l’Orchestrette riscopre la vera poesia Sono rari i casi di devozione così fattiva a un artista co- prendendo ogni immaginabile libertà con gli arrangiamenti. me quella che il produttore, impresario, giornalista musica- È questo che avviene nelle esibizioni della Rso e nel lo- le Irwin Chusid vanta nei confronti di Raymond Scott: ma è ro disco «Pushbutton Parfait» (Evolver). Nelle partiture del pur vero che tutto quel che riguarda questo compositore ha tastierista Wayne Barker e del fisarmonicista Will Holshou- assunto spesso un colore insolito. ser le composizioni di Scott affermano i loro valori musica- Scott (vedi http://raymondscott.com), nato Harold War- li e poetici attraverso ricreazioni (sontuose e neo-lounge now nel 1908 e morto nel 1994, fu un outsider di buon suc- quelle di Barker, più asciutte e «scottiane» quelle di Hol- cesso all’apice dell’era dello Swing, allorché, fra il 1937 e il shouser) di pulsazione ritmica moderna, il cui fascino è ’39, alla guida di un sestetto (ma lui lo chiamava «Quintet») spesso nella distanza dagli originali, con ampio spazio al- di strumentazione jazzistica, incise molti piccoli brani «a le improvvisazioni di violino (Rob Thomas o Sam Bard- programma», fossero pure programmi improbabili o bizzar- feld), sax e fisarmonica. Gli altri componenti della Rso so- ri: War Dance For Wooden Indians, New Year’s Eve In A no Michael Hashim al sax contralto e soprano, il polistru- Haunted House, And The Cow Jumped Over The Moon. mentista
Composizioni motorie e di risalto davvero quasi visivo, per Brian Dewan, lo più accentuatamente bitematiche (è il caso della più fa- George Rush mosa e caratteristica, Powerhouse), in cui il clima cameri- al contrab- stico dei piccoli gruppi Swing di John Kirby – di cui Scott a- basso e Clem vrebbe in seguito impiegato l’artefice, Charlie Shavers – in- Waldmann al- contrava inopinatamente certo gusto freakish dei Five Pen- la batteria: nies di Red Nichols (Graveyard Shuffle), il «futurismo» di al- tutti dotati di cuni arrangiamenti di Don Redman per Fletcher Henderson spiccata indi- negli anni Venti, un esotismo novelty consapevolmente fat- vidualità tim- tizio e il colorismo acceso e querulo delle Yiddish Swing brica, di cui bands degli anni Trenta, tutto in una dimensione esecutiva gli arrangia- e ritmica di politezza meccanica, in cui l’improvvisazione menti fanno non trovava luogo e a ben vedere nemmeno lo Swing, se tesoro, in ciò non come citazione. Di queste miniature dai vivaci toni arti- procedendo ficiosi e dalla pulsazione motoristica, prive però di sarca- in direzione smo espressionista, il direttore musicale della Warner inversa a Brothers, Carl Stalling, scelse nel 1943 una dozzina a com- quella di Scott, per cui i musicisti erano macchine (e, ri- mentare l’azione dei disegni animati di Bugs Bunny, Daffy corda Anita O’Day, trattati come tali). Duck e compagni: a questa non indegna associazione la Forse cosciente di come l’approccio a contrario non sia musica di Scott dovette una sopravvivenza subliminale e facilmente applicabile a tutto il repertorio scottiano, l’Or- frammentaria. chestrette ha finora tralasciato alcuni degli hits più famosi Dalla metà degli anni Quaranta Scott si dedicò, da in- (The Toy Trumpet, Dinner Music For A Pack Of Hungry Can- ventore prima ancora che da compositore, alla sintesi elet- nibals) così come i più novelty e fonosimbolici, come tronica del suono, di cui fu oscuro pioniere: i risultati del suo Bumpy Weather Over Newark o Serenade To A Lonesome lavoro (a un certo momento finanziato da Berry Gordy della Railroad Station, ricuperando invece in suggestive versioni Motown), riportati alla luce da Chusid nei Cd «Manhattan acustiche due brani elettronici di Scott, Little Miss Echo e Research Inc» e «Soothing Sounds For Baby», suonano Bassline Generator, che fra l’altro illustrano l’abilità del oggi precorritori di generi come l’house e l’electronica. compositore nell’elaborare spunti musicali minimali. Era forse scritto nelle stelle che Irwin Chusid, autore di Ad ascoltare lo Scott della Rso dopo gli originali (dispia- uno studio sulla musica outsider (Songs In The Key Of Z, A ce che sul disco manchi lo stralunato vocal di Dewan in Ye- Cappella Books), incontrasse le opere di Scott con la forza sterday’s Ice Cubes), si riceve l’impressione di una musica di una rivelazione, circa quindici anni fa. Da allora ne ha pro- liofilizzata cui venga poi aggiunta l’acqua, e talvolta le bolli- mosso non solo la riedizione in Cd ma anche la diffusione e cine, o la schiuma, o un ombrellino versicolore. Forse il l’ingresso nel repertorio attraverso la Raymond Scott Or- «più» resta, essenzialmente, il calore umano di un’esecu- chestrette, che può a buon diritto chiamare una propria zione espressiva e disinibita che avrebbe magari turbato creatura. I sette che dal 1998 la compongono erano stati fra Scott: artista visionary, come dicono gli statunitensi, ma uo- i venticinque musicisti che aveva riunito due anni prima a mo timido e complessato, vagheggiatore, come dichiarò New York per un concerto di musiche di Scott. Con sor- nel 1937 intervistato da Popular Mechanics (!), di un suono prendente intuito artistico, chiese loro di non replicare il musicale «etereo, smateriato, pieno di spazio» che avreb- quintetto di Scott: piuttosto di reinterpretarne le musiche be per il resto della sua vita ricercato nelle macchine.