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L'Attività amministrativa

L'attività amministrativa è quell'attività mediante la quale i soggetti della pubblica amministrazione


provvedono alla cura dell'interesse pubblico, interessi loro affidati dopo che la funzione politica
sceglie i fini da perseguire. I principi dell'attività amministrativa, nell'ordinamento giuridico
italiano, sono dei principi giuridici (norme giuridiche di contenuto generale che esprimono i valori
ai quali si conformano altre norme dell'ordinamento giuridico) a cui deve conformarsi l'attività
della pubblica amministrazione italiana. Si ha quindi un attività svolta da tutti gli apparati di diversi
settori per dare attuazione allo norme giuridiche. Gli uffici amministrativi dei diversi settori devono
rispettare il principio di legalità, i fini e gli obiettivi stabiliti dalle norme giuridiche. Il principio di
legalità deriva dal fatto che il nostro è uno Stato di diritto (forma di Stato che assicura la
salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle libertà dell'uomo). La pubblica amministrazione svolge
un'attività discrezionale, deve perseguire un fine stabilito dalle fonti del diritto. Per raggiungere
questo fine ha la possibilità di scegliere percorsi e strumenti. Facciamo un esempio: tra le finalità
dei comuni abbiamo quella di garantire un'adeguata viabilità; se per caso in un comune viene
ampliato un aeroporto e contestualmente creato un grande centro commerciale, la viabilità non sarà
più adeguata per un giusto scorrimento del traffico. Il comune può decidere di alleggerire la
viabilità creando un'arteria stradale per raggiungere l'ipotetico aeroporto o centro commerciale (in
base alle disponibilità economiche). Quindi l'obiettivo è alleggerire la viabilità, ma sta al comune
scegliere quale strada fare. Abbiamo così la discrezionalità amministrativa in quanto è il comune
che sceglie gli strumenti. Abbiamo però anche due casi in cui la scelta da parte della pubblica
amministrazione viene meno ed è obbligata. Nel primo caso abbiamo un'attività vincolata (ad
esempio, alla segreteria studenti si chiede un certificato con le votazioni e la segreteria deve
stamparlo, non può inventarselo; i certificati sono quindi un esempio dell'attività vincolata). Nel
secondo caso abbiamo una discrezionalità tecnica, qui la pubblica amministrazione non ha
possibilità di scelta in quanto si ha un dovere di applicazione di regole tecniche o scientifiche. Un
esempio di questa tipologia è: un comune sente la necessità di creare un ponte su un fiume per il
collegamento della città; il ponte può essere fatto più a nord o più a sud; facendo alcune verifiche si
è scoperto che a nord il terreno tende a franare e la realizzazione del ponte sarebbe rischiosa. Qui il
comune non ha una vera e propria scelta, ma è costretto a costruire il ponte dove c'è maggiore
sicurezza. Un altro esempio è il seguente: tutti i film italiani o importati in Italia necessitano del
nulla-osta della commissione di censura che visiona le pellicole; la commissione, nel decidere, deve
controllare che il film non vada contro il buon costume. La commissione per valutare ciò utilizza il
parametro del buon costume e quindi non ha una vera e propria possibilità di scelta. Infine
importante è il provvedimento amministrativo nel quale confluisce l'attività amministrativa. Per
provvedimento amministrativo si intende quell'atto consistente in una manifestazione di volontà
adottata dall'amministrazione per la cura di un concreto interesse pubblico e diretta a produrre in
maniera unilaterale effetti giuridici nei rapporti esterni con i destinatari. L'emanazione di un
provvedimento è preceduta da una serie di atti e attività che confluiscono nel procedimento
amministrativo.
Provvedimenti amministrativi
I provvedimenti amministrativi sono quindi gli atti che la pubblica amministrazione adotta per
raggiungere un fine pubblico (ad esempio il nulla-osta persegue il fine pubblico di permettere la
visione di un prodotto culturale tutelando il buon costume e la libertà della manifestazione di
pensiero). Le caratteristiche comuni a tutti i provvedimenti sono cinque e indipendentemente dal
settore di appartenenza: tipicità, autoritarietà o imperatività, esecutività, esecutorietà,
inoppugnabilità. Per tipicità si intende che i diversi uffici della pubblica amministrazione non si
possono inventare gli atti ma devono adottare atti esplicitamente previsti dalla legge. Per
autoritarietà o imperatività si intende che l'atto incide e produce i suoi effetti direttamente sul
destinatario (il rilascio o meno del nulla-osta incide direttamente sulla distribuzione da parte del
regista e produttore del film). Per esecutività si intende che non è necessaria una preventiva verifica
da parte dell'autorità giudiziaria per constatare la validità di tutti i suoi requisiti. Ad esempio: se
concludo un contratto per vendere una casa a una persona e questa non mi paga, le devo fare causa
e devo dimostrare che era stato concluso un contratto legittimo; nel caso della pubblica
amministrazione invece gli atti producono effetti senza che nessuno controlli preventivamente. Per
esecutorietà si intende che la pubblica amministrazione può portare ad esecuzione un atto senza
l'intervento di un giudice. Ad esempio: se un comune ha deciso di costruire una strada e deve
passare su terreni di alcuni privati e decide di espropriare quei terreni, il giorno fissato sull'atto il
comune si reca sui terreni in questione e inizia a creare la strada portando ad esecuzione l'atto.
Tornando all'esempio del contratto invece, se il soggetto non paga, instauro un giudizio, il giudice
mi dà ragione ma la persona continua a non pagare; devo fare un'altra causa con la quale verranno
espugnati i suoi beni per soddisfare la somma della quale è in debito. La pubblica amministrazione
non ha bisogno dell'intervento di un giudice a differenza di un privato. Per inoppugnabilità si
intende: se qualcuno ritiene che la pubblica amministrazione abbia fatto un atto non legittimo, deve
impugnarlo entro termini molto brevi (in generale da un minimo di trenta giorni a un massimo di
centoventi); dopo di che gli atti diventano inoppugnabili. Gli elementi che devono essere contenuti
negli atti amministrativi sono: soggetto, oggetto, causa, motivazione, forma, requisiti accessori. Il
soggetto è l'ufficio di pubblica amministrazione competente per la materia e il territorio. L'oggetto è
l'entità sulla quale ricadono gli effetti del provvedimento. La causa è l'interesse pubblico primario
che si vuole perseguire con quel provvedimento (ad esempio il buon costume per i film). Con la
motivazione la pubblica amministrazione deve spiegare perché ha preso una certa decisione. La
motivazione è obbligatoria a partire dalla legge 241 del 1990, legge sulla “trasparenza
amministrativa”. Esistono casi in cui però non si dà spiegazioni e tale silenzio produce degli effetti
(come, ad esempio, il silenzio-assenso oppure, in casi rari, il silenzio-rigetto). In alcuni casi l'atto
deve avere una determinata forma giuridica, in altri casi no, purché siano sempre presenti tutti gli
elementi (ad esempio il certificato di laurea). Infine i requisiti accessori sono elementi aggiuntivi
degli atti che dipendono dalla discrezionalità della pubblica amministrazione. Possiamo aggiungere
che la legge 241 è importante anche per altri motivi. Prima del 1990 la pubblica amministrazione
non aveva scadenze; con questa legge ogni provvedimento deve essere concluso entro una data ben
precisa, un “termine certo” (trenta giorni se non specificato diversamente). Viene inoltre nominato
un responsabile del procedimento, ovvero un soggetto dirigente che deve garantire il corretto
svolgimento dell'iter. Si ha così l'introduzione del “principio del contraddittorio”: prima di rilasciare
un atto si deve contattare la controparte sulla quale si rifletterà il provvedimento e se il termine dei
trenta giorni non viene rispettato è possibile avere un risarcimento. Infine l'accesso agli atti è aperto
a ciascun cittadino che ne può richiedere una copia, a meno che questi siano coperti da privacy o
segreto d'ufficio. Si hanno poi le cause di invalidità degli atti amministrativi: nullità o inesistenza
dell'atto, annullabilità, inopportunità, irregolarità. Nel primo caso manca uno o più degli elementi
fondamentali e l'atto è come inesistente. Ciò può essere denunciato sempre e non ha limite di
tempo; inoltre si tratta di un “vizio insanabile”: l'atto non può essere corretto a posteriori, ma solo
annullato. Con annullabilità (“vizio sanabile”, ovvero che si può correggere, ma ci sono dei termini
entro i quali impugnare l'atto) si intende un atto che presenta uno dei tre “vizi di legittimità”. Il
primo è l'incompetenza relativa: quando l'atto è stato adottato da una struttura amministrativa
opportuna, ma la persona che lo ha adottato non ne aveva i poteri (ad esempio firma del funzionario
invece che del dirigente). Il secondo è “eccesso di potere”: quando l'atto viene adottato per un fine
diverso da quello contemplato dall'ordinamento giuridico. Ad esempio: un dirigente delle pubblica
amministrazione ha alle dipendenze alcune persone; se tra queste vi è un funzionario soggetto a
procedimento disciplinare, il dirigente potrebbe spostarlo in un altro ufficio affidandogli un lavoro
meno gratificante e questo abuso di potere (che un tempo era difficile da dimostrare) è dimostrabile
grazie alla legge 241. Il terzo “vizio di legittimità” è la “violazione di legge”: quando il contenuto
dell'atto è in contrasto con una qualunque disposizione normativa. Si ha poi tra le cause di
invalidità degli atti amministrativi l'“inopportunità”: un vizio che non sempre può essere fatto
valere. Infine vi è l'“irregolarità”: ad esempio quando sull'atto non vi è la marca da bollo, quindi
l'atto ha tutte le carte in regola ma non produce effetti perché manca regolamentazione con
adempimento di imposta. Esistono poi tre casi in cui le invalidità dell'atto sono sanabili e la
pubblica amministrazione può agire in diversi modi. La pubblica amministrazione può, quando vi è
un vizio, porre rimedio sanando il provvedimento: la sanatoria ha quindi efficacia ex-tunc
(retroattiva) ed è come se l'atto fosse sempre stato valido. Oppure la pubblica amministrazione si
rifiuta di sanare il vizio del provvedimento e lo annulla (anche in questo caso l'annullamento ha
efficacia ex-tunc ed è come se l'atto non fosse mai esistito. Infine la pubblica amministrazione può
avere un provvedimento sano, ma perde interesse o viene mutata la disciplina e vengono meno i
requisiti necessari. In questo caso la pubblica amministrazione può revocare il provvedimento che
ha efficacia ex-nunc (dal momento in cui si procede con la revoca, “da ora”). I privati devono
potersi tutelare dagli atti amministrativi e per farlo esistono due percorsi di tutela: ricorsi in via
amministrativa e ricorsi in via giudiziaria. Nei ricorsi in via amministrativa il privato si rivolge a un
uffici della pubblica amministrazione e si hanno tre tipi di ricorsi: ricorso in opposizione, ricorso
gerarchico, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Il ricorso in opposizione è una
contestazione che il privato rivolge allo stesso organo che ha fatto l'atto, ma questo ricorso si può
adottare solo se espressamente consentito dall'ordinamento giuridico. La scadenza di solito è breve
(trenta giorni) e il silenzio della pubblica amministrazione in questo caso vale come rigetto (in
questo caso si può continuare con le autorità giudiziarie). Il ricorso gerarchico ha l'iter identico a
quello sopra, ma in questo caso è possibile quando si ha davanti una struttura pubblica ad
amministrazione gerarchica (ad esempio il ricorso per una multa può essere fatto al prefetto; è
quindi l'organo superiore che analizza il ricorso e non chi lo ha emesso). Anche in questo caso il
termine è di trenta giorni e il silenzio vale come rigetto entro novanta giorni. Il ricorso straordinario
al Presidente della Repubblica (di antico retaggio) si adotta se sono scaduti i trenta giorni in quanto
questo ricorso ha un termine di centoventi giorni. Può essere avanzato solo per tutelare la
legittimità e se l'esito è negativo per il privato, quest'ultimo non può rivolgersi all'autorità
giudiziaria. In realtà non sarà il Presidente della Repubblica a esaminare il ricorso, ma il ministero
competente per la materia che poi trasmetterà gli atti al consiglio di stato. Dal 2010 viene rilasciato
un parere obbligatorio e vincolante (sarà il consiglio di stato a decidere se accettare o meno il
ricorso, mentre il compito del Presidente della Repubblica sarà quello di apporre la firma). Tutto
ciò quindi per i ricorsi in via amministrativa. I ricorsi in via giudiziaria possono essere fatti al posto
dei ricorsi in via amministrativa oppure si può ricorrere a questi ricorsi se non si è soddisfatti
dell'esito dei primi (eccetto, come detto, nel caso del ricorso straordinario. Prima di tutto si deve
decidere l'autorità giudiziaria alla quale vogliamo rivolgersi: giudice ordinario (di pace, tribunale,
corte d'appello, corte di cassazione) o giudica amministrativo (TAR, ovvero il Tribunale
amministrativo regionale). Dopo di che bisogna capire se l'atto ha leso il “diritto soggettivo” o
l'“interesse legittimo”. Il “diritto soggettivo” è il diritto dei privati. Sono diritti tutelabili entro lassi
temporali ampi (fino a dieci anni) e vengono detti “termini di prescrizione”. Tali ricorsi vengono
avanzati per il mancato pagamento di beni immobili (i diritti di proprietà non hanno scadenze).
Nell'“interesse legittimo” non si ha una tutela diretta in quanto l'interesse del singolo coincide anche
con l'interesse della pubblica amministrazione. L'interesse del singolo viene tutelato di “riflesso”,
non direttamente. Si hanno qui sessanta giorni per agire e trascorso il tempo, diventa
inoppugnabile. Ad esempio: se abbiamo un concorso per la pubblica amministrazione e un
partecipante non è soddisfatto dell'esito può fare ricorso; in questo caso si ha un interesse della
pubblica amministrazione perché questa ha indetto il concorso per trovare il soggetto più
qualificato; se uno dei partecipanti fa ricorso e dimostra che la propria prova era migliore di quella
di altri candidati ne trae vantaggio anche la pubblica amministrazione perché avrà un lavoratore
maggiormente qualificato. Infine i “diritti soggettivi” si tutelano davanti al giudice ordinario mentre
gli “interessi legittimi davanti al giudice amministrativo (TAR ha un limite di settanta giorni).
Inoltre davanti al giudice amministrativo si hanno solo i vizi di legittimità, non di opportunità.

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