acqui-
sti e generose donazioni.
Significativa la collezione di tappeti che conta circa 40 esemplari, tutti
di grande qualità artistica, ascrivibili all’opera di manifatture persiane
ed europee attive tra il XVI e il XIX secolo.
La collezione degli arazzi conta invece 65 pezzi che costituiscono
l’espressione delle più importanti e prestigiose arazzerie europee quali le
 I capolavori sono contrassegnati da
un quadratino. italiane, francesi, tedesche e fiamminghe dei secoli XVI-XVIII. [MSS]
119

Roma, Arazzeria Barberini

135 Giochi di putti


1637
Cartoni: Giovanni Francesco
Romanelli
Lana, seta, oro, argento
350x374 cm
N. inv 8795
Collezione Tower-Wurts (1933)

Il cardinale Francesco Barberini,


aveva fondato a Roma nel 1627
un’arazzeria di famiglia, ma risale al
1637 la tessitura della serie di arazzi
intitolata Giochi dei putti, ispirati a un
modello cinquecentesco su cartoni
del pittore di scuola raffaellesca Gio-
vanni da Udine. L’incarico di rea-
lizzare, su quelle copie, i disegni 
preparatori per la tessitura dei para- servati al Museo quattro hanno sog- una diffusa delicatezza dei colori. Le
menti fu affidato al pittore viterbese getti sicuramente desunti dall’edi- opulente ghirlande di fiori da una
Giovanni Francesco Romanelli che zione originaria – Putti che giocano parte definiscono lo spazio e dall’al-
ne rimaneggiò profondamente i sog- con la civetta; Putti che giocano a bocce; tro rappresentano uno straordinario
getti mantenendone solo lo schema Putti che giocano alla moscacieca; Putti elemento di trastullo per i sei festosi
compositivo originario; egli accolse che pescano (qui raffigurato) –, men- putti alati; le loro amabili rotondità
con determinazione la funzione ce- tre l’ultimo, Putti che giocano con ed i loro ingenui giochi partecipano
lebrativa dei paramenti e realizzò una un’arnia e il leone vinto dalle api, non ironicamente, insieme agli inequvo-
nuova serie composta di sette arazzi può che essere stato pensato per la cabili simboli delle api e del leone, alla
e sei fregi, di cui oggi si conoscono famiglia Barberini. La narrazione è ca- composizione narrativa ancora una
solo i cinque esemplari del Palazzo ratterizzata da una buona tenuta sti- volta fortemente dinastico-celebra-
di Venezia. Di questi manufatti con- listica, dall’eleganza del disegno e da tiva. [MSS]

Manifattura medio-orientale

136 Stendardo ottomano


della battaglia di Lepanto
1571 ca.
Seta
140x223 cm
N. inv. 560
Collezione Calori (1919)

Si tratta di un sandjak (grande sten-


dardo ottomano di forma pentago-
nale), in origine fornito di asta sul lato
breve. Il vessillo è tessuto su due teli 
di colore giallo-verde e presenta una tondo che nella fascia centrale si rare un trofeo della celebre battaglia
fascia centrale rossa con inserti in legge una iscrizione in lingua araba di Lepanto, combattuta il 7 ottobre
oro e argento laminati: nella metà in- che, pur assumendo valenza decora- del 1571 tra i cristiani della Lega
feriore sono due rosette a otto petali tiva, esprime un rilevante messaggio Santa e i turchi ottomani. Durante la
terminanti con due mezze lune con- religioso: “Dio è unico e Maometto è battaglia, infatti, vennero catturate
centriche, mentre nella parte supe- il suo profeta”. ben 130 navi turche, a una delle quali
riore è un cerchio con la mezza luna Tale elemento conferma il contesto verosimilmente era appartenuto que-
e la stella a otto punte. Sia in questo di provenienza del pezzo, da conside- sto sandjak. [GP]
CASSONI DEL XV E XVI SECOLO
122 CASSONI DEL XV E XVI SECOLO

cassoni qui di seguito descritti (visionabili su richiesta da fare al per-

I sonale dell’accoglienza museale) fanno parte delle collezioni di ar-


redi del Museo, a lungo neglette per sfortunate vicissitudine storiche.
Esse sono state recentemente oggetto di nuova attenzione che ha dato
inizio a una più approfondita campagna conoscitiva che va dallo studio
storico al restauro delle gran parte di essi.
La prima considerazione, fatta nel riesaminare questo materiale, è
stata sulla ricchezza, sulla quantità e sulla varietà di tali raccolte, con
una incredibile eterogeneità di tipologie e di epoche, dai cassoni, ai
forzieri, ai cofani, alle cassette, ai mobili chiusi, alle credenze, ai cas-
settoni, ai salotti settecenteschi, alle sedie, nelle specifiche sottocate-
gorie di seggioloni, poltrone, savonarole (sedia pieghevole a struttura
incrociata), panche, stalli di coro, per non parlare di specchi, spec-
chiere, tavoli e consolle.
La seconda riflessione su tutti questi oggetti, anche per comprenderne
la futura destinazione, è dovuta partire dalla filosofia che stava all’origine
di questo Museo e della sua successiva negazione. La sua cospicua cam-
pagna di acquisizioni era infatti motivata dalla necessità di ricostruire
nell’allestimento un’ambientazione d’epoca per tutte le opere d’arte, che
dovevano essere accompagnate da arredi coevi per creare le cosiddette
“period rooms”. Seguì lo smantellamento assoluto realizzato da un certo
purismo museografico che riteneva insostenibile una tale ibrida convi-
venza di oggetti d’arte eterogenei. Alla luce di queste considerazioni e per
rendere di nuovo accessibile in maniera efficace e coerente almeno una
parte di questo particolare patrimonio di arredi, è stato innanzitutto
enucleato il gruppo di opere più coerente e significativo da un punto di
visto storico artistico, creando una nuova sezione museale di prossima
apertura. Questa sarà dedicata alla parte più antica della categoria arredi,
vale a dire casse, cassoni, forzieri, cofani, senza però ripercorrere la nota
via dell’allestimento monotematico, ma tentando di rivisitare la moda-
lità orginaria con l’accostamento di tali manufatti con altre opere affini
per epoca, tipologia di lavorazione, motivi ornamentali, come cuoi, co-
rami (cuoio lavorato e dipinto), serrature antiche, piccole tavole dipinte,
per offrire una chiave di lettura più complessiva e suggestiva. In questa
pubblicazione verrà presentata solo una piccolissima selezione di opere
che anticipano alcune delle categorie fondamentali, dai più antichi for-
zieri, con finalità prevalentemente funzionali, di conservazione e tra-
sporto degli oggetti, alle sempre più belle e decorate casse in pastiglia
dorata, ai cassoni intarsiati, a quelli ricoperti in cuoio, per non dimen-
ticare quelli non presentati in questo testo, dipinti, istoriati, intarsiati e
pirografati. (LC)
123

Firenze

137 Cassone con le quattro Virtù


cardinali e coppie di centauri
in legno dorato e pastiglia
Seconda metà del XV secolo
Legno di pioppo e pastiglia dorata
87x180x69 cm
Inv. n. 2973
Acquisto Grassi (1920)

L’oggetto è riconoscibile nella defi-


nizione di cassone, sia per le dimen-
sioni considerevoli sia per le trale si riconoscono quattro figure Il cassone fa parte di una famiglia di
caratterizzazioni formali, le quali, in- femminili rappresentanti le Virtù Car- opere estremamente simili nei sog-
sieme alla qualità esecutiva e alla dinali, da sinistra la Giustizia, la For- getti e nella forma, riferite a botte-
ricchezza decorativa, confermano tezza, la Prudenza con il serpente, e ghe di ambito fiorentino della
che avesse con ogni probabilità una infine la Temperanza con il vaso. I due seconda metà del XV secolo. Nel-
destinazione di arredo e di abbelli- spazi residui ai lati sono animati da l’apparato figurativo di tali oggetti si
mento degli ambienti e non sempli- coppie di centauri, risaputa allegoria esalta la ripresa dell’antico sia nella
cemente una funzione d’uso. Il rinascimentale del vizio. Sui lati brevi tipologia dei personaggi vestiti al-
pannello frontale è decorato da un del cassone, su un fondo operato l’antica sia nella forma del sarcofago
modellato in pastiglia (impasto di con gigli, come un tessuto, campeg- classico, con uno stile energico as-
gesso con polvere di marmo e colla), giano inseriti in riquadri romboidali similabile alla maniera del Pollaiolo,
dove lo spazio è scandito in tre parti due scudi raggianti con stemmi di- soprattutto nella raffigurazione dei
da due candelabre. Nel campo cen- pinti, purtroppo molto abrasi. due centauri in lotta. (LC)

Venezia

138 Cassa in legno dorato con


motivi ornamentali floreali
Inizio del XVI sec.
49x130x41 cm
Legno di abete e pastiglia dorata
con inserti in velluto
Inv. n. 10702
Acquisto E. Mentisci (1928)

La piccola cassa è caratterizzata dai materiale costoso sui lati maggior- cassoni che fungevano tanto da con-
delicati decori floreali in pastiglia do- mente destinati al degrado. tenitori che da sedili.Anch’esso ha su-
rata, la cui finezza attesta tanto la de- Il recente restauro ha evidenziato un bito dei rimaneggiamenti, sia nella
stinazione ornamentale del prezioso precedente intervento riferibile al- doratura che nel cuscino. Questo in-
oggetto quanto la provenienza da una l’inizio del XX secolo, che ha com- fatti è costituito da una tavola di legno
bottega di ambito veneziano tra fine portato alcuni rimaneggiamenti. Il di abete ricoperto da due strati di
Quattrocento e inizio Cinquecento. In fronte è composto da tre tavole stoffa, la prima un velluto dello stesso
tale ambito infatti le produzioni erano originali, riassemblate dopo il No- tipo presente nel fronte, mentre
caratterizzate dal rilievo poco ag- vecento. Nella parte inferiore è at- quella sottostante è invece una tela in
gettante e delicato della pastiglia con tualmente visibile una tavola più lino e seta lanciata in seta, con un mo-
disegno minuto, a corredo di un og- stretta dipinta in azzurro e al di sotto tivo geometrico risalente al secolo
getto dalla forma squadrata, scandita nello zoccolo un’altra dorata e lavo- XVI a sua volta cucito su una tela di
da cornici che inquadrano motivi geo- rata in pastiglia, ma in origine la di- lino. I lati corti sono ricoperti di una
metrici. Le facce laterali sono deco- sposizione era invertita. Il coperchio tela rossa dipinta con tempera ocra,
rate con una imitazione dipinta di un piano è decorato con un cuscino bor- materiale di recupero ricavato da vec-
ricco broccato di seta, soluzione uti- dato da una cornice dorata, a confer- chi dipinti applicati con il colore verso
lizzata probabilmente per risparmiare mare la destinazione comune a molti il legno. (LC)
124 CASSONI DEL XV E XVI SECOLO

Italia settentrionale

139 Cassone nuziale con motivi


araldici con leopardi
Prima metà del XV sec.
65x171x67 cm
Legno di pioppo e pastiglia, trattata
a finto cuoio e dipinta
Inv. n. 3043
Acquisto Salvadori (1921)

Questo originale cassone si caratte- verarsi a una fonte presumibilmente lavorazione del cuoio) di tutta la
rizza per la particolare finitura in pa- dell’amore. Infatti, il motivo generale superficie, che trova perfetta cor-
stiglia trattata a finto cuoio e dipinta della decorazione sembra essere rispondenza nelle tematiche icono-
in alcune parti applicata sui tre lati chiaramente legato al tema nuziale, grafiche del primo Quattrocento,
della struttura. Il fronte di questo come confermano sia la comparsa ma anche in alcuni dettagli esecu-
originale cassone è scompartito da della scritta “amore”, ancora leggi- tivi, come la tipologia degli incastri
cornici decorate con volute e mo- bile sopra una delle volute della cor- a coda di rondine tipica dei manu-
tivi floreali in tre riquadri, all’interno nice dipinte in blu, sia la presenza fatti provenienti dalle aree del
dei quali sono raffigurati motivi aral- speculare della coppia di stemmi. Sui Nord Italia di questo periodo.
dici: ai lati, con due leopardi affron- lati brevi compare invece un motivo Come spesso accade in questo tipo
tati con elmo con cimiero a forma a rosone. di manufatti, nei successivi passaggi
di uccello e lambrecchini (orna- La cifra stilistica della decorazione di proprietà sono stati abrasi gli
mento araldico) che sostengono rimanda chiaramente a un ambito stemmi, in particolare quello di si-
due stemmi e, al centro, i medesimi tardogotico, anche nel grafismo nistra, ma anche quello di destra è
animali, raffigurati nell’atto di abbe- della fine punzonatura (tecnica di scarsamente leggibile. (LC)

Firenze

140 Cassonecon putti reggifestone,


stemma e candelabre
Inizi del XVI sec.
102x201x74,5 cm
Legno intarsiato; struttura in legno
di pioppo; tarsie noce, legno di
fusaggine ed altre essenze
Inv. n. 3090
Acquisito E. Testa (1921)

ll monumentale cassone è un impor-


tante esemplare della tipologia a
sarcofago, genere sviluppatosi so- presente a Palazzo Corsini. Queste due profili sagomati, interamente de-
prattutto nel XVI secolo e ornato tarsie del pannello frontale in legno corata con un toppo a modulo sem-
da una elegante tarsia pittorica che si di noce erano eseguite “a buio” (tec- plice costituito da un’alternanza di
apprezza soprattutto nella decora- nica dell’intarsio che consiste nello tessere chiare e scure. Nella parte su-
zione del fronte. Qui compare una scavare il legno secondo il disegno periore al pannello principale, inserita
sorta di fregio, animato al centro da per inserirvi tessere) in legno di fu- in una cornice sagomata, compare
putti reggifestone con stemma, che si saggine, mentre la cornice che lo rac- una fascia con una decorazione “a
raccordano graziosamente con nastri chiude era stata realizzata con una toppo” con motivo a girali di tipo ri-
alle immagini laterali in cui si ripetono tarsia “a due toppi”, anch’essa in nascimentale che ritorna nella cor-
speculari gruppi di altri putti mentre legno di noce, come del resto i due nice del coperchio a sarcofago, che
giocano attorno a un candelabro. È da semplici riquadri lesene laterali, otte- chiude il cassone. Analoghi motivi ri-
segnalare la vicinanza nella tipologia e nuti con filettature di toppi a libro. Lo tornano anche nei fianchi al centro
nei temi iconografici con il cassone zoccolo al di sotto è caratterizzato dei quali sono raffigurati due ma-
fiorentino dell’inizio del XVI secolo da un’alta piattabanda, contenuta tra scheroni grotteschi. (LC)
BIBLIOGRAFIA 125

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INDICE DEGLI ARTISTI E DELLE OPERE 127

Sono elencati soltanto gli artisti le cui opere Della Porta, Guglielmo Danza di ninfe nel Maestro di Staffolo Madonna della Miseri-
vengono riprodotte nel volume. bosco 76 cordia 28
I capolavori sono segnalati in grassetto. Di Nuto (?), Nicola Madonna col Bambino 29 Maestro ispiratore dello Zoppo Laocoonte 68
Di Stefano, Francesco vedi Pesellino Maille, Michael Re David 88
Drudo da Trivio Lavabo con protomi e festoni Manifattura Arita (prefettura di Saga, Cina)
A 111 Statuina femminile in smalti policromi
Algardi, Alessandro Battesimo di Cristo 36; Imari 45
Busto di Innocenzo Pamphilj X 33; Cristo F Manifattura bizantina Cofanetto nuziale con
portacroce 78; Riposo durante la fuga in Ferrata, Ercole Tritone 87 Storie di David 55; Trittico Casanatense 55
Egitto 79; San Filippo Neri e l’angelo 85; Ferri, Ciro Sposalizio di santa Caterina 31 Manifattura campano-laziale Cassa detta “di
San Nicola da Tolentino 85; Santi e beati Ferrucci del Tadda, Romolo (attribuito a) Terracina” 53
della Compagnia di Gesù 84 Contadino cacciatore di uccelli 70 Manifattura del Buen Retiro (Spagna) L’apo-
Ambito romano Croce dipinta 28; Quattro Firenze Cassone con le quattro Virtù cardinali stolo Andrea 48
mensoloni figurati 115 e coppie di centauri in legno dorato e pasti- Manifattura dell’Europa centrale (mosana?)
Anonimo Cinque amorini che giocano 77 glia 123; Cassone con putti reggifestone, Lunetta nella Nicchia dei Palli 54
Anonimo francese Coppia di coniugi 39 stemma e candelabre 124 Manifattura dell’Italia centro-meridionale
Arte romana Pontefice sul fadistorio 54 Francia Corazza da bambino con croce di Cristo Pantocrator 56
Arte romana di età imperiale Ara funeraria Malta 103 Manifattura di Bagnoregio Brocca da farma-
di Iulia Iusta 112; Rilievo egizio 114; Sar- cia con emblema di san Benedetto 61
cofago con eroti vendemmianti 113; Sarco- G Manifattura di Castelli Vaso da farmacia serie
fago con leoni che azzannano una preda 19; Germania Armatura “alla massimiliana” 99; Orsini-Colonna 63
Sarcofago con Vittorie alate e mito di Gani- Daghetta da duello 101; Guarnitura da cac- Manifattura di Doccia (Sesto Fiorentino, Fi-
mede 113; Testa femminile 37 cia 106; Pellegrina da maglia 99 renze) Ganimede e l’aquila 46
Aspetti, Tiziano Figura Allegorica (La Fede?) Germania meridionale Celata 98; Elmetto da Manifattura di Jingdezhen (Jiangxi, Cina)
74 cavallo 102 Piatto in smalti policromi della Famiglia
Aspetti, Tiziano vedi Minio Tiziano Giambologna Contadino con bastone (Vian- verde 43; Potiche in smalti policromi della
Austria (o Germania) Balestra a martinetto dante) 76; Suonatore di cornamusa 75 Famiglia rosa 44; Servizio dell’ombrellino
da caccia 106 Giammaria Mosca vedi Padovano 47; Vaso rouleau con decoro bianco e blu 43
Giorgione (Giorgio o Zorzi da Castelfranco, Manifattura imperiale (San Pietroburgo)
B detto) Doppio ritratto 26 Piatto ornamentale 48
Barbieri, Giovan Francesco vedi Guercino Giovanni di Stefano da Siena Transenna con Manifattura Kyō-Satsuma (Kyōto, Giap-
Beato Angelico Volto di Cristo 30 due donatori 111 pone) Vaso a sagoma di bottiglia 45
Bernini, Gian Lorenzo Angelo con il titolo 86; Grandi, Girolamo e Francesco Satiro seduto Manifattura medio-orientale Stendardo otto-
Memoria a Suor Maria Raggi 87; Ritratto 69 mano della battaglia di Lepanto 119
di Clemente X 79; Testa del Moro 86 Guardi, Andrea Croce figurata a doppia Manifattura napoletana Portantina Ruffo 39
Bernini, Gian Lorenzo (bottega di) Croce faccia 83 Manifattura romana Bacino con stemma del
d’altare e figure di santi 38 Guercino, San Pietro piangente 35 cardinale Marco Barbo 62; Brocca della Spe-
Borgianni, Orazio Cristo morto con tre do- zieria di Santo Spirito in Saxia 61; Mar-
lenti 35 I gella da pozzo 112
Boulogne, Jean vedi Giambologna Isaia da Pisa (bottega di) Lastra tombale del Manifattura romano-laziale (?) Madonna col
Bracci, Pietro Oceano 91 cardinale Giovanni Berardi 115 Bambino 53
Bregno, Andrea (bottega di) Madonna con Italia Cappuccio da falcone con manichino Manifattura Samson (Parigi, Francia) Potiche
Bambino tra i santi Pietro e Paolo 114 105; Mazza 97; Morione a cresta 104; Ro- in smalti policromi sul tipo della Famiglia
Briosco, Andrea vedi Riccio tella “da carosello” o da parata 103; Spadona rosa cinese 44
101 Maratti, Carlo Cleopatra che scioglie la perla
C Italia settentrionale Bacinetto a visiera 98; in una coppa di vino 34
Caffà, Melchiorre Sant’Eustachio tra i leoni Brigantina 100; Cassone nuziale con motivi Mazzuoli, Bartolomeo Benedetto XIII Orsini
88 araldici con leopardi 124; Elmetto “alla sa- 90
Calzetta, Severo vedi Severo da Ravenna voiarda” 100 Minio, Tiziano Nettuno 72
Cavaceppi, Bartolomeo Marco Aurelio 92 Mino da Fiesole, Storie di San Girolamo 57
Cavallini Pietro (cerchia di) Testa di Cristo L Mino di Giovanni vedi Mino da Fiesole
27 Le Gros, Pierre Monumento funebre di Inno- Mochi, Francesco (attribuito a) Angelo 71
Cobaert, Jacob Cornelisz Croce d’altare e fi- cenzo XI 89 Mosca, Giammaria vedi Padovano
gure di santi 38 Lippi, Filippo Natività di Cristo 30
Crespi, Maria Giuseppe Mosè salvato dalle Ludovisi, Bernardino Allegoria della Carità O
acque 32 90 Orsi, Lelio Compianto sul Cristo 27
Creti, Donato Ballo di ninfe 32
M P
D Maestro del Dittico Sterbini Dittico Sterbini Pacetti, Vincenzo Pio VI Braschi 93
Dal Moro, Giulio Il Redentore 74 24 Pacher, Michael (cerchia di) San Michele
De’ Barbari, Niccolò Cristo e l’adultera 25 Maestro dell’Incoronazione Christ Church sconfigge il demonio 31
De’ Dolci, Giovannino Stemma ligneo di Sposalizio mistico di santa Caterina 29 Padovano (Giammaria Mosca, detto il)
Paolo II Barbo 23 Maestro di Pio II Madonna col Bambino 63 Didone 72
128 INDICE DEGLI ARTISTI E DELLE OPERE

Pesellino Natività di Cristo 30 II Barbo 23 V


Pichler, Johan Carabina a ruota da caccia Rusconi, Camillo Allegoria dell’Inverno 89 Van der Straet, Jan vedi Stradano, Giovanni
107 Vasari, Giorgio Affreschi Altoviti 36
Pisanello (Antonio Pisano, detto il) Testa Venezia Barbuta “alla veneziana” 102; Cassa
di donna 25 S in legno dorato con motivi ornamentali flo-
Pisano, Antonio vedi Pisanello Sabbatini, Lorenzo Adorazione dei Magi 26 reali 123
Pisano, Nicola Testina muliebre 56 Sansovino, Jacopo Miracoli di san Marco Veneziano, Paolo Angeli musicanti 24
83 Vittoria, Alessandro Busto di Marino Gri-
R Severo da Ravenna Mostro marino 67; Sa- mani 75
Raffaelli, Giuseppe Allegoria della Sempli- tiro inginocchiato con conchiglia 67
cità 92 Solimena, Francesco Le Nozze di Cana 34
Real Fabrica Ferdinandea (Napoli) Rinfre- Spagnolo vedi Crespi, Maria Giuseppe
W
scatoio 47; Ritratto di Maria Carolina “al- Stradano, Giovanni Rotella da parata 104
Witz, Michael (Il Giovane) Armatura da
l’eroica” 46 Susini, Antonio Crocifisso 78
piede 97
Reni, Guido Testa detta del Seneca 84
Xanto Avelli, Francesco Piatto istoriato col
Riccio, Caprone 68; Allegoria della Giusti-
mito di Esaco 62
zia 77 T
Roccatagliata, Niccolò Angelo con lume 69 Tacca, Pietro Cavallo al passo 70; Cavallo
Roma (Arazzeria Barberini) Giochi di putti in posata 70
119 Tatti, Jacopo vedi Sansovino Jacopo Z
Romano, Paolo (bottega di) Busto di Paolo Titi, Tiberio Ritratto dei bambini Orsini 33 Zorzi da Castelfranco vedi Giorgione

Finito di stampare nel


mese di aprile 2009
da Miligraf s.r.l., Roma

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