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MEDA
IL FUTURO DEL
DESIGN HA GIÀ
MILLE ANNI
FILIPPO BERTO
MADE IN
MEDA
Filippo Berto
6 INDICE
Prefazione 9
Manifesto 13
01 Lo spirito? Nel
territorio 15
02 Le botteghe
storiche di
Meda 27
03 195X: il Big
Bang del
Design 43
04 La scuola di
Meda 53
7 INDICE
05 Hall of fame:
protagonisti
e Compassi
d’Oro 63
06 Milano e non
Milano 73
Backstage 90
07 Il caso studio
BertO 101
08 Il Made in Meda
del futuro in 10
tesi
113
8 DEDICA
Giravo per le strade di Meda con la mia biciclettina, e vedevo, guardavo, osservavo.
E anche:
“Ma quante persone bravissime esistono a Meda, che lavorano così tanto e fanno
cose così belle e tutti i giorni?”
Li avevo sotto gli occhi i maestri, e non da poco... quando la biciclettina prendeva il
vialetto di casa, incontravo il laboratorio dove mio padre Fioravante e mio zio Carlo,
fondatori della ditta, lavoravano. Come tantissimi, come quasi tutti, lo facevano tra
le mura di casa.
Anche più grandicello, mentro mi ritiravo in camera a studiare, dopo una pausa
con i “grandi”, che immancabilmente mi facevano giocare, seguivo con lo sguardo
la loro fierezza. Percepivo, in modo confuso ma inequivocabile, che erano dei “fighi
pazzeschi”. Volevo essere come loro, eccome se lo volevo!
Tutto ciò cresceva in me pian piano, negli anni della giovinezza: quelle scene viste
fin dalla prima infanzia, quelle sensazioni e quei valori, respirati in casa e poi in dit-
ta, hanno tracciato un percorso, per nulla facile, intimo, che ho dovuto conquistare
prima di sentire mio.
Meda, la mia città, il mio lavoro, le persone... l’attività del papà e dello zio che si evol-
veva, sempre all’insegna di un legame indissolubile con il territorio.
Nasceva così in me il desiderio di conoscere meglio quelle radici così profonde.
Iniziavo a viaggiare, e più andavo lontano più capivo la forza di Meda e dei suoi
protagonisti.
10 PREFAZIONE
Rimanevo affascinato dalla potenza dei marchi che portavano il lavoro di Meda in
tutto il mondo, riscuotendo importanti riconoscimenti, successi planetari, e io sape-
vo da dove arrivavano quei pezzi eccezionali, e il senso di appartenenza diventava
sempre più forte.
Studiare i grandi brand, pendere dalle labbra dei designer famosi, impazzire di gioia
nel vedere Meda affermarsi, attraverso il lavoro di quelle persone che magari avevo
visto dalla bicicletta, o incontrato in laboratorio mentre conversavano con papà e
zio... questo ho vissuto, questo ho sviluppato, questo ho imparato ad amare.
Tutto ciò è alla base del lavoro che avete tra le mani: un libro che racconta la mia
città, alle porte di Milano, che ho percorso in lungo in largo in compagnia di alcuni
magnifici collaboratori, per andare a fondo di quelle radici che tanto mi hanno ap-
passionato e tanto hanno significato per i miei concittadini, oltre che per il Design
nel mondo.
Se il valore di Meda è così alto nel mondo - e lo è - il merito è di una città incredibile,
con persone incredibili, che da secoli fanno cose incredibili.
È il fondamento di ciò che in Ditta facciamo ogni giorno: prendiamo tutto questo
valore rappresentato dal Made in Meda e lo interpretiamo per offrirlo a chi si rivolge
a noi, prendendoci carico della straordinaria eredità del nostro territorio, impegnan-
doci per esserne all’altezza.
Lo sforzo quotidiano è quello di applicare una formula che possa esprimere il meglio
di questa tradizione, per permettere ai nostri clienti di godere di quel “design dei
sogni” che è per noi il Made in Meda.
Ho voluto provare a narrare questo valore, in un atto - questo libro - che è il mio
modo di ringraziare per la fortuna di esserne parte.
Filippo Berto
13 MANIFESTO
Filippo Berto
15
01
Lo spirito?
Nel territorio
16 CAPITOLO 01
7 Keyword di riferimento:
#milleannifa
#beatogiovannioldrati
#umiliati
#galètta
#legnamée
#pestilenze
#badesse
17 LO SPIRITO? NEL TERRITORIO
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
Pochi sanno che quel Monastero fondato a Meda nell’Alto Medioevo (dove ora sorge
il complesso architettonico Antona-Traversi) ha avuto anche il ruolo di far nascere
un comparto economico che, una decina di secoli dopo, avremmo chiamato De-
sign.
Non donne comuni, ma donne di potere, forti e volitive, che sulle proprie spalle reg-
gevano il peso degli obiettivi e delle responsabilità che oggi sono dei manager.
Erano anch’esse manager ante litteram di uno dei “progetti” più importanti della
storia: il cristianesimo.
Sono state le Badesse, succedutesi alla guida di un Monastero benedettino che, già
importante in partenza, divenne sempre più rilevante con il passare del tempo, a far
sì che i contadini alle loro dipendenze, nel poco tempo che residuava dal lavoro dei
campi, iniziassero a dare forma a qualche mobile di servizio per i locali del Mona-
stero, a realizzare qualche elemento di arredo, che poi andava riparato…
Nacque così una “piccola economia” fatta di un contado che piano piano, per volere
di quelle manager del tempo, apprese i primi rudimenti di un “saper fare” che avreb-
be portato i loro pronipoti molto ma molto lontano.
Per partire alla scoperta del DNA manifatturiero della Brianza dobbiamo intrapren-
dere un viaggio che ci riporti a oltre #milleannifa.
L’Oldrati da Meda, che la Chiesa avrebbe canonizzato l’anno stesso della sua morte,
nel 11591, fu infatti una figura centrale nella storia della manifattura brianzola, oltre
che persona di rilievo nell’ordine religioso di cui faceva parte, l’Ordine degli Umiliati.
Tale Ordine, nato dalla volontà da parte di alcuni membri del clero di prendere le di-
stanze da quei costumi della Chiesa ritenuti troppo rilassati e inclini al lusso terreno,
propagandava un modello di austerità e frugalità, accompagnata da un orienta-
mento verso il lavoro manuale, equiparato, nella visione dei suoi creatori, a un’idea di
benessere giusto e concreto, da guadagnarsi con il lavoro e non sfruttando rendite
preacquisite.
Gli Umiliati misero in pratica i loro insegnamenti, con l’obiettivo di incidere in modo
reale ed effettivo sulla società dell’epoca: arrivarono infatti a promuovere leggi con-
trarie alle spese legate a consumi di lusso e voluttuari (le cosiddette “leggi san-
tuarie”, che si applicavano in particolare all’abbigliamento e ai gioielli, intesi come
sfoggio di vanità) e contemporaneamente si impegnarono intensamente sul fronte
delle attività lavorative.
Il focus principale degli Umiliati fu la lavorazione della lana, ed è alla loro opera di
diffusione e formazione “professionale” – come si direbbe oggi – che si deve lar-
gamente lo sviluppo in Brianza nei decenni e nei secoli successivi di una fiorente
attività manifatturiera.
La loro opera – sviluppatasi grazie anche alla presenza di “centri territoriali” molto
efficienti ed attivi, cioè le “domus” (case) – fu fondamentale e si articolò su due livelli.
Uno più direttamente collegato alle attività lavorative, e un altro – non meno impor-
tante – imperniato su un concetto culturale di affrancamento dei ceti inferiori dai
gruppi sociali dominanti.
1 Alcuni spostano l’esistenza di Giovanni Oldrati (anche citato come Oldradi, o Oldrato) di 50 anni, tra XI e XII secolo; le
fonti non sono chiare.
20 CAPITOLO 01
E anche se con gli anni persero d’importanza nel tessuto socio-economico del
tempo, rimasero il punto di svolta di una società che – da sempre caratterizzata da
una non comune tensione positiva verso il lavoro – aveva trovato nella manifattura
della lana motivo e ragione di pensare a qualcosa di diverso, di alternativo, di mag-
giormente remunerativo rispetto alle tradizionali attività agricole.
Siamo alla fine del XIII secolo, e la lavorazione della lana in Brianza segnò, a livello
embrionale, un diverso rapporto con il lavoro, dove l’iniziativa indipendente – mai
fino ad allora affrancata dai padroni terrieri – si aprì a nuovi orizzonti.
Vi erano sì le corporazioni, ma non mancava la tolleranza verso chi era desideroso
di darsi più da fare, in ambito – ad esempio – commerciale.
Negli statuti della Societas Mercatorum di Monza del 1326 si può infatti leggere la
seguente affermazione:
In questi anni, all’inizio del Quattrocento, alla città di Monza, in virtù della sua forza
manifatturiera, gli Sforza garantivano privilegi di varia natura, tra cui un autonomo
sistema di pesi e misure e perfino la creazione di una propria monetazione.3
2 Bressan E. (a cura di) Storia della Brianza, vol. II “Economia, religione, società”, Cattaneo Editore, Annone di Brianza
(Lecco) 2007, p. 7
3 Ivi, p. 9
21 LO SPIRITO? NEL TERRITORIO
Alla lungimiranza dei duchi si sommava l’esigenza del mondo contadino di miglio-
rare la produttività agricola, cosa che fece attraverso l’allevamento del baco da seta.
La “galètta”, il bozzolo del baco da seta, ricorre anche nei detti popolari, come que-
sto:
Ma la Brianza non soccombette, superò ogni difficoltà, pur pagando prezzi altissimi
per le ricorrenti crisi di quel periodo, in termini di vite umane, contrazione delle pro-
duzioni, difficoltà politico-sociali.
Il rapporto della Brianza con la città di Milano, da sempre foriero di iniziative, idee e
stimoli di ogni tipo, continuò però a crescere e – anzi – si registrò un’interazione più
che positiva con la nuova classe sociale cittadina più abbiente, arricchitasi grazie
alle lavorazioni, ai commerci e relativi indotti (si pensi ad esempio all’industria degli
aghi ben avviata a Concorezzo, così come a quella del cappello in feltro sviluppatasi
a Monza).
4 Ivi, p. 37
22 CAPITOLO 01
punto di partenza.
Bene si integrò tale attività presso le famiglie del contado, dove appunto – come si
ricordava poc’anzi in forma di detto popolare – la redditività della gelsibachicoltu-
ra contribuiva in misura crescente al sostentamento familiare, indipendentemente
dalle stagioni, 12 mesi l’anno, e arrivava a costituire, in molti casi, la fonte primaria
di reddito.
L’influenza dell’allevamento del baco da seta in relazione alla coltivazione del gelso
segna positivamente la vita economica della Brianza per parecchi decenni, contri-
buendo in modo decisivo all’affermazione della manifattura.
Un’evoluzione permessa in gran parte dell’operosità e attitudine al lavoro delle fami-
glie contadine, che non di rado impegnavano anche i bambini.
L’industria serica – che quindi comprende tutti gli aspetti della lavorazione e del
commercio della seta – affiancò e in certo qual modo sostituì, nell’epoca imme-
diatamente successiva, lo storico comparto della lavorazione della lana, nato dagli
insegnamenti degli Umiliati.
I contadini brianzoli del XVII e XVIII secolo, epigoni delle professionalità multi-tasking
di oggi, erano in grado di…
Nonostante l’intraprendenza, però, le loro condizioni di vita erano vicine alla soprav-
vivenza, in quanto i proventi dell’attività di gelsibachicoltura andavano sempre e solo
ai proprietari terrieri.
Anche l’agricoltura stessa, lasciata nelle mani dei conduttori e lontano dalle atten-
zioni di chi, proprietario del fondo, avrebbe avuto mezzi e capacità per migliorarne
la produttività, versava generalmente in cattive condizioni, mentre tutte le energie
e le risorse venivano concentrate sulla redditizia e sempre più promettente gelsi-
bachicoltura.
5 Ivi, p. 37
23 LO SPIRITO? NEL TERRITORIO
sia a causa della crisi del settore agricolo, sia di una trasformazione del DNA ter-
ritoriale che vide concretizzarsi le tendenze e le evoluzioni dei decenni e dei secoli
24 CAPITOLO 01
Come già citato, si registra che nella metà dell’Ottocento, in vari distretti, tra cui
Meda,
Tant’è che nel 1890 la produzione di mobili, nel comune di Meda, aveva assunto
una rilevanza fortissima, con migliaia di lavoranti impegnati a realizzare elementi di
arredo di ogni tipo, dal seggiolame agli armadi, dai letti alle tavole per i pasti.
02
Le botteghe
storiche di
Meda
28 CAPITOLO 02
7 Keyword di riferimento:
#medioevo
#donne
#pianinovennali
#disruption
#francesi
#marketingdel700
#500laboratorinel1900
29 LE BOTTEGHE STORICHE DI MEDA: GENEAOLOGIA DI UN ECOSISTEMA
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
Meda è stata per secoli – ed è tuttora, anche se in nuove forme – un mondo di labo-
ratori, un brulichio di attività, un affascinante scenario di operosità.
Da questa dimensione lavorativa del territorio, più unica che rara, evolutasi gradual-
mente e in modo organico con la popolazione, emergono i giganti del Novecento, le
cui opere sono ammirate in tutto il mondo.
Studiamo insieme, con l’ausilio e il prezioso contributo di studiosi locali e dei pro-
tagonisti ancora in vita, la genesi sia dei giganti sia dei personaggi minori (ma non
per questo meno importanti).
Per tutti – grandi nomi che avrebbero dominato il mondo del Design e sconosciuti
terzisti – le prime esperienze di lavoro si svolgono nel focolare domestico, e i ragaz-
zi, dopo qualche anno di scuola, si mandano “a bottega” per imparare il mestiere.
In pochi decenni il talento Made in Meda si fa conoscere su mercati sempre più im-
portanti, e i migliori già raggiungono – a inizio Novecento – le piazze commerciali di
Germania, Francia, Stati Uniti, Canada, Argentina.
Vediamo come si è evoluto questo ecosistema unico al mondo, attraverso il raccon-
to – diretto o indiretto – di chi l’ha vissuto.
31 LE BOTTEGHE STORICHE DI MEDA: GENEAOLOGIA DI UN ECOSISTEMA
#MEDIOEVO.
• delle nomine pubbliche (come quelle del parroco e di altri referenti importanti);
• del potere legislativo (stabilivano cosa fosse lecito e cosa no);
• della proprietà immobiliare di tutte le abitazioni sul territorio.
Come accennato nel capitolo precedente, infatti, è grazie alle Badesse se gradual-
mente – nei mesi invernali, mentre l’agricoltura riposa – i fattori incaricati di colti-
vare le terre di proprietà della Chiesa abbracciano una seconda attività, quella del
legnamée.
Nei preziosissimi raccoglitori custoditi negli archivi dell’ex monastero – circa 4.000
pergamene amministrative risalenti agli anni 1100 - 1300 – si trova un’enorme
quantità di documenti che ordinano “un armadio”, la riparazione di una finestra, un
piccolo mobile e così via.
Erano ambienti in cui, nonostante i secoli bui, l’attività ferveva in modo fin troppo
vivace, al punto che le liti per le terre (o per qualsiasi altro motivo) erano spesso ad
opera di personalità di rilievo, arrivando talvolta perfino al cospetto dell’imperatore
o del Papa.
L’ecosistema del lavoro, sotto l’egida del monastero, riesce a prendere forma e a
trovare un suo sviluppo, proprio grazie alla realtà di queste #donne: monache e
Badesse.
È in questa organizzazione, infatti, che – a differenza di ciò che accade sotto i nobili,
32 CAPITOLO 02
nei territori limitrofi – i contadini possono avere una prospettiva concreta sul futuro,
perché le Badesse lavorano per #pianinovennali.
Ciò si traduce nel fatto che per nove anni una famiglia ha assicurato un tetto, da
mangiare, da lavorare. Pochi chilometri più in là, invece, dove il fattore lavora per il
nobile, tutto questo non esisteva, perché le condizioni di lavoro sono immensamente
più precarie: basta una stagione di maltempo per ridurre alla fame un mezzadro e
la sua famiglia.
Il mondo crolla: il monastero con dieci secoli di storia viene ceduto al francese Gio-
vanni Giuseppe Maunier.
Il Monastero diventa improvvisamente laico, e per giunta in mano ai #francesi.
Come spesso succede, alle #disruption fanno seguito sviluppi inattesi e violenti: la
Francia arriva a Meda e – in certa misura – Meda arriva in Francia, senza muoversi
di un passo.
Inevitabilmente si innesca una fortissima ibridazione con tutto ciò che – nel mobile
e non – è di origine francese.
E quei contadini che, anno dopo anno, stagione dopo stagione, insieme a famiglie
allargate di persone di ogni età (bimbi, donne, nonni: tutti contribuivano alla produ-
zione artigianale, ma anche alla divulgazione virale del sapere artigiano), si sono
attivati nel mondo dell’artigianato del mobile, iniziano a familiarizzare con le espres-
sioni prestigiose dell’arredo d’Oltralpe.
Non tutti, naturalmente, ma una parte consistente di coloro che, magari dopo aver
rilevato il proprio minuscolo fondo agricolo dai nuovi proprietari, iniziano l’avventura
della bottega artigiana.
Quanto alla fascia di società che decide di diventare legnamée, si assiste negli anni
a cavallo tra Settecento e Ottocento alla nascita vera e propria di un settore, qual-
cosa che si era sviluppato per secoli nel sottobosco del mondo contadino ed ora
– complice il coinvolgimento della società francese – trova le sue prime forme di
espressione indipendente.
Quei mobili meravigliosi in arrivo dalla Francia, infatti, avevano spesso bisogno di
riparazioni, dopo le operazioni di trasloco, e – successivamente – di manutenzioni
34 CAPITOLO 02
e rifacimenti.
E, guarda caso, alla bisogna di un mobile nuovo, anche i francesi residenti a Meda
finirono ben presto per apprezzare l’artigiano locale, che non era affatto da meno
dei rinomati fabriquants de meubles francesi.
La riprova?
Capita che mobili settecenteschi in vendita dai migliori antiquari riportino, sul retro,
il nome di un artigiano e quello di una città: Meda.
Si può dire che la prima pagina del libro Made in Meda riporti certi comò e certe
comode di fine Settecento di cui ancor oggi si parla6.
Iniziano, con la cessione del monastero ai francesi, cento anni di sviluppo molto
forte e significativo, dove Meda è toccata da numerosi “segni del destino” che pre-
figurano il suo brillante avvenire, pur negli alti e bassi che normalmente si avvicen-
dano in città.
Felice Asnaghi riconduce i fattori di sviluppo che favorirono, circa due secoli e mez-
zo fa, il forte impulso verso il settore del mobile del territorio di Meda, un impulso che
si è sostanziato nella nascita di centinaia di botteghe artigiane, talvolta minuscole,
ma capillari su un territorio relativamente poco esteso, a queste variabili:
6 Vedi il capitolo successivo: “Made in Meda nel secolo dei lumi, ovvero: il #marketingnel700”.
35 LE BOTTEGHE STORICHE DI MEDA: GENEAOLOGIA DI UN ECOSISTEMA
Qualche anno dopo sui giornali appare la notizia del ritrovamento, da parte di un
altro antiquario, di un comò fabbricato nella bottega “Cimnaghi” nel secolo XVIII.
In tutte e due i casi la scritta funge da autocertificazione del prodotto di qualità tipica
di quel tempo.
Nel 2011, in occasione del restauro del santuario del Santo Crocifisso di Meda, i
volontari intenti a smontare la cantoria collocata sulla controfacciata scoprono la
seguente scritta a inchiostro all’interno del pannello che ricopre la seconda putrella
delle quattro che sorreggono la balconata:
1814, 22 dicembre
7 Francesco Croce (1696-1773), affermato architetto-ingegnere, viene chiamato a dirigere i lavori di chiese, ville e palazzi
in tutta la Lombardia; è attivo nella Veneranda Fabbrica del Duomo, dove progetta la guglia più alta (quella della Madonnina); a lui è
anche attribuita la ristrutturazione di Palazzo Clerici a Milano e della villa Clerici-Cicogna di Trecate; è attivo poi a Saronno dal 1729
al 1736 per seguire la costruzione di Palazzo Visconti a Somma Lombardo. Si potrebbe supporre che successivamente sia stato
chiamato dai Clerici a ricostruire la casa di villeggiatura di Meda, oggi Doro (fonte: Felice Asnaghi).
38 CAPITOLO 02
Da questo “pezzo di legno” abbiamo la conferma che i fratelli Cassina, tra cui Ame-
deo, gestiscono una bottega di falegnameria e conosciamo i nomi dei fabbricieri,
cioè coloro che coadiuvano il priore nel sovraintendere e controllare la gestione eco-
nomica del beneficio parrocchiale:
Carlo Rho, nato il 29 marzo 1774, falegname domiciliato in casa propria nella “cas-
sina” detta Badia (la prima cascina a destra della via Cialdini al di là del passaggio
a livello) con la moglie Monica Pagani, classe 1776 di Barlassina, le figlie Carolina
(1804) e Cherubina (1815).
Amadeo Cassina nato il 26 agosto 1780, di mestiere falegname; sposato con Maria
Orsenigo, classe 1787; i figli: Giosuè (1808), Antonio (1810), Giberto (1812), Rachele
(1806), Rosa (1817), Teresa (1819). Nella stessa casa abita il garzone di bottega Giu-
seppe Covio (1798) di Appiano. I figli maggiori studiano e la moglie è una filatrice.
Giacomo Cagliani, nato il 16 marzo 1760 a Caponago, vive con la moglie, Cristina
Varese (nata a Cambiago, cucitrice), e i figli Daniele (classe 1806, calzolaio nato a
Caponago) e Teresa (classe 1803, di Caponago, cucitrice). La famiglia abita nella
fattoria di casa Marchesi Brivio.
8 Asnaghi, F., Dalla chiesa di Santa Maria al santuario del Santo Crocifisso. Storia, arte e fede della chiesa madre di Meda,
Comunità pastorale Santo Crocifisso, Salvioni Stampe, ottobre 2017.
39 LE BOTTEGHE STORICHE DI MEDA: GENEAOLOGIA DI UN ECOSISTEMA
di Cabiate (classe 1798) e la madre Rosa Maria Mascherona (1774), la sorella Teresa
(1798), la figlia Laura (1809).
L’altro fratello Cassina non nominato è Vincenzo, nato il 30 gennaio 1768 a Meda,
di mestiere falegname; sposato con Rosa Canobbia, classe 1778, cucitrice; i figli e
conviventi sono: Gaetano (1805), Carlo (1807), Flaminio (1813), Cherubino (1818),
Cherubina (1801), Carolina (1808), Angela (1811), Teresa (1813)9.
DATI STATISTICI
Per rendere più completo questo scenario, è importante riportare alcuni dati statisti-
ci sull’evoluzione demografica a Meda, anche in rapporto all’artigianato.
Nel 1817 ci sono 41 falegnami e nel 1838 ben 48 dichiarati11; nel 1874 una inchiesta
nazionale censisce 1250 lavoratori a domicilio e un’altra del 1904 segnala ben 500
laboratori artigiani12.
Ai proprietari terrieri, trovatisi così senza manodopera, non resta che costruire nuo-
ve cascine ai margini del paese per dare dimora ai nuovi arrivati.
9 Ricerca di Felice Asnaghi; fonte: Comune di Meda, Ruolo generale della popolazione del 1819.
10 Ricerca di Felice Asnaghi; fonti: per i dati anagrafici, Comune di Meda, Ruolo generale della popolazione del 1838; per le
notizie sulla vicenda di Gaetano Cassina, Archivio Museo del Risorgimento di Milano.
11 Ricerca di Felice Asnaghi; fonte: Comune di Meda, Ruolo generale della popolazione del 1817 e 1838.
12 Felice Asnaghi, Meda terra di fede e di lavoro, Amministrazione Comunale, stampa Elleci, Meda, dicembre 1985.
40 CAPITOLO 02
Anno Popolazione
1838 → 1980
1861 → 3116
1881 → 3876
1901 → 5410
1911 → 6986
1921 → 7750
1931 → 8943
1945 → 10202
1951 → 11510
1961 → 14883
Se invece si vuole sagomare parti del mobile in stile, ci si rivolge agli Asnaghi (i Ru-
minèj) nella loro bottega di via Carducci, dove è in funzione la fresatrice.
Randolfo Reggio apre la prima vetreria in paese e la ditta Pozzoli (Pichêpreiê) lavora
il marmo e il granito.
L’arte della figura, in modo particolare, è avviata da alcuni artisti della scuola veneta,
fra i quali Marco Dorigo, Tito Meneghetti, Ermenegildo Zanon.
03
195X: il Big
Bang del
Design
48 CAPITOLO 03
7 Keyword di riferimento:
#superleggera
#medanelmondo
#artigianomeetsdesigner
#visioneestetica
#compassodoro
#triennale
#medesefondatorefieramilano
49 195X: IL BIG BANG DEL DESIGN
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
Anni 50.
Dal cocktail di talenti, personalità, tradizioni, competenze, abilità commerciali del
territorio di Meda, arricchito da un ingrediente segreto – l’ambizione di una straor-
dinaria generazione di protagonisti –, esplode in tutto il mondo, con una gioiosa e
incontenibile potenza, il Made in Meda.
Nascono le icone del gusto moderno, arredi e oggetti che hanno nel DNA la capa-
cità di sintetizzare e raccontare la bellezza e la funzionalità dell’agire umano nella
vita di tutti i giorni.
Illuminati da quella stella di nome Giuseppe Terragni, il più grande architetto del
razionalismo italiano, nato a Meda e spentosi troppo presto, a neanche 40 anni, nel
1943, gli Anni 50 segnano il Big Bang del Design.
La seconda, ospitata nei locali della Rinascente, nel 1953, è L’estetica del prodotto,
con un focus sulla bellezza intrinseca della funzionalità nell’oggetto di uso quoti-
diano.
E attenzione: già in questo anno d’esordio, in cui vengono assegnati solo 15 premi,
figura già un vincitore “Made in Meda”: con la sedia 683 disegnata da Carlo de
Carli, la Cassina di Meda figura nella selezionatissima rosa degli eletti, insieme ai
realizzatori della macchina da scrivere Lettera 22 di Olivetti e agli autori di pochi
altri oggetti.
(Rimandiamo al capitolo 05, p. 69, l’elenco dei Compassi d’Oro riconducibili alla
città di Meda, o perché sede dell’azienda vincitrice, o perché città natale del desi-
gner, o perché... sia sede dell’azienda sia città natale del designer, com’è accaduto
con i premi del 1987 e del 2016!).
È quindi il 1954, il cosiddetto “anno X” degli Anni 50, in cui prende il volo il Made in
Meda?
O è forse il 1955, anno in cui ha visto la luce (a Meda, ça va sans dire) uno degli
oggetti di arredo più iconici in assoluto, la sedia #superleggera disegnata da Gio
Ponti?
Non a caso Gio Ponti la lanciò dal secondo piano degli uffici Cassina di via Busnelli
per mostrare agli stupefatti studenti del Politecnico di Milano quanto fosse robusta,
53 195X: IL BIG BANG DEL DESIGN
Stabilire quale sia l’anno decisivo di questo incredibile decennio, che ha visto il Made
in Meda prendere il volo, non è possibile, questo è chiaro.
Quello che si può fare è considerare un insieme di fattori, che combinandosi fra loro
hanno preparato il terreno per questo esplosivo, straordinario periodo, senza prece-
denti né paragoni per il Made in Meda.
È un passaggio chiave, che vede salire alla ribalta del nostro mondo genialità incre-
dibili come Gio Ponti, per citarne uno, ma i nomi di quegli straordinari pionieri hanno
riempito i libri di Design che oggi i giovani studiano nelle università di tutto il mondo.
13 La prima edizione del Salone del Mobile presso la Fiera di Milano venne inaugurata nel 1961, in quella prima edizione
parteciparono 328 aziende, con un pubblico di 12 100 visitatori, di cui 800 provenienti dall’estero (fonte: Wikipedia).
54 CAPITOLO 03
Tale impostazione – la ditta che faceva divani, quella che faceva le cucine, quella
dei tavolini, e così via, spesso interpretati magistralmente dai celeberrimi geni del
Design che tutti conosciamo – era figlia di una cultura produttiva verticale.
Le ditte stesse, da quelle minuscole a quelle più importanti, erano nate e si erano
sviluppate così, verticalmente, diremmo oggi.
Quello che succede di nuovo negli Anni 50 è che nascono i primi semi di quello che
sarebbe diventato un gusto, una #visioneestetica, un insieme di fattori che armoni-
camente vanno a definire una produzione specifica.
La mostra di Londra viene replicata nel 1958, mentre il 1959 è l’anno che vede
i designer nostrani conquistare gli Stati Uniti, con la mostra all’Illinois Institute of
Technology di Chicago.
Siamo ormai alla fine del decennio, sta per nascere il Salone del Mobile, nel settembre
1961. Curiosità: tra i 13 citati da Wikipedia, c’è un #medesefondatoredifieramilano:
Franco Cassina.
55 195X: IL BIG BANG DEL DESIGN
04
La scuola
di Meda
60 CAPITOLO 04
7 Keyword di riferimento:
#pingpong
#lunedìdipaina
#convitto
#ragazze
#perché
#iltappezzierevale
#bertoacademy
61 LA SCUOLA DI MEDA, OVVERO: IMPARARE L’ECCELLENZA
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
E poi il ruolo dell’industria, sia la piccola e media, sia i grandi gruppi, che nel frat-
tempo divengono internazionali.
Le voci di chi fa formazione a Meda, di chi l’ha fatta e di chi si propone di farla sono
le espressioni vive e vitali di una capacità formativa che si tramanda in città – non
senza tensioni evolutive – attraverso epoche, generazioni, mestieri.
63 LA SCUOLA DI MEDA, OVVERO: IMPARARE L’ECCELLENZA
E poi via attraverso i floridi Anni 80-90, in cui molti artigiani si trasformarono in
azienda, e molti giovani si affermarono, diventando i nuovi protagonisti.
15 Ancora oggi la gente ricorda l’annuale ricorrenza del Lunedì di Paina che si celebrava l’ultimo lunedì di ottobre in conco-
mitanza con la festa patronale della frazione di Giussano. Quel giorno tutte le botteghe artigiane restavano chiuse; così da permettere
agli uomini di recarsi alla fiera di Paina soprattutto per mangiare la cazoeura. Il lunedì de Paina era anche il giorno che seguiva la
visita militare per tutti i diciottenni e questo favoriva la formazione di allegre brigate che sostavano in tutte le osterie del paese creando
non pochi problemi: per questo motivo venne di fatto abolita nel 1936, ma l’usanza continuò per altri decenni.
65 LA SCUOLA DI MEDA, OVVERO: IMPARARE L’ECCELLENZA
Poi, arrivato il giorno della leva, con la partenza per il servizio militare si concludeva
quella importante, basilare, fase formativa di tipo professionale e cominciava l’av-
ventura dell’età adulta.
“Andar militare” … ancora una volta un rito, quello della caserma e dei commilitoni,
al termine del quale, ritornando a Meda, il giovane uomo poteva ambire a un posto
in bottega, finalmente riconosciuto per il valore professionale che a quel punto era in
grado di esprimere, insieme alla consapevolezza di sé accresciuta dall’esperienza
vissuta lontano da casa.
A Meda, quello che poi sarebbe diventato il Centro di Formazione “Terragni” – Afol
Monza Brianza svolgeva ormai a pieno ritmo la sua attività, mettendo a disposizio-
ne addirittura un #convitto per ospitare i giovani che approdavano a Meda da tutta
Italia per studiare i vari rami dell’artigianato mobiliere, perché l’eccellenza del Made
in Meda era già allora ben nota, e moltissimi erano i giovani che raggiungevano la
città brianzola da tutte le regioni16. E chi chiamare a insegnare l’intaglio, la tappez-
zeria, le arti del Made in Meda? I maestri artigiani, naturalmente!
Ancora oggi, il nostro artigiano formatosi in bottega, viene chiamato a insegnare,
nelle aule e nei laboratori in cui si allestiscono lezioni e sessioni di lavoro.
E che non si pensi che tali insegnamenti non avessero un loro standard didattico
66 CAPITOLO 04
ben preciso: è infatti agli atti il caso di quei maestri artigiani che – pur di una bra-
vura inarrivabile nel loro settore – non avevano il titolo di studio ritenuto necessario
per poter insegnare. Ebbene, prima di potersi presentare in aula o in laboratorio
per formare la nuova classe di artigiani d’eccellenza dovevano, loro stessi, superare
l’esame della licenza media, così da accreditarsi in modo adeguato al loro (secondo)
lavoro di formatori.
16 Si trattava di un reclutamento di giovani apprendisti soprattutto nelle regioni del Meridione organizzato in collaborazione
con le scuole medie inferiori, le segreterie dei rispettivi Comuni e gli uffici di collocamento al lavoro. La proposta consisteva nella
frequenza gratuita del corso di un anno formativo (ottobre-giugno) presso il centro Iniasa (Istituto Nazionale per l’Istruzione e l’Adde-
stramento nel Settore Artigiano) di Meda, comprensivo di biglietto del treno di andata e ritorno dai luoghi di origine e di una stabile
ospitalità presso il collegio Ballerini di Seregno. Una navetta-pullman della ditta Dell’Orto assicurava ogni giorno il trasferimento da
Seregno a Meda. Gli studenti dovevano superare esami che prevedevano un test di cultura generale, domande di geografia, cono-
scenze relative alla città di Milano; dovevano inoltre saper realizzare schede di disegno tecnico e ornamentale.
67 LA SCUOLA DI MEDA, OVVERO: IMPARARE L’ECCELLENZA
05
Hall of Fame:
protagonisti
e Compassi
d’Oro
70 CAPITOLO 05
7 Keyword di riferimento:
#halloffame
#monacadimonza
#culturadellavoro
#albodoro
#ricercatecnicoscientifica
#culturadelprogetto
#designitaliano
71 HALL OF FAME: PROTAGONISTI E COMPASSI D’ORO
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
72 CAPITOLO 05
La storia del Design annovera numerosi grandi brand italiani, e i musei del Design
di tutto il mondo li celebrano ogni giorno esponendo da anni – o meglio da decenni
– opere che hanno saputo far innamorare ed ispirare milioni di persone, ovunque.
Allo stesso modo, scopriamo la gloriosa (e parzialissima) Hall of Fame dei medesi
più in vista, non ché i riconoscimenti che il loro lavoro ha meritato.
73 HALL OF FAME: PROTAGONISTI E COMPASSI D’ORO
I PROTAGONISTI
Sapete come si definisce in italiano l’espressione “Hall of Fame”? Arca della Gloria.
A parte il notevole ADI Museum - Museo del Design recentemente aperto a Mila-
no, dove sono mirabilmente esposti tutti i Compassi d’Oro assegnati finora, inclusi
quelli “medesi”, non ci risulta.
È per questo che – senza pretese di esaustività e nella totale disponibilità per inte-
grazioni e inserimenti – iniziamo noi, qui e ora, il necessario e quanto mai opportuno
lavoro di riconoscimento del giusto valore, rispetto a quei protagonisti dell’eccezio-
nale heritage di Meda.
I COMPASSI D’ORO
La lista dei premi e i riconoscimenti ottenuti da persone e realizzazioni “Made in
Meda” negli anni è infinito. Del resto, basta varcare la soglia di qualsiasi Design Mu-
seum al mondo per trovare, nelle collezioni, numerosissime testimonianze dell’ec-
cellenza estetica e funzionale del Design nato a Meda.
E quale migliore riconoscimento della preferenza accordata da tutti i migliori ap-
passionati di Design, che mai rinuncerebbero ai loro arredi e complementi Made in
Meda? E poi, come abbiamo già visto, ci sono le prime edizioni del Compasso d’oro,
di cui il Made in Meda è protagonista.
Ogni premio viene riportato completo di motivazione, laddove siamo riusciti a re-
perirla.
L’eccellenza della sua produzione e comunicazione, in tutto l’arco della sua storia,
rappresenta un contributo alla valorizzazione del #designitaliano e dei suoi prodotti
nel mondo.
06
Milano e
non Milano
84 CAPITOLO 06
7 Keyword di riferimento:
#legameindissolubile
#lifestyle
#designnerd
#connaisseur
#fanaticidelbello
#stellachecontinuaabrillare
#cosìvicinoche
85 MILANO E NON MILANO
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
Chi frequenta la zona di Meda, e vi arriva con l’automobile, imbocca una superstra-
da che è nota come “Milano-Meda”.
E se nel nome delle cose c’è un destino, nel nome di una strada c’è un viaggio, un
percorso. Tra Milano e Meda c’è un collegamento forte, fortissimo, fin dai tempi più
antichi, da ben prima che venisse costruita quella strada.
E se, certamente, Milano è la metropoli che tutto fa e dove tutto brilla, negli studi dei
progettisti, nei reparti produzione delle aziende e – soprattutto – nelle teste pensanti
dei protagonisti geniali del Design, Meda è il luogo di riferimento che si frequenta per
ibridarsi con il DNA della città in cui molte volte tutto comincia.
Perché quella strada non è solo un tratto viario, ma è un viaggio dell’anima, che
viene percorso e ripercorso così tanto e così intensamente che a volte non sai più
se stai andando verso Milano o verso Meda.
Dedichiamo dunque il giusto spazio al rapporto tra questi due punti sulla mappa,
sapendo che non siamo noi i primi ad unirli.
87 MILANO E NON MILANO
Meda e Milano, Milano e Meda, un #legameindissolubile dagli albori del nostro set-
tore, reciprocamente costruttivo e formativo.
Sia che si parli di stile, di look, di gusto, quando il tema della conversazione è il Bello,
il soggetto di ogni frase non può che essere l’Italia.
Senza entrare nel merito delle radici storico-culturali di questa reputazione grandio-
sa – di cui gode il nostro Paese, spesso al di là della consapevolezza di noi italiani
– possiamo però guardare più da vicino il #lifestyle legato agli interni, il Design che
definisce e impregna gli ambienti domestici in cui viviamo.
Focalizzando l’attenzione, non è difficile realizzare che il cuore del nostro settore è
percepito, giustamente, nel Nordovest dell’Italia, nelle zone dove si sono create le
condizioni per la nascita di realtà importanti, spesso promosse da talenti individuali
di grandissima levatura.
È chiaro che questo sviluppo ha potuto trovare la sua massima espressione nelle
aree più industrializzate del Paese, ed è in questi distretti che i grandi nomi del Desi-
gn italiano hanno reso possibile la nascita della stella del nostro gusto impareggia-
bile, grazie a una sapienza tecnica unica.
Una #stellachecontinuaabrillare incessantemente nei cinque continenti.
88 CAPITOLO 06
E giustamente è a Milano che molto spesso, nell’ambito del Design, viene ricondotto
il concetto di Made in Italy.
Un po’ come quando – scorrendo la lista dei fondatori del Salone del Mobile, un
pugno di imprenditori intorno a un tavolo, nel 1961 – scoprì che c’era almeno un
medese, tra loro… se ne accennava qualche pagina fa, nel capitolo sugli Anni 50.
E non uno qualsiasi, ma qualcuno che da qual momento in poi sarebbe esploso su
tutti mercati mondiali, portando il suo nome medese – Cassina – ai quattro angoli
del pianeta.
Certo, Milano è il luogo dove l’attenzione di tutti converge, per la grandissima at-
trattiva e capacità di richiamo delle sue infrastrutture; inoltre, la città svolge egre-
giamente il suo ruolo di capoluogo di una regione votata – in termini di addetti e
aziende – alla cultura progettuale e produttiva del Design, ed è giusto che sia il polo
di riferimento, a livello di percezione.
Ma quello che interessa a noi, in qualità di appassionati delle qualità intrinseche del
Design, è indagare sulla natura di questa cultura, di #fanaticidelbello, per andare al
cuore di tutto questo. E non stiamo parlando né delle grandi fiere internazionali, né
delle campagne di marketing più o meno istituzionali del Made in Italy, né tantome-
no dei brand di rivenditori che nascono un po’ dappertutto dandosi un tono da ita-
liani, e che spesso si fermano solo a quello (fenomeno noto come “italian sounding”).
89 MILANO E NON MILANO
Il fulcro, il nucleo originario, l’essenza del fenomeno Design nasce spesso, spessis-
simo, in una città che si è saputa conquistare – tra i veri #connaisseur del mondo
dell’interior design – il titolo di Design Capital: Meda.
È qui che hanno potuto svilupparsi ed essere realizzati moltissimi dei “pezzi” che
ora ammiriamo nei musei di tutto il mondo; è qui che talenti pluri-premiati (Com-
passi d’Oro a volontà...) hanno trovato mezzi, persone e strutture pronte a dare for-
ma alle loro geniali intuizioni; è qui che nasce quella interpretazione degli habitat
umani in grado di affascinarci, di farci sognare.
A Meda.
Vicino a Milano.
DENTRO LA STORIA
Filippo Berto a tu per tu con Giovanni
Antona Traversi all’interno di Villa
Traversi dove sorgeva il Monastero
di Meda.
02
01
91 BACKSTAGE
03
01
01, Filippo Berto con Eugenio Boga— 02, 03, Filippo Berto intervista Umberto Besana, Salda.
93 BACKSTAGE
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01, Osvaldo Minotti con Filippo Berto — 02, 03, Osvaldo Minotti nel suo atelier a Meda.
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01, 02, Umberto Lanzani — 03, Filippo Berto e Carlo Maria Lanzani.
97 BACKSTAGE
02
03
99
07
Il caso studio
BertO
100 CAPITOLO 07
7 Keyword di riferimento:
#ante
#carlo
#spiritodel74
#google
#crowdcrafting
#divanoxmanagua
#futuroartigiano
101 IL CASO STUDIO BERTO
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
Innanzitutto, se anche voi come noi tempo fa, vi state chiedendo cos’è un caso
studio, bene, la risposta che sentiamo più vicina è: “qualcuno pazzo abbastanza da
tentare cose che nessuno ha mai fatto prima nel suo settore”.
E se pensiamo alle esperienze che ci hanno portato a ottenere questo tipo di status,
in effetti sono state esperienze da pionieri, talvolta intraprese senza una chiara idea
di dove avrebbero portato, quasi sempre al netto di calcoli opportunistici.
Quando, invitati dal prof. Stefano Micelli, autore di Futuro Artigiano, accettammo
con entusiasmo di partecipare al progetto di valorizzazione della manifattura De-
sign-Apart, non sapevamo che avremmo realizzato il primo divano crowd-crafted
per Manhattan.
Era il 1974.
Fioravante Berto detto #ante e #carlo Berto (rispettivamente padre e zio dell’attuale
CEO di BertO, Filippo) lasciavano il Veneto per stabilirsi in quella che avevano scelto
come la terra dell’eccellenza per ciò che riguardava il loro lavoro di tappezzieri.
Meda, Brianza.
Un viaggio non indifferente, una scelta di vita radicale, guidata da un semplice
quanto ineludibile senso del destino, ovviamente legato al lavoro.
Per quella generazione, per quel tipo di persona, specificare il legame con il lavoro in
qualsiasi scelta di vita è quasi pleonastico, forse si farebbe prima a specificare quali
scelte, in queste vite, NON erano legate al lavoro.
Il talento è tanto, la voglia di lavorare ancora di più: i due nuovi arrivati in città trova-
no immediatamente commesse e lavorazioni, e non tardano a divenire un punto di
riferimento sulla piazza.
Una piazza, quella di Meda, su cui i fratelli Berto sfidano i giovani tappezzieri locali,
a chi produce a regola d’arte una poltrona di capitonné, dall’inizio alla fine, in meno
tempo.
E così si arriva a conquistare, in parti sempre crescenti, anche il mercato, allora vin-
colato a incarichi da parte di singoli committenti, con il lavoro incessante delle mani,
in giornate in cui capita facilmente di non vedere la luce del sole.
È su queste basi che la ditta esce dal laboratorio e – vogliosa come sempre di nuove
sfide, anche oltre il prodotto, anche oltre il seminato del proprio comparto e gli oriz-
zonti tracciati dai fondatori – si proietta sulle “autostrade informatiche”, come in quei
primi anni 2000 si definiva il Web.
È la sfida intrapresa dal figlio del co-fondatore Fioravante – futuro CEO – che viene
“obbligato” a stare in ufficio, a pensare, a immaginare, con l’energia e la visione dei
vent’anni, un nuovo modo di interpretare e reionventare l’attività del padre e dello zio.
Oltre gli showroom, oltre le fiere di settore, oltre ogni metodo e canale già percorso,
105 IL CASO STUDIO BERTO
Senza mai per questo dimenticare un costante e incessante dialogo con i propri
referenti.
Un modo di intendere il lavoro, il valore del brand, la divulgazione e la distribuzione
del prodotto totalmente orientato al rispetto della relazione con l’interlocutore, sia
esso un cliente, un appassionato, un semplice curioso.
È il #DNA BertO.
Noi di BertO pensiamo che quel che definisce un’azienda o un marchio commercia-
le non sia solo una denominazione, non siano le sue sedi fisiche e non sia nemmeno
la sua produzione, più o meno nota.
17 www.blog.bertosalotti.it
106 CAPITOLO 07
E oggi l’identità BertO si immedesima con uno spirito, lo spirito che i nostri fonda-
tori, Carlo e Fioravante Berto, hanno adottato fin dal primo giorno della loro impresa
di Tappezzeria Sartoriale.
Non è un caso se noi, oggi, lavoriamo secondo standard di eccellenza che riscuoto-
107 IL CASO STUDIO BERTO
no molto più della soddisfazione dei nostri clienti, che spesso condividono con noi
punte sincere di entusiasmo.
Non è un caso nemmeno se noi, oggi, allacciamo relazioni con modalità che ci
hanno perfino fatti diventare Caso Studio di Google: lo dobbiamo allo #spiritodel74
e all’approccio al mercato che ci è stato mostrato: sempre innovativo e sempre af-
famato di novità.
#spiritodel74 è tutto questo e molto di più, ed è anche per raccontarlo meglio che
abbiamo scritto un libro omonimo qualche tempo fa.
Non le capacità tecniche e artigianali, non la visione del lavoro, non i contatti com-
merciali, non i prodotti... tutto questo – pur importantissimo – assume dei contorni
speciali se lo guardiamo con gli occhi del territorio, concentrando lo sguardo sulla
storia culturale di Meda, divenuta il centro del distretto del mobile brianzolo.
La cultura del progetto, della realizzazione di eccellenza, del Design – non ci stan-
cheremo mai di ripeterlo – ha qui una storia gloriosa e radici profonde.
108 CAPITOLO 07
Non a caso Meda è considerata la Design Capital, tra coloro che conoscono bene
il DNA del settore, e i prodotti che nascono nel distretto acquisiscono lo speciale
status di “Made in Meda”, che li distingue e li qualifica come espressioni del miglior
territorio al mondo rispetto alla cultura progettuale e realizzativa dell’interior design.
Conoscendo l’intuito professionale e il talento per le scelte giuste, non stupisce che
si sia voluto inaugurare la BertO... salendo sulle spalle dei giganti, per usare un’e-
spressione d’effetto.
Giganti che danno forma al nostro presente e orientano il futuro di tutti coloro che
operano nel Design in questa città, noi compresi.
Non vogliamo fare un torto ai “giganti” che hanno consentito, sia ai nostri prede-
cessori in azienda sia a noi, di salire sulle loro mitiche spalle, per provare a portare
avanti una tradizione superlativa: una sezione di questo volume è infatti dedicata
proprio ad alcuni di loro.
Non solo Made in Meda ma anche Made in BertO hanno reso infatti – se mai possi-
bile – ancora più unica la città di Meda grazie a un’iniziativa che è riuscita a toccare
allo stesso modo e con la stessa efficacia i mondi del lavoro artigiano, della forma-
zione professionale dei giovani e della solidarietà verso i meno fortunati.
Da quel momento iniziò un film, una storia incredibile che ancor oggi ci fa venire i
brividi per l’emozione, anche perché quel che ne nacque ebbe un bellissimo risvolto
umanitario.
Si capisce bene come, in questi tre semplici punti, ci sia praticamente... una rivo-
luzione!
Furono coinvolti anche gli studenti del Centro di Formazione Professionale Afol
“Giuseppe Terragni” di Meda. Una classe in particolare ha lavorato, in ogni sessione
del progetto, a stretto contatto con Maestri Artigiani di lunghissima esperienza e
infinita pazienza.
E noi siamo pronti ad accoglierlo. Tutto ciò rappresenta per noi un valore nel valore.
Ottima idea: un modo intelligente per rendere l’artigianato affascinante agli occhi
dei ragazzi. La cucina c’è riuscita, la tappezzeria non ancora .
Ebbe anche la cortesia di riportare in toto la lettera che Filippo Berto gli scrisse per
descrivergli l’iniziativa, vergando per questa un bellissimo titolo:
Capimmo infatti, da una telefonata del prof. Stefano Micelli – il famoso autore del
libro #futuroartigiano – che la nostra incoscienza e voglia di fare avevano raggiunto
un risultato record.
111 IL CASO STUDIO BERTO
08
Il Made in
Meda del
futuro in
10 tesi
114 CAPITOLO 08
10 Keyword di riferimento:
#designedbyyou
#digitaleugualeinternazionale
#sostenibilità
#talentovirale
#oltreimodelli
#relazionisartoriali
#filieratotale
#menobrandpiùpersone
#responsabilitàterritorio
#responsabilitàfuturo
115 IL MADE IN MEDA DEL FUTURO IN 10 TESI
FAQ - Domande Frequenti sul Made in Meda a cui questo capitolo risponde:
I paradigmi futuri del Made in Meda nascono da una visione di sé che va oltre ciò
che si ha sotto gli occhi oggi.
Questa affermazione, che sembra voler negare l’importanza del passato, in realtà
lo omaggia. Come? Perché questo è sempre stato il pensiero di chi ha fatto grande
il Made in Meda, come intuirono anche coloro che per primi lo “videro” in termini di
vantaggio competitivo in sé, a fine Anni 90.
Ecco perché il Made in Meda del futuro, visto da noi di BertO, va oltre la nostra vi-
sione del presente.
E in questo includiamo anche il nostro essere “Caso Studio”.
Non per negare l’importanza dei meravigliosi riconoscimenti che abbiamo avuto,
da Google, con il Crowdcrafting, agli inviti dalle principali università, con le tante
citazioni in pubblicazioni e tesi di laurea.
Tutte cose importantissime, per le quali siamo profondamente grati.
Ma il futuro è diverso dal passato, anche recente.
“Il futuro non assomiglia neanche al presente, che pure non sbaglia mai”, volendo
citare la giornalista Natalia Aspesi.
TESI BERTO N. 1
— La relazione che hai con il cliente ti porta a un nuovo modo di progettare.
KEYWORD: #designedbyyou
TESI BERTO N. 2
— L’internazionalizzazione non esiste più. Con il digitale, Meda è ovunque
KEYWORD: #digitaleugualeinternazionale
Sono passati 17 anni dal primo post del primo corporate blog del Design italiano,
BertoStory.
17 anni in cui non abbiamo smesso un giorno di internazionalizzare l’azienda.
E non perché pubblichiamo contenuti in 7 lingue diverse.
O perché vendiamo in Cina.
No: perché sentiamo che Meda è ormai ovunque… ovunque se ne stia parlando.
E noi ne stiamo parlando, da anni, sempre. (Anche adesso qualcuno di noi ne sta
parlando).
E dove si parla di Meda, c’è il Made in Meda.
Ecco perché, secondo noi, l’internazionalizzazione come l’abbiamo vissuta nei de-
cenni passati non esiste più.
Non è più un obiettivo: è una dimensione. Una dimensione da vivere, da abitare.
Noi abbiamo semplicemente iniziato ad abitare uno spazio più grande, un’idea più
importante di un obiettivo commerciale.
Lo spazio delle nostre relazioni.
Perché Meda parla con il mondo tutti i giorni.
E sapete una cosa?
Il mondo ascolta attentamente.
119 IL MADE IN MEDA DEL FUTURO IN 10 TESI
TESI BERTO N. 3
— Sostenibilità, fattore dirimente tra le idee che vivono e quelle che muoiono.
KEYWORD: #sostenibilità
TESI BERTO N. 4
— Il talento deve essere virale: a Meda tutti devono saper disegnare.
KEYWORD: #talentovirale
TESI BERTO N. 5
— Oltre i modelli venditore/cliente, pre-/post-vendita, negozio/casa.
KEYWORD: #oltreimodelli
Abbiamo il nostro punto di vista sulla principale caratteristica degli innovatori, come
tutti quelli di cui abbiamo parlato in questo libro.
Secondo noi, la principale caratteristica di un innovatore non è la capacità di inno-
vare.
È la capacità di andare oltre.
Dimenticare quel che è stato fatto.
Muoversi seguendo la propria intuizione, ignorando il “si è sempre fatto così”, apren-
do strade che sembrano non esistere.
Perché l’innovazione non esiste mai prima dell’innovatore.
E così, cercando l’innovazione nella vendita, abbiamo imparato – ispirandoci a chi
ha fatto grande il Made in Meda – a toglierci il prosciutto scaduto dagli occhi.
E abbiamo visto.
Abbiamo visto che non ci sono più quelle vecchie care cose di un tempo.
Non ci sono più venditori, né clienti. Né negozi.
Ci sono atti di consapevolezza rispetto a determinate esigenze.
Azioni che si traducono in una relazione più pregnante, più presente, più vicina.
Un negozio? Una pagina Web? Una chat? Totalmente indifferente.
La scelta d’acquisto non riguarda più i ruoli del venditore e dell’acquirente, né un
luogo fisico: avviene sul piano della relazione.
Dove?
Dovunque ci sia la capacità di allacciarla e di assumersene i rischi.
Ecco perché l’atto d’acquisto non conosce più il “prima” e il “dopo”, ma si sviluppa
armonicamente lungo momenti e passaggi non necessariamente orientati verso
una singola scelta in uno specifico momento.
Il futuro è di chi ti è vicino, non di chi ti vende cose.
18 Sergio Marchionne
122 CAPITOLO 08
TESI BERTO N. 6
— Sartorialità applicata alle relazioni, prima che ai prodotti
KEYWORD: #relazionesartoriali
TESI BERTO N. 7
— Filiera totale, ovvero Meda-to-House
KEYWORD: #filieratotale
Con BertO, nessuno si frappone tra Meda e il piacere di un’espressione del Made in
Meda, sia esso un divano, un letto, un elemento di arredo.
La chiamiamo “filiera totale”, perché la massima valorizzazione del Made in Meda
non può passare da mani che non esprimano la forza dell’heritage, da occhi che
non colgano il significato di un primato mondiale, da intermediari che ignorino il
valore di chi ha lavorato prima di loro nella filiera.
L’accuratezza passa anche da una gelosa gestione di ogni singolo passaggio.
Perché il Made in Meda ha attraversato il tempo per giungere a noi, facendo un
lungo viaggio nel tempo.
E dove i secoli si traducono in chilometri, è nostro dovere presidiare tutte le tappe
del viaggio.
Meda-to-House, and nothing in-between!
124 CAPITOLO 08
TESI BERTO N. 8
— La voce di Meda risuona nei suoi ambasciatori: meno brand, più persone
KEYWORD: #menobrandpiùpersone
Chi entra in contatto con la BertO conosce delle persone, non solo un brand.
Conosce soprattutto persone.
Persone unite da un comune sentire, da un’attitudine alla sensibilità – non solo
estetica, innanzitutto umana.
Persone che, particolare non certo inaspettato ma per qualche motivo inatteso, si
presentano con nome e cognome.
Che sono disponibili al contatto, alla relazione.
A non negare una richiesta di contatto sui social.
A parlare anche d’altro.
Nomi e cognomi.
Persone.
Persone meravigliose, che parlano e ascoltano, e costruiscono relazioni di valore, di
quelle che Meda merita da sempre.
Quando conosci una persona che vale, il Brand lo puoi anche dimenticare.
Siamo andati oltre, e finalmente!
125 IL MADE IN MEDA DEL FUTURO IN 10 TESI
TESI BERTO N. 9
— Un’azienda non è solo un’azienda, ma un pezzo di società
KEYWORD: #responsabilitàterritorio
Quello che vivremo nel giro di dieci-venti-trent’anni dipende da quello che facciamo
o non facciamo oggi.
Quello che vivranno i nostri figli dipende da quello che scegliamo di fare o non fare,
oggi.
Quello per cui saremo ricordati dipende direttamente da quello per cui ci stiamo
impegnando in questo momento.
Un grande manager italiano18 usava dire ai giovani:
“Siate come i giardinieri: investite le vostre energie in modo che qualsiasi cosa fac-
ciate duri una vita e anche di più”.
Noi vogliamo fare cose che durino una vita e anche di più, e cose che abbiano un
contenuto virtuoso, positivo, un contenuto di futuro.
È una nostra responsabilità e un nostro dovere.
128 PEOPLE OF MEDA
01
02
01, Gio Ponti e Anna Casati, via Durini, 1979 — 02, Charlotte Perriand e Anna Casati a Tokyo
129 PEOPLE OF MEDA
03
05
04
03. Carlo Scarpa con Anna Casati, Museo Castelvecchio — 04, Philip Starck e Anna Casati, Salone
del Mobile — 05, Charlotte Perriand e Anna Casati, Bambouserie Nimes.
130 PEOPLE OF MEDA
01
02
03
04
132 PEOPLE OF MEDA
01
02
01, 02, Vico Magistretti e Anna Casati con Rosario Messina. 03, Vico Magistretti, Anna Casati, Rosario
Messina e Giulio Castelli, 1979 — 04, Magistretti, Kita, Morozzi, Cassina e Anna Casati.
133 PEOPLE OF MEDA
03
04
134 PEOPLE OF MEDA
01
02
01, Rodrigo Rodriquez con il Presidente Sergio Mattarella — 02, Rodrigo Rodriquez, Alison, Anna Casati,
La Chaux de Fonds — 03, A Parigi, durante la premiazione del premio per la Pubblicità con Cassina e
Rodrigo Rodriquez — 04, Rodrigo Rodriquez al Compasso d’Oro, 2016.
135 PEOPLE OF MEDA
03
04
— Asnaghi F., Meda terra di fede e di — Ronzoni F., Dai campi alla fabbrica.
lavoro, Amministrazione Comunale, Alle origini della Brianza industriale,
stampa Elleci, Meda, dicembre 1985 Bellavite Editore, Missaglia 1994
—BertO, Spirito del 74. 74 parole chiave —Trezzi L., La definizione di un’area
per vivere felicemente la passione per il manifatturiero-industriale in Da
proprio lavoro, Meda, 2020 un sistema agricolo a un sistema
industriale, a cura di Zaninelli S., vol III:
—Bressan E. (a cura di), Storia della L’affermazione industriale (1880-1914),
Brianza. Economia, religione, società, CCIAA Como 1898
Cattaneo editore, Annone di Brianza
(Lecco), 2007 — Zaninelli S., Vita economica e
sociale, in Bosisio A., Vismara G.
—Merlini G., Il passato, il presente e (a cura di), Storia di Monza e della
l’avvenire dell’industria manifatturiera in Brianza, vol III Edizioni il Polifilo, Milano
Lombardia, Milano 1857 1969
PHOTOGRAPHY PRINT
Stefano Righi Rotolito
BertO Srl
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