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IL PRINCIPE

L’opera è un trattato scritto nel periodo del ritiro nella campagna dell’Albergaccio. Vuole essere
una dedica ai Medici rientrati a Firenze perché lo prendano in simpatia.
- L’obiettivo è, attraverso Firenze, creare un regno unitario dell’Italia. Il principato deve essere la
forma di Stato perché proprio il principe è una sorta di eroe solitario che combatte la fortuna e
orienta i destini del suo regno. Se vogliano esporre una critica, c’è troppa letteratura nell’immagine
del principe e poca pratica politica. Ma comunque resta grandissima la sua capacità di analisi delle
situazioni, così come la proposizioni di alternativa ai dilemmi che egli stesso pone. Le sue fonti
sono, senza dubbio i classici, ma anche la realtà del suo tempo filtrata dalla razionalità di fare
meglio dei contemporanei.
- Nell’opera egli parla di principati che nascono a seguito di conquiste (con la virtù) che sono quelli
migliori e dei regni ereditati (fortuna) che sono più difficili da gestire. Il prototipo di principe bravo
e fortunato è Cesare Borgia (detto il Valentino). Egli è valoroso ma sfortunato (per la fine di suo
padre) e ne loda la capacità di diplomazia ma anche di armi, senza far ricorso ai mercenari.
Machiavelli separa politica e morale, facendo anche riferimento alla dualità dell’essere umano:
bestiale e virtuoso. Una metafora è quella del principe volpe (furbo) e leone (coraggioso) al tempo
stesso. Ma a prescindere da questo, il bravo principe deve farsi amare e mai odiare: non umiliare e
anzi mantenere la parola data, nei limiti del possibile. La colpa dei principi italiani è la mancanza di
azione, di coraggio e l’incuria delle fondamenta del regno. Infine, coerente con la dedica,
Machiavelli spera che proprio dalla città e signoria fiorentina si unisca l’Italia.
La fortuna rimane sempre un elemento che sfugge all’uomo, ma c’è una possibilità: l’azione
preventiva. Come gli uomini arginano i fiumi per prevenire le piene, così i principi devono
anticipare la fortuna gestendo al meglio tutto ciò che riguarda il loro regno. L’Italia è paragonata ad
una campagna senza argini, in cui il fiume della fortuna può straripare e sommergere senza nessun
ostacolo.
- Nello stile è molto scarno: ci sono vocaboli latini e popolari, termini tecnici e di guerra. Ma
soprattutto il registro è quello di un trattato.

Si tratta di un’opera che è a metà tra il metodo scientifico e la letteratura: ci sono ragionamenti e
calcoli ma anche tanto pathos e sentimenti. Predomina la natura politica, amorale, ma non per
questo Machiavelli suggerisce l’immoralità: anzi, un principe deve essere leale, ma ad un certo
punto può superare la morale e l’etica comune per il bene dello Stato. C’è anche l’elemento
irrazionale, la fortuna, e la capacità dell’uomo di essere faber suae fortunae; così come per questo
scopo vi sono condottieri e re del passato e del presente: Mosè, Ciro il Grande, Francesco Sforza, il
Valentino. Ma anche l’importanza della guerra, di saper condurre le truppe, cosa che mancò a
Savonarola.

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