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Imago animi. Volti dal passato

Book · March 2018

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3 authors, including:

Luca Bezzi
Arc-Team
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Comune di Cles
Maschera malangaan, XIX sec
legno, fibre vegetali, 58x53x55 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova
Comune di Cles

ISBN 978-88-9776055-9
Stampa:
Litografia EFFE e ERRE, Trento
Alla memoria di Donato Sartori (1939 – 2016)
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Introduzione
Imago animi. Volti dal passato
Luca Bezzi, Nicola Carrara, Marcello Nebl p.9
Ricostruzione facciale forense: realtà o fantasia?
Luca Bezzi, Cicero Moraes p.12
Guardiamo in faccia la diversità umana
Evoluzione umana: una foto di famiglia
Nicola Carrara p.19
Una faccia, una razza? non proprio
Lidio cipriani: l’antropologo al servizio del Fascismo
Eleonora Tacchetto p.25
La rappresentazione dell’alterità africana negli anni fra le due guerre
Giuliana Tomasella p.28
DNA e razze umane. Quali conclusioni?
Luca Pagani p.32
Volti dal passato
La mummia del primo sacerdote di Thot
Nicola Carrara, Giuliano Scattolin p.37
Lo strano caso del cranio di Francesco Petrarca
Nicola Carrara, Luca Bezzi p.43
Studio conservativo dei resti mortali di Francesco Petrarca
Gianmario Molin, Andrea Polo p.47
Giovanni Canestrini (1835-1900) tra scienza e società
Elena Canadelli p.53
La ricerca di un volto. Il caso di Sant’Antonio da Padova
Luciano Bertazzo p.59
Il sorriso perduto di Santa Paolina Visintainer
Luca Bezzi, Cicero Moraes p.65
Il volto di Bernardo Cles
Marcello Nebl p.69
Una faccia, un destino?
Dalla fisiognomica alla frenologia
Nicola Carrara p.75
Cesare Lombroso e l’atavismo
Cristina Cilli, Emanuele d’Antonio p.80
Dalla faccia alla maschera: il viso simbolico
Un viso sopra il viso
Nicola Carrara p.85
I volti dell’anima
Il volto, o dell’ambiguità
Camilla Nacci p.95

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Calco del bambino di Taung
(Australopithecus africanus),
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova
foto di Massimo Pistore

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Imago animi. Volti dal passato
Luca Bezzi, Nicola Carrara, Marcello Nebl - curatori della mostra

La mostra Imago animi. Volti dal passato Triveneto evidenzia che la mummia di età
ha una sua (piccola) storia alle spalle. tolemaica (anch’essa esposta in mostra)
Raccontare come sia nata, significa mostrare presenta evidenti segni di morte violenta: un
come gli incontri fortunati tra persone che autentico cold case vecchio di più di 2000
amano sognare coi piedi per terra portino a anni!
progetti concreti e ambiziosi.
Suggestionato da tutti questi visi, lancio a
Io, Nicola Carrara, ne sono stato l’ideatore Luca i semi di quello che sarebbe diventato il
originario, ma senza l’appoggio appassionato Progetto FACCE.
e fattivo di Luca Bezzi e Marcello Nebl, Imago
animi sarebbe rimasta un’idea tra le tante che Dopo la realizzazione del viso del bambino
affollano il “mondo delle idee”. Per questo è del Taung, accolto con molto interesse
concreta! dalla comunità scientifica, il Progetto
FACCE ottiene un momento di visibilità
Se state leggendo questo catalogo, vuol dire internazionale. Il 10 giugno 2014 presentiamo
che avete camminato tra le splendide sale del pubblicamente la ricostruzione facciale
Palazzo assessorile di Cles e avete visto e forense del santo più venerato al mondo:
incontrato molti “volti dal passato” che, nelle Sant’Antonio da Padova. I media di tutto il
nostre intenzioni, vorremmo raccontassero mondo ci inseguono per avere notizie su
diverse storie dentro alla grande storia questo lavoro. Ad essere protagonista è
dell’Uomo. Per questo è ambiziosa! colui che consideriamo co-curatore onorario:
Cicero Moraes. È lui il designer 3D brasiliano
Concretezza e ambizione sono sempre stati che, dall’inizio e ancora oggi, realizza le
i pilastri del Progetto FACCE (all’interno ricostruzioni dei visi con tanta accuratezza e
del quale va posta la mostra Imago animi), realismo, forte di una grandissima esperienza
sin da quando, sul finire del 2012, incontro internazionale, acquisita sia in campo forense
Luca Bezzi che mi chiede di poter ricostruire che archeologico.
le fattezze di un fossile di 2,3 milioni di anni
molto importante per l’evoluzione umana, Il volto di Sant’Antonio è il prologo di quella
il “bambino di Taung” (Australopithecus che possiamo considerare la madre della
africanus). Il Museo di Antropologia mostra Imago animi. Infatti, il 14 febbraio
dell’Università di Padova ne ha una copia 2015 inauguriamo a Padova la mostra
in gesso di pregevole qualità che abbiamo FACCE. I molti volti della storia umana che
esposto in mostra. Così abbiamo iniziato… rimarrà aperta fino al 13 dicembre dello
stesso anno. È un lavoro enorme che vede
Caso o destino vuole che in quei giorni sulla Museo e Arc-Team produrre una ventina di
mia scrivania siano presenti altre “facce”. ricostruzioni di volti di ominini, oltre ai visi
Legata ad una tesi di laurea, è in corso del beato Luca Belludi, del poeta Francesco
una sistemazione dei calchi facciali prodotti Petrarca e dell’anatomo-patologo Giovanni
dall’antropologo fiorentino Lidio Cipriani Battista Morgagni.
(anche questi presenti in mostra). Inoltre,
una relazione della Polizia Scientifica del Nel 2016, dal 27 ottobre al 6 novembre, le

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ricostruzioni degli ominini (implementate Se siete qui oggi a visitare Imago animi.
con l’aggiunta di altri volti di fossili di Volti dal passato, speriamo sia perché siate
recentissima scoperta) vengono esposti al stati prima di tutto catturati dal titolo e dal
Festival della Scienza di Genova. Sempre viso millenario ritratto sul sarcofago della
in quell’anno, l’amministrazione di Cles copertina. Vorremmo anche che le storie
manifesta l’interesse ad ospitare la mostra che avete sentito e conosciuto durante il
negli spazi del Palazzo assessorile. L’anno percorso della mostra vi siano diventate
successivo il progetto si concretizza grazie familiari e che ora abbiate il desiderio di
alla collaborazione di Marcello Nebl che raccontarle ad altri come noi abbiamo fatto
apre il Progetto FACCE ad una nuova (speriamo in modo piacevole) con voi.
prospettiva, quella dell’arte, andando così a
colmare uno degli aspetti che prima era solo È questa la nostra concreta ambizione.
accennato.

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Lidio Cipriani
Calchi facciali, 1927 - 1930
gesso policromo, ciascuno 25x25x15 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

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Ricostruzione facciale forense: realtà o fantasia?

Luca Bezzi - Arc-Team s.n.c., Cles (Tn)


Cicero Moraes - Arc-Team s.n.c., Cles (Tn)

Una disciplina giovane e controversa In sostanza la maggior parte degli artisti


forensi opera partendo da un calco del cranio,
La ricostruzione facciale forense (o Forensic in gesso o in resina, sistemato sul cosiddetto
Facial Reconstruction, in seguito abbreviata “piano di Francoforte”, una posizione che
in FFR) è una tecnica che permette ricostruire replica la postura di un soggetto in piedi.
i lineamenti del volto, partendo dalla Sulla replica del cranio vengono quindi
morfologia di un cranio umano. La disciplina piazzati, in alcuni punti chiave, gli indicatori
ha raggiunto negli anni un buon grado di di tessuti molli. Si tratta di piccoli spessori
approssimazione, grazie ad un flusso di lavoro cilindrici, di lunghezza variabile, che aiutano
ormai standardizzato e basato soprattutto a riprodurre schematicamente la superficie
sull’osservazione di cadaveri. Il suo iniziatore, del volto. Le misure degli indicatori sono
il russo Mikhail Mikhaylovich Gerasimov, desunte su base statistica e calibrate
cominciò ad elaborare un metodo ricostruttivo sull’individuo in esame. Successivamente si
già verso la fine degli anni Trenta del secolo procede con la ricostruzione del profilo del
scorso. La triste parentesi della Seconda naso, ottenibile tramite una serie di proiezioni
Guerra Mondiale permise allo studioso, di geometriche partendo dalle ossa nasali. Una
stanza in un ospedale militare, di affinare la volta completate queste operazioni, l’artista
sua tecnica grazie ad osservazioni statistiche comincia a scolpire la muscolatura e la pelle,
su centinaia di vittime di guerra. tramite successive aggiunte di materiale
Ad oggi la metodologia di Gerasimov è plastico fino alla completa obliterazione degli
considerata ancora valida, grazie anche indicatori dei tessuti molli. Si ottiene a questo
ad aggiornamenti essenziali apportati da punto un primo modello ricostruttivo glabro.
vari studiosi. Il primo passaggio del flusso Nei protocolli di lavoro più rigidi, l’artista
di lavoro consiste nello studio preliminare forense raggiunge questo primo passaggio
dei resti ossei effettuato da specialisti di lavorando alla cieca, cioè basandosi
antropologia fisica, una disciplina che si solamente su sesso, età e ascendenza dei
concentra sull’osservazione anatomica del resti scheletrici, rimanendo all’oscuro di
corpo umano ed in particolare dell’apparato ulteriori dettagli che potrebbero influenzare
scheletrico. Da queste ricerche si ottengono il suo lavoro e soprattutto senza conoscere
alcune informazioni basilari che guideranno l’identità del soggetto (nei casi in cui questa
in seguito la ricostruzione facciale vera e sia nota). Nelle due fasi successive, ovvero la
propria. In particolare l’analisi antropologica calibrazione del modello e la sua vestizione,
dei resti ossei e quella storica e archeologica tutte le informazioni a disposizione del team
del contesto di rinvenimento servono ad di ricerca vengono rivelate. La calibrazione
identificare il sesso, l’età alla morte e consiste nella correzione della ricostruzione
l’ascendenza del soggetto. Vengono spesso effettuata in base a tutto ciò che è noto
effettuate ulteriori osservazioni su eventuali sull’aspetto fisico del soggetto. Ci si avvale
traumi o malattie subiti in vita, da distinguere in genere di analisi storiche su eventuali
da fratture ed altre anomalie delle ossa fonti scritte o iconografiche, di referti medici
dovute ad eventi post mortem. Solo una riguardanti traumi e patologie e, nei casi
volta ottenute queste informazioni è possibile meglio documentati, di indicazioni derivanti
iniziare la FFR vera e propria. dallo studio del DNA (colore degli occhi,

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ecc…). Una volta ottenuto un modello di effettuare dei blind test (esperimenti alla
ricostruttivo calibrato, si procede alla sua cieca) su soggetti viventi, partendo dalla TAC
vestizione, ovvero alla definizione del suo 3D del loro cranio e confrontando il modello
aspetto esteriore in base a quanto è noto del ricostruttivo con la scansione del volto del
periodo storico di riferimento, concentrandosi soggetto.
sulla capigliatura e sul vestiario. A questo Un contributo a questa evoluzione delle
punto la ricostruzione facciale può dirsi tecniche di FFR è stato dato anche dal team
effettivamente conclusa. internazionale che si è creato nel 2014 per la
Come si evince da quanto scritto sinora, la FFR preparazione della mostra Facce. I molti volti
è dunque una commistione di procedimenti della storia umana, organizzata dal Museo di
scientifici, uniformati da un processo artistico. Antropologia di Padova (Bezzi et al., 2016/B).
Proprio questa componente artistica la Durante questa fase preparatoria sono stati
rende una delle discipline più soggettive effettuati alcuni blind test su soggetti viventi,
e controverse nel campo dell’antropologia in modo da definire la miglior combinazione
forense, motivo per cui è ad esempio esclusa, possibile delle varie proposte metodologiche
nella legislazione statunitense, dalle tecniche esistenti, arrivando alla conclusione che i
riconosciute in tribunale per l’identificazione migliori risultati derivavano dalla traduzione
positiva di cadaveri, pur essendo accettata in digitale del metodo Manchester (Wilkinson,
come disciplina ausiliaria di tecniche 2004), basato sugli indicatori di tessuti molli
scientifiche verificabili. Ciononostante i recenti elaborati da De Greef (De Greef et al., 2006)
sviluppi della FFR stanno comportando e associato alla ricostruzione del naso tramite
un sensibile miglioramento nei risultati le tecniche elaborate da Galina Lebedinskaya
raggiunti, aprendo le porte a scenari futuri (Lebedinskaya, 1998).
che potrebbero portare ad un riconoscimento
scientifico delle tecniche utilizzate.
Le ricostruzioni facciali della mostra
Imago Animi
L’affinamento del metodo ed il progetto
“Facce” Il sistema delineato nel capitolo precedente
è stato quello utilizzato per le ricostruzioni
Come accennato nel capitolo precedente, facciali di cinque personaggi storici, effettuate
in tempi recenti si è verificato un sensibile per la mostra Facce. I molti volti della storia
miglioramento nei metodi della FFR, umana. Tre di queste ricostruzioni, ovvero
soprattutto grazie alla digitalizzazione del quella di sant’Antonio, di Francesco Petrarca
flusso di lavoro. Tra i vantaggi di questo e di una mummia egizia, sono esposte
processo vi sono una sensibile riduzione dei nell’ambito della mostra Imago animi. Volti dal
costi e delle tempistiche e quindi maggiore passato, assieme a quella di santa Paolina
attenzione nella fase di calibrazione, spesso e di Bernardo Clesio. Questa casistica di
eseguita in maniera sbrigativa (o del tutto modelli ricostruttivi offre una panoramica
assente) nei progetti effettuati tramite scultura variegata sulle tecniche specifiche di FFR, sui
manuale. La vera rivoluzione è stata però dati di partenza di cui si dispone, sui diversi
la possibilità recente di verificare il grado di livelli di calibrazione raggiungibili e sugli scopi
aderenza di un modello ricostruttivo rispetto per cui tali progetti possono essere portati a
al soggetto indagato, grazie all’avvento delle termine.
tecnologie informatiche applicate alla scienza Un esempio di applicazione delle metodologie
medica e soprattutto alla Tomografia Assiale standard è offerto dal caso della mummia
Computerizzata (TAC). Questo ha permesso egizia, che si è avvantaggiata dell’ottima

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qualità dei dati di partenza (una TAC 3D). del sant’Antonio macilentus (sull’argomento
Diverso, sotto questo aspetto, è invece il caso si rimanda al contributo di padre Luciano
di Francesco Petrarca, la cui ricostruzione Bertazzo in questo stesso volume). Un’ottima
facciale è stata tentata invano nel 2003, calibrazione del modello ricostruttivo ha
vista la constatazione, da parte degli esperti anche caratterizzato il progetto riguardante
incaricati, della sparizione del cranio. santa Paolina, vista la disponibilità di alcune
Rimandando al capitolo dedicato al Petrarca foto storiche. In questo caso la particolarità
per i rocamboleschi dettagli sul caso del della FFR sta soprattutto nel motivo che ha
cranio scomparso, è interessante qui notare ispirato la ricerca: non si è trattato, infatti, di
che questo progetto è stato effettuato, nel attribuire un volto ad un personaggio di cui
2014, solo grazie al rinvenimento, ad opera non si conoscevano le fattezze, essendo i
del curatore del Museo di Antropologia di lineamenti noti da fonti iconografiche; si è
Padova (Nicola Carrara), di un calco del trattato piuttosto di ricostruire un’espressione,
cranio originale, conservato nel Fondo o, più propriamente, di restituire il sorriso
Canestrini dell’istituto e sconosciuto fino al all’immagine tradizionale della Santa. Infatti,
2005. Nel caso del Petrarca, dunque, i dati secondo il professor José Luís Lira, iniziatore
di partenza sono stati una scansione 3D di del progetto, le testimonianze di numerose
un calco fatto eseguire nel 1873 dal prof. consorelle ci tramandano un carattere gioiose
Giovanni Canestrini, incaricato dello studio e incline al sorriso della Santa, in contrasto con
dei resti mortali del poeta. Una situazione le poche fotografie storiche che la ritraggono
non dissimile ha caratterizzato la FFR di sempre in momenti molto tristi della sua vita.
sant’Antonio, per il quale, non potendo L’ultima ricostruzione, quella di Bernardo
disporre delle spoglie mortali del Santo (il cui Clesio, rappresenta invece un’eccezione
cranio è conservato nella tomba, separato rispetto al metodo utilizzato. In questo caso,
dalla mandibola custodita in un reliquiario), infatti, la restituzione dei lineamenti del vescovo
si è partiti da una scansione 3D del calco non si è basata sulle tecniche tradizionali
in bronzo eseguito dall’artista Roberto impostate sulla morfologia del cranio, bensì
Cremesini (Cremesini, 1981) durante la sull’analisi storica della ritrattistica, effettuata
ricognizione del 1981. Si tratta, in questo da Marcello Nebl. Il confronto iconografico ha
caso, di un dato eccezionale, visto che la preso in considerazione diversi campi delle
replica bronzea è l’unica testimonianza che arti figurative, dalle monete alle medaglie,
ha registrato la temporanea riconnessione dagli affreschi ai dipinti, fino alle decorazioni
anatomica di cranio e mandibola, separati architettoniche. Il risultato è stata una
sin dalla prima ricognizione sulle spoglie del valutazione critica sul grado di verosimiglianza
Santo, effettuata da san Bonaventura nel dei ritratti ed una modellazione tridimensionale
1262. La FFR di sant’Antonio rappresenta dei lineamenti del volto basata sulle fonti
inoltre un caso in cui la fase di calibrazione ha ritenute attendibili.
potuto disporre di ottimi dati, portando ad una
correzione del primo modello ricostruttivo,
di corporatura normale, con un modello Una caso particolare: le ricostruzioni
corpulento, sulla scorta degli studi medici paleoartistiche
(Fornaciari et al.,1981), che hanno riscontrato
un rigonfiamento diffuso in tutto il corpo a Se sin qui si è parlato di FFR propriamente
causa di una forma di edema. Questo modello detta, bisogna però sottolineare che
calibrato si è dimostrato più aderente alla nell’ambito della mostra Imago animi un’intera
tradizione storica del sant’Antonio corpulentus, sezione (la prima) è corredata da ventidue
più attendibile rispetto a quella posteriore illustrazioni derivanti da un tipo di ricostruzione

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facciale molto particolare, ovvero quella ventidue ricostruzioni di ominidi, ad un certo
paleoartistica. Si tratta di opere ereditate punto si è deciso di cambiare tecnica: si è
perlopiù dalla mostra padovana Facce. I passati ad utilizzare la TAC tridimensionale
molti volti della storia umana e relative ai vari della testa di uno scimpanzé (il primate
passaggi evolutivi della famiglia degli ominidi vivente più vicino all’uomo, con circa il 98%
(soprattutto ai rami che hanno condotto alle di geni in comune) per modellarla, tramite una
forme moderne di uomo, scimpanzé e gorilla). tecnica di deformazione anatomica coerente,
In ogni caso queste ricostruzioni riguardano direttamente sul 3D del fossile di riferimento.
soggetti di specie non più viventi e non Questa trasformazione, impostata sul cranio,
possono essere perciò eseguite con le normali si trasmetteva in maniera omogenea anche
tecniche di FFR, soprattutto per la mancanza ai tessuti muscolari ed epiteliali della TAC,
di indicatori dei tessuti molli (derivanti da producendo una ricostruzione dai risultati
osservazioni statistiche su individui vivi o indiscutibilmente migliori rispetto a quanto
morti, ma comunque ancora in possesso raggiunto con la tecnica tradizionale. Inoltre
del tessuto muscolare e di quello epiteliale). la nuova metodologia si prestava ad una,
Per questo motivo, tali ricostruzioni facciali seppur indiretta, forma di validazione,
vengono di norma confinate nell’ambito assolutamente impossibile in precedenza. Se,
delle ricostruzioni definite paleoartistiche, infatti, non si poteva verificare l’attendibilità
ovvero quelle che si occupano di restituire di una ricostruzione tramite deformazione
l’aspetto di specie non più viventi, in genere anatomica coerente su ominidi ormai estinti,
note all’uomo solo attraverso resti scheletri nulla impediva di verificare la tecnica con
fossilizzati (come i dinosauri o appunto gli due primati viventi. La prima validazione
ominidi antichi). è stata così eseguita trasformando la TAC
Le ricostruzioni degli ominidi esposte in mostra di uno scimpanzé in un modello di gorilla,
derivano da una nuova metodologia che mira comparando poi quest’ultimo con una TAC
a ridurre l’approccio artistico, aumentando di un individuo della stessa specie. I risultati
nel contempo il peso della componente sono stati assolutamente positivi, con un
scientifica, anche attraverso l’introduzione di altissimo grado di sovrapposizione tra il
un innovativo metodo di verifica indiretta. Per modello ricostruito e la TAC, ove le principali
comprendere meglio questa tecnica, bisogna differenze si concentravano praticamente
ripercorrerne brevemente l’evoluzione. I solo sui padiglioni auricolari (piccoli nel gorilla
metodi tradizionali per le ricostruzioni facciali e molto grandi nello scimpanzé). Si trattava
paleoartistiche di ominidi prevedono in dunque di differenze afferibili ad una parte
genere uno studio comparato dell’anatomia anatomica che anche nelle FFR dell’uomo
del volto dei primati viventi per poi riprodurre moderno è sempre riprodotta arbitrariamente,
artisticamente, spesso tramite immagini essendo morfologicamente unica per ogni
bidimensionali, la muscolatura e la pelle dei individuo (come le impronte digitali) e non
nostri antenati (partendo da fotografie dei lasciando tracce sul cranio.
fossili di riferimento). Una tecnica simile è
stata adottata dal team della mostra Facce per
una prima ricostruzione del famoso “Bambino
di Taung”, un fossile di Australopithecus
africanus rinvenuto in Sudafrica (Bezzi et
al., 2016/A). Per questo lavoro si è partiti
da una scansione 3D di un calco del fossile
per arrivare ad un modello digitale in tre
dimensioni. Dovendo però lavorare su

15
Bibliografia De Greef S., Claes P., Vandermeulen
D., Mollemans W., Suetens P., Willems
Bezzi A., Bezzi L., Moraes C., Carrara N., G., 2006. Large-scale in-vivo Caucasian
Tiziani M., 2016 /A. Analisi di uno studio Open facial soft tissue thickness database for
Source: il Taung Project. In: ARCHEOFOSS. craniofacial reconstruction. Forensic Science
Free, Libre and Open Source Software International, vol. 159, Supplement.
e Open Format nei processi di ricerca
archeologica, VIII edizione, Catania 2013. Fornaciari G., Mallegni F., Ragaglini G., 1981.
Oxford, Archeopress. Determinazione dell’età della morte e analisi
di alcuni quadri radiologici relativi a segmenti
Bezzi A., Bezzi L., Moraes C., Carrara N., ossei di S. Antonio di Padova. Il Santo. Rivista
Pievani T., Tiziani M., 2016/B. FACCE. I francescana di storia, dottrina e arte. Padova,
molti volti della storia umana. Una mostra Associazione Centro Studi Antoniani, rivista
open source. In: ARCHEOFOSS. Free, Libre XXI, fasc. 2.
and Open Source Software e Open Format
nei processi di ricerca archeologica, IX Lebedinskaya G., 1998. Rekonstrukcija Lica
edizione, Verona 2014. Firenze, Archeologia po Cherepu. Moskva, Staryj Sad.
e Calcolatori, Supplemento 8.
Wilkinson C., 2004. Forensic Facial
Cremesini R., 1981. Relazione tecnica Reconstruction. Cambridge, Cambridge
riguardante il procedimento utilizzato per University Press.
l’impronta del teschio e mandibola di S.
Antonio. Il Santo. Rivista francescana di
storia, dottrina e arte. Padova, Associazione
Centro Studi Antoniani, rivista XXI, fasc. 2.

16
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Petrarca; 2015
Computer graphic
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

17
GUARDIAMO
IN FACCIA
LA DIVERSITÀ
UMANA

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Evoluzione umana: una foto di famiglia
Nicola Carrara – Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova

Uno dei più celebri incipit letterari è quello de di Homo, tra cui i Neanderthal in Eurasia.
La scimmia nuda di Desmond Morris. Così Queste specie prosperarono per centinaia
scrisse lo zoologo ed etologo britannico nel di migliaia di anni, finché una nuova specie
1967: «Esistono centonovantatré specie proveniente dall’Africa cominciò a diffondersi
viventi di scimmie con coda e senza coda; in tutto il mondo. Molto più intelligente, armato
di queste, centonovantadue sono coperte del linguaggio e di tecnologie avanzate, Homo
di pelo. L’eccezione è costituita da uno sapiens prese d’assalto il mondo e con la
scimmione nudo che si è auto-chiamato sua ascesa portò all’estinzione i Neanderthal
Homo sapiens». e altre forme arcaiche. Non ci furono
Se facciamo una cosa simile e guardiamo le incroci, nessun ibrido che trasmettesse alle
ventidue ricostruzioni dei visi dei principali generazioni successive i geni neandertaliani,
fossili legati all’evoluzione umana, abbiamo ma una sostituzione completa del vecchio
sicuramente molte più difficoltà nel ritrovarci: con il nuovo; nel migliore dei casi questa
vedremo degli scimmioni e degli uomini sostituzione avvenne con la vittoria dei
selvaggi, ma non sarebbe assolutamente facile sapiens nella competizione con gli ominini
individuare il viso del primo rappresentante incontrati durante la diffusione fuori dall’Africa,
del genere Homo o individuare chi sia (o chi nel peggiore dei casi con il loro sterminio.
siano) gli Homo sapiens. La scimmia nuda Arrivati a 30mila anni fa, la nostra era orami
emerge bene se la cerchiamo tra i primati l’ultima specie di ominini rimasta sul pianeta.
attuali, ma l’operazione è decisamente più Questo modello di evoluzione è
complicata se entrano in gioco i nostri antenati iconograficamente ben rappresentato dalla
estinti. celebre immagine della cosiddetta “corsa
Quando ero studente e frequentavo il corso dell’umanità” che ancora compare in tanti
di Paleontologia umana all’università sul finire testi scolastici: la “corsa” vede lo scimpanzé
degli anni ‘90, sembrava avessimo un’idea che si alza su due gambe divenendo
piuttosto precisa della nostra evoluzione. I un australopiteco, per poi costruirsi uno
resti fossili di esseri umani erano abbastanza strumento in pietra e diventare Homo e così,
abbondanti soprattutto rispetto a quelli, allora via via, fino a giungere a noi, Homo sapiens,
inesistenti, dei nostri parenti viventi ovvero i vincitori biologici di questa gara, nonché gli
le grandi scimmie africane. Inoltre, gli scarsi scrittori di questa storia.
dati genetici sembravano corroborare la A partire dagli anni Duemila, però, le analisi
storia dei fossili. In breve, l’idea era che i molecolari e le nuove scoperte di fossili hanno
primissimi ominini (il gruppo che comprende fatto saltare completamente il modello che
i moderni esseri umani e i loro parenti estinti) prevedeva un’evoluzione sostanzialmente
fossero comparsi in Africa Orientale intorno lineare, con una specie “più evoluta” che
ai 4,4 milioni di anni fa, seguiti dal nostro segue quella “meno evoluta”, indicando
genere, Homo, poco più di 2 milioni di anni che la storia dell’evoluzione umana è più
fa. Per un altro milione di anni circa gli ominini complessa e interessante. È il modello del
non lasciarono il continente africano, poi cespuglio proposto da Charles Darwin che
cominciarono a infiltrarsi in altre aree del permette di interpretare al meglio tutti questi
Vecchio Mondo. Via via che si insediavano nuovi dati: in esso, tutte le specie oggi
in questi luoghi, emersero nuove specie viventi si trovano sulla superficie esterna e

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tutte quelle oramai estinte sono situate più afarensis), se non fosse che la presenza
vicino al tronco. Questa (ri)scoperta della di lobi frontali sviluppati permettono di
struttura a cespuglio della nostra evoluzione associare a questo ominino un’industria litica
non dovrebbe essere poi così sorprendente, abbastanza raffinata, rinvenuta assieme ai
poiché era ampiamente accettata per fossili; inoltre, altri dati rendono plausibile che
altri gruppi di organismi e anche per molti utilizzasse il fuoco e che cacciasse animali
gruppi di mammiferi era nota l’esistenza in di grossa taglia. Il caso “floresiensis” apre lo
contemporanea di varie specie imparentate. scenario di un’uscita africana precedente alla
Quindi perché gli ominini avrebbero dovuto comparsa del genere Homo, oppure, ipotesi
avere un’evoluzione diversa? più accreditata, è che esso rappresenti il
Vediamo di riassumere i punti salienti delle primo caso di nanismo insulare nel nostro
scoperte che, negli ultimi vent’anni, hanno cespuglio evolutivo, fenomeno comunque
rivoluzionato la paleoantropologia. Una delle ben documentato in altri mammiferi come, ad
scoperte più importanti in questa direzione è esempio, gli elefanti nani ritrovati in Sicilia.
stata quella del Sahelanthropus tchadensis, La recentissima scoperta di Homo naledi
pubblicata nel 2002. Questi fossili sono stati nel 2015 aggiunge un altro tassello al
rinvenuti nel deserto del Djurab, nel Ciad ricco mosaico che descrive l’evoluzione
settentrionale e risalgono a 7 milioni di anni umana. Ritrovato in Sudafrica, vicino a
fa. Con un solo colpo, il ritrovamento del Johannesburg nel sito noto come “Cradle of
Sahelanthropus retrodata di oltre due milioni Humankind” – la culla dell’umanità – il fossile,
di anni la comparsa degli ominini e solleva rappresentato da una quindicina di individui,
la possibilità che essi non siano emersi è stato a lungo oggetto di dibattito per la sua
dall’Africa Orientale, ma più a ovest. Un altro collocazione nel cespuglio umano in quanto
cardine della vecchia concezione riguardante presenta caratteristiche che ricordano sia
l’evoluzione umana salta con la scoperta di le australopitecine (per le ridotte dimensioni
Homo georgicus, una serie di fossili ritrovati endocraniali) che le prime specie del genere
nei pressi di Dmanisi, in Georgia, a partire Homo (per la forma del cranio e dei denti). La
dal 1999. Questi reperti datano intorno a 1,8 datazione lo colloca tra i 335mila e i 236mila
milioni di anni fa e dimostrano che gli ominini anni fa e, sebbene non sia da considerare
cominciarono a spingersi fuori dall’Africa un nostro diretto antenato, contribuisce ad
centinaia di migliaia di anni prima rispetto a arricchire la numerosità e la variabilità interna
quanto si immaginasse inizialmente, molto al gruppo degli ominini.
prima che Homo sviluppasse le gambe lunghe, In questo fermento di scoperte dell’ultimo
il cervello più grande e i sofisticati strumenti ventennio anche la nostra specie, Homo
che si riteneva avessero stimolato la sua sapiens, ne esce ridimensionata, tanto da
espansione. Sempre nel solco della sorpresa non poter più essere considerata un successo
è stato il rinvenimento nel 2003 di Homo evolutivo clamoroso capace di dominare il
floresiensis, sia per il luogo di ritrovamento mondo. Anzi, in base ad alcune evidenze
che per la datazione. I fossili di questa specie genetiche, rischiò di estinguersi quasi subito
(una decina di individui) sono stati scoperti dopo la comparsa a causa dei cambiamenti
in una caverna della località di Liang Bua – climatici. Anche il divario cognitivo tra
sull’Isola di Flores in Indonesia – e datano tra i l’uomo moderno e le specie umane arcaiche
95mila e i 13mila anni. Come se non bastasse, è assai meno profondo di quello che si
il corpo e il cervello straordinariamente piccoli pensasse in passato. Le scoperte di attrezzi
di Homo floresiensis – il suo nomignolo è sofisticati rivelano, infatti, che la tecnologia
lo hobbit – lo rendono interessante perché neandertaliana era molto più avanzata di
potrebbe somigliare a Lucy (Australopithecus quanto si immaginasse. Inoltre, le prove che

20
i Neanderthal si decorassero con pitture, faremo fatica a capire chi è per noi il nonno,
gioielli e piume e che realizzassero strumenti piuttosto che il cugino o il parente alla lontana.
musicali dimostrano che le loro società Il cespuglio si allargherà e renderà ancora più
erano ricche di espressioni simboliche, un affascinante comprendere e raccontare le
tempo ritenute esclusive di Homo sapiens. nostre origini.
L’idea che gli uomini di Neanderthal fossero Per approfondire si consiglia la lettura di “Homo
semplicemente degli stupidi cavernicoli è, sapiens. Le nuove storie dell’evoluzione
dunque, sbagliata. umana” (Pievani, 2016)
Gli elementi comuni a sapiens e neandertaliani
non si limitano solo ad aspetti culturali. Gli Bibliografia
studi genetici hanno dimostrato che tra i due Pievani T., 2016. Homo sapiens. Le nuove
gruppi ci sono stati incroci così tanto frequenti storie dell’evoluzione umana. Novara, Libreria
che oggi il genoma della popolazione non geografica.
africana comprende fino al 3 per cento di geni
neandertaliani. Considerando che persone
diverse presentano parti altrettanto diverse
del DNA dei Neanderthal, il totale del loro
materiale genetico tramandato all’umanità
moderna potrebbe raggiungere almeno il 20
per cento.
Sempre dalla genetica viene un’altra
importante scoperta. Il DNA recuperato da
una falange ritrovata in una grotta in Siberia e
datata intorno ai 40mila anni fa, fa avanzare
l’ipotesi che agli umani arcaici vada aggiunto
un altro gruppo: l’uomo di Denisova, le cui
tracce genetiche si possono ritrovare sia nei
neandertaliani che nella nostra specie.
Come guardare, dunque, la foto di famiglia di
questi ominini di cui abbiamo ricostruito i visi? H. sapiens (Cro-magnon)
Sicuramente con gli occhi della provvisorietà:
la foto di quest’anno sarà sicuramente
diversa da quella che potremmo presentare
fra cinque o dieci anni, perché nuove specie
di ominini saranno scoperte. Probabilmente
si arricchirà anche quella parte di cespuglio
che data oltre i 4 milioni di anni, perché finora
gli scienziati non hanno dedicato altrettanto
tempo o impegno alla ricerca degli ominini più
antichi. Una stima ottimistica calcola che solo
il 3 per cento della superficie dell’Africa sia
stata investigata: è difficile che un campione
geografico così piccolo sia riuscito a catturare
le prove di tutte le specie di ominini arcaici
che sono vissute sul continente.
Fra cinque o dieci anni vedremo nuovi visi
di scimmioni e di uomini selvaggi e ancora H. sapiens idaltu

21
Albero filogenetico dei principali ominini fossili

22
23
UNA FACCIA,
UNA RAZZA?
NON
PROPRIO
Lidio Cipriani: l’antropologo al servizio del Fascismo

Eleonora Tacchetto - Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova

Tra la seconda metà del XIX secolo e gli inizi Dopo la laurea, per perfezionare i suoi studi,
del XX secolo le ricerche degli antropologi si recò all’estero: prima presso il Museo
avevano portato alla messa a punto di di Storia Naturale di Parigi e in seguito in
standard metodologici per lo studio della Inghilterra presso il College of Surgeons e
variabilità umana, basati essenzialmente su l’University College di Londra. Nel 1926, al
dati morfologici e morfometrici. suo ritorno in Italia, ottenne la libera docenza
In Italia il periodo storico compreso fra le in Antropologia e iniziò a prestare servizio
due guerre fu cruciale nello sviluppo delle presso il Museo Nazionale di Antropologia ed
discipline antropologiche, per il legame che Etnografia di Firenze.
esse intrecciarono con l’ideologia razzista Il Museo era stato fondato nel 1869
del regime fascista. In questo contesto, una dall’antropologo Paolo Mantegazza con
delle figure di antropologo che maggiormente l’intento di raccogliere le testimonianze della
testimonia questo tipo di rapporto è quella diversità umana. Mantegazza fu tra i primi a
del fiorentino Lidio Cipriani. Antropologo, incentivare la raccolta e la documentazione
etnografo, appassionato viaggiatore ed sistematica di oggetti etnografici e
esploratore, egli fu allievo di Aldobrandino antropologici per arricchire le collezioni del
Mochi e per un breve periodo ricoprì la Museo. In questo contesto va collocata anche
carica di Direttore del Museo Nazionale di l’attività scientifica e di studio di Lidio Cipriani.
Antropologia ed Etnografia di Firenze. Nel marzo del 1927 Cipriani ebbe la possibilità
Quella di Cipriani è una figura ancora oggi di compiere un viaggio in Africa al seguito
molto discussa e controversa: convinto della spedizione del Comandante Attilio
sostenitore dell’inferiorità del popolo africano, Gatti di Milano. Per l’antropologo questo fu
il suo nome compare tra i firmatari del il primo di una lunga serie di viaggi, che lo
Manifesto degli scienziati razzisti, uscito in portarono a conoscere e studiare buona parte
Italia nel 1938. del continente africano (Moggi-Cecchi, 1990).
Laureatosi nel 1923 in Scienze Naturali Con questa prima spedizione, Cipriani si recò
con una tesi in Antropologia, la sua carriera nello Zululand (attuale Natal della Repubblica
accademica e quella scientifica iniziarono Sudafricana) dove poté mettere in pratica
parallelamente alle vicende politiche quanto acquisito nei suoi studi fiorentini:
dell’epoca. Già alla fine degli anni Venti il raccolse rilevazioni antropometriche, scattò
percorso teorico di Cipriani fu finalizzato quasi 2000 fotografie e realizzò 76 calchi
a legittimare su base scientifica la politica facciali policromi in gesso su vivente.
coloniale del governo italiano. In molti articoli La tecnica del calco facciale rappresentò
pubblicati a partire dal 1936, espose le sue per gli antropologi di fine Ottocento e
convinzioni razziste, maturate nel corso dei fino agli anni ’30 del secolo scorso un
suoi studi sulle popolazioni africane. Egli metodo per documentare accuratamente le
sosteneva la necessità da parte delle nazioni caratteristiche fisionomiche delle popolazioni
europee di sfruttare le risorse naturali dei umane. Accanto alla fotografia “scientifica”, i
paesi colonizzati e contribuì ad appoggiare calchi facciali permettevano di analizzare “dal
l’azione politica del regime fascista, impegnato vero” gli aspetti fisici degli uomini per poterli
nella campagna militare per la conquista collocare secondo la gerarchia generale delle
dell’Etiopia (Cassata, 2008). razze umane dell’epoca.

25
La tecnica si era tramandata tra i vari studiosi Dauda nel territorio del Fezzan (Libia). Dal
del Museo di Antropologia, da Elio Modigliani punto di vista antropologico queste missioni
a Nello Puccioni, stretto collaboratore di furono molto proficue: Cipriani portò in patria
Cipriani e in seguito direttore del Museo migliaia di fotografie, 40 casse di materiale
fiorentino (Puccini, 1988). La realizzazione paleoantropologico, resti scheletrici umani,
delle maschere era piuttosto semplice: campioni botanici e zoologici e ulteriori calchi
dopo aver fatto sdraiare a terra il soggetto, facciali (Moggi-Cecchi, 1990).
si procedeva alla colata in gesso sul volto. Nel 1936 venne incaricato dalla Reale
In questo modo si otteneva una matrice Accademia Italiana di seguire la missione
da cui si potevano ricavare copie, che del geografo Giotto Dainelli in Etiopia per
venivano successivamente dipinte. Il colore studiarne il vasto territorio e vi ritornò a più
dell’incarnato veniva attribuito seguendo le riprese tra il 1938 e il 1939. Queste missioni
categorie della tavoletta dei colori della pelle ebbero una forte risonanza, proprio perché
di Von Luchan. legate alla volontà di propaganda coloniale
Tra il 1928 e il 1930 Cipriani compì altri due del regime fascista. In quegli stessi anni,
viaggi in Africa, nel corso dei quali si dedicò altri paesi coloniali europei attuavano simili
allo studio delle popolazioni Batonga e Baila attività propagandistiche, come ad esempio
e compì importanti indagini sulle popolazioni la grande Exposition Coloniale Internationale
di Boscimani presenti ai margini del deserto di Parigi del 1931, la più imponente fra le
di Kalahari. L’enorme quantità di materiale esposizioni coloniali organizzate fino ad allora
raccolto nel corso di queste missioni venne in Europa. Tra gli obbiettivi dell’Exposition
donata al Museo fiorentino di Antropologia Coloniale vi era quello di istruire ed educare
e le impressioni riportate dall’antropologo il pubblico sui valori della grande missione
furono raccolte nel libro In Africa dal Capo al scientifica coloniale in Africa. Attraverso un
Cairo, edito nel 1932. sapiente uso pedagogico e didattico delle
In quello stesso anno avveniva un fatto immagini, gli organizzatori dell’esposizione
importante per la carriera di Cipriani. Il divulgarono le teorie razziste contemporanee
30 aprile, alla presenza del Re Vittorio degli scienziati (Van Alfen, 2013). Lo stesso
Emanuele III, venne inaugurato il nuovo intento pedagogico lo ritroviamo nell’attività
allestimento del Museo di Antropologia di degli studiosi che lavorarono in quegli anni per
Firenze, curato dallo stesso Cipriani e dal il Museo fiorentino e nella musealizzazione
collega Puccioni. L’obbiettivo di questo delle loro raccolte. Proprio per la loro valenza
lavoro di musealizzazione delle raccolte fu didattica, nel 1936 il Museo di Antropologia
quello di rendere «Firenze centro e base dell’Università di Padova acquistò da
della riaffermazione di tutti i valori spirituali Cipriani più di cento calchi facciali e 40 ritratti
e intellettuali» del Fascismo. (Moggi-Cecchi fotografici, grazie all’interesse dell’allora
e Stanyon, 2014). La presenza del Re alla direttore Raffaello Battaglia (Alciati et al.,
cerimonia dimostrò la volontà del governo 1996). La donazione costituisce attualmente
fascista di partecipare alla vita scientifica e la “Collezione Cipriani” del Museo.
culturale del Museo, nell’intento di coinvolgere Nel 1938 Cipriani fu invitato a far parte della
gli scienziati italiani nel progetto di dimostrare redazione della Difesa della razza dove
la superiorità biologica e culturale della “razza avrebbe curato una sezione interamente
italiana”. A tale scopo, il governo italiano dedicata ai suoi studi e ai suoi ritratti fotografici
iniziò a finanziare le attività di ricerca degli (Cassata, 2008). Tra l’immenso materiale
antropologi, attraverso enti e istituzioni. iconografico selezionato per la pubblicazione,
Tra il 1932 e il 1933 Cipriani venne incaricato lo studioso previlegiò quelle fotografie dove i
di studiare le popolazioni Tuareg, Tebu e somatotipi erano ben evidenti, cioè i tradizionali

26
ritratti con soggetti ripresi di fronte e di profilo. Cipriani L., 1938. Razze africane e civiltà
In questo modo essi dovevano trasmettere dell’Europa. Roma, Reale accademia d’Italia.
al lettore un’immagine dell’altro ben definita,
proprio come le maschere immobilizzavano la Labanca N., 1992. L’Africa in vetrina. Storie
nozione di razza, fissandone gli stereotipi in di musei e di esposizioni coloniali in Italia.
un prodotto visibile a tutti. Paese (Tv), Pagus edizioni.

Maiocchi R., 1999. Scienza italiana e razzismo


Bibliografia fascista. Firenze, La Nuova Italia.

Alciati G., Capitanio M., Tommaseo Ponzetta Moggi-Cecchi J., 1990. La vita e l’opera
M., 1996. Il Museo di Antropologia ed scientifica di Lidio Cipriani. AFT. Rivista di
Etnografia. In: Università di Padova - i musei, Storia e Fotografia, 11: 11-18.
le collezioni scientifiche e le sezioni antiche
delle biblioteche, a cura di Gregolin C. Dosson Moggi-Cecchi J., Stanyon R., 2014. Il Museo
(Tv), Grafiche Zoppelli: 89-99. di Storia Naturale dell’Università degli Studi di
Firenze. Firenze, University Press.
Cassata F., 2008. “La Difesa della razza”.
Politica, ideologia, e immagine del razzismo Puccini S., 1988. Elio Modigliani. Esplorare,
fascista. Torino, Einaudi. osservare, raccogliere nell’esperienza di
un etnografo dell’Ottocento. La Ricerca
Chiarelli B., Chiarelli C., Chiozzi P., 1996. Folklorica, 18: 25-40.
Etnie. La scuola antropologica fiorentina e
la fotografia fra Otto e Novecento. Firenze, Scaggion C., Carrara N., 2015. La collezione
Alinari. dei calchi facciali “Lidio Cipriani” del Museo
di Antropologia dell’Università di Padova:
Chiozzi P., 1994. Autoritratto del razzismo: dal restauro alla valorizzazione. Museologia
le fotografie antropologiche di Lidio Cipriani. scientifica, 9: 77-82.
In: La menzogna della razza. Documenti e
immagini del razzismo e dell’antisemitismo Van Alfen P., 2013. “Head Hunting”: Emile
fascista, a cura del Centro Furio Jesi. Bologna, Monier, Malvina Hoffman and the rhetoric of
Grafis: 91-94. race at the 1931 Exposition Coloniale, Paris.
ANS Magazine, 12.4.: 35-53.
Cipriani L., 1932. In Africa dal Capo al Cairo.
Firenze, Bemporad. Volpone A., Destro Bisol G., 2011. Se vi
son donne di genio. Appunti di viaggio
Cipriani L., 1936. Un assurdo etnico: l’Impero nell’Antropologia dall’Unità d’Italia a oggi.
Etiopico. Firenze, Bemporad. Roma, Casa Editrice Università La Sapienza.

Lidio Cipriani
Calchi facciali (part.), 1927 - 1930
gesso policromo, ciascuno 25x25x15 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

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La rappresentazione dell’alterità africana negli anni fra le due
guerre
Giuliana Tomasella – Dipartimento dei Beni Culturali, Università di Padova

La storia coloniale italiana ebbe inizio negli propagando, rendendo infine familiari al
anni Ottanta del XIX secolo e si concluse pubblico l’Africa e gli africani.
con la seconda guerra mondiale. Cominciata Nel corso del tempo gli stili cambiarono, il
in maniera casuale e continuata all’insegna linguaggio si fece più sobrio, essenziale,
della disorganizzazione, di una sostanziale perfino antiretorico, ma gli stereotipi
ignoranza geografica e di una colpevole resistettero, magari camuffati. Ciò che in
incuranza nei riguardi di storia, costumi precedenza si affollava in singole opere –
e politica delle popolazioni africane, la quasi Wunderkammern del mondo esotico
conquista italiana procedette fra avanzamenti, nel suo complesso – venne via via diluito e
arretramenti e riprese, fino a includere parcellizzato nei frammenti che andavano
l’Eritrea, la Somalia, la Libia e infine – nel a comporre l’immagine complessiva
1935-1936, con il fascismo – l’Etiopia1. dell’oltremare. Mano a mano che il dominio
Pur non mancando elementi di continuità con la si consolidava, la conoscenza dell’Africa
condotta dei governi liberali, il fascismo attribuì si approfondiva e – sia pure a un livello
senz’altro maggiore rilevanza alla politica superficiale – si diffondeva, alla “favola” si
coloniale, che divenne un fine in sé, centrale sostituì una “verità” che non veniva restituita
nella mitologia di Roma imperiale recuperata compiutamente dal contributo specifico,
dal regime. Di conseguenza, considerevole ma dal sistema che lo sosteneva e che gli
fu l’impegno profuso per sostenere a livello dava senso e significato, immettendolo in
propagandistico le campagne d’oltremare e un preciso contesto politico. Fu una sorta
per creare una cultura coloniale, e molteplici di prisma dell’Africa quello che scaturì dalle
furono gli strumenti attraverso i quali il diverse tipologie della produzione iconica
fascismo tentò di promuovere e rendere che si incaricarono di informare gli italiani
popolare l’avventura africana: dal battage circa i domini oltremare e di formare la loro
sulla stampa quotidiana e periodica alla coscienza coloniale.
fondazione di riviste di settore, dall’istituzione Troviamo innumerevoli tipologie di
di enti culturali all’organizzazione di rappresentazione: opere di stampo orientalista,
congressi, dalla promozione dell’editoria che ibridano i nuovi temi e personaggi con la
di viaggio alla progettazione di specifici lunga tradizione figurativa legata a un non
settori coloniali all’interno delle numerose meglio definito “Oriente”, che talvolta sconfina
esposizioni nazionali e internazionali. Una disinvoltamente nel continente africano;
massiccia produzione di immagini investì ritratti e paesaggi che ambiscono invece a
trasversalmente i diversi settori, divulgando, raffigurare fedelmente, secondo una moderna
1 Per una ricostruzione d’insieme cfr. A. Del Boca, Gli
esigenza di documentazione oggettiva, le
italiani in Africa Orientale, 4 voll., Roma-Bari, Laterza, terre d’oltremare e i loro abitanti; vignette che
1976-1984; A. Del Boca, Gli italiani in Libia, 2 voll., Roma- più o meno paternalisticamente ritraggono
Bari, Laterza, 1986-1988; N. Labanca, Oltremare: storia i rapporti fra conquistatori e conquistati;
dell’espansione coloniale italiana, Bologna 2002 (con
ampia e ragionata bibliografia); G. Carocci, La politica
fotomontaggi creati ad arte per fomentare
estera dell’Italia fascista (1925-1928), Bari, Laterza, una campagna di odio razziale e di rifiuto del
1969; Le guerre coloniali del fascismo, a cura di A. Del meticciato, che trovano la loro collocazione
Boca, Bari, Laterza, 2008 [1991]; E. Collotti, Fascismo e ideale in periodici come La Difesa della
politica di potenza. Politica estera 1922-1939, Firenze, La
Nuova Italia, 2000.
razza. Nel corso degli anni Trenta, infatti, era

28
intervenuta una serie di iniziative legislative a
sfondo razziale che miravano a separare gli
italiani dai sudditi africani, erigendo barriere
a difesa di una presunta purezza della stirpe.
Nel luglio del 1933 vennero poste limitazioni
al riconoscimento della cittadinanza a figli
meticci nati da un genitore di “razza bianca”;
il 1° giugno 1936 il regio decreto legge 1019
dispose il divieto totale di concessione della
cittadinanza italiana ai meticci figli di genitori
ignoti; il decreto legge n. 880 del 19 aprile
1937 punì con la reclusione fino a cinque
anni “la relazione d’indole coniugale con
persona suddita”, condannando il cosiddetto
madamato, cioè la relazione temporanea
more uxorio tra un cittadino italiano e una
donna nativa delle terre colonizzate; nel 1938
vennero vietati i matrimoni fra “italiani ariani”
e semiti o camiti; la legge 822 del 13 maggio
1940 contro il meticciato proibì ai genitori Gaetano Bocchetti, Il mio Mahmet (da II Mostra
italiani di riconoscere i figli nati da donne Internazionale d’Arte Coloniale, Napoli 1934-1935,
indigene. Catalogo, Roma, Fratelli Palombi, 1934).
Le immagini accompagnarono – e talora
favorirono – questa deriva razzistica, anche illustrazione dell’Africa doveva promuovere
se pittori e scultori, le cui opere affollavano agli occhi degli italiani le imprese d’oltremare,
le esposizioni di arte coloniale, si tennero mostrare la bellezza del paesaggio e ritrarre
in genere lontani da una produzione i nuovi sudditi2. Di questi ultimi, lontano
propagandistica in senso stretto, delegata ormai – o volutamente rimosso – il ricordo
all’ambito dell’illustrazione di massa: vignette della sconfitta di Adua del 1896, si mostrava
satiriche, copertine di quaderno, stampe, un volto rassicurante, rappresentandoli
cartoline postali, oltre naturalmente alle nella vita quotidiana, intenti alle modeste
fotografie. e pacifiche mansioni caratteristiche di
Un esempio particolarmente significativo, in popolazioni arretrate e bisognose dell’opera
tal senso, è costituito dal dipinto Il mio Mahmet civilizzatrice dell’Italia. Rispetto alla tradizione
di Gaetano Bocchetti, esposto alla Seconda orientalista, che faceva ampio ricorso a una
Mostra Internazionale d’Arte Coloniale serie di stereotipi comprendenti, per esempio,
di Napoli del 1934. Il quadro si inserisce cammelli, palmizi, harem, tappeti multicolori,
perfettamente in quella che era la moderna archi ogivali, donne discinte, scene di
corrente dell’arte coloniale, caratterizzata mercato, ciò che Bocchetti ci propone risulta
dall’esigenza del superamento dei vecchi particolarmente sobrio e apparentemente
clichés della pittura orientalista, nella neutro. Egli evita accuratamente qualunque
direzione di una conoscenza oggettiva delle elemento convenzionale, scegliendo di
colonie, maturata attraverso un’esperienza ritrarre, seduto all’ombra, un giovane
vissuta. Coloni o militi dell’arte, gli artisti
furono chiamati a un impegno preciso, a 2 Per un approfondimento relativo al ruolo dell’arte
nella costruzione dell’immaginario coloniale, mi permetto
fare da intermediari – attraverso l’immagine di rimandare a G. Tomasella, Esporre l’Italia coloniale.
– con il resto della popolazione: la loro Interpretazioni dell’alterità, Padova, Il Poligrafo, 2017.

29
la lezione. Il già chiarissimo messaggio visivo
viene ulteriormente rafforzato dalle parole che
lo accompagnano: «Sotto lo sguardo vigile ed
un pochin severo, studia il sillabario un bimbo
dell’Impero». L’immagine, nella sua icasticità,
condensa diversi significati: la superiorità
razziale e culturale dei bianchi, il bisogno
degli africani di essere istruiti, la funzione
“civilizzatrice” della presenza italiana nelle
terre d’oltremare. Gli esempi di questo tipo
di illustrazioni, su quaderni, libri, romanzi,
giornalini per l’infanzia, sono innumerevoli
e testimoniano con efficacia l’attenzione del
regime nei confronti di una sistematica e
pervasiva – anche se edulcorata - educazione
al razzismo fin dai primi anni scolari.
Di tutt’altro segno sono le immagini pubblicate
da una delle più tristemente famose riviste
di epoca fascista, la famigerata Difesa della
razza, diretta da Telesio Interlandi e pubblicata
fra il 1938 e il 19433. Alla violenta campagna
razzista ospitata dal periodico – dichiarata
Quaderno di Gianalberto Mantovanelli, esercizi di fin dal titolo – cooperarono efficacemente
grammatica, fronte: «Sotto lo sguardo vigile ed un anche le immagini, facendo leva su paure e
pochin severo, studia il sillabario un bimbo dell’im- pregiudizi del pubblico e fomentando l’odio
pero»; Edizioni UVQ. Seconda metà degli anni razziale contro gli ebrei e contro le popolazioni
Trenta del XX sec., Archivio Storico INDIRE, Fon- non bianche. Ne è una testimonianza efficace
do Materiali Scolastici, Quaderni, I.608.
la copertina del numero del 5 aprile 1939
in cui viene utilizzato l’episodio dell’Antico
lavoratore africano, il cui profilo spicca Testamento di Susanna e i vecchioni,
a contrasto nella forte luce meridiana; è ricorrente nella tradizione della pittura italiana
delegato al titolo l’incarico di immettere lo (ed europea in genere). Nel racconto biblico
spettatore in un contesto ideologicamente la giovane Susanna, donna fedele e pia, viene
connotato: il mio Mahmet. In quell’aggettivo concupita da due vecchi che frequentano
possessivo si condensa la natura gerarchica la casa di suo marito e riescono a introdursi
e paternalistica del rapporto, da padrone nel suo giardino sorprendendola mentre fa il
a servo, da colonizzatore a fedele suddito. bagno. Al rifiuto di Susanna di concedersi a
Molto più esplicito è invece il messaggio loro, essi l’accusano di adulterio, affermando
della copertina del quaderno scolastico – di averla vista con un giovane amante. Solo
databile alla seconda metà degli anni Trenta l’intervento del profeta Daniele la salva dalla
– che raffigura una bambina italiana intenta condanna alla lapidazione. Nella copertina
a istruire un suo coetaneo africano; come
è tipico di moltissime vignette e fotografie, 3 Sul periodico si vedano: V. Pisanty, La difesa della
la bambina bianca è collocata in posizione razza, Milano, Bompiani 2006; M. Loré, Antisemitismo
dominante, mentre il bimbo nero sta in basso, e razzismo ne «La difesa della razza» (1938-1943),
Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2008; F. Cassata,
a rimarcarne l’inferiorità anche intellettuale, «La Difesa della razza» Politica, ideologia e immagine
sottolineata dalla palese fatica con cui segue del razzismo fascista, Torino, Einaudi, 2008.

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della Difesa della Razza il ruolo dei vecchioni nostro Paese era giunto tardi a partecipare
viene rivestito da un uomo dalle sembianze allo scramble for Africa, anziché mitigarsi,
caricaturali di un ebreo, con lo stereotipo andò col tempo radicalizzandosi. Gli scrupoli
del naso adunco, e da un africano di cui si e i dubbi di socialisti e cattolici, che nella prima
enfatizza l’aspetto belluino, secondo il solito fase coloniale avevano segnato il dibattito
cliché della maggiore vicinanza – nella politico, furono sostituiti da una brutalità senza
scala evolutiva – con la scimmia; l’immagine vergogna, ben sintetizzata da questa cinica
della bella Susanna, al contrario, fedele alla osservazione, pubblicata da un anonimo
tradizione iconografica, risulta tratta da un redattore su un noto foglio universitario
dipinto del classicista bolognese Guido Reni4. all’indomani della guerra etiopica: «La cosa è
Il messaggio che ne scaturisce è fin troppo presto detta: bisogna comportarsi con i neri
palese: nella contrapposizione fra bellezza come se la razza bianca fosse infinitamente
e deformità, leggiadria e brutalità, purezza e superiore alla nera, come se l’uomo bianco
lussuria, moralità e depravazione, si evidenzia fosse un dio. Non interessa affatto, dal
il pericolo della contaminazione a causa del punto di vista pratico dei rapporti quotidiani
contatto con le razze inferiori, che rischiano con i neri, che uno creda nell’uguaglianza
di infettare – come un virus – la sanità della potenziale di tutti gli uomini; non interessa
stirpe. affatto che il negro tale abbia scritto delle
Metafora di un’innocenza irrimediabilmente poesie che hanno fatto furore e che il negro
perduta dalla modernità, prova vivente di una Caio, deputato dello Stato X, si sia rivelato un
tappa anteriore nel cammino dell’evoluzione ottimo ed avveduto legislatore. In pratica, non
darwiniana, selvaggio minaccioso o indigeno bisogna interessarsi di ciò5».
assimilato agli imperi coloniali, il nero –
variamente raffigurato - invase dunque gli
spazi della rappresentazione.
Se in altri Paesi europei, tuttavia, dopo il
discrimine della prima guerra mondiale andò
emergendo – magari solo strumentalmente –
una preoccupazione umanitaria, che indusse
a escludere, per esempio, la pratica delle etno-
esposizioni e a sfumare sempre più i caratteri
di separatezza e diversità delle popolazioni
native, in Italia, al contrario, le crudeli azioni
di guerra e rappresaglia promosse dal
regime negli anni dell’invasione dell’Etiopia
e le leggi razziali tesero a enfatizzarne
l’inferiorità biologica e culturale. Se è vero
in generale per tutte le esposizioni coloniali,
che esse eressero barriere piuttosto che
aiutare a superarle, lo è ancor di più nel caso
dell’Italia, dove l’atteggiamento nei confronti
dell’alterità africana assunse nei tardi anni
Trenta una curvatura particolarmente odiosa. La Difesa della razza, II, 11, 5 aprile 1939,
L’anacronismo iniziale, dovuto al fatto che il copertina.
4 Del dipinto esistono due versioni coeve, riferite agli
anni 1620-1625, una conservata alla National Gallery di 5 Il bianco ed il nero, in “Il Bò”, II, numero speciale 28
Londra e l’altra alla City Art Gallery di Auckland. luglio 1936, p. 4.

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DNA e razze umane. Quali conclusioni?

Luca Pagani - Ricercatore di Antropologia Molecolare, Dipartimento di Biologia, Università


degli Studi di Padova

Cominciamo con l’allargare il campo: l’uso fisico sia in qualche modo determinato
della parola razza è normalmente associato biologicamente (la prole di due Bassotti potrà
a specie animali selezionate artificialmente essere definita Bassotto a prescindere dal
(cani, gatti, cavalli, pecore, capre, mucche, contesto ambientale di riferimento). Questo
pollame ecc…). Per le diverse popolazioni di è possibile perché i tratti distintivi (fenotipici)
animali selvatici appartenenti ad una stessa delle razze canine sono, nella maggior parte
specie, invece, non si parla di razze (non si dei casi, determinati dal DNA (genotipo),e
dice “il lupo di razza Italiana è distinguibile poco importa se il DNA (ovvero quello che
dal lupo di razza russa” o “il salmone di serve a far funzionare il macchinario “cane”)
razza norvegese è più saporito del salmone è quasi identico fra le varie razze. Noi
di razza scozzese”). In natura, infatti, le varie decidiamo, arbitrariamente, di focalizzarci
popolazioni di individui appartenenti ad una sulle caratteristiche fenotipiche distintive.
stessa specie tendono a mescolarsi e questo
meccanismo è ostacolato, in genere, solo da Adesso che abbiamo allenato la nostra
barriere di tipo geografico (grande distanza fra capacità di discriminazione sulla base
gli individui o, per esempio, montagne o fiumi della razza canina, possiamo finalmente
insormontabili) o riproduttivo (la ridotta fertilità approcciarci all’osservazione della
della prole). Al contrario, le specie allevate popolazione umana.
sono tenute artificialmente in isolamento
riproduttivo al fine di selezionare proprietà La nostra specie è diffusa praticamente
fisiche (produttive o estetiche) che siano su tutte le terre emerse, ad eccezione del
caratterizzanti di un dato gruppo di individui Polo Sud, della parte centrale dei deserti,
ed il più possibile omogenee all’interno del dalle vette delle catene montuose e, forse,
gruppo stesso. Questo isolamento riproduttivo di qualche isola particolarmente remota.
è quindi una forzatura dettata da esigenze di Inoltre, la distribuzione dei raggruppamenti
rendimento economico ed è un’eccezione alla umani è pressoché continua sul territorio,
naturale tendenza degli appartenenti ad una nel senso che è molto difficile trovare zone
data specie vivente a mescolarsi in maniera del globo dove gli insediamenti umani siano
proporzionale alla loro prossimità geografica. disposti a più di due o tre giorni di cammino
l’uno dall’altro. In quest’ottica si può quindi
Prima di passare alla nostra specie, affermare che la distribuzione geografica
continuiamo per un attimo ad esaminare il umana sia pressoché continua sulle terre
concetto di razza che, come abbiamo detto, si emerse. Ma come siamo giunti a questa
riferisce a specie allevate. Siamo tutti in grado estensione?
di distinguere un cane Bassotto da un cane San
Bernardo, e ciascuno di essi da un Pitbull. Per Analizzando il DNA di tutte le popolazioni
questa distinzione ci basiamo esclusivamente umane e integrando questa informazione con
sull’aspetto fisico (chi saprebbe dire quale i resti fossili dei nostri antenati è possibile
fra le coppie Pitbull-Bassotto, Pitbull-San concludere che la nostra specie sia emersa
Bernardo e San Bernardo-Bassotto sia in Africa circa 300.000 anni fa (Schebusch et
più affine geneticamente?) e, soprattutto, al., 2017; Skoglund et al., 2017), evolutasi da
sulla consapevolezza che questo aspetto gruppi proto-umani preesistenti, e che si sia

32
espansa in Eurasia a partire da 70.000 anni popolazioni umane è chiamato “isolamento
fa (Soares et al., 2012). In questa espansione da distanza” (Ramachandran et al., 2005).
gli adattamenti evolutivi sviluppati nei millenni Con questo termine si intende che, con buona
di permanenza africana hanno subito dei approssimazione, le differenze genetiche
cambiamenti, dettati dalle sfide poste dai globali fra due individui possono essere
nuovi ambienti incontrati in Eurasia. Dalla stimate partendo dalla distanza geografica
fine dell’ultima glaciazione (18.000 anni fa) ad fra i loro luoghi di nascita. Questo fenomeno
oggi l’Eurasia è stata teatro di innumerevoli è proprio del modo con cui avvengono le
migrazioni e rimescolamenti, molti dei interazioni fra gruppi umani (più si è vicini
quali hanno coinvolto anche le popolazioni geograficamente e più è facile “innamorarsi”)
dell’Africa Settentrionale ed Orientale. Per ed ha due importanti implicazioni, collegate
questo motivo, ad oggi, il classico modello fra loro. La prima è che la ragione per cui si
per spiegare la diversità biologica delle varie può parlare di “popolazioni” umane è dovuta

Johann Friedrich Blumenbach


Crani, 1879
cartapesta, ciascuno 20x20x30 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

33
unicamente al fatto che, quando gruppi di Tratti diversi (il colore della pelle, la forma
individui scelgono di vivere in una stessa del naso, il colore degli occhi, la forma del
zona per molte generazioni, le differenze cranio, la statura, la capacità di rispondere
genetiche fra individui di uno stesso gruppo si ad un dato farmaco) hanno, infatti, ciascuno
riducono in virtù del continuo rimescolamento una storia evolutiva ed una diffusione
che avviene fra di loro. La seconda è che, diversa. Per ciascuno di questi tratti
di fatto, possiamo pensare all’umanità come possiamo pensare quindi ad un particolare
ad un’unica popolazione che si mescola in “arcobaleno”, ovvero ad una distribuzione
funzione della propria distanza geografica, continua di diversità. Tutti sappiamo come
formando quindi una scala (o gradiente) di è fatto un arcobaleno. Immaginiamo quindi
“somiglianze” che va dal più simile al meno di chiedere a 100 persone (non daltoniche)
simile, mano a mano che ci si allontana da un di decidere “democraticamente” quale parte
qualsiasi punto del globo. dell’arcobaleno possa essere definita “blu” e
quale “rossa”. A questo livello di risoluzione
Sappiamo quindi che ciascun essere umano la maggior parte dei partecipanti non
non è altro che un puntino all’interno di avrà dubbi nell’etichettare i due segmenti
una scala globale di diversità e che la dell’arcobaleno (così come noi non avremmo
maggior parte dei tratti fisici che abbiano difficoltà a riconoscere un nigeriano, un
una base biologica/genetica si sono evoluti cinese o un italiano). Tuttavia, se chiedessimo
naturalmente come risposta ad uno stimolo ai nostri 100 esperti di partire dall’area
ambientale, o culturale, o ad entrambe le “incontrovertibilmente” rossa dell’arcobaleno
cose. In altre parole, nessuno (almeno fino e, gradualmente, spostarsi verso gli altri
ad ora) ci ha “allevati” col preciso obiettivo di colori dichiarando quando si può dire di
sviluppare l’aspetto che abbiamo. Ma allora essere arrivati all’”arancione” o al “giallo”,
perché è così facile riconoscere un italiano sicuramente le loro incrollabili certezze
da un cinese o da un nigeriano, anche comincerebbero a vacillare.
semplicemente da una fototessera, ovvero al
netto di attributi culturali quali la lingua ed il Analogamente, la “vistosa” differenza fra un
modo di vestirsi? italiano e un cinese può essere scomposta
in migliaia di sotto-differenze (o sotto-
Semplice, perché è un test truccato (o somiglianze) fra coppie di individui che
facilitato, che dir si voglia). Nell’ottica del potremmo incontrare in una camminata
gradiente geografico di diversità, questo test virtuale da Roma a Pechino. Queste sotto-
si prende la libertà di “campionare” individui differenze sono gli incrementi di diversità che
in tre punti molto distanti fra loro, inserendo seguono l’incremento di distanza geografica
così una discontinuità artificiale. Cosa e che costituiscono, per un dato tratto, il
sarebbe successo, invece, se il test avesse gradiente (o l’arcobaleno) già descritto.
previsto di riconoscere un italiano, un turco e
un armeno? Inoltre siamo sicuri che i criteri Continuando con la similitudine
che usiamo per “etichettare” gli individui siano dell’arcobaleno, aggiungiamo a questo quadro
condivisibili da tutti e, soprattutto, non siano il fatto che ogni tratto ha una sua propria
anch’essi mediati culturalmente (come il distribuzione, un suo proprio arcobaleno.
forte peso che diamo al colore della pelle)? Il La nostra apparenza fisica è quindi data
cinese e il nigeriano di prima, agli occhi di un dalla somma delle nostre posizioni nei vari
bambino, potrebbero per esempio somigliarsi “arcobaleni”. Per questo alcuni individui
per la forma schiacciata del naso ed essere sono facilmente identificabili per un tratto
quindi visti come un gruppo unico… (perché sono “nel rosso pieno”) e meno per

34
altri (perché sono “fra l’arancione e il giallo”). Ps: questo excursus dovrebbe avervi convinto
Questa sovrapposizione di tratti marcati e dell’insussistenza biologica del concetto di
tratti meno marcati genera la biodiversità razza riferito ai vari gruppi umani. Sta però
umana, che rende ciascuno di noi più simile a voi intravedere il messaggio generale
a chi ci sta vicino e meno simile a chi ci sta e non precipitarsi a trovare il prossimo
lontano, in maniera progressiva. pretesto (magari le preferenze calcistiche?)
per discriminare chi proviene da una cultura
La scomposizione del nostro aspetto fisico in diversa dalla propria. Che cosa si intenda per
“tratti fenotipici” aiuta anche ad intuire come cultura sarà oggetto della prossima mostra…
si siano formati i vari colori dell’arcobaleno
(un’ultima volta, coraggio, poi abbandoniamo
questa similitudine). Per ciascuna caratteristica
fisica, infatti, sono disponibili così tante Bibliografia e sitografia
varianti che uno schema semplicistico del
tipo “la popolazione pura A si mescola con la Chatwin B., 1987. The Songlines. London,
popolazione pura B per creare la popolazione Penguin Books. [citazione originale: «When
ibrida C” non può funzionare. Che cosa è una people start talking of man’s inhumanity to
popolazione pura? C’è mai stata un’epoca in man, it means they haven’t actually walked
cui i tratti fisici erano perfettamente suddivisi far enough»].
nelle varie popolazioni, come i semi in
un mazzo di carte nuovo? La storia delle Ramachandran S., Deshpande O., Roseman
migrazioni umane antiche e recenti ci dice C.C., Rosenberg N.A., Feldman M.W., Cav-
che ciò non è possibile; che i tratti fisici che alli-Sforza L.L., 2005. (https://www.ncbi.nlm.
vediamo oggi si sono originati, ciascuno, in nih.gov/pubmed/16243969).
un tempo ed un luogo diverso (in popolazioni
che già erano mescolate per altri tratti) e da lì Schlebusch C.M., Malmström H., Günther T.,
hanno cominciato la loro diffusione attraverso Sjödin P., Coutinho A., Edlund H., Munters
lo spazio. A.R., Vicente M., Steyn M., Soodyall H., Lom-
bard M., Jakobsson M., 2017. (https://www.
Proviamo allora a ritentare con occhi nuovi il ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28971970).
test di discriminazione “razziale”, questa volta
però camminando mentalmente da Roma a Skoglund P. et al., 2017. (https://www.ncbi.
Pechino (o da Roma a Lagos): quando posso nlm.nih.gov/pubmed/28938123).
essere sicuro di aver abbandonato la “razza
bianca”? Quando comincia la “razza gialla”? Soares P., Alshamali F., Pereira J.B., Fer-
Quando noto i primi occhi “a mandorla”? nandes V., Silva N.M., Afonso C., Costa M.D.,
Quando posso dire che la persona che mi è Musilová E., Macaulay V., Richards M.B.,
accanto è “nera”? Queste domande, a prima Cerny V., Pereira L., 2012. (https://www.ncbi.
vista scontate, perdono di senso se invece di nlm.nih.gov/pubmed/22096215).
limitarci a confrontare estremi all’interno di un
gradiente, teniamo d’occhio la nostra specie, Data di ultima consultazione 19 febbraio 2018
la “razza umana” nel suo insieme. Diceva
Bruce Chatwin che “quando la gente comincia
a parlare della disumanità degli umani, è
perché non ha mai camminato abbastanza
lontano” (Chatwin, 1987).

35
VOLTI DAL
PASSATO

36
La mummia del primo sacerdote di Thot

Nicola Carrara – Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova


Giuliano Scattolin - ULSS 3 Serenissima - Sede di Mirano (Ve)

La mummia con sarcofago attualmente poiché risente ancora dell’arte del periodo
conservata al Museo di Antropologia di tardo, sebbene si avvertano già i presupposti
Padova va identificata con quella che di un cambiamento.
Giuseppe Acerbi - già Console Generale
d’Austria in Egitto e in procinto di assumere Crevatin (2008) decifra l’iscrizione geroglifica
nuovi incarichi di governo a Venezia – dona all’altezza del petto e la interpreta come segue:
all’ateneo patavino nel 1835. Nella Relazione «Parole dette dall’Osiride, amministratore
dei doni fatti dal consigliere cav. Giuseppe templare, soprastante ai sacerdoti-puri, colui
Acerbi redatta dal prof. Tommaso Catullo nel che dà il ritmo del canto del tempio di Heka
1836 si legge: «Mammiferi. Homo sapiens. e di “colui che si ridesta integro [Osiride]”
Mummia sfasciata, in teca in legno, avente a Eliopoli, prete puro del cuore di Ra,
sul coperchio un’iscrizione geroglifica. A amministratore di Min NOME DEL DEFUNTO
questa mummia assai bene conservata, (non leggibile) generato da NOME DELLA
rinvenuta in una tomba nella necropoli di MADRE (lacunoso)». A differenza di quanto
Tebe, si assegna l’età di 4.000 anni. Il cranio riportato dal Catullo, sembra dunque che
d’essa ha richiamato la nostra attenzione, mummia e sarcofago arrivino originariamente
per un grande prolungamento che si osserva da Eliopoli – attualmente un quartiere del
al di là del foro occipitale, pel quale le ossa Cairo – sebbene non sia da escludere che
dell’occipite vanno a costituire una cavità l’Acerbi abbia acquisito questi reperti a Tebe.
assai più ampia di quella che si osserva nelle Emerge, inoltre, l’alto rango della persona.
altre razze finora conosciute della specie
umana». Il testo dipinto sulla superficie esterna del
coperchio, in corrispondenza della zona
Il sarcofago delle gambe, è conservato solo nella sua
Il sarcofago è in legno di sicomoro e ritrae parte bassa; il testo presenta alcune varianti
il defunto in aspetto mummiforme, mentre ed errori rispetto alla redazione saitica della
indossa una ampia parrucca tripartita. Sul formula tratta dal capitolo 72 del Libro dei
retro si individua un pilastrino che corre lungo Morti. Ciampini (2013) ne ricostruisce il
tutta la schiena fino ai piedi. Il coperchio significato: « [...] io sono glorificato [... io sono
conserva un’iscrizione incisa sul petto in potente (?)] con la loro (?) magia; io sono
due linee orizzontali e un testo dipinto che in stato assegnato a [...] possiate salvarmi da
cinque colonne dal ventre scende fino ai piedi. [... ] che è in questa terra [ ... ] questo (?) [dio]
Vista la presenza del pilastrino posteriore, eccelso [… le razioni] al suo naso: Tekem è
l’opera si può collocare cronologicamente il suo nome. Si spalanca [...] sull’orizzonte
a partire dall’Epoca Tarda, datazione che si orientale del cielo, [...] lui su […] i ribelli in
può restringere per il tipo di decorazione del esso, voi non (mi) respingerete alle vostre
coperchio che riprende la tipologia ritrovabile porte, [non si chiuderanno...] su [...] io ho
in altri esemplari della fine del periodo tardo celebrato la festa [là ... il figlio] del mio corpo;
e dell’inizio dell’epoca tolemaica (fine del possiate concedermi l’offerta funeraria, vesti
IV sec. a.C.). Il volto, largo e pasciuto, dalle e lini [...] sul Campo di Giunchi, io navigo sul
labbra carnose e dall’espressione serena, Campo delle Offerte, perché mi sono unito al
appare tipico di questa fase di passaggio, Giusto, perché sono Ruti; giusto di voce!».

37
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso della mummia
del primo sacerdote di Thot, 2013
Computer graphic
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

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Mummia del primo sacerdote
di Thot (part.), IV sec. a.C.
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

La mummia più superficiale e visibile, le bende sono


La mummia è quasi completamente sbendata orizzontali. La tecnica del bendaggio depone
ed è stata preparata in posizione supina a favore di una datazione all’epoca greco-
con gli arti superiori flessi ad incrociarsi sul tolemaica (Gambino, 2013).
torace; i palmi delle mani sono rivolti verso il
basso e gli arti inferiori sono distesi. Il collo I risultati della tomografia computerizzata
è leggermente piegato, la bocca è chiusa, sulla mummia
anche se alcuni denti sono visibili a causa Nel giugno 2012, la mummia e gli altri
dell’arretramento delle labbra. Le palpebre reperti egizi mummificati del museo sono
sono parzialmente chiuse. stati sottoposti a un esame di tomografia
computerizzata (TC) presso la sezione di
La fasciatura è stata realizzata con bende di Radiologia del Dipartimento di Medicina
lino di colore bianco ed è visibile solo in pochi dell’Università di Padova. La TC permette
punti, poiché essa è stata tolta dal corpo in di ricavare molte informazioni sul bene
un momento non precisabile, successivo alla antropologico senza alterarlo in alcun modo e,
sua sepoltura. In particolare il bendaggio si per questo, questa tecnica è particolarmente
conserva bene sulla mano sinistra e nella adatta allo studio di reperti mummificati. Dal
zona del relativo avambraccio a ridosso 1979, quando la TC è stata utilizzata per
del gomito. Tracce di lino si trovano, però, la prima volta per lo studio di una mummia
anche sugli arti inferiori e sulla nuca, da cui egiziana, ad oggi molte mummie sono state
si rileva che l’intero capo era coperto. Per esaminate e ciò che emerge negli ultimi
quello che si è potuto constatare, il bendaggio lavori riguarda soprattutto le tecniche di
ha interessato dapprima il torso, poi mummificazione utilizzate e le differenze tra
separatamente gli arti. Sulle gambe le bende queste e la procedura descritta dallo storico
si dispongono in parte diagonalmente all’arto, greco Erodoto intorno al 440 a.C. nelle sue
in parte orizzontalmente: l’inclinazione non Storie.
pare qui dovuta ad un intreccio decorativo,
ma è legata al fatto che il primo strato della L’obbiettivo dello studio era quello di
fasciatura, l’unico che si è conservato, era apprendere nuove informazioni concernenti
funzionale al fissaggio delle bende al corpo. l’età del soggetto, la costituzione, lo stato
Sul braccio, infatti, dove si conservano di salute, eventuali anomalie e patologie,
per buona parte i vari strati fino a quello l’etnia di appartenenza e le tecniche di

39
mummificazione utilizzate, anche in confronto resina. Per quanto concerne la cavità toracica,
con i dati emersi riscontrati nel 1981, quando si osserva che il cuore è intatto all’interno del
la mummia fu sottoposta a TC per la prima sacco pericardico; i polmoni, apparentemente
volta (Drusini et al., 1981). integri, appaiono collassati e sono riconoscibili
La mummia è stata studiata con TC 64 i foglietti pleurici, pressoché totalmente integri.
strati, utilizzando sezioni dello spessore di Mentre la rimozione del cervello è in linea con
0,6 mm per un totale di 6820 immagini. Il la preparazione tradizionale delle mummie, il
numero elevato di immagini ha richiesto di fatto che il cuore non sia stato tolto appare
dividere la scansione in due parti: cranio e un elemento anomalo. Solitamente il cuore
post-craniale; successivamente, le immagine veniva estratto dalla sede, mummificato a
sono state studiate e ricostruite mediante una parte e poi riposizionato dato che, secondo le
workstation dedicata. credenze religiose dell’Antico Egitto riportate
nel Libro dei Morti, il defunto per accedere
La determinazione dell’età mediante i metodi all’aldilà doveva sottoporsi al rito della
antropologici classici permette di attribuire “psicostasia” o “pesatura del cuore/anima”.
all’individuo 35 anni, con un intervallo di Il cuore di un giusto, posto su una bilancia,
confidenza di 30-39 anni. Si osservano tre dovrebbe pesare come una piuma: questo da
importanti indicatori che vengono solitamente accesso al regno dei morti. Al contrario, colui
associati a malnutrizione ed episodi di che ha il cuore pesante a causa della propria
anemia durante l’infanzia: la presenza malvagità sarà dato in pasto ad Ammit, mostro
delle cosiddette strie di Harris a livello del composito che assomma in sé gli animali più
terzo distale delle tibie, di cribra orbitalia e pericolosi dell’Egitto: il coccodrillo, il leone e
dell’ipoplasia dello smalto. Si osservano lievi l’ippopotamo.
evidenze artrosiche a carico della colonna
vertebrale, assolutamente compatibili con A livello dell’addome si riscontra che
l’età del soggetto. Per quanto concerne la il diaframma è integro, senza segni di
dentizione, essa è completa ad eccezione dei incisioni; sotto la cupola diaframmatica sono
primi molari inferiori. Si evidenzia un’usura riconoscibili strutture ipodense probabilmente
molto alta a carico dei denti anteriori e media riconducibili a residui di organi addominali.
per quelli posteriori, un riassorbimento Nella fossa iliaca di destra si riconosce un
alveolare notevole, nessuna evidenza di carie anello metallico di circa 1 cm di diametro
e scarse evidenze di tartaro. Il quadro che (punta metallica? monile?). L’inguine di
emerge denota una dieta povera di zuccheri destra presenta una ferita di circa 3 cm, da
e un’igiene orale mediocre. L’usura estrema cui può essere stato introdotto uno strumento
potrebbe essere imputata a un’attività extra- per la parziale eviscerazione addominale. La
masticatoria sconosciuta. vescica non è riconoscibile. Presenti, inoltre,
residui di resina nel piccolo bacino.
La TC mostra come il cervello risulti assente,
come pure le membrane durali. La rimozione La TC ha permesso soprattutto di
è avvenuta tramite una craniotomia trans- comprendere quali siano state le cause della
nasale, utilizzando come punto di ingresso le morte dell’individuo. L’analisi del reperto,
cellule etmoidali di destra. Solo l’osso etmoide infatti, evidenzia una frattura scomposta e
di destra e la porzione terminale di quello di pluriframmentata del terzo mediale della
sinistra sono stati danneggiati. Gli occhi sono clavicola destra, con ispessimento dei tessuti
rimasti intatti all’interno delle orbite e, in parte, vicini rispetto alla regione controlaterale. In
è riconoscibile il nervo ottico. La cavità cranica corrispondenza con la frattura si osserva una
e i seni mascellari contengono residui di ferita, con un angolo di circa 25° dal basso

40
verso l’alto, che giunge sino in cavità toracica radiografica e con CT della mummia egiziana
e un deposito ipodenso declive nel cavo dell’Istituto di Antropologia di Padova.
polmonare di destra, compatibile anche con Quaderni di Anatomia Pratica, S. XXXVIII, N.
emotorace. Inoltre si riscontra una frattura 1-4: 53-66.
spiroide dell’omero sinistro, senza ferite della
cute associate (Stramare et al., 2013). Il Stramare R., Scattolin G., Merola F., Carrara
meccanismo lesivo a livello della clavicola è N., 2013. Risultati preliminari della tomografia
tipico di un’arma da punta e da taglio (pugnali, computerizzata sulla mummia. In: Egitto in
lance, frecce), mentre la lesione spiroide a Veneto, a cura di Zanovello P. e Ciampini
livello dell’omero di sinistra è riconducibile E.M. Padova, Cleup: 72-75.
ad una frattura da torsione che si genera
tipicamente quando un soggetto afferra e
torce il braccio di un altro individuo dietro la
schiena. Dato che entrambe le lesioni sono
da considerarsi peri-mortali perché non
presentano segni di riparazione, è molto
probabile che il sacerdote sia stato aggredito
e pugnalato al torace e che la morte sia
sopraggiunta per la grave emorragia.

Bibliografia
Catullo T.A., 1836. Relazione dei doni fatti dal
consigliere Cav. Acerbi, già console generale
di S.M.I.R.A. in Egitto, al Gabinetto di Storia
Naturale dell’I.R. Università di Padova.
Biblioteca Italiana ossia giornale di letteratura,
scienze ed arti compilato da una società di
letterati, 83: 44-64.

Crevatin F., 2008. Un sarcofago tolemaico


da Padova. In: Il libro dei morti di Ptahmose
(Papiro Busca, Milano) ed altri documenti
egiziani antichi, a cura di Crevatin F. Pisa,
Fabrizio Serra Editore: 73-76.

Ciampini E.M., 2013. Testi dal sarcofago del


Museo di Antropologia dell’Università degli
Studi di Padova. Il coperchio. In: Egitto in
Veneto, a cura di Zanovello P. e Ciampini
E.M. Padova, Cleup: 71-72.

Gambino C., 2013. Lo studio del bendaggio.


In: Egitto in Veneto, a cura di Zanovello P. e
Ciampini E.M. Padova, Cleup: 68-69.

Drusini A., Rippa Bonati M., Parnigotto


P.P., Feltrin G.P., Fiore D., 1982. Indagine

41
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Petrarca, 2015
Computer graphic
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

42
Lo strano caso del cranio di Francesco Petrarca
Nicola Carrara – Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova
Luca Bezzi – Arc-Team s.n.c., Cles (Tn)

Gli eventi storici un frammento della tunica. Il 10 luglio 1855,


Il famoso poeta italiano Francesco Petrarca per ordine delle autorità asburgiche che
morì nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374 vedevano nella celebrazione del Petrarca il
all’età i 70 anni ad Arquà, paese dei Colli desiderio dell’unità nazionale italiana contro
Euganei in provincia di Padova che ha tuttora gli invasori stranieri, il Leoni fu obbligato a
il nome di Arquà Petrarca in suo onore. riporre nuovamente all’interno del sarcofago
Rispettando le sue volontà, fu seppellito nella i resti trattenuti.
chiesa parrocchiale. Qualche anno dopo,
nel 1380, le sue spoglie furono trasferite La riapertura del sarcofago di Petrarca
all’interno di un sarcofago in marmo collocato In occasione del quinto centenario dalla morte,
davanti alla chiesa, grazie all’interessamento il 6 dicembre 1873, fu autorizzata una nuova
del genero Francesco da Brossano. apertura del monumento funebre e indagini
sui resti del poeta. Il prof. Giovanni Canestrini
Il 27 maggio 1630, il sarcofago fu violato (1835-1900), allora docente di Zoologia,
dal frate domenicano Tommaso Martinelli. Anatomia comparata e Fisiologia generale
Secondo quanto riportato da Giovanni all’Università di Padova, fu incaricato della
Canestrini (1874), il frate fu incaricato direzione di tutte le operazioni. Un anno dopo
dai Fiorentini di sottrarre alcune ossa del lo stesso Canestrini pubblica un dettagliato
Petrarca. Martinelli ruppe una parte del resoconto del lavoro nell’opera Le ossa di
sarcofago e rubò le ossa del braccio destro: Francesco Petrarca: studio antropologico. A
i resti sottratti non furono mai recuperati. quell’epoca l’Antropologia muoveva i primi
Nel 1813 il conte Carlo Leoni – storico ed passi come nuova disciplina e Canestrini fu,
epigrafista – decise di restaurare il sarcofago indubbiamente, uno dei precursori. Dichiarò
danneggiato. Il giorno 24 maggio di quello così il suo approccio metodologico allo studio
stesso anno il sarcofago fu riaperto e così il dello scheletro: «Era mio progetto prendere
Leoni descrive quei momenti, evidenziando sul cranio tutte quelle misure che oggi
come il cranio del poeta fu ritrovato integro: l’antropologia considera come interessanti,
«Alla vista di que’ venerandi resti mi assalì un illustrare il cranio con figure fotografiche e con
brivido; e là mi parve ripalpitasse l’Italia del disegni, e farne eseguire il modello in gesso».
Trecento con tutte le sue glorie e sventure: I piani dello studioso trentino vennero però
un profumo di antico mi inebriò... pareami disattesi. «Il cranio, che per cinque secoli
parlargli... tremante accostai la mano al avea resistito all’azione demolitrice del tempo,
teschio glorioso, lo sollevai a vista di tutti fra il 1855 ed il 1873, si era reso talmente
dicendo: ecco il cranio di Petrarca e con quel debole, che il 6 dicembre 1873, esposto
sacro terrore onde si toccano le venerande all’aria, spontaneamente si disaggregava.
cose lo contemplai, indi lo ricollocai nel Quel cranio, che all’aprirsi della tomba io vidi
sito primiero al centro del lato di ponente, integro, dopo pochi minuti era ridotto in una
ove starà nei secoli dei secoli, sicché non moltitudine di frammenti maggiori e minori
si desti al suon dell’angelica tromba. Oh che offrivano ben poca messe all’esame
amico, quello fu il più bel momento della antropologico. In tali condizioni fui costretto
mia vita». Terminato il restauro, prima della ad abbandonare l’idea di far eseguire la
chiusura, Leoni prese per sé una costola e fotografia ed il modello in gesso del cranio,

43
e mi limitai a prendere su di esso quelle
misure che si potevano. Dapprima si ruppe
l’osso occipitale in direzione trasversale al
disotto del tubercolo occipitale esterno e
dietro i condili; poi si staccarono dal cranio
il temporale sinistro, il parietale sinistro ed il
frontale, scomponendosi essi pure in più pezzi.
Anche le ossa della faccia si disaggregarono
in parte, e la mandibola si divise in due
metà in corrispondenza della sua sinfisi.
L’impressione che gli astanti riportarono di
questa disaggregazione può essere espressa
colle parole che da alcuni udii: Sembrava che
il cranio fosse composto di calce viva, e gli
venisse gettata sopra dell’acqua».

«Non ostante la decomposizione del cranio,


che rapidamente si compiva, potei prendere
le misure che darò in appresso, validamente
aiutato dal dott. Filippo Fanzago e dal dott.
Ferdinando Moroni. In pari tempo l’ingegnere
dott. B. Belzoni eseguiva alcuni disegni,
che mi furono poi utilissimi nei tentativi di Canestrini, inoltre, elencò le ossa mancanti
ricostruzione scientifica del teschio». dello scheletro, sottolineando che l’omero e
l’ulna destri nonché le ossa della mano destra
erano quelle sottratte dal Martinelli nel 1630:
- 2 vertebre cervicali
- il coccige
- una costola
- l’omero destro
- l’ulna destra
- 68 ossa di mani e piedi
La descrizione fisica del poeta ricavata dallo
studio antropologico permise di descrivere
Petrarca come una persona alta (184 cm),
con inserzioni muscolari ben evidenti e con gli
arti inferiori più sviluppati rispetto ai superiori.
Seguendo un interesse della seconda metà
del XIX secolo, Canestrini tracciò anche un
profilo frenologico del poeta: «noi dovremo
ammettere che nel Petrarca i sentimenti e gli
istinti prevalessero sulla intelligenza che pur
era elevatissima».

Gli ultimi eventi


Nel 1943, durante la II Guerra Mondiale,
le ossa del Petrarca furono traslate e

44
Giovanni Canestrini
Calco del cranio di Francesco Petrarca,
seconda metà del XIX secolo
gesso, 20x20x30 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

conservate nei sotterranei del Palazzo Ducale l’analisi antropologica condotta dalla prof.ssa
di Venezia (sotto pesanti lastre di marmo), Maria Antonia Capitanio, la determinazione
per proteggerle dai bombardamenti. Solo al del sesso era femminile. Al contrario, lo
termine delle vicende belliche le ossa furono scheletro post-craniale era riconducile al
ricollocate nel sarcofago di Arquà. sesso maschile. Inoltre, lo scheletro post-
craniale mostrava i segni dei traumi che il
Il 18 novembre 2003, in occasione dei 700 Petrarca subì durante la sua vita a seguito
anni dalla sua nascita, il sarcofago fu di di una caduta da cavallo. Un campione
nuovo aperto e investigato da un team di del cranio fu datato con il radiocarbonio
ricercatori dell’Università di Padova, diretti dal dall’Università di Tucson in Arizona fissando
prof. Vito Terribile Wiel Marin. Uno degli scopi l’anno di morte del soggetto al 1207, con
del lavoro era quello di ricostruire le fattezze un intervallo di confidenza tra il 1134 e il
del poeta con le tecniche più avanzate 1280 (Povolo, 2014). Il cranio apparteneva
del tempo. All’apertura del sarcofago, il dunque ad un individuo più antico, vissuto più
cranio ritrovato parve subito sospetto. Dopo o meno un secolo prima di Petrarca (1304-

45
1374). Nel 2004 fu condotta dal prof. David Se, dunque, la domanda su cosa sia accaduto
Caramelli (Università di Firenze) l’analisi al cranio di Francesco Petrarca rimane
genetica: il DNA del cranio era femminile, ancora aperta, i nuovi studi pongono molti
mentre quello dello scheletro post-craniale dubbi sull’operato di Giovanni Canestrini e
maschile (Caramelli et al., 2007). L’analisi collaboratori.
del DNA chiuse definitivamente la questione
sul cranio ritrovato all’interno del sarcofago di
Arquà: il cranio non apparteneva a Francesco Bibliografia
Petrarca. Allo stesso tempo emergeva una Canestrini G., 1874. Le ossa di Francesco
nuova domanda: cos’era successo al cranio Petrarca: studio antropologico. Padova,
del poeta? Pietro Prosperini.

Il Progetto FACCE Povolo C., 2014. Rivisitazioni petrarchesche.


Nel 2015, il Museo di Antropologia Quaderni veneti, 3: 149-154.
dell’Università di Padova, ha realizzato la
mostra: FACCE. I molti volti della storia Caramelli D., Lalueza-Fox C., Capelli C.,
umana (Bezzi et al., 2016), basata sulle più Lari M., Sampietro M.L., Gigli E., Milani L.,
moderne tecniche di ricostruzione facciale Pilli E., Silvia Guimaraes S., Chiarelli B.,
forense. In quell’occasione il Museo ha Terribile Wien Marin V., Casoli A., Stanyon R.,
prodotto anche la ricostruzione del viso di Bertranpetit J., Barbujani G., 2007. Genetic
Petrarca, partendo da un calco di cranio le analysis of the skeletal remains attributed
cui dimensioni corrispondono perfettamente to Francesco Petrarca. Forensic Science
a quelle riportate da Canestrini nel 1874. Il International 173: 36-40.
calco è indicato negli inventari universitari
dell’inizio del 1900 con la dicitura “cranio di Bezzi A., Bezzi L., Moraes C., Carrara N.,
Petrarca”. Pievani T., Tiziani M., 2016. FACCE. I molti
volti della storia umana. Una mostra open
Come detto sopra, Canestrini dichiarò la sua source. In: ARCHEOFOSS. Free, Libre
intenzione di realizzare un calco del cranio and Open Source Software e Open Format
di Petrarca, ma ne fu impossibilitato perché nei processi di ricerca archeologica, IX
il cranio, esposto all’aria, si disgregò. Questo edizione, Verona 2014. Firenze, Archeologia
fatto appare strano non solo per quello che e Calcolatori, Supplemento 8.
normalmente accade durante un comune
ritrovamento in campo antropologico, ma
anche per altre importanti evidenze. Ne
Le ossa di Francesco Petrarca: studio
antropologico, Canestrini riportò 55 misure
del cranio, alcuni disegni e anche il profilo
frenologico. Tutte queste operazioni implicano
due assunti: che il cranio sia maneggiabile
e che lo sia per un tempo adeguato. Questi
assunti si scontrano chiaramente con quanto
scritto da Canestrini. Inoltre, la presenza di
un calco del cranio di Petrarca di dimensioni
esattamente uguali a quelle riportate da
Canestrini, ulteriormente contraddice quanto
dichiarato dallo stesso.

46
Studio conservativo dei resti mortali di Francesco Petrarca
Gianmario Molin - già professore ordinario di Mineralogia presso Università degli Studi di Padova
Andrea Polo - Facoltà di Scienze e Tecnologie, Libera Università di Bolzano

In occasione del settimo centenario della precedenti ricognizioni appariva evidente


nascita, il Comune di Arquà Petrarca volle che il processo di degrado aveva assunto
fosse eseguita una ricognizione dell’arca dal momento della ricollocazione una
marmorea nella quale sono conservati i resti preoccupante accelerazione e che un inatteso
mortali del Poeta, affidando ad un Comitato quanto prioritario obiettivo conservativo si
Scientifico coordinato dal Prof. Vito Terribile poneva all’attenzione del Comitato Scientifico.
Wiel Marin uno studio interdisciplinare. Dunque gli studi sono stati orientati, oltre che
L’arca, manufatto di origine classica in rosso alla prevista indagine antropomorfologica, a
ammonitico veronese cui sono state apportate caratterizzare il processo di alterazione del
modifiche e iscrizioni trecentesche, fu aperta tessuto osseo in corso, stabilire le cause
il 18 novembre 2003 (Polo, 2004; [1] 1). del degrado e prospettare nuove ragionate
All’evento fu dato un grande risalto condizioni di conservazione del reperto.
mediatico con la partecipazione su invito di Per affrontare con rigore il problema
numerose autorità civili e religiose, fino alla conservativo il Prof. Gianmario Molin
partecipazione delle scolaresche locali. ha prospettato al Comitato Scientifico la
Cessata l’adunanza mediatica, ai membri della necessità di estendere le indagini agli
commissione scientifica apparve un quadro aspetti cristallochimici, fotogrammetrici e
preoccupante sullo stato di conservazione microclimatici per la progettazione di un’urna
del reperto. Lo scheletro, riposto nella sede con spiccati caratteri tecnologici che, riposta
originaria nell’immediato dopoguerra dopo la all’interno dell’arca stessa, potesse garantire
traslazione cautelativa nel Palazzo Ducale di ottimali condizioni di conservazione. Lo
Venezia, fu poco opportunamente deposto studio fotogrammetrico fu affidato al Prof.
in un normale cofano mortuario ligneo. Vladimiro Achilli dell’Università di Padova
Alla ricognizione tale cofano si presentava (Polo, 2004, [2]), quello microclimatico alla
marcescente, fradicio d’acqua e collassato Prof.ssa Adriana Bernardi del CNR di Padova
principalmente in prossimità del lato nord. (Frassoldati, 2004; Becherini et al., 2010; [3]);
Asportato il coperchio ligneo, le ossa si la progettazione dell’urna al Prof. Claudio
presentavano accumulate verso il lato Modena dell’Università di Padova ([4]).
occidentale dell’arca in corrispondenza della
parte superiore dello scheletro, indicando che La rimozione dello scheletro e l’inizio delle
la ricollocazione era avvenuta con una decisa indagini scientifiche
inclinazione del cofano. Ha preceduto la rimozione dello scheletro,
effettuata dall’antropologa Prof.ssa Maria
Lo stato di conservazione delle ossa appariva Antonia Capitanio, un accurato rilievo
precario: le stesse, molto incoerenti e fragili, fotogrammetrico sull’intero contenuto del
erano commiste con parti lignee e con i resti cofano per scopi conservativi e archivistici
ampiamente decomposti degli addobbi interni mediante tecnica fotogrammetrica digitale
del cofano (tessuti e cotone), il tutto imbibito terrestre ([2]). Lo scheletro - ricollocato in un
d’acqua. Tenuto conto delle risultanze delle attiguo ambiente per gli studi antropologici
(M. A. Capitanio), osteologici (R. Scapinelli)
1 I contributi indicati tra parentesi quadre afferiscono
agli atti depositati presso il Comitato Scientifico che e anatomopatologici (V. Terribile Wiel Marin)
saranno oggetto di prossima pubblicazione. - è stato sottoposto a un lento processo

47
Interno dell’arca: stato dello scheletro una volta
asportato il coperchio ligneo del cofano
(ricognizione del 18/11/2003)
foto degli autori

48
di asciugatura e di bonifica mediante processo di disgregazione dell’osso secondo
irraggiamento UV. Al contempo vennero un meccanismo analogo alla gelivazione. In
istallati nell’arca, poi richiusa fino alla presenza di vivace metabolismo batterico si
ricollocazione dello scheletro il 22/10/2005, può avere, inoltre, la precipitazione di ossalati
sensori termoigrometrici per lo studio del di calcio quali la Weddellite CaC2O4(H2O)
microclima (Frassoldati, 2004; Becherini et (Pinna, 1993; Takayama et. al., 2003).
al., 2010; [3]). Il Prof. Molin, avuto dai membri
competenti della commissione un frammento Campionatura e preparazione dei campioni
di tessuto osseo metatarsale per lo studio del Lo studio, considerata l’eccezionalità del
processo di alterazione delle ossa, ha dato il reperto, è stato condotto secondo principi di
via alle indagini tessiturali e cristallochimiche massimo rispetto conservativo, utilizzando
(Polo, 2004; [5]). le minori quantità possibili di campione
afferente ad ossa morfologicamente non
Il processo di alterazione dello scheletro: complete. È stato campionato un frammento
il tessuto osseo del peso di circa mezzo grammo dalla diafisi
Strutturalmente il tessuto osseo è costituito del quarto metatarsale sinistro. Le metodiche
da una frazione inorganica, generalmente analitiche scelte hanno mirato a rilevare: a) la
cristallina, cementata da una matrice morfologia a livello microscopico del tessuto
organica proteica. La principale fase osseo con particolare attenzione agli effetti
inorganica è l’Idrossiapatite, Ca5(PO4)3OH causati dai processi di disgregazione; b) la
presente in microscopici cristalli legati tra composizione chimica a scala micrometrica
loro da un’armatura di collagene (frazione e le variazioni composizionali in prossimità
organica). La frazione inorganica dell’osso dei siti di alterazione evidenziati dall’analisi
contiene, oltre all’Idrossiapatite, una quantità morfologica; c) la composizione mineralogica
variabile di fasi cristalline strutturalmente con particolare riguardo a fasi cristalline
simili tra loro ove il gruppo (PO4)3- viene di neoformazione associate ai processi di
parzialmente sostituito dal gruppo (CO3)2- alterazione.
(Carbonatoidrossiapatite o Dahlite), oltre
alla presenza di altre fasi fosfatiche amorfe Metodiche analitiche
(Newesley, 1989). Il collagene in ambiente Sono state scelte per le osservazioni
secco e neutro si conserva per lunghi morfologiche e tessiturali la microscopia ottica
periodi garantendo in tal modo durevole OM ed elettronica SEM (scanning electron
resistenza meccanica al tessuto osseo. In microscopy); per le composizioni chimiche
ambienti umidi il degrado è invece accelerato puntuali l’analisi mediante spettrometria
dallo sviluppo di flora batterica e micotica di emissione dei raggi X alla microsonda
(Mallegni e Rubini, 1994) e da processi di elettronica EMPA (elecron microprobe
ricristallizzazione delle fasi mineralogiche, in analysis); per l’analisi mineralogico-
funzione di modificazioni del pH ambientale cristallografica la diffrattometria a raggi X
(Molin et al., 2002). In particolare, in di polveri cristalline XRPD (X-ray powder
condizioni acide con pH ≤ 5 si ha dissoluzione diffraction). Le indagini OM, SEM e EMPA
dell’Idrossiapatite con cristallizzazione di sono state condotte su una sezione sottile
un fosfato di calcio biidrato strutturalmente lucida spessa 30 µm ricavata dalla diafisi
simile al gesso, la Brushite CaH(PO4)∙2H2O. dopo consolidamento in resina epossidica.
La Brushite, per la cristallizzazione delle Lo studio XRPD è stato condotto sul restante
due molecole d’acqua, viene a occupare frammento di tessuto osseo polverizzato a 5
un volume maggiore dell’Idrossiapatite e µm.
pertanto la ricristallizzazione è causa di un

49
Risultati dell’indagine cristallochimica fosse particolarmente marcescente sul lato
La caratterizzazione morfologica della diafisi settentrionale dell’arca, il lato freddo sul
del quarto metatarsale, condotta sulla sezione quale principalmente condensa l’umidità
sottile lucida mediante microscopia OM in interna. Un tale ambiente, di per sé dannoso
luce polarizzata, ben evidenzia una regolare per la conservazione dello scheletro, era
struttura osteologica con la presenza di ulteriormente aggravato dalla rilevante
osteoni e dei canali haversiani. A più elevata quantità di materiale organico igroscopico che
risoluzione le immagini SEM evidenziano assumeva la funzione di “serbatoio” d’acqua
altresì l’esistenza di una fitta trama di (Becherini et al., 2010; [3]).
microfratture che giustificano l’elevata Sulla base dei risultati acquisiti si è evinto che
compromissione meccanica dell’osso. In un idoneo ambiente di conservazione doveva
particolare le aree a tonalità più grigia che garantire due caratteristiche prioritarie: a) un
assecondano le microfratture indicano i siti di microclima con più bassa umidità relativa
trasformazione Apatite→Brushite (confermata e ridotti gradienti termici; b) una drastica
dai dati chimici e dal dato XRPD) ed modificazione del contesto biochimico che,
evidenziano la causa prima di disgregazione eliminando ogni sostanza organica non
meccanica dell’osso. L’indagine XRPD ha pertinente, portasse le ossa a giacere su
rilevato, oltre alla preponderante presenza materiali biocompatibili. Questi due obiettivi
di Idrossiapatite, significative quantità di furono il motivo-guida alla base della
Brushite e tracce di Weddellite. progettazione di un’urna tecnologicamente
avanzata atta a conservare e proteggere i
Conclusioni dello studio cristallochimico resti mortali del Poeta ([3]; [4]; [5]).
Il grave quadro di compromissione Dopo un’ampia analisi delle varie soluzioni
meccanica delle ossa è giustificato dalla adottabili la commissione scientifica ha
capillare insorgenza di microfratture dovute deliberato che lo scheletro venisse deposto
alla trasformazione Apatite→Brushite. Poiché e fissato ad una speciale griglia in titanio
la formazione di quest’ultima avviene in collocato all’interno di una teca in vetro
ambiente acido (Ohta e Tsutsumi, 1982), si atermico perfettamente sigillata. La funzione
può ipotizzare che tale condizione sia stata di garantire nel lungo periodo l’umidità su
prodotta dall´attività di microrganismi ([6]) valori prossimi al 55% viene assicurata da
che hanno trovato per il loro metabolismo uno speciale foglio di gel di silice, sottostante
abbondante materia organica (legno, tessuti, alla griglia di titanio e deposto sul fondo della
cotone, collagene) oltre che acqua. Questa teca e non a contatto dello scheletro. Al fine
ipotesi giustificherebbe anche la formazione di ridurre i gradienti termici, in primo luogo
di ossalati come la Weddellite (Pinna, 1993; evitando il contatto diretto tra la teca vitrea e
Takayama et. al.,2003). l’arca marmorea, si è adottata la soluzione di
Le risultanze del concomitante studio sospendere l’urna su cavi di acciaio in modo
microclimatico ha documentato nell’arca una tale che anche nel caso di eventi sismici l’urna
situazione caratterizzata da cicli termici diurni non possa collidere con le pareti dell’arca
e stagionali in un ambiente ad altissima umidità (Becherini et al., 2010; [3]; [4]).
relativa (mai inferiore al 73%) (Frassoldati,
2004; Polo, 2004; Becherini et al., 2010;
[3]). Anche l’orientamento dell´arca e le aree Il 22 ottobre 2005, in ossequio alle volontà del
d´ombra prodotte dalle strutture circostanti Poeta, lo scheletro di Francesco Petrarca è
hanno influenzato significativamente le stato ritumulato nell´arca in Arquà in condizioni
condizioni microclimatiche nel sarcofago. adeguate a un’ottimale conservazione dei
Si noti a tal riguardo come il cofano ligneo suoi resti mortali.

50
Interno dell’arca: cassa lignea
(ricognizione del 18/11/2003)

Tessuto osseo alterato: immagini SEM della sezione


lucida del frammento del quarto metatarsale sinistro

Interno dell’arca: urna vitrea e sistema di


sospensione
(cerimonia di ritumulazione del 22/10/2005)

51
Bibliografia Atti depositati presso il comitato scientifico

Becherini F., Bernardi A., Frassoldati E., [1] Zanovello P. Arquà. Il sarcofago di
2010. Microclimate inside a semi-confined Francesco Petrarca.
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Pinna D., 1993. Fungal physiology and the


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di Padova.

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oxalate formation from L-Hydroxyproline in
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52
Giovanni Canestrini (1835-1900) tra scienza e società
Elena Canadelli – Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità (DiSSGeA),
Università degli Studi di Padova

Pesci, ragni, uccelli, acari, coralli, crani argomento della origine della specie umana",
umani. Non c’è oggetto della ricerca come nel volume Origine dell’Uomo (1866,
naturalistica pura e applicata che lo zoologo 2 ed. aggiornata 1870), a temi di pubblica
Giovanni Canestrini non abbia toccato in utilità, come nel Manuale di apicultura
quasi mezzo secolo di attività. Naturalista razionale (1873) o nella lezione popolare
a “tutto tondo”, nel corso della seconda La fillossera (1888), dedicata al pericoloso
metà dell’Ottocento nei suoi lavori affrontò insetto parassita della vite, passando per
gli argomenti più diversi, dall’antropologia lavori di zoologia descrittiva come i Pesci
all’igiene, dalla regolamentazione della d’Italia (1872) e Nuovi aracnidi italiani (1868),
pesca alla teoria dell’evoluzione. Come o da manuali come il Compendio di zoologia
altre importanti figure di medici e scienziati ed anatomia comparata, pubblicato in più
italiani dell’epoca, Canestrini seppe unire volumi a partire dal 1869.
armoniosamente ricerca scientifica, impegno Canestrini nacque nel 1835 a Revò, paese
civile e attività politica. Una volta ottenuta della Val di Non, in Trentino, a cui rimase
l’Unità d’Italia, la generazione di Canestrini, molto legato fino alla fine dei suoi giorni. Nel
formatasi nell’ultima fase del Risorgimento, 1861, lo stesso anno della proclamazione
fu chiamata in prima persona a costruire e del Regno d’Italia, si laureò in Filosofia e
organizzare l’ossatura del neonato Stato Scienze Naturali all’Università di Vienna,
italiano, allestendo laboratori, attivando scegliendo però di proseguire la sua carriera
nuove cattedre, fondando riviste specializzate scientifica sul suolo italiano. La prima tappa
e collane di divulgazione scientifica, che fu Genova, dove trascorse un breve periodo
garantissero all’Italia di stare al passo con i presso il Museo zoologico dell’Università, per
tempi. Per scienziati come Canestrini, fare poi passare nel 1862 all’Ateneo di Modena,
scienza significava anche contribuire alla dove insegnò Scienze Naturali fino al 1868
formazione di una società laica e progressista, (Casellato, 2001; Riccadonna, a cura di,
attraverso iniziative d’istruzione e di diffusione 1994). Qui, all’età di 27 anni, accanto
della cultura scientifica ai non addetti ai lavori. agli studi di zoologia sistematica, iniziò a
In Parlamento o nei consigli comunali, dalle interessarsi al vivace settore dell’antropologia
colonne dei giornali o nelle aule, molti degli e della paletnologia, lavorando in particolare
scienziati della seconda metà dell’Ottocento sulla fauna e la flora della media età del
furono figure “militanti”, attive politicamente e bronzo delle civiltà delle terramare e delle
nella società civile. In quest’ottica, Canestrini palafitte del modenese, di cui si andavano
non fu solo uno zoologo e un professore scoprendo numerose testimonianze proprio
universitario, ma anche un convinto in quegli anni. Promotore e primo presidente
sostenitore della causa irredentista trentina, della Società dei naturalisti di Modena,
un divulgatore, traduttore, promotore di fondata nel 1865, nel periodo trascorso
società scientifiche e membro di commissioni nella città emiliana, egli legò il suo nome a
governative per lo studio di problemi dalle uno dei più importanti uomini di scienza di
importanti ricadute economiche in settori tutti i tempi: l’inglese Charles Darwin, di cui,
come la piscicoltura, la pesca o l’agricoltura. nel 1864, insieme a Leonardo Salimbeni,
Autore di numerosi libri e articoli, Canestrini professore di Storia Naturale in un liceo
passò con disinvoltura dal "delicatissimo locale, curò per l’editore bolognese Zanichelli

53
la prima traduzione in italiano del suo testo più fronti. In università dovette riorganizzare
fondamentale, l’Origine delle specie. la ricerca e la didattica, dedicando molto
Da questo momento in poi, Canestrini, su tempo anche al riordinamento delle collezioni
posizioni laiche, diventò in Italia uno dei zoologiche del Museo universitario. Fu solo
principali sostenitori e promotori delle idee di con il suo arrivo, infatti, che le discipline
Darwin. A diffondere la teoria dell’evoluzione zoologiche acquistarono una loro identità e
non contribuì solo dalla cattedra, con le sue autonomia nel quadro degli insegnamenti
lezioni universitarie, e con la traduzione delle tenuti presso l’Università di Padova, a
opere di Darwin (nel 1878, per esempio, curò differenza della Botanica, il cui insegnamento,
insieme a Francesco Bassani la traduzione sebbene sotto altro nome, già da oltre tre
in italiano di un’altra importante opera del secoli aveva luogo presso l’Orto Botanico
naturalista inglese, L’espressione delle istituito nel 1545. Dal 1734, invece, si
emozioni nell’uomo e negli animali), ma insegnava la Storia Naturale, che abbracciava
anche attraverso utili libri “di sintesi” destinati le discipline che saranno suddivise, nel 1869,
per lo più a studenti e colleghi, da La teoria fra la Zoologia e l’Anatomia Comparata,
di Darwin criticamente esposta (1880) a Per da un lato, e la Geologia (comprese la
l’evoluzione. Recensioni e nuovi studi (1894). Paleontologia e la Mineralogia), dall’altro.
Diversamente da altri suoi contemporanei, In seguito alla creazione delle due cattedre,
di fronte alle vivaci polemiche suscitate dal anche il Museo di Storia Naturale, fino a quel
dibattito sull’evoluzionismo nei scivolosi momento indiviso, fu smembrato. Per questo,
terreni extra-scientifici della morale e della dal suo arrivo e fino al 1873, Canestrini si
religione, Canestrini preferì sempre rimanere occupò principalmente del riordino delle
legato alle evidenze sperimentali, evitando collezioni naturalistiche e della compilazione
generalizzazioni e semplificazioni. Si deve di cataloghi aggiornati delle raccolte, in
infatti tener presente che nel periodo che vista del trasferimento nei più ampi locali
va dalla pubblicazione dell’Origine delle dell’Ospedale San Mattia, avvenuto l’anno
Specie, nel 1859, fino alla fine del secolo, seguente.
cioè proprio nel periodo in cui si collocano Ciò che è giunto fino a noi delle carte di
quasi per intero l’attività accademica e la Canestrini – conservate in parte alla Biblioteca
produzione scientifica di Canestrini, la teoria civica di Revò, in parte al MuSe di Trento –
dell’evoluzione fu oggetto, all’estero come rivela che egli fu in contatto con alcuni dei
in Italia, di attacchi molto forti, espressi più rilevanti zoologi e antropologi del tempo,
non di rado in forma viscerale anche da dall’evoluzionista tedesco Ernst Haeckel,
personaggi di primo piano, come lo scrittore che ammirava il suo impegno a favore della
Niccolò Tommaseo, il quale dipingeva la diffusione del pensiero evoluzionistico in
selezione naturale, alla base della teoria di Italia, allo stesso Darwin, che nel 1880, in
Darwin, come uno strumento utilizzato dagli una lettera oggi al MuSe, si complimentò
«scienziati della bestialità e del pantano» per con lui per la pubblicazione del volume La
negare la libertà umana (Minelli e Canadelli, teoria di Darwin criticamente esposta, "molto
2016). bene concepita e riccamente illustrata con
Fu in questo clima, in un Veneto da poco figure" (A Giovanni Canestrini, 1900). Tra i
annesso all’Italia, che nel 1869 Canestrini fu maggiori zoologi italiani della seconda metà
chiamato a insegnare Zoologia e Anatomia dell’Ottocento, Canestrini diede importanti
Comparata all’Università di Padova, dove contributi alla conoscenza dei pesci e degli
rimase fino alla morte, avvenuta nel febbraio aracnidi, non trascurando, come abbiamo
del 1900. Come già aveva fatto a Modena, visto, questioni più applicative (Minelli, 2001).
anche a Padova Canestrini fu impegnato su Numerosi furono gli incarichi governativi che

54
gli vennero affidati dagli anni Settanta in poi, era l’unico all’epoca a interessarsi di questi
soprattutto dal Ministero dell’Agricoltura, argomenti. Negli anni del Positivismo, infatti,
Industria e Commercio. Delegato italiano nella lo studio dei crani dei personaggi celebri era
Commissione internazionale per la pesca di gran moda: medici e antropologi speravano
marittima, fu coinvolto in varie commissioni di di trovare degli indizi per decifrare il segreto
studio per la gestione della pesca, la bonifica dell’eccezionale intelligenza dei grandi nomi
delle valli di Comacchio, il debellamento del passato da Dante a Foscolo, da Vincenzo
dell’epidemia di fillossera, o ancora, fu Monti ad Alessandro Volta.
interpellato per un progetto di creazione di Molto amato dagli studenti, Canestrini
una Stazione zoologica e di piscicoltura, da creò intorno a sé un cenacolo di allievi
erigere nel territorio compreso tra le province e collaboratori, richiamando tra l’altro a
di Ferrara, Rovigo e Venezia. Nell’estate del Padova un nutrito gruppo di giovani trentini,
1882, insieme all’amato fratello Riccardo, da Lamberto Moschen per l’antropologia
s’imbarcò a bordo della nave Washington nel a Giacinto Fedrizzi per la zoologia, a
mare di Sciacca per condurre su richiesta del testimonianza del forte legame con i luoghi
Ministero uno studio sui banchi di corallo. d’origine: un legame complesso e contrastato,
Accanto alla zoologia, a Padova, Canestrini visto che nel 1878 gli fu revocato il permesso
introdusse e promosse anche l’insegnamento di fare ritorno in territorio asburgico come
di altre due importanti discipline: l’antropologia, persona non gradita a causa delle sue
da una parte, e la batteriologia, dall’altra. Se posizioni irredentiste. Queste idee non si
quest’ultima si ricollegava a problematiche manifestarono solamente sul piano politico,
di igiene e sanità pubblica, l’interesse per la ma erano accompagnate da concrete
prima risaliva già agli anni modenesi. Autore iniziative scientifiche. La più rilevante, fu, nel
nel 1878 di un fortunato manuale Hoepli di 1872, la fondazione a Padova della Società
antropologia, Canestrini aveva applicato a veneto-trentina di scienze naturali, il cui
questa disciplina una lettura evoluzionistica programma era quello di incentivare i legami
prima dello stesso Darwin. La prima edizione tra gli studiosi delle due regioni, un’attività
dell’Origine dell’Uomo di Canestrini, infatti, era chiaramente mal vista dalle autorità austro-
del 1866, ovvero cinque anni prima dell’uscita ungariche. E di politica Canestrini, che per
dell’opera di Darwin sull’origine dell’uomo e la un periodo fu presidente dell’Associazione
selezione sessuale. L’antropologia era ai suoi costituzionale progressista di Padova, si
occhi una storia naturale del genere umano e occupò in prima persona anche nel Consiglio
rientrava quindi a tutti gli effetti nelle scienze comunale della città veneta, dove venne
naturali. In questo senso, egli promosse eletto nel luglio 1881 in una lista concordata
all’interno della sua Facoltà l’istituzione di insieme dai progressisti e dai moderati
un corso libero di Antropologia fin dall’anno (Quaranta, 2001). In questa veste, intervenne
accademico 1878-79, portando avanti una soprattutto su questioni relative a istruzione
raccolta di crani e strumenti antropologici pubblica, università e provvedimenti medico-
destinata a incrementarsi significativamente sanitari.
negli anni seguenti sotto le cure di Enrico Per la sua adesione alla teoria dell’evoluzione,
Tedeschi. Nell’ambito di questi suoi interessi, il suo laicismo, le sue posizioni politiche a
nel 1873 Canestrini fu incaricato di condurre favore dell’irredentismo, Canestrini continuò
uno studio antropologico sui resti del sommo a far discutere l’opinione pubblica anche
poeta Petrarca ad Arquà Petrarca. In linea da morto, soprattutto in Trentino. Nel 1901
con l’antropologia fisica del tempo, si trattava la maggioranza del comune di Revò, che
principalmente di misurare ossa, capacità gli aveva dato i natali, rifiutò la proposta
cranica e angolo facciale. Canestrini non avanzata dalla Società degli studenti trentini

55
di apporre una lapide celebrativa sulla sua Casellato S., 2001. Cultural education and the
casa natale. La motivazione? Sarebbe stato role played by Giovanni Canestrini in scientific
un atto antireligioso! Per la lapide, bisognerà and academic institutions. In: Giovanni
aspettare l’iniziativa del Museo tridentino di Canestrini. Zoologist and Darwinist, a cura
scienze naturali (oggi MuSe) del 1936, in un di Minelli A., Casellato S. Venezia, Istituto
clima sociale e politico completamente mutato. Veneto di Scienze, Lettere ed Arti: 3-29.
A soli due anni dalla sua scomparsa, Trento
volle omaggiare il naturalista con un busto Minelli A., 2001. Canestrini, Darwinian
in marmo in piazza Dante, effettivamente zoologist. In: Giovanni Canestrini. Zoologist
inaugurato tra violente polemiche il 14 and Darwinist, a cura di Minelli A., Casellato
settembre 1902. Danneggiato, venne poi S. Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere
sostituito con un esemplare in bronzo. Le ed Arti: 283-303.
due fazioni si scontrarono aspramente sulle
colonne dei giornali locali: «La Voce Cattolica» Minelli A., Canadelli E., 2016. Da Canestrini a
e «Fede e Lavoro» ospitarono i critici, l’«Alto D’Ancona, da Saccardo a Gola: la biologia a
Adige» i sostenitori (Bucchi, 2001). Al dibattito Padova tra Otto e Novecento. In: Il Positivismo
presero parte su fronti opposti anche figure a Padova tra egemonia e contaminazioni
politiche di primo piano come l’irredentista (1880-1940), a cura di Berti G., Simone G.
Cesare Battisti e un giovane Alcide De Padova, Antilia: 63-109.
Gasperi, che in maniera provocativa
proponeva di sostituire la dedica sotto il Quaranta M., 2001. L’impegno civile e politico
busto con la frase: «A Giovanni Canestrini. di Giovanni Canestrini a Padova. In: Giovanni
Studiò e faticò molto ma sbagliò strada. Canestrini. Zoologist and Darwinist, a cura
Riposa in pace» (Tomasi, 2001). Apostolo del di Minelli A., Casellato S. Venezia, Istituto
darwinismo italiano, Canestrini è stato senza Veneto di Scienze, Lettere ed Arti: 95-126.
dubbio uno dei maggiori zoologi dell’Italia
unificata della seconda metà dell’Ottocento, Riccadonna G. (a cura di) 1994. Giovanni
capace di tenere insieme argomenti tra loro Canestrini. Scienza ed evoluzionismo. Trento,
diversi e di dare voce alla vocazione civile Edizioni UCT.
della scienza del tempo.
Tomasi G., 2001. Canestrini e il Trentino. In:
Giovanni Canestrini. Zoologist and Darwinist,
a cura di Minelli A., Casellato S. Venezia,
Bibliografia Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti:
481-513.
A Giovanni Canestrini nel giorno anniversario
della sua morte XIV febbraio MDCCCCI.
La Famiglia, 1900. Catania, Tipografia C.
Galatola.

Bucchi M., 2001. La scienza in pubblico:


il caso del busto di Canestrini nella stampa
quotidiana dell’epoca. In: Giovanni Canestrini.
Zoologist and Darwinist, a cura di Minelli
A., Casellato S. Venezia, Istituto Veneto di
Scienze, Lettere ed Arti: 539-551.

56
Ritratto di Giovanni Canestrini (1835-1900),
fotografia, seconda metà del XIX sec.

57
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Sant’Antonio da Padova, 2015
Computer graphic
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

58
La ricerca di un volto. Il caso di sant’Antonio di Padova.
Percorsi iconografici
Luciano Bertazzo - Centro Studi Antoniani (Padova)

Possiamo conoscere il volto di sant’Antonio? volte con una fiamma, con il libro e, da ultimo
Forse oggi sì, grazie alle recenti ricostruzioni con un giglio di colore bianco» (Abate e
forensi in grado di avvicinarsi scientificamente Luisetto, 1975). Manca ancora la presenza
e nel modo più verosimile possibile alla verità del Bambino Gesù che diventerà uno degli
del volto. Una possibilità che si è concretizzata elementi più caratterizzanti, quando le
a partire dal calco del cranio di sant’Antonio immagini dei santi, in genere dopo il concilio
eseguito in occasione della ricognizione del di Trento, perverranno a una loro stabilità
corpo nel 1981, la prima e unica dopo quella di iconografica. Un altro elemento si aggiungerà
san Bonaventura il 7 aprile 1263 (Meneghelli nel corso dell’Ottocento, con una frequente
e Poppi, 1981; Terribile Wiel Marin, 1986; ricorrenza: il simbolo del pane, segno di
Cremesini, 1981, 1995). una carità solidale nei confronti di persone
bisognose da cui è scaturita l’opera del “Pane
Non manca una ricca simbologia con cui la dei poveri” o del “Pane di sant’Antonio”,
figura di sant’Antonio è stata rappresentata tuttora presente adeguandosi alle necessità
lungo i secoli, con progressive aggiunte di dei tempi (Foladore, 2017). Un simbolo, quello
significativi simboli diventati “marcatori” della del pane, memoria di un miracolo operato
sua identità (Bertazzo, 1995/A). La prima da sant’Antonio, allorché resuscitando una
iconografia, quella ufficializzata dal luogo bimba affogata nell’acqua, la madre promise
padovano che ne conserva il corpo, lo ha tanto pane quanto il peso dell’annegata.
sempre raffigurato con il libro della Sacra In questo sant’Antonio ha goduto di una
Scrittura nella mano, un rimando al suo fortuna iconografica che è parallela a quella
ruolo di predicatore con cui la tradizione e la devozionale. In sintesi possiamo dire che
memoria francescana lo ha sempre ricordato Antonio è un santo dai molti volti, secondo
(Bertazzo, 1995/B). Un altro significativo le caratteristiche simboliche con cui viene
elemento caratterizzante è il sigillo della rappresentato (Poppi, 1980).
Provincia religiosa che si richiama a lui,
che lo ha raffigurato fin dal XIV secolo nella È interessante percorrere il programma
cella costruita nel noce di Camposampiero iconografico nei luoghi simbolo del
dall’amico Tiso, intento alla contemplazione francescanesimo. Nella basilica di San
leggendo le Scritture (Fontana, 2014). Francesco ad Assisi, Antonio è raffigurato
Il simbolo del libro rimanda al “dottore per ben trentacinque volte (Scarpellini,
evangelico”, titolo riconosciutogli nel 1946, 1979; Andergassen, 2016), mentre la sua
altri simboli si sono via via aggiunti. immagine è molto più rara nella stessa
basilica padovana, giustificandosi il fatto che
Già in un testo quattrocentesco della in questa, diversamente da Assisi, il corpo
Biblioteca Antoniana di Padova veniva del Santo era posto in un’arca ben visibile e
codificata la sua simbologia iconografica: tangibile (Baggio, 2016).
«Sant’Antonio viene raffigurato in cinque Un’ulteriore ricorrenza iconografica è offerta
modi: con un saio vile, cinto da una corda, dalla presenza di sant’Antonio abbinata a
con i piedi nudi; con un cuore in mano, e a quella di san Francesco, sia per il fatto di

59
essere i due santi dell’Ordine canonizzati a una citazione nel primo testo agiografico, la
poca distanza l’uno dall’altro (nel 1228 san Vita prima o Assidua, composto rapidamente
Francesco, nel 1232 sant’Antonio) e unici in vista della sua accelerata canonizzazione,
santi fino al 1317 con la canonizzazione di san avvenuta undici mesi dopo la morte (13 giugno
Ludovico d’Angiò. È un binomio Francesco- 1231; 30 maggio 1232). Dice il testo «Reca
Antonio, in cui il secondo è sentito nella stupore che, afflitto com’era da una certa
letteratura agiografica francescana come corpulenza (corpulentia quadam naturalis),
l’imitatore del padre (patris aemulus), anche nonché travagliato da continua infermità
se lo studio iconografico sembra porli sullo (continua aegrotatione), tuttavia, per lo zelo
stesso piano: Francesco quale fondatore instancabile delle anime, egli perseverasse
carismatico, Antonio il fondatore dell’anima nel predicare, nell’insegnare e nell’ascoltare
pastorale del francescanesimo delle origini, le confessioni fino al tramonto del sole e molto
espressa soprattutto nella predicazione spesso restando digiuno» (Vita prima, 11,7).
(Gieben, 1996). Una corpulenza che un autore successivo,
Il percorso iconografico stabilirà ulteriori settant’anni dopo la Vita prima, identifica
parallelismi: come Francesco predica agli come idropisia (Raymundina, 10,10) causata
uccelli, così Antonio ai pesci (Rigon, 2007); da una malattia contratta durante la sua fallita
come Francesco è insignito delle stimmate, missione in Marocco, come testimoniato
così Antonio è raffigurato con il Bambino anche nella ricognizione del corpo (Terribile
Gesù, raffigurato al punto da essere, in Wiel Marin, 1981). Diversamente, un’altra bio-
particolari casi, collocato al centro del suo agiografia, la Rigaldina, composta a cavallo
petto, vicino al cuore (Buijsen, 1989). È una tra Duecento e Trecento, colmando vuoti del
compresenza che raggiunge l’apice allorché periodo passato in terra di Francia, attesta un
entrambi vengono inseriti nei catini absidali Antonio macilento. Su queste due letture, sarà
della basilica di Santa Maria Maggiore realizzata l’iconografia successiva del Santo,
a Roma e di San Giovanni in Laterano, con prevalenza dell’aspetto corpulento, come
la cattedrale di Roma. Un’operazione attestato nell’affresco del presbiterio della
iconografica voluta da un papa francescano, basilica padovana divulgato come di scuola
Nicolò IV, e significativa della recezione di giottesca e quale vera effigies del Santo.
questi due protagonisti della riforma della C’è un altro indizio che ci propone la
Chiesa del XIII secolo, in un parallelismo con descrizione di un uomo giovanile. Predicando
la Chiesa delle origini: come quella aveva davanti al papa e al concistoro di cardinali,
avuto i due apostoli Pietro e Paolo, così la la Vita prima ci descrive lo stupore degli
Chiesa si è percepita rinnovata grazie ai due ascoltatori per il fatto che un uomo appena
protagonisti Francesco e Antonio paragonati giunto alla pubertà (pubetenus) sapesse
ai due apostoli (Andergassen, 2016). parlare in modo così profondo e spirituale
(Vita prima 10,4). L’episodio si colloca nel
Ma cosa possiamo dire del volto di 1230, un anno prima della morte, quando
sant’Antonio, quello concreto, della sua Antonio fu a Roma a trattare di questioni
“fotografia”? Le fonti agiografiche ci dicono importanti dell’Ordine: avrebbe offerto allora
poco, a differenza di san Francesco di cui un’immagine di sé anche fin troppo giovane,
abbiamo molte descrizioni, a partire da quella sapendo che morì a 36 anni (o al massimo
offerta da Tommaso da Celano (Vita prima, quarantenne, come evidenziato nella
83), un ritratto che ben corrisponde alle ricognizione citata del 1981).
fonti nella proposta iconografica di Cimabue
affrescata nel transetto destro della basilica Un ulteriore indizio, più simbolico che reale, che
inferiore di Assisi. Per Antonio abbiamo solo capovolge l’immagine del giovanile Antonio, è

60
narrato in un miracolo riportato nella lista di un’altezza superiore alla media italiana
quelli presentati per la canonizzazione. Una del tempo, dalla faccia larga, mento forte
miracolata riconosce il santo in sogno, quando e leggermente squadrato: una figura di
«una notte, mentre dormiva profondamente tipo atlantico, sul modello attualmente
sotto un noce, le parve di scorgere, vicino, riscontrabile frequentemente in Portogallo,
un uomo, bianco di capelli, piccolo di statura, esotico nel Veneto del tempo, morto in un’età
di aspetto dignitoso, vestito di abito verde e oscillante tra i 39 e 40 anni (Corrain, 1981).
con sopra un mantello scarlatto» (Vita prima,
31,7). Un sogno in cui si mescolano elementi È quindi sulla base di queste fonti che è stato
iconografici che sembrano rimandare più ricostruito il volto di sant’Antonio che “da
a sant’Antonio abate, una contaminazione Lisbona” è diventato “di Padova”.
ricorrente soprattutto in area del centro Italia
con l’aggiunta della barba (Fenelli, 2011;
Andergassen, 2016).
C’è una memoria padovana del volto di Bibliografia
sant’Antonio? Se c’è, può essere ritrovata
nella biografia scritta nella prima metà del Abate G., Luisetto G., a cura di, 1975. Codici
Quattrocento dal notaio padovano, originario e manoscritti della Biblioteca Antoniana.
di Pergine, Sicco Ricci Polentone. Egli, Vicenza, Neri Pozza: 666-668.
scrivendo una vita del santo dedicata al figlio,
ci offre un identikit sia fisico che psicologico: Andergassen L., 2016. L’iconografia di
«Aveva [Antonio] un colorito bruno, perché sant’Antonio di Padova dal XIII al XVI secolo
gli spagnoli, vicino ai Mori, hanno tutti un in Italia. Padova, Associazione Centro Studi
colorito scuro. La sua statura era al di sotto Antoniani.
della media e la figura appariva corpulenta,
forse, appunto per idropisia. La fisionomia era Baggio L., 2017. Le immagini di Antonio
graziosa e devota in modo che al solo vederlo nella tradizione iconografica padovana. In:
e senza conoscerlo, s’indovinava in lui un Antonio di Padova e le sue immagini. Atti del
bel carattere e un’anima santa. Le sue carni XLIV Convegno internazionale: Assisi, 13-15
brune e, conseguenza della sua vita austera ottobre 2016. Spoleto, Fondazione Centro
e anche della malattia, rugose, divennero italiano di studi sull’Alto Medioevo: 307-349.
bianche e delicate dopo la morte. Questa
lungi dall’alterarne lo sguardo e i lineamenti, Bertazzo L., 1995/A. Note di iconografia
ne rese l’aspetto più sereno e giocondo, in antoniana. In: Antonio ritrovato: il culto del
modo che egli sembrava non defunto ma Santo tra collezionismo religioso e privato.
vivo e addormentato» (Gamboso, 1971). Catalogo della mostra (Padova, Museo del
Potrebbe anche essere che Sicco si rifaccia Santo, 9 settembre-30 dicembre 1995).
a una tradizione padovana che tramanda la Padova, Il poligrafo: 19-25.
memoria visiva di Antonio con l’aggiunta di
stereotipi etnici e culturali per cui gli ispanici Bertazzo L., 1995/B. Antonio: francescanità e
erano immaginati come scuri e corpulenti francescanesimo. In: Antonio di Padova uomo
(Sureda, 1995). evangelico, Contributi biografici e dottrinali.
Padova, Messaggero: 33-62.
Al di là di questi riferimenti letterari cosa
possiamo dire concretamente? Dai risultati Buijsen E., 1989. The iconography of St.
delle ricognizioni, risulta che Antonio era Antony of Padua in Flemish Art up to the
un uomo di bella figura, alto ca. 1,70 cm, Counter-Reformation. Il Santo, Padova,

61
Associazione Centro Studi Antoniani, 29: storia al sant’Antonio della pietà popolare. Il
3-28. Santo. Padova, Associazione Centro Studi
Antoniani, 16: 84-109.
Corrain C., 1981. Lo scheletro di sant’Antonio
di Padova. Indagine osteometrica. In: Gieben S., 1996. La componente figurativa
Ricognizone, a cura di Meneghelli V. e Poppi dell’immagine agiografica. L’iconografia di
A.: 157-169. sant’Antonio nel secolo XIII. Il Santo, Padova,
Associazione Centro Studi Antoniani, 36:
Cremesini R., 1981. Relazione tecnica 321-333.
riguardante il procedimento utilizzato per
l’impronta del teschio e mandibola di s. Meneghelli V., Poppi A., a cura di, 1981.
Antonio. In: Ricognizione, a cura di Meneghelli Ricognizione del corpo di S: Antonio di
V. e Poppi A.: 205-210. Padova. Studi storici e medico – antropologici.
Padova, Messaggero.
Cremesini R., 1995. La ricostruzione
scientifica del volto e delle spalle di s. Antonio Poppi A., a cura di, 1980. I volti antichi
di Padova. Relazione tecnica. Il Santo, e attuali del Santo di Padova. Colloquio
Padova, Associazione Centro Studi Antoniani, interdisciplinare su l’immagine di S. Antonio.
35: 841-847. Padova, Messaggero.

Fenelli L., 2011. Dall’eremo alla stalla. Storia Rigon A., 2007. Scritture e immagini nella
di sant’Antonio abate e del suo culto. Bari- comunicazione di un prodigio di Antonio
Roma, Laterza. di Padova: la predica ai pesci. Padova,
Associazione Centro Studi Antoniani.
Foladore G., 2017. La devozione si fa
istituzione. L’Opera del Pane dei poveri Scarpellini P., 1979. Note sull’iconografia
nell’archivio della Veneranda Arca: prime antoniana nel S. Francesco di Assisi. Il Santo,
riflessioni. In: Acqua, pane, devozione. Padova, Associazione Centro Studi Antoniani,
Sant’Antonio tra l’antico e il contemporaneo, 19: 595-601.
a cura di Benucci F. e Schmidt D. Padova,
Cleup: 35-49 Sureda J., 1995. Aspetti della figura di
sant’Antonio nell’arte. In: Capolavori per
Fontana E., 2014. Antonio sul noce. Antonio sant’Antonio. Catalogo della mostra (Padova,
in cattedra. Nuovi apporti sui sigilli della Museo al Santo, 9 aprile-9 luglio 1995).
Provincia di Sant’Antonio. Il Santo. Padova, Roma, De Luca: 4-14.
Associazione Centro Studi Antoniani, 54:
435-456. Terribile Wiel Marin V.,1981. Sulle possibili
cause della morte di s. Antonio di Padova. In:
Gamboso V., 1971. La “Sancti Antonii Ricognizione, a cura di Meneghelli V. e Poppi
confessoris de Padua vita” di Sicco Ricci A.:193-198.
Polentone (c. 1435). Il Santo, Padova,
Associazione Centro Studi Antoniani, 11: Terribile Wiel Marin V., a cura di, 1986. La
199-283 ricognizione del corpo di S. Antonio (1981).
Nuove acquisizioni. Padova, Messaggero
Gamboso V., 1976. Dal sant’Antonio della 1986.

62
Roberto Cremesini
Ricostruzione facciale di Sant'Antonio, 1985
Bronzo, 40x20x40 cm
Centro Studi Antoniani, Padova

63
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Santa Paolina Visintainer,
2016, computer graphic
Arc Team (Cles) e Facultade FASIPE di Sinop (Mato Grosso)

64
Il sorriso perduto di Santa Paolina Visintainer
Luca Bezzi - Arc-Team s.n.c., Cles (Tn)
Cicero Moraes - Arc-Team s.n.c., Cles (Tn)

Da Vigolo Vattaro a Vigolo di Nuova Trento, Teresa Anna Maule. Grazie all’impegno delle
una storia di emigrazione tre consorelle, la piccola comunità crebbe fino
al 1903, anno di cambiamenti per Amabile,
Santa Paolina Visintainer del Cuore che dopo la professione religiosa aveva
Agonizzante di Gesù, al secolo Amabile Lucia ormai preso il nome di Suor Paolina del Cuore
Wisinteiner, nacque a Vigolo Vattaro il 16 Agonizzante di Gesù. Quell’anno, infatti,
dicembre 1865, secondogenita dei quattordici fu eletta Superiora Generale ad vitam delle
figli avuti da Napoleone Wisinteiner e Anna prime due comunità e lasciò Nuova Trento
Domenica Pianizzer. La coppia, anche a per dedicarsi ai poveri del rione Ipiranga di
causa della crisi economica che affliggeva San Paulo. Il 1909, però, l’avrebbe vista
l’area trentina, decise di emigrare in Brasile deposta da quella stessa carica, ad opera
con i figli ed i nonni materni. Nel 1875, dell’Arcivescovo Mons. Duarte Leopoldo
all’età di soli dieci anni, la giovane Amabile e Silva, e inviata ad assistere i malati della
intraprese quindi il viaggio che l’avrebbe “Santa Casa” e gli anziani dell’ospizio San
portata dall’Alta Valsugana, allora facente Vincenzo de’ Paoli a Bragança Paulista.
parte dell’Impero Austro-Ungarico, nello stato La scelta dell’Arcivescovo fu accettata con
di Santa Caterina, nel Sud del Brasile. Qui il obbedienza da Madre Paolina, fino al 1918,
padre ed altri capifamiglia fondarono il paese anno in cui, con il permesso dello stesso
di Vigolo, nei pressi della neonata cittadina di Mons. Duarte, fu richiamata dalla Superiora
Nuova Trento e qui, all’età di quattordici anni, Generale, Madre Vicência Teodora, alla
la giovane Amabile Wisinteiner intraprese casa della Congregazione di San Paolo.
quella vita dedicata al prossimo, che Qui rimase fino alla morte, dedicandosi alle
l’avrebbe portata prima alla beatificazione preghiere e all’assistenza delle suore inferme.
e quindi alla canonizzazione. Compagna in Il 19 maggio del 1933 la Santa Sede a Roma,
questo percorso le fu sin da subito l’amica e sotto Papa Pio XI, decise di concedere alle
coetanea Virginia Rosa Nicolodi, figlia di un Piccole Suore dell’Immacolata Concezione
socio del padre nella gestione di un mulino il Decreto di Lode, ricordando suor Paolina
per la macinazione del granturco. Le ragazze come “Veneranda Madre Fondatrice”. I suoi
cominciarono quindi ad occuparsi della ultimi anni di vita, dal 1938 in poi, furono
manutenzione della chiesetta di San Giorgio, angustiati dalle sofferenze causate dal
dell’assistenza ai malati e della catechesi ai diabete e dall’amputazione, per cancrena,
più giovani. Il 12 luglio 1890 Amabile e Virginia prima del dito medio ed in seguito dell’intero
accolsero e assistettero Angela Viviani, braccio destro. Nonostante questo, prima
malata terminale di cancro, dando così di morire totalmente cieca il 9 luglio 1942,
avvio, nel piccolo ospedaletto di San Vigilio, ebbe la consolazione di poter celebrare, nel
a quella che sarebbe in seguito diventata 1940, il cinquantesimo anniversario della
la Congregazione delle Piccole Suore Congregazione da lei fondata.
dell’Immacolata Concezione. L’istituzione
venne ufficializzata il 25 agosto del 1895 Da subito amata per la sua dedizione e
dall’approvazione del vescovo locale, che vicinanza agli ultimi, fu molto cara ai fedeli,
diede quindi l’abito religioso alle prime tre che ne poterono venerare le spoglie dal
suore: Amabile, Virginia e la loro compagna 1967, all’interno della casa generaliza della

65
Congregazione a San Paolo. Già nel 1991, Una ricostruzione forense particolare: la
con una celebrazione tenutasi a Florianopolis restituzione di un sorriso
il 18 ottobre, Papa Giovanni Paolo II la
proclamò beata ed in seguito, il 19 maggio Il progetto di ricostruzione facciale forense
2002 a Roma, la elevò alla gloria dei santi. Il di santa Paolina è per alcuni aspetti atipico.
suo culto, piuttosto sentito a Trento (dove è Innanzitutto lo scopo principale non è stato
considerata la prima santa nata nel territorio la ricostruzione dei lineamenti del volto della
provinciale e dove sono custodite, in duomo, Santa, esistendo alcuni ritratti e addirittura
alcune reliquie), raggiunge proporzioni ben alcune fotografie che ci tramandano le
più ampie in America Meridionale, dove il sue fattezze. Si è trattato piuttosto della
santuario a lei dedicato nel 2003 presso Nuova restituzione di un’espressione perduta,
Trento ha già visto l’affluire di svariati milioni ovvero del sorriso di suor Paolina, che sembra
di pellegrini, giunti per rendere omaggio alla averne caratterizzato il volto nel corso di tutta
prima Santa brasiliana. l’esistenza. Interrogato a riguardo, il Prof.

Cicero Moraes (Arc-Team)


Sovrapposizione del modello ricostruttivo
ad una foto storica di Santa Paolina Visintainer, 2016, computer graphic
Arc Team (Cles) e Facultade FASIPE di Sinop (Mato Grosso)

66
José Luís Lira della Universidade Estadual santa brasiliana, per cui ci si è attenuti ad un
Vale do Acaraú, iniziatore del progetto di protocollo di ricostruzione facciale forense
ricostruzione facciale, sostiene che nelle molto rigido, partendo da un’analisi dei resti
rare immagini fotografiche che ritraggono ossei effettuata dal Dott. Marcos Paulo
le fattezze di Madre Paolina, l’espressione Salles Machado dell’Istituto Medico Legal
della Santa sia in genere seria perché di Rio de Janeiro. Lo studio ha confermato
associata a periodi tristi della sua vita. Anche l’identità delle reliquie, vista l’assoluta
nella ritrattistica ufficiale viene tramandata compatibilità (oltra alla documentazione
un’immagine compassata, seppure in questi storica a disposizione), aprendo la strata alla
casi una tale iconografia sia spesso legata ricostruzione forense vera e propria, affidata
ad esigenze formali. In una missiva del 1912, allo specialista Cicero Moraes, tramite una
Padre Rossi, direttore spirituale di Madre collaborazione tra la ditta Arc-Team (di Cles)
Paolina, interrogato sull’aspetto della sua e la Facultade FASIPE di Sinop (in Mato
assisita per l’esecuzione di un ritratto ad olio, Grosso). Il lavoro è stato eseguito attraverso
risponde indicando le seguenti caratteristiche: le più moderne tecniche digitali, secondo
statura media, pelle leggermente scura, il protocollo ormai standardizzato, ed ha
occhi castani, aspetto serio e abbastanza prodotto un modello tridimensionale calibrato,
riservato. Secondo il Prof. Lira, invece, le a cui è stata restituita l’espressione sorridente
testimonianze di alcune consorelle, entrate in (che era poi il fine ultimo dell’intero progetto).
Congregazione molto giovani, ma con Madre Una volta terminato il lavoro digitale, la
Paolina ancora vivente, concorderebbero nel collaborazione con il Centro de Tecnologia
ricordare tra i tratti salienti dell’espressione da Informação Renato Archer di Campinas
della Santa il suo sorriso, quasi come un (San Paolo) ha permesso di materializzare il
elemento distintivo della sua vita votata modello tramite la stampa tridimensionale di
all’obbedienza e all’assistenza dei poveri. un busto. Grazie al lavoro dell’artista brasiliana
Un altro aspetto particolare del progetto Mari Bueno, il busto è stato quindi ridipinto e
è stato il rigore scientifico con cui è stato ultimato dalla vestizione con gli abiti religiosi,
condotto, nonostante su alcuni passaggi operata dal Museo di Arte Sacra di Santos.
non esistessero ragionevoli dubbi per Attualmente l’opera si trova nel Santuario
riconsiderare alcuni punti fermi, come ad De Madre Paulina presso Nuova Trento,
esempio l’identità dei resti mortali attribuiti nello stato di Santa Caterina in Brasile, dove
a Madre Paolina. La scelta è probablimente i fedeli possono finalmente guardare il volto
dovuta alla popolarità di cui gode la prima sorridente della loro Santa.

67
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Bernardo Cles, 2018
Computer graphic
Mostra Imago Animi, Cles

68
Il volto di Bernardo Cles
Marcello Nebl

La ricostruzione facciale di Bernardo Cles rispettivamente di Hans Schwarz (custodito al


Kupferstichkabinett di Berlino e datato 1520
In occasione di questa mostra i curatori hanno ma estremamente dettagliato e realistico) e
visto la necessità di ricostruire il volto di un di un ignoto miniatore nel Codex Clesianus
personaggio storico locale simbolo identitario (1536), conservato a Trento presso l’Archivio
del territorio clesiano. La scelta è caduta con della Curia Arcivescovile*.
estrema naturalezza e totale condivisione su La ricerca iconografica è stata facilitata
Bernardo Cles, principe vescovo di Trento dal dall’esistenza di un esaustivo studio pubblicato
1514 al 1539 e principale personalità politica nel 1985 da Roberto Festi sull’iconografia
dell’età moderna trentina. clesiana. Festi scrive dell’importanza storica
L’impossibilità di riesumare le spoglie del dell’iconografia clesiana nel panorama
Cles ha portato allo sviluppo di una diversa trentino: con Bernardo Cles, ‘signore del
tecnica ricostruttiva in tre dimensioni del volto, Rinascimento’, la ritrattistica dei vescovi
partendo non dal cranio originale come fatto trentini tocca il proprio apice, sia sotto l’aspetto
con Sant’Antonio da Padova e Francesco qualitativo che quantitativo ed è per la prima
Petrarca, bensì da uno studio dell’iconografia volta caratterizzata da un forte realismo. E’
del principe vescovo trentino. nel XVI secolo, infatti, che il ritratto si impone
L’analisi si è concentrata sullo studio di come vero e proprio genere artistico con
fonti iconografiche dai tratti realistici, non l’intento di esaltare la personalità e l’unicità
idealizzate e concentrate nel periodo che va dell’individuo, obiettivo della ritrattistica
dal 1530 al 1536, in maniera da avere una rinascimentale (Festi, 1985).
ricostruzione del volto del presule trentino in
età matura.
Sono state quindi escluse le immagini Profilo storico di Bernardo Cles
giovanili, come i ritratti sulle medaglie del 1519
e del 1522, le numerose immagini postume e Bernardo dei Signori di Castel Cles nasce l’11
tutte quelle raffigurazioni coeve palesemente marzo del 1485 nel castello di Cles. I genitori
idealizzate, come il medaglione sulla facciata sono Ildebrando, maresciallo e consigliere
di Palazzo Tabarelli a Trento, opera di Alessio di corte dell’arciduca Sigismondo del Tirolo
Longhi. e Dorotea Fuchs von Fuchsberg. Alla morte
Tramite strumenti informatici all’avanguardia del padre il fratello Baldassarre, capitano
ci si è quindi concentrati principalmente sulla delle Valli di Non e di Sole, finanzia gli studi
comparazione e sull’analisi dei noti ritratti di Bernardo che diviene dottore in diritto civile
ad olio del 1531 attribuiti a Barthel Bruyn e canonico a Bologna nel 1511 (Bellabarba e
(ospitati alla Galleria Nazionale di Roma e Luzzi, 2011). L’influenza politica della famiglia
al Kunsthistorisches Museum di Vienna), e le singolari qualità diplomatiche di Bernardo
agli affreschi di Girolamo Romanino (1531) fanno sì che entri già in quell’anno a far parte
e Dosso Dossi (1532) presso il Castello del del capitolo della cattedrale di Trento e che
Buonconsiglio di Trento ed al ritratto di profilo nel 1514 venga eletto principe vescovo.
sul triplo tallero di Ulrich Ursentaler (1531). La carriera politica di Bernardo Cles è
Per una ancor più precisa ricostruzione del estremamente rapida, tanto che nel 1522
profilo sono stati infine analizzati i ritratti opera viene nominato cancelliere e presidente

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del consiglio segreto di corte di Ferdinando solo nella capitale del principato, ma anche
I d’Asburgo. In quegli anni, da vero signore nel luogo natale, per dare dignità alla sua
rinascimentale, inizia una grande opera di immagine pubblica e per manifestare con
ammodernamento della città di Trento e il tramite dell’architettura il proprio potere
delle principali architetture religiose e militari politico. Le scelte del principe umanista
trentine, lasciando un’impronta indelebile e Bernardo Cles permettono perciò il restauro
tuttora riconoscibile nel territorio. di monumenti che sono considerati fra i
La gestione ferrea della rivolta contadina del migliori esempi ed i prototipi dello stile definito
1525 permette a Bernardo di mettersi ancor “clesiano” (Primerano, 1984): una suggestiva
più in luce: di fatto a partire dal 1526 il Cles connessione fra Tardogotico e Rinascimento
diviene la figura più influente della corte caratterizzano i restauri della Pieve di Santa
ferdinandea, arrivando a ricoprire nel 1528 Maria Assunta (1517-1523), del Castello
la carica di cancelliere supremo dell’Impero (1535) e del Palazzo Assessorile (1543).
e ad essere nominato cardinale da papa Con queste rinnovate architetture Bernardo,
Clemente VII nel 1530. Con la morte di avvalendosi di pittori veneti come Marcello
quest’ultimo diviene il candidato imperiale Fogolino e forse Domenico Brusasorci, dei
per il conclave del 1534: i suoi rapporti con maestri comacini Simone e Pietro della Val
l’ambito tedesco però non sono ben visti dagli d’Intelvi e dell’architetto Antonio Medaglia,
ambienti romani, che di fatto favoriscono riesce ad inserire la novità dello slancio
l’elezione al soglio pontificio di Alessandro culturale italiano in una regione dominata dal
Farnese. In quell’anno inizia la decadenza gusto tardogotico dell’ambiente tedesco.
del Cles: la doppia posizione di cancelliere Bernardo non vuole lasciare il proprio
imperiale e di cardinale viene sempre meno segno a Cles solo con nuove architetture,
tollerata in un periodo storico alle prese con ma vuol anche rinnovare fortemente la
le complesse vicende della Riforma. Negli società dall’interno: nel 1535 concede ai
ultimi anni di vita Bernardo decide perciò di suoi concittadini il “Privilegio clesiano”,
avvicinarsi maggiormente a papa Paolo III ed documento che permette maggiori possibilità
appoggiarne le necessità, fra le quali quella di autogestione del territorio (Leonardi,
di indire un concilio e di convincere Carlo V 1985) e dona a Cles il titolo di Borgata; il 27
ad armarsi contro i principi tedeschi riformati. settembre 1535 egli scrive: «…stabiliamo che
Il 10 agosto del 1538 Paolo III affida al Cles in avvenire in tutti gli atti pubblici e privati il
anche la diocesi di Bressanone, in accordo detto luogo sia onorato con il titolo di Borgata,
con Carlo V e con Ferdinando. Un anno dopo e non sia più chiamato Villa di Cles, ma si
però, il 30 luglio 1539, Bernardo Cles muore appelli Borgo di Cles… ».
senza poter portare a termine i progetti di
riforma della diocesi brissinese.

Legame di Bernardo Cles con il borgo


natio

Durante i primi decenni del Cinquecento,


Cles è uno dei primi centri del principato
vescovile nel recepire gli influssi stilistici del
Rinascimento italiano. Il principe vescovo
Bernardo si impegna nella promozione del
nuovo linguaggio toscano e romano non

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Bibliografia Alessio Longhi, Medaglione con il ritratto del
cardinale Bernardo Cles, post 1530
AAVV. 1985. Bernardo Cles e l’arte del Trento, Palazzo Tabarelli
Rinascimento nel Trentino. Catalogo della
mostra (Trento, Castello del Buonconsiglio, Hans Schwarz, Ritratto del vescovo Bernardo
16 dicembre 1985-31 agosto 1986). Milano, Cles, 1518-20
Mazzotta. Berlino, Kupferstichkabinett

Bellabarba M., Luzzi S., 2011. Il territorio Ignoto, Miniatura con Bernardo Cles
trentino nella storia europea. L’età moderna. (particolare dal Codex Clesianus), 1536
Trento, FBK Press. Trento, Archivio della Curia Arcivescovile

Festi R., 1985. Bernardo Cles. Iconografia. Dosso Dossi, Il cardinale Bernardo Cles
Trento, QM. presentato alla Vergine, 1532
Leonardi E., 1983. Cles: capoluogo storico Trento, Castello del Buonconsiglio
dell’Anaunia. Trento, Temi.
Girolamo Romanino, Il cardinale Bernardo
Leonardi E., 1985. Bernardo Clesio nel 5° Cles, 1531
centenario della nascita 1485 - 1985. Cles, Trento, Castello del Buonconsiglio
Lionsclub.
Barthel Bruyn (attribuito), Il cardinale Bernardo
Negri F., 1922. I signori di S. Ippolito e di Cles, post 1530
Clesio nei loro rapporti genealogici, domestici Roma, Galleria Nazionale
e censuari fino al secolo XVI. Trento,
Artigianelli. Barthel Bruyn (attribuito), Il cardinale Bernardo
Cles, post 1530
Primerano D., 1984. Bernardo Clesio. Signore Vienna, Kunsthistorisches Museum
del Rinascimento. Trento, Publilux.

*Bernardo Cles: le figurazioni coeve


prese in esame per la ricostruzione in tre
dimensioni

Ulrich Ursentaler (zecca di hall), Triplo tallero,


1531
Trento, Museo Provinciale d’Arte

Hans Schwarz, Medaglia con il ritratto del


vescovo Bernardo Cles, 1519
Trento, Museo Provinciale d’Arte

Hans Schwarz, Medaglia con il ritratto del


vescovo Bernardo Cles, 1522
Collezione privata

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Fasi di studio su due delle fonti
iconografiche prese in esame. In
alto l'elaborazione del Ritratto del
vescovo Bernardo Cles di Hans
Schwarz (1518-20), fondamentale
per una ricostruzione della vista
di profilo; in basso fasi di studio
sull'olio su tavola di Barthel Bruyn
(post 1530), conservato alla Galleria
Nazionale di Roma, considerato un
ritratto estremamente fedele del
cardinale clesiano.

72
Cicero Moraes (Arc-Team)
Ricostruzione digitale del viso di Bernardo Cles, 2018
Computer graphic
Mostra Imago Animi, Cles

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UNA
FACCIA, UN
DESTINO?

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Dalla fisiognomica alla frenologia

Nicola Carrara - Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova

La convinzione che sia possibile leggere il animali per spiegare i differenti caratteri
carattere di un individuo dal suo aspetto fisico umani ma, al tempo stesso, visita molte
è un fenomeno storicamente pervasivo. I più carceri pubbliche «dove sempre è racchiusa
antichi trattati sulla fisiognomica – termine che gran moltitudine de’ facinorosi ladri, parricidi,
deriva dalle parole greche physis (natura) e assassini di strada, e d’altri uomini di simile
gnosis (conoscenza) – risalgono ad Aristotele fattezza». L’indagine del volto è uno dei temi
(384-322 a.C.) e alla teoria elaborata dal suo che più ispira l’opera, come ben espresso nel
maestro Platone (427-348 a.C.) che collegava seguente passo: «[…] dicono i medici che
la bellezza fisica con la bontà morale. Ad tutto il corpo manda il suo sangue e spiriti
Aristotele, o più probabilmente alla sua alla faccia, per essere membro più notabile di
scuola, si deve il volumetto Physiognomica, tutto il corpo; onde le passioni di tutto il corpo
scritto intorno al 300 a.C. Quest'ultimo e dell’animo si conoscono nella faccia».
può essere considerato il capostipite delle Nell’idea del Dalla Porta, la fisionomia del
opere dedicate a questi temi ed infatti il suo viso in tutti i suoi elementi – occhi, naso,
impatto ha ricadute notevoli sul pensiero bocca, fronte, capigliatura – permette di
occidentale. Anche in Cina – sebbene in ricavare non solo il carattere di una persona,
modo completamente indipendente – si ma rispecchia anche l’animale che, in una
sviluppa intorno al 1000 d.C. una forma di visione spiccatamente antropomorfa, ne è
lettura del volto umano detta mianxiang, che espressione. Così, ad esempio, il condottiero
poggia su pilastri analoghi a quelli aristotelici. forte e coraggioso somiglierà giocoforza ad
Tornando in Europa, si può osservare come la un leone, mentre la persona mite e semplice
fisiognomica resti argomento di interesse e di avrà l’aspetto che ricorda quello del bue.
studio nel corso dei secoli e che la validità dei Successivamente è il filosofo e fisico Thomas
suoi assunti non sia sostanzialmente messa Browne a riprendere i temi della fisiognomica
in discussione per molto tempo. Michael Scot in due sue opere: Religio Medici (1643) e
(1175 ca.-1232 ca.) – filosofo della corte di Christian Morals (1675 ca.). Nel secondo
Federico II di Svevia – scrive all’inizio del lavoro scrive: «Poiché il sopracciglio spesso
XIII secolo il Liber physiognomiae, testo che dice il vero, poiché occhi e nasi hanno la
verrà utilizzato nelle università inglesi fino al lingua, e l’aspetto proclama il cuore e le
1530. Lo stesso Leonardo da Vinci (1452- inclinazioni, basta l’osservazione ad istruirti
1519), sebbene dichiari che la fisiognomica sui fondamenti della fisiognomica […] spesso
non abbia alcun fondamento scientifico, osserviamo che persone con tratti simili
afferma che le linee del volto legate alle compiono azioni simili. Su questo si basa la
espressioni facciali possono indicare i tratti fisiognomica».
della personalità. Senza ombra di dubbio è con lo scrittore e
Nel 1586 Giovanni Battista Della Porta (1535- filosofo svizzero Johann Kaspar Lavater
1615) – eclettico studioso vissuto a Napoli – che la fisiognomica raggiunge la sua
pubblica l’opera De humana physiognomonia massima espressione, non tanto per le
che senza dubbio andrà ad influenzare idee che non sono originali ma piuttosto
fortemente i successivi lavori di Thomas per l’ampia popolarità. I quattro volumi
Browne (1605-1682) e Johann Kaspar intitolati Physiognomische Fragmente zur
Lavater (1741-1801). Della Porta riprende la Beförderung der Menschenkenntnis und
tradizione greca che utilizzava le fisionomie Menschenliebe (1775–8) già nel 1810

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contano 55 edizioni con vari prezzi e formati, che trovano terreno fertile nell’assunto che
nonché le traduzioni in Inglese e Francese la nazionalità è rappresentata come un fatto
(Lavater, 1840). Nonostante nell’ambiente “biologico”. Scrive, infatti, Lavater nel 1840:
scientifico l’opera abbia molti detrattori, «Che esista una fisionomia nazionale, così
Lavater diviene un personaggio ammirato e come un carattere nazionale, è innegabile.
corteggiato dall’aristocrazia europea. Chiunque dubiti di ciò non potrà mai aver
Grazie alla sua rete di conoscenze, Lavater osservato uomini di nazioni diverse, né aver
riesce ad ottenere da due artisti molto paragonato gli abitanti di due confini estremi».
popolari – Henry Fuseli (1741-1825) e È innegabile che questo abbia contribuito
William Blake (1757-1827) – dei ritratti non solo ad alimentare presunti primati tra le
che vanno ad arricchire la sua opera, nazioni ma, soprattutto, abbia legittimato sia
influenzando così anche l'arte e la letteratura l’eurocentrismo che il colonialismo.
di fine Settecento. È soprattutto il secolo Anche la frenologia (dal greco phren = mente
seguente a risentire fortemente del pensiero e logos = studio) intraprende i primi passi sul
lavateriano, visto che la fisiognomica (e la continente europeo per avere, in seguito, più
nascente frenologia) compare nei lavori dei fortuna nel Regno Unito, negli Stati Uniti e
maggiori romanzieri del XIX secolo come in Australia. A stabilirne i principi è il medico
Charles Dickens (1812-1870), Honoré de tedesco Franz Joseph Gall (1758-1828)
Balzac (1799-1850), Charlotte Brontë (1816- sul finire del XIX secolo. Sebbene ci siano
1855), Jane Austen (1775-1817), George differenze importanti tra la fisiognomica di
Eliot (1819-1880) e Oscar Wilde (1854-1900). Lavater e la frenologia di Gall, è indubbio
L’approccio alla fisiognomica non è sempre che la seconda sia influenzata dalla prima.
favorevole, visto che sia per Dickens che per Durante gli anni da studente (tra il 1770 e il
la Austen il romanzo fornisce l’occasione per 1780), Gall osserva che gli studenti dotati di
manifestare il proprio scetticismo. Di contro, buona memoria hanno tutti occhi prominenti
la Brontë abbraccia completamente le teorie e arriva alla conclusione che la parte del
di Lavater, tanto che nell’opera The Professor cervello sede della memoria sia posta dietro
si contano non meno di trenta frasi distinte agli occhi. Questa prima osservazione è
su fisiognomica e frenologia. La Brontë è fortemente collegata con la popolarità delle
ossessionata dalle caratteristiche fisiche delle teorie lavateriane del tempo, ma prosegue
sue protagoniste ed è desiderosa di illustrare poi in maniera originale tanto che Gall può
al lettore ciò che il loro aspetto dice sulla loro essere considerato il primo a formalizzare
moralità o carattere (Twine, 2002). che la mente e il cervello siano la stessa cosa
Un aspetto interessante da evidenziare è che e che esistano aree del cervello deputate a
tra il 1700 e il 1800 la fisiognomica gode delle funzioni differenti. Nonostante questi elementi
simpatie sia del mondo religioso che di quello di modernità, la sua teoria frenologica
scientifico. Questo perché Lavater tenta di risente pesantemente della popolarità
usare la scienza per migliorare la moralità della fisiognomica tanto che egli cerca
delle persone, per sistematizzare e rendere all’esterno, sulla superficie della testa, le
operativa la nozione che l’apparenza riflette caratteristiche cerebrali degli individui. Mappa
la propria moralità; la sua opera ha potuto il cervello suddividendolo in aree legate
così attrarre le persone senza compromettere ad alcune facoltà, il cui grado di sviluppo
il loro cristianesimo o il crescente scientismo viene rispecchiato dalla forma della testa,
tipico di quel periodo. attraverso delle vere e proprie protuberanze
Un’altra ragione del successo della e depressioni. Viene da qui il detto popolare
fisiognomica lavateriana è da ricercare nelle “avere il bernoccolo per qualcosa”.
nascenti ideologie nazionaliste del periodo A dare nuova linfa alle teorie di Gall è il suo

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collaboratore Johann Caspar Spurzheim gli occhi di oggi significa coglierne la loro
(1776-1832). A lui si deve non solo la inconsistenza scientifica. Al tempo stesso, il
coniazione del termine “frenologia”, ma loro retaggio culturale – nei modi di dire e nel
anche un ampliamento del numero delle pensiero popolare – è innegabilmente attuale,
facoltà mentali e morali che passano dalle tanto che chiunque nel corso della sua vita
iniziali 27 fino a 37 (Gall e Spurzheim, 1809- avrà detto o pensato “quello ha una faccia
19). Dopo il 1815 i destini del maestro e del da…”, senza rendersi conto che così facendo
discepolo in tema di frenologia si separano. ha riassunto in quell’espressione molti secoli
Spurzheim abbraccia una visione meno di storia.
deterministica della frenologia che viene vista
come uno strumento che può far migliorare
l’umanità; di contro, Gall rimane legato
all’osservazione e alla sperimentazione Bibliografia
anatomica, ritenendo che non si possano
migliorare le facoltà mentali di una persona Gall F.J., Spurzheim J.G., 1810-19. Anatomie
attraverso l’educazione. et physiologie du système nerveux en général,
È la visione di Spurzheim a prendere il et du cerveau en particulier, Paris.
sopravvento, grazie al suo attivismo. Egli,
infatti, tiene un vero e proprio tour di lezioni Lavater J.K., 1840. Essays on Physiognomy.
nel Regno Unito rendendo molto popolare London, Thomas Tegg (Orig. 1775–1778).
questa disciplina. George Combe (1788-
1858) pubblica nel 1828 The Constitution Twine R., 2002. Physiognomy, Phrenology
of Man, in cui presenta la sua formulazione and the Temporality of the Body. Body &
della frenologia e i suoi usi pratici. Oramai Society. London, Thousand Oaks and New
tutte le maggiori città inglesi hanno società Delhi: SAGE Publications, vol. 8(1): 67–88.
frenologiche e la figura del frenologo è
riconosciuta e apprezzata: nonostante
lo scetticismo che sfocia addirittura nella
derisione da parte dell’establishment
scientifico britannico, la frenologia diventa
una “scienza popolare” con tanto di giornali e
pubblicazioni dedicate.
Uno degli effetti più deleteri della frenologia
si può osservare a partire dalla seconda metà
del XIX secolo, quando essa si concentra
sulle differenze razziali: non è raro trovare sui
giornali di frenologia molte rappresentazioni
denigratorie dei neri africani e degli aborigeni
australiani, utili a giustificare la superiorità
europea e lo sfruttamento coloniale. La
frenologia, seguendo il clima dell’epoca,
è al fianco di altre discipline come la
craniometria, l’antropometria, la criminologia
e l’antropologia a supportare la presunta
superiorità dei bianchi, l’eurocentrismo, le
differenze tra le classi sociali e il patriarcato.
Guardare la fisiognomica e la frenologia con

77
Cranio frenologico secondo Gall,
seconda metà del XIX sec.
osso dipinto, 20x20x30 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

78
Cranio frenologico secondo Dolce,
seconda metà del XIX sec.
osso dipinto, 20x20x30 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

79
Cesare Lombroso e l’atavismo
Cristina Cilli - Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso”, Sistema Museale di
Ateneo, Università degli studi di Torino
Emanuele d’Antonio - Dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale, Università
di Udine

Cesare Lombroso nacque da Aronne e Zefora Poco dopo l’Unità d’Italia, nel 1863, Lombroso
Levi a Verona nel 1835, membro di un’agiata fu incaricato del corso di Clinica delle Malattie
famiglia della borghesia ebraica in via di mentali all’Università di Pavia, assumendo la
emancipazione nell’Italia asburgica. Il suo direzione del reparto alienati del Sant’Eufemia
percorso formativo, compiutosi fra le amate e, in seguito, la libera docenza di Antropologia.
discipline storico-letterarie e le inizialmente Il suo ingresso nella comunità accademica
più ostiche scienze biomediche, lo condusse italiana fu più tardo rispetto a quello dei suoi
a una precoce adesione al positivismo coetanei colleghi positivisti. La ragione può
(Frigessi, 2003). Conseguita la licenza individuarsi in una precedente scelta politico-
liceale, il giovane fu avviato dalla famiglia agli esistenziale, rivelatasi deludente per le sue
studi medici, laureandosi nel 1858 a Pavia aspettative scientifiche e professionali. Nel
– non senza un breve trascorso presso gli 1859 Lombroso, espatriato clandestinamente
Atenei di Padova e Vienna – con una tesi in Piemonte, si era arruolato nell’esercito
sul Cretinesimo in Lombardia. Il linguista sabaudo, poi italiano, per prendere parte da
veneto Paolo Marzolo fu il suo “maestro” ufficiale medico alla fase apicale delle guerre
e “padre” culturale, che lo introdusse allo risorgimentali. L’esperienza di medico militare
studio comparativo delle lingue, concepite fu comunque importante, sollecitandolo fra
come prodotto umano e naturale (Bulferetti, l’altro – incontrata la popolazione calabrese
1975). L’ingresso nella cultura medica, legato durante la spedizione per la repressione del
soprattutto all’influente alienista lombardo brigantaggio del 1862 – a una riflessione
Andrea Verga, ne consolidò l’attitudine etnografica sui rapporti fra le condizioni di vita
sperimentalista, rafforzandone a un tempo dei gruppi umani e il loro ambiente storico e
la fede nella scienza quale risorsa capitale ai socio-culturale di riferimento.
fini del progresso, sanitario e socio-culturale, Congedatosi dall’esercito, l’inizio della carriera
delle società umane. Convinto seguace del accademica fu contraddistinto da un’intensa
positivismo, Lombroso ne sarebbe divenuto e feconda stagione di ricerca fondata sul
un agguerrito propagandista contribuendo, metodo sperimentale. Nel quindicennio a
in opposizione alle tendenze “spiritualiste” venire Lombroso, fra i fondatori della comunità
e clericali, a renderlo cultura e ideologia psichiatrica nazionale e per sei mesi nel 1872
dominante della nuova Italia. I suoi lavori più direttore del Manicomio di Pesaro, operò
rilevanti di questo tipo furono la traduzione all’insegna di un fitto, continuo interscambio
di un caposaldo del materialismo fisiologico fra i campi del sapere delle nuove scienze
tedesco, la Circolazione della vita (1868) di dell’uomo. L’antropologia gli offrì le risorse
Moleschott, e le letture antropologiche su metodologiche e teorico-interpretative per
L’uomo bianco e l’uomo di colore (1871), interrogarsi su di un’ampia varietà di fenomeni
che ipotizzavano, in un quadro evoluzionista della devianza, reali o presunti.
a cavallo fra lamarckismo e darwinismo, Nel 1864 Lombroso pubblicò Genio e follia,
la discendenza dell’uomo da una scimmia divenuto nel 1888 la ponderosa monografia
primitiva. su L’uomo di genio. Come rilevato dalle

80
anomalie biologiche e comportamentali
degli individui, i “geni” sarebbero stati degli
“anormali”, il cui estro creativo gli appariva
una sorta di eccesso maniaco o, più avanti,
una crisi epilettoide. La scienza lombrosiana,
ancora, prese ad affrontare le problematiche
indotte dai processi di modernizzazione
socio-economica, prospettandone la
soluzione “scientifica” alle élites politico-
amministrative e all’opinione pubblica
italiane (AA.VV., 2010; Ficarra, 2016). I suoi
studi sulle cause della pellagra, gravissima
patologia da sottoalimentazione dilagante
fra le masse rurali, suscitarono forte rumore
dentro e fuori la comunità medica. La sua
teoria, basata sull’idea che il mais guasto
provocasse la malattia, benché rivelatasi
erronea, raggiunse la sfera pubblica,
diventando il fulcro di importanti progetti di
riforma igienico-sociale. Non meno rilevanti
sviluppi, del resto, conobbe nel quindicennio
pavese la sua vita privata. Nel 1870 Lombroso
sposò la correligionaria alessandrina Nina
De Benedetti, fondando una famiglia che lo
avrebbe supportato nell’attività pubblica. La
secondogenita Gina, futura moglie dell’allievo
Guglielmo Ferrero, gli fu vicina più d’ogni Frontespizio della quinta edizione de L’uomo delin-
quente studiato in rapporto alla antropologia, alla
altro membro, fungendogli da segretaria,
medicina legale e alle discipline carcerarie, Fratelli
collaboratrice e biografa. Bocca editori, 1896. È stato il testo che ha reso
La parabola lombrosiana conobbe una svolta celebre Cesare Lombroso a livello internazionale.
decisiva nel 1876. In quell’anno, Lombroso si
trasferì a Torino, come professore ordinario
di Medicina legale e Igiene pubblica. In
concomitanza con la sua stabilizzazione superate le iniziali diffidenze, si mostrarono
accademica, Lombroso pubblicò la recettive ai suoi progetti, contribuendo alla
prima edizione de L’uomo delinquente sua ascesa a figura di primissimo piano
incrementando la sua fama in Italia e della cultura europea. Nel corso degli anni,
all’estero di ideatore di un originale, ancorché Lombroso raccolse intorno a sé un gruppo
controverso, approccio sperimentale e di allievi e collaboratori – medici, giuristi e
“positivo” allo studio della criminalità. Il volume più tardi scienziati sociali – dando vita a una
è il testo fondante dell’Antropologia criminale, scuola, dal 1880, dotata di un proprio organo,
la nuova disciplina che, spostando il focus l’Archivio di Psichiatria, Scienze penali e
dall’oggettività del reato all’individualità del Antropologia criminale, co-diretto da Enrico
reo, è ancora oggi considerata l’antesignana Ferri e Raffaele Garofalo. Pur ancorata
della moderna criminologia scientifica (Villa, all’originaria matrice medico-antropologica, la
1985). “scienza della devianza” di Lombroso estese
Le cerchie accademiche e culturali torinesi, gradualmente il proprio campo di ricerca alla

81
sociologia, interrogandosi fra l’altro sulle
dinamiche e le “patologie” della politica.
I suoi nuovi interessi si accompagnarono
all’assunzione del ruolo di intellettuale,
militante socialista e critico delle tendenze
reazionarie di fine secolo. Il “lombrosismo”
entrò in crisi ai primi del Novecento; l’attrazione
dell’antropologo per il mondo dello spiritismo,
benché scientificamente motivata, fu tra gli
indicatori più rilevanti del suo declino.
La morte lo colse nella casa torinese di via
Legnano nel 1909, un evento che, conquistate
le prime pagine della stampa internazionale,
simboleggiò la fine della stagione del
positivismo.
L’Antropologia criminale, fonte principale
della fama lombrosiana, era imperniata sulla
teoria dell’atavismo, che aveva influenzato
profondamente l’immaginario scientifico,
culturale e anche politico-istituzionale fra Otto
e Novecento. In occasione del Congresso
torinese del 1906, Lombroso ne narrò a
posteriori la genesi, attribuendola a una Uomo di Neandertal, Montecucco, 1908. Simbolo
sorta di “rivelazione” che gli occorse nel dell’atavismo, Cesare Lombroso teneva questo
1870 (Milicia, 2014): «In una grigia e fredda busto nel suo studio privato tra gli oggetti a lui
mattina di dicembre esaminando il cranio di cari. Oggi è conservato nel Museo di Antropologia
Giuseppe Villella» – ladro recidivo morto nel criminale “Cesare Lombroso” dell’Università di
1864 nell’Ospedale civico di Pavia, città dove Torino, nella sala dedicata all’atavismo.
scontava la pena di sette anni di reclusione
– «trovai una enorme fossetta occipitale
mediana e un’ipertrofia del vermis analoga a la società a difendersi dai suoi artefici
quella che si trova nei vertebrati inferiori. Alla (Frigessi, 2003; Gibson, 2004). Sin dalla
luce di queste anomalie mi apparve, tutto ad seconda edizione de L’uomo delinquente
un tratto, come una larga pianura sotto un (1878) Lombroso pose l’accento sulle sue
infiammato orizzonte, risolto il problema della applicazioni nel campo della giurisprudenza,
natura del delinquente, che doveva riprodurre attaccando le astrazioni della scuola classica
così ai nostri tempi i caratteri dell’uomo e prospettando una riforma su basi “positive”
primitivo giù giù fino ai carnivori». Poiché del diritto penale. In parallelo, la sua attività
Lombroso, attraverso i suoi studi di anatomia di ricerca sperimentale, sollecitata dalle
comparata, conosceva questa caratteristica critiche ricevute da avversari e allievi in più
anatomica (tipica dei lemuri e di altri sedi, proseguì spasmodicamente: l’obiettivo
mammiferi come l’Ayé Ayé del Madagascar) di centinaia di esami antropometrici e di
dedusse che nel Villella fossero riemersi ricognizioni etnografiche fu la produzione
caratteri primitivi, tipici dei selvaggi, prima di una più articolata e meglio difendibile
causa del suo comportamento criminale. classificazione tipologica del “criminale”.
La teoria dell’atavismo definiva così il delitto Nel corso del tempo, la galleria lombrosiana
come una necessità naturale, chiamando dei devianti, accanto al delinquente atavistico,

82
si arricchì di nuove figure costruite su teorie Ficarra P., 2016. La modernizzazione in
psichiatriche o, specie dai primi anni Novanta, Italia e Lombroso. La svolta autoritaria del
di una nuova valorizzazione delle cause progresso (1876-1882). Roma, Edizioni di
socio-economiche del delitto. L’Antropologia Storia e Letteratura.
criminale rivendicò sempre più ai propri
specialisti la perizia necessaria a stabilire la Frigessi D., 2003. Cesare Lombroso. Torino,
“pericolosità” sociale del criminale, perizia Einaudi.
che doveva diventare l’elemento cardine del
giudizio penale. Se i “delinquenti d’occasione” Gibson M., 2004. Nati per il crimine. Cesare
andavano avviati ai sostitutivi penali, Lombroso e le origini della criminologia
l’esclusione sociale era invece il destino biologica. Milano, Bruno Mondadori.
degli incorreggibili. Nel 1889 il Codice penale
Zanardelli, nonostante l’interesse di alcuni Milicia M.T., 2014. Lombroso e il brigante.
segmenti del mondo politico italiano, rifiutò in Storia di un cranio conteso. Roma, Salerno
blocco le proposte della scuola lombrosiana, Editrice.
mentre agli inizi del Novecento l’allievo
Salvatore Ottolenghi legittimò il suo maestro Villa R., 1985. Il deviante e i suoi segni.
fondando a Roma la Polizia scientifica (AA. Lombroso e la nascita dell’Antropologia
VV., 2009). criminale. Milano, Franco Angeli.
L’Antropologia criminale, nei modi in cui fu
proposta da Lombroso, è oggi destituita di
fondamento: a testimoniare la sua attività di
ricercatore restano le preziose collezioni di
reperti umani, di manufatti di criminali e folli,
di fotografie e disegni da lui raccolti, custodite
presso il Museo di Antropologia criminale
dell’Università di Torino (AA.VV., 2015).

Bibliografia

AA.VV., 2009. Cesare Lombroso cento anni


dopo. A cura di Tappero P. e Montaldo S.,
Torino, Utet.

AA.VV., 2010. Cesare Lombroso. Gli


scienziati e la nuova Italia. A cura di Montaldo
S., Bologna, Il Mulino.

AA.VV., 2015. Il Museo di Antropologia


criminale Cesare Lombroso dell’Università di
Torino. A cura di Montaldo S., in collaborazione
con Cilli C., Milano, Silvana Editoriale.

Bulferetti L., 1975. Cesare Lombroso. Torino,


UTET.

83
DALLA
FACCIA ALLA
MASCHERA:
IL VISO
SIMBOLICO

Maschera sudsahariana
XX sec
legno dipinto, 18x29 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

84
Un viso sopra il viso
Nicola Carrara - Museo di Antropologia, Università degli Studi di Padova

A volte l’evoluzione biologica e l’evoluzione (e viceversa) porta solo ad una grande


culturale prendono strade molto diverse. Non confusione. La peculiarità evolutiva dell’uomo
si sa bene quando né come, ma durante la deriva da un mix non ancora ben compreso
storia evolutiva umana abbiamo perso il di biologia e cultura, due facce della stessa
pelo che ci caratterizzava come mammiferi. medaglia.
Alcuni sostengono che tale perdita sia
dovuta a un adattamento che rispondeva Poniamo, dunque, le maschere in un contesto
alla necessità di disperdere calore, per fare strettamente culturale e vediamo di far
in modo che il cervello funzionasse a dovere emergere così il senso di questo fenomeno.
nei climi caldi delle savane africane. Altri, Nonostante non esista un consenso assoluto
invece, sostengono che l’assenza di pelo tra gli etimologi, la parola “maschera” sembra
riduceva il rischio di entrare in contatto con i abbia origine dalla voce indoeuropea masca
parassiti tipici dei mammiferi e che favorisse [fuliggine, fantasma nero]. Se diamo seguito a
l’attrattività sessuale. Indipendentemente da questo significato, dobbiamo necessariamente
quale fattore abbia favorito questa direzione, spostarci sul piano spirituale. Nonostante i
la nostra specie sembra essersi fatto beffa di tanti studi fatti su questo tema – senza che
questo lunghissimo percorso evolutivo durato nessuno possa essere considerato conclusivo
milioni di anni: finalmente liberi dai peli e – appare evidente che chi indossa la maschera
con il viso perfettamente leggibile, differenti non lo fa per sparire alla vista, in una sorta di
culture umane di ogni angolo del modo hanno originale tentativo di imitazione del mimetismo
inventato le maschere! biologico. È vero il contrario. Chi indossa la
maschera vuole essere visto e vuole rimanere
Perché biologia e cultura hanno fatto scelte in contatto con gli altri. A essere celata è
così diametralmente opposte? In biologia le l’identità, perché chi indossa la maschera
“scelte” sono frutto di adattamenti dei viventi assume un altro ruolo che fa emergere
che vengono selezionati nel tempo e quindi qualcosa di più profondo: lo spirito. Siamo
anche la perdita del pelo va letta in quest’ottica. di fronte ad un nuovo paradosso, stavolta
Cosa abbia spinto gli uomini a produrre interamente e profondamente culturale:
maschere è più difficile da cogliere. Esiste protetti da una maschera, togliamo tutte le
anche per questa manifestazione culturale “maschere” che quotidianamente portiamo e
una sorta di vantaggio che l’ha premiata nel riveliamo il nostro spirito.
tempo? La maschera è stata inventata in un
luogo preciso del nostro pianeta e da lì si è Ecco perché le maschere svolgono funzioni
diffusa oppure compare in aree differenti, differenti che possono cambiare a seconda
con tempi e modi unici? In qualche museo del luogo, del contesto e dal ruolo riconosciuto
del mondo ci sarà sicuramente quella che alla persona che le indossa. Sebbene esistano
è considerata la più antica maschera mai delle classificazioni che si basano sulla loro
ritrovata. Ma sarà la progenitrice di tutte le forma (maschere a lato singolo, maschere
altre maschere? ad elmetto, maschere decorate con sculture,
ecc.), in questo contesto vale la pena piuttosto
Le domande poste sopra sono volutamente soffermarsi sui loro principali usi, partendo
faziose: applicare i criteri biologici alla cultura dalle maschere esposte in mostra.

85
Maschera Sepik,
seconda metà del XX sec
legno, fibre vegetali, piume, cauri,
87x27 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

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Maschere per scopi magico-rituali occhi e di lingue sporgenti, ornate di grandi
corone e di enormi orecchini. I fori per la
Uno dei rituali che più comunemente visione si trovano ai lati della radice del
prevedono l’utilizzo di maschere riguarda la naso. La tradizione orale ha fissato le forme
cura delle malattie. La maschera mashamboy classiche delle maschere e all’esorcista
proveniente dai Bakuba del medio Congo (gurunanse) spetta il ruolo di condurre le
impersona il demone della malattia (Corrain e cerimonie e di decidere come l’esorcismo – in
Zampini, 1970-71). In molte culture umane la cui l’aspetto teatrale è fondamentale – possa
malattia viene percepita come la possessione svolgersi (AA.VV., 2008).
del corpo da parte di un’entità malvagia: da
questo consegue che la “cura” praticata
debba portare all’espulsione di questo Maschere per rituali religiosi
spirito. Attraverso l’utilizzo di erbe particolari
conosciute dai guaritori questa espulsione Ad un contesto rituale differente è legato
non è per nulla simbolica, dato che i principi l’utilizzo delle splendide maschere malangaan
attivi contenuti nelle piante somministrate al provenienti dalla Nuova Irlanda in Melanesia.
malato causano allo stesso vomito o scariche Nelle maschere in questione è l’elemento
diarroiche. Differente è il rituale di guarigione religioso a dominare, dato che il loro utilizzo
che passa attraverso il rito sciamanico, come è legato alla commemorazione dei defunti
quello osservato nei Bakuba. Il demone della (AA.VV., 1991). Durante questi riti non viene
malattia impersonato dallo sciamano è al di solamente celebrato l’addio al defunto, ma
fuori della persona posseduta e in una lotta anche l’esuberanza della vita. Per queste
simbolica, spesso propiziata dall’assunzione ragioni le cerimonie funebri possono avvenire
di sostanze allucinogene e dai suoni ritmici anche mesi dopo l’avvenuta morte, spesso
dei tamburi, l’entità malvagia viene costretta in un rito collettivo che ricorda più defunti
ad abbandonare il corpo della persona contemporaneamente e che viene associato
malata. È curioso far notare che il raccoglitore al passaggio dei giovani all’età adulta. Le
della maschera riporta un ulteriore uso della maschere possono rappresentare più cose:
maschera: in alcune occasioni è il capo- gli antenati morti, il ges (il doppio spirituale
tribù ad indossarla per ridurre le donne di ogni individuo) o gli spiriti delle foreste
all’obbedienza. In questo caso è il potere dell’area. Esse sono strettamente legate al
terrifico della maschera ad emergere, tanto possessore, fintanto che questi non decida
da riuscire a spaventare e quindi comandare di distruggerle o cederle; nel secondo caso
chi normalmente è restio all’obbedienza. l’acquirente acquisisce, oltre alla maschera,
il diritto (una sorta di copyright) ad utilizzare
Sempre legati agli esorcismi sono le due e replicare lo stile che contraddistingue ogni
maschere provenienti dallo Sri Lanka, singola opera.
conosciuto in passato come Ceylon.
Queste maschere sono utilizzate nei rituali
di guarigione detti sanni yakuma, retaggio Maschere come emblemi di potere
dei tempi precedenti alla conversione al
Buddismo dell’isola. Essi sono propiziati da Tra i molti significati che le maschere possono
danze e si tengono al tramonto. Le maschere assumere, uno riguarda sicuramente la
rappresentano i diciotto differenti demoni manifestazione del potere. Non è sempre
maligni delle malattie (febbre, claudicazione, facile stabilire il confine tra queste maschere
cecità, sordità, ecc.) e normalmente sono e quelle utilizzate nei rituali di guarigione o
avvolte da serpenti (cobra reale), fornite di religiosi, dato che molto spesso chi conduce

87
queste cerimonie viene considerato dalla loro “attivazione” non necessita, come spesso
comunità una guida, che sia spirituale, accade in altri rituali, di danze propiziatorie: il
sciamanica o curativa poco importa. Più potere è nella maschera stessa e in colui che
strettamente connessa al potere è la maschera la indossa.
proveniente dai Sepik della Nuova Guinea,
popolazioni che vivono lungo il fiume omonimo
e i suoi affluenti. Queste genti sono note per
la loro creatività artistica: essa si mostra nella Bibliografia
creazione di maschere che rappresentano
volti umani dai lunghi nasi, simili a becchi AA.VV., 1991. Oceania. Catalogo della
d’uccello. La pittura è il complemento della mostra Collezione dell’Oceania del Museo di
scultura e assume un’importanza particolare Antropologia ed Etnografia dell’Università di
nelle decorazioni delle “grandi case degli Padova (Padova, 6 ottobre 1991-2 febbraio
uomini” – centri della vita sociale e religiosa, 1992). Padova, Editime.
esclusivamente maschili, di molte popolazioni
della Nuova Guinea – spesso di dimensioni AA.VV., 2008. Masks. Masterpieces from
spettacolari (AA.VV., 1991). the musée du quai Branly collections. Paris,
Musée du quai Branly.
La maschera in questione è del tipo savi ed è
legata al potere di contrastare la magia nera. Corrain C., Zampini P., 1970-71. Le collezioni
Le maschere savi hanno tutte la lingua fuori, etnografiche dell’Istituto di Antropologia
in segno di sfida e aggressione nei confronti dell’Università di Padova. Atti e Memorie
dei nemici del clan. Proprio nelle case dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e
degli uomini si svolgono le cerimonie che Lettere di Verona, serie VI, vol. XXII, anno
prevedono l’utilizzo di queste maschere. La accademico 1970-71.

88
Maschera mashamboy dal Congo, XX sec
tessuto, fibre vegetali, conchiglie, 45x45 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

89
Maschera sanni yakuma dallo Sri Lanka,
fine del XIX sec
legno dipinto, 69x53 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

90
Maschera malangaan (part.), XIX sec.
legno, fibre vegetali, 58x53x55 cm
Museo di Antropologia
Università degli Studi di Padova

91
Anonimo intagliatore trentino
Maschera da vecchia, fine del XIX secolo
legno di cirmolo dipinto, capelli di crine, 30x30x22 cm
Collezione Giordano Raffaelli, Trento
© foto Nicola Eccher

92
Anonimo intagliatore trentino
Maschera da diavolo, fine del XIX sec.
legno di cirmolo dipinto, 50x26x18 cm
Collezione Giordano Raffaelli, Trento
© foto Nicola Eccher

93
I VOLTI
DELL’ANIMA

94
Il volto, o dell’ambiguità

Camilla Nacci

Da un lato la raffigurazione fedele, declinata una dimensione filosofica in cui il pensiero sta
per lo più nel ritratto, singolo o corale, in equilibrio con l’azione. Ontani rappresenta
dall’altro la forma del volto simbolico, invece una sorta di Polifemo bacchico, divinità
totemico, stilizzato: in ogni caso, nell’ambito del vino e del culto orgiastico, dedito ai piaceri
delle vastissime esperienze artistiche in cui mediterranei. L’artista rivisita la tradizione
il volto è protagonista, è insita un’ambiguità tirolese delle maschere in legno attraverso
sostanziale, che rende impossibile tracciare una personale iconografia polimorfica, che
confini netti. ricorda in questo caso la ritualità legata al
ciclo delle stagioni e agli auspici agricoli di
Il viso è rappresentato e rappresenta, è abbondanza e fertilità.
specchio dell’aspetto umano, esistente
nella realtà, ma vi si cercano tracce del Anche l’enigmatica scultura “Testa” di Pietro
divino. La faccia è una forma primaria, una Weber è il volto (o la maschera) di una
forma archetipica di cui, fin dalla preistoria, sorta di divinità ancestrale, in cui convivono
si è cercata la duplicazione attraverso la elementi contrapposti: orizzontale e verticale,
maschera, che consente il cambio di identità. maschile e femminile, corpo e mente. I due
La maschera crea una distanza tra chi la visi sono estremamente semplificati, ma
indossa, proteggendolo, e l’”altro”. ricchi di suggestioni che vanno dai Moai
dell’Isola di Pasqua ai copricapi degli antichi
I sei artisti contemporanei che dialogano Egizi. Il viso allungato presente nell’opera
con la mostra “Imago animi” formano un “Head Winter”, di James Brown, è invece
gruppo apparentemente eterogeneo, per di dichiarata ispirazione africana. Dopo una
età anagrafica, percorsi artistici e medium lunga ricerca presso l’allora Musée National
espressivi; sono tuttavia accomunati da des Arts d’Afrique et d’Océanie, dove l’artista
una ricerca antropologica profonda, dalla fa un’”overdose di teste” studiando reperti
fascinazione per il sacro e per le manifestazioni etnografici, la sua poetica si caratterizza per
rituali provenienti da diverse culture, ispirati la contaminazione tra il simbolismo cristiano,
da comportamenti che affondano le proprie sostrato culturale di James Brown, e culti
origini in luoghi lontani. Le opere selezionate esotici: il risultato è una raffinatissima estetica
individuano un percorso narrativo per che si serve consapevolmente della tecnica
accostamenti. Prendiamo Omar Galliani e del graffito, svelando le forme sotto vari strati
Luigi Ontani: la poetica dei due artisti è ricca di di colore.
spunti comuni, tradotti in due linguaggi diversi.
Nelle opere “Mantra” di Galliani e “Baccone” Molto spesso i visi di James Brown sono visi
di Ontani si trovano rispettivamente l’aspetto di guerrieri, dipinti o mascherati; una sorta
apollineo e quello dionisiaco del volto umano. di estensione della maschera, è proprio
Nel disegno di Galliani il viso androgino uno strumento di guerra, lo scudo: oggetto
della persona ritratta, in cui tratti maschili e dalla ricchissima carica simbolica, come la
femminili si fondono, dando vita a una figura maschera nasconde e protegge il viso e il
eterea in meditazione, è sovrastato da un corpo, pur rendendo tangibile la presenza
simbolo, che allontana immediatamente la umana. L’artista Ron Gorchov lavora da anni
prima impressione realistica per volgersi a su questa forma primaria, frequentando una

95
composizione tridimensionale caratterizzata raffronto con l’animale serpente: avvolto su un
dalla collocazione di due elementi fitomorfi bastone retto dalla mano dell’uomo, simbolo
al centro dell’opera. La poetica dell’artista si di fertilità e di rinnovamento nel Pantheon
basa sulla riflessione sul colore e sulla forma greco-romano, nel serpente si identifica anche
del dipinto, che diviene scultura e si appropria la tentazione nella cultura cristiana, lasciando
dello spazio. un interrogativo sulla sua doppia valenza. Nel
viso-maschera-scudo tuttavia avviene invece,
Ha la forma concava di uno scudo anche tramite le piume, una fusione benefica con
l’elemento collocato sulla sommità della l’animale uccello: nel travestimento, la forza,
scultura “Posa con grande maschera e la leggerezza e la capacità di cambiare del
serpente” di David Aaron Angeli, il più giovane picchio rosso fungono da amuleto.
artista coinvolto in mostra. Nell’opera di Angeli La posa è così completa e può generare un
un ulteriore grado di complessità è dato dal dialogo tra l’uomo e l’”altro”.

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Ron Gorchov
Untlited #11, s.d.
tecnica mista su papier-maché, 76 x 66 x 20 cm
Collezione Patrizia Gilli, Trento
© foto Nicola Eccher

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Luigi Ontani
Baccone, 1984
legno, 40 x 30 x 12 cm
Collezione Giordano Raffaelli, Trento
© foto Nicola Eccher

99
Omar Galliani
Mantra, 2000
pastelli su carta, 56 x 76 cm
Courtesy Galleria Il Portale, Cles
© foto Ingrid Pellegrini

100
James Brown
Head Winter, 1984
olio, smalto e grafite, 152,4 x 137,2 cm
Collezione privata
© foto Nicola Eccher

101
Pietro Weber
Testa, 2002
Terracotta e smalti, h 50 cm
Courtesy dell’artista

102
David Aaron Angeli
Posa con grande maschera e serpente, 2017
cera, ferro e legno, piume, 54 x 7 cm (sola scultura)
Courtesy Cellar Contemporary, Trento

103
Progetto grafico e immagine coordinata: Marcello Nebl - 2018
Finito di stampare nel mese di marzo 2018
dalla Litografia EFFE e ERRE, Trento

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