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Materia: anatomia 3

Argomento: Analisi delle singole cellule che compongono il sistema nervoso

Data: 17/03/20

Prof: Elena De Santis

Firma: Leonardo Ermini

Il sistema nervoso centrale, detto anche nevrasse, comprende l’encefalo, contenuto nella scatola
cranica e il midollo spinale contenuto nel canale vertebrale. Queste strutture del SNC sono costituite
da tessuto nervoso. Fa parte del sistema nervoso anche il sistema nervoso periferico che si compone
di altre strutture come gangli, nervi e terminazioni nervose (i nervi, a seconda da dove emergono,
prendono il nome di nervi cranici, spinali e periferici). Sia il SNC che il SNP sono composti da
tessuto nervoso, che comprende corpi cellulari dei neuroni (pirenofori), dendriti e cellule di sostegno
(glia del sistema nervoso centrale).
Quando si parla di SNP, parliamo di assoni rivestiti da guaina mielinica che emergono dall’asse
centrale formato dall’encefalo, che andranno a costituire i nervi cranici (sono 12 paia presenti
nell’uomo) oppure possono emergere dal midollo spinale, in quel caso andranno a costituire i nervi
spinali. SNP e SNC sono un tutt’uno, la cui componente principale è il neurone con il suo corpo
cellulare (pirenoforo) localizzato all’interno del SNC, mentre il prolungamento assonale si localizza
perifericamente e andrà a costituire un nervo. N.B. le cellule che compongono il sistema nervoso
hanno la stessa derivazione embrionale (neuroectoderma), fanno eccezione le cellule di Schwann e
le cellule Satelliti che derivano dalla cresta neurale.
Il SNC è composto da due classi principali di cellule:
1- I neuroni: cellule principali del tessuto nervoso, sono cellule eccitabili, che comunicano tra di
loro ma anche con altri tipi cellulari come cellule muscolari o ghiandole esocrine,
trasmettendo un potenziale d’azione (segnali elettrici). I neuroni rappresentano solo il 10% di
tutte le cellule del tessuto nervoso. Le cellule più abbondanti sono le cellule gliali.
2- Cellule gliali: comunemente dette glia, rappresentano il 90% della componente cellulare del
tessuto nervoso. Possono svolgere diverse funzioni: supporto fisico per i neuroni, mantengono
un equilibrio della sostanza extracellulare permettendo ai neuroni di svolgere le proprie
funzioni.
Analizziamo ora la struttura del neurone:
Il neurone si compone di 4 parti. Nel corpo cellulare (può essere chiamato pirenoforo, pericarion
o soma) risiede il nucleo con il suo nucleolo e una serie di organuli comprendente un fitto RER,
nel quale vengono sintetizzate diverse proteine, principalmente neurotrasmettitori, utilizzati dal
neurone stesso per svolgere le proprie funzioni. Il pirenoforo corrisponde al centro trofico del
neurone, in caso di danni ai dendriti o all’assone il neurone provvederà a “ripararli”, mentre
nel caso dovesse subire danni al corpo cellulare il neurone andrà incontro a morte (ricordiamo
inoltre che i neuroni sono cellule perenni, non in grado di andare incontro a mitosi). I dendriti
sono dei prolungamenti citoplasmatici che sono presenti in un polo cellulare del neurone, sono
adibiti a raccogliere il segnale proveniente da altri neuroni o da altre cellule. Nel polo opposto
dove si ergono i dendriti troviamo un lungo prolungamento citoplasmatico, l’assone, il quale
svolge la funzione di veicolare il potenziale d’azione lungo la membrana plasmatica e di
trasmetterlo alla sua porzione terminale che termina in contatto con la cellula effettrice, sia essa
una cellula muscolare oppure una ghiandola.

Nel tessuto nervoso sia del SNC che del SNP i pirenofori si presentano in agglomerati e
possiedono le stesse caratteristiche sia morfologiche che funzionali. Quando questi aggregati di
somi sono presenti nel SNC parliamo di “nuclei”, quando invece questi ammassi di corpi cellulari
neuronali si presentano nel SNP vengono definiti con il nome di “gangli “. Il neurone dispone di
proprietà generali uniche, la prima è l’eccitabilità, infatti il neurone è capace di eccitarsi, ovvero
di creare un potenziale d’azione. La seconda è la conducibilità che consente al neurone di
condurre l’impulso sino al terminale assonico. La terza proprietà generale del neurone è la
trasmissibilità, che consente al neurone di trasmettere l’impulso a valle, ad una cellula post-
sinaptica. L’eccitabilità è di pertinenza del pirenoforo e dei dendriti, la conducibilità dell’assone,
mentre la capacità di trasmissione dell’impulso è associata al bottone sinaptico (terminale
assonico).

I neuroni sono classificati dal punto di vista strutturale secondo 3 tipologie: neuroni multipolari,
dotati di più poli, possiedono un assone ma molti dendriti (ricorda che ogni neurone dispone al
massimo di un assone), funzionalmente sono neuroni motori. La seconda tipologia è rappresentata
dai neuroni unipolari o pseudounipolari i quali dispongono di un solo assone ma non presentano
arborizzazione dendritica, l’assone si divide in due branche assoniche a forma di “T “, una si
collega al SNC mentre l’altra porzione congiunge il pirenoforo ad altre cellule. Tutti i neuroni
unipolari sono neuroni sensitivi che percepiscono lo stimolo dall’esterno (periferia) e lo
trasmettono sino al SNC. L’ultima tipologia è rappresentata dai neuroni bipolari costituiti da un
polo assonico e da un unico dendrite, che rappresenta il secondo polo, dal punto di vista funzionale
sono classificati come neuroni sensoriali. A queste 3 tipologie di neuroni presenti nel tessuto
nervoso si aggiunge un’altra classe rappresentata dagli interneuroni, i quali connettono un
neurone sensitivo con un neurone motorio. Il compito svolto dall’interneurone è quello di
veicolare l’impulso, e quindi il segnale, tra le due classi di neuroni sopracitate.
Colorazioni:

Le tecniche di colorazione utilizzate nello studio delle componenti cellulari del sistema nervoso
sono state adottate per la prima volta da Camillo Golgi, tramite colorazione cromo-argentica,
attraverso l’utilizzo di sali d’oro o sali d’argento che permettevano di evidenziare il soma,
l’assone e l’arborizzazione dendritica (lo stesso metodo viene utilizzato per le cellule della glia).
successivamente Nissl nel 1900 adottò un’altra tecnica di colorazione per lo studio degli elementi
cellulari del sistema nervoso (colorazione di Nissl), che gli permetteva di evidenziare il citosol
del pirenoforo ed il nucleolo, attraverso un colorante (Cresyl Violet) capace di fissarsi agli
elementi acidi attraverso una reazione acido-base, mettendo in risalto con toni violetti il RER,
presente nel pirenoforo. N.B. questo tipo di colorazione non permette di colorare gli assoni o
l’arborizzazione dendritica appunto per la mancanza di elementi acidofili. La tecnica fu
perfezionata in seguito aggiungendo il Luxol Fast Blue, che evidenzia la guaina mielinica.
Cellule della glia:

1- Astrociti, presentano forma stellata, connettono un capillare sanguigno al neurone. La loro


funzione principale è quella di supportare fisicamente i neuroni anche dal punto di vista
metabolico, inoltre regolano la concentrazione di ioni della matrice extracellulare
(indispensabile per la funzionalità del neurone). Sono i principali costituenti della barriera
emato-encefalica che impedisce a virus e batteri presenti nel sangue di apportare danni alle
cellule nervose. Gli astrociti si dividono in altre due tipologie cellulari, gli astrociti
protoplasmatici e fibrosi. I primi sono cellule molto grandi con nucleo ovale, dal corpo
cellulare si dipartono numerose arborizzazioni dendritiche, corte e molto ramificate. Sono
abbondanti nella sostanza grigia del sistema nervoso (dove sono concentrati i pirenofori).
Inoltre, gli astrociti protoplasmatici prendono contatto con la pia madre, creando la membrana
pia-gliale. I secondi (fibrosi) si trovano numerosi all’interno della sostanza bianca (dove
prevalgono gli assoni). Il corpo cellulare ed il nucleo sono di dimensioni minori rispetto agli
astrociti protoplasmatici, mentre i prolungamenti sono più lunghi e sottili e contengono
numerosi filamenti intermedi apprezzabili tramite la glioproteina acida fibrillare (
immunoistochimica ).
2- Oligodendrociti, formano la guaina mielinica degli assoni localizzati nel SNC, un’unica
cellula avvolge frammenti di assoni diversi. Gli oligodendrociti producono una proteina
proteo lipidica (PLP1) che abbonda nella guaina mielinica degli assoni, una sua mutazione è
responsabile della leucodistrofia, una malattia ereditaria del tessuto nervoso. Questa proteina
occupa un ruolo fondamentale
nell’avvolgimento dei due strati
fosfolipidici della membrana plasmatica
dell’oligodendrocita attorno all’assone per
la formazione della guaina mielinica. In
alcuni casi di malattie autoimmuni che
interessano il tessuto nervoso gli
oligodendrociti vengono aggrediti dagli
anticorpi del soggetto, queste malattie,
come ad esempio la sclerosi multipla sono
responsabili della distruzione e del
danneggiamento della guaina mielinica
degli assoni, causando l’assenza di
funzionalità del neurone interessato.

3- Microglia, derivano dai monociti ematici, sono cellule macrofagiche, fagocitano eventuali
detriti di neuroni o di mielina.
4- Cellule ependimali, delimitano le cavità presenti nel SNC (come ad esempio i ventricoli
cerebrali).

Materia: anatomia III microscopica


Argomento: cellule del tessuto nervoso (ultima parte)
Data: 17/03/2020
Prof: Elena De Santis
Firma: Beatrice Eligi

In ematossilina eosina gli oligodendrociti appaiono con nucleo rotondo e un alone chiaro perinucleare
dovuto a una vacuolizzazione delle proteine intorno al nucleo, un artefatto che ci aiuta a mettere in
evidenza in maniera sicura che si tratta di questa cellula. L’ ematossilina-eosina colora nel neurone
la membrana nucleare, l’eterocromatina, il nucleo, mentre intorno al nucleo rimane un alone chiaro
che corrisponde al citoplasma del tipico neurone.
La microglia ha funzione macrofagica e in ematossilina
eosina è particolarmente evidente perché il nucleo
appare appiattito e allargato con i poli rotondi. Con
immunoistochimica si possono mettere in evidenza
anche proteine tipiche delle cellule microgliali.

Le cellule ependimali: presentano una forma cilindrica


con dei prolungamenti al polo apicale, i microvilli, e
rivestono internamente le cavità all’interno del SNC.
Hanno la funzione di assorbire il liquido
cefalorachidiano e in alcune aree di queste cavità le
cellule ependimali si modificano, prendono relazione
intima con i capillari sanguigni e si estroflettono nella
cavità andando a formare i plessi corioidei. A questo livello, e solo a questo livello, le cellule
ependimali hanno la funzione di produrre il liquor: assorbono plasma dai capillari sanguigni e lo
trasformano in liquor, che poi decorre sia all’interno che all’esterno del SNC. Quindi, le cellule
ependimali hanno una duplice funzione: le cellule cilindriche semplici che rivestono le cavità hanno
la funzione di assorbire il liquor; le cellule modificate presenti ai livelli dei plessi corioidei hanno,
invece, la funzione di produrre liquor.

Vediamo questa sezione trasversa di midollo


spinale con al centro il canale midollare. Se si
ingrandisce l’area centrale appare una struttura
circolare, presente per tutta la lunghezza del
midollo spinale, e colorate di blu si vedono le cellule cilindriche ependimali deputate a riassorbire il
liquor contenuto all’interno di questa cavità che è contigua con le altre grandi cavità ripiene di questo
liquido presenti all’interno dell’encefalo (ai due ventricoli laterali, al terzo e al quarto ventricolo).
Questo riportato nell’immagine è un tipico plesso corioideo: le strutture indicate con VI sono le
cellule ependimali, aree cubiche che si estroflettono con il polo apicale; il lume del ventricolo è
indicato dall’asterisco *. Qui siamo all’interno della cavità e da questa cavità le cellule modificate si
estroflettono e vanno a formare il plesso corioideo dove il polo apicale della cellula ependimale è in
contatto con il ventricolo, mentre quello basale è in contatto con i capillari sanguigni. Il sangue a
questo livello viene filtrato dalla cellula ependimale e il liquor secreto nel ventricolo.
In questa immagine riassuntiva viene
evidenziata un’area di sostanza grigia
della corteccia cerebrale dove sono più
o meno evidenti quasi tutte le cellule che
sono state elencate prima. Ci sono quei
due nuclei rotondi indicati con A che
appartengono a due astrociti
protoplasmatici; le cellule indicate con
O che presentano un alone perinucleare,
segno di vacuolizzazione, appartengono
agli oligodendrociti del SNC. Si può
apprezzare come l’oligodendrocita sia a
contatto con un neurone, indicato con N,
che presenta il suo nucleo con il
nucleolo e il citoplasma. Per concludere: per comprendere in linea di massima se il nucleo che si sta
osservando si tratta di un neurone o di una cellula gliale si ricorre a delle osservazioni:
 Il nucleo di un neurone ha dimensioni almeno 6-7 volte superiori a quello della cellula gliale;
 La certezza assoluta viene data dall’osservazione del nucleolo, poiché è possibile evidenziarlo
sono nel neurone

Materia: anatomia III (macroscopica)


Argomento: midollo spinale (prima parte)
Data: 17/03/2020
Prof: Marco Artico
Firma: Beatrice Eligi
Il midollo spinale è un lungo stelo cilindrico della lunghezza di 45 cm che
si estende in senso cranio caudale dal bulbo fino al cono midollare dove
termina inferiormente. Possiede un diametro anteroposteriore di 1 cm, un
diametro trasverso di 1,5 cm, una consistenza abbastanza rilevante
rispetto all’encefalo, colore bianco porcellanaceo e segue esattamente le
curvature della colonna vertebrale. È contenuto in essa ed è sospeso a
livello della sua locazione usuale grazie alla presenza dei legamenti
denticolati di forma triangolare, molto importanti come mezzi di fissità
del midollo stesso, e grazie alle radici dei nervi spinali che sono 33 paia e
collegano il midollo alla periferia del corpo.
Come abbiamo detto, questo segue la
curvatura della colonna vertebrale che
ha la forma di una doppia S italica
sovrapposta ed è caratterizzato da un
incurvamento che mantiene anche se viene allontanato dalla sua
posizione. Il suo aspetto è caratterizzato inoltre da un calibro non
uniforme: possiede un rigonfiamento a livello cervicale, uno a
livello lombare e uno a livello della sua terminazione con il cono
terminale il quale è ancorato tramite un filamento di colore
bluastro (filum terminale) a strutture poste in basso. Il filum
terminale talvolta può essere più corto di quanto dovrebbe e può
portare ad una sindrome neurologica nota come sindrome della
“tethered cord”.
Presenta anche dei solchi: una fessura mediana anteriore molto
profonda, un solco mediano posteriore meno profondo del
precedente, un paio di solchi posterolaterali e un paio
anterolaterali, per un totale di sei solchi che permettono di suddividerlo in cordoni di sostanza bianca.
Inoltre, ha la particolarità di essere contraddistinto da una radice anteriore, motoria, e una radice
posteriore, sensitiva. La sostanza bianca esterna viene
suddivisa in sei cordoni proprio grazie alla
penetrazione (radice posteriore) o alla fuoriuscita
(radice anteriore) dei filamenti radicolari
corrispondenti alle radici che entreranno poi nella
costituzione del nervo spinale che vanno poi a
costituire un tronco unico come nervo misto, e quindi
la presenza di solchi anterolaterale e postero laterale su ciascuna metà midollo contribuisce a
delimitare con precisione i tre cordoni. Su ciascuna metà del midollo avremo quindi un cordone
anteriore, uno laterale e uno posteriore. All’interno della sostanza bianca troviamo la sostanza grigia
che in sezione trasversale appare come una lettera H o una farfalla ad ali aperte contenente corpi di
cellule nervose, contrariamente alla sostanza bianca che invece è formata solo da fasci di fibre
mieliniche. Nella sostanza grigia distinguiamo la presenza di due corna posteriori molto sottili grazie
alle quali penetra nella sostanza bianca la radice posteriore, sensibile, mentre dai corni anteriori
fuoriesce la radice anteriore, motoria: questa ha origine dal corno anteriore e si porta all’esterno del
midollo spinale fuoriuscendo dal solco anterolaterale dove viene a essere delimitata dalle radicole
anteriori motorie e dalla fessura mediana anteriore, mentre invece attraverso il solco posterolaterale
entrano nel midollo spinale le radici posteriori. Tra il solco posterolaterale e il mediano posteriore
troviamo il cordone posteriore; tra il solco anteroposteriore e il mediano anteriore troviamo il cordone
anteriore; tra i due solchi laterali troviamo il cordone laterale. Questa suddivisione è importante
soprattutto per avere una disposizione dei tre cordoni di sostanza bianca dei fasci del midollo spinale.
Questi fasci sono caratterizzati da una precisa disposizione topografica e a livello dei diversi segmenti
midollari troviamo che la sostanza bianca e grigia non hanno la stessa distribuzione poiché sono più
estese a livello del tratto cervicale e lombare in quanto in corrispondenza di questi punti avranno
origine i nervi per l’arto superiore e i nervi per l’arto inferiore. Questo rigonfiamento è normalmente
presente a meno che non ci siano delle condizioni malformative, come successe ad esempio negli

anni ’60 con l’introduzione di un calmante, la talidomide, dato a donne in stato di gravidanza che
presentavano stadi d’ansia dovute alla gestazione che diedero alla luce nascituri con amelia
(mancanza totale) o focomelia (parziale sviluppo) degli arti superiori e inferiori.
Troviamo maggiore sostanza grigia a livello di C5 fino a T1 dove trae origine il plesso brachiale; a
livello lombare la sostanza grigia ha maggiore estensione in L1 e L2 per la formazione del plesso
lombare e del plesso sacrale. Il midollo spinale termina a livello di L2: questo è da tenere presente
quando si deve fare una rachicentesi, o puntura lombare, che deve essere eseguita al di sotto di L2
per evitare di perforare il midollo spinale e danneggiarlo.
La colonna vertebrale con i suoi miomeri e i suoi frammenti ossei si accrescono più velocemente
rispetto alla formazione del midollo spinale per cui le radici all’inizio nel segmento cervicale hanno
un decorso più o meno allo stesso
livello del mielomero da cui prendono
origine; mentre scendendo verso il
basso la radice si inclina inferiormente
rimanendo nel canale vertebrale per poi
uscire dal forame di coniugazione
all’esterno della colonna a un livello più
basso rispetto a dove la radice ha
origine. Quindi si assiste ad una
progressiva inclinazione obliqua delle
radici spinali verso il basso tale che le
radici diventano parallele le une alle
altre andando a formare la cosiddetta
cauda equina, in italiano “coda di
cavallo”. In pratica, scendendo verso il basso l’inclinazione delle radici spinali non è come mostrato
in questa immagine, ma bensì tende a diventare da prima obliqua e poi verticale con andamento
parallelo. La presenza di queste caratteristiche nell’inclinazione delle radici spinali e il fatto che ci
siano delle radici anteriori che sono visibili e riconoscibili, come pure quelle posteriori, facilmente
riconoscibili anche per il fatto che sul decorso della radice posteriore è intercalato l ganglio spinale.
Questo perché, mentre l’origine della radice anteriore è dal corno anteriore della midollo spinale,
viceversa la radice posteriore non nasce nel midollo spinale, ma all’interno del ganglio spinale. A
livello di questa struttura troviamo dei neuroni che hanno un assone molto particolare che si divide a
T, con l’andamento del neurone pseudo unipolare, e questo fa sì che anche se il pirenoforo è contenuto
nel ganglio spinale poi un prolungamento si porta all’esterno del canale vertebrale, verso il forame di
coniugazione per poter uscire fuori dall’astuccio osteo-legamentoso che costituisce l’involucro
protettivo del midollo spinale, e quindi prosegue verso la periferia in modo tale da poter raccogliere
come radice sensitiva l’informazione che arriverà da un distretto e, una volta che questa informazione
è stata elaborata dal neurone, poi riparte dal ganglio stesso e va a penetrare il cordone postero laterale
ai lati della linea mediana in modo tale da far pervenire l’informazione sensitiva all’interno della
sostanza grigia limitatamente al corno superiore e alle zone di entrata della radice stessa che hanno
un ruolo cruciale nel gestire l’informazione sensitiva che deve proseguire all’interno del midollo
spinale per poi ascendere verso l’alto, verso l’encefalo.
Una volta rimossi gli involucri
protettivi del midollo spinale,
questo si apre a libro davanti a
noi. L’involucro di protezione
del midollo spinale è formato
dalle meningi spinali (dura
madre, aracnoide e pia madre)
che hanno forma diversa
rispetto a quelle encefaliche,
ovvero posseggono forma
grossolanamente cilindrica e
verso il basso si assottigliano in
modo tale da mettere in
condizioni le meningi stesse di
adattarsi al cono midollare. Da
questa immagine è possibile
mostrare la presenza di mezzi di
sospensione che sono dati sia dai legamenti denticolati (visibile più o meno a metà dell’immagine a
destra) e dalle radici spinali che sono responsabili dell’ancoraggio del midollo spinale. All’esterno
della dura madre è presente uno strato di tessuto adiposo epidurale che ha la funzione di cuscinetto
ammortizzante per evitare che gli urti possano danneggiare il midollo spinale e questo strato si
assottiglia verso il basso come si verifica in casi di stenosi (restringimento) del canale vertebrale.
Inoltre, la pia madre aderisce in maniera perfetta alla superficie del nevrasse seguendo il parenchima
nervoso e tra questa e l’aracnoide troviamo lo spazio sub aracnoideo dove si trova il liquido
cefalorachidiano, incolore e trasparente che ha il compito di costituire un sostituto della linfa che
svolge funzioni omeostatiche e di equilibrio in altri organi che non è presente a livello del SNC. Il
liquido viene riversato a livello dei ventricoli: questi sono quattro e sono contenuti nell’encefalo,
mentre un quinto ventricolo è presente nella vita fetale e corrisponde al cono midollare: questo è
chiamato ventricolo terminale di Krause e si oblitera alla nascita. A livello del midollo spinale il
liquor è contenuto in una cavità che prende il nome di canale centrale dell’ependima nel quale sono
presenti cellule ependimali che ne tappezzano la superficie interna.
In questa immagine è visibile una sezione trasversale di midollo spinale riferibile a un segmento alto
della colonna vertebrale, sezione
cervicale. Perché si afferma
questo? Anche se non si vedono
bene, dovrebbero esserci i forami
trasversari alla base del processo
trasverso dove dovrebbe essere
presente l’arteria vertebrale che a
partire dal sesto forame
trasversario entra e costeggia la
colonna cervicale salendo verso
l’alto; ma poi la forma del canale
vertebrale è diverso in base al
segmento che andiamo a considerare. Ha una forma grossolanamente triangolare, come in questo
caso, nel segmento cervicale. Diventa, più o meno, tondeggiante a livello dorsale, o toracico; assume
forma circolare ma slargato trasversalmente, quindi con un diametro trasverso maggiore rispetto a
quello anteroposteriore, se scendiamo a livello lombare. Inoltre, nell’immagine è ben evidente il
midollo spinale diversificato nella sostanza bianca e grigia, ancorato dai legamenti denticolati che lo
tengono sospeso nel mezzo. Si osserva anche la radice anteriore (fascio bianco più vicino al corpo
vertebrale) che esce sul solco anterolaterale e quella posteriore (fascio parallelo) che proviene dal
ganglio ed entra nel solco posterolaterale per raggiungere il corno posteriore del midollo spinale. Al
centro sono visibili il corno posteriore, quello anteriore, la commessura grigia e al centro di questa il
canale dell’ependima. Da notare la presenza del grasso epidurale che ricopre la dura madre
(l’involucro giallo).

A livello dei nervi periferici troveremo molte fibre di cui alcune sono dotate di un rivestimento
mielinico il quale ha il compito di perfezionare le caratteristiche di conduzione delle fibre nervose e
anche fibre amieliniche le quali ad esempio raccolgono segnali da recettori cutanei (prurito, tatto
oppure temperatura). Tra le fibre mieliniche abbiamo quelle più robuste dei motoneuroni oppure
quelle dei fusi neuromuscolari, o ancora fibre per la meccanocezione e nocicezione con diametro e
velocità di conduzione intermedi. Tramite tali fibre le informazioni possono essere veicolate o lungo
un percorso ascendente e arrivare all’encefalo in particolare a livello del talamo oppure possono
seguire un percorso discendente: sono quelle informazioni che non hanno bisogno di essere integrate
ad un livello superiore (a livello cerebrale) ma danno luogo a risposte che si realizzano per una
interconnessione che coinvolge lo stesso punto del midollo spinale a livello del quale vengono creati:
un esempio di tali informazioni è rappresentato dai ROT, ovvero i riflessi osteotendinei; se infatti
prendiamo un piccolo martello da neurologo e percuotiamo il tendine che si trova al di sotto della
rotula otteniamo un’estensione della gamba che non ha bisogno di un’attività cerebrale in quanto non
dipende dalla nostra volontà.

Materia: Anatomia umana III


Argomento: Midollo spinale - Terza parte
Data: 17/03/2020
Prof.: Marco Artico
Firma: Elettra Eboli

Se si prende un piccolo martelletto da neurologo e si percuote il tendine che si trova al di sotto della
rotula, al livello sottopatellare, otteniamo una estensione dell'arto inferiore senza intervento della
volontà, detto “riflesso rotuleo”, che viene elicitato direttamente dalla percussione del tendine
interessato. Queste informazioni possono poi essere integrate anche da messaggi a livello cosciente,
ma la risposta è pressoché immediata al livello spinale quando viene stimolato il riflesso stesso.

Ciò si può osservare in questa immagine,


che propone lo schema dell’arco
diastaltico riflesso, nel quale avviene
appunto la stimolazione a partire da una
regione periferica collegata alla regione
in cui è stato effettuato il colpo di
martelletto neurologico sul tendine e da lì
l’informazione entra con la branca
periferica nel ganglio, arriva al neurone
pseudounipolare o bipolare, poi passa
attraverso la radice dorsale, arriva al
corno posteriore e poi al neurone
intercalato (internunciale, secondo tipo di
Golgi) che va a stimolare la risposta
andando ad attivare il motoneurone alfa, che provoca la contrazione del muscolo e quindi
l'estensione dell'arto inferiore. Ecco spiegato come si realizza la risposta in estensione dell’arto
inferiore.
Ciò viene anche ripreso in quest’altra immagine: la
parte centrale dell’immagine in azzurro rappresenta il
neurone del ganglio e poi il neurone intercalato di
collegamento, che va a connettere direttamente al
neurone alfa, situato nel corno anteriore, la radice
posteriore; invece una parte di questa formazione
prende un'altra strada, perché attraverso il neurone di
associazione commessurale va a dare l’informazione
attraverso un sistema polisinaptico ad un livello
differente rispetto a quello a cui viene recepita
l’informazione dovuta alla stimolazione del tendine.
Quindi esiste una duplice modalità di raccolta
dell’informazione, di trasmissione a più livelli.
All'interno della sostanza grigia infatti è possibile, a
seconda del segmento di midollo spinale considerato, riscontrare la presenza di una serie di
colonne. Quello che si vede nelle immagini trasversali è solamente una struttura fatta ad H, ma in
realtà quest’ultima si deve considerare allungata longitudinalmente per tutta la lunghezza del
midollo spinale. Le sezioni trasversali mostrano, infatti, solo una fettina, una sezione di questa sorta
di trave fatta ad H simile alle travi di ferro che si usano per sostenere le volte degli edifici.
Questa estensione così rilevante determina la
presenza di gruppi di neuroni chiamati colonne, i
quali hanno il compito di andare a controllare
proprio specifici muscoli. In passato quando non
c'era una legislazione molto rigorosa a tutela degli
animali da esperimento, uno studioso Bror Rexed
aveva studiato con grande dispendio di tempo,
energia e fatica tutte le colonne grigie del midollo
spinale usando dei gatti e ricostruendo praticamente
tutta la conformazione della sostanza grigia del
midollo spinale, nella quale possiamo addirittura
suddividere queste colonne con una serie di numeri romani da I a X. Ciò consente di identificare le
colonne somatomotrici, quelle sensitive, quelle visceromotrici, quelle somatiche, quelle viscerali
identificabili a seconda del livello in cui ci troviamo.

È importante notare sempre la differenza di


dimensione tra il corno posteriore, più sottile e
quello anteriore, più ampio e come il corno
posteriore sia in realtà disomogeneo nell’aspetto
per la presenza della sostanza gelatinosa (di
Rolando), della sostanza spugnosa (di Waldeyer)
e della zona marginale (di Lissauer), una serie di
aree di filtro dell’informazione sensitiva che la
radice posteriore porta con sé penetrando
all'interno del corno grigio posteriore. Questo
configura quella che viene denominata dagli autori anglosassoni DREZ, cioè “dorsal root entry
zone” (zona di entrata della radice dorsale). Questa è una zona di importanza cruciale per la corretta
elaborazione, ricevimento, gestione e smistamento dell’informazione sensitiva che dovrà poi
proseguire verso l'alto per poter raggiungere le strutture craniali del nevrasse.

In questa immagine più schematica e semplice si possono riconoscere i cordoni posteriori,


identificabili con il fascio gracile (di Goll) e cuneato (di Burdach), che sono compresi tra il solco
posterolaterale e il solco mediano posteriore. Invece, spostandosi lateralmente tra i due solchi
posterolaterale e anterolaterale è presente il cordone laterale del midollo spinale e viceversa tra il
solco anterolaterale e la fessura mediana anteriore è presente il cordone anteriore.
Si vede ancora meglio la presenza nel corno grigio posteriore delle 3 zone in successione
dall’interno all’esterno:
● la zona marginale di Lissauer
● la sostanza spugnosa del Waldeyer (da non confondere con l’anello linfatico di Waldeyer,
regione importante del tessuto linfoide associato alle mucose o MALT)
● la sostanza gelatinosa di Rolando
Queste tre zone hanno un ruolo cruciale nella gestione dell’informazione sensitiva.
La disposizione di queste colonne grigie e il controllo delle
strutture corporee di pertinenza delle stesse è qui semplificata.
Si possono distinguere:
● centri somato-motori, che fanno capo al corno anteriore
● centri esterocettivi, che fanno capo al corno posteriore
● centri propriocettivi, situati alla base del corno posteriore
● centri interocettivi e viscero-motori, situati nelle
immediate vicinanze del canale centrale dell’ependima e
nella massa intermedia grigia che collega il corno
anteriore a quello posteriore.
Questa è la localizzazione di queste strutture nella sostanza grigia.

Quindi il sistema di conduzione permette di


riconoscere la zona di entrata con le afferenze, che
corrispondono alle strutture dei fasci che portano
l’informazione dalla radice posteriore sensitiva verso la
sostanza gelatinosa e poi, dalla parte opposta, si
vedono le diverse colonne, identificabili con quelli che
possono essere i neuroni spinali, commessurali indicati
con i numeri 3 e 4 e i motoneuroni del corno anteriore
indicati con il numero 1.

L’immagine precedente mostra l'insieme delle strutture della sostanza grigia, con l'aggiunta dei
cordoni della sostanza bianca, che sono identificabili attraverso i solchi presenti sulla superficie del
midollo:
● la fessura mediana anteriore
● il cordone anteriore, da ciascun lato della precedente
● il cordone laterale, compreso tra il solco anterolaterale e posterolaterale
● il cordone posteriore, compreso tra l’entrata della radice dorsale, cioè il solco posterolaterale
e il solco mediano posteriore

Perché è importante questa suddivisione nei tre cordoni per ogni metà midollo per un totale di sei
cordoni di sostanza bianca? Perché ovviamente all'interno di questi cordoni è presente una precisa
distribuzione topografica dei fasci di sostanza bianca in essi contenuti.
All'interno del midollo spinale sono presenti:
● fasci con decorso ascendente, che provengono dalla periferia del corpo, penetrano nel
midollo spinale e poi risalgono in alto verso l’encefalo (fasci sensitivi)
● fasci con decorso discendente, che provengono dall'encefalo, penetrano nel midollo spinale
e poi si portano al di fuori verso la periferia del corpo (fasci motori)
● fasci di associazione, che collegano un’area del nevrasse ad un’altra

Quindi, all'interno della sostanza bianca se si considera il cordone anteriore, il cordone laterale
oppure il cordone posteriore nel suo complesso si trovano dei fasci ben definiti che si collocano in
quel determinato cordone.
Ad esempio, se si prende il cordone posteriore si trova il fascio gracile (di Goll), vicino al solco
mediano posteriore oppure il fascio cuneato (di Burdach), i quali trasportano la propriocezione, le
sensibilità profonde.
Ad esempio, se io prendo un diapason tenendolo in pugno con una mano e lo colpisco con l'altra
mano in modo tale da farlo vibrare e poi lo appoggio sulla rotula o sul gomito di un paziente otterrò
che la sensibilità vibratoria, che viene raccolta dalle strutture recettoriali della regione al livello
della quale ho appoggiato il diapason, veicolerà l'informazione all’interno del midollo spinale
passando attraverso i cordoni posteriori, gracile (di Goll) e cuneato (di Burdach). Quindi il compito,
la posizione e il decorso del fascio che trasporta quel tipo di sensibilità sono ben definiti.
Ad esempio, il fascio spinotalamico è diviso in una componente anteriore ed una laterale, le quali
collegano il midollo spinale al talamo (Il nome di un fascio nel nevrasse prende il nome dalla
stazione di partenza (ex. midollo spinale) e da quella di arrivo (ex. talamo)).
Invece, i fasci discendenti possono essere riconducibili a sistemi motori e tra questi fasci si
riconoscono in particolare i fasci del sistema piramidale, così chiamato perché l’origine delle fibre
ad esso appartenenti è collocata al livello dei neuroni piramidali, tipicamente rappresentati nella
corteccia motoria, i quali con i loro motoneuroni vanno a costituire gli assoni, le fibre bianche
motrici del sistema piramidale.
Il sistema piramidale infatti garantisce la motilità volontaria, utilizzata quando si decide con la
propria volontà di compiere un movimento contraendo determinati gruppi muscolari.
La motilità, però, non necessita solamente della componente volontaria garantita dal sistema
piramidale e attivata tramite la neurotrasmissione, ma anche di una componente involontaria
affidata al sistema extrapiramidale.
Il sistema extrapiramidale, così denominato perché anatomicamente distinto, localizzato altrove
rispetto a quello piramidale, garantisce una serie di azioni volte ad assecondare, completare e
rendere più fluido il movimento volontario. È responsabile della gestione di tutte le informazioni
relative ai movimenti involontari automatici e associati, che sono addirittura più importanti di quelli
volontari.
Infatti, in alcune patologie, come il morbo di Parkinson, proprio a causa di un danno al sistema
extrapiramidale l’esecuzione dei movimenti volontari risulta difficoltosa e complessa
nell’esecuzione, poiché l’azione di moderazione e perfezionamento svolto solitamente dal sistema
extrapiramidale sono compromesse.
La stessa via piramidale, di cui abbiamo parlato in termini estremamente semplificati, è in realtà
molto complessa, anche a seconda delle specie che andiamo a considerare.
Man mano che si sale nella scala zoologica la complessità del sistema piramidale aumenta.
Quindi troveremo un maggior grado di complessità in senso ascendente nei cetacei, nelle scimmie
non antropomorfe, nelle scimmie antropomorfe e infine nell’uomo.
Difatti nell’uomo vi è il maggior grado di complessità del sistema piramidale, il quale oltretutto
presenta una componente, corrispondente ai 3/4 o 75% del totale, che decorre in modo tale da
determinare il controllo della metà di corpo da parte dell'emisfero controlaterale. L'emisfero
cerebrale destro, infatti, è principalmente responsabile dell'attivazione dei movimenti volontari
dell’emisoma sinistro e viceversa. Questo perché la via piramidale per il 75% delle sue fibre va a
incrociare in modo tale che quello che si trova a sinistra passi sul lato destro e quello che si trova a
destra passi sul lato sinistro.
Questo incrocio avviene al livello delle piramidi bulbari, ossia al livello della porzione anteriore del
segmento più caudale del tronco cerebrale, il quale è formato dal bulbo, dal ponte e dal mesencefalo
in senso caudo-craniale.
Una quota minoritaria, invece, corrispondente al
25% delle fibre, costituisce il fascio piramidale
diretto, cosiddetto perché le fibre non finiscono dal
lato opposto, ma si mantengono sullo stesso lato
rispetto alla loro origine. In realtà le fibre di
pertinenza del fascio piramidale diretto, che non si
trova nel cordone laterale come quello crociato, ma
nel cordone anteriore vicino alla fessura mediana
anteriore, hanno una doppia decussazione, una di
Wernekinck e una di Forel, le quali gli permettono
di ritornare dallo stesso lato dal quale erano partite
(quando uno incrocia due volte è come se non
incrociasse, poiché l’incrocio superiore viene
annullato da quello inferiore).

In questa immagine sono identificabili le colonne,


corrispondenti alle lamine di Rexed, relative al corno
anteriore e a quello posteriore. Si può osservare la
numerazione con i numeri romani a partire dall’inizio del
corno posteriore nella sua porzione più dorsale. Ad esempio,
la VII corrisponde alla regione grigia vicina al canale centrale
dell’ependima e la X corrisponde a quella nel canale centrale
dell’ependima, nella zona viscero effettrice.
Questa immagine invece ingrandisce quello che è
l'aspetto istologico del corno anteriore.
Viene ipertrofizzato per una visualizzazione migliore
un motoneurone alfa (in realtà microscopico) del corno
anteriore del midollo spinale con le sue ramificazioni
dendritiche. Ci saranno migliaia e migliaia di
motoneuroni come questo in uno spazio piccolissimo
come quello del corno anteriore grigio. Da questo
pirenoforo scuro parte l’assone, che fuoriuscirà come
radice anteriore motoria per partecipare alla
costituzione del nervo spinale all’altezza del mielomero
corrispondente.

La presenza di queste strutture a livello microscopico è


identificabile in questa immagine, che rappresenta un
segmento di corno anteriore del midollo spinale di
Macacus Rhesus, scimmia molto spesso impiegata
negli studi per le somiglianze con l’uomo. Si vede la
presenza dei pirenofori, con la sostanza tigroide, del
cono di emergenza assonale, dell’assone, ecc.
L’unità motrice che viene a costituirsi è rappresentata:
● dal motoneurone con il grosso pirenoforo e con
il lunghissimo assone (fino ad 1m)
● dalla fibra muscolare da esso dipendente
● dalla placca motrice o sinapsi neuromuscolare
Il motoneurone con il suo lunghissimo assone raggiunge la membrana della fibra muscolare, presso
la quale costituisce la placca motrice o sinapsi neuromuscolare, responsabile dell’attivazione,
tramite liberazione del neurotrasmettitore acetilcolina, delle fibre muscolari che formano l’unità
motoria.

Questa immagine mostra la caratteristica struttura di una


sinapsi neuromuscolare. Si intravede l’assone che sta
entrando nella compagine del tessuto, nel quale va poi a
formare una sorta di espansione all'interno e a ridosso
della fibra muscolare striata scheletrica. Qui avviene il
trasferimento dell'impulso tra nervo e fibra muscolare
attraverso la liberazione del neurotrasmettitore
acetilcolina, rilasciata nello spazio tra fibra nervosa e
muscolare presso la sinapsi o placca motrice per
determinare la contrazione della fibra muscolare.

L’acetilcolina è veicolata a partire dal pirenoforo tramite il flusso assonico lungo tutto l’assone, il
quale arriva fino alla fibra muscolare per formare la placca motrice. Tra l’assone e la fibra
muscolare si crea, però, una fessura sinaptica, interspazio non appartenente né al terminale assonico
né alla fibra muscolare, terra di nessuno, nella quale è possibile il transito dell’impulso tramite
l'acetilcolina. Quest’ultima all’interno di vescicole, micro-serbatoi multipli raggiunge il terminale
assonico per essere riversata in questo spazio e così si realizza la neurotrasmissione. Ovviamente
questo non è un processo continuo, ma a intervalli: il neurotrasmettitore viene liberato nella fessura
sinaptica attraverso la quale passa l’impulso e raggiunge la fibra muscolare, innescando la
trasmissione neuromuscolare e quindi la contrazione muscolare. Poi il neurotrasmettitore, che
permane all'interno della fessura sinaptica, viene ricaptato dal terminale assonico, cosicché non
vada perduto o consumato irreversibilmente, ma al contrario
venga utilizzato nuovamente dal neurone per formare nuove
molecole di acetilcolina con la colina acetilasi. Il recupero del
neurotrasmettitore è necessario per garantire l’attivazione a
intervalli, progressiva, ritmica o continua di gruppi muscolari
ad esempio durante l'attività fisica. Inoltre, è importante
ricordare che la presenza del neurotrasmettitore e il
conseguente passaggio dell'impulso richiedono l'interazione
del neurotrasmettitore con la superficie della membrana della
fibra muscolare grazie a strutture recettoriali, situate sulla
fibra muscolare in corrispondenza della placca motrice. Ciò è
estremamente importante da un punto di vista anche
farmacologico, perché la fibra muscolare ha una caratteristica
particolare, ossia possiede un sito di legame per il
neurotrasmettitore altamente specifico, basato su una perfetta coincidenza fra la conformazione del
neurotrasmettitore e quella del recettore (ex. Chiave-serratura). L’acetilcolina, quindi, ha una
conformazione sterica ben precisa e affine al recettore della fibra muscolare.
Esistono, però, anche altre molecole biologiche, altri farmaci (analoghi del curaro), altri veleni che
possono avere una notevole affinità per il recettore in questione.
Esistono degli inibitori reversibili e altri irreversibili del recettore per l'acetilcolina, un esempio di
questi ultimi è il curaro usato dagli indigeni dell'Amazzonia per uccidere gli animali, il quale può
essere assunto assieme al prodotto della caccia senza provocare, in assenza di lesioni, di fissurazioni
del tubo digerente, alcun problema.
Viceversa, se il curaro viene a contatto con il circolo sanguigno, come nel caso delle prede trafitte
dalle frecce immerse nella suddetta pianta, provoca la paralisi neuromuscolare e di conseguenza la
morte. Il curaro, infatti, si lega al recettore per l’acetilcolina creando un blocco irreversibile della
neurotrasmissione.
L’acetilcolina, come anche alcuni farmaci che vengono usati nell'anestesia generale, è invece in
grado di legarsi reversibilmente al suo recettore.
Questi farmaci analoghi del curaro, simili alla tubocurarina, vanno a legarsi al recettore per il tempo
strettamente necessario a ottenere la paralisi neuromuscolare indispensabile per far lavorare il
diaframma e l’apparato respiratorio del paziente in maniera congrua con quelli che sono gli atti del
respiratore automatico, che determina la ventilazione del paziente durante l’anestesia generale. Se il
paziente non avesse il tubo endotracheale e non fosse collegato al respiratore automatico morirebbe,
perché non avrebbe la possibilità di far funzionare i suoi polmoni e il suo diaframma. Questi
farmaci da una parte causano la paralisi muscolare, non facendo trovare un addome contratto al
chirurgo che deve incidere per effettuare ad esempio un’appendicectomia, ma dall’altra vanno a
bloccare l’attività del diaframma, condannando il paziente a morte se quest’ultimo non fosse
collegato al respiratore automatico.
Quando la procedura chirurgica è terminata si interviene con un antagonista in grado di spezzare il
legame reversibile tra il farmaco e il recettore per l’acetilcolina così da ripristinare la possibilità
della neurotrasmissione al livello della fibra muscolare.
Esistono, però, anche degli inibitori irreversibili dell’acetilcolina, come quelli contenuti in alcuni
veleni di serpenti, ad esempio in quello del Bungarus Multicinctus, il cui morso purtroppo causa in
pochi minuti la paralisi neuromuscolare, l'interruzione delle funzioni respiratorie e quindi la morte.

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