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Prima parte.
Unità 1 -> Il concetto tradizionale del Marketing
MO transazionale o relazionale.
Il MO costituisce l’attività commerciale dell’impresa, incentrato quindi sulle vendite. All’interno dello stesso MO di
differenziano due strategie di vendita che vengono messe a confronto: il marketing transazionale che si focalizza su una
singola vendita, e il marketing relazionale in cui ci si concentra su numerose vendite.
Il marketing transazionale si focalizza sulle singole vendite e la relazione con il cliente termina con la conclusione
della vendita;
Il marketing relazionale è invece incentrato sulla costruzione di una relazione solida e duratura in maniera tale da
mantenere lo sviluppo di una base di clienti;
Mentre il marketing transazionale di concentra solo sul prezzo, la relazione è incentrata anche sui vantaggi non
economici, come i servizi post-vendita, la consegna..
Le tecniche di vendita transazionali devono quindi evolversi verso quelle relazionali per i seguenti motivi:
Nella vendita transazionale raramente si riesce a comprendere che la vendita è un atto di comunicazione e non un
ascolto manipolatorio;
Nelle vendite transazionali spesso la decisione d’acquisto dipende fortemente dai meccanismi di influenza
esercitati sul cliente;
Le vendite transazionali non rappresentano il principio secondo cui vendere significa risolvere un problema e non
collocare i prodotti sul mercato.
La pratica della vendita relazionale invece si caratterizza per la motivazione d’acquisto, nonchè la ricerca di una relazione
duratura e soddisfacente tra venditore e cliente.
Il programma di marketing.
l’elaborazione del piano strategico deve essere sviluppata in stretta relazione con il MO, che mette in rilievo le variabile
legate al prodotto (prezzo, distribuzione, pubblicità , promozione), mentre il MS si incentra sulle capacità di fornire un
prodotto di qualità superiore rispetto alla concorrenza. E mentre esso si preoccuperà della scelta dei prodotti-mercato e
della previsione della domanda, il MO proporrà un obbiettivo di quota di mercato tenendo conto dell’ambizione
dell’azienda.
Gli stadi di implementazione del marketing strategico-> Il ruolo del marketing è condurre l’impresa verso opportunità
esistente, oppure nel crearne di nuove interessanti.
FASE1: Qual è il nostro mercato di riferimento? L’obbiettivo è di definire il business, ovvero il punto di partenza per
sviluppare la strategia: consiste nell’identificare i clienti, i concorrenti, i fattori di successo e le tecnologie disponibili. Utile
per determinare il campo di battaglie identificandone opportunità e minacce.
FASE2: Qual è la diversità dei bisogni nel mercato di riferimento? Nella maggior parte dei mercati, è grande la varietà
di esigenze e risulta impossibile soddisfarle tutte con lo stesso prodotto. Nella definizione della strategia, le impreso
possono decidere di focalizzare l’attenzione su uno o più gruppi di clienti identificati. L’obbiettivo diventa suddividere il
mercato in sottogruppi per comprendere meglio le loro esigenze. La segmentazione avviene generalmente in due fasi:
micro e macro-segmentazione.
FASE 3: L’opportunità di business nei segmenti individuati è veramente interessante? Nella selezione del segmento
target l’impresa deve valutare l’attrattività, la sua dimensione, il mercato potenziale, il tasso di crescita, l’accessibilità ,
l’intensità della concorrenza… tutti questi dati definiscono il contesto economico e competitivo di quel segmento.
FASE 4: La nostra offerta rappresenta una proposta di valore sostenibile per ciascun segmento? L’impresa
dovrebbe concentrarsi in quegli ambiti in cui si fondano le sua capacità in maniera tale da definire il proprio VANTAGGIO
COMPETITIVO ovvero quelle caratteristiche o attributi del prodotto o della marca che conferiscono all’impresa un qualche
tipo di superiorità rispetto ai concorrenti.
FASE 5: Quali sono i nostri segmenti target? A qual rivolgersi in via prioritaria? Passo successivo, definire la strategia
di copertura del mercato. Potrebbe trattarsi di una strategia di focalizzazione che definisce i confini di mercato in modo
ristretto o una strategia di completa copertura in cui due sono le opzioni: (a) strategia di marketing di “massa”, (b)
strategia di “personalizzazione di massa” in cui ad ogni segmento corrisponde un programma.
FASE 6: Come vogliamo competere nei segmenti target? Consiste del decidere la strategia di posizionamento da
adottare. Deve decidere come differenziare la propri marca da quella dei concorrenti. Il posizionamento rappresenta la
scelta dei benefici che la marca deve possedere e nella loro valorizzazione per occupare una posizione specifica nel
mercato. Si individuano differenti strategie di questo tipo: differenziazione de prodotto, dei prezzi o dell’immagine.
FASE 7: Come ottenere un portafoglio prodotti ben bilanciato? L’analisi del portafoglio ha il merito di sottolineare
alcuni aspetti importanti della gestione: rende la visione a breve termine meno importante; incoraggia l’impresa a tenere
in mente sia il potenziale, sia la competitività ; stabilisce le priorità nella ripartizione delle risorse ; propone strategie di
sviluppo differenziate; crea un linguaggio comune per tutta l’organizzazione e fissa gli obbiettivi.
e-marketplace.
L’e-marketplace il sistema informativo Inter organizzativo, che abilita lo scambio di informazioni relative a prezzi offerte
di prodotti tra acquirenti fornitori.
Si tratta di mercati elettronici denominati aggregatore di cataloghi o di assortimenti l’acquisiva quella di raccogliere le
informazioni provenienti da centinaia di cataloghi di prodotti E offrirli in una banca dati. Il principale fattore che motiva gli
acquirenti a parteciparvi all’efficienza, vale a dire la possibilità di ottenere prezzi, tempi di successo riduzione di costi
attraverso transazioni di supporti cartacei fornendo a piattaforme che collegano acquirente venditore di tutto il mondo.
I facilitatori di mercato o infomediari.
Intermediario (dalla combinazione delle parole formazione di intermediazione) organizza una grande quantità di dati E
agisce come intermediario tra coloro che cercano di informazione e coloro che la forniscono. Si tratta di una terza parte
distinta a seconda che gli si rivolgono clienti finali clienti industriali. L’assenza di contatto fisico tra venditore acquirente
creano nuove esigenze dei consumatori: la necessità di assistenza per la raccolta informazioni
Delocalizzazione o outsourcing
La delocalizzazione consiste nel trasferimento di un’attività industriale da una nazione ad un’altra.
L’outsourcing aumenta la redditività d’impresa laddove risulti essere vitale ridurre i costi di produzione.
La maggior parte delle imprese europee delocalizza gli stabilimenti per penetrare nei mercati emergenti, ma soprattutto
per ridurre i costi della manodopera. La delocalizzazione si è diffusa al settore dei servizi con lo sviluppo del software,
piattaforme di chiamata, analisi e informazioni finanziarie.
Il dilemma standardizzazione-adattamento
Le imprese che adottano un marketing internazionale devono decidere quale strategia adottare nell’approccio con i
mercati esterni.
La scelta è tra un approccio multi domestico, in cui la strategia viene adattata alle caratteristiche di ciascun mercato, o un
approccio globale, che somiglia alla standardizzazione, enfatizzando le caratteristiche comuni dei vari mercati.
Le strategie di customizzazione e adattamento sono più di tipo market-driven, mentre la standardizzazione e l’approccio
globale sono supply-driven.
Tipologie di ambiente internazionale
La necessità di adottare un approccio globale di marketing dipende dalle caratteristiche del contesto di marcato in cui
opera l’impresa. Ghoshal e Nohria suggeriscono di analizzare l’ambiente internazionale con riferimento a due dimensioni:
1. Forze locali, espresse da clienti locali, preferenze e abitudini d’acquisto locali, quindi si ha un bisogno di
adattamento e reattività locale;
2. Forze globali, rappresentate da economie di scala, esigenze comuni dei clienti, competizione mondiale , che
rappresentano incentivi all’integrazione e alla standardizzazione globale.
Per entrambe queste dimensioni possiamo distinguere quattro condizioni ambientali che le multinazionali si trovano ad
affrontare.
Nell’ambiente globale le forze di integrazione globale sono prevalenti e la sensibilità locale invece è scarsa,
necessaria quindi un’organizzazione con uniformità strutturale.
Nell’ambiente multinazionale, le forze di sensibilità nazionale sono prevalenti a quelle di integrazione globale
deboli, in questo mercato l’adattamento alle forme locali rappresenta un fattore chiave di successo, le imprese per
adattarsi tendo ad adottare diverse modalità di gestione.
Nell’ambiente internazionale tranquillo,entrambe le forze sono deboli.
Nell’ambiente transazionale, entrambe le forze svolgono un ruolo importante, è la situazione più complessa, nella
quale è necessario un forte livello di standardizzazione e centralizzazione.
Le imprese multinazionali dovrebbero adattare la struttura organizzativa a ciascun contesto.
I driver della globalizzazione
Per garantirsi i vantaggi della globalizzazione, i manager devono capire quando il settore possiede le caratteristiche
adatte a coglierne le opportunità . E’ necessario analizzare quattro driver di globalizzazione industriale.
Driver di mercato
Clienti da diversi Paesi chiedono lo stesso tipo di prodotto o servizio.
I clienti globali effettuano acquisti centralizzati.
I canali di distribuzione possono acquistare su scala globale, o almeno regionale.
Elementi di marketing operativo richiedono scarso adattamento locale.
Driver di costo
Mercato di un Paese potrebbe non essere sufficientemente esteso per garantire all’impresa locale di ottenere
tutte le economie di scala e di effetto di esperienza.
Partecipazione a mercato più esteso e concentrazione dell’attività possono accelerare l’accumulo di
apprendimento ed esperienza.
Acquisti centralizzati possono contribuire alla riduzione dei costi.
Costo dei fattori vari da Paese a Paese nonché dalla disponibilità di particolari competenze.
Driver governativi
Dazi su importazioni, barriere non tariffarie,sussidi sull’esportazione,condizioni per il trasferimento di
tecnologie.. incidono direttamente sul potenziale della globalizzazione.
Differenze negli standard tecnici limitano le possibilità di standardizzazione dei prodotti.
Driver competitivi
Quando attività , vengono condivise in diversi Paesi, la quota di mercato del competitor di un Paese incide sulla
posizione in termini di scala e costi complessivi nell’attività condivisa.
Necessario adattarsi e anticipare le mosse dei competitor.
Razionalità
Per rispondere alla domanda, bisogna prima comprendere il significato che il concetto “razionalità” ha assunto negli studi
economici e psicologici.
Da un punto di vista economico, la decisione dipende dal valore delle alternative disponibili e la nostra scelta dovrebbe essere
orientata verso l’alternativa migliore. Da un punto di vista psicologico,il problema non consiste nella definizione del risultato
migliore, ma dalla comprensione di quale processo mentale sia responsabile della nostra decisione a partire dall’interpretazione
che diamo al problema.L’azione del decisore razionale trova spiegazione nella previsione che egli conosca tutte le possibili linee
d’azione, sia abile nel prevederne le conseguenze e sia capace di stabilire un livello di preferenza.Uno schema teorico articolato
in questo modo e su questi punti, mette in forte risalto la natura deduttiva delle scienze economiche in base alla quale è
possibile spiegare il comportamento come l’esito logico di un ragionamento che ha nei fini e nelle preferenze del decisore i suoi
componenti elementari.
Le idee dell’economia neoclassica, non apparivano adeguati per spiegare il processo decisionale seguito dai manager. Nella
proposta utilitarista il contesto in cui veniva delineato il comportamento decisionale era quello relativo alla teoria del consumo e
le opzioni scelte potevano ragionevolmente essere considerate come elementi perfettamente conosciuti dal decisore. Al
contrario, il contesto decisionale del manager, cioè l’organizzazione in cui opera, si presentava come un contesto senza
alternative precostituite. L’attività del management si fonda sulla capacità del problem solving, con questa logica che porta alla
selezione di un’alternativa, ci si trova in un processo di sperimentazione-apprendimento in cui le alternative emergono
attraverso intense attività di ricerca.
All’interno del programma di ricerca sulle decisioni manageriali Simon propone un modello di procedura decisionale più
realistico rispetto a quello dei classici.
Il suo approccio si basava su osservazioni empiriche che includendo i limiti dell’uomo, riproduceva meglio le difficoltà connesse
alla percezione e alla rappresentazione mentale del contesto decisionale.
In questo contesto il decisore non agisce in base a criteri di razionalità assoluta, ma secondo criteri di razionalità limitata, dato
che l’individuo non è in grado di affrontare calcoli eccessivamente complessi.
L’uomo quindi non è in grado di analizzare più di un’informazione alla volta, così facendo per prendere una decisione l’uomo
considera un numero ristretto di alternative e se per nessuna di queste si fosse trovata una soluzione allora sarebbe stato
ragionevole cercare nuove informazioni.
La complessità di ogni problema decisionale viene ridotta attraverso la scomposizione in decisioni più semplici per le quali la
ricerca delle alternative risulta più agevole.
L’idea di razionalità limitata di Simon afferma che il sistema delle conoscenze del decisore non è dato a priori, ma viene scoperto
e strutturato in funzione di un processo di ricerca delle informazioni che ha nel livello di soddisfazione delle aspettative
l’elemento più rilevante, questi limiti giustificano l’adozione di strategie semplificate di pensiero.
L’attività dell’euristica della disponibilità oltre a dipendere dal ricordo, può intervenire anche quando la situazione ci nduce a
ricostruire un esempio di ciò che è accaduto (ricostruzione di ciò che è accaduto).
In alcuni casi per esprimere un giudizio su un ipotetico evento è necessario immaginare lo scenario in cui esso si può
manifestare. I caratteri che connotano la situazione potrebbero originare più scenari plausibili; quello più facile da evocare è il
presupposto essenziale per la formulazione del giudizio.
Ovvero la facilità con cui riusciamo ad immaginare l’evolvere di una particolare situazione diventerà espressione della
probabilità con cui un certo evento potrà verificarsi.
Questa variante dell’euristica della disponibilità è utile nello studio del comportamento del consumatore.
Alcune ricerche hanno dimostrato che il giudizio sulla relazione di causale tra particolari eventi ed esiti dipende dalla facilità con
cui i soggetti riescono a rappresentarsi un cambiamento o una mutazione tale per cui quell’evento non si manifesta.
Il processo di simulazione di uno scenario in vari casi può essere condizionato dalla notorietà del prodotto, dall’esperienza
personale ecc..
In tutti i casi in cui viene adottata l’euristica della disponibilità, il fattore critico è rappresentato dalla vividezza, con cui
un’informazione può catturare l’attenzione e attivare processi di valutazione e giudizio. Il contesto più evidente in cui può
intervenire l’euristica della disponibilità è quello pubblicitario.
Le emozioni negative
Le ricerche sul comportamento del consumatore hanno da sempre sottolineato l’importanza delle emozioni nei processi
decisionali di acquisto e consumo. Ovvero quelle situazioni in cui il consumatore si trova a dover scegliere un prodotto
accettando un compromesso che non gli consente di ottenere la quantità desiderata di un attributo a fronte di maggior
disponibilità di un altro, in queste situazioni si possono produrre stati emotivi sgradevoli.
Gli individui affrontano le decisioni cariche di emozioni negative adattando il loro modo di agire, la loro strategia, al fine di
ridurre il carico emotivo.
E’ stato dimostrato che i consumatori possono adottare due differenti orientamenti per risolvere questo problema:
Nel primo caso i consumatori tendono ad agire in modo pianificato analizzando con grande rigore il trade-off tra attributi e
concentrandosi, sull’accuratezza del problema, sulla ricerca oggettiva dell’alternativa migliore, situazioni frequenti per quei
prodotti in cui attributi/o sono espressi secondo scale di valori etici o morali.
Nel secondo caso,attenzione si focalizza sugli aspetti emotivi del problema, i comportamenti sono tesi ad evitare o mitigare le
condizioni che originano stress e tensione, in questa prospettiva il decisore limita l’uso del trade-off tra attributi perché il
sacrificio di alcuni valori potrebbe portare a forti tensioni emotive.
Il processo che si sviluppa in condizioni emotivamente negative,è influenzato dagli obiettivi di sforzo e accuratezza e
dall’obiettivo di minimizzare le emozioni negative.
In queste situazioni le strategie decisionali si configurano con un orientamento al problema o all’emozione.
La facilità di giustificazione
Ogni consumatore agisce all’interno di un sistema sociale che influenza le sue decisioni.
La sensazione di dover giustificare la propria scelta nei confronti di altri è l’aspetto emblematico del ruolo esercitato dal contesto
sociale sul singolo decisore e diviene un ulteriore meta-obiettivo di rilievo per la selezione delle euristiche.
Spesso un importante spinta motivazionale nel decidere proviene dal voler avere l’approvazione ed il rispetto di soggetti ritenuti
rilevanti.
L’effetto che hanno l’influenza di altri soggetti sulle decisioni dei consumatori è variabile: probabile che se le preferenze della
persona verso la quale il consumatore si sente responsabile, sono note, egli agirà adottando quella struttura di preferenza
secondo logica della minimizzazione dello sforzo cognitivo.
Se invece le preferenze degli altri non sono note, il consumatore analizzerà le informazioni a sua disposizione in maniera più
analitica. Il decisore quindi sulla base delle proprie conoscenze stima le preferenze di un altro e seleziona lì alternativa che egli
avrebbe scelto.
Oppure può accadere che la necessità di giustificare corsi d’azione già intrapresi irrigidisca il decisore su sforzi cognitivi atti a
razionalizzare e giustificare le decisioni adottate.
Ricerche hanno evidenziato che l’aumento del senso di responsabilità induce il decisore a considerare la giustificabilità delle
proprie azioni come un obiettivo.
Le euristiche qui utilizzate sono costruite sul confronto tra attributi o alternative.
Ai fini di una decisione, va osservato, che il suo esito appare un elemento più saliente per il consumatore rispetto al processo
adottato.
La pressione temporale
Tempo rappresenta una variabile critica nelle decisioni, dato che le decisioni sono sempre realizzate con un certo livello di
pressione per il fattore tempo.
Per far fronte a questa difficoltà i consumatori modificano il modo di analizzare le informazioni secondo tre schemi principali.
Basso livello di pressione, individuo accelera e semplifica le proprie attività di pensiero.
Livello intermedio di pressione temporale, ovvero tempo per decidere sempre meno, individuo attiva procedura di
filtraggio, ovvero info ritenute si secondaria importanza vengono ignorate.
Pressione a livelli elevati, si cambia la strategia di acquisizione di informazioni che porta a produrre un cambiamento nella
selezione dell’euristica di scelta, da compensatorie a non. E sono adottate con maggior frequenza strategie selettive basate
sugli attributi rispetto a quelle basate sull’analisi delle singole alternative.
Sintesi conclusiva
Si è evinto che il comportamento dei consumatori è spesso di tipo adattivo. Un numero sempre più consistente supporta l’idea
che le preferenze siano costruite in modo contingente alla situazione di scelta.
Alcuni fattori rilevanti nelle teorie delle scelte relazionali sono fondamentali invece, nei processi di scelta dei consumatori. Le
modalità con cui sono descritte e categorizzate, il punto di riferimento rispetto al quale sono rappresentate, particolare
composizione dell’insieme delle alternative, il modo di descrivere il problema,il livello di reazione emotiva.. Trascurare questi
aspetti comporterebbe una limitazione sostanziale dell’analisi del comportamento del consumatore.
Ulteriore aspetto rilevante riguarda il ruolo svolto dal contesto ambientale in cui la decisione viene assunta.
La scelta del consumatore è un processo che si costruisce, si modella, si adatta in base alle caratteristiche del compito e del
contesto.
Secondo questa prospettiva, la natura contingente delle decisioni del consumatore è modellata dall’interazione tra le proprietà
del contesto decisionale e le capacità cognitive del singolo.
Il bisogno di stimolo
I lavori di Barlyne, rappresentano un tentativo di aggiornamento della teoria comportamentista, egli dimostrò che per spiegare i
processi di apprendimento occorreva introdurre nuovi concetti come quello di complessità dello stimolo (stimoli più complessi
sono preferiti a quelli più semplici) e di novità. Perché la novità stimola e piace soprattutto quando genera sorpresa.
Il nuovo e insolito però, se usati sempre, attirano solo fino a un certo, al di là del quale infastidiscono.
Quindi la forza attrattiva prima aumenta, e poi diminuisce in corrispondenza con l’aumentare della novità, generando una curva
a forma di u rovesciata, nota come curva di Wundt.
Gli stimoli provocati dai beni sono importanti per soddisfare gli individui, il cui organismo ha bisogno continuo di stimoli e
esperienze diverse.
La teoria della ricerca di novità fornisce una spiegazione ai comportamenti dei consumatori, i quali cercano il cambiamento, la
varietà e l’innovazione nel loro stile di vita.
Il bisogno di piacere
Sensazioni di benessere e malessere sono legate al livello di risveglio. Gli psicologi hanno spiegato l’esistenza del piacere come
fenomeno diverso dall’assenza di sofferenza o dalla presenza di benessere.
Si possono identificare due fonti di piacere:quella che deriva da processo di soddisfazione di un bisogno; e quella che deriva dallo
stesso stimolo.
Il piacere legato alla soddisfazione di un bisogno implica che l’insoddisfazione preceda il piacere, è la così detta legge del
contrasto edonistico. Si deduce che un comfort eccessivo potrebbe annullare il piacere, qui si comprende l’importanza della
seconda fonte di piacere, quella che deriva dalli stimolo in sé.
Secondo Nuttin, questa è la fase ascendente della motivazione, cioè del processo per mezzo del quale s’instaurano nuove
tensioni, e che trasmette all’individuo una volontà di progresso, superamento.
E’ dalla stimolazione in sé che l’individuo riceve piacere, ottiene maggior obiettivo lottando per un piacere che non
raggiungendolo. Una volta raggiunto lo scopo l’individuo è quasi deluso, e punta a sforzare il suo ambiente o a continuare a
stimolarlo.
Il piacere di questo stimolo deriva dalla tensione temporanea che provoca.
Per lo psicologo, la ricerca del piacere un fattore determinante del comportamento umano ed è una forza motivazionale
fondamentale.
La ricerca di informazioni
Non tutte le decisioni d’acquisto richiedono una ricerca sistematica di informazioni.
La maniera in cui il cliente cercherà le informazioni per prendere le decisioni dipende da una serie di fattori: Il rischio percepito. Il
quale dipende dalla difficoltà di stima circa la portata delle conseguenze derivanti dalla scelta da compiere. Abitualmente si
identificano sei tipi di rischi:
1.rischio funzionale, caratteristiche del prodotto non corrispondono alle attese; 2. Rischio finanziario, prezzi più elevati o in caso
di spese per sostituzione o riparazione; 3. Rischio di perdita di tempo, per reclami, resi..; 4. Rischio fisico, prodotti potrebbero
provocare pericoli alla salute o ambiente; 5. Rischio sociale, se il prodotto acquistato trasmette un’immagine sociale che non
corrisponde alla personalità del cliente;
6. Rischio psicologico, genera insoddisfazione.
Per ridurre il rischio prima della decisione d’acquisto, il cliente può ricorrere a fonti di natura pubblica, personale.
Coinvolgimento. E’ una situazione di risveglio vissuta da un individuo riguardo a un’attività legata al consumo. Il grado di
coinvolgimento presuppone un’attenzione particolare verso qualcosa.
Forte coinvolgimento presuppone un livello elevato di riflessione preliminare ,basso coinvolgimento vuol dire che si investe poco
tempo in riflessioni.
Familiarità, con la tipologia di prodotto/servizio si riferisce alle precedenti esperienze che il cliente ha avuto con il prodotto.
Competenza, corrisponde alla conoscenza specifica relativamente alla composizione del prodotto,alle sue caratteristiche o al suo
funzionamento.
Il consumatore competente sa cosa conosce e cosa no, e punta a colmare il deficit di conoscenza, cosa che non accada per il non
competente.
Esistono due stili di shopping: quello di tipo funzionale, ovvero che esso è considerato come strumento per
l’approvvigionamento dei bene; quello ricreativo, il consumatore valuta l’attività di shopping come un’attività autonoma rispetto
all’acquisto, e l’acquirente impiega lunghi tempi per informarsi, definito così un information seeker molto attivo, al contrario di
quello in situazioni di tipo funzionale.
I costi dell’informazione
Le attività di ricerca di informazioni vengono fatte con l’obiettivo di ridurre l’incertezza legata alle alternative possibili, al valore
da assegnare a ciascuna di esse e ai termini di acquisto.
I costi di questa indagine si possono raggruppare in tre gruppi: costi di ricerca, sostenuti per conoscere i mercati e delimitare le
opportunità; i costi di percezione, sostenuti al fine di identificare le caratteristiche dei beni presenti nell’insieme sotto esame;
infine i costi di valutazione, permettono di valutare il grado di presenza delle caratteristiche percepite e di verificare l’autenticità
dei segnali inviati dal mercato sulla qualità dei beni. Questi costi riguardano il tempo impiegato nell’acquisto.
Le fonti dell’informazione
I costi percepiti degli attributi e benefici variano a seconda della loro osservabilità.
Nelson fa una distinzione tra i beni:
-beni con qualità esterne, le cui caratteristiche possono essere controllate facilmente anche prima dell’acquisto;
-con qualità interne verificabili, caratteristiche più importanti si rilevano solo durante l’utilizzo. Importante è quindi la raccolta di
informazioni, che può essere migliorata ricorrendo a fonti di informazioni con livelli variabili di affidabilità: prima fonte sono i
produttori, forniscono informazioni incomplete e parziali, evidenziano solo le caratteristiche positive del prodotto. Fonti di
informazione personali, ovvero gli amici, vicini, affidabilità dipende dalla fonte. Infine fonte di informazione neutra, come riviste
o articoli, permettono di accedere a gran numero di informazioni, che sono obiettive, concrete e informazioni sono date con
competenza.
-con qualità interne non verificabili.
La nozione di attributo
Per attributo si intende il servizio offerto o il beneficio ricercato dal cliente e utilizzato come criterio di scelta.
L’utilità totale del prodotto si fonda su un processo d’integrazione delle valutazioni compiute dal cliente su ogni attributo.
Gli attributi di un prodotto possono essere classificati in base alla presenza percepita e all’importanza in:
Servizio o beneficio di base, corrisponde all’utilità funzionale o vantaggio generico di quella determinata categoria di prodotto. Il
servizio di base consente di capire in che mercato opera l’impresa.
Ciò che il cliente cerca non è tanto il prodotto, ma il servizio di base che il bene è in grado di offrire. E’ possibile, che prodotti
molto diversi sotto l’aspetto tecnologico possano offrire lo stesso servizio di base.
Per evitare ciò Levitt suggerisce che l’impresa abbia interesse a definire il suo mercato di riferimento in relazione al servizio
offerto, piuttosto che un particolare tecnologico.
I servizi supplementari necessari o aggiunti, oltre all’utilità funzionale di base, il prodotto offre un insieme di altre utilità o
servizi, secondari rispetto al servizio di base.
Questi servizi supplementari possono essere di due tipi: necessari, s’intendono le modalità di produzione del servizio di base e
tutto ciò che accompagna di norma il servizio di base; aggiunti, utilità non legate al servizio di base, offerti in più da un
determinato prodotto (elemento di distinzione).
Ovviamente differenti clienti possono attribuire differenti gradi di importanza alla presenza di alcuni attributi, si può definire
quindi un prodotto come un paniere di attributi che genera il servizio di base, e servizi supplementari, la cui importanza e utilità
varia in base ai potenziali clienti.
Ogni persona ragionevole desidera ottenere il massimo in cambio del minimo: miglior servizio, performance, ma anche il prezzo
più conveniente, ma essendo obiettivi inconciliabili esso e costretto a trovare un compromesso e a valutare quali benefici sono
più importanti.
Definizione di CRM
La fondamentale differenza del CRM per com’è oggi inteso è data dal fatto che le aziende hanno acquistato una maggiore
possibilità di utilizzare tecnologie e gestire relazioni on-to-one con numero di clienti enorme in un mercato globale.
Lo scopo del CRM è quello di aumentare in modo efficace e efficiente l’acquisizione e il mantenimento di clienti redditizi
avviando in modo selettivo, costruendo e mantenendo con loro un rapporto.
Anche il mark. Relazione si proporne di sviluppare reazioni reciproche e a lungo termine con i clienti più redditizi.
Il CRM, parte dall’identificazione all’interno del segmento target degli “indiziati”, cioè coloro che potrebbero essere interessati al
prodotto o servizio offerto; dei “candidati”, ossia gli indiziati che hanno i mezzi per pagarlo, e i “candidati non accreditati”, coloro
che l’azienda esclude perché non sufficientemente affidabili.
Lo sviluppo dell’information technology e tecnologie del web possono aiutare in queste relazioni selettive; i vantaggi che esse
comportano sono sempre maggiori, perché costano sempre meno, e un’azienda che usa diversi strumenti per il CRM ha la
possibilità di rivolgersi ai clienti più promettenti in modo più efficace.
Il rapporto soddisfazione-fedeltà
Se il livello di soddisfazione del cliente è alto il suo livello di fedeltà crescerà, diventando il principale motore della performance
finanziaria a lungo termine.
Analizzando il rapporto tra soddisfazione e fedeltà sul grafico di Jones e Sasser si potrebbe pensare che il loro rapporto sia di tipo
lineare,ovvero che non l’aumentare della soddisfazione dovrebbe aumentare anche la fedeltà.
Ma in realtà si è dimostrato che tale rapporto era molto più complesso. Nei mercati non competitivi, il grado di soddisfazione ha
un impatto limitato sulla fedeltà, si tratta di mercati monopolistici regolamentati. In questi i mercati i clienti sono clienti vincolati.
Situazione che può cambiare rapidamente se la fonte del monopolio scompare, attraverso la deregolamentazione del settore o
anche la comparsa di una tecnologia sostitutiva. Nei mercati competitivi in cui la concorrenza è intensa, vi sono notevoli
differenze nel tasso di fedeltà tra i clienti “soddisfatti” e quelli “pienamente soddisfatti”.
Limitarsi semplicemente a soddisfare i clienti non è più sufficiente, perché solo i clienti che sono pienamente soddisfatti sono
veramente fedeli, e ciò ha un effetto sulla redditività dell’impresa.
Filiera industriale
Una filiera industriale è costituita da tutti gli stadi del processo produttivo che porta, dalle materie prime, a soddisfare il bisogno
del cliente finale, indipendentemente dal fatto che questo bisogno riguardi un bene o servizio.
La forza strategica di un cliente industriale dipende dalla sua capacità di anticipare e controllare il mercato della filiera alla quale
prende parte.
L’Interfaccia manager-ricercatore
L’importanza della ricerca di marketing per il management è in parte dovuta alla qualità dell’interfaccia tra analista di mercato e
il manager incaricato della decisione. Spesso i ricercatori non sono sufficientemente orientati al management e i manager non
sono orientati alla ricerca, per risolvere ciò è necessaria una definizione e reciproca accettazione delle responsabilità delle due
parti. L’utilizzatore della ricerca dovrebbe informare il ricercatore su il problema specifico dell’impresa, l’origine del problema, i
dati che verranno forniti all’azienda. Il ricercatore dovrà invece essere onesto circa i limiti dei risultati attesi, fornire spiegazioni
delle conclusioni, richiedere le informazioni per svolgere la ricerca.. Nel riportare i risultati alcuni ricercatori non riconoscono di
avere un ruolo puramente di consulenza e non decisivo.
Fasi del processo di ricerca
Le cinque fasi del processo di ricerca sono:
1. Definizione del problema, si esige che manager e ricercatori definiscano il problema chiaramente, in questa fase è
fondamentale l’esistenza di un’interfaccia decisore-analista.
2.Disegno della ricerca, è un piano che specifica i metodi e i procedimenti di raccolta e analisi dei dati richiesti. La sua
elaborazione è di competenza dell’analista. Il decisore poi approverà il piano per far si che le informazioni siano adatte alla
soluzione del problema.
3.Raccolta di informazioni, approvato il piano inizia la raccolta di informazioni, fase affidata alle società specializzate in ricerche
di mercato. La fase di raccolta dei dati si articolate in due momenti: pre-test (basato su un campione ridotto, che ha lo scopo di
stabilire se la raccolta sia adeguata) e lo studio vero e proprio su un campione vasto.
4.Elaborazione e analisi dei dati, completata la raccolta i dati devono essere convertiti in una forma che risponda agli
interrogativi del manager. Fase che richiede la revisione, la codifica, classificazione e analisi dei dati.
5.Presentazione del rapporto di ricerca, la fase finale del processo di ricerca consiste nell’interpretare le informazioni e nel trarre
le conclusioni utili alle decisioni del management. Al manager bisogna conferire informazioni valide e efficaci.
La ricerca esplorativa
La ricerca assume carattere esplorativo quando l’accento cade sulla ricerca di punti di vista e idee più che sulla verifica formale di
ipotesi derivate da teorie o da preesistenti ricerche.
Obiettivi della ricerca esplorativa
Si adotta questo tipo di ricerca quando l’impresa si trova davanti a problemi mal definiti. I principali obiettivi di questa ricerca
sono: esaminare la minaccia proveniente da un problema, formulare un problema per un indagine più precisa, formulare ipotesi,
raccogliere informazioni, stabilire priorità di ricerca,chiarire un concetto.
Tecniche proiettive
Le tecniche proiettive sono modalità indirette usate per formulare e sottoporre le domande agli intervistati, per far in modo che
proiettino convinzioni e sentimenti su un soggetto o oggetto esterno quando esposti a uno stimolo non strutturato. Queste
tecniche partono dal presupposto teorico che una persona a cui si chiede di strutturare o organizzare una situazione
sostanzialmente non strutturata o ambigua, potrà farlo facendo appello alla sua personalità o al suo atteggiamento.
La ricerca descrittiva
La ricerca descrittiva è studiata per descrivere le caratteristiche di una determinata situazione o una determinata popolazione di
soggetti.
A differenza di quella esplorativa che è caratterizzata dalla flessibilità, questa si propone di ottenere una descrizione accurata e
completa di una situazione, la tecnica più diffusa è il sondaggio o survey.
Metodi di osservazione
L’osservazione è il processo sistematico di registrazione degli schemi comportamentali di persone, senza interrogarle o
comunicare con loro.
L’analista di mercato che ricorre a questo metodo vede verificarsi cinque fenomeni: le azioni e le prove fisiche, come gli acquisti;
i fattori temporali, come il momento dello shopping; le relazioni e le localizzazioni spaziali, come misure del traffico; i
comportamenti espressivi e le informazioni pubblicate.
Principale vantaggio di questo metodo è dato dal carattere non invasivo, poiché non è necessaria forma di comunicazione con
l’oggetto dell’osservazione.
Questi metodi hanno un grave limite: non sono utili nello studio di motivazioni, attitudini, preferenze e intenzioni, quindi il loro
uso va limitato alla raccolta di dati primari.
Metodi di campionamento
Il problema successivo è selezionare i soggetti da intervistare.
Un metodo è quello di raccogliere informazioni da ogni componente della popolazione attraverso un censimento, secondo
metodo è selezionare una porzione di popolazione scegliendo un campione.
Le tecniche di campionamento possono essere divise in due categorie: campioni probabilistici, per cui viene eseguita una
selezione oggettiva; campioni non probabilistici, la procedura di selezione è soggettiva.
Tra i campioni probabilistici distinguiamo:
Campione casuale,procedura di campionamento che garantisce che tutti gli elementi della popolazione abbiano
probabilità conosciuta e uguale di essere nel campione.
Campione stratificato,popolazione target suddivisa in strati, in base a diversi criteri e da ognuno di essi viene prelevato
un campione casuale. L’unione dei diversi campioni da luogo a un campione stratificato.
Campione a stadi, popolazione target è suddivisa in diversi sottogruppi detti “blocchi” da cui viene selezionato un
campione casuale.
Campionamento per area.
La ricerca causale
Il ruolo della ricerca causale è quello di stabilire l’esistenza di un nesso causale tra le variabili, dove si ritiene che una influenzi
l’altra; mentre uno studio descrittivo può solo ipotizzarlo.
Lo strumento più utilizzato in questa ricerca è l’esperimento controllato.
Obiettivi della ricerca causale
Tre obiettivi distinti:
1. Definire la direzione e l’intensità di un nesso causale fra uno o più variabili d’azione e una variabile di risposta
2. Misurare il tasso di influenza di una variabile d’azione su una variabile di risposta
3. Elaborare previsioni su una variabile di risposta in base a diversi livelli di variabile d’azione.
Per poter determinare l’esistenza di una relazione causale, è necessaria la presenza di tre condizioni:
1. Variabile d’azione deve precedere la variabile di risposta
2. Deve sussistere una correlazione tra un’azione e un risultato rilevato tramite osservazione
3. Influenza di altri possibili fattori causali deve essere stata eliminata o essere sotto controllo
L’analisi di macrosegmentazione.
All’interno di un mercato risulta impossibile riuscire a soddisfare tutti i clienti con un unico prodotto, in quanto clienti
diversi hanno diversi bisogni, diversi abitudini di acquisto e ricercano diversi benefici
Per un’impresa quindi risulta molto importante avere competenze per segmentare un mercato, definire il proprio campo
di attività, sviluppare una strategia e competenze necessarie.
Lo sviluppo di una griglia di macrosegmentazione -> il compito successivo e quello di indivuduare tutte le
combinazioni pertinenti e costruire una griglia si segmentazione
L’analisi di pertinenza.
Per costruire la griglia è necessario considerare tutte le variabili si segmentazione pertinenti. In un secondo momento
vanno isolate le variabili che rivestono un importanza strategica, le variabili tra loro collegate fanno invece raggruppate,
mentre quelle impossibili eliminate. La griglia deve perso contenere sia i segmenti esistente che quelli potenziali.
L’analisi di microsegmentazione.
Obbiettivo della microsegmentazione invece è l’analisi della diversità delle richieste dei clienti nei diversi prodotti-
mercato. I clienti appartenenti allo stesso prodotto-mercato infatti richiedono lo stesso servizio di base. Vengono così ad
identificarsi i gruppi di clienti che cercano nei prodotti gli stessi benefici.
I dati di mercato necessari: si tratta di una segmentazione che richiede la conoscenza de sistema di valore dei clienti,.
Ogni segmento è definito in base al paniere di attributi ricercati, che consente di distinguere i segmenti tra loro, non
semplicemente perché un determinato gruppo di consumatori ricerchi attributi diversi dagli altri, infatti i singoli vantaggi
attraggono in genere più segmenti.
Ne emerge che i clienti desiderano ottenere il maggior numero possibile di attributi o di vantaggi. Ciò che fa la differenza è
l’importanza che ogni cliente conferisce ai singoli attributi. L’applicazione di questo tipo si segmentazione presuppone la
raccolta di una serie di informazioni: lista degli attributi o vantaggi associati ad ogni categoria di prodotti; una
valutazione dell’importanza attribuita a ciascun attributo; raggruppamento dei clienti che esprimono valutazioni simili;
valutazione delle dimensioni di ogni segmento identificato. Una volta che il marketing ha compreso le aspettative di un
determinato gruppo di consumatori, l’impresa è può sviluppare prodotti nuovi o modificarli e indirizzarli ad un gruppo di
client potenziali che ricerca una specifica combinazione di vantaggi.
I limiti della segmentazione in base ai vantaggi perseguiti: la maggior difficoltà di questo metodo riguarda
l’identificazione degli attributi da privilegiare, non ci può accontentare infatti di chiedere ai clienti gli attributi desiderati,
in quanto essi saranno inclini all’introspezione. È necessario quindi ricorrere ad un’analisi di dati di mercato per
comprendere i singoli attributi di cui dovrebbe essere dotato un prodotti, perché tali attributi sono quelli ricercati dai
clienti. Ulteriore difficoltà è data dal fatto che all’aumentare della comprensione dei problemi dei clienti, diminuisce la
conoscenza dei loro dati socio-demografici. Come quindi, gli stessi clienti potranno essere raggiunti? In quanto caso è
necessario ricorrere a sofisticate metodi di rilevazione statistica.
La segmentazione tramite analisi congiunta: l’obbiettivo dell’analisi congiunta è quello di misurare le preferenze dei
clienti per diversi livelli degli attributi e dei benefici da essi generati. Si tratta di misurazioni che avvengono a livello
individuale per poi raggrupparli in segmenti di clienti che assegnano la stessa utilità agli attributi.
La segmentazione comportamentale.
si tratta si una segmentazione in base al loro comportamento d’acquisto, e i cui principali criteri di segmentazione sono
l’utilizzo del prodotto, il volume d’acquisto e il tipo di fedeltà.
Nella segmentazione basata sull’utilizzo, si possono tracciare gli utilizzatori, i non utilizzatori, utilizzatori al primo acquisto
, utilizzatori potenziali,… in base al volume d’acquisto si distingue tra piccoli, medi e grandi utilizzatori e infine in base alla
fedeltà in clienti di fedeltà incondizionata, fedeltà non esclusiva e non fedeli.
Le specificità delle tribù: le tribù si differenziano per tre aspetti: 1. Emergono in modo spontaneo, per iniziativa degli
stessi membri; 2. Si tratta di un raggruppamento reale e i membri sono infatti in contatto tra loro, si riconoscono e
stabiliscono legami, mentre i membri dello stesso segmento ignorano persino la loro appartenenza allo stesso; 3. Si tratta
di un affiliazione plurima o effimera, in quanto ogni individuo può appartenere a tutte le tribù che vuole e uscirne quando
vuole. Si tratta quindi di una segmentazione in sui si tende a sviluppare prodotti e servizi che uniscono gli individui, (il
legame viene prima di tutto).
Si ritiene che questo tipo di segmentazione contribuisca su tre livelli di orientamento al mercato: 1. Al livello della
differenziazione, 2. al livello di fidelizzazione (appartenenza alla comunità ) e al livello e 3. Al livello di immagine attraverso
l’iscrizione della marca nelle tendenze della tribù .
Limiti dell’analisi per stili di vita: è possibile svolgere due tipi di analisi:
Analisi generale degli stili i vita, che classifica la popolazione in gruppi in base alle caratteristiche generali di stili
di vita. Le imprese tenderanno ad individuare i gruppi più ricettivi nei confronti dei loro prodotti.
Analisi per stili di vita specifici per prodotto, che mira a comprendere il comportamento del consumatore in
relazione a uno specifico prodotto o servizio.
Si tratta di dati costantemente aggiornati per mantenere traccia dei mutamenti dei diversi stili sociali e coglierne i
cambiamenti nel comportamento e nelle motivazioni.
a) Risposta differenziata: la condizione più importante, i segmenti infatti devono essere diversi, ed è necessario
che il criterio di segmentazione adottato permetta di massimizzare le differenze tra i segmenti (condizione di
eterogeneità ) e minimizzare le differenze tra i clienti che appartengono allo stesso segmento (condizione di
omogeneità ). Condizione chiave è anche quella si evitare sovrapposizione tra i segmenti, anche se la condizione di
omogeneità non esclude la presenza di clienti che si escludano a vicenda o che uno stesso clienti possa
appartenere a più segmenti.
b) Dimensione sufficiente: i segmenti individuati devono rappresentare un potenziale fatturato sufficiente. Tali
segmenti devono infatti costituire un mercato potenziale di dimensioni tali da giustificare l’elaborazione di una
specifica strategia di marketing. Ma questo non riguarda soltanto la dimensione, ma anche il volume o frequenza
degli acquisti e il suo ciclo di vita. Infine un altro requisito legato alla dimensione implica al valore aggiunto del
prodotto, la sua specificità, la sua convenienza dal punto i vista economico, ovvero il suo prezzo deve essere
accettabile per il segmento target prescelto.
c) Misurabilità: prima di scegliere il segmento, bisogna poter stabilire le sue dimensioni, valutarne il potere
d’acquisto e le caratteristiche comportamentali, tutto inteso in termini di misurabilità.
d) Accessibilità: indica la misura in cui il segmento è raggiungibile utilizzando un unico programma di marketing.
Esistono due modi per arrivare ai clienti: l’autoselezione dei clienti, per cui i consumatori si selezionano da soli in
base all’attenzione che riservano alla pubblicità del prodotto. Oppure attraverso la copertura controllata dei
segmenti, modo efficace per arrivare ai clienti perché l’azienda raggiunge esclusivamente i clienti target, evitando
sprechi di ricorse.
e) Attivabilità: che riguarda la possibilità i individuare prodotti o servizi che possano essere proposti al segmento
individuato. Occorre, oltre che identificare i gruppi di clienti, individuare un’offerta proponibile a tali segmenti.
Per raggiungere tali segmenti però deve essere elaborato un programma di marketing specifico e adatto a rendere
i prodotti o i servizi interessanti per tali segmenti.
La fase di introduzione.
Nella fase di introduzione il mercato è caratterizzato da una crescita lenta delle vendute dovuta a: 1. L’incertezza
tecnologica, in quanti l’impresa innovatrice ancora non domina completamente la tecnologia, e deve sfruttare il vantaggio
dell’innovazione; 2. La distribuzione, che può mostrarsi restia nell’offrire un prodotto non ancor affermato in un ampio
mercato; 3. I clienti potenziali, che possono essere lenti nel modificare le loro abitudini di consumo, 4. La concorrenza.
Inizialmente non si hanno concorrenti diretti, almeno per un certo periodo, ma la durata di questo dipenderà dalla durata
di protezione dell’innovazione.
Si tratta di una fase caratterizzata da un alto grado di incertezza, in quanto la tecnologia è in evoluzione, non sono
identificati i concorrenti, il mercato mal definito e l’informazione scarsa. Ma altrettanti sono i fattori interni che
caratterizzano questa fase, flussi interni negativi, elevate spese di marketing, alti costi di produzione ecc.. tutto questo
pone il prodotto in una posizione rischiosa, per cui più e breve la fase introduttiva tanto meglio sarà per la reddittività
d’impresa. La sua durata dipenderà pero dalla velocià con cui i clienti meno recettivi verrano a conoscenza
dell’innovazione. Velocità influenzata da: a. entità di benefici generati; b. presenza o assenza di costi di adozione; c.
compatibilità del prodotto con le modalità di consumo attuali; d. il vantaggio generato; e. possibilità di provarlo; f.
pressione della concorrenza.
L’obbiettivo primario consisterà nel: rendere nota l’esistenza del prodotto, informare il mercato al riguardo, incoraggiare i
potenziali clienti nell’acquisto e assicurarsi canali di distribuzioni nel presente e nel futuro.
Per raggiungere tali scopi, il programma di marketing avrà le caratteristiche di: una conoscenza di base del prodotto, una
distribuzione selettiva o esclusiva, una situazione di scarsa sensibilità dei prezzi e un programma di comunicazione di tipo
informativo.
La fase di crescita.
Superata con successo l’introduzione, si entra nella fase di crescita, caratterizzata dal raido aumento delle vendite. I fattori
determinanti soni: 1. I primi clienti soddisfatti ripetono che ripetono i loro acquisti e influenzati gli altri potenziali clienti
con il passaparola; 2. La maggior disponibilità del prodotto grazie ad una più ampia distribuzione e quindi maggior
visibilità ;
3. L’entrata di concorrenti che determina un aumento della pressione totale di marketing sulla domanda.
Caratteristica principale di questa fase è la diminuzione dei costo di produzione, dovuta all’aumen to dei volumi . i prezzi
tendono a ridursi consentendo di raggiungere a copertura totale del mercato potenziale. Le spese di marketing sono
ripartite su un volume di affari più ampio e le caratteristiche dell’ambiente economico mutano rapidamente: a. il volume
d’affari aumenta; b. il gruppo target è ora costituito del segmento dei recettivi precoci; c. si affacciano sul mercato i
concorrenti; d. la tecnologia e ampiamente diffusa.
Per fra fronte a questa situazione cambiano anche gli obbiettivi che diventano: estendere la dimensione del mercato totale,
massimizzare il tasso di occupazione del mercato, costruire una forte immagine di marca, creare fedeltà nella marca. Fare
questo sarà possibile attraverso: il miglioramento del prodotto, l’adozione di un sistema di distribuzione intensivo e di una
strategia di distribuzione multicanale, l riduzione dei prezzi, l’adozione di una strategia comunicativa per la costruzione
d’immagine.
Fase di turbolenza.
Il periodo di turbolenza rappresenta una fase di transizione, durante la quale il tasso di crescita delle vendite subisce una
decelerazione, pur rimanendo superiore a quello economico generale. L’ambiente economico generale si modifica
nuovamente: 1. La domanda aumenta a un tasso decrescente; 2. Il target è rappresentato dalla maggiorana del mercato; 3. I
concorrenti più deboli abbandonano il mercato; 4. Il settore aumenta i suo grado di concentrazione. Ci sono anche nuovi
obbiettivi: a. segmentare i mercato e indentificare i segmenti target prioritari; b. massimizzare la quota di mercato in
questi segmenti target; c. posizionare la marca nella mente dei clienti; d. creare e mantenere la fedeltà alla marca. Per
raggiungerli, il programma di marketing adotterà i seguenti orientamenti strategici: una differenziazione dei prodotti;
un’espansione della distribuzione; politiche di prezzi basati sulle caratteristiche distintive della marca; una pubblicità che
mira a comunicare il posizionamento di mercato rivendicato.
La fase di maturità.
Nel momento in cui la crescita della domanda continua a rallentare per poi assestarsi al ritmo di crescita del PIL, il
prodotto entra nella fase di maturità , che è normalmente la più lunga. Le ause di questa stabilizzazione sono: 1. I tassi di
occupazione e penetrazione sono molti elevati; 2. la copertura del mercato tramite distribuzione non può essere
aumentata ulteriormente; 3. La tecnologie si è stabilizzata.
In questa fase le caratteristiche principali dell’ambient economico e competitivo sono: la domanda primaria non è più
espandibile, il mercato p dominato da pochi concorrenti; le tecnologie sono standardizzate. L’obbiettivo prioritario
dell’impresa è mantenere, e allargare se possibile la quota di mercato e ritagliarsi il suo vantaggio competitivo. Gli
strumenti per farlo sono tre di tre tipi: a. differenziare i prodotti, migliorandone qualità, caratteristiche e stile; b. entrare in
nuove nicchie e segmenti di mercato; c. acquisire un vantaggio competitivo basato su variabili di marketing mix non legate
al prodotto.
La fase di declino.
Questa fase si traduce in un decentramento della domanda per uno dei seguenti motivi: 1. Compaiono nuovi prodotti
tecnologicamente più avanzati; 2. Le preferenze, i gusti, le abitudine di consumo si modificano; 3. Cambia l’ambiente
sociale, economico, politico.
Quando le vendite e previsioni di utile calano, alcune imprese disinvestono e si ritirano dal mercato, altre cercano invece di
specializzarsi sul mercato residuo nel caso un cui rappresenti ancora un’opportunità valida.
L’OLIGOPOLIO.
L’oligopolio è una situazione in cui l’interdipendenza tra rivali è molto forte, a causa del numero ridotto di concorrenti e la
presenza di imprese dominanti.
La dipendenza tra concorrenti è tanto più forte quanto più sono indifferenziati i prodotti: si parla in questo caso di
oligopolio indifferenziato per distinguerlo dal differenziato i cui i beni sono distinti.
LA DIMANICA CONCORRENZIALE.
In conclusione si può constatare che il potere di mercato il potenziale di profitto variano in base alla situazione di mercato.
Si possono delineare due casi in cui i potenziali di profitto sono nulli elevatissimi: il caso della concorrenza perfetta in cui
L’ingresso è libero;
Le imprese non hanno alcun potere di contrattazione;
La concorrenza è libera;
I prodotti si somigliano e si sostituiscono.
L’altro caso È quello in cui il potenziale di profitto è estremamente elevato:
Potenti barriere bloccano l’ingresso;
Impresa non ha concorrenti;
I clienti non hanno un potere di contrattazione per ottenere riduzioni di prezzo;
I fornitori non hanno potere di contrattazione per far accettare aumenti di prezzo.
STRATEGIA DI FOCALIZZAZIONE.
La strategia di focalizzazione È quella adottata da imprese in cui gli specialisti vogliono conquistare una grossa quota di
mercato. L’Impresa concentra le sue risorse sui bisogni di un numero ridotto di segmenti, se non uno soltanto, adottando
una strategia specialistica. La specializzazione può riguardare una funzione (specialisti di funzione) in cui svolge un
numero ridotto di funzioni ma si rivolge a una vasta gamma di clienti, I confini sono qui ristretti dal punto di vista della
funzione, ma molto ampi per quanto riguarda il gruppo di clienti. Oppure la specializzazione può riguardare un gruppo di
clienti (specialisti di clienti), in questo caso sia una situazione in cui I confini del mercato sono definiti in modo ampio dal
punto di vista della funzione ristretto in merito al gruppo di clienti verso cui è puntata l’attenzione.
STRATEGIA MISTA.
Adottando una strategia mista impresa diversifica le sue attività in termini di funzione e di gruppi di clienti. Garantire che
il portafoglio dell’impresa sia equilibrato e ben diversificato, rientra tra gli obiettivi di analisi. La scelta di una di queste
strategie di copertura del mercato dipenderà da: a. il numero di segmenti identificabili e potenzialmente redditizie nel
mercato di riferimento e b. Dalle risorse dell’impresa.
IPERSEGMENTAZIONE O CONTROSEGMENTAZIONE.
Le politiche estreme come si può arrivare applicando una strategia di segmentazione sono:
Ipersegmentazione che dà vita a prodotti su commissione realizzati per soddisfare i bisogni individuali;
Contro segmentazione, l’ impresa offre un prodotto base.
Nel lavorare una strategia di segmentazione spesso entrano in conflitto due logiche opposte: quella del market-driven e
quella del supply-driven. La logica guidata dal mercato richiede il massimo grado di adattamento alle diversità dei bisogni
E porta la commercializzazione di prodotti personalizzati in base alle preferenze del cliente. La logica basata sulla
produzione cercaci di incrementare la produttività attraverso la massima standardizzazione del prodotto.
DEFINIZIONI DI POSIZIONAMENTO.
La diffusione della parola posizionamento è opera di Ries e Trout che indicavano connessa il processo di collocazione di un
prodotto nella mente del consumatore. La nostra definizione un po’ diversa: “il posizionamento è la decisione dell’impresa
relativa ai benefici chiama che deve possedere per conquistare una posizione distintiva sul mercato”.
Il posizionamento si può descrivere rispondendo quattro domande chiave:
Una marca perché cosa? Si riferisce ai benefici che derivano dalla marca stessa;
Una marca per chi? Ovvero per quali segmenti tardi;
Una marca per quando? Si riferisce alla situazione d’uso;
Una marca contro chi? Allude al diretto concorrente.
La strategia di posizionamento è la modalità che viene adottata per introdurre una strategia di differenziazione basata a.
sull’analisi interna dei forza e debolezza dell’impresa: b. sul contesto competitivo; c. sul tipo di beneficio distintivo è unico
che la marca può offrire.
Obiettivo dell’impresa sarà quello di comunicare questo elemento di differenziazione. La percezione che può il
consumatore ha nella propria mente della marca È detta “ immagine di marca”.
LA GERARCHIA DELL’APPRENDIMENTO.
I diversi livelli di risposta del cliente possono essere raggruppati in tre categorie: la risposta cognitiva, che chiama in causa
le informazioni possedute, la risposta affettiva, che analizza l’atteggiamento e il sistema di valutazione, e la risposta
comportamentale che descrive l’azione, non soltanto l’azione d’acquisto, ma anche il comportamento post-acquisto.
Gli esperti in comunicazione sostengono che i tre livelli di risposta sono posti in una scala gerarchica e che l’individuo o
l’organizzazione, li attraversa in sequenza, secondo questo ordine: cognitivo (learn), affettivo (feel), comportamentale
(do). Questo modello di risposta, sviluppato inizialmente con lo scopo di misurare l’efficacia della pubblicità viene esteso in
seguito al processo di adozione di nuovi prodotti. La psicologia ha poi dimostrato che esistono anche altri percorsi,
osservabili laddove il coinvolgimento è minimo o in caso di dissonanza cognitiva. Sebbene le ipotesi del processo di
apprendimento non sono sempre applicabili, il modello “learn-feel-do” rimane valido in particolare se usato insieme ai
concetti di “rischio percepito” e “coinvolgimento dell’acquirente”.
L’ANALISI SWOT.
L’analisi SWOT consiste nello studio dei punti di forza e di debolezza dell’impresa, e di opportunità e minacce provenienti
dall’ambiente in cui opera. E’ una tecnica molto usata in quanto permette di organizzare le informazioni raccolte dal
sistema informativo aziendale e dall’ambiente di macromarketing. Consiste in un’analisi basata su più criteri, molto simili
ai metodi già analizzati ma con due differenze: è di tipo puramente qualitativo, non si giunge a misure oggettive o dati
sensibili; definisce in modo diverso i concetti di attrattività e competitività. Si tratta di un semplice indicatore: indica la
strada da seguire per elaborare il piano di marketing più adeguato e strategia alternative. In sintesi, se eseguita
correttamente, l’analisi SWOT aiuta l’impresa a evidenziare i suoi punti di forza e minimizzare i punti di debolezza, per
perseguire le opportunità che le si offrono e evitare le minacce.
LE OPZIONI STRATEGICHE.
Il primo passo per l’elaborazione della strategia consiste nel determinare la natura del vantaggio competitivo sostenibile,
che è definito secondo due dimensioni: produttività (vantaggio di costo) e potere di mercato (vantaggio in termini di
massimo prezzo di vendita).
2. LA DIFFERENZIAZIONE.
In questo caso l’obiettivo è conferire al prodotto un carattere distintivo, creando un’offerta percepita come unica.
L’impresa tenderà a creare una situazione di concorrenza monopolistica, nella quale si detiene un potere di mercato,
grazie all’elemento distintivo.
Rispetto ai concorrenti l’impresa si isola dalla rivalità competitiva perché accresce la fedeltà alla marca. La fedeltà dei
clienti e l’unicità del prodotto generano una barriere per l’entrata di nuovi concorrenti, e la redditività più elevata accresce
la capacità dell’impresa di resistere ad aumenti di costo.
Il successo della differenziazione permette di realizzare profitti superiori grazie al prezzo elevato che il mercato è disposto
a pagare. Si tratta però di una strategia che non è sempre compatibile con il mercato e con l’obiettivo di una quota
maggiore di esso, in quanto non sempre i clienti, pur riconoscendo la superiorità del prodotto sono disposti a pagare un
prezzo più elevato.
3. LA FOCALIZZAZIONE.
La strategia di focalizzazione si basa invece sui bisogni di un segmento, di un gruppo di clienti o di un mercato
geograficamente delimitato. L’obiettivo qui è di scegliere un target ristretto e soddisfarne i bisogni specifici. E’ una
strategia che può comportare differenziazione, o dominio attraverso i costi, o entrambe, ma limitatamente al segmento
d’interesse.
LE STRATEGIE DI CRESCITA.
Gli obiettivi di crescita sono presenti nella maggior parte delle strategie aziendali. La crescita è il fattore che influenza la
vitalità dell’impresa, stimola le iniziative, accresce la motivazione, ed è necessaria per sopravvivere agli assalti della
concorrenza. Un’impresa può definire il suo livello di crescita a tre livelli diversi: nell’ambito del mercato in cui opera
(crescita intensiva); nell’ambito della filiera industriale (crescita integrata); nell’ambito delle opportunità esterne al suo
campo di attività (crescita per diversificazione). A ciascuno di questi livelli corrispondono varie possibili strategie.
Strategie di penetrazione nel mercato dette anche di “crescita organizzata” e che consistono nell’incrementare o
mantenere le vendite dei prodotti dei mercati esistenti. Si possono seguire diverse vie:
1. Sviluppo della domanda primaria. Espandere la domanda primaria allo scopo di aumentare la dimensione del
mercato totale;
2. Aumento della quota di mercato. Aumentare le vendite attirando clienti dalle marche concorrenti con investimenti
nel marketing mix, riposizionando la marca o diminuendo i prezzi;
3. Acquisizione di mercati. Aumentare la quota di mercato con una strategia di acquisizione, per esempio di
un’impresa concorrenti, ottenendo la sua quota di mercato;
4. Difesa di una posizione di mercato. Difendere la quota di mercato posseduta investendo nel marketing operativo;
5. Razionalizzazione del mercato. Modificare il modo in cui si servono i mercati con lo scopo di ridurre i costi e
aumentare l’efficacia del marketing operativo;
6. Organizzazione del mercato. Influenzare il livello di competitività di un settore per migliorare la redditività .
Le strategie di sviluppo incentrate sui mercati che propongono di aumentare le vendite introducendo i prodotti attuali
su mercati nuovi o futuri. Esistono quattro approcci:
1. Focalizzazione sui bisogni latenti, ovvero proporre soluzioni a bisogni che i consumatori non sanno ancora di
avere;
2. Incentrarsi su nuovi segmenti di mercato, ovvero rivolgersi a segmenti di clienti non serviti nello stesso mercato;
3. Incentrarsi su nuovi canali di distribuzione; ovvero introdurre il prodotto in una rete distributiva diversa,
complementare a quelle esistenti;
4. Basarsi sull’espansione geografica, ovvero sull’insediamento in altri Paesi o Stati.
Le strategie di sviluppo incentrate sui prodotti che si propongono di aumentare le vendite perfezionando i prodotti o
sviluppandone di nuovi. Le possibilità sono molteplici:
1. Innovazioni di rottura. Lanciare nuovi prodotti o servizi che offrono ai consumatori benefici diversi e che richiede
da parte loro un determinato comportamento di utilizzo. In questo modo i consumatori devono cambiare le loro
abitudini;
2. Aggiunta di caratteristiche. Inserire al prodotto funzioni o caratteristiche nuove in modo da allargare il mercato;
3. Estensione della linea di prodotti. Accrescere la linea di prodotti introducendo nuove varianti per aumentare o
mantenere la quota di mercato;
4. Ringiovanimento di una linea di prodotti. Ristabilire la competitività di prodotti obsoleti o inadeguati sostituendoli
con prodotti migliorati dal punto di vista funzionale o tecnologico;
5. Miglioramento della qualità. Migliorando il modo in cui il prodotto espleta le due funzioni;
6. Acquisizione di una gamma di prodotti. Completare, migliorare o ampliare la gamma di prodotti esistenti
ricorrendo a mezzi esterni;
7. Razionalizzazione di una gamma di prodotti. Modificare la gamma di prodotti per ridurre i costi di produzione e
distribuzione.
La strategia d’integrazione a valle ha come motivazione di base quella di garantire all’impresa il controllo degli sbocchi
vitali per la sua esistenza. Talvolta l’integrazione a valle si pone come obiettivo semplicemente di ottenere una migliore
comprensione dei bisogni del clienti che acquistino i prodotti.
Le strategie di crescita basate sulla diversificazione. Si tratta di una strategia giustificata quando la filiera industriale
della quale l’impresa fa parte non presenta più alcuna opportunità di crescita o redditività. Questa strategia comporta
l’entrata in prodotti-mercato nuovi per l’impresa e per questo è più rischiosa. Si distingue di solito tra:
Diversificazione concentrica, secondo cui l’impresa esce dalla filiera industriale e commerciale e cerca di
aggiungere attività nuove, complementari a quelle esistenti. L’obiettivo è quello di beneficiare degli effetti della
complementarietà delle attività ed è una strategia che di norma ha anche l’obiettivo di attrarre nuovi clienti e
ampliare il mercato di riferimento.
Diversificazione pura, quando l’impresa entra in attività del tutto nuove, che non hanno un collegamento con
quelle già esistenti. L’obiettivo è quello di orientarsi verso settori nuovi per rinnovare il portafoglio di attività. Le
strategie di diversificazione pura sono le più rischiose e le più complesse perché conducono l’impresa in territori
completamente nuovi. Drucker afferma che per il successo della diversificazione, almeno un elemento in comune
ci deve essere tra l’attività nuova e quella di base, in quanto, senza neanche un punto in comune, una
diversificazione non riesce mai perché i legami finanziari, da soli, non bastano.
LE LOGICHE ALLA BASE DI UNA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE.
Calori e Harvatopoulos hanno studiato le logiche di diversificazione e hanno individuato due dimensioni. ll prima, legata
alla natura dell’obiettivo strategico: la diversificazione può essere difensiva (sostituzione di un’attività che perde terreno)
o aggressiva (conquista di nuove posizioni). La seconda dimensione riguarda invece i risultati previsti, quali possono
essere di crescita e reddittività o lo sfruttamento delle competenze. L’intersezione di queste due dimensioni delinea
quattro logiche diverse di diversificazione:
1. Diversificazione per espansione, l’impresa tenta di rafforzare la sua attività valorizzando le sue competenze;
2. Diversificazione di scambio, l’impresa tenta di sostituire le attività in declino impiegando risorse umane di alto
livello;
3. Diversificazione di spiegamento, strategia di tipo aggressivo che mira all’ottenimento di un elevato valore
economico;
4. Diversificazione di nuovo spiegamento, che persegue un obiettivo difensivo, in cui si va alla ricerca di nuovi canali
di sviluppo.
A queste logiche si aggiungono: la diversificazione alimentata dalla volontà di migliorare l’immagine e quella ispirata dal
desiderio di controllare l’evoluzione di una nuova tecnologia.
Strategie di diversificazione basate sulle competenze di base, è un’altra particolare forma di diversificazione che si
basa sulle risorse o sulle competenze che l’impresa giudica fondamentali e parte integrante della sua attività di base.
Qualunque strategia di diversificazione riuscita frutta in una certa misura la sinergia derivante dall’attività principale
dell’impresa. Il rischio principale e quello di sopravvalutare le sinergie esistenti tra due attività. E’ importante che il
management definisca da subito la logica di diversificazione: da essa, infatti, dipenderanno i criteri di scelta e valutazione
delle potenziali attività da intraprendere.
Le strategie difensive.
Una seconda strategia dell’impresa leader è quella di tipo difensivo: il suo obiettivo diventa quello di proteggere la sua
quota di mercato contrastando l’attività dei concorrenti più pericolosi. Si tratta della strategia che viene adotta
dall’impresa innovatrice.
Le strategie aggressive.
L’ampliamento della quota di mercato attraverso una strategia aggressiva è un'altra possibilità. L’obiettivo è quello di
trarre il massimo beneficio dall’effetto esperienza e migliorare la redditività. E’ una strategia che poggia sull’ipotesi
dell’esistenza di una relazione tra la quota di mercato e la redditività . Una posizione di leadership troppo forte porta
l’azienda ad essere soggetta all’attenzione delle autorità pubbliche che tendono a tutelare la libera concorrenza sul
mercato.
Le strategie di demarketing.
Un altro tipo di strategia è quella adottata da imprese predisposte ad una riduzione volontaria della loro quota di mercato,
al fine di evitare di essere accusate di monopolio. In questo caso si piò applicare il “demarketing” con lo scopo di ridurre il
livello della domanda attraverso aumenti di presso, riduzione dei servizi offerti ecc.. un’altra strategia è la diversificazione
verso prodotti-mercato alternativi o un’altra strategia può essere quella basata sulle relazioni esterne e la comunicazione
con l’obiettivo di valorizzare il ruolo sociale dell’impresa nei confronti delle varie componenti del suo pubblico.