Data: 17/03/20
Il sistema nervoso centrale, detto anche nevrasse, comprende l’encefalo, contenuto nella scatola
cranica e il midollo spinale contenuto nel canale vertebrale. Queste strutture del SNC sono costituite
da tessuto nervoso. Fa parte del sistema nervoso anche il sistema nervoso periferico che si compone
di altre strutture come gangli, nervi e terminazioni nervose (i nervi, a seconda da dove emergono,
prendono il nome di nervi cranici, spinali e periferici). Sia il SNC che il SNP sono composti da
tessuto nervoso, che comprende corpi cellulari dei neuroni (pirenofori), dendriti e cellule di sostegno
(glia del sistema nervoso centrale).
Quando si parla di SNP, parliamo di assoni rivestiti da guaina mielinica che emergono dall’asse
centrale formato dall’encefalo, che andranno a costituire i nervi cranici (sono 12 paia presenti
nell’uomo) oppure possono emergere dal midollo spinale, in quel caso andranno a costituire i nervi
spinali. SNP e SNC sono un tutt’uno, la cui componente principale è il neurone con il suo corpo
cellulare (pirenoforo) localizzato all’interno del SNC, mentre il prolungamento assonale si localizza
perifericamente e andrà a costituire un nervo. N.B. le cellule che compongono il sistema nervoso
hanno la stessa derivazione embrionale (neuroectoderma), fanno eccezione le cellule di Schwann e
le cellule Satelliti che derivano dalla cresta neurale.
Il SNC è composto da due classi principali di cellule:
1- I neuroni: cellule principali del tessuto nervoso, sono cellule eccitabili, che comunicano tra di
loro ma anche con altri tipi cellulari come cellule muscolari o ghiandole esocrine,
trasmettendo un potenziale d’azione (segnali elettrici). I neuroni rappresentano solo il 10% di
tutte le cellule del tessuto nervoso. Le cellule più abbondanti sono le cellule gliali.
2- Cellule gliali: comunemente dette glia, rappresentano il 90% della componente cellulare del
tessuto nervoso. Possono svolgere diverse funzioni: supporto fisico per i neuroni, mantengono
un equilibrio della sostanza extracellulare permettendo ai neuroni di svolgere le proprie
funzioni.
Analizziamo ora la struttura del neurone:
Il neurone si compone di 4 parti. Nel corpo cellulare (può essere chiamato pirenoforo, pericarion
o soma) risiede il nucleo con il suo nucleolo e una serie di organuli comprendente un fitto RER,
nel quale vengono sintetizzate diverse proteine, principalmente neurotrasmettitori, utilizzati dal
neurone stesso per svolgere le proprie funzioni. Il pirenoforo corrisponde al centro trofico del
neurone, in caso di danni ai dendriti o all’assone il neurone provvederà a “ripararli”, mentre
nel caso dovesse subire danni al corpo cellulare il neurone andrà incontro a morte (ricordiamo
inoltre che i neuroni sono cellule perenni, non in grado di andare incontro a mitosi). I dendriti
sono dei prolungamenti citoplasmatici che sono presenti in un polo cellulare del neurone, sono
adibiti a raccogliere il segnale proveniente da altri neuroni o da altre cellule. Nel polo opposto
dove si ergono i dendriti troviamo un lungo prolungamento citoplasmatico, l’assone, il quale
svolge la funzione di veicolare il potenziale d’azione lungo la membrana plasmatica e di
trasmetterlo alla sua porzione terminale che termina in contatto con la cellula effettrice, sia essa
una cellula muscolare oppure una ghiandola.
Nel tessuto nervoso sia del SNC che del SNP i pirenofori si presentano in agglomerati e
possiedono le stesse caratteristiche sia morfologiche che funzionali. Quando questi aggregati di
somi sono presenti nel SNC parliamo di “nuclei”, quando invece questi ammassi di corpi cellulari
neuronali si presentano nel SNP vengono definiti con il nome di “gangli “. Il neurone dispone di
proprietà generali uniche, la prima è l’eccitabilità, infatti il neurone è capace di eccitarsi, ovvero
di creare un potenziale d’azione. La seconda è la conducibilità che consente al neurone di
condurre l’impulso sino al terminale assonico. La terza proprietà generale del neurone è la
trasmissibilità, che consente al neurone di trasmettere l’impulso a valle, ad una cellula post-
sinaptica. L’eccitabilità è di pertinenza del pirenoforo e dei dendriti, la conducibilità dell’assone,
mentre la capacità di trasmissione dell’impulso è associata al bottone sinaptico (terminale
assonico).
I neuroni sono classificati dal punto di vista strutturale secondo 3 tipologie: neuroni multipolari,
dotati di più poli, possiedono un assone ma molti dendriti (ricorda che ogni neurone dispone al
massimo di un assone), funzionalmente sono neuroni motori. La seconda tipologia è rappresentata
dai neuroni unipolari o pseudounipolari i quali dispongono di un solo assone ma non presentano
arborizzazione dendritica, l’assone si divide in due branche assoniche a forma di “T “, una si
collega al SNC mentre l’altra porzione congiunge il pirenoforo ad altre cellule. Tutti i neuroni
unipolari sono neuroni sensitivi che percepiscono lo stimolo dall’esterno (periferia) e lo
trasmettono sino al SNC. L’ultima tipologia è rappresentata dai neuroni bipolari costituiti da un
polo assonico e da un unico dendrite, che rappresenta il secondo polo, dal punto di vista funzionale
sono classificati come neuroni sensoriali. A queste 3 tipologie di neuroni presenti nel tessuto
nervoso si aggiunge un’altra classe rappresentata dagli interneuroni, i quali connettono un
neurone sensitivo con un neurone motorio. Il compito svolto dall’interneurone è quello di
veicolare l’impulso, e quindi il segnale, tra le due classi di neuroni sopracitate.
Colorazioni:
Le tecniche di colorazione utilizzate nello studio delle componenti cellulari del sistema nervoso
sono state adottate per la prima volta da Camillo Golgi, tramite colorazione cromo-argentica,
attraverso l’utilizzo di sali d’oro o sali d’argento che permettevano di evidenziare il soma,
l’assone e l’arborizzazione dendritica (lo stesso metodo viene utilizzato per le cellule della glia).
successivamente Nissl nel 1900 adottò un’altra tecnica di colorazione per lo studio degli elementi
cellulari del sistema nervoso (colorazione di Nissl), che gli permetteva di evidenziare il citosol
del pirenoforo ed il nucleolo, attraverso un colorante (Cresyl Violet) capace di fissarsi agli
elementi acidi attraverso una reazione acido-base, mettendo in risalto con toni violetti il RER,
presente nel pirenoforo. N.B. questo tipo di colorazione non permette di colorare gli assoni o
l’arborizzazione dendritica appunto per la mancanza di elementi acidofili. La tecnica fu
perfezionata in seguito aggiungendo il Luxol Fast Blue, che evidenzia la guaina mielinica.
Cellule della glia:
3- Microglia, derivano dai monociti ematici, sono cellule macrofagiche, fagocitano eventuali
detriti di neuroni o di mielina.
4- Cellule ependimali, delimitano le cavità presenti nel SNC (come ad esempio i ventricoli
cerebrali).
In ematossilina eosina gli oligodendrociti appaiono con nucleo rotondo e un alone chiaro perinucleare
dovuto a una vacuolizzazione delle proteine intorno al nucleo, un artefatto che ci aiuta a mettere in
evidenza in maniera sicura che si tratta di questa cellula. L’ ematossilina-eosina colora nel neurone
la membrana nucleare, l’eterocromatina, il nucleo, mentre intorno al nucleo rimane un alone chiaro
che corrisponde al citoplasma del tipico neurone.
La microglia ha funzione macrofagica e in ematossilina
eosina è particolarmente evidente perché il nucleo
appare appiattito e allargato con i poli rotondi. Con
immunoistochimica si possono mettere in evidenza
anche proteine tipiche delle cellule microgliali.
anni ’60 con l’introduzione di un calmante, la talidomide, dato a donne in stato di gravidanza che
presentavano stadi d’ansia dovute alla gestazione che diedero alla luce nascituri con amelia
(mancanza totale) o focomelia (parziale sviluppo) degli arti superiori e inferiori.
Troviamo maggiore sostanza grigia a livello di C5 fino a T1 dove trae origine il plesso brachiale; a
livello lombare la sostanza grigia ha maggiore estensione in L1 e L2 per la formazione del plesso
lombare e del plesso sacrale. Il midollo spinale termina a livello di L2: questo è da tenere presente
quando si deve fare una rachicentesi, o puntura lombare, che deve essere eseguita al di sotto di L2
per evitare di perforare il midollo spinale e danneggiarlo.
La colonna vertebrale con i suoi miomeri e i suoi frammenti ossei si accrescono più velocemente
rispetto alla formazione del midollo spinale per cui le radici all’inizio nel segmento cervicale hanno
un decorso più o meno allo stesso
livello del mielomero da cui prendono
origine; mentre scendendo verso il
basso la radice si inclina inferiormente
rimanendo nel canale vertebrale per poi
uscire dal forame di coniugazione
all’esterno della colonna a un livello più
basso rispetto a dove la radice ha
origine. Quindi si assiste ad una
progressiva inclinazione obliqua delle
radici spinali verso il basso tale che le
radici diventano parallele le une alle
altre andando a formare la cosiddetta
cauda equina, in italiano “coda di
cavallo”. In pratica, scendendo verso il basso l’inclinazione delle radici spinali non è come mostrato
in questa immagine, ma bensì tende a diventare da prima obliqua e poi verticale con andamento
parallelo. La presenza di queste caratteristiche nell’inclinazione delle radici spinali e il fatto che ci
siano delle radici anteriori che sono visibili e riconoscibili, come pure quelle posteriori, facilmente
riconoscibili anche per il fatto che sul decorso della radice posteriore è intercalato l ganglio spinale.
Questo perché, mentre l’origine della radice anteriore è dal corno anteriore della midollo spinale,
viceversa la radice posteriore non nasce nel midollo spinale, ma all’interno del ganglio spinale. A
livello di questa struttura troviamo dei neuroni che hanno un assone molto particolare che si divide a
T, con l’andamento del neurone pseudo unipolare, e questo fa sì che anche se il pirenoforo è contenuto
nel ganglio spinale poi un prolungamento si porta all’esterno del canale vertebrale, verso il forame di
coniugazione per poter uscire fuori dall’astuccio osteo-legamentoso che costituisce l’involucro
protettivo del midollo spinale, e quindi prosegue verso la periferia in modo tale da poter raccogliere
come radice sensitiva l’informazione che arriverà da un distretto e, una volta che questa informazione
è stata elaborata dal neurone, poi riparte dal ganglio stesso e va a penetrare il cordone postero laterale
ai lati della linea mediana in modo tale da far pervenire l’informazione sensitiva all’interno della
sostanza grigia limitatamente al corno superiore e alle zone di entrata della radice stessa che hanno
un ruolo cruciale nel gestire l’informazione sensitiva che deve proseguire all’interno del midollo
spinale per poi ascendere verso l’alto, verso l’encefalo.
Una volta rimossi gli involucri
protettivi del midollo spinale,
questo si apre a libro davanti a
noi. L’involucro di protezione
del midollo spinale è formato
dalle meningi spinali (dura
madre, aracnoide e pia madre)
che hanno forma diversa
rispetto a quelle encefaliche,
ovvero posseggono forma
grossolanamente cilindrica e
verso il basso si assottigliano in
modo tale da mettere in
condizioni le meningi stesse di
adattarsi al cono midollare. Da
questa immagine è possibile
mostrare la presenza di mezzi di
sospensione che sono dati sia dai legamenti denticolati (visibile più o meno a metà dell’immagine a
destra) e dalle radici spinali che sono responsabili dell’ancoraggio del midollo spinale. All’esterno
della dura madre è presente uno strato di tessuto adiposo epidurale che ha la funzione di cuscinetto
ammortizzante per evitare che gli urti possano danneggiare il midollo spinale e questo strato si
assottiglia verso il basso come si verifica in casi di stenosi (restringimento) del canale vertebrale.
Inoltre, la pia madre aderisce in maniera perfetta alla superficie del nevrasse seguendo il parenchima
nervoso e tra questa e l’aracnoide troviamo lo spazio sub aracnoideo dove si trova il liquido
cefalorachidiano, incolore e trasparente che ha il compito di costituire un sostituto della linfa che
svolge funzioni omeostatiche e di equilibrio in altri organi che non è presente a livello del SNC. Il
liquido viene riversato a livello dei ventricoli: questi sono quattro e sono contenuti nell’encefalo,
mentre un quinto ventricolo è presente nella vita fetale e corrisponde al cono midollare: questo è
chiamato ventricolo terminale di Krause e si oblitera alla nascita. A livello del midollo spinale il
liquor è contenuto in una cavità che prende il nome di canale centrale dell’ependima nel quale sono
presenti cellule ependimali che ne tappezzano la superficie interna.
In questa immagine è visibile una sezione trasversale di midollo spinale riferibile a un segmento alto
della colonna vertebrale, sezione
cervicale. Perché si afferma
questo? Anche se non si vedono
bene, dovrebbero esserci i forami
trasversari alla base del processo
trasverso dove dovrebbe essere
presente l’arteria vertebrale che a
partire dal sesto forame
trasversario entra e costeggia la
colonna cervicale salendo verso
l’alto; ma poi la forma del canale
vertebrale è diverso in base al
segmento che andiamo a considerare. Ha una forma grossolanamente triangolare, come in questo
caso, nel segmento cervicale. Diventa, più o meno, tondeggiante a livello dorsale, o toracico; assume
forma circolare ma slargato trasversalmente, quindi con un diametro trasverso maggiore rispetto a
quello anteroposteriore, se scendiamo a livello lombare. Inoltre, nell’immagine è ben evidente il
midollo spinale diversificato nella sostanza bianca e grigia, ancorato dai legamenti denticolati che lo
tengono sospeso nel mezzo. Si osserva anche la radice anteriore (fascio bianco più vicino al corpo
vertebrale) che esce sul solco anterolaterale e quella posteriore (fascio parallelo) che proviene dal
ganglio ed entra nel solco posterolaterale per raggiungere il corno posteriore del midollo spinale. Al
centro sono visibili il corno posteriore, quello anteriore, la commessura grigia e al centro di questa il
canale dell’ependima. Da notare la presenza del grasso epidurale che ricopre la dura madre
(l’involucro giallo).
A livello dei nervi periferici troveremo molte fibre di cui alcune sono dotate di un rivestimento
mielinico il quale ha il compito di perfezionare le caratteristiche di conduzione delle fibre nervose e
anche fibre amieliniche le quali ad esempio raccolgono segnali da recettori cutanei (prurito, tatto
oppure temperatura). Tra le fibre mieliniche abbiamo quelle più robuste dei motoneuroni oppure
quelle dei fusi neuromuscolari, o ancora fibre per la meccanocezione e nocicezione con diametro e
velocità di conduzione intermedi. Tramite tali fibre le informazioni possono essere veicolate o lungo
un percorso ascendente e arrivare all’encefalo in particolare a livello del talamo oppure possono
seguire un percorso discendente: sono quelle informazioni che non hanno bisogno di essere integrate
ad un livello superiore (a livello cerebrale) ma danno luogo a risposte che si realizzano per una
interconnessione che coinvolge lo stesso punto del midollo spinale a livello del quale vengono creati:
un esempio di tali informazioni è rappresentato dai ROT, ovvero i riflessi osteotendinei; se infatti
prendiamo un piccolo martello da neurologo e percuotiamo il tendine che si trova al di sotto della
rotula otteniamo un’estensione della gamba che non ha bisogno di un’attività cerebrale in quanto non
dipende dalla nostra volontà.
Se si prende un piccolo martelletto da neurologo e si percuote il tendine che si trova al di sotto della
rotula, al livello sottopatellare, otteniamo una estensione dell'arto inferiore senza intervento della
volontà, detto “riflesso rotuleo”, che viene elicitato direttamente dalla percussione del tendine
interessato. Queste informazioni possono poi essere integrate anche da messaggi a livello cosciente,
ma la risposta è pressoché immediata al livello spinale quando viene stimolato il riflesso stesso.
L’immagine precedente mostra l'insieme delle strutture della sostanza grigia, con l'aggiunta dei
cordoni della sostanza bianca, che sono identificabili attraverso i solchi presenti sulla superficie del
midollo:
● la fessura mediana anteriore
● il cordone anteriore, da ciascun lato della precedente
● il cordone laterale, compreso tra il solco anterolaterale e posterolaterale
● il cordone posteriore, compreso tra l’entrata della radice dorsale, cioè il solco posterolaterale
e il solco mediano posteriore
Perché è importante questa suddivisione nei tre cordoni per ogni metà midollo per un totale di sei
cordoni di sostanza bianca? Perché ovviamente all'interno di questi cordoni è presente una precisa
distribuzione topografica dei fasci di sostanza bianca in essi contenuti.
All'interno del midollo spinale sono presenti:
● fasci con decorso ascendente, che provengono dalla periferia del corpo, penetrano nel
midollo spinale e poi risalgono in alto verso l’encefalo (fasci sensitivi)
● fasci con decorso discendente, che provengono dall'encefalo, penetrano nel midollo spinale
e poi si portano al di fuori verso la periferia del corpo (fasci motori)
● fasci di associazione, che collegano un’area del nevrasse ad un’altra
Quindi, all'interno della sostanza bianca se si considera il cordone anteriore, il cordone laterale
oppure il cordone posteriore nel suo complesso si trovano dei fasci ben definiti che si collocano in
quel determinato cordone.
Ad esempio, se si prende il cordone posteriore si trova il fascio gracile (di Goll), vicino al solco
mediano posteriore oppure il fascio cuneato (di Burdach), i quali trasportano la propriocezione, le
sensibilità profonde.
Ad esempio, se io prendo un diapason tenendolo in pugno con una mano e lo colpisco con l'altra
mano in modo tale da farlo vibrare e poi lo appoggio sulla rotula o sul gomito di un paziente otterrò
che la sensibilità vibratoria, che viene raccolta dalle strutture recettoriali della regione al livello
della quale ho appoggiato il diapason, veicolerà l'informazione all’interno del midollo spinale
passando attraverso i cordoni posteriori, gracile (di Goll) e cuneato (di Burdach). Quindi il compito,
la posizione e il decorso del fascio che trasporta quel tipo di sensibilità sono ben definiti.
Ad esempio, il fascio spinotalamico è diviso in una componente anteriore ed una laterale, le quali
collegano il midollo spinale al talamo (Il nome di un fascio nel nevrasse prende il nome dalla
stazione di partenza (ex. midollo spinale) e da quella di arrivo (ex. talamo)).
Invece, i fasci discendenti possono essere riconducibili a sistemi motori e tra questi fasci si
riconoscono in particolare i fasci del sistema piramidale, così chiamato perché l’origine delle fibre
ad esso appartenenti è collocata al livello dei neuroni piramidali, tipicamente rappresentati nella
corteccia motoria, i quali con i loro motoneuroni vanno a costituire gli assoni, le fibre bianche
motrici del sistema piramidale.
Il sistema piramidale infatti garantisce la motilità volontaria, utilizzata quando si decide con la
propria volontà di compiere un movimento contraendo determinati gruppi muscolari.
La motilità, però, non necessita solamente della componente volontaria garantita dal sistema
piramidale e attivata tramite la neurotrasmissione, ma anche di una componente involontaria
affidata al sistema extrapiramidale.
Il sistema extrapiramidale, così denominato perché anatomicamente distinto, localizzato altrove
rispetto a quello piramidale, garantisce una serie di azioni volte ad assecondare, completare e
rendere più fluido il movimento volontario. È responsabile della gestione di tutte le informazioni
relative ai movimenti involontari automatici e associati, che sono addirittura più importanti di quelli
volontari.
Infatti, in alcune patologie, come il morbo di Parkinson, proprio a causa di un danno al sistema
extrapiramidale l’esecuzione dei movimenti volontari risulta difficoltosa e complessa
nell’esecuzione, poiché l’azione di moderazione e perfezionamento svolto solitamente dal sistema
extrapiramidale sono compromesse.
La stessa via piramidale, di cui abbiamo parlato in termini estremamente semplificati, è in realtà
molto complessa, anche a seconda delle specie che andiamo a considerare.
Man mano che si sale nella scala zoologica la complessità del sistema piramidale aumenta.
Quindi troveremo un maggior grado di complessità in senso ascendente nei cetacei, nelle scimmie
non antropomorfe, nelle scimmie antropomorfe e infine nell’uomo.
Difatti nell’uomo vi è il maggior grado di complessità del sistema piramidale, il quale oltretutto
presenta una componente, corrispondente ai 3/4 o 75% del totale, che decorre in modo tale da
determinare il controllo della metà di corpo da parte dell'emisfero controlaterale. L'emisfero
cerebrale destro, infatti, è principalmente responsabile dell'attivazione dei movimenti volontari
dell’emisoma sinistro e viceversa. Questo perché la via piramidale per il 75% delle sue fibre va a
incrociare in modo tale che quello che si trova a sinistra passi sul lato destro e quello che si trova a
destra passi sul lato sinistro.
Questo incrocio avviene al livello delle piramidi bulbari, ossia al livello della porzione anteriore del
segmento più caudale del tronco cerebrale, il quale è formato dal bulbo, dal ponte e dal mesencefalo
in senso caudo-craniale.
Una quota minoritaria, invece, corrispondente al
25% delle fibre, costituisce il fascio piramidale
diretto, cosiddetto perché le fibre non finiscono dal
lato opposto, ma si mantengono sullo stesso lato
rispetto alla loro origine. In realtà le fibre di
pertinenza del fascio piramidale diretto, che non si
trova nel cordone laterale come quello crociato, ma
nel cordone anteriore vicino alla fessura mediana
anteriore, hanno una doppia decussazione, una di
Wernekinck e una di Forel, le quali gli permettono
di ritornare dallo stesso lato dal quale erano partite
(quando uno incrocia due volte è come se non
incrociasse, poiché l’incrocio superiore viene
annullato da quello inferiore).
L’acetilcolina è veicolata a partire dal pirenoforo tramite il flusso assonico lungo tutto l’assone, il
quale arriva fino alla fibra muscolare per formare la placca motrice. Tra l’assone e la fibra
muscolare si crea, però, una fessura sinaptica, interspazio non appartenente né al terminale assonico
né alla fibra muscolare, terra di nessuno, nella quale è possibile il transito dell’impulso tramite
l'acetilcolina. Quest’ultima all’interno di vescicole, micro-serbatoi multipli raggiunge il terminale
assonico per essere riversata in questo spazio e così si realizza la neurotrasmissione. Ovviamente
questo non è un processo continuo, ma a intervalli: il neurotrasmettitore viene liberato nella fessura
sinaptica attraverso la quale passa l’impulso e raggiunge la fibra muscolare, innescando la
trasmissione neuromuscolare e quindi la contrazione muscolare. Poi il neurotrasmettitore, che
permane all'interno della fessura sinaptica, viene ricaptato dal terminale assonico, cosicché non
vada perduto o consumato irreversibilmente, ma al contrario
venga utilizzato nuovamente dal neurone per formare nuove
molecole di acetilcolina con la colina acetilasi. Il recupero del
neurotrasmettitore è necessario per garantire l’attivazione a
intervalli, progressiva, ritmica o continua di gruppi muscolari
ad esempio durante l'attività fisica. Inoltre, è importante
ricordare che la presenza del neurotrasmettitore e il
conseguente passaggio dell'impulso richiedono l'interazione
del neurotrasmettitore con la superficie della membrana della
fibra muscolare grazie a strutture recettoriali, situate sulla
fibra muscolare in corrispondenza della placca motrice. Ciò è
estremamente importante da un punto di vista anche
farmacologico, perché la fibra muscolare ha una caratteristica
particolare, ossia possiede un sito di legame per il
neurotrasmettitore altamente specifico, basato su una perfetta coincidenza fra la conformazione del
neurotrasmettitore e quella del recettore (ex. Chiave-serratura). L’acetilcolina, quindi, ha una
conformazione sterica ben precisa e affine al recettore della fibra muscolare.
Esistono, però, anche altre molecole biologiche, altri farmaci (analoghi del curaro), altri veleni che
possono avere una notevole affinità per il recettore in questione.
Esistono degli inibitori reversibili e altri irreversibili del recettore per l'acetilcolina, un esempio di
questi ultimi è il curaro usato dagli indigeni dell'Amazzonia per uccidere gli animali, il quale può
essere assunto assieme al prodotto della caccia senza provocare, in assenza di lesioni, di fissurazioni
del tubo digerente, alcun problema.
Viceversa, se il curaro viene a contatto con il circolo sanguigno, come nel caso delle prede trafitte
dalle frecce immerse nella suddetta pianta, provoca la paralisi neuromuscolare e di conseguenza la
morte. Il curaro, infatti, si lega al recettore per l’acetilcolina creando un blocco irreversibile della
neurotrasmissione.
L’acetilcolina, come anche alcuni farmaci che vengono usati nell'anestesia generale, è invece in
grado di legarsi reversibilmente al suo recettore.
Questi farmaci analoghi del curaro, simili alla tubocurarina, vanno a legarsi al recettore per il tempo
strettamente necessario a ottenere la paralisi neuromuscolare indispensabile per far lavorare il
diaframma e l’apparato respiratorio del paziente in maniera congrua con quelli che sono gli atti del
respiratore automatico, che determina la ventilazione del paziente durante l’anestesia generale. Se il
paziente non avesse il tubo endotracheale e non fosse collegato al respiratore automatico morirebbe,
perché non avrebbe la possibilità di far funzionare i suoi polmoni e il suo diaframma. Questi
farmaci da una parte causano la paralisi muscolare, non facendo trovare un addome contratto al
chirurgo che deve incidere per effettuare ad esempio un’appendicectomia, ma dall’altra vanno a
bloccare l’attività del diaframma, condannando il paziente a morte se quest’ultimo non fosse
collegato al respiratore automatico.
Quando la procedura chirurgica è terminata si interviene con un antagonista in grado di spezzare il
legame reversibile tra il farmaco e il recettore per l’acetilcolina così da ripristinare la possibilità
della neurotrasmissione al livello della fibra muscolare.
Esistono, però, anche degli inibitori irreversibili dell’acetilcolina, come quelli contenuti in alcuni
veleni di serpenti, ad esempio in quello del Bungarus Multicinctus, il cui morso purtroppo causa in
pochi minuti la paralisi neuromuscolare, l'interruzione delle funzioni respiratorie e quindi la morte.