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La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti

6. Il rifiuto di sottoporsi all’accertamento.

6.1. Il rifiuto di sottoporsi all’accertamento e le conseguenze


sanzionatorie.

Si è detto che l’art. 186 Codice della strada attribuisce agli organi
di polizia il potere di sottoporre il conducente ad accertamenti
qualitativi preliminari o a prove (comma 3); di sottoporlo ad accer-
tamento mediante etilometro (comma 4); di richiedere alle strutture
sanitarie di effettuare l’accertamento del tasso alcolemico nei con-
fronti del conducente coinvolto in incidente stradale e sottoposto
a cure mediche (comma 5).
Si è anche detto che né gli organi di polizia, né le strutture sani­
tarie potrebbero procedere coattivamente a tali accertamenti, che
postulano sempre il consenso del conducente e, talvolta, addirittura
la sua fattiva collaborazione.
Il rifiuto dell’interessato di sottoporsi agli accertamenti qualitativi
preliminari, alla prova con etilometro (sul posto o presso il più vicino
ufficio o comando dotato dell’apparecchiatura), e agli accertamenti
presso le strutture sanitarie integra l’autonoma fattispecie di reato
prevista dall’art. 186, comma 7: “salvo che il fatto costituisca più
grave reato, in caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi
3, 4 o 5, il conducente è punito con le pene di cui al comma 2,
lettera c)”.
Si applicano quindi le pene previste per la più grave delle vio­
lazioni relative alla guida in stato di ebbrezza, che prevede l’am-
menda da Euro 1.500,00 a Euro 6.000,00 e l’arresto da tre mesi
ad un anno.
In aggiunta alle sanzioni penali, “La condanna per il reato di cui
al periodo che precede comporta la sanzione amministrativa acces­
soria della sospensione della patente di guida per un periodo da sei
mesi a due anni e della confisca del veicolo con le stesse modalità
e procedure previste dal comma 2, lettera c), salvo che il veicolo
appartenga a persona estranea alla violazione”.

Rifiuto per fatti Il rifiuto non deve essere necessariamente espresso; esso può
concludenti anche venire manifestato per facta concludentia, semplicemente non
[111] corrispondendo all’invito degli organi di polizia di compiere quanto
richiesto, o comunque allontanandosi. È stato considerato corretto
il ragionamento del giudice di merito, che aveva qualificato come
rifiuto di sottoporsi all’esame l’atteggiamento tenuto dall’imputato,
allontanatosi, barcollando, dal luogo dell’incidente e rimasto sordo
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il rifiuto di sottoporsi all’accertamento

agli inviti rivoltigli; così come deve ritenersi che il rifiuto di salire
in auto per sottoporsi all’esame rappresenti null’altro un rifiuto ad
eseguirlo (Cass., sez. 4, sentenza n. 14161 del 2006).
Potrebbe sorgere il dubbio che, trovandosi il conducente in stato
di ebbrezza, e quindi non in grado di rendersi conto di quanto avviene
intorno a lui, egli potrebbe non comprendere l’invito rivoltogli di
sottoporsi ad accertamenti, così facendo venire meno l’elemento
soggettivo del reato.
In questo caso, va ricordato che, ai sensi dell’art. 92 c.p. (Ubria­
chezza volontaria o colposa ovvero preordinata), l’ubriachezza non
derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude né dimi-
nuisce la imputabilità: il conducente “non potrebbe non rispondere
della propria condotta, posto che, ove anche esistente, lo stato di
totale compromissione della coscienza sarebbe stato determinato dal
consapevole e cosciente abuso di alcol” (Cass., sez. 4, sentenza n.
2587 del 2007) .
Non costituisce poi un’esimente, dopo essere stati richiesti
di sottoporsi agli accertamenti qualitativi preliminari o all’esame
con etilometro, offrire di sottoporsi all’esame del tasso alcolemico
mediante prelievo ematico.
Esaminando questo caso, la Corte di Cassazione ha osservato
come la circostanza non valga ad escludere l’esistenza oggettiva del
rifiuto. Essendo esclusa l’esistenza di una prova legale – prosegue
la Corte – è infatti evidente che la persona indiziata di aver guidato
in stato di ebbrezza può contrastare il risultato dell’etilometro con
altri mezzi (in particolare con i risultati del prelievo ematico); ma è
altrettanto evidente che, con la previsione della fattispecie del rifiuto
penalmente sanzionata dal codice della strada, si è inteso evitare
che, con la richiesta di una diversa procedura, eseguibile con mag­
giori difficoltà e in tempi certamente più lunghi, si potessero eludere
gli accertamenti che, solo se svolti nell’immediatezza e con mezzi
prontamente disponibili, possono garantire l’attendibilità dei risultati.
Ritenere che sia sufficiente optare per il prelievo ematico in ambito
ospedaliero, per escludere la fattispecie contravvenzionale in esame,
varrebbe sostanzialmente a porre nel nulla la disciplina sulla guida
in stato di ebbrezza (Cass., sez. 4, sentenza n. 38848 del 2005).

La legittimità della richiesta degli organi di polizia costituisce Legittimità


presupposto della rilevanza penale del rifiuto. della richiesta
In primo luogo, la richiesta di sottoporsi ad esame con etilometro degli organi
può essere formulata solo in presenza dei presupposti di cui al comma di polizia
4, ossia quando gli accertamenti qualitativi hanno dato esito positivo, [112]

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La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti

in caso d’incidente, ovvero quando si abbia motivo di ritenere che


il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica
derivante dall’influenza dell’alcol. E, allo stesso modo, la richiesta
del sanitario del consenso ai fini di procedere al prelievo ematico
potrà essere formulata esclusivamente nei confronti del conducente
coinvolto in incidente stradale e sottoposto alle cure mediche. In
assenza di tali presupposti, la richiesta di sottoporsi all’accertamento
non è da considerarsi legittima; e per questo gli organi di polizia
dovranno indicare, nella comunicazione di notizia di reato concer­
nente il rifiuto, in quale di questi casi si versi.
In secondo luogo, la richiesta deve concernere uno dei com-
portamenti che possono essere pretesi dal conducente ai sensi dei
commi 3, 4 e 5 dell’art. 186, sopra elencati.
Come visto, per accertare il tasso alcolemico (ma diversa è la
disciplina per gli stupefacenti) gli organi di polizia stradale non
possono procedere al prelievo ematico o comunque di liquidi bio-
logici, poiché tale procedura non è prevista dal regolamento; ma
solo richiedere alle strutture sanitarie - ove il conducente si trova
in quanto sottoposto a cure mediche - di procedervi. La Corte di
Cassazione, quindi, ha ritenuto che “ non configura il reato di cui
all’art. 186 comma sesto del codice della strada la condotta di chi
rifiuti di sottoporsi a prelievi ematici, o comunque di liquidi biolo­
gici, da parte di agenti della Polizia stradale, mirati ad accertare lo
stato di alterazione psicofisica derivante da influenza dell’alcol. Ciò
in quanto, ai sensi dell’art. 379 dal regolamento di esecuzione del
nuovo codice della strada, tale accertamento può essere effettuato
esclusivamente per mezzo dello strumento denominato etilometro”
(Cass., sez. 4, sentenza n. 34438 del 05/02/2003 - Rv. 225615, in
Archivio giuridico della circolazione e dei sinistri, 2004, 1, 28).
Con riguardo all’accompagnamento di cui al comma 4, si
ricorda come esso possa essere operato presso il più vicino ufficio
o comando; tanto che sarebbe illegittima la richiesta rivolta al con­
ducente di recarsi presso un ufficio o comando diverso.
Poiché, ai sensi dell’art. 187, comma 3, l’accertamento dello stato
di alterazione in conseguenza dell’uso di sostanze stupefacenti può
essere compiuto solo “presso strutture sanitarie fisse o mobili affe­
renti ai suddetti organi di Polizia stradale ovvero presso le strutture
sanitarie pubbliche o presso quelle accreditate o comunque a tali
fini equiparate”, si è ritenuto anche che “ai fini della configurabi­
lità del reato di rifiuto all’accertamento clinico sulla presenza nei
liquidi organici di sostanze stupefacenti, trattandosi di accertamento
diagnostico obbligatorio non coattivo, è necessario il rispetto delle

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il rifiuto di sottoporsi all’accertamento

modalità previste dall’art. 187 comma 5 codice della strada che


prevede l’accompagnamento presso strutture pubbliche e pertanto
non sussiste il reato nel caso in cui il rifiuto si sia manifestato dopo
l’accompagnamento del conducente presso il comando dei vigili
urbani dove veniva chiesto il prelievo delle urine” (Cass., sez. 4,
sentenza n. 7339 del 15/01/2003 - Rv. 223661).
Assume rilevanza penale anche il rifiuto opposto al sanitario Rifiuto opposto
incaricato dall’organo di polizia stradale di effettuare l’accertamento. al sanitario
Come stabilito nella Circolare 29 dicembre 2005, “lo stesso sanitario [113]
documenterà il rifiuto ricevuto e sulla base di questa documentazione
l’organo di polizia stradale richiedente procederà alla denuncia per
il reato previsto dall’art. 186, comma 7 C.d.S.”.
Ci si chiede anche se le richieste di cui ai commi 3, 4 e 5
possano essere rivolte solo nella flagranza della condotta di guida,
come potrebbe dedursi dal richiamo terminologico alla persona del
“conducente”, tanto che sarebbe illegittima una richiesta rivolta in
un momento successivo, e di conseguenza legittimo il rifiuto opposto.
Si tratta di caso assai frequente nell’ipotesi di incidente, quando il
conducente si allontana dal luogo del sinistro prima dell’arrivo degli
organi di polizia, e viene richiesto di sottoporsi ad accertamenti
quando vi fa ritorno.
La Corte di Cassazione ha osservato che l’art. 186 non richiede
la contestualità fra condotta di guida e richiesta degli organi di
polizia, bastando invece una stretta contiguità temporale: quando
non vi sia una apprezzabile distanza temporale, la richiesta dovrà
considerarsi legittima (Cass., sez. 4, sentenza n. 5992 del 2006). In
altra pronuncia, ha confermato che l’invito a sottoporsi all’esame
alcolimetrico deve essere rivolto in un contesto temporale che possa
ricollegare l’invito a sottoporsi all’esame alla guida di un veicolo;
ma ciò non significa che non possa esservi una soluzione temporale
tra i due fatti, purché l’accertamento venga effettuato, o richiesto,
in un contesto temporale riconducibile alla condotta accertata (nel
caso in esame, risultava certo che l’imputato, in stato di ebbrezza,
era giunto sul posto poco prima guidando un ciclomotore) (Cass.,
sez. 4, sentenza n. 7667 del 2006).

6.2. La legittimità costituzionale del sistema.

Si è detto che gli accertamenti previsti dall’art. 186 Codice della Accertamenti
strada non hanno carattere coattivo, in quanto non sono fisicamente obbligatori
coercibili; essi sono tuttavia obbligatori, poiché il rifiuto è sanzionato non coattivi
penalmente. [114]

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La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti

La previsione di una sanzione penale per il caso di mancata


collaborazione ad un accertamento riguardante la persona che può
condurre all’affermazione di una responsabilità penale può presentare
dubbi di legittimità costituzionale [per una approfondita disamina
delle problematiche di diritto costituzionale del prelievo ematico
coattivo vedi P. Felicioni, L’esecuzione coattiva del prelievo ematico:
profili problematici, nota a Corte Costituzionale 9 Luglio 1996, n.
238, in Cass. pen. 1997, 2, 315].
La Corte Costituzionale, per il caso di guida sotto l’effetto di
stupefacenti, non ha ravvisato nella facoltà per gli organi di polizia
di accompagnare il conducente presso le strutture sanitarie per il
prelievo di liquidi biologici profili di contrasto con il principio di
inviolabilità della persona stabilito dall’art. 13, primo comma, della
Costituzione, o con la disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori
di cui all’art. 32 della Costituzione
Ha in particolare osservato che la libertà personale del condu-
cente non è affatto violata: “egli non subisce coartazione alcuna,
potendosi rifiutare in caso di ritenuto abuso di potere da parte
dell’agente. Vero è infatti che - a tutela della effettività dell’attività
di polizia - codesto rifiuto è poi costruito dal comma 5 dell’art. 187
come un autonomo titolo di reato. Ma, a parte il fatto che quest’ul­
tima norma non è stata denunciata, il giudice deve riscontrare la
ragionevolezza del motivo che ha indotto l’agente a disporre l’ac­
compagnamento. Ed è proprio la previsione legislativa di tale ragio­
nevolezza a scongiurare i rischi di abuso paventati dal rimettente,
consentendo che a posteriori si compia una verifica giudiziale dei
fatti e della attendibilità delle ragioni del convincimento dell’agente,
in relazione al bene protetto della sicurezza della circolazione ed
alle correlate finalità di prevenzione” (sentenza n. 194 del 15 maggio
1996, in Dir. pen. e proc., 1996, 946).
Secondo il ragionamento della Corte, quindi, non vi è violazione
della libertà personale se non nel caso di coartazione fisica, poiché la
coazione che si realizza attraverso la minaccia di pena è comunque
sottoposta, quanto alle condizioni legittimanti, a controllo giudiziale.
Con riguardo poi all’art. 32 della Costituzione, ha osservato la
Corte che, “prescindendo infatti dal problema se i prelievi in que­
stione, finalizzati a mere analisi e non già alla prevenzione o alla
cura di malattie, possano qualificarsi quali ‘trattamenti sanitari’ -
come apoditticamente afferma il rimettente -, basti considerare che,
stante l’espressa previsione di essi in una disposizione di legge, la
prospettata incostituzionalità potrebbe ritenersi solo ove si potesse
riscontrare una violazione, da parte di quest’ultima, dei ‘limiti imposti

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il rifiuto di sottoporsi all’accertamento

dal rispetto della persona umana’. E questa Corte ha già precisato


che il prelievo ematico - ormai di ordinaria amministrazione nella
pratica medica - non lede la dignità o la psiche della persona, così
come di norma non ne mette in alcun modo in pericolo la vita,
l’incolumità e la salute (v. sentenza n. 54 del 1986)”. La Corte
Costituzionale, quindi, dubita che sia pertinente il richiamo all’art.
32 della Costituzione, mentre, come si è detto, esso è frequente nella
giurisprudenza della Corte di Cassazione, sia pure sotto il profilo non
del trattamento, ma dell’accertamento sanitario obbligatorio, e per
concludere che nessuna violazione dell’art. 32 della Costituzione è
ravvisabile nella disciplina dell’art. 186.
In effetti, le condizioni di legittimità di trattamenti e accertamenti
sanitari obbligatori vengono comunemente individuate nel fine di
cura e prevenzione della malattia, nella coincidenza della tutela della
salute individuale con quella della salute collettiva, nella indispensa­
bilità del trattamento imposto ed esplicitamente previsto da parte di
una legge dello Stato. Se gli accertamenti previsti dall’art. 186 non
hanno certo la finalità di tutelare la salute del conducente o della
collettività, ma di ricercare elementi di prova della sua responsabilità
penale, il parametro costituzionale di riferimento dovrà essere indi-
viduato nell’art. 13, che tutela l’inviolabilità della persona, e nell’art.
24, che tutela il diritto di difesa, ma non nell’art. 32.
La stessa Corte Costituzionale ha, nella sentenza n. 238 del 27
giugno 1996, ritenuto che nel sistema disegnato dagli articoli 186 e
187 codice della strada “il legislatore - operando specificamente il
bilanciamento tra l’esigenza probatoria di accertamento del reato e
la garanzia costituzionale della libertà personale - abbia dettato una
disciplina specifica (e settoriale) dell’accertamento (sulla persona del
conducente in apparente stato di ebbrezza alcolica o di assunzione di
sostanze stupefacenti) della concentrazione di alcol nell’aria alveolare
espirata e del prelievo di campioni di liquidi biologici, (prevedendo
bensì in entrambi i casi la possibilità del rifiuto dell’accertamento, ma
con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilità
del conducente ad offrirsi e cooperare all’acquisizione probatoria);
disciplina - questa - la cui illegittimità costituzionale è stata recen­
temente esclusa da questa Corte (sentenza n. 194 del 1996, citata)
proprio denegando, tra l’altro, la denunziata vulnerazione dell’art.
13, secondo comma, della Costituzione atteso che la dettagliata
normativa di tale accertamento non consente neppure di ipotizzare
la violazione della riserva di legge”.
Restando in questo modo esclusa la violazione dell’art. 13,
la espressa qualificazione dei comportamenti obbligatori ai sensi

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La guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di stupefacenti

dell’art. 186 Codice della Strada come un “offrirsi e cooperare


all’acquisizione probatoria” richiama l’art. 24 della Costituzione ed
il diritto di difesa ivi sancito.
Potrebbe sostenersi che violi tale diritto l’obbligo di prestarsi ad
atti di indagine che potrebbero condurre all’affermazione di una
propria responsabilità penale; così come l’art. 64 c.p.p. (poiché
l’interrogatorio è contemporaneamente atto di indagine e esercizio
del diritto di difesa) attribuisce alla persona sottoposta ad indagini la
facoltà di non rispondere, facoltà libera e priva di sanzioni di alcun
genere, potrebbe obiettarsi che l’obbligo – sia pure non coercibile
– di collaborare agli atti di cui sopra violerebbe il principio per cui
nemo tenetur se detegere, poiché il rifiuto troverebbe giustificazione
nel diritto a non essere costretti a fornire elementi o prove a proprio
sfavore [sul punto, G. Buttarelli, Le nuove modalità di accertamento
del reato di guida in stato di ebbrezza tra prove legali e diritto di
difesa, in Cassazione penale, 1990, 12, 2231; G. Nicolucci, Guida in
stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di sostanze
stupefacenti o psicotrope: i profili d’incostituzionalità della cogenza
del prelievo di liquidi biologici, in Giurisprudenza di merito, 2006,
6, 1494].
Va a questo proposito richiamata la distinzione che attribuisce
all’imputato, rispetto alla formazione della prova, un duplice ruolo,
quale “organo” e quale “oggetto” di prova. Nel primo caso, egli
svolge un’attività inerente al concetto di autodifesa e la cui espli­
cazione principale sta nel contributo attivo consistente nel ren­
dere dichiarazioni relative all’accertamento del fatto; nel secondo,
invece, l’imputato non contribuisce attivamente all’istruzione pro­
batoria, ma vi soggiace con la propria persona. Le ipotesi norma­
tive di riferimento sono le perquisizioni, ispezioni e ricognizioni
personali, nonché la perizia e le intercettazioni di comunicazioni
o conversazioni.
L’imputato come organo di prova ha diritto a tenere compor-
tamenti non partecipativi rispetto al procedimento probatorio, e a
non collaborare alla ricostruzione del fatto, diritto garantito dall’art.
24 della Costituzione. Come oggetto di prova, ossia come mera
realtà fisica sottoposta ad osservazione, egli si trova in posizione
di soggezione rispetto ad una serie di atti e accertamenti discipli­
nati da norme processuali, con i limiti dettati dall’art. 13 che tutela
la libertà personale, o dall’art. 23 che tutela contro l’illegittima
imposizione di obblighi o divieti [vedi P. Felicioni, L’esecuzione
coattiva cit.].

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