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MARKETING STRATEGICO.

Prima parte.
Unità 1 -> Il concetto tradizionale del Marketing

La definizione del concetto di Marketing.


La paternità del concetto di marketing è attribuita a Drucker e McKitterick. Tale concetto, definito “tradizionale”
rappresenta il marketing come una filosofia di marketing management divenuta sinonimo di “orientamento al cliente”. La
più adatta definizione del marketing è infatti “soddisfare i bisogni in modo redditizio”
Il concetto si fonda su 3 pilatri:
 Orientamento al cliente: tutte le azioni dovrebbero infatti scaturire dalla comprensione dei bisogni e desideri die
clienti;
 Integrazione delle attività: è necessario coordinamento tra tutte le attività svolte all’interno di un’azienda;
 Obbiettivo di reddittività: ovvero realizzare profitti come contropartita della soddisfazione dei bisogni.
Nel mercato con un alto livello di competitività e suggerito all’azienda adottare una strategia di marketing-driven, che le
permette di analizzare e capire fino infondo i bisogni dei clienti, in quanto, rispondere a quello che è l’interesse dei propri
consumatore, favorisce una situazione win-win.

Marketing strategico e operativo.


IL marketing strategico corrisponde ad un processo orientato all’analisi, incentrato sull’individuazione dei bisogni di
individui e organizzazioni. Questo processo adatta una prospettiva a medio lungo termine e consiste nel definire la mission
d’impresa, ovvero definirne gli obbiettivi, elaborare una strategia e garantire un equilibrata struttura.
Il marketing operativo invece è un processo orientato all’azione e consiste nella pianificazione temporale dell’attività nel
breve-medio termine. Si tratta del processo teso al raggiungimento dell’obbiettivo tramite decisioni e azioni legate ai
prezzi, alla distribuzione, promozione e comunicazione dei prodotti.

I compiti del Marketing strategico.


Si basa innanzitutto sull’analisi dei bisogni, ciò che il cliente cerca, non è il prodotto in sé ma la soluzione che il prodotto è
in grado di fornire. Il ruolo del marketing strategico è seguire l’evoluzione del mercato, e indentificare i differenti prodotti-
mercato in base ai bisogni che in essi dovranno essere soddisfatti. I vari prodotti-mercato rappresentato opportunità da
cogliere per l’azienda, che ne valuta l’attrattività , la sua durata, ovvero il suo ciclo di vita, la competitività del mercato ma
anche dell’azienda stessa, e la sua capacità di definire quei determinati bisogni meglio dei propri concorrenti. Questo
favorirà all’impresa una vantaggio competitivo, che di solito significa la capacita dell’azienda di presentare prodotti di
elevata qualità , di differenziarsi dai rivali o di avere una produttività superiore. Il ruolo del marketing strategico riguarda
quindi (a) rispondere alle opportunità esistenti, (b) crearne di nuove.

Il marketing strategico di risposta e proattivo.


Le idee dei nuovi prodotti possono avere due origini: il mercato o l’impresa. Se l’esigenza proviene dal mercato a seguito di
un bisogno insoddisfatto o mal soddisfatto, si dice che l’innovazione è “estratta dal mercato”. La domanda chiave per
l’impresa sarà “è fattibile?”
Al contrario fonte di innovazione potrebbero essere le aree di ricerca dell’azienda, la funzione di R&S che arriva a proporre
una nuova modalità organizzativa che le permette di soddisfare un bisogno latente o anticiparlo. In questo caso il ruolo del
marketing strategico diventa più complessa e la domanda sarà “esiste un bisogno o un segmento di mercato
potenzialmente redditizio?”. Ciò che dovrà fare sarà quindi valutare il segmento individuato, e creare un mercato per un
prodotto non esplicitamente richiesto dai clienti.
Così come le innovazioni possono avere due origini distinte, anche il marketing strategico si differenzia in due tipi:
 MS di risposta, che indivia i bisogni dei clienti o il loro desideri e li soddisfa;
 MS proattivo, o guidato dall’offerta, in cui l’obbiettivo è individuare i bisogni latenti o non espressi o cercare
soluzioni nuove a desideri già conosciuti.
L’obbiettivo quindi non è solo ascoltare i bisogni dei clienti per fornire loro il prodotto per soddisfarli, ma anche quello di
condurre i clienti nella direzione in cui essi vogliono andare, anche se la direzione non la conoscono ancora.

I compiti del marketing operativo.


il suolo principale consiste nel raggiungere l’obbiettivo programmato ovvero utilizzare gli strumenti di vendita più
efficienti, minimizzando i costi.
Esso costituisce il fattore decisivo nella performance d’impresa: per ogni prodotto deve essere infatti definito un prezzo
accettabile per il mercato in cui è inserito, deve essere reso disponibile nei circuiti di distribuzione adeguati e deve essere
sostenuto da attività di comunicazione per rendere nota la sua esistenza e valorizzarne la qualità. La pubblicità e la
comunicazione occupano nel marketing operativo il ruolo più importante.
Il MO costituisce il “braccio dell’impresa” senza il quale neanche il miglior piano strategico fornirebbe risultati.
Di fondamentale importanza pero sono le strategie, senza le quali non si otterrebbe alcun risultato.

MO transazionale o relazionale.
Il MO costituisce l’attività commerciale dell’impresa, incentrato quindi sulle vendite. All’interno dello stesso MO di
differenziano due strategie di vendita che vengono messe a confronto: il marketing transazionale che si focalizza su una
singola vendita, e il marketing relazionale in cui ci si concentra su numerose vendite.
 Il marketing transazionale si focalizza sulle singole vendite e la relazione con il cliente termina con la conclusione
della vendita;
 Il marketing relazionale è invece incentrato sulla costruzione di una relazione solida e duratura in maniera tale da
mantenere lo sviluppo di una base di clienti;
 Mentre il marketing transazionale di concentra solo sul prezzo, la relazione è incentrata anche sui vantaggi non
economici, come i servizi post-vendita, la consegna..
Le tecniche di vendita transazionali devono quindi evolversi verso quelle relazionali per i seguenti motivi:
 Nella vendita transazionale raramente si riesce a comprendere che la vendita è un atto di comunicazione e non un
ascolto manipolatorio;
 Nelle vendite transazionali spesso la decisione d’acquisto dipende fortemente dai meccanismi di influenza
esercitati sul cliente;
 Le vendite transazionali non rappresentano il principio secondo cui vendere significa risolvere un problema e non
collocare i prodotti sul mercato.
La pratica della vendita relazionale invece si caratterizza per la motivazione d’acquisto, nonchè la ricerca di una relazione
duratura e soddisfacente tra venditore e cliente.

Il programma di marketing.
l’elaborazione del piano strategico deve essere sviluppata in stretta relazione con il MO, che mette in rilievo le variabile
legate al prodotto (prezzo, distribuzione, pubblicità , promozione), mentre il MS si incentra sulle capacità di fornire un
prodotto di qualità superiore rispetto alla concorrenza. E mentre esso si preoccuperà della scelta dei prodotti-mercato e
della previsione della domanda, il MO proporrà un obbiettivo di quota di mercato tenendo conto dell’ambizione
dell’azienda.

Il paradigma del marketing mix.


Detto anche “paradigma delle 4P” ovvero Product, Price, Place e Pomotion viene comunemente considerato come la tecnica
specifica con cui si cerca di soddisfare i bisogni del consumatore. Questo paradigma comprende tutti gli strumenti che i
manager dovranno poi combinare in diversi modi per ogni situazione: pianificazione del prodotto, fissazione die prezzi,
gestione della merca, canali di distribuzione, personale di vendita, promozione delle vendite ecc..
Boons e Bitner aggiungono poi altre 3P, per un totale di sette: People coloro che entrano in contatto con i clienti, Process il
sistema che implica la fornitura del servizio, Phisical evidence prevista per rendere tangibile il servizio al potenziale cliente.
Diverse però sono anche le critiche formulare verso il paradigma, tra cui la mancanza di contenuto strategico che li rendi
inadatti come strumento di pianificazione, la visione del mercato “dall’interno verso l’esterno” mentre il concetto del
marketing sarebbe per lo più “dall’esterno verso l’interno”, ovvero che da priorità ai clienti, e una terza critica incentrata
sulle transazioni di mercato nel breve termine, piuttosto che sulla creazione di una relazione duratura con il cliente. Molte
imprese infatti adotta un approccio orientato all’offerta che consiste nel decifrare i bisogni del cliente ma adattarli
all’offerta, concentrandosi sulle esigenze del venditore e non su quelle del consumatore, quando invece il vero concetto di
orientamento al cliente sarebbe di adattare l’offerta alla rispettiva domanda, garantendo una situazione win-win.

Gli stadi di implementazione del marketing strategico-> Il ruolo del marketing è condurre l’impresa verso opportunità
esistente, oppure nel crearne di nuove interessanti.
FASE1: Qual è il nostro mercato di riferimento? L’obbiettivo è di definire il business, ovvero il punto di partenza per
sviluppare la strategia: consiste nell’identificare i clienti, i concorrenti, i fattori di successo e le tecnologie disponibili. Utile
per determinare il campo di battaglie identificandone opportunità e minacce.

FASE2: Qual è la diversità dei bisogni nel mercato di riferimento? Nella maggior parte dei mercati, è grande la varietà
di esigenze e risulta impossibile soddisfarle tutte con lo stesso prodotto. Nella definizione della strategia, le impreso
possono decidere di focalizzare l’attenzione su uno o più gruppi di clienti identificati. L’obbiettivo diventa suddividere il
mercato in sottogruppi per comprendere meglio le loro esigenze. La segmentazione avviene generalmente in due fasi:
micro e macro-segmentazione.

FASE 3: L’opportunità di business nei segmenti individuati è veramente interessante? Nella selezione del segmento
target l’impresa deve valutare l’attrattività, la sua dimensione, il mercato potenziale, il tasso di crescita, l’accessibilità ,
l’intensità della concorrenza… tutti questi dati definiscono il contesto economico e competitivo di quel segmento.

FASE 4: La nostra offerta rappresenta una proposta di valore sostenibile per ciascun segmento? L’impresa
dovrebbe concentrarsi in quegli ambiti in cui si fondano le sua capacità in maniera tale da definire il proprio VANTAGGIO
COMPETITIVO ovvero quelle caratteristiche o attributi del prodotto o della marca che conferiscono all’impresa un qualche
tipo di superiorità rispetto ai concorrenti.

FASE 5: Quali sono i nostri segmenti target? A qual rivolgersi in via prioritaria? Passo successivo, definire la strategia
di copertura del mercato. Potrebbe trattarsi di una strategia di focalizzazione che definisce i confini di mercato in modo
ristretto o una strategia di completa copertura in cui due sono le opzioni: (a) strategia di marketing di “massa”, (b)
strategia di “personalizzazione di massa” in cui ad ogni segmento corrisponde un programma.
FASE 6: Come vogliamo competere nei segmenti target? Consiste del decidere la strategia di posizionamento da
adottare. Deve decidere come differenziare la propri marca da quella dei concorrenti. Il posizionamento rappresenta la
scelta dei benefici che la marca deve possedere e nella loro valorizzazione per occupare una posizione specifica nel
mercato. Si individuano differenti strategie di questo tipo: differenziazione de prodotto, dei prezzi o dell’immagine.

FASE 7: Come ottenere un portafoglio prodotti ben bilanciato? L’analisi del portafoglio ha il merito di sottolineare
alcuni aspetti importanti della gestione: rende la visione a breve termine meno importante; incoraggia l’impresa a tenere
in mente sia il potenziale, sia la competitività ; stabilisce le priorità nella ripartizione delle risorse ; propone strategie di
sviluppo differenziate; crea un linguaggio comune per tutta l’organizzazione e fissa gli obbiettivi.

L’ambiguità del termine marketing.


Molto autori e manager non distinguono tra orientamento al cliente, orientamento al marketing e orientamento al mercato
e utilizzano il tradizionale concetto di marketing per descrivere il comportamento di un’impresa che sta vicina ai propri
clienti. Proprio per questa non distinzione, molti esperti non concordano sul concetto di marketing. Per alcuni il market-
driven-management riguarda tutto ciò che fa un’impresa per assicurarsi la preferenza di un cliente e quindi per ottenere
una redditività elevata. Atri (tipo Ambler) usano il termine marketing panaziendale, altri ancora marketing olistico. In molti
settori il marketing è identificato con le vendite, la pubblicità , il merchandising.. la confusione circa la definizione del
termine crea problemi per l’insegnamento della materia e per la sua implementazione.

La performance del concetto di marketing.


Nato negli anni Cinquanta del secolo scorso e adottato dalle imprese europee negli anni Sessanta, il successo del marketing
può essere spiegato dal fatto che sia le imprese americane, sia quelle europee operavano in quel periodo in mercati in
rapida crescita, in cui la domanda era superiore all’offerta e in cui i bisogni dei clienti erano ben noti.
Il marketing ha da sempre svolto un ruolo molto importante, migliorando la produttività del sistema ma anche perché così
facendo, si è innescato un circolo virtuoso di sviluppo economico, le cui fasi sono le seguenti:
 Il concetto di marketing contribuisce ad individuare i bisogni mal soddisfatti o insoddisfatti stimolando lo
sviluppando prodotti nuovi o migliorandoli;
 Gli strumenti di marketing operati (4/7P) sviluppano la domanda di mercato per questi nuovi prodotti;
 L’incremento della domanda genera una diminuzione di costi;
 Il conseguente ampliamento di mercato richiede nuovi investimenti in capacità produttiva.

I rischi del marketing manipolatorio o selvaggio.


Il concetto di marketing è stato soggetto anche di varie critiche. La critica più grave è rivolta alla responsabilità del
marketing manipolatorio, facendo riferimento alla vendita selvaggia e alla pubblicità ingannevole, con il solo obiettivo di
adattare la domanda all’offerta anziché l’offerta alle esigenze di mercato. Negli anni 70 infatti le imprese leader sono state
accusate di: ingannare e manipolare i bambini attraverso la pubblicità televisiva; dichiarare di produrre beni con
ingredienti miracolosi; pubblicizzare prodotti di qualità inferiore a quella rivendicata; offrire garanzie ai consumatori
proteggendo più il venditore piuttosto che l’acquirente e sfruttando la pubblicità . Tutto questo ha scatenato la nascita di un
contropotere sotto forma di: organizzazioni di consumatori per promuovere la loro protezione grazie anche al contributo
delle autorità pubbliche e un’autodisciplina da parte delle imprese mediante l’adozione di norme morali per lo sviluppo di
un comportamento più etico.

“Marketing”: una parola spaventosa.


La parola marketing è diventata sinonimo di “ingannevole”, “non veritiero”, “manipolatorio”, “promozionale”,
“superficiale”. Tutto questo a seguito dei troppi casi di marketing manipolatoria che si osservano nei mercati industriali.
Se il marketing fosse considerato un processo di conquista del mercato, ciò implicherebbe l’esistenza di norme e leggi che
l’impresa potrebbe sfruttare per influenzare e manipolare il comportamento dei consumatori. Quest’idea però entra in
conflitto con l’idea di libero mercato del consumatore- re, considerato come decisore economico indipendente munito di
libertà individuale. E’ da riconoscere però che questa completa libertà individuale non è realistica in quanto ogni individuo
nelle sue scelte risulta influenzato dall’imitazione e del condizionamento sociale.

Il concetto di marketing e di applicazione universale?


Il marketing rappresenta la scienza comportamentale applicata ad un insieme di funzioni, la principale è quella dello
scambio transazionale. Il concetto di marketing e la sua applicazione nel corso degli anni si sono però ampliati e non
interessano più solo gli scambi economici ma anche gli scambi di risorse, una vasta gamma di organizzazioni sociali, il
trasporto pubblico, le campagne politiche, gli ospedali, le università E le arti. Esso non risulta applicabile solamente a due
categorie: Gli artisti e gli ideologi, I cui obiettivi non sono raggiunti grazie al successo commerciale basandoli invece sulla
loro creatività , per gli artisti, e sulle loro convinzioni per gli ideologi.

Unita 2 -> IL CONCETTO DI ORIENTAMENTO AL MERCATO


Il concetto di orientamento al mercato può essere considerato un’alternativa al marketing tradizionale. Esso rappresenta
una filosofia di business che attribuisce priorità alla soddisfazione del cliente ma che tiene conto anche degli altri attori del
mercato.
Il concetto di orientamento al mercato e il modello esteso di orientamento al mercato.
Negli anni 90 giorni ci fu un ripensamento riguarda il concetto di marketing dovuto alla duplice insoddisfazione, la cattiva
applicazione di tale concetto E le sue carenze concettuali. L’obiettivo diventa quello di proporre una definizione nuova
oppure aggiornare il concetto di marketing: Nasce il concetto esteso di orientamento al mercato (EOM).

Il concetto di orientamento al mercato.


A livello di varie discipline è stata data una definizione riguarda il concetto di marketing e molte sono state anche le
revisioni, soprattutto riguardo il rapporto tra orientamento al mercato di successo di nuovi prodotti. L’ Orientamento al
mercato ha infatti un impatto positivo sulla performance d’impresa ed è dimostrato che il vantaggio di queste
performance è maggiori per quelle imprese che hanno sviluppato molto prima il concetto di orientamento al mercato.
Kholi e Jawarski utilizza nel concetto di orientamento al mercato per definire implementazione del concetto di marketing
in cui sono presi in considerazione due dei tre pilastri del tradizionale concerto di marketing: l’orientamento al cliente e
l’integrazione
“l’orientamento al mercato È la generazione, in tutta l’organizzazione d’impresa, the market intelligence,
relativamente alle esigenze attuali future dei clienti, la sua diffusione tra le funzioni e la responsabilizzazione
di tutta l’organizzazione nei suoi riguardi”
I tre elementi chiave dell’orientamento al mercato sono:
 La generazione di market intelligence che permette il monitoraggio di maggiori fattori;
 La diffusione di market intelligence che implica la partecipazione virtuale di tutte le funzioni dell’organizzazione
della soddisfazione dei bisogni del mercato;
 La definizione della responsabilità organizzativa che riguarda l’atteggiamento adottato in risposta alle
informazioni di market intelligence che vengono generate diffuse.
Questo modello, dettoK&J, prima è molto generale e non specifica che tipo di market intelligence a adottare né il tipo di
risposta che l’impresa dovrà assumere. Perciò ne è stato creato un secondo da Narver e Slater.
“Il modell N&S, fa riferimento tre dimensioni comportamentali: Orientamento al cliente, Orientamento ai
concorrenti, il coordinamento Inter funzionale, con l’implementazione di due criteri di decisione: focalizzazione
sul lungo termine e redditività.”

Problemi nell’implementazione dell’orientamento al mercato.


Nonostante l’affermarsi del concetto di orientamento al mercato difficile risulta valutarne i vantaggi per le imprese. Un
primo problema è costituito dalla varietà di risoluzione del concetto stesso: per la maggior parte dei teologi e sono limitato
a due player, i clienti e concorrenti, trascurando gli altri attori del mercato. Per questo la definizione stessa di
orientamento al mercato non offriva una visione completa della realtà dei mercati in cui emergono altri soggetti. In
secondo luogo esso è considerato con una cultura organizzativa ma non vengono stabiliti legami con la funzione
marketing.
Orientamento al mercato è più di una semplice cultura d’impresa e crea la risoluzione culturale e strumentale del concetto
di OM.
L’OM come cultura organizzativa è una filosofia di business che stabilisce come priorità la soddisfazione del cliente
tenendo conto degli altri attori del mercato. L’OM come funzione strumentale È definita come un insieme di capacità ,
Attività e comportamenti necessari a implementare un forte orientamento al mercato.

Il modello esteso d’orientamento al mercato.


“L’orientamento al mercato è una cultura di business, diffusa nell’organizzzione d’impresa attraverso il
coordinamento interfunzionale, con l’obbiettivo di progettare e promuovere, a condizionii reddittizie
l’impresa, soluzioni di valore superiore ai clienti diretti e indiretti e agli stakeholders, coinvolti nel mercato.. “
Si evidenziano alcuni elementi:
 Il termine progettare si riferisce all’analisi svolta dal marketing, promuovere si riferisce al braccio commerciale;
 Con soluzioni di valore superiore, si intendono combinazioni di prodotti servizi che soddisfano i bisogni;
 Si riconosce l’esistenza di diversi tipi di clienti, diretti e indiretti;
 Il coordinamento internazionale è il veicolo utilizzato per diffondere nell’organizzazione la cultura di OM.
 La cultura si riferisce alla filosofia di business impresa;
 L’analisi si riferisce alla mente strategica o alle capacità strategiche;
 L’azione si riferisce al marketing operativo (4P o 7P).
Centrale per l’EOM è la visione del mercato come un complesso di stakeholders. Il modello attribuisce le varie
responsabilità : la cultura è una responsabilita trasversale d’impresa assunta dagli amministratori, l’analisi e una
responsabilità trasversale del marketing strategico, e l’azienda e una responsabilità del marketing operativo. Viene cosi
stabilito un collegamento con la funzione marketing che sancisce il contenuto del:
“market-driven-management, definito come l’insieme delle azioni poste in essere da un’impresa per assicurarsi le
preferenze dei clienti e quindi una reddittività superiore.

Il concetto di orientamento al mercato è veramente diverso dal tradizionale concetto di marketing?


Si possono identificare 4 elementi di differenziazione tra i due:
1. Il concetto MT è orientato al cliente mentre l’EOM e orientato oltre che ai clienti anche agli altri attori del mercato;
2. Il MT si basa sul modello di market-pull (marketing strategico di risposta) mentre l’EOM oltre che sui market-pull
si basa su modelli di technology-push, (marketing strategico proattivo);
3. Il MT è fondamentalmente orientato all’azione utilizzando il paradigma delle 4P/7P, l’EOM si basa sull’approccio
di soluzione ai problemi dei clienti;
4. Il MT è generalmente limitato alla funzione marketing, l’EOM è considerato come una cultura organizzativa diffusa
a tutti i livelli di funzione di ogni impresa.

Gli attori del mercato globale.


In un’economia di mercato, un ecosistema è il complesso del gruppo di operatori che ottengono vantaggi l’uno dall’altro. I
mercati globali si stanno evolvendo in due direzioni: i mercati globali elettronici (MGE) che producono e distribuiscono
prodotti e servizi digitali, e i mercati globali tradizionali (MTG) che collaborano con i MGE per realizzare la fase di
consumo.

Clienti diretti e clienti finali.


La soddisfazione del cliente è al centro del concetto esteso di orientamento al mercato, per questo è necessario impegnarsi
a capire i bisogni, creare valore e anticipare i problemi dei clienti. Le imprese B2B opeano all’interno di una filiera che gli
permette di confrontarsi con i propri clienti e i clienti dei clienti; il cliente finale è colui che si trova alla fine della catena.

I partner e la domanda indiretta.


Clienti diretti e clienti finali, esprimono una domanda diretta di beni, l’impresa li conosce e sa come soddisfarli. In molti
settori vi sono vari gruppi di clienti, i quali rappresentano una domanda potenziale spesso ignorata perché le imprese non
sono in grado di raggiungere i clienti direttamente.
Per soddisfare questa domanda indiretta, molte imprese adottano l’approccio alle vendite di soluzioni. Molte imprese non
possiedono le risorse necessarie per fare questo, la sfida è quindi quella di trovare dei partner per trarre vantaggio dalla
domanda indiretta.

I distributori e gli intermediari dei MGT.


Il dettagliante guarda al massimo investimento di spazio e al contributo sulla sua immagine, il fornitore invece cerca il
massimo spazio sugli scaffali, possibilità di testare nuovi prodotti e la preferenza del cliente. Dove risiedono i conflitti tra i
due?
Il passaggio di potere dal produttore al dettagliante richiede l’elaborazione di una strategia.
Mentre i produttori considerano i dettaglianti alla stregua dei partner, i secondi vedono i loro rapporti con l’impresa in
maniera più competitiva che collaborativa.

Concorrenti diretti e produttori di beni sostitutivi.


I concorrenti, diretti o produttori di beni sostitutivi che siano, sono comunque gli attori chiave del mercato e
l‘atteggiamento da adottare nei loro confronti e uno degli elementi centrali nell’elaborare qualsiasi strategia, dato che
servirà come base del vantaggio competitivo.
L’autonomia d’impresa dipende da due fattori: la struttura concorrenziale del settore e il valore percepito del prodotto da
parte dei clienti. E’ necessario comunque tenere ben presente il comportamento dei concorrenti.
Nei mercati saturi diventa importante l’aggressività della lotta competitiva , il principale obbiettivo infatti potrebbe
diventare la distruzione dell’avversario, e c’è il rischio di formulare una strategia basata su il cosiddetto “marketing
guerriero” e quindi che venga dedicata troppa energia nel combattere i concorrenti, perdendo di vista l’obbiettivo si
soddisfare i clienti. E’ quindi essenziale un giusto equilibrio tra l’orientamento al cliente e al concorrente.

Gli influenzatori e i prescrittori.


In molti mercati oltre ai tradizionali attori, gli individui o le organizzazioni possono svolgere un importante ruolo di
consigliare, raccomandare, prescrivere, marche, imprese, prodotti o servizi ai clienti o ai distributori.

e-tailer pure play e brick and click.


Un mercato globale elettronico può essere definito come una rete di interazioni le relazioni d’impresa, che abilita
consumatori, fornitori, distributori E venditori a cercare e scambiare informazioni, concludere transazioni E collaborare
reciprocamente attraverso l’aggregazione di contenuti provenienti da più fornitori.
Nei MGE I dettaglianti elettronici detti e-tailer utilizzano Internet e le tecnologie digitali come mezzo di comunicazione e di
vendita al dettaglio. I pure play e-tailer usano esclusivamente internet, mentre gli e-tailer brick-and-click utilizzano per
promuovere prodotti servizi ma dispongono anche del tradizionale negozio fisico. L’e-tailing rappresenta un modo più
veloce conveniente per effettuare acquisti anche se a volte possono verificarsi problemi riguardo la sicurezza dei
pagamenti, la puntualità nella consegna E la protezione della privacy.

e-marketplace.
L’e-marketplace il sistema informativo Inter organizzativo, che abilita lo scambio di informazioni relative a prezzi offerte
di prodotti tra acquirenti fornitori.
Si tratta di mercati elettronici denominati aggregatore di cataloghi o di assortimenti l’acquisiva quella di raccogliere le
informazioni provenienti da centinaia di cataloghi di prodotti E offrirli in una banca dati. Il principale fattore che motiva gli
acquirenti a parteciparvi all’efficienza, vale a dire la possibilità di ottenere prezzi, tempi di successo riduzione di costi
attraverso transazioni di supporti cartacei fornendo a piattaforme che collegano acquirente venditore di tutto il mondo.
I facilitatori di mercato o infomediari.
Intermediario (dalla combinazione delle parole formazione di intermediazione) organizza una grande quantità di dati E
agisce come intermediario tra coloro che cercano di informazione e coloro che la forniscono. Si tratta di una terza parte
distinta a seconda che gli si rivolgono clienti finali clienti industriali. L’assenza di contatto fisico tra venditore acquirente
creano nuove esigenze dei consumatori: la necessità di assistenza per la raccolta informazioni

Verso una duplice arena di scambi integrata.


Con lo sviluppo di internet ci sta delineando una duplice arena di scambi con due tipi di mercati: I mercati globali
elettronici (MGE) i mercati globali tradizionali (MGT). Motivazioni e benefici attesi dalla partecipazione a questa duplice
arena sono diversi per ogni attore del mercato:
 I consumatori si aspettano assortimenti più ampi prezzi più bassi maggior qualità ;
 I dettaglianti Canon opportunità di aumentare il proprio “bacino di utenza”;
 I produttori di beni digitali forniscono prodotti digitali E propongono per i loro clienti servizi di VERSIONING,
ovvero offrono ben diverse versioni con costi molto più bassi per soddisfare diversi tipi di clienti;
 Il produttore di beni fisici possono entrare la dimensione di loro mercati e ridurre così produzione;
 Nei mercati guidati dal commercio elettronico emerge invece la figura dell’intermediario che assume la gestione
delle informazioni per quanto il cliente.
I MGE offrono una vasta gamma di servizi esagono tre specifiche funzioni:
1. Agiscono nell’ambito dello scambio commerciale non soltanto nell’acquisto, ma anche nel controllo dei prezzi e
disponibilità di magazzino;
2. Gestiscono i contenuti dei cataloghi trasformando le informazioni in formato comprensibile tutte le parti;
3. Forniscono servizi supplementari per sostenere il processo di scambio, spedizione, pagamento.
Nell’epoca di internet degli operatori possono trarre numerosi vantaggi si nei mercati globali tradizionali che nei mercati
globali elettronici.

Gli altri stakeholder del mercato.


In un’economia di mercato molti altri attori, definiti stakeholders, posso rivestire un ruolo importante. Per “stakeholder”
si intende qualsiasi gruppo o individuo che può influenzare questa influenza degli obiettivi d’impresa.
Impresa responsabile nei confronti degli stakeholders E pertanto deve seguire i benefici di tutti quei soggetti che li
rappresentano. Al centro del modello degli stakeholder Cherry principio secondo cui tutte le persone devono essere
rispettare l’Impresa esiste per soddisfare equamente tutti gli stakeholders.

L’approccio di “soluzione” al mercato virtuale.


Nel momento in cui la filosofia di orientamento al mercati viene accolta, molto imprese iniziano a collaborare con i loro
clienti con gli altri attori del mercato per diventare fornitori di soluzione, cioè “combinazioni uniche di componenti di
prodotti e servizi”.

Il concetto di soluzione per il cliente.


“si tratta di una combinazione di prodotti e servizi che creano un valore superiore alla somma delle due parti”
Molte imprese però non hanno successo con l’adozione di questo approccio perché:
1. Alcune credono di vendere soluzioni semplicemente mettendo insieme prodotti e servizi che creano poco valore
quando vengono offerti;
2. Molte sottovalutano la difficolta nell’offrire soluzioni in quanto il loro sviluppo comporta costi maggiori;
3. Molte imprese commercializzano le soluzioni nello stesso modo in cui commercializzerebbero prodotti singoli e
non adottando una strategia di vendita diversa (adatta).
Una soluzioni non consiste infatti nel semplice accorpamento di due componenti. E’ il livello di personalizzazione e
integrazione a porre la soluzione al di sopra di singoli prodotti o servizi. Ciò che rende preziosa una soluzione e
l’attenzione riposta nel risultato. Il beneficio ottenuto dal cliente è superiore grazie alla soluzione, e questo giustifica il
prezzo maggiorato.
La concezione di clienti e fornitori del concetto di soluzione è diverso. Mentre i fornitori vedono le soluzioni come
combinazioni integrate e personalizzate di beni e servizi, dall’altro lato i clienti vedono le soluzioni come un insieme di
processi relazionali cliente-fornitore che comprendono: (1) la definizione della richiesta del cliente; (2) l’integrazione di
beni e servizi; (3) il loro sviluppo; (4) la disponibilità di supporto.

L’approccio di “soluzione” e il marketing mix.


Nell’approccio di “soluzione” obbiettivo principale è comprendere il bisogno del cliente. Quello che cercano i clienti è sono
prodotti specifici, ma piuttosto soluzioni globali che implicano l’uno di più (un pacchetto) di beni e servizi. Si tratta di una
visione del mercato “dall’esterno verso l’interno” completamente incentrata sul cliente contrapposta al tradizionale
concetto di marketing che invece è per lo più orientato all’offerta.
L’approccio di “soluzione al problema” propone un modello diverso di guardare gli elementi del marketing:
 Prodotto: soluzione a un problema il pacchetto di benefici da esso rappresentato;
 Distribuzione: comodo accesso alla soluzione ricercata dal cliente;
 Prezzo: tutti i costi monetari e non monetari sostenuti dal cliente per acquistare la soluzione;
 Comunicazione: informazioni, messaggi, segnali comunicativi relativi alle soluzioni disponibili;
 Vendita: processo di negoziazione o il dialogo con il potenziale cliente.
Per ottenere la soluzione desiderata i clienti sono chiamati a partecipare a diverse attività direttamente o indirettamente
collegate al risultato. L’insieme di queste attività costituisce il “mercato virtuale.

Che cos’è un mercato virtuale?


Si tratta di un mercato che offre un assortimento di offerte, definite con riferimento a tutte le attività svolte e tutti i servizi
richiesti dalla clientela per raggiungere uno specifico risultato.
“un mercato virtuale rappresenta una sequenza temporale completa di attività collegate nello spazio
cognitivo dei clienti, mentre cercano una soluzione ad un problema generico.”
I mercati virtuali assorbono una percentuale molto elevata di spesa del cliente rispetto ad un normale prodotto-mercato.
La sfida per l’impresa è passare dal concetto piuttosto astratto di mercato virtuale a quello di
METAMERCATO= che consiste in un’offerta o un assortimento di offerte definite con riferimento a tutti gli elementi
compresi nello spazio cognitivo del cliente. Si crea un metamercato quando le associazioni cognitive tra attività diverse e
collegate vengono riprodotte nel mercato fisico , realizzando le attività del cliente. L’agente che rappresenta i diversi
partner che collaborano nel fornire la soluzione nel metamercato, sono chiamati metamediari.
I metamediari risolvono 4 principali problemi dei consumatori: tempo di ricerca, garanzia di qualità, facilitazione di
trasporto, informazioni imparziali sui contenuti.

Come definire un mercato virtuale?


Per definire un mercato virtuale si potrebbe adottare il seguente procedimento:
1. Non definire il mercato di riferimento;
2. Fare riferimento al risultato o ai risultati generici che i clienti vogliono ottenere;
3. Individuare tutte le attività che dal punto di vista del cliente fanno parte del mercato virtuale;
4. Creare il corrispondente metamercato, riproducendo nel mercato fisico;
5. Se necessario, aumentare le competenze interne dell’impresa;
6. Presentare ai clienti la soluzione che cercano.

Il concetto di ciclo di attività del cliente.


Un altro esempio di mercato virtuale è rappresentato dal ciclo di attività del cliente. Nella ricerca di un particolare risultato,
i clienti di impegnano in una serie di attività , seguendo una sequenza temporale. Attività che possono essere mappate
lungo una catena di attività del cliente, attività tra loro direttamente e indirettamente correlate intraprese prima, durante e
dopo la decisione di acquisto: prima quando sta decidendo cosa fare; durante, quando sta facendo ciò che ha deciso di fare;
dopo, quando sta cercando di mantenere i risultati ottenuti.

I benefici atteso dall’approccio di “soluzione”.


La decisione dell’imprese di vendere “soluzione” è incentrata su 2 obbiettivi: (a) ottener margini di profitto più elevati di
quelli ottenibili dalla vendita di singoli prodotti; (b) generare relazioni più durature con i clienti.
I principali vantaggi del marcato virtuale sono riassunti come segue:
 Il concetto di mercato virtuale è perfettamente allineato alla visione del cliente e quindi completamente orientato
alle sue esigenze;
 Nei mercati virtuale la comunicazione con i clienti viene facilitata;
 Le entrate potenziali di un mercato virtuale sono sempre maggiori di quelle di un prodotto-mercato;
 Il concetto abilita l’impresa a offrire soluzioni ai clienti;
 Nel mercato virtuale si possono individuare le opportunità di crescita in attività direttamente o indirettamente
legate all’attività di base;
 Il concetto contribuisce a individuare chi sono i concorrenti indiretti o potenziali.

Caratteristiche di un’organizzazione merket-driven.


Il brand management, adottato con successo da molto imprese non sembra in grado di affrontare le complesse sfide del
nuovo contesto. I brand manager oggi sono troppo giovani, troppo inesperti e troppo concentrato sul marketing operativo,
troppo distanti dalle fonti di valore aggiunto, troppo sopraffatti da compiti che coinvolgono la quotidianità , e troppo
concentrati dalla rapida adozione di soluzioni che li faccia avanzare di corriera.

Le principali caratteristiche di un’organizzazione orientata al mercato.


Le principali caratteristiche di un’impresa merket-driven possono essere riassunte:
1. Cultura orientata verso l’esterno e basata su credenze, valori e comportamenti che sottolineano il valore superiore
del cliente e che supportino la continua ricerca di di fonti di vantaggio competitivo;
2. Capacità distinte di interpretazione del mercato e pensiero strategico. Ciò significa essenzialmente che le imprese
market-driven conoscono meglio i loro mercati e sono maggiormente in grado di stabilire strette relazioni con i
loro clienti;
3. Configurazione che consenta all’intera organizzazione di anticipare e e rispondere alle esigenze dei clienti.

Verso forme organizzative cross-funzionali.


La matrice è una struttura organizzativa a rete che consente all’impresa di affrontare molteplici tipologie di business. Le
strutture a matrice presentano due dimensioni: una dimensione riferita alla responsabilità funzionale e una dimensione
riferita a un progresso specifico.
La matrice permette alle imprese di sfruttare risorse mantenendosi piccole e orientate ai risultati, mantenere l’attenzione
dei dipendenti sull’orientamento al mercato, facilitare la diffusione della cultura di mercato e incoraggiare l’innovazione e
l’azione rapida.
L’approccio ai team cross-funzionali estende l’idea dei venture team quale modalità per rispondere alle opportunità con
elevata priorità rispetto agli approcci organizzativi.
Le organizzazioni di marketing sono costruite intorno a due ruoli:
 Gli integratori, responsabili di marketing con ampie capacità e che assumono un ruolo critico, ovvero di guidare le
attività attraverso l’intera catena del valore dell’impresa, individuano i segmenti di mercato in cui competere e le
leve da utilizzare per massimizzare la reddittività a lungo termine. Saranno quindi responsabili delle strategie di
marketing e possono essere responsabili anche di un particolare segmento di utenti finali, di un gruppo di clienti
commerciali o di un processo;
 Gli specialisti, che forniscono competenze tecniche e specialistiche necessarie per attuare con successo la strategia
di marketing in diversi ambienti.

Unità 3 -> La globalizzazione dei mercati e i valori emergenti


La globalizzazione dei mercati e i valori emergenti (Cap.3)
Negli ultimi due decenni la maggior parte delle imprese internazionali, in tutti i settori, ha adottato un marketing globale.
La globalizzazione e il libero scambio
La globalizzazione si riferisce a un processo storico mediante il quale le economie, società e culture regionali diventano
integrate attraverso un network globale di comunicazione, trasporto e scambio.
Il termine viene utilizzato alla globalizzazione economica, cioè l’integrazione di economie nazionali nell’economia
internazionale. Il libero scambio ha giocato un ruolo fondamentale nel processo di internazionalizzazione dei mercati
mondiali.
I postulati del libero scambio
Il libero scambio rappresenta un sistema di politiche di transazioni che consente agli operatori di agire senza
l’imposizione di restrizioni da parte dei governi, sotto forma di sussidi, tesse, tariffe e barriere tariffarie.
Ed esso porta:
 La concorrenza stimola l’innovazione aumenta produttività e riduce prezzi;
 Divisione del lavoro genera specializzazione,aumentando produttività e riducendo i prezzi;
 Più le unità produttive sono grandi, maggiori sono la divisione del lavoro e la specializzazione, e maggiori i
benefici.
Oltre la concorrenza i pilastri del libero scambio sono: specializzazione e l’effetto di scala.
La prima si basa sulla legge del vantaggio comparata da Ricardo, secondo cui è interesse di ciascun Paese focalizzare la
produzione su beni che sa realizzare in modo più efficiente, importando così ciò che serve ed esportando ciò che produce.
Il secondo pilastro porta al bisogno di mercati globali, più grande è il mercato è meglio è. Ogniqualvolta vengono innalzate
barriere nei mercati, limitando la specializzazione, aumentando i costi e riducendo la competitività.
Il GATT e l’organizzazione Mondiale del Commercio furono creati per favorire l’apertura dei mercati e promuovere le
transazioni internazionali basate sul libero scambio.
I vantaggi del libero scambio
Il libero scambio è ipotizzabile che porti a una situazione win-win sia per le nazioni ricche che povere.
Per i ricchi rappresenta la possibilità di accesso a prodotti stranieri per consumatori e imprese a prezzi inferiori rispetto a
quelli ottenibili nell’ambito della produzione locale, un secondo vantaggio è la possibilità di investire nei Paesi emergenti.
Le economie in via di sviluppo sono incentivate a investire nell’ambito dell’educazione , contribuendo alla costruzione di
moderne economie e riducendo la povertà .
Gli svantaggi del libero scambio
Gli oppositori sostengono che possa anche introdurre nuove forme di inefficienza:
 Commerci internazionali coinvolgono esportazioni e importazioni delle stesse merci tra Paesi del mondo
 I costi dei trasporti internazionali, dovrebbero essere inglobati nei prezzi, cosa non sempre opportuna. Se i costi
riflettessero anche l’utilizzo dell’ambiente i beni diventerebbero troppo costosi, portando a riflettere meglio circa
ciò che conviene produrre localmente o scambiare nei mercati
 Il libero scambio permette alle imprese di esternalizzare la produzione dei beni da collocare nei mercati locali,
danneggiando economie dei Paesi sviluppati
 Il libero scambio incoraggia le imprese ad aggirare le regolamentazioni dei mercati domestici, trasferendo le
produzioni nei Paesi che presentano minori costi
 Specializzazione contribuisce a ridurre le possibilità di scelte occupazionali
 Mina la sicurezza delle nazioni, che diventano dipendenti da altri per beni chiave.

Delocalizzazione o outsourcing
La delocalizzazione consiste nel trasferimento di un’attività industriale da una nazione ad un’altra.
L’outsourcing aumenta la redditività d’impresa laddove risulti essere vitale ridurre i costi di produzione.
La maggior parte delle imprese europee delocalizza gli stabilimenti per penetrare nei mercati emergenti, ma soprattutto
per ridurre i costi della manodopera. La delocalizzazione si è diffusa al settore dei servizi con lo sviluppo del software,
piattaforme di chiamata, analisi e informazioni finanziarie.
Il dilemma standardizzazione-adattamento
Le imprese che adottano un marketing internazionale devono decidere quale strategia adottare nell’approccio con i
mercati esterni.
La scelta è tra un approccio multi domestico, in cui la strategia viene adattata alle caratteristiche di ciascun mercato, o un
approccio globale, che somiglia alla standardizzazione, enfatizzando le caratteristiche comuni dei vari mercati.
Le strategie di customizzazione e adattamento sono più di tipo market-driven, mentre la standardizzazione e l’approccio
globale sono supply-driven.
Tipologie di ambiente internazionale
La necessità di adottare un approccio globale di marketing dipende dalle caratteristiche del contesto di marcato in cui
opera l’impresa. Ghoshal e Nohria suggeriscono di analizzare l’ambiente internazionale con riferimento a due dimensioni:
1. Forze locali, espresse da clienti locali, preferenze e abitudini d’acquisto locali, quindi si ha un bisogno di
adattamento e reattività locale;
2. Forze globali, rappresentate da economie di scala, esigenze comuni dei clienti, competizione mondiale , che
rappresentano incentivi all’integrazione e alla standardizzazione globale.
Per entrambe queste dimensioni possiamo distinguere quattro condizioni ambientali che le multinazionali si trovano ad
affrontare.
 Nell’ambiente globale le forze di integrazione globale sono prevalenti e la sensibilità locale invece è scarsa,
necessaria quindi un’organizzazione con uniformità strutturale.
 Nell’ambiente multinazionale, le forze di sensibilità nazionale sono prevalenti a quelle di integrazione globale
deboli, in questo mercato l’adattamento alle forme locali rappresenta un fattore chiave di successo, le imprese per
adattarsi tendo ad adottare diverse modalità di gestione.
 Nell’ambiente internazionale tranquillo,entrambe le forze sono deboli.
 Nell’ambiente transazionale, entrambe le forze svolgono un ruolo importante, è la situazione più complessa, nella
quale è necessario un forte livello di standardizzazione e centralizzazione.
Le imprese multinazionali dovrebbero adattare la struttura organizzativa a ciascun contesto.
I driver della globalizzazione
Per garantirsi i vantaggi della globalizzazione, i manager devono capire quando il settore possiede le caratteristiche
adatte a coglierne le opportunità . E’ necessario analizzare quattro driver di globalizzazione industriale.
Driver di mercato
 Clienti da diversi Paesi chiedono lo stesso tipo di prodotto o servizio.
 I clienti globali effettuano acquisti centralizzati.
 I canali di distribuzione possono acquistare su scala globale, o almeno regionale.
 Elementi di marketing operativo richiedono scarso adattamento locale.
Driver di costo
 Mercato di un Paese potrebbe non essere sufficientemente esteso per garantire all’impresa locale di ottenere
tutte le economie di scala e di effetto di esperienza.
 Partecipazione a mercato più esteso e concentrazione dell’attività possono accelerare l’accumulo di
apprendimento ed esperienza.
 Acquisti centralizzati possono contribuire alla riduzione dei costi.
 Costo dei fattori vari da Paese a Paese nonché dalla disponibilità di particolari competenze.
Driver governativi
 Dazi su importazioni, barriere non tariffarie,sussidi sull’esportazione,condizioni per il trasferimento di
tecnologie.. incidono direttamente sul potenziale della globalizzazione.
 Differenze negli standard tecnici limitano le possibilità di standardizzazione dei prodotti.
Driver competitivi
 Quando attività , vengono condivise in diversi Paesi, la quota di mercato del competitor di un Paese incide sulla
posizione in termini di scala e costi complessivi nell’attività condivisa.
 Necessario adattarsi e anticipare le mosse dei competitor.

I vantaggi della globalizzazione del marketing


Il vantaggio più importante della globalizzazione è rappresentato dalla possibilità di generare notevoli economie di scala.
La presenza di un effetto di scala riduce i costi, e ciò consente di acquisire un vantaggio competitivo fondamentale e al
quale mirano tutte le imprese.
Il secondo vantaggio è rappresentato dalla velocità di penetrazione nel mercato. Le imprese globalizzate sono molto più
centralizzate, per cui possono pianificare e organizzare a livello centrale il lancio di nuovi prodotti in tutto il mondo in
tempi ristretti.
Terzo vantaggio è rappresentato dall’opportunità di creare un’unica marca e un’unica identità di marca a livello globale.
Ciò permette di conseguire notevoli risparmi nelle attività di comunicazione , concentrandosi sugli stessi segmenti di
clienti in tutto il mondo con lo stesso concetto di prodotto.
Gli svantaggi della globalizzazione del marketing
Un primo problema è rappresentato dell’effetto negativo della centralizzazione, che può accelerare la velocità di lancio del
prodotto su base mondiale, ma può anche rallentare altre decisioni di marketing.
Il secondo inconveniente è rappresentato dalla scarsa sensibilità alle condizioni dei mercati locali e dalla conseguente
minor reattività .
Il terzo inconveniente è rappresentato dal pericolo di sviluppare prodotti non in linea con le esigenze dei consumatori.
L’obiettivo della standardizzazione dell’offerta è basato sulla proposta di beni che soddisfano la maggioranza dei clienti, i
prodotti vengono quindi sviluppati sulla base del minimo comune denominatore, con il rischio che, i consumatori non
siano soddisfatti del prodotto standardizzato.
Un’ultima insidia è legata alla gestione del rischio, un portafoglio di marche , costituito in maggioranza da brand globali, è
più vulnerabili.

Marketing e povertà nel mondo


Per molti decenni varie istituzioni hanno cercato di affrontare questa sfida.
Dovrebbero gli studiosi e professionisti del marketing, sviluppare una forma di marketing low cost, sia nel marketing
strategico e operativo, per fornire agli imprenditori dei Paesi poveri strumenti di marketing adeguati?
Vari esperti hanno affrontato il problema, sentenziando che vendere ai poveri può essere contemporaneamente redditizio
e contribuire a sradicare la povertà .
La proposta di Prahalad la si può riassumere come segue:
 Potere d’acquisto inutilizzato nella parte inferiore della piramide, le imprese possono realizzare profitti
significativi vendendo ai poveri;
 Le imprese private possono arrecare loro(ai poveri) una certa prosperità ;
 Le grandi imprese dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano in questo processo di vendita.
Quindi l’obiettivo è creare la capacità di consumo nei Paesi in via di sviluppo, per fare ciò il management dovrebbe essere
guidato da tre semplici principi:
1. Accessibilità , realizzazione di packaging di piccole dimensioni
2. Raggiungibilità dei negozi
3. Disponibilità
Una fortuna alla base della piramide?
Una delle principali ipotesi del libro di Prahalad è l’esistenza di un significativo mercato potenziale inutilizzato tra la gente
più povera, “alla base della piramide”.
Alcune imprese si stanno ora deliberatamente rivolgendo ai poveri, adattando la loro strategia di marketing.
Strategia di packaging di piccole dimensioni
Una delle strategie è vendere beni di consumo in confezioni più piccole, rendendole così accessibili ai poveri.
Ma nonostante ciò , questo metodo, non crea valore aumentando la comodità e gestendo i flussi di denaro, non aumenta
l’accessibilità , né risolve il problema della fame.
 L’unico modo per i poveri di acquistare nuovi prodotti, è dirottare la spesa da altri prodotti, rischiando di
trascurare i bisogni con più elevata priorità .
 Molti prodotti venduti in packaging sono commercializzati esattamente allo stesso prezzo al chilo delle confezioni
più grandi.
 La proliferazione di confezioni monouso in plastica ha un impatto negativo sull’ambiente.
E’ chiaro che la semplice vendita ai poveri non ne migliora necessariamente il benessere e la povertà .
Strategia di basso prezzo
L’unico modo per aiutare i poveri è aumentare il reddito reale, e ci sono solo due modi per farlo: diminuire i prezzi dei beni
o aumentare il reddito che i poveri guadagnano.
Unico modo per aumentare l’accessibilità reale è quello di ridurre il prezzo per singolo uso e per farlo ci sono tre vie:
ridurre i profitti, i costi senza però ridurre la qualità e ridurre i costi riducendo la qualità.
Riduzione della qualità dei prodotti
Per poter ridurre i costi, senza compromettere la strategia globale dell’impresa, è spesso necessario ridurre la qualità , in
modo tale che il rapporto qualità - prezzo sia accettabile per i poveri.
Altri modi per rendere i prodotti più convenienti sono:
 Adozione del modello di accesso condiviso per beni come telefoni cellulari, lavatrici.. che vengono affittate e
condivise.
 Adozione di tecnologie, come i pannelli solari, per generare energia a basso reddito.
 Tentativo di ridurre i costi di transazione con sistemi di distribuzione appropriati.
Il ruolo del microcredito
Il comitato del Nobel ha affermato che il microcredito svolge un ruolo importante per eliminare la povertà .
Il microcredito vari studi suggeriscono che sia positivo, ma solo in misura limitata, Khawari individua varie ragioni:
1. Non allevia la povertà , riduce la vulnerabilità al consumo;
2. La maggior parte dei clienti del macrocredito è coinvolte in attività di sussistenza, senza prospettive di
conseguimento di un vantaggio competitivo;
3. Imprese che operano con il microcredito lavorano in una scala troppo modesta, senza personale retribuito, con
bassa produttività e redditività ..
4. Solo piccola frazione del credito è usata per finalità imprenditoriali;
In Cina, dove la povertà è diminuita notevolmente, una grande frazione della popolazione è rappresentata da dipendenti
salariati e non da lavoratori autonomi, gli economisti concordano nel ritenere che la creazione di opportunità sia il modo
migliore per combattere la povertà .

La ricerca di un modello di business adeguato


Considerando i problemi di un modello di business che abbia puro scopo di lucro , si solleva il problema di trovare un
business da adottarsi da parte di imprenditori interessati a temi sociali e ambientali; essi operano in uno spettro di
categorie di imprese, da quelle puramente caritatevoli a quelle puramente commerciali. Due studiosi hanno osservato che
gli esperimenti più interessanti coinvolgono le imprese collocabili nelle situazioni intermedie, dove organizzazioni ibride
perseguono nuove combinazioni di valori e dove clienti agiati sovvenzionano i clienti meno abbienti.
Una combinazione di valori risulta quando le imprese creano valore utilizzando più dimensioni: economica, sociale e
ambientale.
Separazione della nozione di valore: le imprese hanno cercato di massimizzare il valore economico, i gruppi quello sociale
e ambientale. Attività che hanno portato nuove prassi nelle imprese for-profit e non-profit, che stanno comprendendo
quanto il positivo impatto ambientale e sociale del loro lavoro possa aumentare il valore per gli azionisti, affrontando
contemporaneamente le preoccupazioni di gruppi crescenti di stakeholder. I modelli di business prevalenti, tendono a
rientrare in tre categorie: modello di business senza scopo di lucro o non-profit, in cui gli imprenditori mirano a soddisfare
bisogni ignorati dagli attuali meccanismi di mercato, il fattore di successo è sfruttare la capacità di risorse disponibili. Esse
sono totalmente dipendenti da donazioni filantropiche e questa dipendenza è in contrasto con la possibilità di espansione,
dato che il denaro fornito è limitato.
Modello ibrido senza scopo di lucro, l’obiettivo è fornire prodotti e servizi alla popolazione escluse dai principali mercati,
ma non si esclude la possibilità di fare profitti e reinvestirli.
Modello di impresa sociale,caratterizzata dallo scopo di lucro, ma si differenzia dai modelli di business, relativamente alla
destinazione di utili. La mission principale è guidare la trasformazione sociale e/o i cambiamenti ambientali.

Obiettivo dello sviluppo sostenibile


Woot afferma che: “ non c’è mai stata tanta disuguaglianza nel mondo”, questa situazione si ripercuote sulle imprese,
obbligandole a pensare alla loro responsabilità verso la società e considerare l’economia di mercato all’interno di uno
scenario più ampio. Sempre più si erogano a difesa di uno sviluppo sostenibile e un approccio che tenga conto di tutti i
portatori di interesse.

Una definizione di sviluppo sostenibile


L’obiettivo dello sviluppo sostenibile fu definito come uno sviluppo che soddisfa i bisogni attuali senza compromettere la
possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni, o meglio ancora un metodo di assunzione di decisioni
economiche basato sulla partecipazione democratica di tutti gli stakeholder, mantenendo patrimonio culturale e naturale
della collettività .
Visione che modifica la gestione del mercato in tre aspetti:
1. Estensione del processo decisionale a tutti gli stakeholder
2. Regolazione de meccanismi di accesso ai beni pubblici e di integrazione delle esternalità negative ai prezzi di
mercato
3. Allocazione dei risultati adottando una logica di equità.

Adozione di una visione socio-ecologica del consumo


Adozione dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile cambia la visione del consumo,riflettendo una nuova consapevolezza del
risorse naturali, della crescita incontrollata dei rifiuti e del costo del consumo. C’è una forte discrepanza tra la crescita
della popolazione e quella del consumo.
La nuova visione della scarsità delle risorse porta a un cambio di atteggiamento verso il consumo, non più fine a se stesso
ma visto in termini di tutte le implicazioni a monte (costo di opportunità ) e valle (costo riparazione e prevenzione), la
globalizzazione sta contribuendo a diffondere questa nuova cultura. L’ecologista desidera stabilire un prezzo per l’utilizzo
per l’ambiente che finora era considerato un “bene gratuito”, gli strumenti utilizzati a tale scopo prendono il nome di tasse
dirette sulle attività inquinanti, in via preventiva o in prospettiva riparatrice.

Il modello dell’inventario del ciclo di vita


E’ lo strumento utilizzato dagli ecologisti per valutare l’impatto totale di un prodotto sull’ambiente, ovvero un processo
che quantifica l’utilizzo di energia,di risorse e l’emissione nell’ambiente di un prodotto. Comprende l’impatto ambientale
legato all’approvvigionamento delle materie, produzione, confezionamento, distribuzione,caratteristiche d’uso fino al dopo
utilizzo e smaltimento.
Questo strumento deriva da bisogni del mercato e necessità della società, creando un nuovo fenomeno che fa prevalere gli
interessi collettivi su quelli individuali.
Obiettivi della eco-efficienza
Prospettiva socio-ecologica induce le imprese a migliorare la loro “eco-efficienza”, aumentando volume di produzione per
unità di risorse utilizzate, tramite il principio adottato da Henry Ford negli anni 20 ovvero “fare di più ,utilizzando meno”.
Tale miglioramento non sarebbe benefico solo per l’ambiente, ma aumenterebbe la redditività dell’impresa,creando
situazione win-win; l’impresa che gode di una buona reputazione per il rispetto dell’ambiente diventa sempre più motivo
di fedeltà dei clienti, dipendenti, azionisti.

I nuovi modelli di business per l’impresa eco-sostenibile


La globalizzazione del modello tradizionale non è possibile. Il modello economico della performance sviluppato da Stahel
distingue tra tre tipi di economia:
1. Economia industriale cosiddetta river economy, caratterizzata da alti consumi di risorse e rapida sostituzione dei
beni, insostenibile nel lungo termine (“dalla culla alla tomba”);
2. Economia dei servizi funzionali, utilizzo di capacità, piuttosto che la disponibilità di beni fisici (“dalla culla alla
culla”);
3. Economia circolare, inizia al termine di un congruo periodo di utilizzo, quando prodotti usati diventano rifiuti
(“dalla tomba alla culla”);
Gli ultimi due modelli sono complementari e propongono soluzioni di compromesso per sviluppare un capitalismo
ecosostenibile.

Importanza dell’industria del trattamento dei rifiuti


Nonostante l’aumento delle attività di raccolta e smaltimento, il Pil e i rifiuti comunali sono entrambi cresciuti del 19% tra
il 1995 e 2003, quindi si stanno riducendo i rifiuti solo di poco.

Affermazione del potere della società civile


Crescente potere dei cittadini genera nuove aspettative, che contribuiscono a migliorare il funzionamento e trasparenza
dei mercati, come libertà di scelta, migliore informazione, pressione sui prezzi,sicurezza dei prodotti..
Comportamento del nuovo consumatore
Nel mondo industrializzato i consumatori, rappresentano una forza composta di cittadini-clienti , che le imprese e le
autorità pubbliche non possono più permettersi di ignorare.
Nuovi consumatori sono caratterizzati da sette atteggiamenti tipici:
1. Senso di potere, i consumatori si muovono in mercati dove l’offerta è abbondante, la concorrenza per guadagnarsi
la fedeltà del cliente è intensa
2. Comportamento d’acquisto professionale, i consumatori, esperti, si rilevano acquirenti attenti, capaci di
destreggiarsi tra marche,negozi, pubblicità .. diventando sempre più esigenti nelle richieste.
3. Relazione soddisfazione-piacere-fedeltà , nuovo consumatore ritiene l’impresa responsabile della sua
insoddisfazione, diventando così un cliente perso. Ricerche dimostrano che dare al clienti soltanto quanto lui si
aspetta non è sufficiente per mantenere la fedeltà, l’obiettivo sarebbe quello di offrire di più .
4. Ricerca di nuovi valori, nei Paesi industrializzati le aspirazioni dei consumatori sono passati da bisogni materiali,
alla ricerca di nuovi valori, desiderando così sempre più stimoli, piacere..
5. Bisogno di dialogo, consumatori rappresentati da potenti associazioni e organizzazioni non governative (ONG).
6. Ricerca di esperienze gratificanti, consumatori si stanno spostando dallo “spreco ostentato” ai “consumi calcolati”,
generando movimento back-to-basics
7. Desiderio di consumo etico, acquisto fatto con un atteggiamento responsabile, si comprano e usano prodotti con
un rapporto qualità -prezzo accettabile.
I comportamenti dei consumatori sfidando gli stereotipi di un soggetto manipolabile e indifeso.

Azionisti (shareholder) e portatori di interesse (stakeholder)


Dalla metà degli anni Ottanta si rafforza l’orientamento verso gli azionisti. Il premio Nobel Milton Friedman reputa che
tale approccio sostiene che l’obiettivo dell’impresa sia quello di aumentare i profitti e quindi il valore delle azioni.
L’approccio ai portatori di interesse( qualsiasi soggetto che può influire sugli obiettivi aziendali o subirne l’influenza)
sostiene invece che l’impresa è responsabile nei loro confronti e deve operare a loro beneficio.
Quindi tutte le persone devono essere rispettate e l’azienda deve soddisfare i portatori di interesse tutti allo stesso modo.
Idea che si possano soddisfare tutti coloro che hanno un legame con l’impresa e ottenere utili maggiori per gli azionisti è
ovviamente affascinante.

Verso una governante globale


Globalizzazione dell’economia mondiale solleva la questione del ruolo dello Stato e della governante globale.
Un’economia di mercato necessità di un governo forte. E’ compito delle Stato per esempio gestire situazioni
macroeconomiche e garantire coesione e solidarietà sociale.
Se le regole sono assenti o insufficienti, il rischio di forme di capitalismo selvaggio è alto.
Nel mondo di oggi è più importante che mai rivendicare la propria identità culturale, motivo per cui ciò che si può gestire a
livello locale a tale livello andrebbe gestito.
Mentre a livello transazionale sono necessarie forme di governo mondiale, come ad esempio l’OMC, il FMI e la Banca
Mondiale.

La responsabilità sociale dell’impresa


In tutto il mondo le aziende stanno adottando il concetto di responsabilità sociale, le motivazioni che portano ad adottare
tale filosofia a livello aziendale si possono riassumere come nel seguito:
 Per raggiungere i propri obiettivi ogni azienda ha bisogno di un ambiente salutare e prospero
 Sistema economico globale da cui metà dell’umanità è escluso non è fattibile da un punto di vista politico
 Welfare State e le soluzioni sociali e fiscali che implicano sono giunti al limite estremo, sia qualitativamente che
economicamente
 Piuttosto che pagare più tasse la società dovrebbe cominciare a impegnarsi nei campi di cui dispone competenze.
Azienda responsabile lo è verso gli azionisti ma anche verso la società intera, e di solito è una relazione sostenibile a lungo
termine, essa impegna le proprie risorse e competenze per aiutare a combattere i problemi della società .
Questa imprese rappresentano la più potente forza di cambiamento nel mondo, nella nuova economia un comportamento
che consiste nel far bene facendo del bene è compatibile non solo con gli obiettivi del capitalismo moderno, ma rappresenta
una forma di vantaggio competitivo, grazie all’interdipendenza dei mercati creata dalla globalizzazione.
Il processo di CRM(Corporate responsibility management) è importante, ma presenta un gap di credibilità nel momento in
cui tale concetto viene utilizzato in forma massiccia a livello di comunicazione d’impresa.
L’obiettivo della responsabilità sociale è contribuire agli sviluppi di obiettivi sostenibili e per la salute e il benessere delle
persone.
CRM coinvolge sette tipi di responsabilità : rispetto diritti umani, regole di corporate governance, obbligazioni sociali,
protezione ambiente, business practice, rapporto con i consumatori e impegno sociale.
La TBL (Triple Bottom Line ) è importante perchè esprime il concetto secondo cui l’impresa deve rispondere alle sue
performance in base a criteri economici, ambientali e sociali, per soddisfare i portatori di interesse.
Potenziale impatto della certificazione di responsabilità sociale
Con un mondo sempre più collegato i comportamenti scorretti, reali o presunti, diventano sempre più in breve di pubblico
dominio.
Una delle problematiche principali della responsabilità da tener conto è la natura contestuale del concetto di “bene
sociale”.
Le due aree dei portatori di interesse che sembrano in questo senso svolgere un ruolo dominante sono i clienti e
dipendenti, ci sono dati che dimostrano che le aziende più responsabili nei confronti dei consumatori generano profitti
maggiori.
I valori emergenti nel mondo delle imprese pongono il dibattito “azionisti versus portatori di interesse” in una prospettiva
nuova e suggerisce una crescente convergenza tra il modello degli shareholder e degli stakeholder, punto di vista:
 L’obiettivo per l’impresa è creare valore per gli azionisti
 In un’economia concorrenziale, per creare valore per gli azionisti in primis bisogna cerare valore per il cliente.
 Clienti di oggi più esigenti verso un valore attribuibile a un prodotto.
La soddisfazione del cliente indurrà inevitabilmente anche un approccio agli stakeholder.
Implicazioni per il market-driven management
Nell’economia globalizzata, marketing strategico riveste un ruolo sempre più importante, portando a un economia di
mercato più democratica e trasparente.
Le autorità nazionali e sovranazionali gioca un ruolo importante: spetta il compito di monitorare e controllare le iniziative
intraprese per soddisfare i nuovi bisogni e conciliare l’efficienza del mercato con gli imperativi della prospettiva sociale.
In che modo i cambiamenti evolutivi del mercato incidono su queste dimensioni(culturale, analisi, azione)?
1.Cultura:Filosofia aziendale fa riferimento al sistema di economia sociale di mercato, creando valore per il cliente,
imprese raggiunge i suoi target e crea quindi valore per gli azionisti.
2.Analisi: Obiettivo del marketing strategico è quello di proporre, a un ben determinato segmento di mercato, una
soluzione di valore diversa dalla concorrenza e sostenibile per l’impresa.
3. Azione: azioni commerciali, sono stimolate e rafforzate dallo sviluppo di nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (segmentazione one-to-one, comunicazione personalizzata..).

Unità 4 -> Le nuove tecnologie digitali


Le tecnologie digitali conferiscono una nuova trasparenza ai mercati, gli equilibri di potere tra gli attori di mercato
cambiano profondamente, generando sistemi di relazione bottom-up.

L’economia digitale e in rete


Le nuove tecnologie in particolare Internet, apportano benefici a tutti i sistemi economici, sia alle economia sviluppate che
quelle in via di sviluppo.
L’economia digitale non aumenta soltanto la rapidità delle comunicazioni, ma modifica le modalità di consumo; in questo
tipo di economia le imprese e individui usano le tecnologie digitali per comunicare e innovare, mercati subiscono
cambiamenti molto rapidi e i confini travalicati da imprese innovative.
La tradizionale visione del mercato (vincitori e vinti), sta diventando progressivamente sostituita da una situazione win-
win, in cui entrambe le parti guadagnano.
Le innovazioni stanno portando cambiamenti in tutto il pianeta e ne stanno beneficiando le economie sviluppate che quelle
in via di sviluppo.

Lo sviluppo dell’economia digitale


L’economia digitale è rappresentata da network globali di attività sociali ed economiche.
La misurazione delle dimensioni e dell’impatto dell’economia digitale è un argomento complesso e dibattuto.
Organizzazioni di ricerca distinguono tra due economie digitali, diretta e indiretta, la prima è rappresentata dall’attività
online pura, mentre la seconda è rappresentata dalla componente dell’economia digitale nei business misti: online e
offline.
Processi, oggetti ed eventi vengono trasformati in informazioni e connessi in un network più ampio, diventando visibile e
accessibile ovunque, portando così ad una trasparenza che sfida confini e gerarchie.
Chris Anderson (2009) è convinto che con l’avanzare del capitalismo della conoscenza, prevarrà un’economia basata sulla
gratuità .
Le nuove tecnologie hanno contribuito all’emergere di nuovi valori, quali il senso di appartenenza ad una comunità ,
necessità di connettività istantanea..
Il declino di costi di trasporto, comunicazione e interazione sta eliminando le barriere tra i mercati, fornendo a qualsiasi
persona di accedere ai mercati mondiali.

La digitalizzazione dei mercati


Nei mercati tradizionali le organizzazioni fisiche dipendono dall0offerta di prodotti e servizi, nei mercati globali gli oggetti
delle transazioni e gli attori, non devono essere presenti fisicamente , ma possono decidere a distanza.
La partecipazione ai mercati digitali può essere sincrona o asincrona, in quanto non è necessario incontrarsi per i venditori
e acquirenti nello stesso momento.
La trasparenza di questi mercati consente di accedere alle informazioni relative ai processi di negoziazione.
Le nuove tecnologie consentono di combinare il desiderio dei produttori di ottenere economie di scala e il desiderio dei
consumatori di ottenere varietà di scelte per soddisfare una serie di bisogni.
Un mercati virtuale mette insieme acquirenti e venditori, per un solo scopo, la soddisfazione di un bisogno generico del
cliente.
Le imprese devono riuscire a proporre un’offerta o un assortimento di offerte definite con riferimento a tutti gli elementi
compresi nello spazio cognitivo di clienti.
Un agente che rappresenta i diversi partener, per fornire una soluzione al bisogno del cliente viene definito infomediario,
cioè una persona che agisce come singolo punto di contatto tra clienti e fornitori online, risolvendo vari problemi (es.
tempi di ricerca), la chiave di successo di queste figure è rappresentata dalla fiducia del consumatore.

Funzionamento dei mercati digitali


Con lo sviluppo di economie digitali il bilanciamento del potere tra i principali attori di mercato è profondamente
cambiato, dando vita a relazioni dal basso verso l’alto(bottom-up) dominate dai consumatori.
Questo emergente potere dei consumatori, assume sempre più importanza, grazie al facile accesso a un massiccio
ammontare di informazioni indipendenti, non controllate dai produttori o venditori, contribuendo ad aumentare la
trasparenza delle transazioni. Al maggior poter dei consumatori si contrappone l’utilizzo da parte delle imprese di tecniche
sempre più sofisticate nell’elaborazione delle informazioni provenienti dal mercato abilitate dalle più recenti evoluzioni
della tecnologia.
Si stanno consolidando diverse tendenze che contraddistinguono i mercati digitali rispetto a quelli fisici tradizionali.
 Personalizzazione e customizzazione. Le tecnologie di tracciamento dell’attività dei consumatori permettono di
identificare le preferenze dei singoli consumatori, dei loro profili demografici. La maggiore efficacia delle vendite
deriva dall’abilità di progettare prodotti adatti a soddisfare i bisogni dei singoli consumatori.
 Combinazione di prodotti. Il venditore dovrà decidere le componenti o caratteristiche comprese nella soluzione
proposta al cliente. Si impongono nuovi tipi di intermediari che creano valore mettendo insieme prodotti e servizi
che normalmente vengono offerti da settori diversi.
 Prodotti basati su informazioni. Le tecnologie digitali permettono la creazione e distribuzione a costo quasi nullo
di copie perfette di beni basati sulle informazioni.
 Informazioni basate sui prodotti.
 Ricerca. I mercati elettronici diminuiscono i costi che i consumatori devono affrontare per ottenere informazioni
relative a prezzi e caratteristiche dei prodotti.
 Discriminazione di prezzo. L’applicazione di prezzi diversi ai consumatori è facilitata dalle tecnologie nel
momento in cui i dati forniti dalle analisi del consumatore aiutano a misurare la sua disponibilità.
 Facilitazioni. I mercati elettronici migliorano le informazioni tra consumatori e venditori.
I venditori nei mercati virtuali sempre più si accordano con fornitori terzi per la consegna diretta dai beni produttori ai
consumatori finali, riducendo tempi e costi.
Lo sviluppo di Internet
La diffusione delle nuove tecnologie digitali porta ad abbattere le tradizionali barriere di mercato fisico e consentendo
l’identificazione dei singoli consumatori, dei loro profili e preferenze.
L’obiettivo finale del concetto di Orientamento al mercato, cioè fornire soluzioni personalizzate e servizi di base alle
preferenze individuali, diventa più realistico grazie allo sviluppo di internet e delle nuove tecnologie digitali. L’e-business
costituisce l’applicazione delle tecnologie dell’informazione e comunicazione per condurre gli affari.
Le attività virtuali non eliminano totalmente la necessitò di attività fisiche, ma tendono piuttosto ad ampliarne la crucialità .
Internet crea nuove opportunità per soddisfare i bisogni dei clienti.

L’impatto di internet nelle relazioni di mercato


La crescita di internet ha spesso portato dubbi alle imprese relativi al modo in cui i mercati sono suscettibili di essere
organizzati e alla strategia di marketing da sviluppare in futuro.
L’analisi dell’impatto di internet ha individuato diverse tendenze nelle relazioni tra produttori e clienti.
 Internet tende ad indebolire il potere di contrattazione dei canali distributivi, fornendo vie nuove per raggiungere
i clienti
 Internet può aumentare l’efficienza di un settore
 Internet offre ai consumatori un accesso più agevolato alle informazioni relative ai prodotti e fornitori
 Internet riduce le barriere all’entrata nei mercati
 Consentendo nuovi approcci nella soddisfazione del cliente
 Essendo un sistema aperto, le imprese hanno maggior difficoltà a mantenere l’esclusività della propria offerta,
intensificando la rivalità tra concorrenti
 Internet porta ad espandere il mercato geografico, ponendo più imprese in concorrenza tra loro.
Internet mette quindi in luce la sempre maggiore necessità di adozione del concetto di orientamento al mercato. Internet
ha due caratteristiche peculiari: capacità di distribuire prodotti digitali a costi prossimi allo zero a un gran numero di
clienti e la capacità di creare network, cioè mettere in contatto gran numero di persone.

La penetrazione di Internet in Europa


Negli ultimi decenni Internet è diventato accessibile alla maggioranza degli Europei, circa un sesto degli Europei però non
lo ha mai usato.
Mano a mano che gli utenti acquistano confidenza online ciò che fanno diventa sempre più impegnativo.
L’e-commerce è il mercato al dettaglio con il tasso di crescita più alto in Europa.
Il ruolo informativo di Internet
Uno dei principali ruoli di Internet è quello di fornire informazioni, per tanto internet facilita il passaparola che è la forma
più attendibile tra le fonti di informazioni.
Internet ha ambiato il comportamento del consumatore in relazione al suo ruolo informativo, nei seguenti modi:
- Potenziali clienti sono più collegati, informati e critici;
- Preferiscono usare internet per cercare prodotto e informazioni ad essi relativi
- Tendono ad ignorare i consigli del personale di vendita
- Siti web utilizzati per informazioni sia prima che dopo l’acquisto di beni
- Traffico nei siti web è guidato dai motori di ricerca e per quanto riguarda le informazioni dagli infomediari
- Sempre maggior potere ai consumatori.

I social network e le comunità online


I social network abilitano la dimensione sociale dell’attività umana, consentendo la comprensione anche delle sue
implicazioni nelle decisioni economiche.
La sfida nel mondo interconnesso e in network dell’economia digitale si concretizza nel tentativo di imbrigliarne il potere
positivo, cercando la collaborazione dei soggetti più attivi nel network. I metodi di business in rete sfidano le assunzioni di
mercato ortodosse relative all’interesse personale.
Lo spostamento parziale dai mercati ai network spiega l’emergere di diversi orientamenti di mercato.
Jeremy Rifkin usa il termine “capitalismo diffuso” per descrivere una situazione in cui la proprietà, l’influenza, e il controllo
sono distribuite in un gruppo di attori disperso globalmente, ma collegato in rete.

L’effetto network e i business network


Networking è la pratica di realizzare contatti o scambi di informazioni con altri soggetti, normalmente la creazione di
network avviene con persone con cui si hanno interessi comuni.
Le imprese stanno sempre più utilizzando business network, quale modalità per accrescere la cerchia di contatti d’affari e
per promuoversi online. Il business network può essere realizzato in una comunità locale o su larga scala. I business
network rendono sempre più semplice mantenere relazioni e contatti in tutto il mondo, cioè perché essa diventa
un’attività a costi contenuti.
Specifiche piattaforme di e-business che superano i confini nazionali e network di partnership d’affari, ora rendono
accessibili i mercati globali anche alle piccole e medie imprese.
Il ruolo dei social network
Internet e i social network hanno ampliato l’ambito di dialogo, permettendo ai consumatori di cercare prodotti, porre
domande alle imprese e ad altri consumatori.
Jas Dhaliwal sostiene che tutti gli utenti vogliono poter comunicare con l’impresa , ed ascoltare la loro voce è la chiave del
successo.
In questo contesto emergono nuovi influenzatri e prescrittori di mercato con il ruolo di migliorare e rendere più efficienti
le transazioni.
La presenza di servizi di influenzatori dimostra come i mercati stiano diventando sempre più complessi, e a cuasa di ciò i
consumatori perdono il loro ruolo di decisori e si basano, nelle decisioni d’acquisto, su indicazioni provenenti da
influenzatori esterni.
Gli influenzatori sono rappresentati da individui che non acquistano, usano e non pagano il prodotto, ma che
raccomandano formalmente prodotti e servizi, ci sono tre tipi di influenzatori: i prescrittori, gli opinion leader e agenzie di
certificazione.
I primi sono individui o organizzazioni che nel contesto di un ruolo contrattuale, scelgono un prodotto o una marca che
soddisfa i bisogni dei clienti. E’ un’influenza dall’alto verso il basso.
I secondi influenzano una decisioni d’acquisto in via informale, esercitando un’influenza laterale perché generalmente
sono essi stessi dei consumatori.
Gli ultimi sono organizzazioni indipendenti che hanno sviluppato degli standard manageriali internazionali.
I primi e gli ultimi sono influenzatori positivi, mentre gli opinion leader hanno difficilmente un impatto oggettivo.
La relazione tra clienti e prescrittori sono basate sulla fiducia e su un obiettivo comune.
Le nuove tecnologie offrono ai consumatori strumenti per esercitare un nuovo potere, ovvero incidere sull’opinione di altri
consumatori online.
Quindi si possono individuare nuove categorie di “influenzatori”, rappresentati da quei consumatori che online sono più
attivi nell’aggregare consenso e seguito da parte di altri utenti della rete.

La nuova sfida delle comunità virtuali


Dagli anni 70 i ricercatori hanno utilizzato internet e le sue versioni precedenti per condividere informazioni, scambiarsi
messaggi.. dando vita a comunità interattive di ricerca.
Le imprese possono costruire nuove e profonde relazioni con i clienti.
Sia le imprese che i clienti traggono utilità dalle comunità virtuali: per i clienti i benefici derivano dalle caratteristiche
intrinseche di una comunità virtuale, per le imprese di espandere i propri mercati.
Le comunità virtuali si caratterizzano per alcuni elementi:
1. Interessi distintivi, ovvero che sono identificate da una chiara focalizzazione, ad esempio argomento,settore..
2. Capacità di integrare contenuti e comunicazione,forniscono ampia gamma di materiali collegati agli interessi della
comunità
3. Valorizzazione dei contenuti generati dai membri della comunità, forniscono un ambiente adatto alla generazione
e diffusione di contenuti
4. Accesso a editori e venditori concorrenti, aggregano la più ampia gamma di risorse con alta qualità
5. Orientamento al commercio, comunità virtuali saranno sempre più organizzate come imprese commerciali.
Le comunità virtuali rappresentano un mezzo per espandere i mercati delle imprese grazie a : riduzione dei costi di
ricerca, aumento della propensione all’acquisto dei clienti, migliore capacità di individuare il targt , maggiore
possibilità di personalizzare e aggiungere valor ai prodotti e servizi esistenti.
Si passa quindi da un business in cui l’impresa spienge i beni verso il target prefissato a un business in cui la comunità
virtuale opera come agnte per i clienti, rappresentando e difendono al meglio i loro interessi, si creano dei mercati alla
rovescia, in cui è il cliente a cercare il venditore

I contenuti generati dagli utenti


Per contenuti generati dagli utenti ovvero User Generated Content si intendono i vari tipi di contenuti mediali prodotti
dagli utenti finali.
Un aggregatore online è un entità che raccoglie e analizza informazioni provenienti da diverse fonti, con o senza
autorizzazione.
Gli UGC sono creati normalmente al di fuori delle pratiche e delle rutine professionali.

Coinvolgere le comunità online per la progettazione di soluzioni innovative


Internet offre possibilità di comprensione dei problemi dei clienti e individuazione di soluzioni con il coinvolgimento degli
stessi clienti i quali hanno spesso il ruolo di sviluppare nuovi prodotti.
alte aziende hanno introdotto questo tipo di marketing online per coinvolgere i propri clienti nello sviluppo del prodotto.

Dall’orientamento al cliente alla co-creazione


Il paradigma del cliente attivo sta guadagnando popolarità,la collaborazione di massa stà “democratizzando” la creazione
di valore, ovvero che i singoli possono unirsi e collaborare per migliorare o risolvere problemi.
Modello di business Wikinomics è basato su 4 principi base:openness, peering, sharing, e acting globaly.
Wikinomics ha una forte attenzione allo sviluppo di un sistema tra parti, dove individui possono unire le proprie forze per
innovare e produrre, portando a una sempre meno netta distinzione tra produttori e consumatori. I clienti partecipano alla
creazione di prodotti, co-innovano e co-producono beni che successivamente consumano.

Verso un’economia collaborativa


L’economia digitale sta modificando il contesto economico e culturale , genere due cambiamenti di tipo ideologico:
1. Mette in discussione che le transazioni di mercato siano necessariamente contrapposte
2. Stimola lo sviluppo di un’economia diffusa e collaborativa.

La trasformazione del mercato


La trasformazione più importante in atto nei mercati è quindi di tipo ideologico.
Le relazioni contrapposte tra venditori e compratori sono sostituite sempre più da relazioni collaborative tra fornitori e
utenti, l’interesse personale è sempre più sottomesso dall’interesse condiviso.
Il networking, da parte di imprese, sfida le assunzioni ortodosse di mercato sull’interesse personale, perché
l’ottimizzazione dell’interesse altrui va a beneficio del proprio interesse personale e del patrimonio. Quindi la
cooperazione è migliore della competizione.

L’economia diffusa e collaborativa


Si possono distinguere diversi tipi di economie, tra cui quella tradizionale, in cui il capitalismo è basato sulla proprietà
privata, in cui le attività sono in mano a un team manageriale e assemblea degli azionisti e l’economia di mercato diffusa
dove la proprietà , l’influenza e il controllo sono distribuiti in un contesto globale dove si formano reti complesse di attori
di mercato.
In un’economia diffusa le relazioni sono molto più complesse, portando un sistema economico ad essere più stabile , grazie
al fatto che ogni nodo periferico non si collega più solo a un nodo centrale.
Questa evoluzione annulla le distanze tra produttori e consumatori.

DIGITAL DIVIDE ROVESCIATO.


Le economie in via di sviluppo hanno ora accesso a una maggior varietà i risorse. Esse si concentrano soprattutto sulla
“reverse innovation” che consiste nel produrre beni e servizi per i clienti dei mercati emergenti e poi adattati alle
economie sviluppate. Il contrario delle “glocalization” che invece consiste nel produrre prodotti nelle proprie case per
adattarli ai bisogni dei clienti dei mercati emergenti.

IL RAFFORZAMENTO DEI CONCETTO DI OM.


Con le tecnologie digitali si sono aperte nuove porte al concetto di OM. Innanzitutto l’orientamento al cliente parte dal
singolo consumatore finale e la filosofia d’impresa è concentrata sull’individuazione dei bisogni e dei desideri. Esistono nel
network imprese che forniscono beni e servizi direttamente ai consumatori diventando capaci non solo di determinare
cosa vorranno, ma anche come, dove e quando. Tali network svincolano la produzione da barriere territoriali mettendosi
in diretto contatto con il consumatore finale.

L’ESTENSIONE DEL RUOLO DEL MARKETING.


La crescente complessità dei mercati deriva da fattori sempre nuovi e diversi che rendono necessaria una riformulazione
delle modalità di funzionamento delle attività di marketing, ampliandone e qualificandone il ruolo, modificandone le
priorità e sviluppando nuove competenze.
1. Rafforzare il marketing strategico. Spesso le funzioni del marketing sono fin troppo focalizzate sul breve termine e
su una definizione troppo ristretta del proprio ruolo, limitandolo alla gestione della marca, alla pubblicità , al
posizionamento e alle promozioni. Questi compiti farebbero capo al marketing operativo, ma in un contesto in così
rapido cambiamento, sono le varie opzioni strategiche che vanno riviste frequentemente. I compiti chiava del
marketing strategico determinano quindi il futuro dell’impresa.
2. Porre maggiore enfasi sull’innovazione. L’innovazione resta il miglior modo per costruire un solido vantaggio
competitivo. Le imprese eccellenti dovrebbero avere sempre nuovi prodotti, sviluppando innovazzioni sia market-
pull, ovvero che derivano dal mercato, sia technology-push, ovvero quando le idee provengono dalla funzione di R&S.
3. Rafforzare la collaborazione con le altre funzioni. La cultura di orientamento al mercato deve essere diffusa in
ogni funzione dell’impresa. Affrontare questioni strategiche o sviluppare innovazioni implica la cooperazione
dell’intera organizzazione e non solo della funzione marketing. Per rispondere alle opportunità più velocemente
rispetto alle organizzazioni tradizionali infatti di utilizzano team interfunzionali.
4. Vedere il mercato come un ambito commerciale duale. Con lo sviluppo delle tecnologie il mercato diventa duale,
diviso cioè tra i mercati globali tradizionali e i mercati globali elettronici. Nei mercati globali tradizionali essere
orientati ai clienti non è più sufficiente, altri attori possono avere un influenza decisiva. Nel mercato globali elettronici
invece si formano i network in cui gli attori del mercato si scambiano informazioni ed effettuano transazioni. La
collaborazione e la specializzazione di entrambi i mercati, formano un mercato globale integrato.
5. Non sottostimare il suolo dei social media. Lo sviluppo delle tecnologie digitali ha reso sempre più potente il
consumatore online, che condivide informazioni e contenuti nelle comunità virtuali e nei social network. La funzione
marketing deve quindi rafforzare la presenza nei social network e sviluppare strategie per raccogliere suggerimenti e
coinvolgere il consumatore nello sviluppo dei nuovi prodotti.
6. Sviluppare strategie per l’offerta di soluzioni. Sempre di più i consumatori non ricercano singoli beni e servizi, ma
“soluzioni ai problemi”. Sviluppare proposte di soluzioni ai problemi implica molto di più che sviluppare prodotti. Per
diventare fornitore di soluzioni l’impresa deve diversificare le proprie competenze interne e cercare partener che
possano aiutarla nel fornire soluzioni complete ai clienti.
7. Considerare il budget di marketing come investimento. La funzione marketing spende molto senza aver
sviluppato delle metriche per misurare l’impatto di tali spese. Vi è bisogno di un approccio che consideri il marketing
come investimento, in cui è necessario calcolare il ROI del marketing.
8. Nei mercati B2C, trattare i grandi distributori come clienti B2B. nei mercati B2C, l’equilibrio di potere si sposta
continuamente tra i due attori chiame, produttori e distributori. I grandi distributori sono attori potenti e i produttori
dovrebbero cercare di comprenderne i bisogni e gli obbietti, ideando un programma che di marketing B2B , adattato
alle loro esigenze.
9. Essere consapevoli della propria responsabilità sociale d’impresa. I clienti sono rappresentati da potenti gruppi
di consumatori e da organizzazioni non governative. Le imprese devono quindi comprendere l’importanza di
soddisfare questi gruppi. Mentre il mondo infatti diventa sempre più interconnesso, l’impresa diventa più vulnerabile
alle critiche sui comportamenti socialmente scorretti.
10. Sviluppare nuove capacità e competenze. Oggi i responsabili di marketing hanno bisogno di saper gestire il
marketing operativo ma anche di analizzare i mercati internazionali, in questo modo si ampliano e si qualificano
nuove funzioni del marketing tradizionale.

PARTE SECONDA- La comprensione del comportamento del cliente


Il valore di una decisione (Capitolo 5)
Partendo da Aristotele, e arrivando fino ai giorni nostri il problema di come gli individui decidono ha sempre affascinato
differenti discipline.
Nel marketing, e nello studio del comportamento del consumatore, sono evidenti gli effetti di una fruttuosa interazione con gli
approcci di matrice psicologica che, rivelano come le attività di giudizio e di scelta siano influenzate dalle caratteristiche
individuali del consumatore, dalla natura del problema e dal contesto.
In questo ambito disciplinare è ormai condivisa l’idea che le scelte individuali, siano il risultato di un processo, contingente, ossia
condizionato dalle caratteristiche specifiche della situazione in cui si manifestano.
In ogni situazione le valutazioni e scelte che facciamo, sono fatte in modo rapido e quasi automatico,mentre in altre circostanze
è necessario un considerevole ammontare di tempo e uno sforzo per pensare a cosa sia meglio fare.
Le nostre decisioni, sono l’espressione dei nostri desideri, e producono effetti sul livello di soddisfazione.
Esiste un modo per decidere “al meglio”? Secondo la prospettiva della teoria economica, si. Questa prospettiva si basa sull’idea
che il valore di ogni nostra decisione dipende dalla probabilità di guadagnare “qualcosa” che per noi ha un valore certo, il
cosiddetto “valore atteso” (opportunità di guadagno), ed esso costituisce un modo corretto di pensare a un valore monetario
futuro.
Questo principio comporta almeno altri due aspetti importanti, innanzitutto dovremmo considerare che il valore psicologico non
aumenta proporzionalmente come il valore intrinseco (es. sconto di 100 euro su un prodotto da 200 euro lo reputiamo rilevante,
sconto di 100 euro su un prodotto di 30.000 euro non ha rilevanza come prima, quindi il valore psicologico che abbiamo dato alla
moneta è cambiato non aumenta proporzionalmente come il suo valore intrinseco) e secondo che non tutte le nostre decisioni
sono riconducibili solo a un valore monetario (es. farmaco generico o di marca, spesso per vari consigli, pubblicità a prescindere
dal prezzo acquistiamo quello di marca).
Il secondo caso dimostra che se fossimo decisori razionali avremmo scelto il farmaco generico.
La realtà dimostra quindi un comportamento contradditorio, rispetto alla ricerca di coerenza tra le informazioni possedute e le
preferenze espresse, quindi la domanda che sorge è: siamo davvero irrazionali.

Razionalità
Per rispondere alla domanda, bisogna prima comprendere il significato che il concetto “razionalità” ha assunto negli studi
economici e psicologici.
Da un punto di vista economico, la decisione dipende dal valore delle alternative disponibili e la nostra scelta dovrebbe essere
orientata verso l’alternativa migliore. Da un punto di vista psicologico,il problema non consiste nella definizione del risultato
migliore, ma dalla comprensione di quale processo mentale sia responsabile della nostra decisione a partire dall’interpretazione
che diamo al problema.L’azione del decisore razionale trova spiegazione nella previsione che egli conosca tutte le possibili linee
d’azione, sia abile nel prevederne le conseguenze e sia capace di stabilire un livello di preferenza.Uno schema teorico articolato
in questo modo e su questi punti, mette in forte risalto la natura deduttiva delle scienze economiche in base alla quale è
possibile spiegare il comportamento come l’esito logico di un ragionamento che ha nei fini e nelle preferenze del decisore i suoi
componenti elementari.
Le idee dell’economia neoclassica, non apparivano adeguati per spiegare il processo decisionale seguito dai manager. Nella
proposta utilitarista il contesto in cui veniva delineato il comportamento decisionale era quello relativo alla teoria del consumo e
le opzioni scelte potevano ragionevolmente essere considerate come elementi perfettamente conosciuti dal decisore. Al
contrario, il contesto decisionale del manager, cioè l’organizzazione in cui opera, si presentava come un contesto senza
alternative precostituite. L’attività del management si fonda sulla capacità del problem solving, con questa logica che porta alla
selezione di un’alternativa, ci si trova in un processo di sperimentazione-apprendimento in cui le alternative emergono
attraverso intense attività di ricerca.
All’interno del programma di ricerca sulle decisioni manageriali Simon propone un modello di procedura decisionale più
realistico rispetto a quello dei classici.
Il suo approccio si basava su osservazioni empiriche che includendo i limiti dell’uomo, riproduceva meglio le difficoltà connesse
alla percezione e alla rappresentazione mentale del contesto decisionale.
In questo contesto il decisore non agisce in base a criteri di razionalità assoluta, ma secondo criteri di razionalità limitata, dato
che l’individuo non è in grado di affrontare calcoli eccessivamente complessi.
L’uomo quindi non è in grado di analizzare più di un’informazione alla volta, così facendo per prendere una decisione l’uomo
considera un numero ristretto di alternative e se per nessuna di queste si fosse trovata una soluzione allora sarebbe stato
ragionevole cercare nuove informazioni.
La complessità di ogni problema decisionale viene ridotta attraverso la scomposizione in decisioni più semplici per le quali la
ricerca delle alternative risulta più agevole.
L’idea di razionalità limitata di Simon afferma che il sistema delle conoscenze del decisore non è dato a priori, ma viene scoperto
e strutturato in funzione di un processo di ricerca delle informazioni che ha nel livello di soddisfazione delle aspettative
l’elemento più rilevante, questi limiti giustificano l’adozione di strategie semplificate di pensiero.

La teoria del prospetto


A metà degli anni Settanta, le idee di Simon si incontrano con un altro programma di ricerche, questa volta con matrice
psicologica, che studia i processi cognitivi sottesi alla rappresentazione mentale del problema decisionale, la cui idea è alla basa
del programma di ricerca promosso da Daniel Kahneman e Amos Tversky.
Secondo i due ricercatori l’elemento discriminante di qualunque decisione non va ricercato solo nella fase di valutazione delle
alternative, ma nel modo in cui le persone pensano al problema.
Approccio definito delle euristiche e delle distorsioni, pone quindi l’enfasi sulla natura cognitiva tanto dei processi di scelta,
quanto di quelli di giudizio.
Uno dei modelli più noti in questo campo di studi è la Teoria del prospetto.
Questa proposta teorica non si discosta molto dai modelli normativi dell’utilità attesa, anch’essa si basa su una funzione di
valore, attraverso cui si valutano le alternative e al contempo da rilievo al processo di rappresentazione del problema decisionale
introducendo la percezione soggettiva.
La funzione di valore ha tre importanti proprietà che identificano altrettanti aspetti del nostro comportamento individuale:
 Definita in termini di guadagni e perdite, piuttosto che di benessere assoluto, ciò perché consente di evidenziare come
le persone valutino il risultato di una decisione a partire da un punto di riferimento neutro che rappresenta la situazione
del decisore (decisioni dipendono dal proprio punto di riferimento). Importante conseguenza di questa distinzione sta
nella dimostrazione che modi differenti di rappresentare la stessa situazione di scelta producono scelte differenti,
fenomeno noto come effetto framing.
 Più ripida nell’area delle perdite rispetto ai guadagni, nota come avversione alle perdite, implica che queste ultime
vengono percepite di entità maggiore rispetto a corrispondenti valori nell’area dei guadagni. Si tratta di un’asimmetria
percettiva che ci porta a giudicare differentemente un valore a seconda che si tratti di un guadagno una perdita.
 È concava nell’area dei guadagni e convessa in quella delle perdite, identifica due distinti atteggiamenti degli individui
nei confronti del rischio. La preferenza di un’alternativa sicura rispetto a un’altra rischiosa , seppure con valore atteso
uguale, sottolinea una chiara avversione al rischio, quando si guadagna. Mentre in una situazione contraria si parla di
propensione al rischio, che è solita quando si perde.
Gli individui non sono insensibili al modo con cui viene posto un problema, dimostrando che gran parte degli errori
decisionali dipendono solitamente da una nostra distorsione, interpretazione del problema.
Ciò è dato anche dal fatto che non sempre le informazioni rilevante sono esplicite e fanno parte della descrizione del
problema, rendendone difficile per noi valutare le cose in termini assoluti.
In pratica, quanto osserviamo nella realtà acquisisce rilevanza solo in funzione del nostro punto di riferimento.
Euristiche intuitive nel giudizio
Alcune volte il nostro modo di pensare, intuitivo o analitico che sia, ci porta a conclusioni sbagliate.
Il nostro agire è guidato, dalle competenze e da ciò che in quel momento ci sembra opportuno, conveniente o giusto.
Una lunga tradizione di pensiero, che vede raccolti vari contributi sotto l’etichetta di teorie del doppio processo, sostiene che i
nostri processi cognitivi appartengono a due grandi famiglie: i processi intuitivi e processi deliberati. I primi caratterizzano quelle
operazioni cognitive in cui i giudizi e le decisioni sono presi in modo rapido e senza uno sforzo apparente. I secondi invece sono
più lentI, richiedono un certo sforzo di pensiero e sono sottoposti da un controllo deliberativo. I sistemi operano in modo
simultaneo per guidare e controllare le nostre risposte .Il sistema 1 governa le nostre impressioni a partire dagli stimoli percettivi
che riceviamo inizialmente al primo incontro o prima impressione di una cosa o persone, rispetto alla quale ci facciamo una
prima idea . Il sistema 2 invece opera e interviene in tutte le forme di giudizio, sia nel caso dell’impressione, sia per un
ragionamento deliberato però non è un controllo particolarmente severo. Possiamo ricorrere in errori quando ci troviamo in
situazioni che richiedono valutazioni intuitive relative alla stima della probabilità(euristica della disponibilità) o quando
dobbiamo valutare le caratteristiche di un oggetto o fenomeno o persona (euristica della rappresentatività).
Euristica della disponibilità
Nella nostra vita usiamo spesso la parola probabile e possibile per rappresentare situazioni o accadimenti che riteniamo possano
avere una certa casualità. Dato che raramente conosciamo la probabilità di accadimento di un evento, la nostra mente utilizza
una strategia semplificatrice in base alla quale trasformiamo “ciò che è probabile” con “ciò che è tipico”. Questa strategia è nota
come euristica della disponibilità, e fa leva sulla nostra capacità di recuperare facilmente e rapidamente informazioni o immagini
dalla memoria. Noi non valutiamo mai il problema in base alla nozione di probabilità, ma ragioniamo in base alla facilità con cui
riusciamo a ricordare specifici esempi.

L’attività dell’euristica della disponibilità oltre a dipendere dal ricordo, può intervenire anche quando la situazione ci nduce a
ricostruire un esempio di ciò che è accaduto (ricostruzione di ciò che è accaduto).
In alcuni casi per esprimere un giudizio su un ipotetico evento è necessario immaginare lo scenario in cui esso si può
manifestare. I caratteri che connotano la situazione potrebbero originare più scenari plausibili; quello più facile da evocare è il
presupposto essenziale per la formulazione del giudizio.
Ovvero la facilità con cui riusciamo ad immaginare l’evolvere di una particolare situazione diventerà espressione della
probabilità con cui un certo evento potrà verificarsi.
Questa variante dell’euristica della disponibilità è utile nello studio del comportamento del consumatore.
Alcune ricerche hanno dimostrato che il giudizio sulla relazione di causale tra particolari eventi ed esiti dipende dalla facilità con
cui i soggetti riescono a rappresentarsi un cambiamento o una mutazione tale per cui quell’evento non si manifesta.
Il processo di simulazione di uno scenario in vari casi può essere condizionato dalla notorietà del prodotto, dall’esperienza
personale ecc..
In tutti i casi in cui viene adottata l’euristica della disponibilità, il fattore critico è rappresentato dalla vividezza, con cui
un’informazione può catturare l’attenzione e attivare processi di valutazione e giudizio. Il contesto più evidente in cui può
intervenire l’euristica della disponibilità è quello pubblicitario.

Euristica della rappresentatività


La forza dei giudizi intuitivi rispetto a quelli analitici si manifesta anche quando dobbiamo affrontare valutazioni rispetto a oggetti
o persone. In questi casi il sistema attiva un processo di valutazione intuitivo che aggira il problema della probabilità utilizzando
il grado di somiglianza di un elemento rispetto alla sua categoria.
Davanti a problemi incerti si evidenzia la tendenza a ignorare le frequenze di base anche se sono rese esplicite, portando il
giudizio a dipendere dal livello di somiglianza e ciò apparirà tanto più verosimile quanto più evidente sarà lo stereotipo.
Spesso ci si trova davanti a casi a cui si preferisce dare due risposte in una piuttosto che valutare la singola risposto (es risposta A
o B, oppure C che è l’insieme di A e B), ma questa conclusione è sbagliata perché rappresenta una violazione della regola delle
probabilità congiunte, in base alla quale la probabilità che un soggetto o oggetto appartenga contemporaneamente a due
categorie è minore rispetto alla probabilità che appartenga a una sola delle categorie.
Un’ulteriore distorsione che si origina con l’euristica della rappresentatività è data dell’insensibilità alla dimensione campionaria
che è di importanza fondamentale in statistica.
Nella prospettiva di marketing (comunicazione) è evidente come le scelte del testo, o di un contenuto informativo, debba essere
valutato attentamente e declinato in modo formalmente corretto o intuitivamente convincente.
I problemi con l’euristica della rappresentatività si manifestano anche in situazioni di casualità. Tendiamo di fatto a ritenere
casuali quegli eventi che ci appaiono per caso o che si ripetono con una modalità secondo noi normale.
Si ha spesso la convinzione che le sequenze di brevi eventi o campioni di piccole dimensioni siano dotate di una sorta di
rappresentatività locale, la quale induce i soggetti a una distorsione che potremmo definire della legge dei piccoli numeri.
Un aspetto importante della propensione a formulare giudizi, sulla base di ciò che può apparire di tendenza normale estratta da
un campione di piccole dimensioni, spesso si manifesta con un ulteriore effetto che è conosciuto come difficoltà nel regredire
verso la media.
Bisogna accettare il regredire verso la media, vale a dire considerare che dopo un risultato particolarmente positivo difficilmente
seguirà una variazione dello stesso segno.

Euristica dell’ancoraggio e aggiustamento


Ulteriori errori possono verificarsi quando non abbiamo quantitativo sufficiente di informazioni utili come punto di riferimento.
Quando dobbiamo prendere una decisione su temi di cui non abbiamo molta esperienza il punto di riferimento che scegliamo
potrebbe essere molto casuale.
L’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento rappresenta la nostra tendenza a valutare gli esiti di una decisione non in termini
assoluti, ma piuttosto come uno spostamento da un punto per quanto arbitrario , detto ancora o punto di riferimento.
Un’ancora è uno stimolo e può assumere differenti forme: la tipicità di un prodotto, il livello di aspirazione che anima un
processo di acquisto..
L’euristica dell’ancoraggio e aggiustamento agisce accoppiando due attività, la prima, l’ancoraggio, è intuitiva, una sorta di
suggestione, si configura come un effetto di priming in cui la semplice esposizione a uno stimolo influenza la risposta agli stimoli
successivi, secondo una logica di coerenza associativa.
La seconda, l’aggiustamento, è un’attività deliberata e consapevole che, a partire per esempio da uno stimolo valuta se è troppo
alto o basso, e se ne discosta modificando il valore iniziale. Questa attività mostra una tendenza al conservatorismo, e spesso gli
aggiustamento prodotti sono insufficienti rispetto all’adattamento che si sarebbe dovuto produrre adottando regole normative
corrette.
L’ancoraggio non deriva solo dai numeri, ma ad esempio anche dalla prima impressione che si crea nei primi incontri.

Le anomalie decisionali: Avversione alle perdite, effetto dotazione, status quo


Le continue interazioni tra le caratteristiche dell’individuo, il bagaglio esperienziale, le caratteristiche del problema, ovvero le
dimensioni, il tipo,il contesto sociale, hanno indirizzato gran parte dell’attività di ricerca sul comportamento del consumatore
verso analisi sempre più specifiche e particolareggiate. Ciò ha consentito di comprendere i fenomeni alla base di specifiche
anomalie dei processi decisionali e di mettere a punto strumenti diagnostici e di supporto per la soluzione di una molteplicità di
problemi scelti.Gli errori che commettono i consumatori sono definite distorsioni verso comportamenti ottimali, le distorsioni da
status quo, l’effetto dotazione e l’avversione alle perdite sono tre esempi , di queste anomalie.
Il punto chiave di queste anomalie risiede nell’idea che gli individui siano avversi alle perdite, dimostrando che gli individui
attribuiscono un valore maggiore ad un bene, quando vi devono rinunciare piuttosto che quando lo devono acquistare.
L’idea è che qualunque scelta tra alternative differenti comporta una valutazione degli attributi che saranno ritenuti migliori o
peggiori gli uni rispetto agli altri o ritenuti tali in riferimento alla situazione attuale del decisore.
Le persone mostrano una maggior sensibilità alle variazioni degli attributi che vengono percepiti come perdite rispetto al loro
punto di riferimento.
La differenza tra due opzioni avrà un effetto maggiore se è percepita come una variazione tra svantaggi piuttosto che tra
vantaggi.
Se un individuo è convinto di perdere qualcosa quando cede un bene al contrario, è convinto di guadagnare qualcosa quando lo
acquista, allora l’avversione alle perdite spinge i soggetti a valutazioni differenti dello stesso bene a seconda che si trovino nella
condizione di acquirente o venditore, questa discrepanza, da luogo alla creazione di una significativa differenza tra disponibilità a
pagare e disponibilità ad accettare, riflettendo il problema del differente punto di riferimento.
L’avversione alle perdite rappresenta una questione molto dibattuta, perchè strettamente legata all’effetto dotazione. In questo
caso l’anomalia riguarda il fenomeno in base al quale il valore percepito di un oggetto aumenta una volta che questo diventa
parte della dotazione di un individuo, ovvero le persone tendono a sopravalutare il valore di un bene nel momento che lo
possiedono.
La discrepanza nella valutazione dello stesso oggetto è l’espressione di una attribuzione di valore che dipende dalla prospettiva
assunta dal decisore. La differenza tra il valore attribuitogli dal venditore e dal compratore rappresentano l’entità dell’effetto
dotazione che è stato creato.
Un’altra conseguenza del fenomeno dell’avversione alle perdite è la tendenza a conservare la situazione decisionale inalterata,
fenomeno noto come status quo bias, ovvero la tendenza delle persone a mantenere inalterata una scelta, attuale o fatta in
passato.
In questa definizione abbiamo due differenti intendimenti:
a)le persone preferiscono mantenere la condizione attuale
b) sono riluttanti a prendere in considerazione una qualche azione che potrebbe modificare questa situazione.
La spinta a mantenere la situazione inalterata è data dalla percezione che qualunque scelta comporti un esito negativo, lo status
quo appare quindi una soluzione dominante rispetto alle altre. (vedi esempio a pagina 134)

Effetto framing e inversione delle preferenze


L’invarianza delle preferenze è il tema attorno a cui si è concentrato un volume considerevole di ricerche ed esperimenti.
Da un punto di vista economico, essa rappresenta la norma secondo cui modi differenti, ma logicamente equivalenti, di
rappresentare un problema di scelta, dovrebbero produrre gli stessi esiti decisionali.
Il principio dell’utilità attesa, afferma che nella scelta tra due scommesse, il decisore dovrebbe scegliere sempre l’alternativa che
assicura l’utilità maggiore.
L’atto di scegliere è stato assunto come l’espressione della preferenza del decisore.
L’ipotesi che sta dietro alla convinzione di poter utilizzare modalità alternative di esplicitazione delle preferenze risiede nell’idea
che, in ogni condizione, le preferenze individuali siano sempre originate dagli stessi valori. Cambiare procedura con cui si
richiede la preferenza, non dovrebbe produrre risposte differenti.
Le teorie economiche della decisione assumono che esista una regola di invarianza, applicabile anche alla procedura di
valutazione.
L’invarianza è un assioma, è assume due declinazioni, invarianza della descrizione e della procedura, le cui violazioni originano
fenomeni di framing e inversione delle preferenze.
Gli studi condotti sull’effetto framing hanno dimostrato che descrizioni logicamente equivalenti dello stesso problema possono
originare soluzioni differenti, trovando una giustificazione nel principio dell’avversione alle perdite.
Gli effetti di framing non si manifestano solo in contesti di rischio,ma anche in base al valore e al significato che le informazioni
assumono in un particolare ambiente di decisione.
La fattibilità del principio, che procedimenti differenti producano alla fine la stessa scelta, è stata dimostrata in diversi studi,
attraverso il fenomeno dell’inversione delle preferenze; un fenomeno che si origina ogni volta che la valutazione di un insieme di
prodotti varia al variare del modo con cui è richiesta la preferenza.
Questo fenomeno ha suscitato molta attenzione e ricerche, nelle prospettiva psicologica il punto di vista consolidato tende ad
identificare nella modalità di risposta, la causa che fa variare il processo di analisi delle informazioni degli individui e la loro
decisione. Si determina una discrepanza tra compiti di giudizio e di scelta.
Da un punto di vista economico il problema è relativo a una forte inconsistenza nella considerazione che “gli individui
dovrebbero fissare un prezzo di riserva maggiore per gli oggetti che preferiscono”, quindi l’inversione della preferenza si
manifesta come espressione dell’incompatibilità tra le scale di valore utilizzate nel compito di giudizio(prezzo minimo) e le scale
di valore adottate nel compito di scelta ( attrattività di un’alternativa).

Le strategie di scelta (Capitolo 6)


Introduzione
Nel comportamento del consumatore si studia anche il processo decisionale.
Il comportamento del consumatore è costruito al momento ella decisione, piuttosto che essere programmato a priori, anche
perché a causa di alcuni limiti è difficile trovare consumatori con preferenze stabili e immutabili.
Spesso, soprattutto in situazioni di incertezza, i consumatori costruiscono le proprie preferenze utilizzando una varietà di
strategie contingenti rispetto al tipo di problema da risolvere.
Il soggetto quindi è caratterizzato da una razionalità limitata, che dipende della memoria del lavoro, dalle informazioni, e dalle
capacità computazionali.
Il risultato di un’attività decisionale, dipende da ciò che appare rilevante per il consumatore.
Innanzitutto il consumatore per creare una strategia si trova davanti a differenti fattori; il problema decisionale, ovvero come e
quali alternative valutare, come confrontare gli attributi, come ponderare il rischio ecc.. che rappresentano le caratteristiche del
contesto e del compito.
Quindi tutti gli elementi che fanno parte di una decisione sono sottoposti a valutazioni, giudizi..
Un secondo elemento rilevante è l’ambito sociale in cui si realizza la decisione, perché facendo parte di un contesto sociale
spesso ci troviamo a dover o voler giustificare le nostre scelte. Ciò perché sentiamo il bisogno di creare e mantenere il rispetto e
l’approvazione degli altri, portandoci a giustificare le nostre scelte, alcune delle quali possono ricadere anche su altri soggetti.
Il terzo fattore rilevante riguarda l’insieme e il livello delle conoscenze disponibili.
La conoscenza disponibile è un sistema in continua evoluzione. Le differenze nel comportamento di consumatori esperti e
inesperti , dipendono dall’ammontare delle informazioni depositate in memoria e alla loro differente organizzazione.
Il consumatore esperto di solito fa ricorso a routine di comportamento, e per lui è più facile semplificare il problema attraverso
un metodo che si potrebbe definire del dividi e risolvi, ovvero si scompone il problema centrale in problemi più semplici , le
singole risoluzioni sono poi riaggregate per costruire la soluzione finale.
In conclusione, il comportamento del consumatore si sviluppa come un processo di adattamento all’ambiente e ciò che viene
percepito rilevante, insieme alle differenti strategie di decisione.

La costruzione delle euristiche di scelta


Analogamente a ciò che avviene nei compiti di giudizio, in cui i soggetti usano procedure semplificate per valutare un evento
incerto, anche nei compiti di scelta, gli individui fanno ricorso a strategie o a regole di decisione.
Esprimere un giudizio, comporta un ragionamento che ci consente di risolvere il nostro problema anche se con qualche margine
di approssimazione. Il nostro giudizio è una risposta intuitiva, in base a ciò che è ricordato più facilmente.
Le nostre decisioni possono dipendere sia da regole automatiche ed intuitive sia da un processo di assemblaggio che si sviluppa
al momento della scelta.
In situazioni dove è presente il fattore esperenziale e l’apprendimento si è favoriti perché svolgono un ruolo decisivo guidando
comportamenti automatici o di routine, nel momento in cui mancano questi fattori si costruiscono strategie di scelta che
dipendono dalle informazioni disponibili, dagli obiettivi e dalla rappresentazione mentale del problema.
Le nostre preferenze possono essere il frutto di un processo di valutazione che si realizza prima della scelta e che emerge
contestualmente a quest’ultima, oppure possono essere date dal conteso ambientale di riferimento e dalle modalità di
combinazione di fattori.
In quest’ultimo caso si manifesta un processo molto articolato in cui raccogliamo, valutiamo o compariamo le informazioni.
In entrambi i casi però la memoria gioca un ruolo fondamentale, insieme al ricordo, ovvero la capacità di recuperare
informazioni dalla memoria.
Una strategia di scelta, quindi può essere influenzata dall’uso di regole in memoria o da regole costruite a hoc, dal processo di
analisi delle informazioni che può svilupparsi in momenti che precedono la scelta effettiva.

Il compito di scelta del consumatore e le strategie decisionali


Decidere quale prodotto o servizio scegliere significa valutare gli elementi, che descrivono quell’oggetto.
L’attività decisionali inizia dall’identificazione di un insieme di alternative, aspetto molto importante nell’analisi del marketing
perché disegna parte importante del dominio di conoscenze della persona.
Il consumatore agisce su un vincolo di bilancio, ovvero la sua capacità di spesa, dovrà quindi valutare tra rinunciare a
caratteristiche desiderabili per ottenere quantità maggiori di un’altra.
L’attività di decisione comporta spesso la valutazione di un trade-off, ovvero quanto si è disposti a rinunciare ad un attributo pur
di ottenere quantità maggiori di un altro, comportando una possibile perdita in relazione all’attributo cui si rinuncia e potenziali
conseguenze negative.
Le difficoltà del consumatore aumentano all’aumentare delle alternative disponibili.
Esistono molte strategie decisionali, ma quasi tutte si basano, su quattro ordini di considerazioni generale.
La prima riguarda il quantitativo di informazioni che il consumatore è in grado di analizzare e valutare.
Il secondo aspetto, rappresenta la tendenza degli individui a selezionare le informazioni su cui effettuare l’analisi.
Questa rappresentazione è una chiara manifestazione dei limiti cognitivi individuali, si manifesta secondo due traiettorie ideali.
In un caso, il consumatore attiva una logica di coerenza e impiega lo stesso quantitativo di informazioni per tutte le alternative,
nell’altro seleziona un differente ammontare di informazioni per ogni alternativa, quindi si basa su una logica selettiva.
Il terzo aspetto importante è la forma assunta dal processo di scelta, ovvero se favorire il confronto tra alternative, detto di
natura inter-dimensionale (ogni alternativa di un insieme è considerata un tutt’uno) o tra attributi, di natura intra-dimensionale
(alternative valutate a partire da una comparazione dei singoli attributi).
L’ultimo elemento dell’attività decisionale è il tipo di procedura adottata, ovvero se impiegare una procedura più analitica, o
semplice e rapida..
Il contesto di scelta in cui il decisore agisce, può essere fonte di tensioni, perché nessuno degli attributi o alternative si collega
agli obiettivi o desideri del decisore.
Le persone tendono ad affrontare il conflitto confrontando gli attributi e valutando in che misura sono disposti a rinunciare a un
valore di uno per ottenere maggior quantità di un altro, ovvero una strategia di tipo compensativo.
Ma un problema lo si può affrontare anche attraverso una strategia di tipo non compensativo, ovvero si costruisce un processo
decisionale, che sulla base della rilevanza attribuita ad un solo attributo, porta a scegliere l’alternativa che, solo su quella
dimensione ha il valore percepito maggiore, semplificando così il compito e di diminuire le implicazioni emotive.

Alcune strategie decisionali specifiche


Un processo decisionale si compone di un certo numero di procedure destinate all’acquisizione ed alla valutazione delle
informazioni. La ricerca di elementi informativi si orienta su aspetti del problema che il consumatore ritiene rilevanti. L’attività
mentale che guida a una scelta si caratterizza per la contrapposizione di alternative.
Un aspetto che caratterizza la ricerca delle informazioni è la capacità degli individui di agire secondo un criterio di selettività che
può favorire l’adozione di euristiche rapide e semplificate o complesse e articolate, e il numero di informazioni incidono sulla
difficoltà di fare una scelta.
Le euristiche di scelta possono variare: da un lato si pongono strategie molto analitiche articolate e complesse, dall’altro
euristiche semplici che assicurano tempi di risoluzione della decisione piuttosto contenuti.

Euristiche di tipo compensatorio


La strategia di scelta più di successo è quella della sommatoria ponderata. Le alternative sono valutate una alla volta sulla base
del valore soggettivo che gli attribuisce e ponderata attraverso l’importanza a esse conferite, portando così alla valutazione di
ogni singola alternativa ed alla selezione di quella col valore finale maggiore. Questo processo è caratterizzato da una procedura
di analisi piuttosto omogenea e costante, in quanto è valutato lo stesso ammontare di informazioni per ogni alternativa.
Si tratta di un’euristica di tipo compensatorio, perché si trattata di un trade-off tra attributi, realizzato con la ponderazione.
Questa strategia è però una procedura decisionale piuttosto difficile da implementare, non sempre è possibile attribuire valori
quantitativi alle dimensioni rilevanti e definire la misura con cui si è disposti a rinunciare a una caratteristica.
Per alleggerire lo sforzo cognitivo si è apportata una variazione relativa alla semplificazione dei calcoli necessari per attivare la
procedura di scelta, utilizzando un peso dell’importanza omogeneo per tutti gli attributi.
La strategia diventa quella della sommatoria equiponderata.
Un’ulteriore variante delle euristiche di tipo compensatorio è rappresentata dalla sommatoria delle differenze ponderate, che ha
una sola variante rispetto alle altre, ovvero: le alternative non sono considerate singolarmente, ma a coppie e con riferimento a
un attributo alla volta.
Sono così quantificate le differenze rispetto ad ogni attributo ed è selezionata l’alternativa che presenta lo scostamento
complessivo maggiore.
In questo caso la preferenza per un’alternativa emerge come differenza tra gli attributi esaminati.
Questa euristica è detta anche della maggioranza degli attributi confermati.
La strategia più semplice consente nell’identificazione della frequenza con cui le caratteristiche positive e/o negative di
un’alternativa si presentano. Il decisore definirà il criterio con cui ogni attributo potrà essere definito positivo o negativo.
Ogni euristica rappresenta un metodo che l’individuo adotta per semplificare ogni sua ricerca nello spazio del problema.

Le euristiche di tipo non compensatorio


Le decisioni del consumatore possono essere mosse anche da criteri di ricerca delle informazioni meno estesi e da analisi meno
sofisticate.
Quando ci sono troppe informazioni e la loro natura è ambigua o difficile da confrontarle tra loro, il processo di scelta è
modificato attraverso un cambiamento sistematico delle modalità con cui si sviluppa.
Cambiamento spinge l’individuo all’adozione di strategie che non prevedono confronti o trad-off ma valutazioni
interdimensional, ovvero strategie di tipo non compensatorio.
Come la regola lessicografica, dove il decisore ordina le alternative sulla base dell’attributo più rilevante, così che l’alternativa
che ha sull’attributo più importante il valore maggiore, è la candidata alla scelta.
Le altre dimensioni entrano in gioco in caso di due o più alternative risultino equivalenti.
Si tratta di una logica che ammette una soluzione ragionevole.
Un’altra euristica è quella di eliminazione per aspetti, ovvero una strategia decisionale che consente di ridimensionare
sensibilmente la dimensione del problema quando ci sono troppe opzioni e troppe caratteristiche da valutare. Si eliminano così
quelle alternative i cui attributi non soddisfano un criterio posto dal decisore che di fatto, rappresenta il limite di accettabilità al
di sotto o sopra del quale l’alternativa è ritenuta non desiderabile.
Una limitazione di questo tipo di euristiche è che non permettono un’adeguata valutazione delle informazioni disponibili.
Un’ulteriore euristica è quella che conduce alla prima soluzione soddisfacente, in base alla quale le alternative sono valutate una
alla volte seguendo l’ordine con cui sono presentate ed il valore di ogni singolo attributo è confrontato con un valore
corrispondente al livello di esperienze del decisore, la scelta ricade sulla prima alternativa che soddisfa il livello di aspirazione per
ogni attributo considerato senza ulteriori analisi sulle alternative rimanenti.
Una variante di questa strategia si basa su un estensione dell’analisi a tutte le alternative, in questa logica il decisore identifica
una soglia di accettazione o rifiuto per ogni attributo e seleziona l’alternativa che soddisfa tutti i requisiti di soglia, potrebbe però
non condurre a una soluzione finale se le soglie di accettazione o rifiuto sono troppo basse o elevate.
Invece nel modello disgiuntivo, il decisore valuta la bontà di un prodotto sulla base della sua caratteristica migliore. In questo
caso il decisore stabilisce dei limiti per ogni attributo, ma accetta ogni alternativa che abbia anche solo un attributo che superi il
limite.
Sia la regola cognitiva che disgiuntiva potrebbero essere usate non con la finalità di giungere a una scelta ma con l’obiettivo di
semplificare la dimensione del problema; sono modelli di scelta che favoriscono un approccio inter-dimensionale.
Non è detto che il decisore utilizzi una sola euristica nella sua attività, molto spesso si utilizzano delle combinazioni.
Le euristiche descritte rappresentano delle procedure più complicate, più semplici alcune , per analizzare e elaborare
informazioni.
Esiste una prospettiva che sottolinea la natura percettiva e relazionale delle euristiche decisionali, ed è una modalità per
comprendere il carattere contingente del processo decisionale.
La tendenza del decisore a codificare la situazione di scelta si basa su termini di guadagno e di perdite.
L’approccio percettivo fornisce indicazioni su cosa e dove il decisore concentra la sua attenzione, mentre l’approccio fondato sul
tradoff consente di capire come il decisore utilizza le informazioni di cui ha consapevolezza per raggiungere i suoi obiettivi.

I meta-obiettivi della scelta


Per comprendere il processo decisionale di un consumatore è necessario considerare oltre alle euristiche, quali sono i motivi che
lo spingono ad agire in un certo modo, per raggiungere uno o più obiettivi, e il modo in cui essi sono fissati non è arbitrario.
Dipende da un insieme di elementi, da un lato le finalità generali del processo decisionale e dall’altro i principali aspetti
motivazionali di una decisione.
Capire l’obiettivo di una decisione vuol dire , quali fattori alimentano una particolare logica dell’azione che si esprime attraverso
un particolare comportamento di scelta.
E’ utile comprendere le ragioni che muovono il consumatore, i principali aspetti motivazionali di una decisione sono espressi da
alcuni fattori specifici che si rifanno alla capacità di:
 Massimizzare accuratezza di una decisione;
 Minimizzare lo sforzo cognitivo;
 Minimizzare le sensazioni e le emozioni negative;
 Massimizzare la facilità di giustificazione di una decisione.
Il meta- obiettivo su cui è tradizionalmente concentrata la letteratura sia economica, sia psicologica, è l’accuratezza della
decisione, dove si sostiene che l’agire intenzionato del soggetto è espressione della sua capacità di massimizzare il proprio
benessere o utilità. L’unico obiettivo è l’espressione del massimo livello di accuratezza possibile.
Non è facile comprendere la complessa natura dei processi decisionali perché l’agire degli individui è segnato da emozioni e stati
d’animo di differente natura. La decisione, soprattutto quando comporta la rinuncia a qualcosa è spesso fonte di sensazioni
sgradevoli e al limite dolorose.
Sebbene l’attenzione è rivolta al decisore come singolo individuo, in realtà agisce all’interno di un contesto sociale denso di
relazioni, comportando così che ci decide deve spesso giustificare anche agli altri la scelta fatta. Quindi il meta-obiettivo può
essere rappresentato dalla capacità degli individui di giustificare, con relativa facilità il proprio comportamento.
Il loro ruolo dipende da un insieme di fattori disponenziali, cioè tipici del decisore, ed ad altri di tipo situazionale, legati al
contesto della decisione.
Gioca un ruolo fondamentale nel processo di decisione l’attenzione, ed esistono due modalità di attivazione dell’attenzione: può
essere volontaria, valuta informazioni che il decisore ritiene significative oppure è un processo involontario, che rende salienti
alcune informazioni del contesto ambientale.
Le scelte del consumatore quindi sono l’espressione di un processo cognitivo articolato che coinvolge un numero elevato di
elementi con valenze differenti per i singoli individui e i vari contesti.
Gli individui hanno infatti a disposizione un certo numero di strategie i cui vantaggi dipendono dalle caratteristiche della
decisione e dai loro meta-obiettivi.

Sforzo cognitivo e accuratezza


Nella realtà i consumatori non tendono a perseguire tutti i meta-obiettivi prefissati, non è detto che neanche che il consumatore
in situazioni di scelta debba giustificare le proprie scelte, e che coinvolgono esperienze emozionali negative. I consumatori
agiscono alla luce del desiderio e tendono a farsi guidare dal buon senso. Essi preferiscono arrivare rapidamente alla risposta,
trascurando un’analisi particolarmente esaustiva e risparmiando sul tempo, quindi utilizzano pacchetti già pronti di conoscenze,
ovvero le euristiche.
Studiosi hanno sviluppato uno schema che consente di quantificare l’ammontare di sforzo cognitivo richiesto per le diverse
strategie ed il grado di accuratezza perseguibile nei differenti contesti ambientali. Le diverse strategie sono formate da elementi
di base, ovvero singole fasi che il consumatore utilizza per decidere.
Il modello delle unità informative elementari si fonda sui processi elementari di elaborazione di informazioni, come leggere
un’informazione contenuta nella memoria di breve periodo, valutare il più grande tra due attributi, moltiplicare il valore di una
probabilità per il valore di un esito..
Lo sforzo cognitivo necessario per prendere decisioni nasce dal numero di unità informative elementari (UIE),il cui numero
dipende a sua volta dal numero di alternative e attributi presenti e dai valori assunti dai dati informativi. La misura dello sforzo
cognitivo necessario per risolvere un problema dipende dal numero quanto dal tipo di UIN adottate.
Secondo modo per spiegare il carattere contingente e adattivo del comportamento del consumatore riguarda l’accuratezza delle
scelte (qualità).
Per apprezzare la qualità delle scelte si è assunto di poter adottare dei criteri di riferimento,alcuni specifici assiomi delle teorie
economiche, tra cui:
Il modello dell’utilità attesa (EU), schema ideale per rappresentare le scelte migliori;
Il modello delle sommatorie ponderate (SOM-PO), utili per garantire efficienza di una decisione.
L’orientamento verso modelli normativi è stato assunto da due ordini di motivi, innanzi tutto gli schemi normativi si basano su
principi generali e forniscono un metodo sistematico per l’analisi di tutte le informazioni rilevanti presentate dal problema.
Secondo luogo, l’agire intenzionale dell’individuo passa attraverso l’analisi completa ed esaustiva di tutte le informazioni
disponibili.
Per fornire un criterio di misurazione delle scelte è stato identificato un modello da assumere di riferimento, il modello
normativo delle sommatorie ponderate, perché specifica come un individuo può esplicitare al meglio le proprie preferenze. E’
possibile per qualsiasi decisione misurare sforzo e accuratezza di ogni euristica, e la scelta di una determinata euristica
dipenderò da una meta-obiettivo di bilanciamento tra sforzo cognitivo e accuratezza.
La natura adattiva del comportamento umano, porta i differenti contesti decisionali ad indurre a differenti rappresentazioni
mentali del problema e spingono il decisore ad adottare una differente struttura delle preferenze.
Il differente peso attribuito alla qualità di una decisione o al costo connesso all’elaborazione di molte informazioni, dipende da
diversi fattori.
Innanzi tutto, l’importanza stessa della decisione può spingere il consumatore a ragionamento più analitici e a favori di euristiche
che richiedono più operazioni, ciò può dipendere dai valori monetari che caratterizzano il problema o dal livello di rischio
associato alle alternative..
Altri fattori possono portare il decisore a una decisione più sensibile alla qualità degli esiti decisionali.
O al contrario la limitata disponibilità di tempo porta ad agire in tempi brevi e ridurre la sensibilità verso il parametro
dell’accuratezza.

Le emozioni negative
Le ricerche sul comportamento del consumatore hanno da sempre sottolineato l’importanza delle emozioni nei processi
decisionali di acquisto e consumo. Ovvero quelle situazioni in cui il consumatore si trova a dover scegliere un prodotto
accettando un compromesso che non gli consente di ottenere la quantità desiderata di un attributo a fronte di maggior
disponibilità di un altro, in queste situazioni si possono produrre stati emotivi sgradevoli.
Gli individui affrontano le decisioni cariche di emozioni negative adattando il loro modo di agire, la loro strategia, al fine di
ridurre il carico emotivo.
E’ stato dimostrato che i consumatori possono adottare due differenti orientamenti per risolvere questo problema:
Nel primo caso i consumatori tendono ad agire in modo pianificato analizzando con grande rigore il trade-off tra attributi e
concentrandosi, sull’accuratezza del problema, sulla ricerca oggettiva dell’alternativa migliore, situazioni frequenti per quei
prodotti in cui attributi/o sono espressi secondo scale di valori etici o morali.
Nel secondo caso,attenzione si focalizza sugli aspetti emotivi del problema, i comportamenti sono tesi ad evitare o mitigare le
condizioni che originano stress e tensione, in questa prospettiva il decisore limita l’uso del trade-off tra attributi perché il
sacrificio di alcuni valori potrebbe portare a forti tensioni emotive.
Il processo che si sviluppa in condizioni emotivamente negative,è influenzato dagli obiettivi di sforzo e accuratezza e
dall’obiettivo di minimizzare le emozioni negative.
In queste situazioni le strategie decisionali si configurano con un orientamento al problema o all’emozione.

La facilità di giustificazione
Ogni consumatore agisce all’interno di un sistema sociale che influenza le sue decisioni.
La sensazione di dover giustificare la propria scelta nei confronti di altri è l’aspetto emblematico del ruolo esercitato dal contesto
sociale sul singolo decisore e diviene un ulteriore meta-obiettivo di rilievo per la selezione delle euristiche.
Spesso un importante spinta motivazionale nel decidere proviene dal voler avere l’approvazione ed il rispetto di soggetti ritenuti
rilevanti.
L’effetto che hanno l’influenza di altri soggetti sulle decisioni dei consumatori è variabile: probabile che se le preferenze della
persona verso la quale il consumatore si sente responsabile, sono note, egli agirà adottando quella struttura di preferenza
secondo logica della minimizzazione dello sforzo cognitivo.
Se invece le preferenze degli altri non sono note, il consumatore analizzerà le informazioni a sua disposizione in maniera più
analitica. Il decisore quindi sulla base delle proprie conoscenze stima le preferenze di un altro e seleziona lì alternativa che egli
avrebbe scelto.
Oppure può accadere che la necessità di giustificare corsi d’azione già intrapresi irrigidisca il decisore su sforzi cognitivi atti a
razionalizzare e giustificare le decisioni adottate.
Ricerche hanno evidenziato che l’aumento del senso di responsabilità induce il decisore a considerare la giustificabilità delle
proprie azioni come un obiettivo.
Le euristiche qui utilizzate sono costruite sul confronto tra attributi o alternative.
Ai fini di una decisione, va osservato, che il suo esito appare un elemento più saliente per il consumatore rispetto al processo
adottato.

Le difficoltà del decidere: l’evidenza empirica


Uno degli obiettivi principali sulle ricerche sui processi decisionali è stato comprendere quali fattori caratterizzano la difficoltà di
un problema di scelta e come affronta ciò il consumatore; essi adottano un ampia varietà di metodi per risolvere questi
problemi,e gran parte di questi metodi sono costruiti contestualmente alla situazione di scelta e sviluppati in modo contingente
rispetto al sistema di informazioni disponibili.
Analizzare i processi decisionali porta a porre l’attenzione su differenti categorie di fattori in grado di influenzare il processo di
selezione delle euristiche. Le variabili nelle decisioni sono date da quegli elementi che non dipendono dagli specifici valori
assunti dalle alternative considerate, ma incidono sullo sforzo cognitivo richiesto per la decisone.

Le difficoltà connesse alle caratteristiche del compito


La dimensione del problema
Nei problemi di scelta si è evidenziato che l’aumento del numero di alternative facilità l’uso di strategie non compensatorie le
quali consentono una rapida riduzione della complessità del compito, dato che gli individui eliminano le informazioni ritenute
poco rilevanti e focalizzano l’attenzione solo su alcuni elementi del problema.
La dinamica di semplificazione appare variabile, perché l’aumento del numero di alternative non sembra influire molto sul
desiderio di accuratezza del decisore, mentre egli dimostra maggior sensibilità in un incremento degli attributi.
Il problema di quante informazioni fornire ad un acquirente è un tema ancora rilevante nel marketing, perché è dimostrato che
un eccesso di informazioni può portare i consumatori a non valutare efficacemente tutti i dati offerti.
L’attenzione selettiva non è solo l’esito delle limitazioni cognitive dell’individuo, ma anche una forma di difesa dal sovraccarico
informativo.
I consumatori davanti a difficoltà originate dal problema assumono comportamenti decisionali che si manifestano attraverso tre
indicatori:
 Attenzione selettiva, quando si focalizza solo sugli attributi o alternative percepite come rilevanti, portandolo a
confondersi magari a discapito di informazioni rilevanti;
 Selezione dell’euristica, continuum di possibilità in cui l’obiettivo primario è bilanciare lo sforzo cognitivo e
l’accuratezza;
 Rappresentazione delle informazioni, anziché utilizzare tutte le info i consumatori possono identificare alcuni criteri di
semplificazione con i quali discriminare i prodotti, ovvero individuare delle soglie di accettazione per alcuni attributi e
considerare simili prodotti che soddisfano tali vincoli.

La pressione temporale
Tempo rappresenta una variabile critica nelle decisioni, dato che le decisioni sono sempre realizzate con un certo livello di
pressione per il fattore tempo.
Per far fronte a questa difficoltà i consumatori modificano il modo di analizzare le informazioni secondo tre schemi principali.
 Basso livello di pressione, individuo accelera e semplifica le proprie attività di pensiero.
 Livello intermedio di pressione temporale, ovvero tempo per decidere sempre meno, individuo attiva procedura di
filtraggio, ovvero info ritenute si secondaria importanza vengono ignorate.
 Pressione a livelli elevati, si cambia la strategia di acquisizione di informazioni che porta a produrre un cambiamento nella
selezione dell’euristica di scelta, da compensatorie a non. E sono adottate con maggior frequenza strategie selettive basate
sugli attributi rispetto a quelle basate sull’analisi delle singole alternative.

Il modo di chiedere una preferenza e l‘effetto sulla scelta


Principio fondamentale della teoria della decisione razione è l’invarianza della procedura, secondo questo assioma le preferenze
di un soggetto non dovrebbero dipendere dai metodi utilizzati per esplicitarle, se sono formalmente equivalenti.
Questo principio, non sembra trovare conferma nella realtà, dove il fenomeno dell’inversione delle preferenze comune.
Una preferenza può essere espressa come modalità differenti, spesso semplicemente richiedendo il prodotto preferito, stabilire
un prezzo corrispondente al valore di quell’opzione..
Fenomeno di inversione delle preferenze trova una spiegazione in base al processo di analisi delle informazioni evocato dai
diversi modi in cui viene richiesta la risposta.
Il modo adottato per esplicitare le preferenze individuali, tende ad evocare ragionamenti di tipo qualitativo che richiamano
l’utilizzo di strategie decisionali selettiva.
I processi cognitivi adottati si sono dimostrati sensibili allo sforzo richiesto e le procedure decisionali evidenziano una tendenza
al risparmio di energie mentali piuttosto che accuratezza dell’esito.
Modalità per esprimere preferenze invece stimolano ragionamenti di tipo quantitativo e quindi selezione di euristiche diverse.

L’organizzazione delle informazioni


Un ulteriore gruppo di elementi che influenzano il comportamento del decisore riguarda il modo in cui le informazioni gli sono
mostrate. Si tratta di un insieme di elementi che influiscono in maniera significativa sul processo di acquisizione ed elaborazione
delle informazioni. Il modo in cui sono presentate le informazioni è rilevante a causa dei limiti cognitivi degli individui, i quali non
mostrano buone attitudini nel fare uso di informazioni depositate in memoria,o che devono essere estrapolate.
Dato che gli individui non tendono a trasformare le info offerte, i valori sono analizzati così come sono presentati. Quindi i
consumatori tendono a selezionare un prodotto, raccogliere le informazioni sui vari attributi e formulare una valutazione
complessiva. (analisi delle informazioni per marca)
In altri casi, le informazioni sono presentate avendo come riferimento le caratteristiche che connotano i vari prodotti, i
consumatori analizzano le informazioni sulla base degli attributi. In questo caso le marche sono confrontate tra loro in relazione
ad un singolo attributo alla volta.

Informazioni disponibili e utilizzabili


Il volume crescente di informazioni rese disponibili ai consumatori, rendono necessario un approfondimento sulle modalità di
acquisizione e gestione delle informazioni disponibili. I consumatori raccolgono informazioni da differenti fonti su differenti tipi
di prodotto e marche. Solamente che spesso i prodotti e le marche non si caratterizzano con gli stessi attributi rilevanti, portando
ad essere importante considerare non solo la disponibilità di informazioni, ma anche la possibilità che queste siano realmente
analizzate dal consumatore.

Completezza dell’informazione e forma degli attributi


Nel confronto tra prodotti non sempre il consumatore ha a disposizione complete informazioni relative al prodotto. In alcuni casi
esso è in grado di produrre una stima corretta del valore di informazioni mancanti, tuttavia questo processo risulta spesso
condizionato dai valori assunti dalle altre caratteristiche del prodotto, piuttosto che dalle informazioni sul medesimo attributo di
marche diverse.
L’insieme dei valori che contraddistinguono il prodotto, o il contesto informativo di riferimento, può essere caratterizzato da
espressioni in forma numerica o linguistica, nel primo caso si arriva alla selezione di euristiche che favoriscono l’analisi per
attributi, nel secondo caso conducono a processi basati sulle alternative.

Le difficoltà connesse alle caratteristiche del contesto


Le ricerche sulle decisioni in condizione di incertezza, sul ragionamento probabilistico e le modalità di costituzione delle
conoscenze hanno sottolineto il ruolo e l’influenza esercitata da fattori apparentemente svincolati dal problema e dalle
caratteristiche del compito affrontato.
Anche piccole modifiche nell’esposizione del problema, la situazione decisionale, o dati e informazioni rilevanti, hanno prodotto
differenze negli esiti della decisione.
I più rilevanti effetti in grado di influenzare le scelte riguardano:
-La similarità delle alternative, consumatori si trovano spesso a dover scegliere tra prodotti caratterizzati da tratti comuni o
marche con nomi simili, spesso si tratta di specifiche politiche di marketing, per differenziare la composizione della gamma
offerta.
La somiglianza tra alcune caratteristiche di prodotto può favorire il ricordo o confronto, di altre caratteristiche salienti e
l’applicazione di regole di scelta.
Lo sforzo cognitivo tende a ridursi man mano che aumenta la similarità tra le alternative, ovvero il compito di scelta sarà più
facile quando la somiglianza sarà elevata. (importante per un nuovo prodotto sul mercato)
-Framing. Il processo di valutazione è descritto come un’attività dipendente da punti di riferimento appartenenti al contesto del
problema.
Questi riferimenti funzionano come ancore nelle attività di confronto. Si tratta di valori che una volta fatti propri dal decisore,
influenzano le percezioni, le informazioni e i giudizi e scelte.
Il modo in cui il problema viene esaminato dipende dal modo in cui il soggetto accede alle sue informazioni depositate in
memoria, cioè i suoi ricordi.
Gli effetti di framing sono stati analizzati in molti contesti. La facilità di identificare un punto di riferimento agevola quelle scelte
in cui gli esiti appaiono come risultati certi, mentre punti di riferimento difficili da identificare supportano scelte caratterizzare da
un certo livello di rischio. Gli effetti di framing, rappresentano un fenomeno più complesso ed articolato da analizzare rispetto ad
altre caratteristiche del problema di scelta.
-Scelte confrontabili e non confrontabili. Non sempre il contesto di scelta è caratterizzato da prodotti con caratteristiche
comparabili. Questa proprietà facilita l’uso di strategie attribute-based dirette, mentre la sua mancanza obbliga il consumatore
ad un processo di conversione delle informazioni. Davanti a una scelta con informazioni non comparabili, il consumatore
ricostruisce un insieme di attributi astratti. La scelta potrebbe dipendere non da una ridefinizione di attributi, ma dalla
disponibilità di un criterio decisionale.
Per definire le preferenze i consumatori utilizzano criteri e obiettivi sulla base dei quali formulare giudizi. Il consumatore agisce a
partire da un criterio o obiettivo, anziché dall’analisi dei singoli attributi e costituisce categorie di prodotto in grado di soddisfare
la sua scelta.
Mancanza di obiettivi predefiniti può aumentare la difficoltà di scelta.

Sintesi conclusiva
Si è evinto che il comportamento dei consumatori è spesso di tipo adattivo. Un numero sempre più consistente supporta l’idea
che le preferenze siano costruite in modo contingente alla situazione di scelta.
Alcuni fattori rilevanti nelle teorie delle scelte relazionali sono fondamentali invece, nei processi di scelta dei consumatori. Le
modalità con cui sono descritte e categorizzate, il punto di riferimento rispetto al quale sono rappresentate, particolare
composizione dell’insieme delle alternative, il modo di descrivere il problema,il livello di reazione emotiva.. Trascurare questi
aspetti comporterebbe una limitazione sostanziale dell’analisi del comportamento del consumatore.
Ulteriore aspetto rilevante riguarda il ruolo svolto dal contesto ambientale in cui la decisione viene assunta.
La scelta del consumatore è un processo che si costruisce, si modella, si adatta in base alle caratteristiche del compito e del
contesto.
Secondo questa prospettiva, la natura contingente delle decisioni del consumatore è modellata dall’interazione tra le proprietà
del contesto decisionale e le capacità cognitive del singolo.

L’ANALISI DEI BISOGNI DEI CLIENTI


La nozione di bisogno
Il bisogno è una necessità, una sensazione di disagio derivante dall’assenza totale o parziale di qualcosa che ci dà benessere.
Ciascuno di nuovi può patire due tipi di carenze, corrispondenti ad altre due tipologie di bisogni:
 Carenze biologiche/fisiologiche, inerenti al funzionamento dell’organismo, ovvero i bisogni innati o naturali, identici per
tutti gli individui;
 Carenze o insoddisfazioni derivanti dalla nostra personalità, esperienza..e danno origine a bisogni acquisiti e psicologici,
cambiano da persona a persona.
Alcuni sostengono che i veri bisogni siano quelli di base, nel mercato dei beni di consumo questi dubbi hanno una pertinenza e
generano alcune domande:
 Questi nuovi prodotti o marche corrispondono ai veri bisogni?
 Le imprese sosterebbero elevate spese di marketing se i consumatori non si lasciassero influenzare?
 La crescita e lo sviluppo economico, sono utili nel lungo periodo?
Gli economisti sostengono che non debbano occuparsi delle motivazioni alla base del comportamento, né di formulare giudizi di
valore, per loro è sufficiente constatare che un dato bene sia oggetto di un “desiderio d’impiego”.
Qualsiasi bisogno verrà soddisfatto in maniera razionale, cioè calcolando il valore di tutte le opzioni disponibili e scegliendo la
migliore.
La teoria del comportamento del consumatore si limita ad analizzare le implicazioni logiche derivanti dall’ipotesi della razionalità
umana, la quale è equivalente al concetto di coerenza e prevedibilità.

Bisogni generici e bisogni derivati


Bisogna rivedere la diffusa convinzione secondo cui sarebbe il marketing delle imprese a creare i bisogni. Ma tale convinzione si
basa sulla mancata distinzione tra bisogno e bene.
Il marketing non è in grado di creare bisogni, i quali pre-esistono, ma può solo creare una domanda per beni e servizi che
permettono di soddisfare quel bisogno.
Fondamentale questa distinzione: bisogno generico, è un problema che il consumatore cerca di risolvere acquistando prodotti e
servizi, mentre bisogno derivato o desiderio, è una risposta tecnologica a un bisogno generico e rappresenta l’oggetto del
desiderio del consumatore.
La continua comparsa sul mercato di prodotti differenti non dipende dalla creazione di nuovi bisogni generici, ma è dovuta dalla
saturazione dei bisogni derivati, la quale dipende dall’obsolescenza tecnologica o mutate condizioni sociali.
Sotto l’impulso del progresso, il bisogno prende direzioni differenti a seguito di nuovi prodotti e della comparsa di nuovi bisogni
derivati.
Questo fenomeno di saturazione dei beni derivati è osservabile nella maggior parte dei beni a due livelli:
a livello di miglioramento della performance dei prodotti stessi, poi a livello di sostituzione pura e semplice di una soluzione
tecnologica con un’altra.
Ruolo importante del marketing strategico è favorire l’adattamento dell’impresa all’evoluzione osservata nella soddisfazione dei
bisogni, in questa prospettiva l’impresa ha interesse a definire la sua mission facendo riferimento al bisogno generico piuttosto
che al derivato, dato che esso è variabile.

Bisogni assoluti e bisogni relativi


Nei bisogni generici si individuano altri due tipi di bisogni:
 Bisogni assoluti, quelli che noi sentiamo qualunque sia la condizione altrui, sono saturabili.
 Bisogni relativi, cui soddisfazione ci porta al di sopra dei nostri simili e sono insaziabili.
Ed è il fenomeno per cui spesso gli individui considerano la loro situazione peggiorata se coloro che servono come elemento di
confronto hanno visto migliorare la loro posizione più di loro.
Lo scarto tra la realtà e il livello di aspirazione tende a spostarsi continuamente, portando ad un aumento dell’insoddisfazione.
La relativa disillusione dei consumatori nelle società ricche si può riassumere in tre punti
Primo, i consumatori benestanti si accorgono sempre meno di un eventuale miglioramento della loro condizione, secondo, il
benessere e confort inducono a dimenticare le conseguenze delle eccessive pretese, infine bisogna considerare la perdita della
concezione del tempo e quindi della pazienza, perché oggi i consumatori vogliono tutto e subito.
La distinzione tra questi due bisogni è lontana dall’essere netta così come appare a prima vista.
Spesso l’uomo intraprende attività che si dovrebbero evitare se si ponesse al disopra di tutto la sopravvivenza, ma sono guidate
dalla soddisfazione di un altro bisogno legato al piacere e al rischio: ovvero il sensation seeking, cioè continua ricerca di
stimolazioni sensoriali nuove, diverse, forti.

Bisogni latenti e bisogni espressi


I bisogni latenti sono quelli di cui il potenziale cliente non è consapevole. Essi non sono meno reali dei bisogni espressi,
semplicemente non sono ancora presenti nella sezione conscia del pensiero.
Il compito del marketing strategico è di scoprire i bisogni latenti e analizzare il loro potenziale di redditività.
Da una parte ci sono i bisogni consapevoli, che comprendono bisogni espressi, non espressi (che il cliente si aspetta), e
immaginari (i sogni del cliente). Dall’altra parte ci sono i bisogni non consapevoli, che includono i bisogni effettivi ( il benessere
del cliente) e i bisogni inconsci ( ciò che motiva inconsciamente il cliente).
L’obiettivo del marketing strategico è fornire al cliente soluzioni concepite sulla base di una buona comprensione dei suoi bisogni
effettivi, di cui sia consapevole o meno.

Bisogni esistenziali e bisogni esperienziali


I bisogni esistenziali sono quei bisogni la cui soddisfazione fornisce una cera utilità, che è strettamente legata al funzionamento
del bene/servizio acquistato e consumato.
Nella realtà di tutti i giorni, spesso le persone si ritrovano immerse in un “vuoto esistenziale” caratterizzato dall’assenza di
specifici bisogni o precisi obiettivi e attività concrete da svolgere, portando a diminuire il benessere e ci si sente meno attivi,
forti. E’ possibile che ci si trovi a svolgere alcune attività senza un fine preciso, ma per il solo gusto di farlo.
Nel caso quindi di azioni compiute per il piacere che si prova mentre le si fa e senza obiettivi specifici è possibile parlare di
bisogni esperienziali, tutti provano questi bisogni quando sentono la necessità di tenersi occupati o interessati a qualcosa.
L’importanza di questo bisogno è duplice: da un lato, in un’ottica di analisi dei bisogni del cliente, le imprese devono tenere in
considerazione anche altri beni, non solo legati alla funzione tecnica del bene o servizio; dall’altro è sempre più evidente come la
felicità sia scollegata dal possesso di beni materiali, e dipende da ciò che si fa e non ciò che si ha.

La motivazione del cliente finale


I contributi della psicologia sperimentale hanno contribuito a scoprire un certo numero di orientamenti motivazionali generali
che determinano la verità dei comportamenti individuali.
Motivazione: può essere definita come quell’energia che ci spinge a mettere in atto un comportamento finalizzato a un preciso
obiettivo. In pratica quando un soggetto avverte malessere, applicherà una serie di comportante volti a soddisfare quel bisogno.
La spinta di questi comportamenti viene denominata “motivazione”, la quale svolge due funzioni: attiva i comportamenti, dando
l’impulso e orienta i comportamenti, definendo la direzione.
Due sono i principali approcci psicologici: approccio comportamentista, che studia il comportamento senza fare riferimento alla
consapevolezza dell’individuo e ai processi menateli e l’approccio cognitivista, che
attribuisce consapevolezza e volontà all’individuo, il quale è in grado di decidere come comportarsi.

Le teorie della motivazione


Tra le principali teorie della motivazione di tipo comportamentista ricordiamo:
 Teoria della riduzione delle pulsioni o omeostatica, parte dalla presenza di bisogni fondamentali che danno luogo a
specifiche pulsioni, le quali orientano i comportamenti. Si parla di omeostasi, cioè un meccanismo attraverso il quale
un problema crea una pulsione, grazie alla quale l’attività che ne risultata mira a ristabilire l’equilibrio, sopprimendo la
pulsione.
 Concetto di comportamento motivato o diretto a uno scopo, sviluppato da Tolman, si fonda sull’ipotesi che l’attesa del
risultato sia il motore principale nell’orientare la condotta, ovvero il risultato atteso servirebbe da stimolo all’azione.
Tolman introduce le “variabili interventi”, le quali non sarebbero altro che i processi interni che connettono la
situazione- stimolo iniziale con la risposta osservabile. L’organismo però non reagisce solo a stimoli interni, ma anche
esterni. Motivo per cui Hull introduce un’altra variabile.
 Gli incentivi, i quali amplificano le pulsioni fondamentali o ne evocano altre non direttamente collegate ai bisogni
fisiologici. Secondo questa teoria il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici.
Le teorie appena descritte affermano che l’insorgere di uno stimolo, sia una condizione sufficiente per trasformare un organismo
inattivo in uno attivo, i critici ritengono che queste non siano in grado di spiegare tutti i tipi di comportamento.
Altre teorie pongono l’accento sull’attività spontanea del sistema nervoso e tentano di spiegare altri tipi di comportamento,
come quelli basati sulla curiosità o l’esplorazione.
Habb ha formulato la teoria dell’attivazione, si basa sull’ipotesi che l’organismo non sia fisiologicamente inerte, ma che abbia
un’attività naturale che costituisce una sorta di automotivazione.

Il benessere e il livello ottimale di risveglio


Il livello di risveglio ha una grande influenza sulla sensazione di benessere o di malessere che l’uomo prova e come influisca sul
suo comportamento. Hebb ammette l’esistenza di un livello ottimale di risveglio che favorirebbe il funzionamento rapido del
meccanismo stimolo- risposta, generando sensazioni di comfort e benessere.
Quando lo scarto rispetto al livello ottimale è negativo si prova una sensazione di noia, nel caso opposto una sensazione di fatica.
E’ possibile identificare un primo orientamento motivazionale generale degli individui: assicurare il comfort o prevenire
l’insoddisfazione. Tale motivazione implica: un comportamento di riduzione delle tensioni che soddisfi i diversi bisogni fisici o
mentali e riduca un livello di risveglio troppo elevato; dall’altro un comportamento di lotta contro la noia.
Per gli economisti la riduzione del livello di risveglio è importante,poiché per loro quasi tutte le attività umane hanno origine da
questo processo.
L’altro tipo di comportamento, quello riguardante l’innalzamento di un livello di risveglio troppo debole, viene ignorato dagli
economisti.

Il bisogno di stimolo
I lavori di Barlyne, rappresentano un tentativo di aggiornamento della teoria comportamentista, egli dimostrò che per spiegare i
processi di apprendimento occorreva introdurre nuovi concetti come quello di complessità dello stimolo (stimoli più complessi
sono preferiti a quelli più semplici) e di novità. Perché la novità stimola e piace soprattutto quando genera sorpresa.
Il nuovo e insolito però, se usati sempre, attirano solo fino a un certo, al di là del quale infastidiscono.
Quindi la forza attrattiva prima aumenta, e poi diminuisce in corrispondenza con l’aumentare della novità, generando una curva
a forma di u rovesciata, nota come curva di Wundt.
Gli stimoli provocati dai beni sono importanti per soddisfare gli individui, il cui organismo ha bisogno continuo di stimoli e
esperienze diverse.
La teoria della ricerca di novità fornisce una spiegazione ai comportamenti dei consumatori, i quali cercano il cambiamento, la
varietà e l’innovazione nel loro stile di vita.

Il bisogno di piacere
Sensazioni di benessere e malessere sono legate al livello di risveglio. Gli psicologi hanno spiegato l’esistenza del piacere come
fenomeno diverso dall’assenza di sofferenza o dalla presenza di benessere.
Si possono identificare due fonti di piacere:quella che deriva da processo di soddisfazione di un bisogno; e quella che deriva dallo
stesso stimolo.
Il piacere legato alla soddisfazione di un bisogno implica che l’insoddisfazione preceda il piacere, è la così detta legge del
contrasto edonistico. Si deduce che un comfort eccessivo potrebbe annullare il piacere, qui si comprende l’importanza della
seconda fonte di piacere, quella che deriva dalli stimolo in sé.
Secondo Nuttin, questa è la fase ascendente della motivazione, cioè del processo per mezzo del quale s’instaurano nuove
tensioni, e che trasmette all’individuo una volontà di progresso, superamento.
E’ dalla stimolazione in sé che l’individuo riceve piacere, ottiene maggior obiettivo lottando per un piacere che non
raggiungendolo. Una volta raggiunto lo scopo l’individuo è quasi deluso, e punta a sforzare il suo ambiente o a continuare a
stimolarlo.
Il piacere di questo stimolo deriva dalla tensione temporanea che provoca.
Per lo psicologo, la ricerca del piacere un fattore determinante del comportamento umano ed è una forza motivazionale
fondamentale.

Le determinanti del benessere individuale


Eravamo partiti dal punto di vista degli economisti sul bisogno, i quali reputano che è uno “stato di mancanza”, senza precisare
però l’origine di questa carenza. Tale assenza di ipotesi riguardo alle motivazioni spinge l’economista ad una serie di
raccomandazioni di tipo normativo.
Gli psicologi ci permettono di distinguere tre orientamenti motivazionali generali, che evidenziano una grande diversità di
comportamenti e che appaiono come fattori esplicativi del benessere generale dell’individuo. Determinanti che possono essere
definite con tre termini:
 Ricerca di comfort, deriva da due tipologie di comportamento: una riduce la tensione per mezzo della soddisfazione dei
bisogni omeostatici; l’altra lotta contro la noia con stimoli legati a novità. E si propone di colmare una mancanza e di
assicurare così un bene negativo.
 Ricerca di piacere, derivante da due fonti: piacere inerente ala riduzione delle tensioni e quello derivante dalla
stimolazione. Scopo assicurare un bene positivo.
 Ricerca di stimolazione, non solo come mezzo per combattere la noia, ma anche come obiettivo in sé, senz’altro fine al
di fuori della tensione che genera, la quale da piacere e crea opportunità di sviluppo. Scopo assicurare un bene positivo.
L’elenco dei bisogni di Murray
Murray considera il bisogno un “costrutto ipotetico” in quanto la sua natura fisica e chimica è ignota, e che organizza e guida il
comportamento della mente e del corpo al fine di mantenere l’organismo in una condizione di equilibrio.
Murray fornisce un elenco schematico dei bisogni dell’individuo, che classifica secondo quattro dimensioni: bisogni primari e
secondari, bisogni positivi o negativi, a seconda che il soggetto sia attirato o respinto dall’oggetto; manifesti o latenti, a seconda
che il bisogno conduca a un comportamento reale o immaginario; bisogni di cui l’individuo è consapevole o inconsapevole, a
seconda che mantenga nei loro confronti un atteggiamento introspettivo o meno.
Egli ritiene che tutti gli individui abbiano gli stessi bisogni, ma che la loro espressione varia da persona a persona. I bisogni
possono essere indotti da stimoli interni o esterni.
Si possono distinguere tre stati diversi:
a) refrattario, in cui nessuno stimolo è in grado di risvegliare il bisogno;
b)inducibile, in cui il bisogno è inattivo ma può essere risvegliato;
c) attivo, in cui il bisogno determina il comportamento dell’organismo.

La gerarchia dei bisogni di Maslow


Approccio simile è stato adottato da Maslow, che raggruppa i bisogni fondamentali in cinque categorie: bisogni fisiologici, di
sicurezza, sociali, di stima e autorealizzazione.
A suo giudizio ci sarebbe un ordine prioritario nei bisogni, ovvero che ognuno di noi comincia a ricercare la soddisfazione dei
bisogni di primaria importanza per poi passare alla categoria successiva. Ci sarebbe quindi un’attenuazione progressiva
dell’intensità dei bisogni soddisfatti e un’intensità crescente, per quelli di ordine superiore non ancora soddisfatti.
L’evoluzione della struttura dei bisogni e in funzione allo sviluppo dell’individuo, che partendo da un obiettivo generale di
sopravvivenza, andrebbe nella direzione di uno stile o una qualità della vita di maggior livello qualitativo.
Maslow riesce a mettere in evidenza non solo la struttura multidimensionale dei bisogni, ma anche il fatto che essi non siano
presenti con la stessa intensità in tutti gli individui.

La lista dei valori di Rokeach


Le ricerche sui valori umani mettono l’accento sugli obiettivi che gli individui cercano di raggiungere.
I valori sono legati ai bisogni umani, un valore è la convinzione durevole del fatto che uno specifico modelli di comportamento
sia preferibile a un altro, opposto o diverso.
Un “sistema di valori” è un insieme organizzato di convincimenti durevoli, relativamente a modelli di comportamento o di vita.
Due tipi di valori: valori terminali, sono i nostri convincimenti riguardo agli obiettivi che ci proponiamo di raggiungere; valori
strumentali, indicano i nostri convincimenti sulle modalità di comportamento da adottare per raggiungere i valori terminali.
I valori variano da un individuo all’altro, e tali differenze possono essere utilizzate come criterio di segmentazione del mercato.
Rokeach ritiene che il numero totale di valori presenti in ogni individuo sia relativamente basso, ha identificato 18 valori
terminali e strumentali.
Questa analisi è fatta per comprendere le motivazioni individuali, ma per fare ciò bisogna prima conoscere e comprendere i
valori ai quali sono legati gli individui; la comprensione dei cambiamenti nei valori, all’interno della società, faciliterà lo sviluppo
di strategie efficaci nell’affrontare la dinamica del cambiamento sociale.

Il modello della catena “mezzi-fini”


I valori quindi si è dimostrato che svolgono un ruolo rilevante nella gestione del comportamento dell’individuo in tutti gli aspetti
dell’esistenza, utilizzarli nelle ricerche di marketing è produttivo da un punto di vista analitico che previsionale, per confrontare il
comportamento del consumatore con i suoi valori.
Questo è l’obiettivo della teoria mezzi-fini, “modello MEC” elaborato da Gutman e Raynolds.
Questo modello cerca di spiegare come il consumatore scelga i prodotti che gli serviranno a ottenere le conseguenze desiderate,
che lo condurranno al raggiungimento della condizione finale.
Per scoprire gerarchie di mezzi e fini simili a quelle appena descritte, Raynolds e Gutman, hanno sviluppato un metodo
d’intervista e analisi detto laddering, consente di scoprire le relazioni causali tra gli attributi, le conseguenze e i valori.

La teoria dei valori del consumo di Sheth, Newman, Gross


Applicando il concetto di valore ai comportamenti d’acquisto, i tre studiosi descrivono la decisione di acquisto come un
fenomeno multidimensionale che chiama in causa valori diversi:
 Funzionali, l’utilità percepita di un’alternativa, derivante dalla sua capacità di svolgere il proprio ruolo funzionale,
utilitario e fisico.
 Sociali, l’utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua associazione a uno o più gruppi.
 Emozionali, utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua capacità di suscitare sentimenti o reazioni affettive.
 Epistemici, utilità percepita di un’alternativa derivante dalla sua capacità di suscitare curiosità, di apportare del nuovo o
soddisfare un desiderio di conoscenza.
 Circostanziali, utilità percepita di un’alternativa derivante da una situazione da un contesto specifico nel quali si trova
chi deve decidere.
Questi cinque valori apportano contributi diversi in una situazione di scelta, ed essi sono tutti indipendenti gli uni dagli altri.
Il concetto di valore offre all’analista di mercato un quadro concettuale semplice ma completo.

La motivazione del cliente industriale


In ogni economia, esiste una parte importante dell’attività commerciale che è incentrata sulle transazioni fra organizzazioni
o imprese. Si tratta di imprese che vendono attrezzature, semilavorati, materie prime.. e che si rivolgono ad altre imprese
utilizzatrici di questi prodotti.
Pur se è evidente che i principi alla base dell’approccio di marketing hanno la stessa pertinenza sia per le imprese di beni
industriali sia per quelle di beni di consumo, le modalità di apllicazione di questi principi sono differenti.

Specificità dei mercati business-tu-business


Le differenze tra il marketing B2C e B2B possono essere raggruppate in tre categorie, a seconda che interessino la domanda,
il profilo del cliente o le caratteristiche dei prodotti o servizi.
La domanda dei beni industriali. E’ una domanda derivata, cioè espressa da un’organizzazione che utilizza i prodotti
acquistati all’interno del suo sistema di produzione per poter rispondere alla domanda sia di altre organizzazioni sia del
consumatore finale. La domanda industriale s’inserisce in una filiera che dipende da una domanda che sta a valle e che a sua
volta deriva dalla richiesta di beni di consumo. La domanda industriale, di beni d’investimento principalmente, è molto
instabile e reagisce bruscamente a una variazione della domanda finale (principio di accelerazione).
Il cliente industriale. L’impresa industriale ha davanti clienti molteplici: i suoi clienti diretti e i clienti dei suoi clienti. A ogni
livello della catena il cliente industriale possiede una struttura collegiale. Il cliente è un acquirente professionista
tecnicamente competente; l’atto di acquisto implica quindi un livello di standardizzazione.
Il prodotto industriale. Il prodotto ricercato è indicato con precisione dal cliente industriale, esso sa ciò che vuole. I prodotti
acquistati entrano nel sistema produttivo del cliente industriale e presentano un’importanza strategica.

Il cliente industriale (B2B) come centro decisionale d’acquisto


In un’impresa industriale le decisioni d’acquisto sono prese quasi sempre da un centro decisionale d’acquisto, ovvero un
gruppo di individui che devono prendere insieme una specifica decisione d’acquisto, ed ognuno di essi esercita un ruolo
specifico. Il gruppo d’acquisto è caratterizzato dalla presenza di un sistema di comunicazione o d’interazione.
Le varie persone appartengono a funzioni diverse e hanno obiettivi diversi, motivazioni e comportamenti differenti.
Molte decisioni d’acquisto sono quindi conflittuali e derivano da un complesso processo di negoziazioni interna.
Il centro d’acquisto è composto da cinque ruoli che possono essere ricoperti da una o più persone:
 Acquirente, ha il compito formale di definire la condizione d’acquisto, selezionare i fornitori, le marche e negoziare
i contratti.
 Utente, colui che utilizza il prodotto, per esempio operaio.
 Prescrittore, che non necessariamente ha il potere di acquistare, ma è in grado di influenzare la decisione finale.
 Decisore, persona che è responsabile della scelta finale delle marche e dei venditori.
 Filtri, i membri del gruppo che controllano il flusso di informazioni all’interno del gruppo stesso.
Sarà la complessità della decisione e il suo grado di novità per l’impresa a influenzare la composizione del centro d’acquisto.
Si possono distinguere tre situazioni, una situazione di nuovo acquisto,ovvero un nuovo prodotto in una nuova classe di prodotti,
situazione di “riacquisto modificato”, in questo caso il problema e il prodotto sono noti, ma alcuni elementi della situazione
d’acquisto sono stati modificati, l’ultima situazione è di “riacquisto immutato”, ovvero l’acquisto di un prodotto conosciuto non
modificato.

Bisogni generici dei clienti industriali


Il cliente industriale s’identifica con il centro d’acquisto.
Il bisogno in campo industriale va oltre l’idea tradizionale di scelta razionale basata sul solo criterio del rapporto qualità-prezzo.
Le scelte sono razionali nella misura in cui si tiene conto dell’insieme delle motivazioni e dei vincoli che influenzano la decisione
d’acquisto: motivazioni personali, relazioni interpersonali, vincoli economici..
Quello che si potrebbe chiamare bisogno generico del cliente industriale va definito in riferimento ad almeno cinque dimensioni:
1. Dimensione tecnologica
2. Dimensione finanziaria
3. Dimensione di assistenza
4. Dimensione d’informazione
5. Dimensione strategica.
Le determinanti del benessere del cliente industriale sono di natura molto diverse rispetto a quelle che presiedono al benessere
del consumatore finale.

Il comportamento d’acquisto del cliente


I diversi ruoli del cliente
Ogni transazione commerciale richiede che il cliente realizzi tre tipi di azione: acquisto, cioè la scelta di un prodototto o servizio;
il pagamento del prodotto o servizio; il suo utilizzo o consumo.
Quindi può esercitare tre ruoli: acquirente, pagante, consumatore; tutti questi ruoli possono essere esercitati dalla stessa
persona, unità organizzativa oppure da diverse persone o istituzioni.
Ognuno di questi tre ruoli attribuisce a una persona la qualifica di cliente.
E’ importante conoscere il modo in cui i clienti si spartiscono tra loro questi ruoli, allo scopo di adattare gli sforzi di marketing in
base al ruolo ricoperto.
Consumatore è anche acquirente e pagante. La maggior parte dei prodotti acquistati per nostro uso personale, appartiene a
questa categoria. In tal caso una persona ricopre i tre ruoli. Questa situazione rientra nel campo tradizionale dell’analisi del
comportamento del consumatore.
Il consumatore non è acquirente né pagante. Il consumatore si distingue dal pagante e dall’acquirente nella situazione che si
verifica abitudinariamente nei mercati dei beni di consumo acquistati da casalinghe per uso domestico.
Così nei mercati B2B , il servizio acquisti di un’impresa acquista e paga molti prodotti.
Il consumatore è anche acquirente, ma non pagante. In alcuni casi il consumatore è l’acquirente ma non colui che paga il
prodotto o servizio. Tutte le decisioni relative ad acquisti effettuati su conti spese rientrano in questa categoria. Il lavoratore ad
esempio è un consumatore e acquirente, ma non pagante.
Il consumatore è il pagante, ma non l’acquirente. E’ anche possibili che il consumatore paghi il servizio, ma non sia egli stesso a
effettuare l’acquisto, per esempio nei mercati B2B si ricorre spesso a un intermediario esterno, per conto di un’impresa che
finanzia l’operazione e utilizza il prodotto.
Quando un solo consumatore ricopre tutti i ruoli, l’impresa adotterò una strategia diversa rispetto ai casi in cui a essere
utilizzatori sono persone diverse, ovvero paganti e acquirenti.

Il processo d’acquisto e consumo nei mercati B2B


Il comportamento d’acquisto è quell’insieme di attività che precedono, accompagnano e seguono le decisioni d’acquisto e
durante le quali l’individuo interviene attivamente, al fine di compiere scelte con cognizione di causa e non in modo casuale.
Fasi del processo d’acquisto
Nel processo d’acquisto intervengono le fasi tipiche del processo di risoluzione di un problema da parte del cliente. 5 fasi:
Individuazione del problema, ricerca di informazioni, valutazione delle possibili soluzioni alternative, decisione d’acquisto,
comportamento dopo l’acquisto.
Acquirente è considerato come un soggetto attivo, situazione diversa da quando è considerato passivo, ovvero dominato
dall’inconscio e indifeso di fronte alle strategie di vendita dell’azienda e dei pubblicitari.

Il principio di razionalità limitata


Il comportamento d’acquisto non è casuale, ma razionale, cioè indicato dal principio di razionalità limitata, ovvero nei limiti delle
capacità cognitive e di apprendimento degli individui.
Tale principio innanzi tutto presuppone che le scelte sia oggetto di una riflessione preliminare da parte del cliente.
Presuppone che le scelte si effettuino sulla base della previsione di dati futuri e non solo sulla base di osservazioni di breve
periodo.
Infine ritiene che le scelte siano guidate dal principio della scarsità generalizzata, secondo cui ogni atto umano, ogni decisione
comporta un costo-opportunità.
Approccio che prende il nome di comportamento risolutorio razionale, “razionale” non usato in contrapposizione a “emotivo”,
che include un giudizio di valore sulla qualità delle scelte effettuate. I comportamenti adottati saranno considerati razionali nella
misura in cui si dimostreranno coerenti rispetto agli obiettivi fissati, ovvero ci deve essere una ricerca di informazioni orientata
verso lo scopo perseguito, quindi il comportamento è razionale nei limiti delle informazioni conosciute.
Si sta utilizzando il concetto di “coerenza” , ovvero che il consumatore è coerente rispetto ai suoi principi.
Il comportamento razionale non esclude quello di tipo impulsivo, essa comporta solo l’adozione di una procedura sistematica di
scelta, ossia l’utilizzo coerente di un insieme di principi che portano alla scelta.
Le vere scelte sono influenzate da molti valori diversi, ma l’individuo o l’organizzazione possono accettare anche un livello non
ottimale del valore funzionale per ottenere il meglio.

I diversi approcci risolutori


Si possono distinguere tre tipi di comportamenti risolutori:
 Estensivo, laddove il valore delle informazioni e/o il rischio percepito siano elevati
 Limitato, quando l’acquirente si trovi di fronte a una marca nuova e sconosciuta all’interno di una classe di prodotti
nota. I criteri di scelta sono già definiti, ma l’acquisto richiederà una preliminare ricerca di informazioni
 Routine, cliente è riuscito ad accumulare quantità di informazioni e esperienza sufficienti. Si ha una semplificazione del
processo di scelta, che diventa ripetitivo.

La ricerca di informazioni
Non tutte le decisioni d’acquisto richiedono una ricerca sistematica di informazioni.
La maniera in cui il cliente cercherà le informazioni per prendere le decisioni dipende da una serie di fattori: Il rischio percepito. Il
quale dipende dalla difficoltà di stima circa la portata delle conseguenze derivanti dalla scelta da compiere. Abitualmente si
identificano sei tipi di rischi:
1.rischio funzionale, caratteristiche del prodotto non corrispondono alle attese; 2. Rischio finanziario, prezzi più elevati o in caso
di spese per sostituzione o riparazione; 3. Rischio di perdita di tempo, per reclami, resi..; 4. Rischio fisico, prodotti potrebbero
provocare pericoli alla salute o ambiente; 5. Rischio sociale, se il prodotto acquistato trasmette un’immagine sociale che non
corrisponde alla personalità del cliente;
6. Rischio psicologico, genera insoddisfazione.
Per ridurre il rischio prima della decisione d’acquisto, il cliente può ricorrere a fonti di natura pubblica, personale.
Coinvolgimento. E’ una situazione di risveglio vissuta da un individuo riguardo a un’attività legata al consumo. Il grado di
coinvolgimento presuppone un’attenzione particolare verso qualcosa.
Forte coinvolgimento presuppone un livello elevato di riflessione preliminare ,basso coinvolgimento vuol dire che si investe poco
tempo in riflessioni.
Familiarità, con la tipologia di prodotto/servizio si riferisce alle precedenti esperienze che il cliente ha avuto con il prodotto.
Competenza, corrisponde alla conoscenza specifica relativamente alla composizione del prodotto,alle sue caratteristiche o al suo
funzionamento.
Il consumatore competente sa cosa conosce e cosa no, e punta a colmare il deficit di conoscenza, cosa che non accada per il non
competente.
Esistono due stili di shopping: quello di tipo funzionale, ovvero che esso è considerato come strumento per
l’approvvigionamento dei bene; quello ricreativo, il consumatore valuta l’attività di shopping come un’attività autonoma rispetto
all’acquisto, e l’acquirente impiega lunghi tempi per informarsi, definito così un information seeker molto attivo, al contrario di
quello in situazioni di tipo funzionale.

I costi dell’informazione
Le attività di ricerca di informazioni vengono fatte con l’obiettivo di ridurre l’incertezza legata alle alternative possibili, al valore
da assegnare a ciascuna di esse e ai termini di acquisto.
I costi di questa indagine si possono raggruppare in tre gruppi: costi di ricerca, sostenuti per conoscere i mercati e delimitare le
opportunità; i costi di percezione, sostenuti al fine di identificare le caratteristiche dei beni presenti nell’insieme sotto esame;
infine i costi di valutazione, permettono di valutare il grado di presenza delle caratteristiche percepite e di verificare l’autenticità
dei segnali inviati dal mercato sulla qualità dei beni. Questi costi riguardano il tempo impiegato nell’acquisto.

Le fonti dell’informazione
I costi percepiti degli attributi e benefici variano a seconda della loro osservabilità.
Nelson fa una distinzione tra i beni:
-beni con qualità esterne, le cui caratteristiche possono essere controllate facilmente anche prima dell’acquisto;
-con qualità interne verificabili, caratteristiche più importanti si rilevano solo durante l’utilizzo. Importante è quindi la raccolta di
informazioni, che può essere migliorata ricorrendo a fonti di informazioni con livelli variabili di affidabilità: prima fonte sono i
produttori, forniscono informazioni incomplete e parziali, evidenziano solo le caratteristiche positive del prodotto. Fonti di
informazione personali, ovvero gli amici, vicini, affidabilità dipende dalla fonte. Infine fonte di informazione neutra, come riviste
o articoli, permettono di accedere a gran numero di informazioni, che sono obiettive, concrete e informazioni sono date con
competenza.
-con qualità interne non verificabili.

Il prodotto come paniere di attributi


Un prodotto è percepito come un paniere di attributi, che insieme forniscono l’utilità totale del prodotto.
Il cliente in genere si interessa poco alle caratteristiche del prodotto ma più ai vantaggi che egli offre.

La nozione di attributo
Per attributo si intende il servizio offerto o il beneficio ricercato dal cliente e utilizzato come criterio di scelta.
L’utilità totale del prodotto si fonda su un processo d’integrazione delle valutazioni compiute dal cliente su ogni attributo.
Gli attributi di un prodotto possono essere classificati in base alla presenza percepita e all’importanza in:
Servizio o beneficio di base, corrisponde all’utilità funzionale o vantaggio generico di quella determinata categoria di prodotto. Il
servizio di base consente di capire in che mercato opera l’impresa.
Ciò che il cliente cerca non è tanto il prodotto, ma il servizio di base che il bene è in grado di offrire. E’ possibile, che prodotti
molto diversi sotto l’aspetto tecnologico possano offrire lo stesso servizio di base.
Per evitare ciò Levitt suggerisce che l’impresa abbia interesse a definire il suo mercato di riferimento in relazione al servizio
offerto, piuttosto che un particolare tecnologico.
I servizi supplementari necessari o aggiunti, oltre all’utilità funzionale di base, il prodotto offre un insieme di altre utilità o
servizi, secondari rispetto al servizio di base.
Questi servizi supplementari possono essere di due tipi: necessari, s’intendono le modalità di produzione del servizio di base e
tutto ciò che accompagna di norma il servizio di base; aggiunti, utilità non legate al servizio di base, offerti in più da un
determinato prodotto (elemento di distinzione).
Ovviamente differenti clienti possono attribuire differenti gradi di importanza alla presenza di alcuni attributi, si può definire
quindi un prodotto come un paniere di attributi che genera il servizio di base, e servizi supplementari, la cui importanza e utilità
varia in base ai potenziali clienti.
Ogni persona ragionevole desidera ottenere il massimo in cambio del minimo: miglior servizio, performance, ma anche il prezzo
più conveniente, ma essendo obiettivi inconciliabili esso e costretto a trovare un compromesso e a valutare quali benefici sono
più importanti.

Performance: il grado di presenza percepito di un attributo


Un attributo può essere ritenuto fondamentale da un cliente, ma la sua presenza in un prodotto può anche non essere ben
percepita.
Le valutazioni relative all’importanza devono essere completate da valutazioni relative al grado di presenza percepito degli
attributi.
Gli individui hanno idee e preconcetti sulle performance degli attributi dei prodotti, e per misurarle si possono applicare i metodi
delle ricerche di mercato.
Il valore di un attributo dipende dall’unione di due fattori: il punteggio di importanza e il suo grado di presenza percepito, valore
detto “utilità parziale dell’attributo”; esso è rappresentato dai valori soggettivi associati a ciascuno dei livelli degli attributi.
L’utilità totale di un prodotto, è considerata uguale alla somma, o al prodotto, delle utilità parziali. La determinazione dell’utilità
totale presuppone il ricorso a un modello d’integrazione delle utilità parziali.
L’interesse nei confronti dell’atteggiamento deriva dalla convinzione che esso sia in grado di fornire previsioni sul
comportamento, che hanno notevole importanza nell’elaborazione di una strategia di marketing.

Il customer relationship management


La gestione del rapporto con il cliente è al centro nel processo di marketing.
In passato le analisi si limitavano a misurazioni interne della qualità, la misurazione più evidente del grado di soddisfazione
sembrava essere rappresentata dal livello delle vendite o quote di mercato; il livello di insoddisfazione scaturiva solo dal numero
di reclami.
Ma in realtà non era così semplice, perché ci può essere una significativa differenza tra ciò che l’azienda pensa che il cliente
desideri e ciò che veramente vuole. Da qui nasce la necessità d’interpellare direttamente il cliente e misurare la sua
soddisfazione o insoddisfazione.

Definizione di CRM
La fondamentale differenza del CRM per com’è oggi inteso è data dal fatto che le aziende hanno acquistato una maggiore
possibilità di utilizzare tecnologie e gestire relazioni on-to-one con numero di clienti enorme in un mercato globale.
Lo scopo del CRM è quello di aumentare in modo efficace e efficiente l’acquisizione e il mantenimento di clienti redditizi
avviando in modo selettivo, costruendo e mantenendo con loro un rapporto.
Anche il mark. Relazione si proporne di sviluppare reazioni reciproche e a lungo termine con i clienti più redditizi.
Il CRM, parte dall’identificazione all’interno del segmento target degli “indiziati”, cioè coloro che potrebbero essere interessati al
prodotto o servizio offerto; dei “candidati”, ossia gli indiziati che hanno i mezzi per pagarlo, e i “candidati non accreditati”, coloro
che l’azienda esclude perché non sufficientemente affidabili.
Lo sviluppo dell’information technology e tecnologie del web possono aiutare in queste relazioni selettive; i vantaggi che esse
comportano sono sempre maggiori, perché costano sempre meno, e un’azienda che usa diversi strumenti per il CRM ha la
possibilità di rivolgersi ai clienti più promettenti in modo più efficace.

Il comportamento del cliente dopo l’acquisto


L’obiettivo del CRM è costruire rapporti duraturi con il cliente, e per farlo è necessario; a) monitorare la soddisfazione del
cliente; b) gestire correttamente i reclami dei clienti insoddisfatti; c) trovare soluzioni appropriate ai loro problemi; d)
ricompensare i clienti che dimostrano fedeltà.

Il comportamento del consumatore insoddisfatto


Alcuni studi dimostrano che nel complesso circa il 40,7% delle transazioni di un’impresa può dare problemi ai clienti: una
percentuale d’insoddisfazione che non è rispecchiata dal dato relativo ai reclami formali, che rappresentano solo la punta
dell’iceberg.
Se i reclami vengono trattati in modo corretto dal servizio post-vendita i danni per l’impresa possono essere contenuti, a
costituire un serio problema invece sono quei clienti che sono insoddisfatti ma non comunicano la propria insoddisfazione.
Motivo per cui è importante adottare un atteggiamento proattivo, misurando regolarmente il grado di
soddisfazione/insoddisfazione del cliente.
Per i clienti insoddisfatti che presentano un reclamo e ricevono una risposta non esaustiva, il tasso di non recupero del cliente è
del 54%, mentre se il problema viene risolto si ha una possibilità di recupero pari al 96%.
I clienti che comportano dei problemi sono perciò: chi è scontento ma non si lamenta, e chi si lamenta ma non viene soddisfatto
come si aspettava; questi clienti costituiscono una pubblicità negativa per l’impresa.
Le ricerche sul comportamento dei clienti insoddisfatti consente di trarre tre conclusioni: 1. Il livello di soddisfazione/
insoddisfazione del cliente rappresenta un dato fondamentale nel sistema informativo di mercato di qualsiasi impresa; 2. Un
reclamo non è sempre negativo, se si apportano le risoluzioni adeguate al problema; 3. I reclami sono importante fonte
d’informazione per comprendere i bisogni e la percezione di qualità dei clienti.

Metodi di misurazione della soddisfazione/insoddisfazione


Il modello concettuale utilizzato è lo stesso del modello del paniere degli attributi; la procedura d’indagine si articola in tre fasi:
innanzi tutto viene stabilito il livello generale di soddisfazione dell’intervistato e poi misurate le intenzioni di ripetere l’acquisto.
Il primo passo consiste nel calcolare il punteggio medio di performance e le deviazioni standard relative a ciascun attributo;
valori poi messi a confronto o con i valori medi del settore di appartenenza o con il punteggio ottenuto rispetto ai concorrenti.
Dal confronto si ottiene una fotografia credibile della qualità percepita del prodotto.
I punteggi verranno distribuiti lungo due assi: su quello orizzontale i valori relativi alla performance media e su quello verticale le
deviazioni standard.
Se deviazione è alta vuol dire che pochi hanno espresso la stessa opinione, se è bassa è il contrario.
Si potranno avere 4 risultati: nel quadrante inferiore destro si ha una soddisfazione omogenea, ovvero clienti quasi tutti
soddisfatti; quadrante in alto a destra si ha una soddisfazione distribuita, clienti esprimono opinioni diverse; quadrante superiore
sinistro si ha un’insoddisfazione distribuita, la maggioranza dei clienti è insoddisfatta, ma alcuni meno di altri; ultimo quadrante
si ha un insoddisfazione omogenea.

Stili di risposta legati alla soddisfazione e all’insoddisfazione


I clienti esprimono reazioni diverse di fronte alla soddisfazione e all’insoddisfazione.
Jones e Sasser distinguono sei profili del comportamento di fedeltà:
1. Apostolo, cliente molto soddisfatto che parla della sua esperienza ad altri;
2. Fedele, cliente soddisfatto che non parla con altre persone del suo stato d’animo;
3. Disertore, cliente insoddisfatto che se ne sta zitto;
4. Terrorista, insoddisfatto che parla;
5. Mercenario, cliente tendenzialmente soddisfatto che farebbe qualsiasi cosa pur di ottenere un miglior trattamento;
6. Ostaggio, soddisfatto o meno non ha altra scelta.

Il rapporto soddisfazione-fedeltà
Se il livello di soddisfazione del cliente è alto il suo livello di fedeltà crescerà, diventando il principale motore della performance
finanziaria a lungo termine.
Analizzando il rapporto tra soddisfazione e fedeltà sul grafico di Jones e Sasser si potrebbe pensare che il loro rapporto sia di tipo
lineare,ovvero che non l’aumentare della soddisfazione dovrebbe aumentare anche la fedeltà.
Ma in realtà si è dimostrato che tale rapporto era molto più complesso. Nei mercati non competitivi, il grado di soddisfazione ha
un impatto limitato sulla fedeltà, si tratta di mercati monopolistici regolamentati. In questi i mercati i clienti sono clienti vincolati.
Situazione che può cambiare rapidamente se la fonte del monopolio scompare, attraverso la deregolamentazione del settore o
anche la comparsa di una tecnologia sostitutiva. Nei mercati competitivi in cui la concorrenza è intensa, vi sono notevoli
differenze nel tasso di fedeltà tra i clienti “soddisfatti” e quelli “pienamente soddisfatti”.
Limitarsi semplicemente a soddisfare i clienti non è più sufficiente, perché solo i clienti che sono pienamente soddisfatti sono
veramente fedeli, e ciò ha un effetto sulla redditività dell’impresa.

Il processo d’acquisto nei mercati B2B


L’analisi del processo d’acquisto del cliente industriale consiste nell’identificare il ruolo specifico di ciascun membro del centro
d’acquisti nelle diverse fasi del processo decisionale.

Fasi del processo d’acquisto


Il processo d’acquisto del cliente industriale si divide in diverse fasi: identificazione dei bisogni, determinazione delle specifiche e
programmazione dell’acquisto, identificazione delle alternative d’acquisto, valutazione delle attività alternative d’acquisto, scelta
dei fornitori, controllo e valutazione delle performance.
I ruoli dei membri del centro d’acquisto sono differenti in ogni fase del processo decisionale.
Ci sono vari schemi utili per comprendere il processo decisionale; e la formazione dei venditori su questi schemi offre molteplici
vantaggi. In primo luogo essi possono comprendere il ruolo del cliente e il sistema all’interno del quale egli esercita la sua
funzione. Secondo possono andare oltre il contatto con il cliente.
Terzo, possono definire meglio in quale momento è opportuno prendere direttamente l’iniziativa e quali sono gli elementi per
aumentare l’efficacia dei contatti. Infine, possono beneficiare di una condizione migliore per cogliere le opportunità nel
momento in cui si presentano, grazie alle relazioni.

Filiera industriale
Una filiera industriale è costituita da tutti gli stadi del processo produttivo che porta, dalle materie prime, a soddisfare il bisogno
del cliente finale, indipendentemente dal fatto che questo bisogno riguardi un bene o servizio.
La forza strategica di un cliente industriale dipende dalla sua capacità di anticipare e controllare il mercato della filiera alla quale
prende parte.

Struttura tipica di una filiera industriale:


1. Prima trasformazione, domanda riguarda materie prime che vengono trasformate in semilavorati;
2. Trasformazione finale, domanda riguarda prodotti grezzi che poi verranno trattati in modo più complesso;
3. Primo assemblaggio, domanda riguarda prodotti finiti, utilizzati poi per fabbricare prodotti più complessi;
4. Assemblaggio finale, prodotti finiti che vengono assemblati per la domanda finale;
5. Assemblatori,domanda riguarda varietà di prodotti che vengono assemblati per creare sistemi o complessi.
A seguito di queste domande vanno aggiunte anche quelle collaterali, che riguardano i beni d’investimento, materiali di
consumo..
L’impresa industriale quindi si trova a confrontarsi con una serie di domande che determineranno poi a sua domanda; essa si
deve confrontare con due tipi di clienti: clienti diretti e i clienti diretti dei suoi clienti diretti.

La gestione della relazione cliente-fornitore nei mercati B2B


Nei mercati B2B ci sono tre tipi di clienti che si rapportano coi fornitori:
Cliente collaborativo, vuole e può avere un rapporto condiviso con il fornitore, quindi scambio reciproco di informazioni ed è la
tipologia ideale di orientamento al cliente per far funzionare il marketing one-to-one.
Cliente attivo, quando ricerca il controllo quasi totale della relazione d’acquisto.
Cliente passivo, ha un basso livello di coinvolgimento dell’esperienza d’acquisto e non dimostra fedeltà.

Unità 7 ->IL SISTEMA INFORMATIVO DI MARKETING


Struttura del sistema informativo di marketing
Pochi i manager soddisfatti del genere di informazioni di mercato che ricevono, i motivi di insoddisfazione sono:
 Informazioni spesso non corrispondono a quelle di cui si ha bisogno;
 Eccesso di informazioni;
 Informazioni disperse all’interno dell’azienda;
 Informazioni fondamentali arrivano troppo tardi per essere utili;
 Alcuni manager possono tenere per sé le informazioni;
 Difficile verificare l’attendibilità e la precisione delle informazioni.
Motivo per cui è emerso il concetto di sistema informativo di marketing (SIM), che acquisisce e diffonde i dati di mercato
nell’ambito dell’organizzazione, favorendo maggior orientamento al mercato. L’obiettivo delle SIM è integrare fra loro i dati di
mercato e quelli relativi al cliente, in modo da creare un flusso continuo di informazioni utili alle decisioni di marketing.
In questa situazione le SIM devono analizzare le informazioni esistenti, strutturare un sistema informativo (= insieme di attività,
tecnologie,metodologie.. volto alla raccolta, al trattamento, alla conservazione di dati riguardati il mercato) che le soddisfi,
centralizzare le informazioni disponibili e predisporne la diffusione nell’organizzazione.
Le informazioni provenienti da contesti di macromarketing vengono analizzate da tre sottosistemi diversi: il sistema contabilità
interna, sistema di business intelligence e il sistema di ricerca di marketing. Un quarto sottosistema è il sistema analitico di
mercato, che si occupa dell’elaborazione dei dati e del trasferimento delle informazioni.

Sistema di contabilità interna


I dati interni vengono raccolti per scopi diversi da quelli della ricerca, sono definiti dati secondari interni.
I dati vengono raccolti in varie situazioni, come ad esempio nelle vendite; un rapporto di vendita mensile classificato per
prodotto, clienti e territorio di vendita permette di svolgere delle analisi:
confronto tra le vendite del periodo e dell’anno precedente; analisi del tasso di concentrazione del fatturato per cliente;
valutazione dell’efficienza delle vendite attraverso l’osservazione delle vendite per area, della frequenza delle visite..
Questi dati elaborati dal sottosistema analitico di mercato, rappresentano un database che può essere utile a scopo previsionale.
Si possono fare analisi di diverso tipo: grafiche, per identificare tendenze, andamenti e tassi; previsioni di vendita a breve; analisi
della correlazione tra le vendite e i fattori di base; modelli econometrici.
Ci sono dei requisiti da tenere presente per la strutturazione di un sistema di report:
Tempestività, informazioni devono essere a disposizione quando servono; Flessibilità, informazioni fornite in formativi
diversificati e con dettagli diversi; Inclusività, il sistema deve coprire tutte le esigenze informative; Accuratezza, livello di
precisione deve essere adeguato all’ambito decisionale; Comodità delle informazioni.
Questi dati che arrivano dal sistema di internal accounting costituiscono in fondamento delle SIM.

Il sistema di business intelligence


Il sottosistema di business intelligence ha il compito di raccogliere informazioni sul contesto, per consentire al management di
tenere constante mento dotto controllo le forze e debolezze della posizione competitiva dell’impresa nel mercato.
Per raccoglier informazioni esistono diversi metodi:
1.Metodo casuale, ovvero una ricerca di informazioni condotta per contro proprio da manager stessi;
2. Forza vendita, mezzo ideale per fornire informazioni su molti aspetti relativi al mercato e per individuare eventuali
trasformazioni;
3.Centri informativi, vantano la presenza di personale che può effettuare ricerche sistematicamente;
4.Gran numero di imprese acquista informazioni ricavate da ricerche commissionate da vari clienti a servizi associati, che
raccolgono dati.
Oltre al sistema contabile interno e al market intelligence, il marketing management necessita dello studio di opportunità o
problemi specifici, e per farlo ci si affida alla ricerca di marketing.
Il sistema della ricerca di marketing
Il ruolo della ricerca di marketing è fare la diagnosi delle esigenze informative e la selezione di variabili rilevanti e collegate tra
loro, in base alle quali vengono raccolte, registrare e analizzate informazioni valide.
La ricerca di marketing deve assolvere quattro funzioni.
1. Deve diagnosticare l’esigenza d’informazione
2. Deve selezionare le variabili da misurare
3. Deve assumersi poi la responsabilità della validità interna ed esterna delle informazioni raccolte
4. E’ necessario che la ricerca di marketing trasmetta le informazioni al management per aiutarlo nella comprensione,
decisione e controllo.
L’analista deve quindi partecipare in modo attivo alla definizione del problema, l’elaborazione del piano di ricerca e
interpretazione dei risultati.

Importanza della ricerca di marketing a livello manageriale


La ricerca di marketing è utile ai fini delle decisioni strategiche e operative di marketing. E’ possibile identificare tre diversi
obiettivi:
1. Supporto alla comprensione, ovvero scoprire, descrivere, analizzare i fattori di mercato e la domanda, ed è strettamente
legato alla decisione di marketing strategico e ha una rilevante componente creativa: la scoperta di nuove opportunità;
2. Supporto alla decisione, bisogna invece individuare le strategie e gli strumenti di marketing per determinare il livello ottimale
di intervento;
3. Supporto al controllo, ci si propone di valutare la performance e i risultati dei programmi di marketing.
Gli ultimi due obiettivi riguardano in modo più diretto chi si occupa di marketing operativo.

La tempistica della ricerca di mercato


L’interrogativo di un manager davanti a un problema è se avviare o meno una ricerca di marketing specifica. Nell’esaminare il
problema bisogna tenere conto di alcuni fattori: i vincoli temporali, bisogna tenere conto del bisogno rapido di prendere
decisioni, fattore che rafforza l’importanza delle SIM; disponibilità dei dati, quando l’impresa ha gestito correttamente il SIM
vuol dire che ha davanti giù un buon numero di informazioni per prendere una decisione ottimale; il valore per l’impresa, che
dipenderà dalla natura delle decisioni da prendere.

Ricerca di marketing e metodo scientifico


La ricerca di marketing deve avere un fondamento scientifico, puntualizzazione è importante perché la ricerca di marketing deve
produrre conoscenze certificate senza le quali non è possibile adottare buone decisioni.
Il principale interesse del management è quello di prendere decisioni basate su dati accurati e imparziali, è chiaro che il
ricercatore di mercato deve seguire procedure scientifiche che assicurino l’accuratezza della raccolta e analisi dei dati.
Le regole del metodo scientifico si propongono due tipi di validità dei risultati:
interna, riguarda la relazione tra due variabili. Uno studio ha validità interna solo se possiamo ritenere che esista realmente un
relazione di causa-effetto tra le due variabili esaminate.
Esterna, riguarda la possibilità di generalizzare i risultati osservati.
Il problema della validità scientifica è fondamentale poiché l’impresa assumerà, in base ai risultati della ricerca, decisioni moto
rischiose , come il lancio di un nuovo prodotto.

Caratteristiche della conoscenza scientifica


Per fare una ricerca di marketing secondo il metodo scientifico, è necessario comprendere le caratteristiche fondanti della
conoscenza scientifica (la quale stabilisce i dati empirici ottenuti con l’aiuto di teorie, i quali permettono di chiarire la teoria
stessa)
 La conoscenza scientifica va oltre i semplici fatti. L’analista di mercato non dovrebbe limitarsi a usare fatti facilmente
osservabili o dati già disponibili, dovrebbe cercare riscontri nuovi.
 La conoscenza scientifica è verificabile, una conoscenza deve poter essere testata empiricamente per essere definita
scientifica.
 La conoscenza scientifica è analitica. Il ricercatore tenta di scomporre il processo decisionale d’acquisto nelle sue fasi
fondamentali per determinare quale sia il meccanismo di funzionamento dell’intero processo.
 La conoscenza scientifica è chiara e precisa. La scienza tende alla precisione, accuratezza e riduzione dell’errore.
 La conoscenza scientifica è comunicabile. I risultati di una ricerca devono essere presentati in modo esaustivo per
consentire a un altro analista di riprodurre lo studio a scopo di verifica.
 La conoscenza scientifica ha valore generale. Il ricercatore di mercato dovrebbe inserire i singoli fatti in contesti più
generali, per poter applicare le teorie a una varietà di fenomeni.

L’Interfaccia manager-ricercatore
L’importanza della ricerca di marketing per il management è in parte dovuta alla qualità dell’interfaccia tra analista di mercato e
il manager incaricato della decisione. Spesso i ricercatori non sono sufficientemente orientati al management e i manager non
sono orientati alla ricerca, per risolvere ciò è necessaria una definizione e reciproca accettazione delle responsabilità delle due
parti. L’utilizzatore della ricerca dovrebbe informare il ricercatore su il problema specifico dell’impresa, l’origine del problema, i
dati che verranno forniti all’azienda. Il ricercatore dovrà invece essere onesto circa i limiti dei risultati attesi, fornire spiegazioni
delle conclusioni, richiedere le informazioni per svolgere la ricerca.. Nel riportare i risultati alcuni ricercatori non riconoscono di
avere un ruolo puramente di consulenza e non decisivo.
Fasi del processo di ricerca
Le cinque fasi del processo di ricerca sono:
1. Definizione del problema, si esige che manager e ricercatori definiscano il problema chiaramente, in questa fase è
fondamentale l’esistenza di un’interfaccia decisore-analista.
2.Disegno della ricerca, è un piano che specifica i metodi e i procedimenti di raccolta e analisi dei dati richiesti. La sua
elaborazione è di competenza dell’analista. Il decisore poi approverà il piano per far si che le informazioni siano adatte alla
soluzione del problema.
3.Raccolta di informazioni, approvato il piano inizia la raccolta di informazioni, fase affidata alle società specializzate in ricerche
di mercato. La fase di raccolta dei dati si articolate in due momenti: pre-test (basato su un campione ridotto, che ha lo scopo di
stabilire se la raccolta sia adeguata) e lo studio vero e proprio su un campione vasto.
4.Elaborazione e analisi dei dati, completata la raccolta i dati devono essere convertiti in una forma che risponda agli
interrogativi del manager. Fase che richiede la revisione, la codifica, classificazione e analisi dei dati.
5.Presentazione del rapporto di ricerca, la fase finale del processo di ricerca consiste nell’interpretare le informazioni e nel trarre
le conclusioni utili alle decisioni del management. Al manager bisogna conferire informazioni valide e efficaci.

Tipologie di ricerche di marketing


Si possono classificare le ricerche di marketing in base alla tecnica utilizzata (es. sondaggi, esprimenti..) o alla natura del
problema (determinerà a sua volta la natura esplorativa o conclusiva).
La ricerca esplorativa serve a chiarire la natura di un problema e generare nuove idee, percezioni.
La ricerca descrittiva, serve a determinare la frequenza con cui qualcosa si verifica o la relazione tra due variabili.
La ricerca causale è la forma più ambiziosa di ricerca e si pone di trovare delle relazioni di causa ed effetto.

La ricerca esplorativa
La ricerca assume carattere esplorativo quando l’accento cade sulla ricerca di punti di vista e idee più che sulla verifica formale di
ipotesi derivate da teorie o da preesistenti ricerche.
Obiettivi della ricerca esplorativa
Si adotta questo tipo di ricerca quando l’impresa si trova davanti a problemi mal definiti. I principali obiettivi di questa ricerca
sono: esaminare la minaccia proveniente da un problema, formulare un problema per un indagine più precisa, formulare ipotesi,
raccogliere informazioni, stabilire priorità di ricerca,chiarire un concetto.

Sviluppo delle ipotesi


La ricerca esplorativa è utile nella prima fase cioè quella di formulazione del problema, poiché traduce il problema stesso in
obiettivi specifici di ricerca che si prestano a una verifica sperimentale. Obiettivo è sviluppare ipotesi verificabili.
Un’ipotesi p una proposta congetturale che fornisce una risposta possibile alla domanda di ricerca formulata.
L’analista genera ipotesi tramite diverse fonti di informazioni:
le teorie (economiche, sociologiche..), l’esperienza dei manager, l’utilizzo di dati secondari, la ricerca di tipo esplorativo nel caso
le prime tre fonti fossero insufficienti.
Al termine l’analista dovrebbe essere in grado di sapere quali dati raccogliere per verificare o smentire spiegazioni contrapposte.

L’uso dei dati secondari


I dati secondari sono dati già pubblicati e raccolti per scopi diversi da quelli della ricerca e le principali fonti di dati secondari
sono interne, come ad esempio attività di marketing, informazioni sui costi.. e sono concentrati nel sistema di contabilità
interna; ed esterne provenienti da una vasta gamma di fonti quali le pubblicazioni governative, associazioni, ricerche private..
I dati secondari comportano anche degli svantaggi: 1 informazioni non aggiornate, 2 difformità nella definizione dei termini, 3
unità di misura non coerente.
In caso di utilizzo dei dati secondari bisogna seguire alcune regole, primo utilizzare sempre la fonte originale dei dati secondari,
secondo identificare gli obiettivi della pubblicazione per assicurarsi l’accuratezza dei dati secondari, terzo valutare qualità della
metodologia utilizzata.

L’indagine presso informatori chiave


Dopo aver esaminato le fonti secondarie, si possono ottenere ulteriori spunti e idee discutendo con persone dotate di
conoscenza e esperienza, che sono gli operatori, ovvero tutti coloro che partecipano allo scambio e gli esperti, colo che
possiedono informazioni privilegiate in virtù della loro professione.

Benchmarking e analisi di casi selezionati


Terzo metodo usato nella ricerca esplorativa consiste nell’analisi dettagliata di casi simili al fenomeno studiato, alla ricerca di
spiegazioni o per decidere come comportarsi.

Discussioni all’interno di focus group


L’intervista con il focus group è un tipo più complesso di ricerca esplorativa. Essa non è strutturata e si sviluppa liberamente
all’interno di un piccolo gruppo di 8-12 individui.
Il gruppo è formato da un intervistatore e i partecipanti, che si riuniscono, l’intervistatore introduce l’argomento e incoraggia i
membri del gruppo a discuterne tra loro. I vantaggi di queste interviste sono la rapidità, la facilità di esecuzione e i costi
contenuti. Dal primo incontro l’analista apprende moltissimo; il secondo è più produttivo; e nelle successive sedute non si fa che
ripetere ciò che è già stato detto in precedenza e non è più opportuno organizzarne altre sullo stesso argomento.
Può essere utile anche per creare delle ipotesi relative al problema da analizzare, è utile anche perché è flessibile ed è in grado di
indagare differenti casi di comportamento del consumatore e consente agli intervistati di stimolarsi a vicenda.
Presenta però anche alcuni limiti come il fatto che gli intervistati non sono un campione della popolazione quindi la validità
esterna dei risultati è limitata, l’interpretazione dei risultati è soggettiva e che le valutazioni derivanti da interviste di gruppo
tendono ad essere conservatrici, favorendo idee non troppo innovative.

Tecniche proiettive
Le tecniche proiettive sono modalità indirette usate per formulare e sottoporre le domande agli intervistati, per far in modo che
proiettino convinzioni e sentimenti su un soggetto o oggetto esterno quando esposti a uno stimolo non strutturato. Queste
tecniche partono dal presupposto teorico che una persona a cui si chiede di strutturare o organizzare una situazione
sostanzialmente non strutturata o ambigua, potrà farlo facendo appello alla sua personalità o al suo atteggiamento.

Limiti della ricerca esplorativa


La ricerca esplorativa non può sostituire quella quantitativa e conclusiva. Il pericolo nell’accettazione dei risultati forniti da un
focus group o da una breve serie di interviste informali è duplice.
In primis, i risultati non sono rappresentativi della popolazione totale e non sono pertanto proiettabili su un campione più vasto.
Secondo, vi è un elevato grado di ambiguità nei risultati, dovuto alla loro interpretazione da parte di moderatori.
Il rischio più grave è dato però dal fatto che venga scartata un’idea valida e promettente che non è stata considerata tale nello
studio qualitativo.

La ricerca descrittiva
La ricerca descrittiva è studiata per descrivere le caratteristiche di una determinata situazione o una determinata popolazione di
soggetti.
A differenza di quella esplorativa che è caratterizzata dalla flessibilità, questa si propone di ottenere una descrizione accurata e
completa di una situazione, la tecnica più diffusa è il sondaggio o survey.

Obiettivi della ricerca descrittiva


L’obiettivo principale di questa ricerca è fornire un’immagine chiara di un particolare aspetto del mercato in un dato momento o
di controllare l’andamento di una determinata attività nel tempo.
Questa ricerca per definire con esattezza la procedura di raccolta dati deve prima conoscere il problema.
Prima di iniziare una ricerca di questo tipo bisogna rispettare tre condizioni: formulare una o più ipotesi derivate dalla domanda
di mercato, specificare ogni dettaglio della ricerca e specificare il metodo di raccolta delle informazioni.
Ci sono due tipi di studi descritti: quelli trasversali, che si riferiscono a un campione di popolazione, cui caratteristiche vengono
rilevate una volta sola e studi longitudinali, forniscono misure ripetute nel tempo.

Metodi di raccolta di dati primari


Ci sono tre diversi metodi: le osservazioni, le survey e le sperimentazioni.

Metodi di osservazione
L’osservazione è il processo sistematico di registrazione degli schemi comportamentali di persone, senza interrogarle o
comunicare con loro.
L’analista di mercato che ricorre a questo metodo vede verificarsi cinque fenomeni: le azioni e le prove fisiche, come gli acquisti;
i fattori temporali, come il momento dello shopping; le relazioni e le localizzazioni spaziali, come misure del traffico; i
comportamenti espressivi e le informazioni pubblicate.
Principale vantaggio di questo metodo è dato dal carattere non invasivo, poiché non è necessaria forma di comunicazione con
l’oggetto dell’osservazione.
Questi metodi hanno un grave limite: non sono utili nello studio di motivazioni, attitudini, preferenze e intenzioni, quindi il loro
uso va limitato alla raccolta di dati primari.

Metodi basati sui sondaggi


Ci sono quattro metodi per raccoglier ei dati di un sondaggio:
1. Le interviste personali,si adattano a concetti di prodotto complessi che richiedono spiegazioni articolate o nuovi
prodotti. Generalmente l’intervista si basa su un questionario.
2. Interviste telefoniche, si adattano a concetti di prodotto basilari e ben definiti. Questo metodo conteste una forte
velocità di raccolta di informazioni e costi contenuti; svantaggio è la difficoltà di ottenere un campione rappresentativo.
3. Questionari postali, sono utilizzati per allargare il campo dell’inchiesta. Metodo meno costoso rispetto alle interviste
telefoniche.
4. Sondaggi online.

Struttura dei questionari


Il questionario è un insieme di domande selezionate allo scopo di produrre i dati necessari agli obiettivi di un progetto di ricerca.
Esso è uno strumento di misurazione e costituisce il canale attraverso cui le informazioni vengono raccolte dagli intervistati e
trasmesse ai ricercatori, i quali le passeranno ai manager che le useranno nel processo decisionale.
Canale che ha un duplice ruolo comunicativo: a) deve comunicare a chi risponde qual è l’obiettivo della ricerca, b) comunicare al
ricercatore cosa ha detto l’intervistato.
Una delle caratteristiche fondamentali di un buon questionario è il suo grado di standardizzazione, condizione fondamentale
perché le risposte ottenute da diverse persone siano confrontabili.

Metodi di campionamento
Il problema successivo è selezionare i soggetti da intervistare.
Un metodo è quello di raccogliere informazioni da ogni componente della popolazione attraverso un censimento, secondo
metodo è selezionare una porzione di popolazione scegliendo un campione.
Le tecniche di campionamento possono essere divise in due categorie: campioni probabilistici, per cui viene eseguita una
selezione oggettiva; campioni non probabilistici, la procedura di selezione è soggettiva.
Tra i campioni probabilistici distinguiamo:
 Campione casuale,procedura di campionamento che garantisce che tutti gli elementi della popolazione abbiano
probabilità conosciuta e uguale di essere nel campione.
 Campione stratificato,popolazione target suddivisa in strati, in base a diversi criteri e da ognuno di essi viene prelevato
un campione casuale. L’unione dei diversi campioni da luogo a un campione stratificato.
 Campione a stadi, popolazione target è suddivisa in diversi sottogruppi detti “blocchi” da cui viene selezionato un
campione casuale.
 Campionamento per area.

Campioni non probabilistici


Tre tipi di campioni:
 Campioni di convenienza, basati essenzialmente sulla praticità con cui si riescono a rintracciare i soggetti.
 Campioni a scelta ragionata, per i quali l’analista cerca di selezionare gli individui che con maggiore probabilità
apporteranno un’informazione pertinente alla ricerca
 Campioni “per quote”, si avvicinano ai campioni stratificati e di convenienza.

Gli errori nella ricerca


L’errore totale associato alla ricerca può essere suddiviso in due categorie: errore di campionamento, che può essere ridotto o
controllato aumentando le dimensioni del campione o migliorandone la struttura; errore sistematico è più difficile da controllare
, perché nasce da una moltitudine di fattori diversi, il modo per ridurre al minimo questo errore consiste nell’applicare un
controllo severo a tutto il processo di raccolta, codifica e analisi dei dati.
Dalla raccolta dei dati all’acquisizione delle conoscenze
Completata la raccolta dei dati, il processo più importante consiste nella loro analisi, il processo si compone di diverse fasi: la
conversione dei dati, analisi descrittiva che fornisce un’idea iniziale sulla natura dei dati, l’analisi inferenziale, che si propone di
analizzare la portata e natura delle possibili associazioni tra coppie di variabili.

La ricerca causale
Il ruolo della ricerca causale è quello di stabilire l’esistenza di un nesso causale tra le variabili, dove si ritiene che una influenzi
l’altra; mentre uno studio descrittivo può solo ipotizzarlo.
Lo strumento più utilizzato in questa ricerca è l’esperimento controllato.
Obiettivi della ricerca causale
Tre obiettivi distinti:
1. Definire la direzione e l’intensità di un nesso causale fra uno o più variabili d’azione e una variabile di risposta
2. Misurare il tasso di influenza di una variabile d’azione su una variabile di risposta
3. Elaborare previsioni su una variabile di risposta in base a diversi livelli di variabile d’azione.
Per poter determinare l’esistenza di una relazione causale, è necessaria la presenza di tre condizioni:
1. Variabile d’azione deve precedere la variabile di risposta
2. Deve sussistere una correlazione tra un’azione e un risultato rilevato tramite osservazione
3. Influenza di altri possibili fattori causali deve essere stata eliminata o essere sotto controllo

Definizione della sperimentazione


La sperimentazione è una forma d’indagine in cui il ricercatore manipola e controlla una o più variabili d’azione e osserva i valori
assunti dalle variabili di risposta, corrispondentemente a tali manipolazioni.
Le unità sperimentali sono le entità che subiscono gli effetti del trattamento e di cui si misurano le risposte.
Un piano sperimentale comporta la definizione dei seguenti elementi: i trattamenti da sottoporre a manipolazione, le unità
sperimentali da utilizzare, le variabili di risposta da misurare e la procedura di gestione delle variabili estranee.
Si distinguono due tipi di sperimentazione:
1.esperimento di laboratorio, dove si ricrea la condizione desiderata
2.esperimento sul campo, realizzato in una situazione realistica.

Parte terza -> L’implementazione del marketing strategico


Unità 8 ->L’analisi dei mercati attraverso la segmentazione
Una delle prime decisioni riguarda l’identificazione del mercato di riferimento e la scelta dei segmenti di clienti target.
Scelta che comporta la scomposizione del mercato in sottoinsieme omogenei di clienti in termini di bisogni,
comportamenti e motivazioni d’acquisto. Potrà pi valutare l’attrattività di ogni segmento e valutarne la competitività prima
di decidere a quele segmento target rivolgersi.

Fasi del processo di segmentazione strategica


Il processo si segmentazione si compone di 4 fasi:
1. Analisi di segmentazione, ovvero la suddivisione del mercato in gruppi di potenziali clienti aventi le stesse
aspettative e richieste, diverse dagli altri gruppi di clienti.
2. Individuazione del segmento target che riguarda la selezione di uno o più segmenti target a cui rivolgersi in base
alle ambizioni e capacità dell’impresa e in base ai risultati derivati dall’analisi si redditività e competitività del
segmento prescelto;
3. Posizionamento sul mercato ovvero la decisione del modo in cui l’azienda vuole essere percepita dai clienti,
dipende dalla qualità dei prodotti e dalle posizioni dei concorrenti;
4. Programmazione di marketing mirata ai segmenti target, e riguardo lo sviluppo e la messa in opera di specifici
programmi per conquistare la posizione sul mercato.
A sua volta la pima fase si suddivide in due momenti:
 Analisi di macrosegmentazione che definisce i vari prodotti-mercato;
 Analisi di microsegmentazione che individua i vari segmenti di clienti. Esistono 4 modi per applicarla:
1. Segmentazione descrittiva, basata sulle caratteristiche socio-demografiche dei clienti;
2. Segmentazione in base ai benefici o vantaggi perseguiti, che considera la categoria di prodotto
3. Segmentazione in base allo stile di vita, quindi in base a caratteristiche socio-culturali dei clienti;
4. Segmentazione comportamentale, a seconda dei comportamenti d’acquisto.

L’analisi di macrosegmentazione.
All’interno di un mercato risulta impossibile riuscire a soddisfare tutti i clienti con un unico prodotto, in quanto clienti
diversi hanno diversi bisogni, diversi abitudini di acquisto e ricercano diversi benefici
Per un’impresa quindi risulta molto importante avere competenze per segmentare un mercato, definire il proprio campo
di attività, sviluppare una strategia e competenze necessarie.

Definizione del mercato di riferimento


Si parte dalla definizione della mission dell’impresa, cioè il ruolo e la funzione in un’ottica di orientamento al mercato.
Occorre rispondere a queste domande: qual è il nostro settore di riferimento?/ in quale settore dovremmo operare e in
quale non dovremmo?
La risposta si trova in una prospetta orientata ai bisogni del clienti e in termini di soluzione da esso cercato. Nessuno
infatti compra qualsiasi tipo di prodotto, ma si acquista un prodotto perché in grado di offrire una soluzione ad un
determinato problema. L’adozione di un approccio “soluzione ad un problema” cambia radicalmente la natura di business
dell’impresa.

La concettualizzazione del mercato di riferimento


Occorre poi definire il mercato di riferimento, dal punto di vista del cliente e non del produttore. Un mercato può essere
definito in base a 3 dimensioni:
 I bisogni e le funzioni: facendo riferimento ai bisogni o alle funzioni a cui il prodotto deve rispondere;
 I clienti: si individuano infatti vari gruppi di clienti classificabili in base a vari criteri (clienti privati o aziende,
classe socio-economica, area geografica, età , comportamenti d’acquisto, stile di vita);
 Le tecnologie: modi alternativi in cui può essere realizzata una funzione per risolvere il problema di un cliente. Le
tecnologie sono però dinamiche e possono sostituirsi tra loro anche in tempo molto brevi.
La definizione dei confini del mercato di riferimento
Il mercato di riferimento può essere definito attraverso 3 concetti:
 L’industria: definita da una particolare tecnologia ma che include diversi business cioè molte funzioni o
assortimenti. Si tratta della soluzione meno soddisfacente, perché orientata all’offerta e non al mercato, è una
definizione troppo generica in quanto ingloba vari gruppi di clienti e funzioni molto varie;
 Mercato-soluzione: mercato definito in base a particolare funzioni in riferimento a un gruppo di clienti
determinato, presenta il vantaggio di enfatizzare l’esistenza di prodotti e tecnologie sostitutive per realizzare la
stessa funzione. Viene adottato soprattutto per strategia di diversificazione.
 Prodotto-mercato: definito da un gruppo specifico di clienti in cerca di una determinata funzione. Questa
definizione suggerisce 6 elementi per formulare una strategia: 1. I clienti da servire; 2. Il pacchetto di benefici da
fornire, 3. I concorrenti da superare; 4. Le tecnologie sostitutive i concorrenti da tenere sotto controllo; 5. Le
capacità da acquisire; 6. I principali attori del mercato con cui va a rapporarsi.

Lo sviluppo di una griglia di macrosegmentazione -> il compito successivo e quello di indivuduare tutte le
combinazioni pertinenti e costruire una griglia si segmentazione

L’analisi di pertinenza.
Per costruire la griglia è necessario considerare tutte le variabili si segmentazione pertinenti. In un secondo momento
vanno isolate le variabili che rivestono un importanza strategica, le variabili tra loro collegate fanno invece raggruppate,
mentre quelle impossibili eliminate. La griglia deve perso contenere sia i segmenti esistente che quelli potenziali.

Il test della griglia di macrosegmentazione.


Per verificare l’utilità della griglia e necessario collocare al suo interno i clienti e i concorrenti diretti nei segmenti
considerati con l’obbiettivo di valutare il potenziale di ciascun segmento in termini di dimensione di crescita, e misurare
la quota di mercato dell’impresa in ciascun segmento.
Le domande da porsi sono: quali segmenti mostrano il tasso di crescita più alto?/ qual è la nostra attuale copertura del
mercato?/ dove sono situati i nostri principali clienti?/ dove i nostri concorrenti diretti?/ quali sono le richieste di ciascun
segmento in termini di servizio, qualità del prodotto ecc…? Le risposte a tutte queste domande saranno di aiuto per la
definizione della strategia.

La ricerca dei nuovi segmenti.


L’analisi di macrosegmentazione offre l’occasione per scoprire nuovi modi di segmentare il mercato e di conseguenza
identificare nuovi segmenti di potenziali clienti. Questo può fornire all’impresa un vantaggio competitivo rispetto ai
concorrenti.

Cambiamenti nei confronti del mercato.


Il mercato però e sempre in continuo mutamento, e a cambiare sono le tecnologie e le abitudini di consumo, la definizione
dei confine di mercato quindi non rimane mai stabile, ma viene interessata da processi evolutivi.

L’analisi di microsegmentazione.
Obbiettivo della microsegmentazione invece è l’analisi della diversità delle richieste dei clienti nei diversi prodotti-
mercato. I clienti appartenenti allo stesso prodotto-mercato infatti richiedono lo stesso servizio di base. Vengono così ad
identificarsi i gruppi di clienti che cercano nei prodotti gli stessi benefici.

La segmentazione sociodemografica o descrittiva.


Quello socio-demografico è un metodo di segmentazione che si basa sul fatto che a clienti con diversi profili socio-
demografici corrispondano diversi bisogni e aspettative. Le variabili più utilizzate sono in base al sesso, all’età , al reddito,
provenienza geografica, dimensione del nucleo famigliare, livello d’istruzione, tipo di occupazione e classe sociale.
I vantaggi di questo metodo sono il costo ridotto e il facile accesso a questo tipo di informazioni. Nel corso degli ultimi
anni si sono verificati vari cambiamenti socio-demografici come: la riduzione del tasso di natalità , l’aumento delle
aspettative di vita, la crescita del numero di donne lavoratrici, l’innalzamento dell’età in cui si contrae il matrimonio, la
crescita del numero di divorzi e del numero di famiglie composte di un solo genitore.
Le principali applicazioni di questa segmentazione negli studi di orientamento al mercato sono:
 Una miglior definizione e comprensione del profilo dei clienti;
 La definizione del profilo del segmento target;
 Selezione dei media che con maggiori probabilità riescono a raggiungere un particolare gruppo socio-
demografico;
 Identificazione di clienti potenziali di un nuovo prodotto.
L’analisi socio-demografica è un’analisi che avviene posteriormente alla scelta del segmento target, quando si procede a
descriverne le caratteristiche piuttosto che sull’analisi dei fattori che be spiegano la formazioni. Ecco perché si parla anche
di segmentazione descrittiva, il cui difetto è il suo limitato valore previsionale che diminuisce sempre di più nelle
economie industrializzate a seguito della crescente standardizzazione dei consumi.

La segmentazione in base ai vantaggi perseguiti.


Si tratta di una segmentazione dei clienti concentrata sulle differenze all’interno del loro sistema di valori. Il fattore critico
sta nell’individuare il valore o il vantaggio ricercato in un determinato prodotto, si tratta quindi di una segmentazione che
cerca di spiegare le motivazioni alla base delle preferenze.

I dati di mercato necessari: si tratta di una segmentazione che richiede la conoscenza de sistema di valore dei clienti,.
Ogni segmento è definito in base al paniere di attributi ricercati, che consente di distinguere i segmenti tra loro, non
semplicemente perché un determinato gruppo di consumatori ricerchi attributi diversi dagli altri, infatti i singoli vantaggi
attraggono in genere più segmenti.
Ne emerge che i clienti desiderano ottenere il maggior numero possibile di attributi o di vantaggi. Ciò che fa la differenza è
l’importanza che ogni cliente conferisce ai singoli attributi. L’applicazione di questo tipo si segmentazione presuppone la
raccolta di una serie di informazioni: lista degli attributi o vantaggi associati ad ogni categoria di prodotti; una
valutazione dell’importanza attribuita a ciascun attributo; raggruppamento dei clienti che esprimono valutazioni simili;
valutazione delle dimensioni di ogni segmento identificato. Una volta che il marketing ha compreso le aspettative di un
determinato gruppo di consumatori, l’impresa è può sviluppare prodotti nuovi o modificarli e indirizzarli ad un gruppo di
client potenziali che ricerca una specifica combinazione di vantaggi.

I limiti della segmentazione in base ai vantaggi perseguiti: la maggior difficoltà di questo metodo riguarda
l’identificazione degli attributi da privilegiare, non ci può accontentare infatti di chiedere ai clienti gli attributi desiderati,
in quanto essi saranno inclini all’introspezione. È necessario quindi ricorrere ad un’analisi di dati di mercato per
comprendere i singoli attributi di cui dovrebbe essere dotato un prodotti, perché tali attributi sono quelli ricercati dai
clienti. Ulteriore difficoltà è data dal fatto che all’aumentare della comprensione dei problemi dei clienti, diminuisce la
conoscenza dei loro dati socio-demografici. Come quindi, gli stessi clienti potranno essere raggiunti? In quanto caso è
necessario ricorrere a sofisticate metodi di rilevazione statistica.

La segmentazione tramite analisi congiunta: l’obbiettivo dell’analisi congiunta è quello di misurare le preferenze dei
clienti per diversi livelli degli attributi e dei benefici da essi generati. Si tratta di misurazioni che avvengono a livello
individuale per poi raggrupparli in segmenti di clienti che assegnano la stessa utilità agli attributi.

La segmentazione comportamentale.
si tratta si una segmentazione in base al loro comportamento d’acquisto, e i cui principali criteri di segmentazione sono
l’utilizzo del prodotto, il volume d’acquisto e il tipo di fedeltà.
Nella segmentazione basata sull’utilizzo, si possono tracciare gli utilizzatori, i non utilizzatori, utilizzatori al primo acquisto
, utilizzatori potenziali,… in base al volume d’acquisto si distingue tra piccoli, medi e grandi utilizzatori e infine in base alla
fedeltà in clienti di fedeltà incondizionata, fedeltà non esclusiva e non fedeli.

La segmentazione tribale: la segmentazione rappresenta l’approccio dell’analista di marketing attraverso cui si


costituiscono i gruppi di individui dei quali si spera di poter confermare la previsione di comportamento. Al contrario nella
segmentazione tribale, sono gli individui stessi a raggrupparsi spontaneamente perché accomunati da caratteristiche
comuni. Le tribù sono microcomunità nelle quali gli individui sono stretti da forti legami emotivi e da una sorta di cultura
comune. Si tratta di comunità più volatili e effimere, ogni individuo è infatti libero di uscirne quando vuole, pare pero che
l’appartenenza a queste tribù sia, per l’individuo, più importante dell’appartenenza stessa alla propria classe sociale.

Le specificità delle tribù: le tribù si differenziano per tre aspetti: 1. Emergono in modo spontaneo, per iniziativa degli
stessi membri; 2. Si tratta di un raggruppamento reale e i membri sono infatti in contatto tra loro, si riconoscono e
stabiliscono legami, mentre i membri dello stesso segmento ignorano persino la loro appartenenza allo stesso; 3. Si tratta
di un affiliazione plurima o effimera, in quanto ogni individuo può appartenere a tutte le tribù che vuole e uscirne quando
vuole. Si tratta quindi di una segmentazione in sui si tende a sviluppare prodotti e servizi che uniscono gli individui, (il
legame viene prima di tutto).
Si ritiene che questo tipo di segmentazione contribuisca su tre livelli di orientamento al mercato: 1. Al livello della
differenziazione, 2. al livello di fidelizzazione (appartenenza alla comunità ) e al livello e 3. Al livello di immagine attraverso
l’iscrizione della marca nelle tendenze della tribù .

La segmentazione socio-culturale o per stili di vita.


Individui appartenenti allo stesso gruppo socio-demografico possono presentare comportamenti d’acquisto ben diversi e
viceversa, gruppi molto diversi in termini socio-demografici possono avere comportamenti molto simili.
La segmentazione socio-culturale ( detta anche “segmentazione per stili di vita”) viene in sostegno a quella demografica,
aggiungendo informazioni riguardo attività , opinioni, interessi ecc.. per delineare un profilo più completo del consumatore,
l’obbiettivo è appunto quello di fornirne un ritratto più umano. Lo scopo principale consiste nel mettere in relazione i
comportamenti d’acquisto e una serie di variabili della personalità costituite appunti dalle variabili degli stili di vita.
“quando si parla di sili di vita infatti, d’intende generalmente il modo in cui una persona vive, come trascorre il tempo e come
spende il suo denaro”.
Lo stile di vita di una persona si può misurare adottando metodi diversi: 1. A livello stabile, i valori individuali e le
caratteristiche personali, che sono più difficili da individuare; 2. A livello intermedio, l’insieme delle attività , interessi e
opinioni; 3. A livello superficiale, l’insieme di prodotti e servizi acquistati e il modo cui li utilizza e consuma.
“ lo stile di vita è quindi il risultato del sistema di valori di un individuo, dei suoi atteggiamenti, interessi e opinioni, oltre che
del suo tipo di consumo. Esso descrive il modo di essere di un individuo, e che lo distingue dagli altri.”
Parlando di attività si intende il modo in cui e persone impiegano il loro tempo, parlando di interessi, si parla di ciò
ritenuto da loro importante, parlando di opinioni, di ciò che riguardo il mondo che li circonda, e in merito alle
caratteristiche demografiche si parla del ciclo di vita, reddito, istruzione ecc..

Limiti dell’analisi per stili di vita: è possibile svolgere due tipi di analisi:
 Analisi generale degli stili i vita, che classifica la popolazione in gruppi in base alle caratteristiche generali di stili
di vita. Le imprese tenderanno ad individuare i gruppi più ricettivi nei confronti dei loro prodotti.
 Analisi per stili di vita specifici per prodotto, che mira a comprendere il comportamento del consumatore in
relazione a uno specifico prodotto o servizio.
Si tratta di dati costantemente aggiornati per mantenere traccia dei mutamenti dei diversi stili sociali e coglierne i
cambiamenti nel comportamento e nelle motivazioni.

I requisiti si una segmentazione efficace.


Prima di indentificare il segmento target è necessario guardare al rispetto dei requisiti per una segmentazione efficace. Per
essere efficace essa deve indentificare gruppi di clienti che rispettino 5 condizioni..

a) Risposta differenziata: la condizione più importante, i segmenti infatti devono essere diversi, ed è necessario
che il criterio di segmentazione adottato permetta di massimizzare le differenze tra i segmenti (condizione di
eterogeneità ) e minimizzare le differenze tra i clienti che appartengono allo stesso segmento (condizione di
omogeneità ). Condizione chiave è anche quella si evitare sovrapposizione tra i segmenti, anche se la condizione di
omogeneità non esclude la presenza di clienti che si escludano a vicenda o che uno stesso clienti possa
appartenere a più segmenti.
b) Dimensione sufficiente: i segmenti individuati devono rappresentare un potenziale fatturato sufficiente. Tali
segmenti devono infatti costituire un mercato potenziale di dimensioni tali da giustificare l’elaborazione di una
specifica strategia di marketing. Ma questo non riguarda soltanto la dimensione, ma anche il volume o frequenza
degli acquisti e il suo ciclo di vita. Infine un altro requisito legato alla dimensione implica al valore aggiunto del
prodotto, la sua specificità, la sua convenienza dal punto i vista economico, ovvero il suo prezzo deve essere
accettabile per il segmento target prescelto.
c) Misurabilità: prima di scegliere il segmento, bisogna poter stabilire le sue dimensioni, valutarne il potere
d’acquisto e le caratteristiche comportamentali, tutto inteso in termini di misurabilità.
d) Accessibilità: indica la misura in cui il segmento è raggiungibile utilizzando un unico programma di marketing.
Esistono due modi per arrivare ai clienti: l’autoselezione dei clienti, per cui i consumatori si selezionano da soli in
base all’attenzione che riservano alla pubblicità del prodotto. Oppure attraverso la copertura controllata dei
segmenti, modo efficace per arrivare ai clienti perché l’azienda raggiunge esclusivamente i clienti target, evitando
sprechi di ricorse.
e) Attivabilità: che riguarda la possibilità i individuare prodotti o servizi che possano essere proposti al segmento
individuato. Occorre, oltre che identificare i gruppi di clienti, individuare un’offerta proponibile a tali segmenti.
Per raggiungere tali segmenti però deve essere elaborato un programma di marketing specifico e adatto a rendere
i prodotti o i servizi interessanti per tali segmenti.

L’emergere di segmenti transazionali di mercato.


Nell’America del Nord, in Giappone e in Europa Occidentali stanno emergendo i cosiddetti “segmenti transazionali di
mercato: gruppi di consumatori con gli stessi bisogni, e le stesse aspettative che si trovano però in Paesi diversi”.
Globalizzazione infatti non significa standardizzazione degli stili di vita, infatti ogni gruppo tenta di mantenere e difendere
la propria diversità culturale. In questa situazione, si trovano gruppi di consumatori in ciascun Paese con gli stessi bisogni
e le stesse aspettative , e questo si traduce nella nascita, in Paesi diversi, di gruppi di consumatori dal profilo simile, a cui le
imprese si rivolgono on le stesse campagne pubblicitarie e le stesse marche.
Con la globalizzazione stanno aumentando le opportunità di creare domanda per prodotti universali. L’obbiettivo è
scoprire nei diversi Paesi gruppi di consumatori simili a prescindere dalle loro differenze culturali e nazionali. Questi
segmenti, se pur di piccole dimensioni, possono rappresentare nell’insieme un’opportunità molto interessante per le
imprese internazionali.

Unità 9 -> L’analisi di attrattività del mercato


Dopo un’attenta analisi di segmentazione del mercato in diversi segmenti o prodotti mercato, il passo successivo da
svolgere per un’azienda è la misurazione o l’analisi dell’attrattività dell’opportunità che offre ciascun segmento, per poi
scegliere il segmento-target. L’analisi di attrattività consiste nel misurare le dimensioni, il potenziale di vendita, il ciclo di
vita, e il profitto di ciascun prodotto-mercato. Si tratta di elementi fondamentale per decidere in questo ambito.

I fondamenti dell’analisi della domanda.


La domanda di un determinato prodotto corrisponde alla quantità venduta. Bisogna però distinguere due livelli di
domanda:
 la domanda primaria o domanda globale che “rappresenta il volume delle vendite realizzate presso un dato
gruppo di clienti, in un luogo e in periodo specifici e in un determinato contesto economico e di macromarketing”;
 La domanda relativa alla marca o all’impresa o domanda selettiva che “rappresenta la quota della domanda
primaria detenuta dalla marca o dall’impresa in una determinata categoria di prodotto, in un determinato
segmento o prodotto-mercato e in un determinato momento”.
La domanda primaria espandibile e non espandibile.
Si possono osservare due situazioni di mercato distinte:
 I mercati in cui la domanda è espandibile: ovvero quando il livello delle vendite è influenzato da fattori del
contesto di macromarketing nonché dall’intensità degli sforzi di marketing;
 I mercati in cui la domanda non è espandibile, ovvero quando il livello totale delle vendite non è più influenzato
dal contesto di macromarketing e dagli sforzi di marketing delle aziende concorrenti. I mercati in questo caso sono
stagnanti. Si tratta di tutti quei mercati che si trovano nella fase di maturità, e le imprese devono tenere presente
che per ottenere un aumento delle vendite devono aumentare la loro quota di mercato.

La domanda primaria come funzione di risposta.


La domanda primaria non è rappresentata da una quantità fissa, ma da una funzione, che mette in relazione il livello delle
vendite alle cause che lo determinano, definite “determinanti della domanda”. A determinare questo livello di domanda
sono principalmente due fattori:
 Gli sforzi totali del marketing realizzati dalle imprese concorrenti;
 Fattori esterni e non controllabili legati al contesto di macromarketing.

Il mercato potenziale attuale e assoluto.


 Il mercato potenziale attuale è rappresentato dal limite verso il quale tende la domanda primaria per una
pressione di marketing totale del settore tendente all’infinito, in un contesto e in un determinato periodo di
tempo.
 Il mercato potenziale assoluto definito invece come il limite massimo della dimensione del mercato, nell’ipotesi
fittizia di una copertura del mercato di riferimento.

La struttura della domanda primaria dei beni di consumo.


L’analisi, la misurazione e la previsione della domanda sono la prima responsabilità delle ricerche di mercato, con
l’obbiettivo di arrivare a stime quantitative del mercato potenziali e del livello attuale raggiunto dalla domanda, oltre che
formulare ipotesi di sviluppo degli anni successivi. La domanda su struttura diversamente a seconda che si tratti di bei di
consumo (durevoli o meno), di servizi o di beni industriali.

La domanda dei beni di consumo.


La stima della domanda dei beni di consumo si basa su due fattori: il numero di unità potenziali di consumo (n) e la
quantità acquistata da ciascuna unità (q). Si ottiene quindi:
Q= n x q
Dove Q indica la domanda totale. Analogamente il volume totale di affari si determina:
R= n x q x p
Dove r indica il volume d’affari totale e p il prezzo per ogni unità .

La domanda di beni di consumo durevoli.


Riguardo i beni di consumo c’è da distinguere i beni legati o meno all’uso di beni durevoli.
La domanda totale di un bene di consumo non legato all’uso di un bene durevole si può determinare ricorrendo ai seguenti
dati:
 Numero di unità di consumo potenziali;
 Percentuale di clienti che utilizzano il prodotto;
 Dimensione o frequenza degli acquisti.
Quando invece il bene di consumo è legato all’uso di un bene durevole bisogna anche considerare il numero di unità di
consumo dotate del bene durevole e la frequenza el suo impeigo. Si necessita allora dei seguenti dati:
 Numero di unità di consumo potenziali;
 Tasso di dotazione del bene durevole;
 Tasso di utilizzo del bene durevole;
 Consumo per occasione di utilizzo.

La domanda di beni di consumo durevoli.


Quando il bene di consumo è durevole si deve distinguere tra domanda di primo acquisto e domanda di sostituzione.
 La domanda di primo acquisto chiama in causa i seguenti dati: il numero delle unità di consumo esistenti e il loro
tasso di dotazione; nonché il numero delle nuove unità di consumo e il loro tasso di dotazione.
 La domanda di sostituzione è invece più complessa, e chiama in causa le seguenti componenti:
- Dimensione del parco esistente;
- Distribuzione dell’età del parco;
- Distribuzione della durata di vita;
- Tasso di rottamazione del prodotto;
- Eventuale tasso di sostituzione;
- Tasso di mortalità delle unità di consumo.
La domanda di sostituzione dipende direttamente dal ritmo con cui gli utenti si sbarazzano di un prodotto.
L’analista può stimare in questo caso il tasso di rottamazione analizzando la vita del prodotto.
Il tasso di sostituzione invece, che non corrisponde al tasso di rottamazione, individua la funzione di stock dei beni
durevoli che viene distrutta.

L’analisi delle opportunità di crescita nel mercato esistente.


Lo scarto fra il livello attuale e quello assoluto della domanda primaria rappresenta un indicatore del grado di sviluppo di
un prodotto-mercato. Maggiore è lo scarto, più il potenziale di crescita della domanda primaria sarà elevato, e viceversa,
minore sarà lo scarto più sarà elevato il grado si saturazione.
Weber ha elaborato la “gap anaysis” che sviluppa uno schema per studiare questo scarto, identificando quattro tipi di gap,
che rappresentano altrettante opportunità di crescita: nella rete distributiva, nell’utilizzo, dell’offerta di prodotti, nella
concorrenzialità .

Gap della rete distributiva.


Le carenze nella distribuzione sono dovute a assenza o inadeguatezza della rete distributiva. Si possono verificare tre
situazioni:
 Una copertura insufficiente, quando la linea di prodotto non è distribuita in tutte le aree geografiche desiderate;
 Un’intensità di distribuzione insufficiente, quando il prodotto è presente nell’area geografica in cui l’impresa ha
copertura distributiva, ma in pochi punti vendita;
 Un’esposizione insufficiente, quando i prodotti sono mal presentati o mal valorizzati sugli scaffali a disposizione nei
punti vendita.
Prima di lanciare una nuova linea di prodotti sarà quindi necessario risolvere le problematiche legate ai gap distributivi.

Gap dell’utilizzo del prodotto.


Lo scarto osservato può però anche risiedere in un insufficiente impiego de prodotto. Possono anche qui verificarsi tre
situazioni:
 Una carenza del numero di utenti, quando molti potenziali utenti non utilizzano il prodotto;
 Una carenza nelle occasioni di utilizzo, quando gli utenti non utilizzano il prodotto in tutte le occasioni possibili;
 Una carenza d’impiego, quando gli utenti effettivi utilizzano una quantità ridotta del prodotto

Gap nelle linee di prodotti.


L’inadeguatezza delle linee di prodotti è dovuta alla mancanza di una linea completa. In questo caso si possono verificare
sette situazioni:
 Gap nella dimensione delle linee di prodotti. Dimensione che può essere definita in base a “quantità del
contenitore”, capacità ” e “potenza”.
 Gap delle opzioni disponibili delle linee produttive. Ovvero l’impresa può rendere disponibili vari optional cercando
coì di soddisfare la domanda di singoli clienti.
 Gap nello stile, colore, gusto o profumo della linea di prodotti.
 Gap della forma. Il cliente può essere attratto da una forma piuttosto che da un’altra, dove per “forma” s’intende
modalità di funzionamento, presentazione, composizione, confezione.
 Gap di qualità nelle linee di prodotti. Lo sviluppo di linee dal prezzo diverso è una strategia usata dagli esperti di
marketing per dare al consumatore una scelta di prodotti differenziati per qualità e prezzo.
 Gap nelle linee di prodotti con marca del distributore. Molti produttori realizzano una percentuale consistente del
proprio volume di affari mediante la vendita di prodotti su cui i distributori apportano la loro marca.
 Gap nelle linee di prodotti relativi a un determinato segmento. Un’azienda può adottare diverse strategie di
copertura del mercato; si verifica un gap di linee di prodotto in ogni segmento in cui non si presenta un’offerta.
Ognuna di queste soluzione d’inadeguatezza costituisce in realtà un’opportunità di crescita, mediante politiche di
innovazione e diversificazione dei propri prodotti.

Il modello del ciclo di vita del prodotto.


L’analisi dell’attrattività si completa con la valutazione del ciclo di vita del prodotto (CVP) ossia l’evoluzione della domanda
potenziale nel tempo.
Il ciclo di vita di un prodotto è descritto tramite un modello dinamico, e per mezzo di una funzione logistica a “S” composta
da cinque fasi: decollo o introduzione, fase di crescita, turbolenza, maturità e declino. Il ciclo di vita fa riferimento
all’andamento delle vendite di un prodotto nel tempo e non va inteso come l’insieme delle attività necessarie per la sua
realizzazione.

I fattori determinanti del ciclo di vita del prodotto.


Che cosa bisogna intendere per prodotto? Un categoria di prodotti, un tipo particolare di prodotto all’interno di una
categoria, un modello specifico oppure una mrca?
Tenendo presente che un’analisi del ciclo di vita del prodotto, se svolta correttamente, può essere effettuate su ciascuna di
queste categorie, è comunque più utile svolgerla riguardo un prodotto-mercato. Esso infatti si presta meglio all’analisi
perché meglio descrive i comportamenti d’acquisto.
Il modello del ciclo di vita di un prodotto-mercato.
Prendendo in considerazione quindi un prodotto-mercato, è in gioco soprattutto la domanda primaria, e i fattori più
importanti per la sua evoluzione sono di due tipi: variabili di marketing sotto pieno controllo dell’impresa e fattori sterni al
controllo dell’impresa, come l’evoluzione della tecnologia. Il modello di CVP ritrae dunque la storia delle vendite di un
prodotto dotato di una determinata tecnologia, che costituisce una soluzione specifica a un bisogno di mercato per un
gruppo specifico di acquirenti. Il profilo di CVP quindi non è fisso, esiste infatti una grande varietà di cicli di vita del
prodotto.

Le implicazioni strategiche del ciclo di vita del prodotto.


La strategia di marketing deve evolversi contemporaneamente al cambiamento del comportamento d’acquisto dei clienti e
della concorrenza. Affermare che un prodotto ha un ciclo di vita implica una diversità nelle varie fasi di: 1. Ambiente
economico e competitivo; 2. Obbiettivo strategico prioritario; 3. struttura dei costi e dei profitti; 4. Programma di
marketing.

La fase di introduzione.
Nella fase di introduzione il mercato è caratterizzato da una crescita lenta delle vendute dovuta a: 1. L’incertezza
tecnologica, in quanti l’impresa innovatrice ancora non domina completamente la tecnologia, e deve sfruttare il vantaggio
dell’innovazione; 2. La distribuzione, che può mostrarsi restia nell’offrire un prodotto non ancor affermato in un ampio
mercato; 3. I clienti potenziali, che possono essere lenti nel modificare le loro abitudini di consumo, 4. La concorrenza.
Inizialmente non si hanno concorrenti diretti, almeno per un certo periodo, ma la durata di questo dipenderà dalla durata
di protezione dell’innovazione.
Si tratta di una fase caratterizzata da un alto grado di incertezza, in quanto la tecnologia è in evoluzione, non sono
identificati i concorrenti, il mercato mal definito e l’informazione scarsa. Ma altrettanti sono i fattori interni che
caratterizzano questa fase, flussi interni negativi, elevate spese di marketing, alti costi di produzione ecc.. tutto questo
pone il prodotto in una posizione rischiosa, per cui più e breve la fase introduttiva tanto meglio sarà per la reddittività
d’impresa. La sua durata dipenderà pero dalla velocià con cui i clienti meno recettivi verrano a conoscenza
dell’innovazione. Velocità influenzata da: a. entità di benefici generati; b. presenza o assenza di costi di adozione; c.
compatibilità del prodotto con le modalità di consumo attuali; d. il vantaggio generato; e. possibilità di provarlo; f.
pressione della concorrenza.
L’obbiettivo primario consisterà nel: rendere nota l’esistenza del prodotto, informare il mercato al riguardo, incoraggiare i
potenziali clienti nell’acquisto e assicurarsi canali di distribuzioni nel presente e nel futuro.
Per raggiungere tali scopi, il programma di marketing avrà le caratteristiche di: una conoscenza di base del prodotto, una
distribuzione selettiva o esclusiva, una situazione di scarsa sensibilità dei prezzi e un programma di comunicazione di tipo
informativo.

La fase di crescita.
Superata con successo l’introduzione, si entra nella fase di crescita, caratterizzata dal raido aumento delle vendite. I fattori
determinanti soni: 1. I primi clienti soddisfatti ripetono che ripetono i loro acquisti e influenzati gli altri potenziali clienti
con il passaparola; 2. La maggior disponibilità del prodotto grazie ad una più ampia distribuzione e quindi maggior
visibilità ;
3. L’entrata di concorrenti che determina un aumento della pressione totale di marketing sulla domanda.
Caratteristica principale di questa fase è la diminuzione dei costo di produzione, dovuta all’aumen to dei volumi . i prezzi
tendono a ridursi consentendo di raggiungere a copertura totale del mercato potenziale. Le spese di marketing sono
ripartite su un volume di affari più ampio e le caratteristiche dell’ambiente economico mutano rapidamente: a. il volume
d’affari aumenta; b. il gruppo target è ora costituito del segmento dei recettivi precoci; c. si affacciano sul mercato i
concorrenti; d. la tecnologia e ampiamente diffusa.
Per fra fronte a questa situazione cambiano anche gli obbiettivi che diventano: estendere la dimensione del mercato totale,
massimizzare il tasso di occupazione del mercato, costruire una forte immagine di marca, creare fedeltà nella marca. Fare
questo sarà possibile attraverso: il miglioramento del prodotto, l’adozione di un sistema di distribuzione intensivo e di una
strategia di distribuzione multicanale, l riduzione dei prezzi, l’adozione di una strategia comunicativa per la costruzione
d’immagine.

Fase di turbolenza.
Il periodo di turbolenza rappresenta una fase di transizione, durante la quale il tasso di crescita delle vendite subisce una
decelerazione, pur rimanendo superiore a quello economico generale. L’ambiente economico generale si modifica
nuovamente: 1. La domanda aumenta a un tasso decrescente; 2. Il target è rappresentato dalla maggiorana del mercato; 3. I
concorrenti più deboli abbandonano il mercato; 4. Il settore aumenta i suo grado di concentrazione. Ci sono anche nuovi
obbiettivi: a. segmentare i mercato e indentificare i segmenti target prioritari; b. massimizzare la quota di mercato in
questi segmenti target; c. posizionare la marca nella mente dei clienti; d. creare e mantenere la fedeltà alla marca. Per
raggiungerli, il programma di marketing adotterà i seguenti orientamenti strategici: una differenziazione dei prodotti;
un’espansione della distribuzione; politiche di prezzi basati sulle caratteristiche distintive della marca; una pubblicità che
mira a comunicare il posizionamento di mercato rivendicato.
La fase di maturità.
Nel momento in cui la crescita della domanda continua a rallentare per poi assestarsi al ritmo di crescita del PIL, il
prodotto entra nella fase di maturità , che è normalmente la più lunga. Le ause di questa stabilizzazione sono: 1. I tassi di
occupazione e penetrazione sono molti elevati; 2. la copertura del mercato tramite distribuzione non può essere
aumentata ulteriormente; 3. La tecnologie si è stabilizzata.
In questa fase le caratteristiche principali dell’ambient economico e competitivo sono: la domanda primaria non è più
espandibile, il mercato p dominato da pochi concorrenti; le tecnologie sono standardizzate. L’obbiettivo prioritario
dell’impresa è mantenere, e allargare se possibile la quota di mercato e ritagliarsi il suo vantaggio competitivo. Gli
strumenti per farlo sono tre di tre tipi: a. differenziare i prodotti, migliorandone qualità, caratteristiche e stile; b. entrare in
nuove nicchie e segmenti di mercato; c. acquisire un vantaggio competitivo basato su variabili di marketing mix non legate
al prodotto.

La fase di declino.
Questa fase si traduce in un decentramento della domanda per uno dei seguenti motivi: 1. Compaiono nuovi prodotti
tecnologicamente più avanzati; 2. Le preferenze, i gusti, le abitudine di consumo si modificano; 3. Cambia l’ambiente
sociale, economico, politico.
Quando le vendite e previsioni di utile calano, alcune imprese disinvestono e si ritirano dal mercato, altre cercano invece di
specializzarsi sul mercato residuo nel caso un cui rappresenti ancora un’opportunità valida.

Il modello del ciclo di vita del prodotto come quadro concettuale.


Il modello del ciclo di vita del prodotto serve prima di tutti per analizzare le forze che determinano l’attrattività di un
prodotto-mercato e ne provocano l’evoluzione. I mercati evolvono in seguito al cambiamento di determinate forze, che
provano pressioni o generano svolte.

La diversità dei profili del CVP:


un difficoltà quando si parla di CVP è rappresentata dl fatto che non sempre la vita di un prodotto segue la curva a forma di
“S”. Rink e Swan infatti hanno individuato fino a 12 profili diversi, questo perché a volte alcuni prodotti saltano la fase
d’introduzione passando direttamente alla crescita, altri saltano la fase di maturità passando direttamente al declino, e
altri ancora saltano la fase di diclino e riprendono vigore. Non è quindi nemmeno facile identificare la fase che il prodotto
sta attraversando.

Strategia di “ringiovanimento” del prodotto.


Ulteriore spiegazione che sta della diversità dei differenti profili di CVP sta nel fatto che le imprese possono agire sul loro
andamento, innovandolo, riposizionando il prodotto, favorirne la diffusione presso altri gruppi di clienti o modificandoli in
vari modi.
In ogni fase del CVP l’impresa dinamica tenterà di perseguire i seguenti obbiettivi:
 Abbreviare la fase di introduzione;
 Accelerare la fase di sviluppo;
 Prolungare la fase di maturità ;
 Rallentare la fase di declino.
Questo per costituire il profilo di CVP perfetto.

Come conciliare obbiettivi di crescita e redditività.


Nelle fasi di introduzione e crescita, gli investimenti passati e le spese di marketing per il lancio del prodotto influiscono
notevolmente sulla redditività , che può restare a lungo negativa. Soltanto nelle fasi di turbolenza e maturità , in cui si
recuperano le perdite precedenti, si realizzano profitti elevati.
Una regola i gestione risultante da questa ripartizione di costi e ricavi è rappresentata dalla necessità di mantenere un
equilibrio nella struttura del portafoglio di attività dell’impresa in termini di crescita e reddittività.

Unità 10 -> L’analisi di competitività dell’impresa


Obbiettivo successivo de marketing strategico è quello di analizzare la situazione competitiva di ciascun prodotto-mercato
e valutare la natura del vantaggio competitivo dei concorrenti presentarsi in ciascuno di essi. Un prodotto-mercato di per
sé potrebbe infatti essere molto attraente, ma potrebbe non risultare altrettanto attraente per un’impresa in
considerazione die suoi punti di forza e debolezza.

LA CRESCENTE INTERDIPENDNEZA COMPETITIVA.


Uno dei principali effetti della globalizzazione è l’interdipendenza tra i mercati, non è infatti più possibile considerare i
mercati nazionali come entità a se stanti, che vanno invece visti come parte di un mercato regionale o mondiale. Ciò che
accade in un mercato influisce direttamente sugli altri. Tale evoluzione comporta diverse implicazioni a livello
manageriale:
 Le forme tradizionali di organizzazione multinazionali diventano obsolete e occorre un’organizzazione
transazionale, che compre una regione o il mondo intero. È necessario sviluppare un equilibrio tra la
formalizzazione globale e la flessibilità locale;
 Le acquisizioni e le funzioni sono passi necessari al raggiungimento delle dimensioni richiesti per essere parte di
un mercato allargato;
 La standardizzazione di marche e strategie permette di raggiungere economie di scala per essere competitivi a
livello globale.
Per un impresa internazionale è difficile mantenere un equilibrio tra standardizzazione e adattamento.
Si tratta di un interdipendenza che coinvolge tutte le imprese, costringendole a valutare il loro vantaggio competitivo e far
riferimento ai concorrenti più forti in u mercato allargato. Non si parla di più di orientamento al cliente, ma di
orientamento ai concorrenti.

LA NOZIONE DI VANTAGGIO COMPETITIVO.


“Per vantaggio competitivo d’intende l’insieme delle caratteristiche o attributi, detenuti dal prodotto, che gli conferiscono un
grado di superiorità nei confronti dei concorrenti.”
Si tratta però di una superiorità relativa, stabilita in rapporto al concorrente che occupa la posizione migliore nel prodotto-
mercato di riferimento, si tratta del “concorrente più pericoloso o prioritario”. Questa superiorità può essere il risultato di
molti fattori che, in base al vantaggio che procurano si differenziano in tre categorie: vantaggio competitivo di qualità, di
costo o di competenze chiave.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO DI QUALITA (o esterno).


Si tratta di un vantaggio basato sulle qualità distintive del prodotto che conferiscono un valore superiore al cliente, sia
attraverso la riduzione del costo del suo utilizzo sia attraverso l’incremento della su performance, permettendo di stabile
un prezzo di vendita più elevato rispetto ai concorrenti. Si tratta di un vantaggio che mette i clienti in condizione di
accettare un prezzo superiore in quanto acquistare il prodotto dei concorrenti non sarebbe della stessa qualità . È inoltre
un vantaggio che si basa su una strategia di differenziazione. Per il suo successo pero, il supplemento del prezzo che il
cliente è disposto a pagare deve essere superiore al costo necessario a conferire al prodotto quel supplemento di valore.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO DI COSTO (o interno).


Si tratta di un vantaggio basato sulla superiorità dell’impresa nel controllo dei costi di produzione, di amministrazione e di
gestione, esso garantisce un costo unitario di produzione inferiore a quello dei concorrenti. Il suo risultato è una maggior
produttività e di conseguenza maggior reddittività, capace di resistere alla diminuzione del prezzo di vendita impostato dal
mercato e dalla concorrenza. Si tratta di un vantaggio basato su una strategia di dominio per il cui successo è necessario
che l’impresa offra al cliente un prezzo accettabile. Sacrificando la qualità del prodotto per ottenere un vantaggio di costo,
porterà comunque i clienti ad a preferire un prodotto di maggior qualità se pur a un prezzo più elevato.

LA RICERCA DI UN POSIZIONAMENRO COMPETITIVO SOSTENIBILE


(grafico + spiegazione paragrafo 10.2.3 pag. 325-326).

IL VANTAGGIO COMPETITIVO BASATO SULLE COMPETENZE CHIAVE.


Un modo più generale di definire il vantaggio competitivo si basa sulla nozione di competenza chiave: “si definisce
competenza chiave una capacità o una tecnologia particolare, che crea un valore unico per il cliente.”
le competenze chiave sono considerate il fondamento del vantaggio competitivo dell’impresa. Se usate in modo corretto
possono rappresentare fonti sostenibili di vantaggio competitivo duraturo nel tempo. Una competenza chiave, per essere
sostenibile, deve:
 Generare un valore significativo per il cliente rispetto all’offerta dei concorrenti;
 Essere difficile da imitare o da reperire sul mercato;
 Consentire all’impresa l’accesso a numerosi settori di attività non collegati tra loro.
Per sviluppare le competenze chiave, l’impresa deve isolare le proprie abilità più importanti e affiliarle.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO STRATEGICO E OPERATIVO.


La ricerca di un vantaggio competitivo è centrale nel processo di elaborazione della strategia. Un’impresa può dominare i
concorrenti quando possiede una differenziazione difendibile. E’ possibile quindi stabilire una distinzione tra vantaggio
competitivo strategico e operativo.
Ottenere un vantaggio competitivo operativo comporta lo svolgimento delle stesse attività dei concorrenti ma in modo più
efficace. Ciò significa essere migliori:
 Offrendo una qualità superiore, o la stessa qualità a un prezzo inferiore;
 Offrendo prodotti che riducono i costi per i clienti;
 Offrendo contemporaneamente costi inferiori e miglior qualità ;
 Operando più rapidamente;
 Collocandosi più vicino al cliente fornendo maggior assistenza.
Ottenere invece un vantaggio competitivo strategico comporta una differenziazione di due tipi:
a. esercitare nel mercato attività differenti da quelle dei concorrenti;
b. esercitare attività simili, ma in modo diverso.

LE FORZE CHE GUIDANO LA CONCORRENZA DEL SETTORE.


La nozione di concorrenza allargata si basa sull’idea che capacità dell’impresa di sfruttare il vantaggio competitivo
all’interno del mercato di riferimento, on dipende solo dai concorrenti ma anche da altre forze rivali quali i potenziali
entranti, i prodotti sostitutivi, considerate entrambe una minaccia diretta e i clienti e i fornitori considerati invece una
minaccia indiretta che deriva dal potere di contrattazione. La combinazione di queste forze competitive determina la
reddittività potenziale di un prodotto-mercato.

LA MINACCIA DEI NUOVI ENTRANTI.


I potenziali concorrenti in grado di entrare nel nostro mercato, costituiscono una minaccia, contro la quale vengono
innalzate delle barriere all’entrata. I nuovi potenziali entranti possono essere identificati tra i seguenti:
 imprese esterne che potrebbero superare facilmente le barriere all’entrata;
 imprese per le quali l’entrata costituirebbe una notevole sinergia;
 imprese per le quali l’entrata permette di mantenere la stessa strategia adottata;
 clienti e fornitori in grado di procedere a un’integrazione.
Le possibili barriere all’entrata invece sono:
 economie di scala ovvero mercati di ampi volumi;
 i brevetti che proteggono i prodotti;
 la differenziazione del prodotto e l’immagine di marca che determinano un’elevata fedeltà ;
 il fabbisogno di capitale;
 i costi di trasferimento che i clienti dovrebbe sostenere per passare al nuovo entrante;
 accesso ai canali di distribuzione;
 l’effetto di esperienza.
Altri fattori che influenzano il grado di determinazione del nuovo entrante sono le aspettative dell’intensità delle relazioni
con i concorrenti affermati e delle rappresaglie che esso potrebbero organizzare. La forza della risposta dipenderà da:
 un passato e una reputazione di aggressività ;
 il grado di coinvolgimento delle imprese affermate;
 l disponibilità di risorse finanziarie;
 la capacità di rappresaglia.
L’insieme di queste condizioni dissuaderà il potenziale entrante dall’ingresso sul mercato.

LA MINACCIA DEI PRODOTTI SOSTITUTIVI.


I prodotti sono detti “sostitutivi” quando svolgono una funzione simile per lo stesso gruppo di clienti. Essi costituiscono
una minaccia in quanto la sostituzione è sempre possibile. Il loro prezzo impone un tetto massimo alle imprese che
operano nello stesso prodotto-mercato. Si tratta di prodotti da tenere sotto controllo in quanto potrebbero essere soggetti
ad un rapporto qualità /prezzo migliore del nostro.

IL PTERE DI CONTRATTAZIONE DEI CLIENTI.


I clienti detengono un potere di contrattazione nei confronti dei fornitori. Esso pero dipende da determinate condizioni:
 Il gruppo acquista quantità consistenti rispetto al volume d’affari del venditore;
 i prodotti rappresentano una porzione abbondante dei costi del cliente;
 i prodotti sono standardizzati e poco differenziati;
 i costi di trasferimento per il cliente sono contenuti;
 i clienti rappresentano una reale minaccia ;
 i clienti dispongono di informazioni complete sulla domanda.
Tutto questo evidenzia come sia importante scegliere il gruppo di clienti target ai quali rivolgersi, si tratta di una decisione
strategica rilevante. L’azienda infatti può anche migliorare la propria posizione competitiva attraverso la selezione della
propria clientela.

IL POTERE DI CONTRATTAZIONE DEI FORNITORI.


Il potere dei fornitori nei confronti della clientela permette di aumentare i prezzi delle fornitori, ridurre la qualità dei
prodotti o limitare le quantità vendute a un determinato cliente. Le condizioni che assicurano ad un fornitore un elevato
potere contrattuale sono analoghe a quanto vale per il potere del cliente:
 il fornitore gode di una situazione di monopolio;
 il gruppo di fornitori è formato da poche imprese concentrati nel servire i clienti;
 il fornitore non è minacciato da prodotti sostitutivi;
 i fornitori hanno differenziato i propri prodotti.

L’IDENTIFICAZIONE DEI CONCORRENTI.


Il management può essere interessato solo ai concorrenti diretti con cui vi è una sovrapposizione di prodotti. Si
individuano varie categorie di concorrenti:
 concorrenti diretti;
 concorrenti potenziali;
 produttori di beni sostituivi;
 concorrenti “dormienti” (minaccia minima).
IL VANTAGGIO COMPETITIVONBASAT SUL POTERE DI MERCATO.
L’intensità della lotta competitiva tra rivali diretti in un prodotto-mercato varia a seconda della natura della sua struttura,
che descrive il grado di interdipendenza tra i concorrenti e il potere di mercato posseduto da ognuno. Solitamente si
distinguono quattro situazioni competitive: concorrenza perfetta, oligopolio, concorrenza monopolistica o imperfetta e il
monopolio.

LA CONCORRENZA PURA O PERFETTA.


Il modello della concorrenza perfetta è caratterizzato dalla presenza sul mercato di molti acquirenti e venditori, nessuno
dei quali è abbastanza forte da influire sul livello dei prezzi. I prodotti sono sostituibili e il loro prezzo viene stabilito dal
gioco della domanda e dell’offerta.
Caratteristiche chiave sono le seguenti:
 numero elevato di venditori e acquirenti;
 prodotti indifferenziati e sostituibili;
 assenza di potere di mercato per ciascun concorrente;
 trasparenza del mercato, tutti gli operatori dispongono di tutte le informazioni;
 libertà per ciascuno di uscire e d entrare dal mercato.
A breve termine è essenziale tenere sotto controllo i livelli di produzione della concorrenza e l’entrata di nuovi
concorrenti. A lungo termine l’impresa si pone l’obbiettivo di uscire dall’anonimato e per farlo sono necessarie due fasi:
ricerca delle opportunità di differenziazione; integrare attività che incorporano il prodotto.

L’OLIGOPOLIO.
L’oligopolio è una situazione in cui l’interdipendenza tra rivali è molto forte, a causa del numero ridotto di concorrenti e la
presenza di imprese dominanti.
La dipendenza tra concorrenti è tanto più forte quanto più sono indifferenziati i prodotti: si parla in questo caso di
oligopolio indifferenziato per distinguerlo dal differenziato i cui i beni sono distinti.

IL MECCANISMO DELLA GUERRA DEI PREZZI


In situazioni di oligopolio i prodotti sono percepiti come commodity, e la scelte del clienti dipende dal prezzo. Si tratta
quindi di una situazione in cui vi è un intensa competizione sul prezzo a meno che un’impresa non sia in grado di imporsi.
Si parla allora di “leadership di prezzo” e il prezzo proposto da questa impresa dominante funge da riferimento per gli altri
concorrenti. Lo scenario di guerra dei prezzi si sviluppa in questo modo:
 l riduzione del prezzo decisa da un’impresa provocherà lo spostamento di una fetta di clienti attirati da un prezzo
inferiore;
 la quota di mercato dell’impresa aumenta e i concorrenti adotteranno la stessa riduzione di prezzo;
 la parità di prezzi è cosi ripristinata ma a un livello di prezzo inferiore e meno remunerativo per tutti;

L’ANALISI E IL MONITORAGGIO DELLA CONCORRENZA


L’atteggiamento da adottare nei confronti della concorrenza è l’elemento centrale della strategia, e deve potersi fondare su
un’analisi precisa dei concorrenti.
Viene cosi a costituirsi un sistema di raccolta e analisi delle informazioni relative alla concorrenza le cui questioni più
rilevanti sono:
 quali sono gli obbiettivi dei concorrenti?
 Quale la strategia utilizzata per raggiungerli?
 Di quali mezzi dispongono?
 Quale strategia adotteranno in futuro?

LA CONCORRENZA MONOPOLISTICA O IMPERFETTA.


La concorrenza monopolistica si trova a metà strada tra la concorrenza pure e l’oligopolio. I concorrenti sono numerosi ma
i prodotti sono differenziati. Essa si fonda quindi su una strategia di differenziazione.
CONDIZIONI DI SUCCESSO DI UNA STRATEGIA DI DIFFERENZIAZIONE
Per avere successo una strategia di differenziazione deve rispettare una serie di condizioni:
 La differenziazione deve conferire un elemento di unicità ;
 Tale unicità deve rappresentare valore agli occhi del cliente;
 Il valore può rappresentare un aumento della performance o una diminuzione del costo d’impiego del prodotto;
 Il valore per il cliente deve essere sufficientemente importante da accettare il supplemento di prezzo;
 L’elemento di differenziazione deve essere sostenibile, ovvero al sicuro dalle imitazioni;
 Il supplemento d prezzo deve essere superiore al supplemento di costo sostenuto dall’impresa per produrlo.

BENEFICI DI UNA DIFFERENZIAZIONE EFFICACE


La differenziazione conferisce all’impreso un certo potere di mercato, con il quale può guadagnarsi la preferenza e la
fedeltà del cliente. Ne deriva una sorta di mini-monopolio. La differenziazione protegge l’impresa dalla concorrenza,
poiché la sostituibilità del prodotto diminuisce e l’impresa arriva in questo modo a godere di una autonomia nei confronti
dei rivali.
IL MONOPOLIO.
Il monopolio rappresenta una situazione concorrenziale limite, al pari della concorrenza pura. Il mercato è dominato da un
solo produttore di fronte a un gran numero di clienti: il suo prodotto non ha concorrenti. Si tratta di una situazione che
caratterizza soprattutto la fase introduttiva del ciclo di vita di un prodotto..
In caso di monopolio impresa innovatrice detiene un potere di mercato elevato che in realtà però è minacciato dai nuovi
entranti. Diventa quindi essenziale conoscere la durata prevedibile della situazione di monopolio che dipenderà
dall’innovazione E dalle barriere difendibili contro l’ingresso dei nuovi concorrenti. Per quanto riguarda invece monopoli
di stato, Essi seguono la gente diversa: non più la logica del profitto ma dell’interesse comune E del servizio pubblico.

LA DIMANICA CONCORRENZIALE.
In conclusione si può constatare che il potere di mercato il potenziale di profitto variano in base alla situazione di mercato.
Si possono delineare due casi in cui i potenziali di profitto sono nulli elevatissimi: il caso della concorrenza perfetta in cui
 L’ingresso è libero;
 Le imprese non hanno alcun potere di contrattazione;
 La concorrenza è libera;
 I prodotti si somigliano e si sostituiscono.
L’altro caso È quello in cui il potenziale di profitto è estremamente elevato:
 Potenti barriere bloccano l’ingresso;
 Impresa non ha concorrenti;
 I clienti non hanno un potere di contrattazione per ottenere riduzioni di prezzo;
 I fornitori non hanno potere di contrattazione per far accettare aumenti di prezzo.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO BASATO SUI COSTI.


Il vantaggio competitivo dell’impresa può dipendere dal potere di mercato acquisito grazie alla differenziazione del
prodotto oppure alla presenza di differenziale di costo dovuti a una maggiore produttività E al controllo di essi. È possibile
contenere i costi in vari modi: economie di scala, effetto di esperienza, abbassamento dei costi dei fattori produttivi, una
miglior tecnica di produzione, miglior design o una maggiore efficienza.
La scoperta dell’esistenza di un “effetto di esperienza” si deve a Wright E al suo team, che verso la fine degli anni 60 scoprì
l’esistenza di un effetto di apprendimento sono più di 2000 prodotti diversi E ne dedusse una legge che prende il nome
della legge di esperienza. Si tratta di una legge che ha influenzato notevolmente le strategie adottate dalle aziende E
traduce ciò che gli economisti studiano livello globale da tempo: incrementi di produttività.

L’ENUNCIATO DELLA LEGGE DI ESPERIEZA.


Importanza di questa legge deriva dal fatto che essa permette di prevedere l’evoluzione del costo non solo dei propri
prodotti ma anche di quelli dei concorrenti. Secondo la legge di esperienza “il costo unitario del valore aggiunto di un
prodotto standard, misurato in unità monetari costanti, diminuisce di una percentuale fissa ogni volta che la produzione
totale raddoppia”. In questa enunciazione:
 Il termine speriamo assume significato preciso: il volume di produzione cumulato, E non il numero degli anni nei
quali impresa fabbrica il prodotto;
 Non bisogna confondere la crescita della produzione per unità di tempo con l’aumento dell’esperienza;
 La legge di esperienza non è una legge naturale ma statica;
 I costi devono essere misurati in unità monetarie costanti;
 L’effetto di esperienza è sempre più mancato nella fase di avvio di crescita del ciclo del prodotto;
 L’effetto di esperienza riguarda i costi legati al valore aggiunto, cioè quelli che l’impresa può controllare.

LE CAUSE DELL’EFFETTO DI ESPERIENZA.


I fattori che contribuiscono a ridurre i costi lungo la curva di esperienza sono diversi. Abell e Hammond hanno identificato
sei cause distinte:
 Efficienza del lavoro manuale. Vendo continuamente gli stessi compiti i lavoratori diventano più abili, Migliorano,
E trovano soluzioni più rapide;
 Specializzazione del lavoro di miglioramento dei metodi. La specializzazione aumenta l’efficienza;
 Nuovi processi di fabbricazione. Le innovazioni di processo e i miglioramenti possono rappresentare un fattore
importante di riduzione dei costi;
 Miglior performance delle attrezzature di produzione.
 Mutamento del mix di risorse impiegate. Con l’esperienza si ricorra risorse diverse copie economiche;
 Nuova concezione del prodotto. Una volta acquisita una buona conoscenza dei requisiti impresa è in grado di
ridefinire il prodotto utilizzando materiali risorse meno costose.
Si tratta di fattori sotto diretto controllo dell’impresa E fanno parte della politica generale di miglioramento della
produttività con l’obiettivo di fabbricare lo stesso prodotto in quest’inferiore o di ottenere un prodotto migliore a un
costo equivalente.

LA FOMRULA MATEATICA DELLA LEGGE D’ESPERIENZA


(paragrafo 10.5.3 pagina 341-342)

LE IMPLICAZIONI STARTEGICHE DELLA LEGGE DI ESPERIENZA.


La legge di esperienza permette di comprendere come creare un vantaggio competitivo perduto sulla disparità dei costi.
Le le implicazioni strategiche di questa legge possono riassumersi così:
 Impresa di raggiungere il maggior volume di produzione avrà costi più bassi;
 L’obiettivo è di crescere più velocemente dei concorrenti diretti;
 Si tratta di un obiettivo che può essere meglio realizzato nella fase di lancio del prodotto;
 Il mezzo più efficace per aumentare la quarta di mercato consiste nell’adottare un prezzo di penetrazione;
 Questa strategia darà all’azienda una performance di profitto al di sopra della norma.
 Sulla base di questa legge aumentare la propria quota di mercato e una politica di prezzi di penetrazione sono
fattori chiave per ottenere un vantaggio competitivo basato sul dominio dei costi.

I LIMITI DELLA LEGGE DI ESPERIENZA.


Le leggi di esperienza non ha però un’applicazione universale E ci sono alcune situazioni per cui questa legge ha un effetto
limitato:
 Il potenziale di apprendimento ridotto;
 Un concorrente può accedere una fornitura particolare potendo contare su un vantaggio di costo a prescindere
dalla sua quota di mercato;
 I vantaggi di costo determinati dall’esperienza vengono rapidamente annullati;
 Scarsa sensibilità al prezzo da parte del mercato;
 Esiste una potenziale di differenziazione del prodotto.
Un’impresa dominata dal concorrente che dispone di un vantaggio di costo irraggiungibile può adottare due tipi di
strategie: una strategia di differenziazione che offra all’acquirente caratteristiche distintive per cui sia disposto a pagare un
prezzo superiore; una strategia basata sullo sviluppo tecnologico.

IL VANTAGGIO COMPETITIVO INTERNAZIONALE.


Economisti hanno cercato di capire in che modo un paese, Un governo o un’industria privata fosse in grado di modificare le
condizioni di lavoro per creare rafforzare la competitività delle proprie imprese. Il più illustre esponente di questo filone è
Porter secondo cui esistono quattro caratteristiche che descriva il contesto in cui le aziende locali competono:
1. I fattori produttivi. Sebbene i fattori produttivi sono molto importanti ciò che conta di più e la capacità del paese di
creare rinnovare e sviluppare continuamente tra i fattori;
2. La domanda. La qualità della domanda interna è più importante della quantità della determinazione di un
vantaggio competitivo.
3. I settori a monte e collegati. Un’azienda che opera con diversi industrie collegate ottiene e mantiene dei vantaggi
conferiti da strette relazioni operative vicinanza ai fornitori E flussi continui di prodotti informazioni;
4. La strategia, la struttura e la rivalità delle imprese. Si osserva che non esiste una strategia universalmente
applicabile. Dipende infatti dello stato di salute e dal grado di flessibilità di tutti fattori che lavorano per quel
determinato settore in quel paese e in quel momento.
Porter identifica però anche tre situazioni che favoriscono la conquista del vantaggio competitivo nazionale:
a. Alta percentuale di domanda locale. L’impresa di un paese hanno buone possibilità di conquistare un vantaggio
competitivo inseguimenti globali, che rappresenta una parte importante della domanda interna ma pesano per
una quota meno significativa negli altri paesi;
b. Acquirenti sofisticati esigenti. La conquista di un vantaggio competitivo dipende anche dal grado di sofisticazione e
dalle esigenze dei clienti locali;
c. Anticipazione dei bisogni degli acquirenti. Il fatto che alcuni bisogni siano espressi prima dalla clientela nazionale
e poi da quella straniera, rappresenta un vantaggio per le imprese locali perché la domanda locale anticipa bisogni
destinati a generalizzarsi.

Unità 11 -> Il mercato target e le strategia di posizionamento.


Completata la segmentazione del mercato il analisi dell’attrattività -competitività dei diversi prodotti-mercato E di ciascun
segmento target, la decisione successiva consiste nello scegliere il tipo di copertura del mercato quindi mirare E le
strategie di posizionamento da adottare all’interno di ciascun segmento target. Sarà proprio la strategia di posizionamento
a fornire il concetto necessario a elaborare un programma di marketing. Si tratta della fase più importante che permette
imprese di individuare il modo migliore per differenziare la propria marca rispetta quella dei concorrenti.

STRATEGIE DI COPERTURS DEL MERCATO DI RIFERIMENTO.


L’impresa ha a disposizione diverse strategie di copertura del mercato.

STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE.
La strategia di focalizzazione È quella adottata da imprese in cui gli specialisti vogliono conquistare una grossa quota di
mercato. L’Impresa concentra le sue risorse sui bisogni di un numero ridotto di segmenti, se non uno soltanto, adottando
una strategia specialistica. La specializzazione può riguardare una funzione (specialisti di funzione) in cui svolge un
numero ridotto di funzioni ma si rivolge a una vasta gamma di clienti, I confini sono qui ristretti dal punto di vista della
funzione, ma molto ampi per quanto riguarda il gruppo di clienti. Oppure la specializzazione può riguardare un gruppo di
clienti (specialisti di clienti), in questo caso sia una situazione in cui I confini del mercato sono definiti in modo ampio dal
punto di vista della funzione ristretto in merito al gruppo di clienti verso cui è puntata l’attenzione.

COPERTURA TOTALE DEL MERCATO.


In questa strategia I confini di mercato sono definiti in modo ampio sia dal punto di vista della funzione che da quel
gruppo di clienti: impresa si rivolge all’intero mercato.
Le aziende che data questo tipo di strategia può scegliere tra due strategie di marketing: differenziato indifferenziato.
Se si è data una strategia di marketing indifferenziato, o di marketing di massa, impresa ignora la diversità dei bisogni dei
clienti E decide di rivolgersi ad essi come se fosse un tutt’uno, si concentra quindi sei punti in comune nei bisogni dei
clienti, tralasciando le differenze. Stasera invece una strategia di marketing differenziato, o di customizzazione di massa,
impresa si rivolge sempre l’intero mercato ma con programmi di marketing su misura per ciascun segmento di clienti.

STRATEGIA MISTA.
Adottando una strategia mista impresa diversifica le sue attività in termini di funzione e di gruppi di clienti. Garantire che
il portafoglio dell’impresa sia equilibrato e ben diversificato, rientra tra gli obiettivi di analisi. La scelta di una di queste
strategie di copertura del mercato dipenderà da: a. il numero di segmenti identificabili e potenzialmente redditizie nel
mercato di riferimento e b. Dalle risorse dell’impresa.

IPERSEGMENTAZIONE O CONTROSEGMENTAZIONE.
Le politiche estreme come si può arrivare applicando una strategia di segmentazione sono:
 Ipersegmentazione che dà vita a prodotti su commissione realizzati per soddisfare i bisogni individuali;
 Contro segmentazione, l’ impresa offre un prodotto base.
Nel lavorare una strategia di segmentazione spesso entrano in conflitto due logiche opposte: quella del market-driven e
quella del supply-driven. La logica guidata dal mercato richiede il massimo grado di adattamento alle diversità dei bisogni
E porta la commercializzazione di prodotti personalizzati in base alle preferenze del cliente. La logica basata sulla
produzione cercaci di incrementare la produttività attraverso la massima standardizzazione del prodotto.

SELEZIONE DI SEGMENTI PRIORITARI.


La decisione relativa ai segmenti target È compatibile sia con una copertura ampia del mercato sia con la selezione di uno o
più segmenti. La regola è quella di rivolge la propria attenzione in particolare ai gruppi di clienti che danno valore al
prodotto E non a quelli che invece hanno maggior interesse per l’impresa.

LE DECISIONI DI POSIZIONAMENTO STRATEGICO.


S’ dopo aver deciso il tipo di copertura del mercato il passo decisivo sarà la scelta della strategia di posizionamento. Si
tratta di un momento critico nel processo di implementazione del marketing strategico impresa Deve scegliere come
differenziare al meglio la propria marca rispetto ai concorrenti.

DEFINIZIONI DI POSIZIONAMENTO.
La diffusione della parola posizionamento è opera di Ries e Trout che indicavano connessa il processo di collocazione di un
prodotto nella mente del consumatore. La nostra definizione un po’ diversa: “il posizionamento è la decisione dell’impresa
relativa ai benefici chiama che deve possedere per conquistare una posizione distintiva sul mercato”.
Il posizionamento si può descrivere rispondendo quattro domande chiave:
 Una marca perché cosa? Si riferisce ai benefici che derivano dalla marca stessa;
 Una marca per chi? Ovvero per quali segmenti tardi;
 Una marca per quando? Si riferisce alla situazione d’uso;
 Una marca contro chi? Allude al diretto concorrente.
La strategia di posizionamento è la modalità che viene adottata per introdurre una strategia di differenziazione basata a.
sull’analisi interna dei forza e debolezza dell’impresa: b. sul contesto competitivo; c. sul tipo di beneficio distintivo è unico
che la marca può offrire.
Obiettivo dell’impresa sarà quello di comunicare questo elemento di differenziazione. La percezione che può il
consumatore ha nella propria mente della marca È detta “ immagine di marca”.

CONDIZIONI PER LO SVILUPPO DEL POSIZIONAMENTO.


Quando si sei un posizionamento è necessario verificare le seguenti condizioni:
 Conoscere il posizionamento della marca o dell’impresa nella mente dei consumatori;
 Conoscere il posizionamento attuale delle marche concorrenti;
 Selezionare un posizionamento e identificare le motivazioni a sostegno della scelta;
 Valutare le dimensioni e il profitto potenziale del mercato interessato;
 Verificare se il posizionamento scelto è davvero specifico e distintivo;
 Verificare se la marca possiede il potenziale necessario a raggiungere il posizionamento desiderato
 Cosa Verificare se il posizionamento desiderato giustifica almeno l’applicazione di un Premium Price;
 Quantificare il grado di vulnerabilità del posizionamento;
 Garantire la consistenza del posizionamento con gli strumenti di marketing mix.
Una volta scelta la strategia di posizionamento diventa più semplice per il marketing operativo tradurla in un programma
di marketing efficace coerente.

MODALITA’ DI POSIZIONAMENTO DELLA MARCA RISPETTO AI CONCORRENTI.


Esistono diversi modi di posizionare una marca nei confronti dei concorrenti, Distinguendo in tre tipologie di
differenziazione:
1. Differenziazione del prodotto, facendo leva sui benefici del prodotto e sulle caratteristiche della performance.
2. Differenziazione del prezzo, esistono però diverse strategie basate sul prezzo, Applicare il prezzo più alto della
categoria, Il più alto valore del denaro poi il prezzo più basso nella categoria.
3. Differenziazione dell’immagine, molti settori infatti le marche sono differenziabili sulla base delle caratteristiche
tangibili ed a fare la differenza in questo caso è l’immagine.
CREDIBILITA’ DEL POSIZIONAMENTO SCELTO.
Alcuni imprese adottano strategie di posizionamento basate su più benefici. Come indicano Kotler e Keller nl
posizionamento bisogna evitare quattro errori:
1. Sottoposizionamento. I potenziali clienti hanno un’idea vaga di quale sia il fatto distintivo della marca, quindi non
vedono nulla di speciale;
2. Sovrapposizionamento. I clienti hanno un’immagine troppo ristretta della marca.
3. Posizionamento confuso. I clienti cono confusi perché l’impresa avanza troppe rivendicazioni sul prodotto;
4. Posizionamento ambiguo. I potenziali clienti non riescono a credere nei benefici promessi dalla marca. Si tratta
dell’errore più diffuso.

IL COMPORTAMENTO DI RISPOSTA DEL CLIENTE AL POSIZIONAMENTO D’IMPRESA.


Si possono identificare diversi livelli di risposta del cliente nei confronti dell’informazione percepita. Per “risposta” si
intende ogni attività mentale e fisica provocata nel cliente da uno stimolo, e che quindi non o solo osservabile dall’esterno.
Per l’economista, poiché le preferenze vengono rilevate dal comportamento, la risposta del consumatore si identifica con la
domanda espressa sul mercato in termini di quantità vendute.

LA GERARCHIA DELL’APPRENDIMENTO.
I diversi livelli di risposta del cliente possono essere raggruppati in tre categorie: la risposta cognitiva, che chiama in causa
le informazioni possedute, la risposta affettiva, che analizza l’atteggiamento e il sistema di valutazione, e la risposta
comportamentale che descrive l’azione, non soltanto l’azione d’acquisto, ma anche il comportamento post-acquisto.
Gli esperti in comunicazione sostengono che i tre livelli di risposta sono posti in una scala gerarchica e che l’individuo o
l’organizzazione, li attraversa in sequenza, secondo questo ordine: cognitivo (learn), affettivo (feel), comportamentale
(do). Questo modello di risposta, sviluppato inizialmente con lo scopo di misurare l’efficacia della pubblicità viene esteso in
seguito al processo di adozione di nuovi prodotti. La psicologia ha poi dimostrato che esistono anche altri percorsi,
osservabili laddove il coinvolgimento è minimo o in caso di dissonanza cognitiva. Sebbene le ipotesi del processo di
apprendimento non sono sempre applicabili, il modello “learn-feel-do” rimane valido in particolare se usato insieme ai
concetti di “rischio percepito” e “coinvolgimento dell’acquirente”.

IL MODELLO DEL COINVOLGIMENTO FCB (FOOTE-CONE-BELDING).


I differenti percorsi del processo di risposta possono essere collocati in un quadro più generale che evidenzia, non solo il
grado di coinvolgimento, ma anche la percezione delle modalità di apprendimento della realtà . La teoria della
specializzazione spiega che una separazione anatomica tra le zone del cervello corrisponde a una specifica percezione
della realtà : l’emisfero destro a quelli affettivi e sensoriali, quello sinistro all’apprendimento.
Vaughn, per ottenere uno schema concettuale che integrasse il modello gerarchico “learn-feel-do”, il grado di
coinvolgimento, e la teoria della specializzazione del cervello, ha elaborato una griglia in cui il processo di acquisto viene
analizzati secondo due dimensioni: un coinvolgimento “alto-basso” e una percezione della realtà basata su “pensare-
sentire”.
Spiegazione schema paragrafo 11.3.2 pag 356-357-358

MAPPA PERCETTIVA BASATA SUGLI ATTRIBUTI.


Nel giudicare la rilevanza degli attributi, occorre prestare attenzione al problema della ridondanza: due attributi sono
ridondanti quando il loro grado di significatività è identico. Mantenere due attributi determinati che indicano la medesima
caratteristica equivale a selezionare un unico attributo.
Spiegazione schema paragrafo 11.3.3 pag 358-359.

STRATEGIE PER CAMBIARE POSIZIONAMENTO.


Nel determinare quale strategia adottare per modificare un posizionamento sfavorevole, è importante capire il modo in cui
i consumatori percepiscono i prodotti concorrenti all’interno del segmento. Esistono sei strategie diverse:
 Modificare il prodotto. Se la marca non corrisponde alle aspettative, si può modificare il prodotto aggiungendo o
rinforzando la caratteristica che risulta carente. Si tratta quindi, non di modificare il prodotto, ma adeguarlo alle
aspettative.
 Modificare il peso degli attributi. Si tratta di convincere il mercato che deve essere attribuita una maggior
importanza a una determinata caratteristica che la marca dimostra di possedere.
 Modificare le convinzioni relative alla marca. il mercato potrebbe essere mal informato e sottostimare alcune
caratteristiche della marca.
 Modificare le convinzioni relative alle marche concorrenti. Questa strategia si applica quando il mercato sovrastima
le caratteristiche dei concorrenti.
 Attrarre l’attenzione verso attributi finora ignorati. Questa strategia implica la creazione di un nuovo vantaggio che
ancora non era stato considerata dal segmento target.
 Modificare il livello di attributi richiesti. E’ possibile che il mercato di aspetti un determinato livello qualitativo.
L’impresa può convincere il segmento che la qualità offerta è adeguata allo scopo.

LA CATENA DEL VALORE NELL’ANALISI DI DIFFERENZIAZIONE.


Nella ricerca di un elemento di unicità su cui fondare una strategia di differenziazione è necessario evitare due errori:
individuare un elemento di unicità apprezzato dai clienti, ma che l’impresa non è in grado di offrire; identificare un
elemento di unicità che l’impresa in grado di offrire, ma che non è apprezzato dai clienti. A questo scopo, il modello della
catena del valore di Porter risulta molto utile.
Qualunque impresa può essere descritta mediante un insieme di attività , volte a ideare, produrre, commercializzare,
distribuire e sostenere i propri prodotti. Queste attività possono essere raggruppati in due categorie: attività primarie e
attività di supporto. La catena del valore per una determinata impresa viene a costituirsi grazie alla capacità di ciascuna di
queste attività di differenziarsi dalle altre imprese.

ALLA RICERCA DELLE FONTI DI DIFFERENZIAZIONE.


Le possibili fonti di differenziazione per le attività sono:
 Acquisti e logistica interna: qualità e affidabilità di componenti e materiali;
 Produzione: tempi brevi di fabbricazione, scarti minimi…
 Immagazzinaggio e distribuzione: consegna rapida, sistema efficace gestione degli ordini, scorte sufficienti…
 Marketing e vendite: creatività pubblicitaria, forza di vendita…
 Assistenza ai clienti: assistenza nell’istallazione, riparazione..
Invece per le attività di supporto le potenziali differenziazioni sono:
 Risorse umane: personale avanzato, impegno servizio clienti..
 Ricerca e sviluppo: caratteristiche uniche del prodotto, rapidità di sviluppo…
 Infrastruttura: reputazione dell’impresa, sensibilità ai bisogni…
L’obiettivo consiste nell’individuare I fattori di unicità di ogni attività, ovvero le variabili o le azioni attraverso le quali
impresa può acquisire un elemento di unicità che la differenzi dai concorrenti e la valorizzi agli occhi del cliente.

L’ELASTICITA’ AL PREZZO COME MISURA DEL POTERE DI MERCATO.


Il potere di mercato è misurato dalla capacità dell’impresa di imporre un prezzo superiore a quello applicato ai
concorrenti. Una misura di questa capacità è data dall’elasticità al prezzo della domanda dell’impresa per il prodotto
differenziato. Minore è l’elasticità della domanda, più bassa sarà la volatilità ho la sensibilità della quota di mercato di
fronte a un aumento di prezzo del prodotto.
La forza della marca dipende dal grado di attaccamento o di fedeltà dei clienti. Il miglior test di fedeltà alla marca consiste
nel sapere come si comporta un consumatore che non trova la marca cercata in negozio: cambia marca oh cambia punto
vendita per trovare la marca?
È possibile individuare cinque indicatore della forza di una marca:
 Più limitata sensibilità al prezzo. Una marca forte resiste meglio un aumento di prezzo;
 Accettazione di premio Price. Una marche forte sei clienti sono disposti a pagarla di più rispetto alle marche
concorrenti;
 Tasso di esclusività. Il consumatore più fedele è quello per cui la marca detiene una percentuale maggiore di
requisiti all’interno della categoria;
 Passo di fedeltà dinamico. Si può prendere in esame lo schema d’acquisto nel tempo, da utilizzare per stimare la
probabilità che un consumatore riacquisti la stessa marca nell’occasione successiva;
 Misure attitudinali positive. Indicatori quali il grado di familiarità con la marca, il grado di stima… sono indicatori
della forza di una marca.

SEGMENTI TARGET INTERNAZIONALI.


La segmentazione globale dei mercati può essere definita come il processo di identificazione di segmenti di clienti
potenziali. Nella segmentazione globale si possono adottare tre tipi di approccio: a. identificazione di gruppi di paesi che
richiedono prodotti simili; b. identificazione di segmenti presenti in più paesi; c. scelta di sentimenti target diversi in
ciascun paese, pur con lo stesso prodotto.

GRUPPI DI PAESI TARGET.


Cosa fai il mercato globale viene in genere segmentato in base a variabili che permettano di raggruppare paesi simili per
condizioni climatiche, lingua, religione…
Molte volte i prodotti non necessitano di essere adattati in ogni paese.
Tuttavia, tale approccio presenta tre grandi limiti: a. si basa su variabili legate al paese, e non al comportamento dei clienti:
b. presuppone l’esistenza di un’omogeneità all’interno del raggruppamento di paesi; c. trascura il fatto che mi sono
segmenti omogenei di consumatori che possono valicare i confini nazionali.

VENDERE IN SEGMENTI UNIVERSALI CHE ATTRAVERSANO I CONFINI TRA I PAESI.


Sono molte le tendenze che influenzano il comportamento del consumatore su scala globale. Anche se in generali bisogni
sono molto diversi, può esistere un segmento che presenta gli stessi bisogni in ogni paese. La sfida delle imprese
internazionali consiste nell’identificare questi sentimenti universali, e raggiungerli con programmi di marketing che
soddisfino i bisogni comuni a tali clienti.
Marchi di alto livello possono rivolgersi a target internazionali che formano questo segmento universale usando le stesse
strategie con questi sono posizionati nel mercato locale.

RIVOLGERSI A SEGMENTI DIFFERENTI IN OGNI PAESE.


Anche sei bisogni sono differenti in ogni paese, è possibile vendere lo stesso prodotto in ciascuno di essi ma in segmenti
diversi, attraverso un posizionamento specifico basato su variabili come il marketing distributivo, la pubblicità e il prezzo.
Quest’approccio richiede una serie di adattamenti nelle strategie di comunicazione e di vendita, generando un aumento di
costi che impedisce di beneficiare di una loro diminuzione grazie alla standardizzazione. La segmentazione universale è
però l’approccio che conferisce all’impresa il vantaggio competitivo più significativo, perché il prodotto e la
comunicazione possono essere standardizzati e trasferiti in paesi diversi. L’azienda guadagni in questo modo una
reputazione e coerenza di immagine, E il suo posizionamento risulta rinforzato a livello internazionale.

IL CASO DEI SEGMENTI UNIVERSALI.


L’approccio globale della segmentazione dei mercati all’obiettivo di individuare la similitudine tra paesi e ricerca
l’omogeneità nei prodotti, nell’immagine di marca e-mail messaggi pubblicitari, a differenza dell’approccio multidomestico
chiarita di ricercare un punto in comune e si occupa di coltivare differenze non sempre giustificate. Tuttavia, l’obiettivo
non è ottenere una gamma uniforme di prodotti in tutto il mondo, ma di sviluppare la gamma di prodotti più
standardizzata possibile.

La ricerca di un compromesso fra standardizzazione e adattamento.


L’idea di base della segmentazione transazionale può essere sintetizzata con il ricercare le somiglianze transnazionali
adattandosi alle differenze locali. Si possono adottare tre tipi di politica di prodotto:
1. Il prodotto venduto fisicamente identico in ogni paese;
2. Il prodotto di base lo stesso ma vengono apportate modifiche per rispondere alle differenze locali;
3. Il prodotto appositamente studiato per soddisfare i bisogni di solo ed esclusivamente un dato paese.

L’affermazione di una marca globale.


Non tutti prodotti hanno necessariamente una vocazione universale. Nella realtà la vocazione globale di un prodotto oggi
una marca È legata al carattere universale del vantaggio ricercato. Quando un prodotto soddisfa efficientemente i bisogni
di un gruppo di clienti in un dato paese, è logico aspettarsi che possa avere lo stesso successo con lo stesso gruppo di
clienti ma in un altro paese.
Più prodotto si avvicina ai poli hi-tech e hi-touch, più diventa universale, in quanto queste due categorie di beni hanno in
comune il fatto di essere prodotti di forte coinvolgimento E che ricorrono al linguaggio universale. Per queste categorie di
prodotti infatti i clienti di tutto il mondo utilizzano e comprendono lo stesso linguaggio e ricorrono agli stessi simboli.

Unita 12 -> La formulazione di una strategia di marketing


All’impresa non resta che selezionare una strategia competitiva per ottenere un profitto superiore alla media nelle diverse
unità di business presente nel suo portafoglio. Due sono gli insiemi di fattori che determinano la sua performance:
l’attrattività complessiva del mercato di riferimento, e che dipende da forse che l’azienda non può controllare, e la
competitività , ovvero la forza della sua posizione competitiva, che è invece e condizionata dalle scelte strategiche
dell’impresa stessa. L’analisi del portafoglio, mette in relazioni indicatori di attrattività e competitività per aiutare la
riflessione strategica , suggerendo specifiche strategie di marketing che permettono di ottenere un mix di prodotti
equilibrato per realizzare performance redditizie e garantire una crescita a lungo termine.

L’ANALISI DEL PORTAFOGLIO PRODOTTI.


L’obiettivo di un’analisi del portafoglio prodotti è di aiutare l’impresa a decidere come collocare risorse limitate nei diversi
prodotti-mercato in cui opera. L procedura consiste nel classificare ciascuna attività in base a due dimensioni: l’attrattività
del mercato e la capacità dell’impresa di cogliere le opportunità offerte dal mercato. Sono stati sviluppati vari metodi, che
usano rappresentazioni matriciali, in cui vengono adottai indicatori diversi per misurare i parametri di attrattività e
competitività .

LA MATRICE “CRESCITA-QUOTA DI MERCATO RELATIVA” DEL BCG.


La matrice BCG è costruita sulla base di sue criteri: il tasso di crescita del mercato di riferimento, che funge da indicatore di
attrattività , e la quota di mercato rispetto al concorrente più pericoloso, usata come indicatore di competitività .

Le ipotesi fondamentali della matrice “crescita-quota di mercato relativa”.


Alla base dell’analisi del Boston Consulting Group vi sono due ipotesi: una verte sulla presenza dell’effetto esperienza,
l’altra sul modello del ciclo di vita del prodotto. Grazie all’effetto di esperienza, un’elevata quota di mercato implica un
vantaggio competitivo di costo rispetto ai concorrenti, viceversa, con una scarsa quota di mercato si ha uno svantaggio di
costo.
Sarà un prodotto presente in un mercato matura a generare liquidità , in questo caso si fa ricorso al modello del ciclo di vita
del prodotto per evidenziare com’è interessante distribuite le proprie attività i un mix di portafoglio bilanciato e con
prodotti collocati nelle varie fasi del ciclo di vita.

Definire le tipologie di business.


E’ possibile poi individuare quattro gruppi di prodotti-mercato molto differenti per esigenze finanziarie e/o di
contribuzione. Il primo gruppo isi trova nel quadrante “bassa crescita/alta quota di mercato” in cui si collocano prodotti
che generano maggior liquidità rispetto a quella necessaria per mantenere la posizione sul mercato e che rappresentano
una fonte di finanziamento.
Il secondo gruppo riguarda la “bassa crescita/bassa quota di mercato”, e vi si collocano prodotti la cui quota di mercato è
bassa in un settore a bassa crescita: essi operano con uno svantaggio di costo e hanno poche opportunità di crescita.
L’obiettivo qui e di “disinvestire”.
Il terzo gruppo riguarda “alta crescita/bassa quota di mercato”, e vi sono prodotti con una quota di mercato modesta in un
mercato in rapida espansione. Questi prodotti hanno ancora la possibilità di vedere crescere la loro quota di mercato,
perché quest’ultimo è in fase di cambiamento.
Infine il quarto gruppo, il “altra crescita/alta quota di mercato” corrisponde a prodotti leader che richiedono comunque
mezzi finanziari per sostenerne la crescita, tuttavia, grazie alla loro posizione competitiva generano profitti notevoli di
reinvestire per mantenere la posizione sul mercato.

L’analisi del portafoglio prodotti.


per applicare questo metodo è necessario definire bene il mercato di riferimento. La quota di mercato esprime la capacità
competitiva di un’impresa rispetto ai concorrenti.
La posizione della matrice da indicazioni riguardo la strategia adottabile per ogni prodotto, permette di valutar le esigenze
finanziarie e il potere di redditività , e in più , l’allocazione della redditività complessiva delle vendite o della contribuzione
al profitto per ciascun quadrante permette di valutare l’equilibrio del portafoglio prodotti. L’ideale è disporre di prodotti
che generano risorse finanziarie e prodotti in fase di introduzione o crescita, contemporaneamente.
A partire da questo tipo di analisi, l’impresa può individuare diverse tipologie di strategie volte a mantenere l’equilibrio del
suo portafoglio. Lo schema permette di costruire scenari di sviluppo in base ai tassi di crescita attesi e la quota di mercato
prefissata, aiuta ad analizzare il potenziale del portafoglio esistente e valutare in cifre il flusso di cassa che potrebbe
generare ogni attività e consente di analizzare il gap strategico, ovvero la differenza riscontrabile tra la performance attesa
e quella desiderata.
Sono state così individuate due indicazione di successo e insuccesso. Tra quelle di successo si distingue la traiettoria
dell’innovatore, che utilizza le risorse finanziarie generate dal cash flow per investire in R&S e penetrare nel mercato con
un prodotto nuovo, e la traiettoria dell’imitatore che utilizza risorse fornite dal cash flow e adotta una strategia aggressiva
di sviluppo della quota di mercato. Tra le traiettorie di insuccesso invece ci sono quella del disastro, che si riferisce
all’eventualità in cui un prodotto star veda diminuire la propria quota di mercato a causa di investimenti insufficienti, e
quella della mediocrità permanente, che descrive situazioni in cui si è incapaci di creare una quota di mercato per il
prodotto.

I limiti della matrice “crescita-quota di mercato relativa”.


Esistono pero anche una serie di limiti che riducono la portata generale del metodo. L’ipotesi di fondo sulla relazione tra
quota di mercato relativa e potenziale di redditività permette il ricorso a questo metodo sol qualora sussista l’effetto
esperienza, cioè nelle industrie operanti su elevati volumi di produzione. C’è da considerare anche che il metodo si basa
esclusivamente sulla nozione di vantaggio competitivo interno e non considera alcun tipo di vantaggio esterno del quale
una marca o un impresa possano beneficiare grazie al successo di una strategia di diversificazione. Possono poi presentarsi
difficoltà di misura. Si tratta di limiti importanti che restringono notevolmente il campo di applicazione di questa matrice
che quindi, non è sempre valida allo stesso modo.

LA MATRICE DEL PORTAFOGLIO MULTIFATTORIALE.


Il metodo BCG si basa su due indicatori: la quota di mercato relativa e il tasso di crescita del mercato. Si tratta pero di
fattori che possono dipendere da altri. L’attrattività per esempio può dipendere dall’accessibilità del mercato, dalle sue
dimensioni, dalla rete di distribuzioni ecc..
Analogamente, anche il vantaggio competitivo può derivare ad esempio da un forte immagine di marca, una leadership
tecnologica, qualità uniche del prodotto ecc..
E’ chiaro quindi che bisogna considerare altri fattori per misurare correttamente il potenziale di attrattività e competitività
di un’impresa. Si ricorre quindi ad un insieme di misure per costruire un indice composto per ciascuna dimensione. Il
modello BCG va visto come il caso particolare di una teoria più vasta.

Lo sviluppo di una griglia multicriteri.


Dato che ogni situazione è diversa, l’elenco dei fattori rilevanti va stilato caso per caso, e ogni griglia multicriteri è specifica
per un’impresa. E’ necessario definire ogni indicatore, nonché il suo significato preciso. Una volta costituita la griglia, ogni
prodotto viene valutato rispetto a ciascun indicatore. A tal fine viene utilizzata una scala a 5 punti i cui valori 1,2, e 3
corrispondono alle valutazioni “basso”, “medio” e “elevato”. Per quanto riguarda gli indicatore di competitività, i giudizi
relativi sono attribuiti in astratto, ma all’interno di ogni prodotto-mercato in rapporto al concorrente più pericoloso. E’
importante anche che le valutazioni riflettano, non solo i valori attuali ma anche quelli futuri o attesi.
Al contrario, con il modello BCG, i giudizi di attrattività e competitività si basano su valutazione soggettive.

Interpretazione della griglia multicriteri.


Si ottiene così un sistema di classificazione a due dimensioni. Ciascuna dimensione viene divisa in tre livelli (basso, medio
e elevato), il che conduce a definire nove casi, ciascuno corrisponde a un posizionamento strategico specifico.
Spiegazione grafico pag. 375-376-377.

La scelta di una strategia futura.


A questo punto si dispone di una rappresentazione del potenziale di sviluppo d’impresa. Proiettando l’evoluzione prevista
l’impresa sarà in grado di determinare anche la sua posizione futura. Essa può scegliere fra strategie di investimento,
riduzione degli investimenti o disinvestimento.

La valutazione della matrice multicriteri.


La matrice multicriteri fornisce un’analisi simile a quella del modello BCG, ma con una differenza: la mancanza di
collegamento tra competitività e performance finanziaria. Il metodo qui presentato ha un’applicazione più generale,
supera i limiti della matrice BCG e oltre ad avere una più vasta applicabilità e più flessibile. Nonostante questo h comunque
altri tipi di limiti: problemi di misurazione che sono più delicati e il rischio di soggettività maggiore; il numero di attività da
valutare sono elevati e il procedimento diventa pesante e difficile, specie quando le informazioni sono scarse o imprecise; il
risultato varierà a seconda del metodo di valutazione e di ponderazione adottato; le indicazioni che si traggono rimangono
molto generiche e vanno precisate.

L’ANALISI SWOT.
L’analisi SWOT consiste nello studio dei punti di forza e di debolezza dell’impresa, e di opportunità e minacce provenienti
dall’ambiente in cui opera. E’ una tecnica molto usata in quanto permette di organizzare le informazioni raccolte dal
sistema informativo aziendale e dall’ambiente di macromarketing. Consiste in un’analisi basata su più criteri, molto simili
ai metodi già analizzati ma con due differenze: è di tipo puramente qualitativo, non si giunge a misure oggettive o dati
sensibili; definisce in modo diverso i concetti di attrattività e competitività. Si tratta di un semplice indicatore: indica la
strada da seguire per elaborare il piano di marketing più adeguato e strategia alternative. In sintesi, se eseguita
correttamente, l’analisi SWOT aiuta l’impresa a evidenziare i suoi punti di forza e minimizzare i punti di debolezza, per
perseguire le opportunità che le si offrono e evitare le minacce.

L’UTILITA’ DELL’ANALISI DI PORTAFOLGIO PRODOTTI.


Un’analisi di portafoglio, di qualsiasi tipo, poggia sui seguenti principi: la suddivisione delle attività d’impresa; gli
indicatori di attrattività e competitività ; il legame tra posizione strategica e performance economica e finanziaria.
La rappresentazione matricale consente di sintetizzare i risultati e una riflessione strategica: la loro elaborazione non è
semplice, ma presuppone l’esistenza di informazioni complete e attendibili riguardo il funzionamento dei mercati e punti
di forza e di debolezza dell’impresa e dei suoi concorrenti. Essa richiede poi una raccolta di informazioni molto dettagliate,
la cui affidabilità dipende dalla qualità dei risultati. Si tratta di un’analisi che non può migliorare, ma che mette l’accento su
importanti orientamenti di gestione, consentendo all’impresa di mitigare le prospettive a breve termine, insistendo sul
mantenere un equilibrio tra attività e redditività per la preparazione al futuro, stimola l’impresa a ragionare in termini di
attrattività e competitività , contribuisce a creare un linguaggio comune nell’organizzazione e a fissare gli obiettivi.
Il principale punto debole dell’analisi di portafoglio è fornire un’immagine del presente o di un passato recente, dedicando
troppo poco tempo alla valutazione dei cambiamenti futuri.

LE OPZIONI STRATEGICHE.
Il primo passo per l’elaborazione della strategia consiste nel determinare la natura del vantaggio competitivo sostenibile,
che è definito secondo due dimensioni: produttività (vantaggio di costo) e potere di mercato (vantaggio in termini di
massimo prezzo di vendita).

DUE APPORCCI ALLA STRATEGIA.


Per comprendere cos’è una strategia sono state fornite due differenti visioni. La prima elaborata da Porter è adatta quando
l’obbiettivo è quello di soddisfare bisogni espressi o comunque articolati in mercati già esistenti. La seconda è invece
elaborata da Hamel e Prahalad ed è orientata ai bisogni latenti e ai mercati futuri.

Competere dei mercati esistenti.


La prima visione consiste nella scelta di un prodotto-mercato nel quale l’impresa sarà presente, potrà differenziarsi dai
concorrenti ed esercitare attività diverse o le stesse attività in modo diverso. Si tratta di ricercare un vantaggio
“sostenibile” che comporta un’analisi dei fattore chiave di quel mercato, punti di forza e di debolezza dell’impresa in
relazione ai fattore chiave e punti di forza e debolezza dei concorrenti.

Competere dei mercati futuri.


Nella seconda strategia l’obiettivo è “sviluppare le migliore previsioni possibili sul futuro necessarie e fronteggiare in
modo proattivo l’evoluzione del settore”. Si tratta infatti di una visione della strategia proattiva visto che l’obiettivo è
capire, identificare e influenzare le forze che caratterizzeranno il futuro del settore.
Kim e Maugorgne hanno formulato alcune raccomandazioni per attuare “o sviluppo di una strategia del valore”. Per loro è
fondamentale che l’impresa non consideri le condizioni del mercato come un dato definitivo, ne la concorrenza come punto
di riferimento, bisogna concentrarsi su ciò che i clienti apprezzano maggiormente e chiedere come si comporterebbero se
si ripartisse da zero. Essi raccomandano l’impresa in termini di soluzione al problema del cliente, considerando
soprattutto soluzione ai problemi che i clienti non sanno nemmeno di avere.

LA STRATEGIA DI BASE DEI MERCATI ESISTENTI.


Le strategia di base variano a seconda del vantaggio competitivo. Porter ipotizza l’esistenza di quattro tipi di strategie
competitive si base per superare la concorrenza e in dato settore.

1. STRATEGIE DI DMINIO ATTRAVERSO I COSTI.


Questa strategia si basa sulla dimensione della produttività ed è generalmente legata all’esperienza. Essa comporta una
attenzione costante ai costi di funzionamento, agli investimenti, costi legati al design, e alla riduzione dei costi di servizio,
vendita, pubblicità …
In questa strategia ci si concentra sulla diminuzione dei costi rispetto a quelli dei concorrenti.
Rispetto ai concorrenti infatti l’impresa può resistere a meglio alla guerra dei prezzi, in riferimento ai concorrenti, i costi
inferiori rappresentano una barriera alla loro entrata, e con essi si difende anche dagli aumenti imposti dai fornitori e i
clienti non sono in grado di far scendere i prezzi al di sotto del livello praticato da concorrente.

2. LA DIFFERENZIAZIONE.
In questo caso l’obiettivo è conferire al prodotto un carattere distintivo, creando un’offerta percepita come unica.
L’impresa tenderà a creare una situazione di concorrenza monopolistica, nella quale si detiene un potere di mercato,
grazie all’elemento distintivo.
Rispetto ai concorrenti l’impresa si isola dalla rivalità competitiva perché accresce la fedeltà alla marca. La fedeltà dei
clienti e l’unicità del prodotto generano una barriere per l’entrata di nuovi concorrenti, e la redditività più elevata accresce
la capacità dell’impresa di resistere ad aumenti di costo.
Il successo della differenziazione permette di realizzare profitti superiori grazie al prezzo elevato che il mercato è disposto
a pagare. Si tratta però di una strategia che non è sempre compatibile con il mercato e con l’obiettivo di una quota
maggiore di esso, in quanto non sempre i clienti, pur riconoscendo la superiorità del prodotto sono disposti a pagare un
prezzo più elevato.

3. LA FOCALIZZAZIONE.
La strategia di focalizzazione si basa invece sui bisogni di un segmento, di un gruppo di clienti o di un mercato
geograficamente delimitato. L’obiettivo qui è di scegliere un target ristretto e soddisfarne i bisogni specifici. E’ una
strategia che può comportare differenziazione, o dominio attraverso i costi, o entrambe, ma limitatamente al segmento
d’interesse.

I RISCHI DELLE STRATEGIE DI BASE.


La scelta tra tra due o più strategie non è neutra, ovvero comporta rischi e preoccupazioni differenti nell’organizzazione e
comporta disponibilità di risorse diverse.
Una strategia di dominio attraverso i costi suppone investimenti sostenuti, un’elevata competenza tecnologica, un rigido
controllo dei costi…
Una strategia di differenziazione invece richiede competenze di marketing e tecnologiche avanzate. Una strategia di
focalizzazione presuppone invece tutte le caratteristiche precedenti anche se solo nel segmento target scelto.

LE STRATEGIE DI CRESCITA.
Gli obiettivi di crescita sono presenti nella maggior parte delle strategie aziendali. La crescita è il fattore che influenza la
vitalità dell’impresa, stimola le iniziative, accresce la motivazione, ed è necessaria per sopravvivere agli assalti della
concorrenza. Un’impresa può definire il suo livello di crescita a tre livelli diversi: nell’ambito del mercato in cui opera
(crescita intensiva); nell’ambito della filiera industriale (crescita integrata); nell’ambito delle opportunità esterne al suo
campo di attività (crescita per diversificazione). A ciascuno di questi livelli corrispondono varie possibili strategie.

LE STRATGIE DI CRESCITA INTENSIVA.


Si tratta di una strategia giustificata per le imprese che non hanno ancora sfruttato le opportunità offerte dai prodotti di cui
dispongono. E’ possibile attuare diverse strategia:

Strategie di penetrazione nel mercato dette anche di “crescita organizzata” e che consistono nell’incrementare o
mantenere le vendite dei prodotti dei mercati esistenti. Si possono seguire diverse vie:
1. Sviluppo della domanda primaria. Espandere la domanda primaria allo scopo di aumentare la dimensione del
mercato totale;
2. Aumento della quota di mercato. Aumentare le vendite attirando clienti dalle marche concorrenti con investimenti
nel marketing mix, riposizionando la marca o diminuendo i prezzi;
3. Acquisizione di mercati. Aumentare la quota di mercato con una strategia di acquisizione, per esempio di
un’impresa concorrenti, ottenendo la sua quota di mercato;
4. Difesa di una posizione di mercato. Difendere la quota di mercato posseduta investendo nel marketing operativo;
5. Razionalizzazione del mercato. Modificare il modo in cui si servono i mercati con lo scopo di ridurre i costi e
aumentare l’efficacia del marketing operativo;
6. Organizzazione del mercato. Influenzare il livello di competitività di un settore per migliorare la redditività .

Le strategie di sviluppo incentrate sui mercati che propongono di aumentare le vendite introducendo i prodotti attuali
su mercati nuovi o futuri. Esistono quattro approcci:
1. Focalizzazione sui bisogni latenti, ovvero proporre soluzioni a bisogni che i consumatori non sanno ancora di
avere;
2. Incentrarsi su nuovi segmenti di mercato, ovvero rivolgersi a segmenti di clienti non serviti nello stesso mercato;
3. Incentrarsi su nuovi canali di distribuzione; ovvero introdurre il prodotto in una rete distributiva diversa,
complementare a quelle esistenti;
4. Basarsi sull’espansione geografica, ovvero sull’insediamento in altri Paesi o Stati.

Le strategie di sviluppo incentrate sui prodotti che si propongono di aumentare le vendite perfezionando i prodotti o
sviluppandone di nuovi. Le possibilità sono molteplici:
1. Innovazioni di rottura. Lanciare nuovi prodotti o servizi che offrono ai consumatori benefici diversi e che richiede
da parte loro un determinato comportamento di utilizzo. In questo modo i consumatori devono cambiare le loro
abitudini;
2. Aggiunta di caratteristiche. Inserire al prodotto funzioni o caratteristiche nuove in modo da allargare il mercato;
3. Estensione della linea di prodotti. Accrescere la linea di prodotti introducendo nuove varianti per aumentare o
mantenere la quota di mercato;
4. Ringiovanimento di una linea di prodotti. Ristabilire la competitività di prodotti obsoleti o inadeguati sostituendoli
con prodotti migliorati dal punto di vista funzionale o tecnologico;
5. Miglioramento della qualità. Migliorando il modo in cui il prodotto espleta le due funzioni;
6. Acquisizione di una gamma di prodotti. Completare, migliorare o ampliare la gamma di prodotti esistenti
ricorrendo a mezzi esterni;
7. Razionalizzazione di una gamma di prodotti. Modificare la gamma di prodotti per ridurre i costi di produzione e
distribuzione.

LE STRATEGIE DI CRESCITA INTEGRATA.


Una strategia di crescita integrata riguarda quelle imprese che sono in grado di migliorare la loro redditività controllando
diverse attività d’importanza strategica. La strategia in questione si descrive come una serie di accordi make-or-buy che
l’impresa stipula per ottenere forniture raide e mercati pronti a ricevere prodotti finiti. Si distinguono strategie di
integrazione verticale (a monte e a valle) e orizzontale.
La strategia di integrazione a monte generalmente alimentata dall’intendo di consolidare o difendere una fonti di
approvvigionamento d’importanza strategica. Un’ altro obiettivo è invece quello di assicurarsi l’eccesso a una tecnologia
chiave essenziale per il successo dell’attività .

La strategia d’integrazione a valle ha come motivazione di base quella di garantire all’impresa il controllo degli sbocchi
vitali per la sua esistenza. Talvolta l’integrazione a valle si pone come obiettivo semplicemente di ottenere una migliore
comprensione dei bisogni del clienti che acquistino i prodotti.

La strategia di integrazione orizzontale ha l’obiettivo di rafforzare la posizione concorrenziale, assorbendo o


controllando determinati concorrenti con motivazioni di varia natura (neutralizzare un concorrente pericoloso;
beneficiare della complementarietà di linee di prodotti ecc..)

Le strategie di crescita basate sulla diversificazione. Si tratta di una strategia giustificata quando la filiera industriale
della quale l’impresa fa parte non presenta più alcuna opportunità di crescita o redditività. Questa strategia comporta
l’entrata in prodotti-mercato nuovi per l’impresa e per questo è più rischiosa. Si distingue di solito tra:
 Diversificazione concentrica, secondo cui l’impresa esce dalla filiera industriale e commerciale e cerca di
aggiungere attività nuove, complementari a quelle esistenti. L’obiettivo è quello di beneficiare degli effetti della
complementarietà delle attività ed è una strategia che di norma ha anche l’obiettivo di attrarre nuovi clienti e
ampliare il mercato di riferimento.
 Diversificazione pura, quando l’impresa entra in attività del tutto nuove, che non hanno un collegamento con
quelle già esistenti. L’obiettivo è quello di orientarsi verso settori nuovi per rinnovare il portafoglio di attività. Le
strategie di diversificazione pura sono le più rischiose e le più complesse perché conducono l’impresa in territori
completamente nuovi. Drucker afferma che per il successo della diversificazione, almeno un elemento in comune
ci deve essere tra l’attività nuova e quella di base, in quanto, senza neanche un punto in comune, una
diversificazione non riesce mai perché i legami finanziari, da soli, non bastano.
LE LOGICHE ALLA BASE DI UNA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE.
Calori e Harvatopoulos hanno studiato le logiche di diversificazione e hanno individuato due dimensioni. ll prima, legata
alla natura dell’obiettivo strategico: la diversificazione può essere difensiva (sostituzione di un’attività che perde terreno)
o aggressiva (conquista di nuove posizioni). La seconda dimensione riguarda invece i risultati previsti, quali possono
essere di crescita e reddittività o lo sfruttamento delle competenze. L’intersezione di queste due dimensioni delinea
quattro logiche diverse di diversificazione:
1. Diversificazione per espansione, l’impresa tenta di rafforzare la sua attività valorizzando le sue competenze;
2. Diversificazione di scambio, l’impresa tenta di sostituire le attività in declino impiegando risorse umane di alto
livello;
3. Diversificazione di spiegamento, strategia di tipo aggressivo che mira all’ottenimento di un elevato valore
economico;
4. Diversificazione di nuovo spiegamento, che persegue un obiettivo difensivo, in cui si va alla ricerca di nuovi canali
di sviluppo.
A queste logiche si aggiungono: la diversificazione alimentata dalla volontà di migliorare l’immagine e quella ispirata dal
desiderio di controllare l’evoluzione di una nuova tecnologia.
Strategie di diversificazione basate sulle competenze di base, è un’altra particolare forma di diversificazione che si
basa sulle risorse o sulle competenze che l’impresa giudica fondamentali e parte integrante della sua attività di base.
Qualunque strategia di diversificazione riuscita frutta in una certa misura la sinergia derivante dall’attività principale
dell’impresa. Il rischio principale e quello di sopravvalutare le sinergie esistenti tra due attività. E’ importante che il
management definisca da subito la logica di diversificazione: da essa, infatti, dipenderanno i criteri di scelta e valutazione
delle potenziali attività da intraprendere.

L’IMPATTO DELLE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE DI ROTTURA.


Sul fronte tecnologico si osserva una convergenza dei mercati indotta da innovazioni tecnologiche di rottura, che
sconvolgono i tradizionali confini di mercato e cambiano la definizione stessa di settore. Per “innovazione di rottura” si
intende un’innovazione che cambia le regole del gioco, diverse da quelle adottate dal leader di settore, che, la domanda che
si pone, è se deve per caso rispondere a questa innovazione radicale, rischiando di danneggiare il suo business principale?
La convergenza porta le imprese a definire il loro mercato in termini di bisogni generici, e non di tecnologie e prodotti,
poiché le tecnologie cambiano rapidamente, i bisogni invece restano stabili.
La rapida evoluzione tecnologica ha inoltre influenzato le strategie d’innovazione. Si distinguono infatti innovazioni valute
dal mercato, ovvero “market-pull” e innovazioni provenienti dalla tecnologia o dall’impresa “technology” o “company-
push”. Nel primo caso si parla di trovare dei desideri e soddisfarli. La domanda primaria è latente e il compito dell’impresa
è svilupparla e stimolarla attraverso il marketing operativo. In questo caso si parla di marketing strategico proattivo o di
risposta.
Nel secondo caso, i prodotti o i servizi proposti stanno spesso anticipando i bisogni espressi del mercato, i cui confini sono
ben definiti, i bisogni non sono articolati, lo scenario competitivo è confuso e l’innovazione sconvolge. In questa situazione
la domanda è se esiste la necessità di innovazione spinta da parte dell’impresa? In essa si applica quindi un marketing
strategico proattivo o di creazione dell’offerta.

SCELTA DELLE STRATEGIE COMPETITIVE.


Posizione e comportamento dei concorrenti sono dati importanti di cui bisogna tenere conto nell’ambito di una strategia di
crescita. Le analisi di competitività permettono di determinare l’importanza del vantaggio competitivo detenuto
dall’impresa rispetto ai concorrenti. Si tratta ora di sviluppare una strategia basata sulla valutazione delle forze in gioco e
di difendere i mezzi da impiegare per raggiungere determinati obiettivi. Kotler e Keller hanno individuato diverse tipologie
di strategie competitive in base alla consistenza della quota di mercato detenuta: strategie del leader, dello sfidante, del
follower e dello specialista.

LE STRATEGIE DELLEADER DI MERCATO.


L’impresa leader in un prodotto-mercato è quella che occupa la posizione dominante ed è riconosciuta come tale dai
concorrenti. Il leader è spesso il punto di riferimento che le altre aziende tentano di aggredire, imitare o evitare.

Lo sviluppo della domanda primaria


L’impresa leader è generalmente quella che contribuisce in maniera più diretta allo sviluppo del mercato di riferimento. La
strategia che ne deriva consiste nello sviluppare la domanda primaria per esempio individuando nuovi utenti,
promuovendo nuove forme di impiego dei prodotti ecc.. Così facendo l’impresa leader estende il mercato di riferimento.

Le strategie difensive.
Una seconda strategia dell’impresa leader è quella di tipo difensivo: il suo obiettivo diventa quello di proteggere la sua
quota di mercato contrastando l’attività dei concorrenti più pericolosi. Si tratta della strategia che viene adotta
dall’impresa innovatrice.

Le strategie aggressive.
L’ampliamento della quota di mercato attraverso una strategia aggressiva è un'altra possibilità. L’obiettivo è quello di
trarre il massimo beneficio dall’effetto esperienza e migliorare la redditività. E’ una strategia che poggia sull’ipotesi
dell’esistenza di una relazione tra la quota di mercato e la redditività . Una posizione di leadership troppo forte porta
l’azienda ad essere soggetta all’attenzione delle autorità pubbliche che tendono a tutelare la libera concorrenza sul
mercato.

Le strategie di demarketing.
Un altro tipo di strategia è quella adottata da imprese predisposte ad una riduzione volontaria della loro quota di mercato,
al fine di evitare di essere accusate di monopolio. In questo caso si piò applicare il “demarketing” con lo scopo di ridurre il
livello della domanda attraverso aumenti di presso, riduzione dei servizi offerti ecc.. un’altra strategia è la diversificazione
verso prodotti-mercato alternativi o un’altra strategia può essere quella basata sulle relazioni esterne e la comunicazione
con l’obiettivo di valorizzare il ruolo sociale dell’impresa nei confronti delle varie componenti del suo pubblico.

LE STRATEGIE DELLO SFIDANTE.


L’impresa che non domina un prodotto-mercato o sceglie di attaccare il leader ed essere il suo “sfidante” oppure sceglie di
essere un suo “follower”, allineandosi alle sue decisioni.
Lo sfidante adotterà quindi strategie offensive, il cui obiettivo è quello di prendere il posto del leader. I due problemi che lo
sfidante affronta sono: la scelta del campo di battaglia e la valutazione delle capacità di reazione del leader.
Nella scelta del campo di battaglia lo sfidante ha due possibilità : l’attacco frontale che consiste nell’opporsi in modo diretto
al concorrente utilizzando le sue stesse armi, ovvero senza cercare di puntare ai suoi punti deboli; l’altra possibilità è
l’attacco laterale, che consiste nell’attaccare lo sfidante in un punto strategico in cui è più debole o impreparato. Gli attacchi
laterali o indiretti possono assumere varie forme, strategie di aggressione, accerchiamento, di guerriglia, di difesa mobile
ecc…
E’ indispensabile rima di intraprendere una manovra offensiva, valutare la capacità del concorrente di reagire e di
difendersi. Porter suggerisce di valutare la capacità di difesi alla luce dei criteri di vulnerabilità, provocazione e
rappresaglia. L’ideale è quello di intraprendere una strategia contro cui il concorrente sia incapace di reagire.
Nei mercati saturi o stagnanti, la lotta concorrenziale tende ad intensificarsi, e quindi ad ostacolare le iniziative dei
concorrenti diventa l’obiettivo principale, perdendo div ista l’obiettivo di soddisfare i bisogni dei clienti.

LE STRATEGIE DEL FOLLOWER DI MERCATO.


Il follower è il concorrente che dispone di una quota ridotta e assume un comportamento in cui si allinea alle decisioni
prese dai concorrenti. Anziché attaccare i leader, queste imprese perseguono l’obiettivo di una “coesistenza pacifica”. E’ un
comportamento tipico dell’oligopolio, in cui le possibilità di differenziazione sono scarse nessun concorrente ha interesse
nell’avviare una lotta concorrenziale. La decisione di adottare questo tipo di comportamento pero non dispensa l’impresa
dal possedere una strategia competitiva. Le strategie di queste imprese possono essere di quattro tipi:
1. Segmentazione creativa del mercato. Per comprendere lo svantaggio derivante dalla sua dimensione, l’impresa con
una bassa quota di mercato deve limitarsi a competere in segmenti in cui le sue competenze sono valorizzate;
2. Efficiente utilizzo dell’attività di R&S. Le piccole imprese non possono competere con le grandi , per questo la
funzione R&S deve concentrarsi soprattutto sull’incremento delle vendite, riduzione dei costi ecc..
3. Pensare in piccolo. Le imprese con piccole quote di mercato si accontentano delle loro dimensioni e mettono
l’accento sugli utili piuttosto che sull’incremento delle vendite, o della quota di mercato.
4. Onnipresenza del dirigente. La caratteristica fondamentale dell’impresa con una bassa quota di mercato è
rappresenta dall’influenza del capo.

LE STRATEGIE DELLE NICCHIE DI MERCATO.


L’impresa che si specializza d’interessa a uno o più segmenti anziché alla totalità del mercato. Il concetto chiave è:
specializzarsi in una nicchia. Una nicchia è redditizia e durevole quando possiede cinque caratteristiche: presenta
sufficienti potenzialità di profitto; possiede un potenziale di crescita; è poco attraente per la concorrenza; corrisponde alle
competenze distintive dell’impresa; dispone di barriere difendibile all’entrata.
Per l’impresa che cerca di specializzarsi, il problema è quello di individuare la caratteristica o il criterio su quale costruire
questa specializzazione.

LE STRATEGIE DI SVILUPPO INTERNAZIONALE.


Il processo di globalizzazione dell’economia fa sì che aumenti costantemente il numero di imprese che operano nei mercati
in cui la concorrenza è mondiale. Le strategie di sviluppo internazionale riguardano infatti tutti le imprese.

FSI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI MERCATI.


Il periodo he definiamo golden sixties (anni 1960) corrisponde all’inizio dell’internazionalizzazione dei mercati,
proseguendo poi fino agli anni Novanta. A livello europeo l’internazionalizzazione si è concretizzata con l’Unione Europea,
a livello mondiale con il GATT e con la liberalizzazione del commercio, la fine della Guerra Fredda e gli scambi tra
Occidente e Oriente, tutti fattori che hanno contribuito all’espansione dei mercati.
Parlando dello sviluppo internazionale, nel mondo si concretizzano differenti forme di organizzazione internazionale a cui
corrispondono concezioni distinte dell’approccio al marketing internazionale. Keegan distingue quattro diversi
orientamenti: l’organizzazione domestica, che si concentra sul mercato interno e l’esportazione è vista come opportunità
da cogliere; l’organizzazione internazionale, i cui l’internazionalizzazione appunto è più attiva ma è sempre concentrata sul
mercato interno che resta d’interesse primario, ci si rivolge solamente alle similitudini tra i Paesi e i prodotti per come
sono stati creati per i mercati nazionali vengono esportati all’estero; l’organizzazione multidomestica, in cui l’impresa è
cosciente dell’importanza delle differenze esistenti tra i mercati e si sforza di adattare la sua strategia di marketing alle
particolarità locali, l’interessa diventa appunto multidomestico, in base ad esso i Paesi sono unici e diversi e si sceglie una
strategia di adattamento del prodotto, che consiste nel modificarlo o adattarlo per tenere conto il più possibile delle
differenze locali; infine l’organizzazione globale o transazionale, raggiungibile con lo stesso tipo di prodotto e messaggio di
base, prodotto, tecniche promozionali e pubblicità si adattano solamente alle abitudini locali, si tratta di quella fase che si
sta affermando attualmente e che implica cambiamenti significativi nella logica del marketing strategico.

GLI OBIETTIVI DELLO SVILUPPO INTERNAZIONALE.


Lo sviluppo internazionale non è più solo un fatto che riguarda le grandi imprese, infatti, per crescere o anche solamente
per sopravvivere, anche le piccole imprese sono spinte a internazionalizzarsi. Gli obiettivi perseguiti in una strategia di
sviluppo a livello internazionale sono vari.
L’impresa può ambire ad allargare il mercato potenziale. Con riferimento ai clienti potrebbe decidere di diversificare il
rischio commerciale oppure di seguire all’estero clienti importanti per offrire loro gli stesi servizi proposti sul territorio
nazionale, con riferimento ai concorrenti l’impresa potrebbe avere l’obiettivo di controllare la concorrenza per esempio
diversificando la sua posizione o monitorando la attività dei concorrenti negli altri mercati. Esiste quindi una vasta serie di
obiettivi connessi all’attività d’impresa, e ad essi va aggiunta la globalizzazione dei mercati, che stimola le imprese ad
approfittare della liberalizzazione dei mercati su scala mondiale.

LE MODALITA’ DELLO SVILUPPO INTERNAZIONALE.


L’internazionalizzazione dell’impresa non si raggiungere in poco tempo, bensì scaturisce da un processo suddiviso in sei
tappe.
La prima tappa e l’esportazione, che costituisce la forma più solita d’internazionalizzazione. La seconda tappa è quella
contrattuale, ovvero la fase in cui l’impresa va alla ricerca di accordi a lungo termine per stabilizzare i suoi sbocchi,
vengono qui stipulati contratti con affiliati, di franchising o fabbricanti ecc..
Nella terza tappa l’impresa può impegnare i propri capitali sul partner straniero per ragioni di controllo o per finanziarne
l’espansione.
Dopodiché ad un certo temo la filiale straniere cerca di svilupparsi autonomamente, ricorrendo a finanziamenti locali,
quadri nazionali, attività di ricerca e sviluppo distinti da quelle della casa madre, si tratta quindi dello stadio rappresentato
dalla filiale autonoma.
L’ultima tappa, attualmente in corso, è quella dell’impresa globale, che gestisce il mercato internazionale come se si
trattasse di un solo ed unico mercato.

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