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Il 

clima italiano è il clima che caratterizza la regione italiana. Lo stato, compreso tra il 47º ed il
36º parallelo nord, si trova quasi al centro della zona temperata dell'emisfero boreale. Nel nord della
penisola prevale un tipo di clima temperato costantemente umido (Cfa/Cfb), mentre al centro-sud è
frequente il clima mediterraneo con periodo estivo secco (Csa).
Dal punto di vista climatico l'Italia è, inoltre, favorita dalla grande massa d'acqua dei mari
mediterranei che la circondano quasi da ogni lato. Tali mari costituiscono soprattutto per la Penisola
(meno per quelle ellenica, iberica ed anatolica) un benefico serbatoio di calore e di umidità.
Determinano infatti, nell'ambito della zona temperata, un clima particolare detto temperato
mediterraneo con differenze locali dovute alla geomorfologia del territorio, che tende a far sentire i suoi
effetti mitigratori specie in regime di alta pressione.
Dal punto di vista meteodinamico oltre agli influssi mediterranei il clima italiano risente in parte, a
mezzo delle correnti occidentali, specie nelle stagioni intermedie, anche delle dinamiche in seno
all'Oceano Atlantico, con le sue perturbazioni che viaggiano da ovest verso est, spinte
dalla circolazione zonale e più in generale dalla posizione reciproca, a livello sinottico, nell'arco
delle stagioni dell'Anticiclone delle Azzorre, la Depressione d'Islanda, l'Anticiclone subtropicale
africano e l'Anticiclone russo-siberiano, che determinano tipologia e intensità delle avvezioni,
inserendosi nel contesto del clima dell'Europa meridionale, con le catene montuose delle Alpi e
degli Appennini a giocare dei ruoli non marginali. L'effetto mitigratore del Mediterraneo si somma a tale
condizione con tendenza a rinvigorire, per cessione di calore sensibile e umidità, le perturbazioni da
ovest indebolite oppure con formazione di depressione mediterranea o vera e propria ciclogenesi
mediterranea.

Tipi di clima[modifica | modifica wikitesto]

Carta dei climi d'Italia secondo Mario Pinna


Climi temperati (ricadono nel tipo C di Köppen ma seguono una classificazione diversa)

     subtropicale
     temperato caldo
     sublitoraneo
     subcontinentale
     temperato fresco
Clima temperato-freddo (tipo D di Köppen)

     temperato freddo
Climi freddi (tipo E di Köppen)

     freddo
     glaciale
1.tra la Testa Gemella Occidentale e l'Isola di Lampedusa vi sono 13 gradi di latitudine
2.la penisola è divisa in due versanti dalla catena appenninica
3.la parte continentale della regione italica è circondata da un sistema montuoso (Alpi-Appennini)
4.In Italia si trova la montagna più alta d'Europa (Monte Bianco 4.810 m) e il vulcano più alto d'Europa
(Etna 3.343 m) e il punto minimo più elevato d'Italia è -3,5 m.
Secondo la classificazione di Vladimir Köppen[1] l'Italia è suddivisa in dieci tipi di clima[2][3][4]:

Temperati ("miti umidi")[modifica | modifica wikitesto]


Nella classificazione di Köppen rientrano sotto la categoria dei climi temperati, indicati con la lettera C
in prima posizione, tutti i climi caratterizzati da una temperatura media del mese più freddo compresa
tra -3 °C e +18 °C, purché non aridi: sotto la stessa lettera C vengono perciò inclusi climi soggetti al
gelo come quello della pianura padana e climi molto più miti come quelli delle coste mediterranee.
•Clima temperato subtropicale o mediterraneo secco tendente allo steppico (Csa tendente a BS):
aree costiere della Sicilia, della Sardegnameridionale, della Calabria ionica centrale e meridionale e
del Salento ionico. Questo clima si distingue per le precipitazioni scarse (quasi nulle in estate) e molto
irregolari.
•Clima temperato caldo mediterraneo a siccità estiva (Csa): gran parte della Sardegna, della Sicilia,
della Calabria e della Puglia, intera fascia costiera dalla Liguria alla Calabria, intero litorale del Mar
Ionio, coste adriatiche da Ancona alla Puglia e più in generale tutte le zone di bassa quota del Centro e
del Sud.
La lettera minuscola "s" indica: "il mese più secco, che è estivo, riceve in media una quantità di
precipitazioni inferiore a 30 millimetri".
•Clima temperato mediterraneo ad estate tiepida, con siccità estiva (Csb, transizione verso Cfb nelle
regioni più settentrionali): aree collinari e di bassa montagna
di Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Basilicata, monti della Daunia, alto Gargano e bassa montagna
di Calabria, Sardegna e Sicilia.
•Clima temperato di transizione al mediterraneo (Cfsa): caratteristico dell'immediato entroterra della
Liguria a bassa quota, con forti piogge autunnali, inverno abbastanza piovoso e moderata siccità estiva.
Secondo il Köppen la "transizione" si estrinseca non tanto nel regime termico, quanto nella comparsa di
una differenza notevole di precipitazioni tra l'estate e l'inverno (il mese più secco, estivo, riceve una
quantità di precipitazioni inferiore ad un terzo di quella del più piovoso dei mesi invernali, ma sempre
superiore a 30 mm): è per questo che tale categoria non comprende l'Emilia-Romagna ed il Piemonte
meridionale (Langhe ed Alessandrino), che hanno un'estate moderatamente secca, ma non le
abbondanti piogge invernali di tipo mediterraneo. Ad Alessandria, ad esempio, il mese più secco è
luglio (32 mm di pioggia) ma in quello più umido invernale (dicembre) cadono 46 mm, mentre
a Ferrara il minimo pluviometrico cade in gennaio (39 mm, contro i 44 di luglio).
•Clima temperato ad estate calda (Cfa): tipico di Pianura veneto-friulana, delle coste adriatiche
da Trieste ad Ancona, della Pianura padana e più in generale le aree di bassa quota del Nord
Italia, Marche collinari ed i bassi versanti appenninici che si affacciano sulla Pianura padana. La quota
massima oscilla grossomodo tra i 400 metri s.l.m. di alto Piemonte e Prealpi ed i 500 metri di Emilia-
Romagna, Oltrepò Pavese, Alessandrino e Langhe. Qui si hanno due massimi pluviometrici, uno
in primavera ed uno in autunno, e due minimi, uno in inverno (di solito in gennaio) ed uno
in estate (luglio o agosto): l'estate tende ad essere più piovosa dell'inverno nelle zone a nord del Po,
mentre nelle terre subappenniniche ed in provincia di Cuneo la differenza si annulla.
•Clima temperato ad estate tiepida (Cfb): caratteristico delle colline e degli altopiani del Piemonte al
di sopra di circa 400 metri s.l.m. a nord e 500 metri s.l.m. a sud, dell'Appennino Ligure ed Emiliano e
dei bassi versanti alpini e prealpini (esclusi quelli più interni).
•Clima temperato fresco (Cfc): tipico delle zone prealpine ed appenniniche a quote elevate. Qui le
precipitazioni possono essere notevoli: sono frequenti soprattutto nelle stagioni intermedie ma
abbondanti anche in estate.
Temperato-freddi ("delle foreste boreali") e polari [modifica | modifica wikitesto]
I climi indicati con la lettera iniziale D sono caratterizzati da una temperatura media del mese più freddo
inferiore ai -3 °C e sono esclusivi dell'emisfero boreale (nell'emisfero australe, in gran parte oceanico, si
passa direttamente dai climi temperati a quelli polari). Sotto la categoria dei "climi polari", indicati con la
lettera E, rientrano invece tutti i climi caratterizzati da una temperatura media del mese più caldo
sempre inferiore a +10 °C.
•Clima temperato freddo d'altitudine (DfH): si trova sui monti dell'arco alpino al di sotto dei 2000-
2200 metri s.l.m. (compresi i fondovalle più interni di media altitudine) ed in singole
zone appenniniche a quote elevate che godono di una continentalità locale. Esso si distingue per
l'inverno lungo, rigido (la temperatura media del mese più freddo è inferiore ai -3 °C) e leggermente
secco. Sulle Alpi le precipitazioni sono soprattutto estive, mentre sugli Appennini il regime pluviometrico
ricalca quello presente ad altitudini inferiori (con un moderato aumento estivo).
•Clima freddo della tundra di altitudine (ETH): arco alpino a quote superiori ai 2000-2200
metri s.l.m. ed alcune cime dell'Appennino, caratterizzato da rigide temperature notturne ed invernali e
da precipitazioni soprattutto estive. Il paesaggio varia gradualmente dalle praterie d'alta quota fino ai
ghiacciai.
•Clima nivale di altitudine (EFH): vette più elevate delle Alpi ricoperte da neve perenne, con quote
generalmente superiori ai 3.500 metri s.l.m.

Eliofania, radiazione solare globale e nuvolosità[modifica | modifica


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Lo stesso argomento in dettaglio: Eliofania in Italia e Radiazione solare globale in Italia.

Mappa dell'eliofania media annua in Italia

Eliofania[modifica | modifica wikitesto]

Carta della nuvolosità media annua in Italia (in Okta)


     < 2.750 okta      3.750 - 4.000 okta

     2.750 - 3.000 okta      4.000 - 4.250 okta

     3.000 - 3.250 okta      4.250 - 4.500 okta


     3.250 - 3.500 okta
     > 4.500 okta
     3.500 - 3.750 okta
In base alle carte sull'eliofania[5][6] e sulla radiazione solare globale[7] in Italia, le aree che
presentano i valori maggiori sono le coste della Sardegna, la fascia costiera occidentale e meridionale
della Sicilia, tutta la Puglia a sud di Bari e le fasce costiere dell'Arcipelago Toscanomeridionale: tutte
queste zone presentano valori superiori alle 2600 ore di sole all'anno, con una media superiore alle 7
ore giornaliere.
Ricevono mediamente tra le 2400 e le 2600 ore di sole all'anno (tra le 6,5 e le 7 ore giornaliere) la
fascia costiera settentrionale ed orientale della Sicilia, le zone più interne della Sardegna, l'intero
litorale occidentale peninsulare a sud di Livorno, comprese le aree pianeggianti e collinari
dell'entroterra, il litorale jonico tra Calabria e Basilicata, le zone interne della Lucania, le coste
adriatiche di Molise e l'intera Puglia settentrionale.
Valori tra 2200 e 2400 ore di sole all'anno (tra le 6 e le 6,5 ore giornaliere) si registrano nelle aree più
interne della Sicilia, in alcuni tratti del litorale jonico calabrese e nelle corrispondenti zone interne, lungo
le coste adriatiche dell'Abruzzo, in Liguria, Versilia, zone interne della Toscanasettentrionale ed
orientale, in Umbria e nell'entroterra del Basso Lazio e della Campania.
Tutte le altre zone a nord della linea immaginaria trasversale obliqua, tracciata tra la zona
immediatamente a Nord della città di Genova e il confine tra Marche e Abruzzo, fanno registrare valori
medi annui che non raggiungono le 2200 ore, ovvero inferiori alle 6 ore giornaliere.
I valori medi annui più elevati nella rete di stazioni piranometriche relativi alla radiazione solare globale
sono superiori ai 18 MJ/m² ed interessano la parte meridionale e l'estremità sud-orientale della Sicilia.
Valori medi annui compresi tra i 16 e i 18 MJ/m² si registrano su gran parte della Valle d'Aosta,
sull'estremità occidentale alpina del Piemonte, sull'isola di Pianosa, sulle aree costiere e sublitoranee
del medio e Basso Lazio, sulla Puglia centro-meridionale, sulla Calabria, sulla Sardegna e su gran
parte della Sicilia (comprese le isole di Ustica, Pantelleria e Lampedusa).
Valori medi annui compresi tra i 14 e i 16 MJ/m² interessano la Liguria di ponente, gran parte
della Toscana e del Lazio centro-settentrionale, gran parte delle Marche, dell'Abruzzo e del Molise,
la Campania, la Basilicata, la Puglia settentrionale e la Sardegna nord-orientale.
Valori medi annui compresi tra i 12 e i 14 MJ/m² si verificano sul Piemonte centro-orientale,
sulla Liguria di levante, sulla Lombardia, sul Trentino-Alto Adige, sul Veneto, sul Friuli-Venezia Giulia,
su gran parte dell'Emilia-Romagna e sulla dorsale appenninica tra l'Emilia, la Toscana, l'Umbria,
le Marche e il Lazio.
Valori medi annui inferiori ai 12 MJ/m² si registrano su un'area dell'Appennino Tosco-Emiliano che
comprende le vette più alte.

Nuvolosità[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Nuvolosità in Italia.
La nuvolosità tende generalmente a raggiungere i valori medi più bassi nel mese di luglio, mentre i
valori medi più alti, in base alle diverse zone climatiche, possono interessare in modo variabile alcuni
mesi tra il tardo autunno e la prima parte della primavera, col mese di novembre che fa registrare i
valori medi più elevati nella maggior parte del territorio.

Temperature[modifica | modifica wikitesto]
Le temperature medie più basse si registrano nell'Italia settentrionale, perché è costituita da aree
montane e da pianure (la pianura padana e la pianura veneto-friulana) non favorite da un mare esteso.
La catena alpina non solo esplica un'azione di barriera rispetto alle correnti fredde, provenienti dalle
regioni artiche dell'Europa settentrionale, ma anche nei confronti delle masse d'aria temperate (ma
umide), che provengono dall'Atlantico settentrionale. Inoltre, le Alpi delimitano (assieme al
prospiciente Appennino settentrionale) un bacino chiuso, soggetto a subsidenza atmosferica, con
ristagno d'aria nei bassi strati, e quindi a marcato riscaldamento estivo e a forte raffreddamento
invernale, tale bacino (che include tutte le pianure settentrionali italiane) le isola anche dalle restanti
regioni dell'Europa centro-meridionale e fa sì che, l'area "padano-veneta", abbia un profilo climatico
autonomo e differente rispetto a quello delle aree limitrofe della Francia sud-orientale, della Svizzera e
dell'Austria. Sempre in questo contesto la presenza del Mare Adriatico, lungo e poco profondo (specie
in prossimità delle coste) e stretto tra due penisole (l'italiana e la balcanica) apporta un beneficio tutto
sommato limitato, infatti il suo influsso mitigatore è nettamente meno rilevante rispetto quello esercitato
dal più ampio e profondo Mar Tirreno sul versante occidentale della penisola italiana.

Temperature medie annue[modifica | modifica wikitesto]

Mappa temperatura media annua in Italia

In base alla carta relativa alle temperature medie annue che si registrano in Italia[5], si registrano
valori medi superiori ai 16 °C all'estremità occidentale della Riviera di Ponente, lungo tutto il litorale
occidentale a sud di Cecina, lungo la fascia costiera tra Abruzzo e sponda settentrionale del Gargano,
su tutta la Puglia a est della linea immaginaria tra Bari e Taranto, lungo le
coste ioniche della Basilicata e della Calabria e lungo tutti i tratti litoranei e nelle aree pianeggianti
interne di Sicilia e Sardegna. Nelle aree peninsulari, l'isoterma si inoltra localmente in modo più o meno
deciso verso il corrispondente retroterra.
Si registrano temperature medie annue comprese tra i 14 e i 16 °C lungo il tratto costiero del Mar
Ligure tra Capo Mele e Cecina, lungo il versante adriatico a sud di Ancona e nel breve tratto litoraneo
compreso fra Duino-Aurisina e Muggia (litorale triestino)[8], su tutta la Puglia a ovest della linea Bari-
Taranto, nelle pianure interne di Toscana, Lazio e Campania e in gran parte delle zone interne collinari
di Sicilia e Sardegna.
Valori medi annui compresi tra 12 e 14 °C si registrano sull'intera Pianura padana e, fino alle coste,
sulla pianura veneto-friulana e nelle aree pianeggianti tra la Romagna e la città di Ancona. Identici
valori interessano le aree collinari dell'Italia centrale e meridionale e le zone di transizione tra alta
collina e montagna in Sicilia e Sardegna. Valori medi annui analoghi si registrano anche nell'entroterra
marittimo ligure.
Gran parte della dorsale appenninica, i monti della Sardegna, le Prealpi e le valli alpine fanno registrare
valori medi annui tra 10 e 12 °C; temperature medie annue tra 5 e 10 °C si registrano sulla vetta
dell'Etna, sulle vette più alte dell'Appennino e su gran parte dell'arco alpino, sulle cui cime più alte
possono registrarsi valori inferiori ai 5 °C di media annua.
Temperature medie di gennaio[modifica | modifica wikitesto]

Mappa dello stress climatico dovuto da freddo invernale

In base alla carta delle temperature medie di gennaio in Italia[5], si registrano valori inferiori ai 0 °C su


gran parte dell'arco alpino (valli interne comprese), sulle vette più alte dell'Appennino e nella Pianura
padana in prossimità del corso del Po, da Chivasso e dintorni fino alle coste attorno al Polesine (ad
esempio ad Alessandria si hanno +0,4º).
Valori medi tra -3 °C e 3 °C interessano alcune vallate e rilievi alpini, alcune vette appenniniche, l'area
sommitale dell'Etna, le aree più elevate della Sardegna e le zone della Pianura padana più vicine alle
montagne, fino alle coste occidentali del Friuli-Venezia Giulia e al litorale veneto e romagnolo e le zone
limitrofe ai grandi laghi prealpini (ad eccezione del Lago di Garda).
Valori medi tra 4 e 6 °C si registrano nelle zone collinari più interne di Toscana, Umbria e Lazio, nelle
coste e nella pianura marchigiana a nord del Conero, nel litorale triestino, nelle sponde più esposte del
lago di Garda, nel Piemonte sud-occidentale (in provincia di Cuneo ed a bassa quota), in alcune
vallate prealpine e nelle vallate e negli altopiani più interni della Sardegna.
Temperature medie tra 6 e 8 °C si registrano sulle zone collinari della Sardegna, nelle zone più protette
del lago di Garda, nel primo entroterra ligure, su gran parte delle aree interne pianeggianti e collinari
dell'Italia peninsulare, sulla costa adriatica marchigiana a sud del Conero, su quella abruzzese e su
quella pugliese tra il golfo di Manfredonia e Bari.
Valori medi tra 8 e 10 °C si registrano sulle pianure e su buona parte dei litorali centro-settentrionali
della Sardegna, nella Piana di Catania, nelle zone interne e sul litorale orientale della Sicilia, lungo
l'intero litorale occidentale peninsulare e nelle corrispondenti aree pianeggianti dalla Riviera di
Ponente alla città di Salerno, lungo le zone interne e sul versante ionico di Calabria e Basilicata, lungo
le coste del Molise, del Gargano e su tutta la Puglia a sud di Bari.
La Sardegna meridionale (soprattutto le coste), gran parte della Sicilia, le coste sud-orientali
del Salento, alcuni tratti del litorale ionico calabrese, l'intera costa tirrenica tra Salerno e Reggio
Calabria e parte delle coste della Maremma e dell'Agro Pontino fanno registrate temperature medie
comprese tra 10 e 12 °C; valori superiori ai 12 °C si registrano soltanto lungo le coste occidentali e
nord-occidentali della Sicilia, in un breve tratto della costa calabrese jonica a sud di Reggio
Calabria (compresa fra i comuni di Melito di Porto Salvo e Bova Marina) e nelle Isole Pelagie[9].

Temperature medie di luglio[modifica | modifica wikitesto]


In base alla carte delle temperature medie di luglio in Italia[5] ridotte al livello del mare, si registrano
valori inferiori ai 20 °C sulle aree montane delle Alpi e dell'Appennino settentrionale(specialmente sui
rilievi esposti a nord), e sulle vette più alte dell'Appennino centrale e meridionale; valori tra 20 e 22 °C
interessano parte dell'arco alpino fino al limite di transizione tra le quote collinari e montuose, le colline
più elevate del Centro e, localmente, alcuni monti dell'Appennino.
Temperature medie tra i 22 e i 24 °C interessano gran parte delle basse valli alpine (specie in Trentino -
Alto Adige), le pianure adiacenti la fascia prealpina, gran parte della pianura veneto-friulana (soprattutto
sottocosta), gran parte del Piemonte fino ai 400/500 metri di altitudine, l'Emilia occidentale, la pianura e
le coste della Romagna, la Liguria, alcuni tratti litoranei e sublitoranei tra la Toscana meridionale e
il Lazio centro-settentrionale, le colline del Centro Italia e la fascia costiera occidentale
della Sardegna centro-settentrionale.
Valori tra 24 e 26 °C interessano parte delle coste di Veneto e Friuli-Venezia Giulia, la parte centrale
dell'Emilia-Romagna, la Pianura padana centro-occidentale (dalla Lombardia fino a Novara ed
Alessandria) e in generale gran parte delle aree peninsulari ed insulari. A causa dell'effetto serra,
oggigiorno può essere incluso in questa fascia di temperature anche l'altopiano piemontese
tra Torino e Bra, che negli anni novanta sfiorava l'isoterma dei "24 gradi a luglio" senza però varcarla
(infatti la media di 24 °C a luglio è stata raggiunta negli anni 2000).
Temperature medie tra 26 e 28 °C interessano alcune valli interne di Toscana, Umbria e Lazio, il
litorale adriatico di Abruzzo e Molise, il Salento, gran parte della Basilicata e le coste ioniche
della Calabria.
Valori superiori ai 28 °C si registrano in alcune aree interne della Sardegna, della Lucania,
della Puglia e della Sicilia dove, nella parte interna sud-occidentale della Piana di Catania e in alcune
conche interne si possono raggiungere temperature medie di 30 °C.

Temperature medie in Italia nel mese di Gennaio e nel mese di Luglio

Escursioni termiche[modifica | modifica wikitesto]


L'escursione termica annuale (differenza tra la temperature estive ed invernali) è notevole nella piana
del Po e in alcune vallate alpine, aree in cui la differenza tra gennaio e luglio si attesta tra i 21 ed i
24 °C, ma è moderatamente accentuata (18-21 °C) anche lungo le coste dell'alto e medio versante
adriatico e nelle vallate interne dell'Italia Centrale e meridionale (ad esempio: la città di Firenze dove la
massima assoluta il 26 luglio 1983 ha raggiunto i +42,6 °C e il 12 gennaio 1985 la minima assoluta ha
fatto registrare -23,2 °C, oltre a più estese aree quali l'alto Valdarno, l'alta Valtiberina, la Val di Chiana e
il Vallo di Diano), risulta invece modesta (15-18 °C) lungo tutta la fascia costiera ligure, tirrenica e
adriatica meridionale mentre, sulle coste delle isole maggiori, essa si riduce ad appena 12-15 °C di
differenza tra la media delle temperature del mese più caldo e quelle del mese più freddo.
L'escursione termica diurna (differenza tra la temperatura del giorno e della notte) è più marcata nelle
località lontane dal mare e nelle aree montane. Tuttavia, in condizioni di vento di caduta, possono
registrarsi valori di escursione termica molto elevata anche lungo le coste adriatiche, come è accaduto
a Pescara il 30 agosto 2007, quando la temperatura massima ha toccato i 45 °C (record assoluto per la
città abruzzese) e la minima della notte successiva è scesa sotto i 20 °C.

Valori estremi[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Ondata di freddo e Ondata di caldo.
In base ai dati sui valori estremi registrati in Italia dalle stazioni meteorologiche legate all'unica
organizzazione meteorologica italiana affiliata all'organizzazione meteorologica mondiale, ossia
l'Aeronautica Militare[10], la temperatura più elevata mai registrata in Italia da una stazione
meteorologica ufficiale è quella di +47,0 °C toccati dalla stazione meteorologica di Foggia Amendola il
25 giugno 2007 (stesso valore a Perdasdefogu il 23 luglio 1983 ma registrato dalla stazione idrologica
non ufficiale quando la stazione ufficiale del Servizio meteorologico dell'Aeronautica Militare risultava
inattiva). Inoltre in Sardegna, sempre per il medesimo periodo, si ha notizia anche del raggiungimento
dei +47,2 °C a Muravera nel 1957.[11] Nei 45 anni precedenti al 25 giugno 2007, il valore più elevato
era quello di +46,7 °C che fu registrato il 12 luglio 1962 dalla stazione meteorologica di Catania
Sigonella (nella stessa giornata la stazione meteorologica di Catania Fontanarossa si fermò a
+46,0 °C).
Il terzo valore più elevato è stato quello di +46,2 °C registrato il 25 giugno 1982 dalla stazione
meteorologica di Capo San Lorenzo, che detiene il record di caldo tra le stazioni prettamente costiere,
anche se nella costa palermitana, presso Monreale la temperatura ha raggiunto i 48,0 °C nel 1999.
Tuttavia, devono essere ricordati anche i +49 °C registrati in alcune località dell'entroterra sardo il 30
luglio 1983, ma non omologati, a causa dell'estrema vicinanza di estesi incendi alle stazioni
meteorologiche idrologiche di riferimento che ne hanno condizionato i valori rilevati; il medesimo valore
attribuito alla stazione meteorologica di Palermo negli anni ottanta del XIX secolo risulta invece essere
stato un clamoroso errore di trascrizione, privo anch'esso di omologazione ufficiale. Un altro importante
valore, riguardante però una piccola cittadina siciliana, sono i +48,5 °C registrati a Catenanuova il 10
agosto 1999 dalla locale stazione meteorologica idrologica non ufficialmente riconosciuta
dall'organizzazione meteorologica mondiale. Alti valori di temperatura sono stati registrati il 6 luglio
1929 a Cosenza quando la locale stazione meteorologica del Servizio Idrografico (poi diventato
Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale) registrò +47,0 °C.
Valori comunque molto elevati sono stati i +45,6 °C della stazione meteorologica di Bari
Palese del luglio 2007, i +45,4 °C della stazione meteorologica di Catania Sigonella del luglio1998, i
+45,0 °C della stazione meteorologica di Capo San Lorenzo del 23 luglio 2007, della stazione
meteorologica di Pescara Aeroporto del 30 agosto 2007 (forse sovrastimati) e della stazione
meteorologica di Decimomannu del 24 luglio 2009, i +44,6 °C di Palermo Osservatorio Astronomico
nel 1999, i +44,4 °C della stazione meteorologica di Lecce Galatina nel luglio 1987 e della stazione
meteorologica di Brindisi nel luglio 2007, i +44,2 °C della stazione meteorologica di Reggio
Calabria nel luglio 1983, mese in cui si toccarono +43,7 °C alla stazione meteorologica di Cagliari
Elmas
+42,6 °C alla stazione meteorologica di Firenze Peretola, +41,8 °C alla
stazione meteorologica di Alghero Fertilia. Ragguardevoli anche i +40,8 °C
di massima assoluta, invece, alla stazione meteorologica di Ancona Falconara
nel luglio 1968, mentre la Capitale ha visto raggiungere i +40,6 °C alla
stazione meteorologica di Roma Ciampino nell'agosto 1956 e nell'agosto 1981
(+40,5 °C alla stazione meteorologica di Roma Urbe nell'agosto 2007,
+40,1 °C alla stazione meteorologica di Roma Centro del Collegio Romano nel
luglio 1905); valori di +40,4 °C alla stazione meteorologica di Piacenza San
Damiano nell'agosto 2003 e, forse sovrastimati, alla stazione meteorologica
di Ferrara nel luglio 2007. "Soltanto" +40,0 °C di massima assoluta, invece,
alla stazione meteorologica di Napoli Capodichino nell'agosto 1981.

Sulle regioni settentrionali, vanno segnalati anche i +41,6 °C registrati a Torino l'11 agosto 2003 dalla
stazione meteorologica urbana non ufficiale del centro cittadino (+37,1 °C alla stazione meteorologica
di Torino Caselle), e i +38,3 °C toccati durante la medesima onda di calore dalla stazione meteorologica
di Milano Brera (+38,0 °C alla stazione meteorologica di Milano Linate). In Sicilia a Catenanuova, un
paesino in provincia di Enna, si è raggiunta la temperatura più calda d'Europa in tutta la storia,
raggiungendo così i 48,5 º, il 10 agosto del 1999. Il 25 luglio 2009 la temperatura è arrivata a 48.0 °C
nell'omonimo paese.
La grande città di pianura che ha raggiunto il valore minimo più basso finora è stata Firenze, con -
23,2 °C il 12 gennaio 1985 alla stazione meteorologica di Firenze Peretola; notevoli furono anche i -
22,0 °C della stazione meteorologica di Piacenza San Damiano. Nella classifica del freddo nei
capoluoghi segue Torino, la cui temperatura più bassa registrata è stata di -21,8 °C alla stazione
meteorologica di Torino Caselle (verificatasi però nell'anno 1956, il 12 febbraio). A quote più elevate si
sono registrati valori inferiori, tra i quali spiccano su tutti i -34,6 °C registrati al Plateau
Rosà nel marzo 1971, i -34,0 °C della stazione non ufficiale di Livigno nell'inverno del 1967[12], i -
32,0 °C della stazione non ufficiale di Castelluccio di Norcia nell'inverno del 2005, i -23,0 °C della
stazione idrologica di Città di Castello a 295 metri s.l.m. nel febbraio 1956[13], i -31,0 °C della stazione
meteorologica di Dobbiaco nel gennaio 1947, i -28,2 °C della stazione meteorologica di San Valentino
alla Muta nel febbraio 1956, i -26,2 °C della stazione meteorologica di Paganella nel gennaio 1985, i -
24,8 °C della stazione meteorologica di Passo Rolle nel marzo 1971 e i -25,2 °C della stazione
meteorologica di Tarvisio nel gennaio 1947 (-33,0 °C nel gennaio 1985 nella frazione di Fusine)
[senza fonte]. Tuttavia il valore più basso fu misurato nel febbraio 1929 ai 4554 m della Capanna
Regina Margherita, sul Monte Rosa, il termometro in quell'occasione scese fino a -41,0 °C[14].
Allargando lo sguardo ai dati rilevati da reti diverse dall'AM e dall'ENAV, utilizzando anche valori rilevati
nell'ambito di ricerche scientifiche e dalle reti regionali, si trovano valori più alti e più bassi degli estremi
fin qui discussi. Ad esempio nel dicembre 2010 in località Busa Fradusta a 2607 m sulle Pale di San
Martino in Trentino è stata registrata una temperatura minima assoluta di -48,3 °C[15], valore misurato
in una dolina nel contesto di uno studio sulle caratteristiche microclimatiche proprie e particolari delle
doline. La temperatura ufficiale più bassa mai registrata in Italia in un luogo abitato è di -38 °C a Livigno
nel febbraio 1956 e -42 °C furono registrati nel massiccio del Gran Gioves nel gennaio 1963.

Piovosità[modifica | modifica wikitesto]
Precipitazioni medie annue[modifica | modifica wikitesto]

Mappa delle precipitazioni medie totali annue in Italia

Le precipitazioni medie annue[5] sono maggiori nelle zone montuose. Grazie al pluviometro, si può
constatare come le zone più piovose d'Italia(media annua tra 2500 e 3500 mm) siano collocate
sulle Alpi Carniche e Giulie, nella fascia prealpina tra il Lago Maggiore e il Lago di Como,
sull'Appennino Ligure orientale, sulle Alpi Apuane, sull'Appennino campano e nelle località più elevate
dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Invece godono di una minor quantità annua di piogge le zone di pianura lontane dai monti.
Nella Pianura Padana cadono mediamente fra 700 e 1200 mm annui a seconda delle aree, le località
meno favorite non ne ricevono che 700 mm circa, mentre le aree di media pianura come nella città di
Milano, ricevono circa 1000 mm annui[16]. Stessa osservazione vale anche per la Maremma
Grossetana e laziale, dove lungo la fascia costiera i valori si aggirano tra i 500 e i 600 mm annui;
restano poi sotto i 500 mm le coste meridionali della Sardegna (il minimo assoluto medio annuo
dell'intero territorio nazionale italiano si registra a Capo Carbonara con poco più di 250 mm)[17], le
coste occidentali e sud orientali della Sicilia, il promontorio dell'Argentario, le isole meridionali
dell'Arcipelago Toscano (Pianosa, Montecristo, Giglio e Giannutri) e alcune zone della bassa Val
Padana, poste nei dintorni del Delta del Po.

Frequenza annua delle precipitazioni[modifica | modifica wikitesto]


La frequenza annua delle precipitazioni in Italia[5] vede più di 120 giorni sulle vette più alte delle Alpi
Carniche, dell'Appennino settentrionale e dell'Irpinia.
Si registrano tra i 100 e i 120 giorni di pioggia su gran parte dell'arco alpino nord-orientale e lungo
l'intero asse della dorsale appenninica tra la Liguria di levante e l'Aspromonte, mentre si verificano tra
80 e 100 giorni di pioggia su tutte le aree prealpine, su gran parte delle zone interne peninsulari,
sull'Italia nord-orientale a nord del Po, sulla bassa pianura emiliana e romagnola, sulla Riviera di
Levante, la Toscana settentrionale, l'Umbria settentrionale e centro-orientale, sul Basso Lazio,
la Campania, gran parte della Calabria e sui rilievi più elevati di Sicilia e Sardegna.
Frequenze di pioggia tra i 60 e gli 80 giorni all'anno interessano gran parte della Pianura Padana,
la Riviera di Ponente, la Toscana centrale, l'Umbria sud-occidentale, il Lazio centrale, gran parte del
litorale adriatico e ionico, la Basilicata e gran parte della Sicilia e della Sardegna.
Si contano, invece, frequenze inferiori ai 60 giorni di pioggia in alcune aree della Riviera di Ponente e
della Pianura Padana, tra la Maremma grossetana e laziale, lungo il litorale del Molise, sul Tavoliere
delle Puglie, nel Salento, lungo le coste ioniche della Basilicata e della Calabria centrale, sulla Sicilia
meridionale e sud-orientale e lungo le coste orientali e meridionali della Sardegna.

Regimi pluviometrici[modifica | modifica wikitesto]


In Italia si distinguono cinque diversi regimi pluvometrici.
1.Sulle montagne, in particolare sulle Alpi, piove prevalentemente durante l'estate, con un massimo
secondario ad inizio autunno e un marcato minimo invernale.
2.Nelle zone prettamente mediterranee, cioè sulle coste della Sardegna, della Sicilia, di alcune
regioni tirreniche del Mezzogiorno, del Mar Ionio e della Puglia meridionale, la maggior quantità
di piogge cade in inverno (dicembre-marzo), mentre durante i mesi centrali dell'estate la siccità è molto
duratura.
3.Piove prevalentemente in autunno ed in primavera in quasi tutte le altre zone e solitamente il
massimo autunnale (ottobre-novembre) è più accentuato di quello primaverile (marzo-aprile), mentre
durante l'estate si ha una riduzione della piovosità ma senza vera e propria siccità.
4.La fascia costiera della Maremma è generalmente interessata da un lungo periodo siccitoso che,
soprattutto nell'area del promontorio dell'Argentario, in alcune annate può avere inizio già nel corso
dell'inverno e proseguire quasi ininterrottamente fino all'inizio dell'autunno, salvo temporanee
interruzioni dovute ad alcuni episodi temporaleschi.
5.La Val Padana ha una piovosità costante per tutto l'anno e non si presentano mediamente periodi con
precipitazioni scarse o insufficienti[18] la pianura pluviometricamente va divisa in bassa media e alta
pianura, le tre aree hanno regimi pluviometrici leggermente differenti. Le aree della media pianura e
dell'alta pianura (specie nelle zone a nord del Po) sono caratterizzate da una piovosità più costante con
massimi nei periodi più tiedipi dell'anno quindi Primavera Estate e Autunno, con medie di 70-90 e
anche oltre i 100 mm nei mesi di luglio e agosto[19][20] e i periodi di siccità più probabili sono
in inverno che in estate, stagione in cui l'area è interessata con una moderata frequenza dal passaggio
della coda di sistemi perturbati atlantici associati a fenomeni temporaleschi in transito verso la penisola
balcanica e l'Europa orientale. Nella bassa pianura padana, le precipitazioni in estate invece non sono
abbondanti come nella media e alta pianura e si riducono a valori di 30–40 mm nel mese di luglio[21]
[22]
A determinare la distribuzione delle piogge durante l'anno contribuisce, naturalmente, oltre
all'altitudine anche l'azione dei venti la loro direzione e l'orografia dei vari ambiti territoriali.

Inverno[modifica | modifica wikitesto]
Durante l'inverno la massa d'aria sovrastante il Mar Mediterraneo è più calda di quella sovrastante
la penisola.
Ciò porta alla formazione di venti diretti verso la zona di minore pressione (quella più calda) e favorisce
le precipitazioni soprattutto sulle isole e nelle estreme
regioni meridionali (area jonica, Puglia meridionale e Salento); dalla fine di dicembre, inoltre, si assiste
ad un progressivo cambio di orientamento delle correnti su tutto il comparto atlantico orientale
ed europeooccidentale e centrale, non di rado l'azione combinata dell'anticiclone russo-siberiano, che
tende ad estendersi verso ovest e sud-ovest, fino a raggiungere le regioni europee orientali e
il Baltico e quella delle correnti nord-atlantiche che (causa il rallentamento invernale dell'attività
del vortice polare) tendono ad essere progressivamente sostituite da masse d'aria artica marittima con
componente più settentrionale, fa sì che il Mediterraneo centrale (quindi l'Italia, che ne costituisce il
cuore) si trovi interessato dalla formazione di profonde saccature, con minimi depressionari meridionali
(che di solito si collocano tra l'Algeria e lo Jonio greco) e prevalenza di correnti alternativamente
settentrionali (bora e grecale, oppure maestrale) o meridionali (a seconda del ramo della corrente a
getto, che viene ad interessare la penisola italiana), in grado di portare precipitazioni consistenti, specie
sulle regioni dell'estremo sud, precipitazioni che, causa l'anticiclone dinamico "di blocco" che si
posiziona su Mediterraneo orientale e Balcani favorisce una persistenza di questo tipo di
configurazione, che a differenza di altre situazioni di marcata perturbabilità tende ad evolvere molto
lentamente.
Più raramente l'anticiclone russo-siberiano riesce ad estendersi ulteriormente verso ovest, andando a
interessare addirittura anche Francia centro-settentrionale e Gran Bretagna e, disponendosi con asse
lungo i paralleli, in questo caso l'Europa meridionale (dalla Turchia fino alla Spagna) si trova ad essere
interessata da minimi pressori "retrogradi", che si muovono cioè da est verso ovest, in seno a gelide
correnti da Est-Nord-Est (che i meteorologi chiamano con il nome russo buran,
ossia tempesta di vento e neve), questo flusso orientale, proveniente direttamente dal
bassopiano siberiano, innesca violente bufere di neve e blizzard sulle regioni centrali del versante
orientale della penisola italiana, specie nelle zone interessate dall'effetto "stau" appenninico, mentre
lungo i versanti occidentali si hanno condizioni di cielo sereno, seppure abbinate a temperature molto
inferiori alle medie.

Estate[modifica | modifica wikitesto]

Numero medio annuo di giorni con suolo secco in Italia

Mappa dello stress climatico dovuto da aridità estiva


Durante l'estate il Mediterraneo occidentale e centrale viene interessato progressivamente dall'azione
stabilizzante dell'anticiclone delle Azzorre, che dalle latitudini subtropicali dell'Oceano
Atlantico settentrionale tende ad espandersi verso est e nord-est, fino a coinvolgere
l'intera penisolaitaliana e l'arco alpino, al culmine di questa espansione (che coincide solitamente con
la metà di luglio) le correnti nord-atlantiche scorrono molto più a nord delle Alpi, investendo
direttamente le isole britanniche, i paesi scandinavi e baltici e marginalmente l'Europa centrale tra il 48º
ed il 55º parallelo; l'Italia si trova quindi in una situazione di calma atmosferica, interessata da una
massa d'aria stabile, calda e relativamente umida (specie negli strati più bassi): in questo contesto
i venti spirano in direzione della terra ferma, che si riscalda più facilmente, si creano quindi zone di alta
e bassa pressione relativa che innescano il fenomeno delle brezze marittime, mentre la risalita e
l'espansione delle masse d'aria calda che ristagnano nelle pianure e nei fondivalle e la condensazione
dell'umidità che avviene per il raffreddamento, innescato proprio dalla risalita verso l'alto di quest'aria
calda e umida, provoca gli imponenti fenomeni di termoconvezione che generano quei
forti temporali di calore che caratterizzano il clima delle alte montagne italiane e che determinano una
parte consistente delle precipitazioni estive nelle aree montuose.
Tuttavia, l'anticiclone delle Azzorre presenta anche la caratteristica, tipica di tutti gli anticicloni dinamici,
di avere un lato orientale ed uno settentrionale vulnerabili alle infiltrazioni di aria perturbata. Può essere
penetrato da nuclei di aria più fredda (per questo motivo i temporali che interessano l'estremo Nord-
Est italiano in luglio ed agosto sono spesso più organizzati, rispetto a quelli che coinvolgono
le Alpi del Nord-Ovest) che provocano marcata instabilità: il ritiro progressivo del dominio anticiclonico
atlantico, che avviene a partire dalle regioni italiane nord orientali, tende a portare un progressivo
aumento delle precipitazioni, che su Alpi, Friuli-Venezia Giulia e Veneto comincia all'inizio della
seconda metà d'agosto ed entro l'inizio di settembre coinvolge tutte le regioni italiane, ad eccezione
delle isole maggiori e dell'estremo Sud, zone in cui il regime termico e quello pluviometrico estivo
persistono ancora (seppure con temporanee crisi) per tutto il mese di settembre e per la prima parte
di ottobre.
A partire dal 1989, si sono verificate sempre più ripetutamente configurazioni estive nelle quali l'alta
pressione delle Azzorre tende ad espandersi verso le isole britanniche anziché verso il Mediterraneo,
dove può stabilirsi anche per lunghi periodi l'anticiclone subtropicale africano, accompagnato da
elevatissimi valori di temperature e di umidità che raggiungono i picchi massimi nelle pianure e nelle
vallate più interne: questo accadde ad esempio durante la caldissima estate del 2003. Ricordiamo le
quattro estati più calde in Italia:

Anno Anomalia termica


2003 +3,76 °C
2017 +2,48 °C
2012 +2,32 °C
2015 +2,30 °C
[23][24][25]
Altre estati molto calde si sono verificate nel 1994 o nel 1998[26].
Tuttavia, in queste configurazioni anomale, non sempre l'alta pressione nord-africana riesce a risalire
fino al bacino del Mediterraneo. In questi casi, la penisola italiana può rimanere esposta sia alle correnti
atlantiche che a quelle di aria fresca continentale che possono generare fenomeni temporaleschi anche
molto intensi e frequenti, specie in presenza di cut off, un po' su tutto il territorio ma, comunque, con la
massima persistenza nelle zone interne collinari e montuose. Possono conseguire così stagioni estive
piuttosto piovose e non particolarmente calde, come già accaduto nei seguenti anni:
•1989
•1992, con una fase di maltempo durata dal 21 giugno almeno fino al 5 luglio, causata dall'anticiclone
delle Azzorre che ancora non aveva fatto ingresso sul Mediterraneo.[27]
•1995, soprattutto per il mese di agosto eccessivamente fresco e instabile[28]
•1996
•1999 nell'Italia Settentrionale, è stata invece calda nell'Italia Meridionale[29]
•2000, con meno di 25 giorni in compagnia dell'anticiclone africano[30]. Da segnalare l'eccezionale
ondata di freddo tra il 9 e il 15 luglio in Italia[31].
•2002: l'estate partì con un giugno molto caldo. Tuttavia a luglio l'anticiclone delle Azzorre, invece di
estendersi sul Mediterraneo, si è esteso sulla Groenlandia, mentre l'alta pressione africana si è ritirata
nelle sue terre d'origine, causando maltempo a luglio e, in particolar modo, ad agosto[32].
•2004, con meno di 25 giorni in compagnia dell'anticiclone africano[30].
•2013: è bastata una sola settimana di caldo ad aprile, con temperature tra 25 e 30 °C, per far
annunciare che ad inizio maggio l'estate 2013 sarebbe stata la più calda degli ultimi anni[33]; ma il
vortice Ginevra[34] ha fatto sì che maggio 2013 termini in quasi tutta Italia con un clima autunnale, con
temperature in quasi tutta Italia con temperature sotto i 15 °C e con molta pioggia[33]. Tra fine maggio
ed inizio giugno Laurent Cabrol aveva annunciato addirittura che in pratica nel 2013 il clima estivo non
ci sarebbe stato, cioè nell'estate 2013 ci sarebbe stato solo freddo e pioggia invece del caldo[35].
L'estate 2013 è infatti stata classificata come piuttosto piovosa e più fresca del solito, con pochissime
ondate di calore[36][37], con 9 perturbazioni[38] e con meno di 25 giorni in compagnia dell'anticiclone
africano[30].
•2014: uno dei principali motivi della bizzarra estate è la compensazione termica dovuta al super-caldo
dell'inverno e della primavera immediatamente precedenti a questa estate[39]. Già è stato ipotizzato
nell'inverno 2013/2014 che l'estate 2014 sarebbe stata ancora più instabile dell'estate 2013[37], e
questa ipotesi è diventata realtà. Infatti, praticamente il Centro-Nord non ha visto l'estate 2014, anzi, al
suo posto ha visto forte maltempo e temperatura nettamente inferiori alle medie del periodo, senza
nessuna ondata di calore significativa[40]. Invece il Sud ha conosciuto un'estate più normale, anche se
ha conosciuto qualche episodio di fresco e maltempo, ma in maniera più marginale che al Centro-Nord.
Il mese di luglio è stato ben sottomedia termica rispetto al periodo 1971-2000 (circa mezzo grado in
meno)[41]: le uniche zone italiane sopramedia termica nel luglio 2014 sono state il Salento, parte della
Calabria orientale, parte della Sicilia sud-occidentale e la Sardegna meridionale. Anche il mese di
agosto è stato sottomedia (-0,05 °C in tutta Italia): in particolare, sono risultati sottomedia il Nord Italia,
La Sardegna settentrionale e la Sicilia occidentale[42][42]. Come l'estate precedente, anche
quest'estate ha meno di 25 giorni in compagnia dell'anticiclone africano[30].
Problema del ritardo dell'arrivo del clima estivo in Italia nel periodo 2004-

2016[modifica | modifica wikitesto]
L'ultimo anno in cui il clima estivo è arrivato in tempo (o addirittura in anticipo) in Italia è stato il 2003.
A partire dal 2004 l'Anticiclone delle Azzorre, che garantisce il beltempo in Italia, è diventato sempre più
instabile a causa dei cambiamenti climatici che hanno spostato di diverse traiettorie le masse d'aria[43].
Proprio per questo motivo il clima estivo ha cominciato sempre a tardare ad arrivare in Italia a partire
dal 2004 (prima accadeva saltuariamente, come nel 1992):
•maggio 2004 è stato molto freddo.[44]: all'inizio di questo mese, per via del freddo e maltempo
anomalo, si pensava in un'estate fresca e piovosa[45]
•tra il 10 ed il 15 giugno 2005 arrivarono freddo e maltempo.[46]
•dal 2006 al 2008 arrivarono freddo e maltempo ad inizio giugno.[46]
•nel 2009 i primi giorni dell'estate astronomica sono stati caratterizzati da freddo e maltempo intenso.
[47]
•l'estate 2010 è cominciata con fresco e maltempo, dopo una primavera con il 12% di piogge in più
rispetto alla media.[48][49]
•giugno 2011 è iniziato con il maltempo in Italia[50]. Ancora al 24 giugno circa l'estate procede a
singhiozzo,[51] soprattutto al Nord.
•nel 2012 ancora a fine maggio c'erano ancora temperature basse (soprattutto al Sud) e molta pioggia
(soprattutto nelle aree tirreniche ed al Nord)[46]. Nonostante ciò, giugno in quell'anno è stato il terzo più
caldo in Italia nel periodo 1800-2012[52].
•nel 2013 maggio molto fresco, soprattutto nella terza decade[53]. Fresco e temporali nella prima[54] e
terza decade di giugno[55]. Ancora ad inizio luglio gli anticicloni tipici dell'estate mediterranea
(anticiclone delle Azzorre e anticiclone africano) faticano ad impossessarsi dell'Europa. L'estate 2013 è
quella che è cominciata con maggiore ritardo[56]: la prima vera ondata di calore è risalita soltanto
intorno al 25-30 luglio[57][58]. L'ultima estate iniziata con ritardo simile all'estate 2013 risale al 1992.
[senza fonte]
•l'estate 2014 si è addirittura presentata in forma ridotta se non addirittura assente, soprattutto nel Nord
Italia: dal 1º giugno al 31 agosto sono transitate in Italia ben 25 perturbazioni e 750.000 fulmini[59]
•giugno 2015 è risultato fresco e instabile al Sud Italia[60][61]
•anche nel 2016 giugno è risultato fresco e instabile in Italia, soprattutto al Nord[62], seguendo per molti
aspetti le orme di maggio, anch'esso fresco e instabile quell'anno[63]
N.B. In questo sondaggio si è tenuto conto del mese di maggio, che di solito, soprattutto negli ultimi
anni, propone degli assaggi del clima estivo in Italia.

Autunno e primavera[modifica | modifica wikitesto]


Durante l'autunno e la primavera si ha una netta prevalenza delle correnti zonali nord-atlantiche, dirette
da ovest verso est, che conducono sull'Italia diversi sistemi perturbati, che dall'Atlantico settentrionale
si spostano verso il Mediterraneo orientale e il Mar Nero.
Le correnti occidentali, attraversando la penisola italiana impattano nell'Appennino, che si sviluppa
perpendicolarmente (NNW/SSE) rispetto alla direzione delle masse d'aria atlantiche; questo causa
precipitazioni consistenti lungo quasi tutto il versante occidentale e nelle zone prealpine del Veneto.
Sempre nelle stagioni intermedie, le masse d'aria calda da sud e sud Est (provenienti
dall'entroterra tunisino e libico) precedono l'arrivo dei fronti atlantici, generalmente richiamate da
profonde depressioni sulle isole britanniche e l'Europa centro-occidentale: esse investono l'Italia dopo
essersi caricate di umidità scorrendo sopra il mare, e provocano precipitazioni nelle aree esposte a
questo tipo di correnti (Alpi Carniche, Alpi Occidentali, Riviera di Ponente fino a Genova).
Infine, la particolare conformazione delle coste nord-occidentali italiane e, soprattutto, dell'area del Mar
Ligure, tende a favorire le ciclogenesi orografiche (formazione di aree di bassa pressione secondarie,
causate dalla disposizione delle montagne). Tali depressioni (che i meteorologi chiamano Genoa Low,
perché si formano nel mare di fronte a Genova) si spostano solitamente verso est (ossia verso l'alto
Adriatico) o più frequentemente verso sud-est (attraversando diagonalmente la penisola italiana),
portando precipitazioni prima al Nord-Ovest, quindi nelle altre aree, che mano a mano sono interessate
dal transito di questi minimi pressori.
Il mese di marzo propone sovente un alternarsi tra condizioni invernali e primaverili, non sono mancati i
mesi di marzo che hanno proposto nevicate di tutto rispetto su diverse zone della Penisola (ad
esempio, nel 1987 al Centro Sud[64]).
Il mese d'aprile si propone solitamente nuvoloso, piovoso, uggioso con clima fresco, a volte freddo di
notte.
Il mese di maggio si propone solitamente fresco con giornate variabili. In alcuni anni è caratterizzato,
soprattutto negli anni novanta (es. 1999[65]) e 2000 (es. 2003[66], 2009[67], 2011 ad esclusione
dell'Italia Meridionale[68], 2015[69]), da fasi estive precoci[53]; in altri anni presenta caratteristiche
più autunnali che primaverili, nonché più freddo del normale, Questa ne è una lista:
•in alcuni anni ottanta (es. 1980, 1984, 1987[70])
•1991
•1995, soprattutto al centro-nord[71]
•2004[44]
•2010
•2012 nell'Italia Meridionale[72]
•2013, ad eccezione dell'estremo Sud con riferimento ad aree ioniche ed adriatiche[53]. Nell'Italia Nord-
Occidentale è risultato il più freddo dal 1991[73].
•2014, sottomedia termica soprattutto al Centro Sud e con un surplus pluviometrico sul medio e basso
versante Adriatico[74]
•2016 nell'Italia Settentrionale[75].
Il mese di settembre propone come mese di passaggio (come marzo) un'alternanza tra condizioni della
stagione precedente e la nuova, in questo tra fasi estive e fasi autunnali con pioggia e clima fresco.
Il mese di ottobre in Italia è spesso caratterizzato da clima autunnale, ma non sono mancati i mesi di
ottobre particolari, cioè con caratteristiche più primaverili che autunnali, come quello del 2001[76],
del 2004 (il più caldo mai registrato allora)[77], del 2006[78], del 2012[79], del 2013[80] e
del 2014[81].
Il mese di novembre, come aprile, è spesso fresco, in media il più piovoso dell'anno, nuvoloso con
termiche eventualmente fredde specie la notte. Storicamente proprio in questo mese sono avvenute le
maggiori alluvioni della storia del paese quali l'Alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 e l'Alluvione
del Piemonte del 1994.
Mappa della fulminazione media annua in Italia

Valori estremi[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Lista di alluvioni e inondazioni in Italia.
La località più piovosa d'Italia è Musi, in comune di Lusevera, in Friuli-Venezia Giulia. Questo paese,
posto a 633 m di quota, è esposto agli umidi e piovosi venti di Scirocco e Libeccio con effetti
di stau della catena montuosa posta poco più a nord, grazie ai quali riesce a totalizzare una media di
3313 mm di precipitazione all'anno[82]. La massima quantità di precipitazione in un anno si registrò a
Uccea (frazione del comune di Resia), in Friuli-Venezia Giulia. Infatti nel 1960 vennero registrati ben
6012,9 mm[83]. Altre zone particolarmente piovose sono la Liguria e la Campania.
La località meno piovosa dell'intero territorio nazionale, secondo i dati del Servizio Meteorologico
dell'Aeronautica Militare, risulta essere Capo Carbonara, nel comune di Villasimius, in Sardegna, la
cui stazione meteorologica sita in loco presenta una media pluviometrica annua di 265,5 mm nel
trentennio 1961-1990 e di 237,8 mm nel trentennio 1971-2000.[84]

Nevosità[modifica | modifica wikitesto]

Quantita' media annua di giorni con precipitazioni nevose in Italia


In Italia, le precipitazioni nevose interessano nella stagione invernale tutte le aree montane delle Alpi e
degli Appennini, oltre che le quote medie e alte vette delle isole maggiori.
Durante le irruzioni di aria fredda di origine artica, la quota neve può sensibilmente abbassarsi fino alle
zone collinari e, localmente, anche nelle pianure e lungo alcuni tratti costieri.
L'Italia settentrionale è generalmente interessata da nevicate in pianura con l'arrivo
di perturbazioni atlantiche che seguono intensi raffreddamenti responsabili di formazione di cuscini di
aria fredda al suolo: tali configurazioni tendono a favorire la Pianura Padana centro-occidentale ove la
persistenza dell'aria fredda nei bassi strati risulta essere maggiore. Nella Pianura Veneto-
Friulana (soprattutto nella parte più orientale, province di Gorizia, Udine, Pordenone e Treviso) il
cuscino freddo viene scalzato via quasi subito dai venti meridionali, vista l'inesistente protezione
montuosa a sud. Queste zone sono fra le meno nevose dell'intero parallelo. Al contempo esse sono le
più esposte ai venti gelidi provenienti dai Balcani ed agli effetti dell'anticiclone Russo-Siberiano, qualora
questo si presenti.
A sud dell'Appennino, tali configurazioni determinano generalmente precipitazioni nevose solo a partire
dalle quote collinari, per il riscaldamento portato dall'interazione tra il Mar Mediterraneo e le masse
d'aria provenienti da ovest o da sud-ovest. La Liguria, infatti, vede molto più raramente la neve rispetto
alle altre regioni settentrionali, con la zona di Genova e quella di Savona più favorite grazie agli effetti
della tramontana scura rispetto al resto della regione. Da sottolineare che nelle pianure
di Emilia e Basso Piemonte spesso nevica anche durante ciclogenesi fredde (ovvero minimi di bassa
pressione provocati da discese di aria fredda provenienti dall'Europa settentrionale o orientale) che
richiamano venti da Nord-Est con marcato effetto stau contro l'Appennino settentrionale, grazie allo
stau queste ultime due zone risultano le più nevose delle altre pianure settentrionali.
Infatti le zone, di pianura, più nevose sono quelle a ridosso dell'Appennino, in modo particolare il
basso alessandrino che supera i 100 cm di media annua a poco più di 100 m di quota
(triangolo Tortona, Novi Ligure, Ovada in assoluto la zona più nevosa in relazione alla quota di
appartenenza). Altre zone molto nevose sono collocate intorno a Piacenza, tra Modena e Bologna e tra
Forlì e Faenza (in quest'ultima zona la nevosità media è di 40 cm annui). Altre zone molto nevose,
anche se collinari, si trovano in Piemonte. In Lombardia, sulla pianura, la nevosità decresce da ovest
verso est progressivamente,[85] il Milanese e il Bergamasco rientrano nella fascia tra i 30 e i 40 cm
medi annui[86][87], mentre dal Bresciano al Mantovano c'è una diminuzione dei valori medi nevosi
annui. La permanenza della neve al suolo, nella parte occidentale della Lombardia e in Piemonte
rientra nella fascia fra 10 e 20 giorni annui[88], nell'estremo ovest e sud Piemonte i giorni aumentano
rientrando nella fascia 15-30 giorni. Procedendo verso est dal Bresciano i giorni si riducono
progressivamente rientrando nella fascia fra 1 e 10 giorni[88]
In Italia centrale le nevicate sono più probabili a quote pianeggianti lungo il versante adriatico
dalle Marche all'Abruzzo, per effetto stau durante la discesa di sistemi perturbati di origine artica
o scandinava. Qui in alcune situazioni, grazie all'effetto combinato di aria freddissima di provenienza
balcanica e mare più caldo (quello Adriatico) su cui scorre questa massa gelida, si verificano prolungate
e consistenti nevicate fin sulle coste che in alcuni casi possono superare i 40 cm di neve in 1-2 giorni. Il
versante tirrenico di Toscana e Lazio è raramente interessato da precipitazioni nevose in pianura e
lungo le coste, che sono possibili solo in caso di flusso di aria artica continentale o marittima molto
gelida verso il Mediterraneoattraverso la porta del Rodano, oppure a seguito del transito di sistemi
frontali che seguono intensissime ondate di gelo (1956, 1985, 2012) scorrendo sopra il cuscino freddo
precedentemente formatosi al suolo.
L'Italia meridionale può essere interessata da fenomeni nevosi in pianura durante la discesa di intensi
nuclei di aria fredda, che colpiscono soprattutto il basso Adriatico (in Molise, nelle coste di Bari e
della provincia di Foggia) e l'Irpinia; se tali perturbazioni artiche sono associate ad una depressione
tirrenica oppure sullo Ionio, può nevicare anche lungo le
coste tirreniche di Campania, Calabria e Sicilia (per le coste ioniche di Calabria e Sicilia nevica solo con
il minimo sullo Ionio). In Sardegna invece, le nevicate in pianura e lungo le coste si verificano durante la
discesa di intensi nuclei gelidi associati a delle perturbazioni che interessano l'isola. Per le zone centro-
occidentali della regione le configurazioni ideali per avere nevicate si hanno durante le irruzioni di aria
gelida dalla valle del Rodano, con formazione di ciclogenesi fredde, in genere accompagnate da forti e
freddi venti di maestrale. Invece la parte orientale insulare viene interessata da fenomeni nevosi
soprattutto durante le avvezioni di aria molto fredda da nord-est, convogliate sull'Isola dai venti
di grecale, che possono provocare nevicate su tutto il litorale orientale, oltre che nelle zone interne. Più
rare invece risultano le configurazioni in grado di far nevicare lungo le coste meridionali della Sicilia.
Zone di carico da neve in Italia

Precipitazioni nevose medie annue[modifica | modifica wikitesto]


In base alle mappe sulla nevosità in Italia[89], va segnalato che l'accumulo totale medio annuo è
compreso tra 0 e 5 cm sulle zone costiere e pianeggianti della Sardegna e della Sicilia, lungo le coste
della Versilia, nel medio-basso Valdarno, in parte della Maremma grossetana e laziale, nell'Agro
Pontino e lungo parte delle coste calabresi, lucane e salentine.
Un accumulo totale medio annuo compreso tra i 5 e i 20 cm interessa le pianure dell'Italia nord-
orientale(da un massimo di 15 cm a Vicenza al 7 cm di Udine), la riviera ligure, la Toscana centrale,
l'Umbria occidentale, le zone interne fino alle quote collinari di Lazio, Basilicata e Puglia, gran parte
delle pianure e delle coste della Campania, l'intero tratto litoraneo dell'Abruzzo, del Molise, parte delle
coste calabresi e pugliesi e diverse aree interne collinari della Sardegna e della Sicilia.
Accumuli medi annui superiori ai 20 cm si verificano nelle pianure dell'Italia nord-occidentale,
soprattutto Piemonte e Lombardia occidentale, nelle valli alpine, nelle aree pianeggianti dell'Emilia-
Romagna in prossimità dell'Appennino, lungo il retroterra della Romagna, Marche, Abruzzo e lungo
tutta la dorsale appenninica a quote di transizione tra l'alta collina e la montagna; rientrano in questa
media anche le zone di alta collina e bassa montagna della Sardegna e di bassa montagna della
Sicilia.
Per quanto riguarda le aree montuose la nevosità aumenta con la quota e soprattutto con l'esposizione
alle correnti umide mediterranee e balcaniche. A parità di quota le aree dove si hanno maggior nevosità
media del Nord sono le prealpi tra il Biellese, le Orobie e le Prealpi Giulie, le testate delle grandi valle
alpine cioè Val d'Ossola e Spluga, la zona compresa tra il Passo del Tonale e le Dolomiti di
Brenta[90], le Alpi Giulie e le Marittime. Per quanto riguarda l'Appennino le aree più nevose sono in
generale quelle dell'appennino Tosco-Emiliano, del versante adriatico e dell'Irpinia. in particolare tra
i Monti Sibillini e i monti dell'Irpinia. In Sicilia il più nevoso è Etna e in Sardegna il Gennargentu.
A una quota media di 1500 metri cadono dai 120 ai 200 cm sulle Alpi Occidentali, 130/300 cm sulle Alpi
Centrali e tra i 250 e i 400 cm sulle Alpi Orientali. Nell'Appennino, alla stessa quota, cadono in media
dai 100 ai 350 cm di neve nelle zone più esposte[91]
Nevosita' media annua per il periodo 1961-2017 nell'area Padana

Durata media del manto nevoso[modifica | modifica wikitesto]


In base alle mappe sulla nevosità in Italia[89], la durata media del manto nevoso compresa tra 0 e 1
giorno interessa gran parte della Sardegna e della Sicilia, la Riviera di Ponente, l'intera fascia costiera
occidentale e le corrispondenti pianure dalla Toscana fino alla Calabria, le
coste jonichedi Calabria, Basilicata e Puglia e quelle del basso Adriatico tra Santa Maria di
Leuca e Brindisi.
Durate medie tra 1 e 10 giorni interessano gran parte delle aree pianeggianti interne e collinari
delle isole maggiori e dell'Italia peninsulare, la fascia costiera della Riviera di Levante, l'intero versante
adriatico tra Brindisi e Trieste e parte delle aree pianeggianti della Lombardia sud-orientale e dell'Italia
nord-orientale.
Durate medie tra i 10 e i 25 giorni interessano nelle aree pianeggianti più interne e le zone
pedemontane dell'Italia nord-orientale, le pianure dell'Italia nord-occidentale, gran parte della
dorsale appenninica e delle zone prealpine; valori medi fino a 100 giorni si registrano sulle vette più alte
di tutto l'Appennino che va dalla Liguria alla Campania, sulle vette dell'Etna e del Gennargentu. Valori
medi fino a 200 giorni si verificano sulle cime più elevate dell'Appennino abruzzese e dell'arco alpino,
dove può essere superato questo limite massimo sulle più alte cime della Valle d'Aosta e dell'Alto
Adige.

Valori estremi[modifica | modifica wikitesto]


Lo spessore massimo di neve al suolo, pari a 1125 cm, fu misurato a fine marzo del 1951 presso il
Lago d'Avino (2240 m). in alta Val Cairasca[92]. Gli spessori più elevati registrati in centri abitati si
aggirano attorno ai 4 o 5 metri, ad esempio i 415 cm misurati a Gressoney-La-Trinité il 3
febbraio 1986[93]. La più intensa nevicata in 24 ore si misurò tra il 29 ed il 30
dicembre 1917 a Gressoney-La-Trinité dove caddero 198 cm di neve fresca[93], notevoli furono anche i
181 cm caduti a Roccacaramanico il 15 gennaio 1951.

Clima italiano per macroaree[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Classificazione climatica dei comuni italiani.
Secondo il modello di circolazione atmosferica della cosiddetta scuola norvegese, in generale in regime
di correnti occidentali in autunno e inverno lo scontro tra masse d'aria fredda-secca di provenienza
nord-Europea e aria caldo-umida di provenienza subtropicale, che dà vità al fronte polare, avviene a
latitudini più basse cosicché il nucleo attivo delle perturbazioni atlantiche passa a latitudini più basse,
coinvolgendo anche l'Europa meridionale tra cui l'Italia fino al meridione. Viceversa d'estate tale scontro
avviene a latitudini più elevate coinvolgendo solo marginalmente l'Italia (in particolare Alpi e Prealpi)
che nella restante parte risulta maggiormente coinvolta dagli influssi dell'Anticiclone delle Azzorre o
dell'Anticiclone subtropicale africano. Questo, assieme alla particolare conformazione geografica
italiana, all'inevitabile influsso latitudinale e alla presenza del Mediterraneo, spiega le differenze
climatiche tra le varie zone del Paese[94].

Nord[modifica | modifica wikitesto]
Alpi e Prealpi[modifica | modifica wikitesto]
Alpi e Prealpi presentano un clima alpino che è tanto più rigido quanto più elevata è l'altitudine. Il
versante meridionale italiano delle Alpi gode in genere di un clima più mite rispetto ai versanti
settentrionali e orientali grazie all'azione schermante della catena montuosa rispetto ai venti da nord
(tramontana) che in caduta sottovento possono provocare il tipico effetto fohn. A parità di altitudine Alpi
orientali e centrali tendono ad essere più fredde rispetto a quelle occidentali per allontanamento
dall'Atlantico e avvicinamento al blocco Euroasiatico, risentendo a volte delle correnti meridionali
(scirocco e libeccio) schermate invece dall'Appennino settentrionale nel caso delle Alpi occidentali.
La piovosità è più elevata rispetto alla Pianura Padana e con essa anche la nevosità per effetto
dell'altitudine. La stagione più piovosa è l'autunno seguita dalla primavera, l'inverno è rigido e
moderatamente nevoso, l'estate è fresca e umida non mancando di frequenti rovesci e temporali. Il
clima tende ad essere freddo continentale nella valli alpine di bassa quota (es. Valle d'Aosta e valli
del Trentino Alto Adige).
Pianura Padana[modifica | modifica wikitesto]
La Pianura Padana gode di un clima continentale umido con sensibili escursioni termiche giornaliere e
annuali chiusa com'è tra Alpi e Appennini e per l'umidità stagnante dei suoi fiumi e canali. La parte
occidentale e centrale più chiusa è in media più fredda rispetto a quella orientale più umida e più aperta
verso l'Adriatico. D'inverno il clima è rigido e umido con formazione di nebbie al suolo e non mancano a
volte gli episodi nevosi in occasione di ondate di freddo o favoriti dal formarsi di un cuscinetto d'aria
fredda e stagnante al suolo (inversione termica), l'autunno e la primavera sono le stagioni più piovose
(risentendo spesso della depressione del golfo di Genova e della depressione del Golfo del Leone)
mentre l'estate è calda e umida con possibilità di temporali.

Centro e Sud[modifica | modifica wikitesto]


Scendendo lungo la penisola, a parità di altitudine, il clima si va via più mite e progressivamente più
secco avvicinandosi alla regione del Nord Africa e all'influsso dell'anticiclone subtropicale
africano divenendo tipicamente mediterraneo lunga la fascia costiera, temperato nell'immediato
entroterra e continentale nella fascia appenninica. Tuttavia sussistono delle differenze tra il versante
tirrenico e quello adriatico per effetto della catena appenninica che separa due mari, il Tirreno e
l'Adriatico, di differente estensione. Per effetto dei venti, il climadi cui gode il versante tirrenico è infatti
alquanto diverso dal clima che interessa quello adriatico.
Versante tirrenico e versante adriatico[modifica | modifica wikitesto]
Di fatto la catena appenninica tende a bloccare/esuarire le perturbazioni che vengono da ovest per
effetto stau generando a sua volta fohen sul versante sottovento al punto che sul
versante adriatico le piogge sono generalmente più scarse. Un fenomeno analogo, ma di segno
contrario, accade anche per le temperature che, a parità di latitudine, sono più basse lungo
l'Adriatico (mare chiuso e poco profondo) che lungo le coste occidentali. La differenza che si riscontra
nei valori termici dei due versanti tende però a ridursi, procedendo da nord verso sud.
A Genova la temperatura media di gennaio risulta di oltre 4 °C più alta che a Rimini (+8,0 °C contro
+3,9 °C), a Bari e a Napoli le medie invernali sono invece molto simili. In autunno e inverno l'alto
versante Adriatico (Romagna, Veneto e Friuli-Venezia Giulia) risente degli sbuffi freddo-umidi della
Pianura Padana orientale e della Pianura veneto-friulana.
Va inoltre rilevato che la minore azione mitigatrice dell'Adriatico si fa ancor più evidente allontanandosi
dalla costa. L'influsso mitigatore dell'Adriatico tende infatti a ridursi in modo significativo procedendo,
anche di pochissimi chilometri, verso l'interno, mentre quello del Tirreno penetra più profondamente
nell'entroterra: Roma, posta ad oltre 20 km in linea d'aria dal litorale, risente ancora in pieno degli effetti
mitigatori, anche se rispetto alla fascia strettamente litoranea dell'Agro Romano la pianura attorno a
Roma ha valori medi lievemente più bassi e registra un numero sensibilmente maggiore di gelate
notturne.
Il divario tra i quantitativi annui di precipitazioni rimane invece piuttosto costante, con valori che tendono
a mantenersi più alti ad ovest anche all'estremo sud della penisola italiana. L'unica eccezione interessa
la fascia costiera della Maremma che registra valori pluviometrici minori rispetto alle corrispondenti aree
litoranee delle Marche, grazie alle non lontane catene montuose della Corsica e dell'Isola d'Elba che
deviano e/o attenuano le perturbazioni atlantiche in transito da WNW verso ESE e alla contemporanea
relativa lontananza della dorsale appenninica, senza che vi siano frapposti sistemi montuosi
particolarmente organizzati esposti ai venti umidi atlantici.
Nel periodo invernale la costa adriatica è molto più soggetta ai venti da nord-est (grecale e burian)
provenienti dai Balcani o dalla Russia con tipico effetto da stau della catena appenninica arricchendosi
di umidità dall'Adriatico, al punto che a basse quote la neve compare molto più facilmente sul versante
adriatico che su quello tirrenico. Un volta scavalcata la catena appenninica ad ovest sul Tirreno tali
venti risultano più miti e secchi per effetto fohn. Lo stesso effetto può verificarsi in regime di venti
occidentali sul versante adriatico. Particolarmente piovoso risulta essere il subappennino laziale e le
coste della Campania soggetta a volte ad alluvioni.
Mar Tirreno meridionale e Mar Ionio a volte sono sedi di basse pressioni specie nelle stagioni
intermedie.
Isole[modifica | modifica wikitesto]
Il clima delle isole (Sicilia e Sardegna) risente più della latitudine che dell'effetto marino con irruzioni
dell'anticiclone subtropicale africano soprattutto in Sicilia. Il clima è mite con inverno ridottissimo in
Sicilia, più lungo in Sardegna, la stagione più piovosa è l'autunno seguito dall'inverno, la primavera è
molto mite e l'estate è spesso molto calda e secca. La Sardegna risulta particolarmente esposta
alla Depressione delle Baleari.

Stazioni meteorologiche[modifica | modifica wikitesto]


In Italia esistono alcune migliaia di stazioni meteorologiche sparse nell'intero territorio nazionale.
Tra esse, quelle identificabili attraverso i codici WMO e ICAO sono ufficialmente riconosciute
dall'Organizzazione meteorologica mondiale, che certifica, di fatto, la correttezza delle medie climatiche
calcolate generalmente con i dati rilevati nel trentennio di riferimento climatico 1961-1990,
convenzionalmente fissato dalla medesima Organizzazione meteorologica mondiale.
Tutte le altre stazioni prive dei codici identificativi, pur non venendo ufficialmente riconosciute per le
relative medie climatiche, sono fondamentali per lo studio del clima a scala ridotta, quale la
prevenzione di alluvioni e l'allerta alla popolazione per l'arrivo di eventuali onde di calore o irruzioni di
aria gelida.
Di seguito, è riportata la suddivisione per aree climatiche e per regione delle varie stazioni
meteorologiche.

Italia nord- Italia nord- Italia Italia


Italia insulare
occidentale orientale centrale meridionale
• Valle d'Aosta • Trentino-Alto • Toscana • Molise • Sicilia
• Piemonte Adige • Umbria • Campania • Sardegna
• Lombardia • Veneto • Marche • Basilicata
• Liguria • Friuli-Venezia • Lazio • Puglia
Giulia • Abruzzo • Calabria
• Emilia-Romagna

Clima italiano e mutamenti climatici[modifica | modifica wikitesto]


L'Italia come ogni altra parte del globo è stata soggetta in passato ai mutamenti climatici su scala
planetaria (es. Glaciazioni e periodi interglaciali, Piccola era glaciale ecc.). Anche gli attuali mutamenti
climatici (riscaldamento globale) hanno coinvolto la penisola italiana gettando scenari futuri
preoccupanti soprattutto da parte del mainstream della comunità scientifica. In particolare rispetto agli
anni sessanta-anni settanta in cui anche a livello globale si assisteva a un leggero raffreddamento del
clima (dominato in Europa dall'anticiclone delle Azzorree dall'anticiclone russo-siberiano), da metà degli
anni ottanta in poi si è registrato un aumento della temperatura media con sempre maggiore influenza
dell'anticiclone subtropicale africano a partire dagli anni 2000 ed aumento dei fenomeni estremi
quali ondate di calore, alluvioni e ritiro dei ghiacciai alpini. In particolare l'Italia è particolarmente a
rischio nei cambiamenti climatici attuali trovandosi in una zona di transizione tra Nord Africa e Europa
continentale con gli esperti che mettono in guardia dal rischio desertificazione nelle regioni meridionali
e tropicalizzazione del clima nelle restanti zone del paese, di cui si è avuta una parziale conferma a
partire dagli anni 2010 con un'accelerazione del ciclo dell'acqua ed aumento dei fenomeni alluvionali e
la tropicalizzazione del Mediterraneo[95][96][97]. Attivo in questo senso è il Centro euro-
Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.

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