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Potere e Teoria Politica

CAPITOLO 1 POTERE
1.1 Il potere sociale come rapporto tra uomini

La de nizione più generale de nisce il potere come “la possibilità di operare, di produrre e etti e
può essere riferita sia a individui che a oggetti e fenomeni della natura".

Il potere sociale, invece, NON è il potere sulle cose, ma si riferisce al potere dell'uomo
sull'uomo, quindi al potere tra attori sociali. Il potere sociale quindi è la capacità dell'uomo di
determinare la condotta dell'uomo. Il potere è un rapporto tra uomini ed è de nito come una
relazione tra soggetti (bisogna subito aggiungere che stiamo parlando di una relazione triadica).
Infatti per de nire un potere, occorre speci care sia il gruppo o la persona che lo detiene e il
gruppo o la persona che vi è sottoposto, ed occorre determinare anche la sfera di attività alla
quale il potere si riferisce cioè la sfera del potere: ad esempio, all’università sottostiamo alla
sfera di potere del rettore e dei professori, a lavoro sottostiamo alla sfera di potere del datore di
lavoro).

La sfera del potere può essere più o meno vasta e più o meno delimitata: ad esempio la sfera di
potere del prof dell’università è limitata, la sfera di potere del politico è molto ampia.

Potere attuale e potere potenziale



il potere attuale è il potere e ettivamente esercitato, mentre il potere potenziale è il potere inteso
come avere la possibilità di esercitarlo.

1.2 Potere attuale


Il potere attuale è una relazione tra comportamenti e consiste in 3 elementi:

1) Nel comportamento di A (individuo o gruppo) diretto a modi care la condotta di B o tale da


modi care la condotta di B nell'interesse di A; 

2) Nel comportamento di B in cui si rende concreta la modi ca della condotta voluta da A (che
corrisponde all'interesse di A) 

3) Nel nesso intercorrente tra questi due comportamenti. 


Occorre analizzare questi 3 aspetti del fenomeno:

1) Il comportamento di A, che esercita potere, mira a modi care il comportamento di B.



Alcuni autori sostengono che il potere non sia necessariamente intenzionale, perché ritengono
che vi è potere tutte le volte che un determinato comportamento ne causa un altro, anche se
in modo involontario.

Occorre inserire allora il concetto di interesse come stato della mente che esercita il potere. Si
otterrà quindi che il comportamento di A, che esercita potere, può essere associato
all'interesse che A nutre per il comportamento di B e NON per l'intenzione di A di determinare
il comportamento di B.

2) Il comportamento di B che subisce il potere è dotato di volontarietà, ma non è detto che B sia
consapevole di agire nel modo voluto da A.

Se B agisce volontariamente, ciò non pregiudica che il comportamento di B sia “libero”. Infatti
se A esercita un potere costrittivo su B, B si comporta come vuole A per evitare un male
minacciato. Questo consente di distinguere tra potere coercitivo e l'impiego diretto della
violenza. Se vi è l'impiego della violenza, A non modi ca la condotta di B ma modi ca
direttamente il suo stato sico (lo uccide, lo ferisce...) 

Nei rapporti sociali e politici si ricorre spesso alla violenza quando non si riesce a esercitare
potere. 

Non vi è un rapporto di potere se il comportamento di un uomo provocato da un altro uomo è
del tutto involontario (es. ipnotizzato che si comporta in modo involontario).

Se invece il comportamento oggetto di potere è abituale (es. saluto del militare ad un suo
superiore) ha un minimo di volontarietà perché non si sceglie consapevolmente di farlo ma è
un abitudine. La volontarietà del comportamento oggetto di potere non richiede
necessariamente che chi lo detiene intenda comportarsi nel modo desiderato da altri che
esercitano potere su di lui. Infatti A può provocare un determinato comportamento di B senza
che B se ne renda conto. Questo tipo di rapporto di potere è la manipolazione, tipica della
propaganda camu ata.

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3) Nesso che intercorre tra il comportamento di A e di B.

Perché ci sia il potere occorre che il comportamento di A sia causa del comportamento di B.

I rapporti tra i comportamenti sono relazioni probabilistiche, non relazioni “necessarie”, per
cui in questo contesto il concetto di “causa” è staccato da quello di “necessità” e deve essere
inteso come Causa probabilistica.

Questo signi ca che A è causa del comportamento di B solo in questo determinato caso
perché il comportamento di B potrebbe essere causato da altri fattori oltre al potere di A.
Quindi il rapporto di potere è un tipo di causazione sociale.


CI sono diverse interpretazioni del nesso causale:

- Il comportamento di A è condizione necessaria del comportamento di B (il comportamento
di B si veri ca solo se si veri ca quello di A)

- il comportamento di A è condizione su ciente del comportamento di B (se si veri ca il
comportamento di A, si veri ca anche quello di B).

- il comportamento di A è condizione necessaria e su ciente del comportamento di B (il
comportamento di B si veri ca quando, e solo quando, si veri ca il comportamento di A).
Secondo Stoppino, il comportamento di A è la causa determinante e decisiva del
comportamento di B, cioè è la condizione “Su ciente” e NON “necessaria” 

Il rapporto di potere è asimmetrico perché se il comportamento di A è causa di quello di B,
il comportamento di B non è causa di quello di A.

Quindi i rapporti di potere posso avere sia un carattere unidirezionale sia essere caratterizzati da
reciprocità, come avviene tipicamente negli scambi economici.

1.3 Potere potenziale


Il potere potenziale è la capacità di determinare i comportamenti altrui.

Mentre il potere attuale è un rapporto tra comportamenti, il potere potenziale è un rapporto tra
attitudini e agire: da una parte A ha la possibilità di tenere un comportamento mirante a
modi care la condotta di B nel proprio interesse (di A) ma d'altra parte, è probabile che B tenga il
comportamento che A desidera.

Di erenza tra avere potere e esercitare il potere:

Un capo militare esercita potere sui suoi soldati quando ordina l’attacco e i soldati eseguono
l’ordine; e ha potere su di loro, se è probabile che i soldati andassero all’attacco qualora il capo lo
comandasse.
Siccome esercitare potere implica avere possibilità di esercitarlo, il potere sociale è la capacità
della determinazione intenzionale o interessata dei comportamenti altrui.

Il potere potenziale dipende da: risorse detenute, propensione ad usarle, abilità ad usarle:

A ha delle risorse (ricchezza, forza, informazione etc..) che possono essere impiegate per
esercitare potere e inoltre la capacità di A dipende anche dalla sua propensione ad usare le
risorse e dall'abilità di convertirle in potere (es. non tutti gli uomini ricchi sono disposti ad usare
il denaro per esercitare un'in uenza politica).

Questa abilità può riguardare anche la combinazione dell'impiego di più risorse e, nel caso che
A sia un gruppo, la coesione e la coordinazione del gruppo stesso.

Per questo motivo nelle relazioni internazionali i poteri di due governi possono non essere
proporzionali alle risorse che i due governi hanno a disposizione, perché uno dei due governi ha,
per esempio, una maggiore abilità nell'uso di una risorsa.

Tutto ciò NON è su ciente a stabilire che A ha potere su B perché può esistere una sproporzione
enorme tra le risorse economiche di cui dispongono: A non ha potere su B, se B non è disposto a
tenere quella condotta qualunque sia il compenso che gli viene o erto (es. A o re a B 1 milione di
euro per fare qualcosa, ma B ri uta).

Stessa cosa se A avesse gli strumenti della forza e li esercitasse su B ma B fosse pronto a subire
la tortura o la morte piuttosto di tenere il comportamento che vuole A (es. martire che ri uta di
rinnegare il suo Dio). Questo è un caso eccezionale che mette in evidenzia che il potere
potenziale è un rapporto tra uomini che si può spezzare se B non si lascia in uenzare dalle
risorse e dall'abilità di A.

Il potere potenziale è un concetto che individua rapporti di potere stabilizzato, molti importanti
nella vita sociale e politica.

Il potere è stabilizzato quando ad un'alta probabilità che B compia con continuità i
comportamenti che corrispondono alla volontà di A, corrisponde un'alta probabilità che A compia
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con continuità le azioni dirette a modi care il comportamento di B.

Quando è di tipo intenzionale, il potere stabilizzato si traduce spesso in una relazione di
comando e obbedienza; e può essere o non essere accompagnato da un apparato amministrativo
incaricato di eseguire i comandi di chi detiene il potere .

Inoltre il potere stabilizzato può fondarsi su caratteristiche personali del detentore di potere (es.
carisma, competenza, fascino....) oppure su altre risorse o sul ruolo del detentore di potere (per
esempio il ruolo del Presidente della Repubblica).

Quando la relazione di potere stabilizzato si articola in una pluralità di ruoli, si parla di potere
istituzionalizzato.

1.4 Il ruolo delle percezioni sociali e delle aspettative


Il potere deriva anche dall'esistenza di determinati atteggiamenti dei soggetti del rapporto. Questi
atteggiamenti sono:

1) Percezioni: esercitano un'in uenza sui fenomeni del potere reale. L'immagine che un
individuo o gruppo si fa della distribuzione del potere, nel suo ambito sociale, contribuisce a
determinare il suo comportamento.

Es.: In un confronto per un negoziato internazionale, se il governo A ritiene che il governo B
abbia un potere maggiore del proprio, allora A subirà un maggior potere da parte di B, anche
se una stima corretta avrebbe potuto portare ad un risultato più favorevole per A.
2) Aspettative: possiamo dire che il comportamento di ogni attore è determinato in parte dalle
sue previsioni relative alle azioni future degli altri attori e all'evoluzione della situazione.

Il fenomeno più evidente del ruolo delle aspettative è dato dai rapporti di potere che operano
attraverso il meccanismo delle reazioni previste, che si veri ca quando B modi ca la sua
condotta nell'interesse di A senza un intervento diretto di A, ma perché prevede che A
adotterebbe provvedimenti per lui spiacevoli se non modi casse la propria condotta.

Ovviamente occorre che la previsione che fa B non sia frutto della sua fantasia ma che si basi
su una precedente condotta di A.


1.5 Modalità e con ittualità del potere


Il potere può essere esercitato in molti modi:

Per alcuni autori il “potere” è tale quando la determinazione dei comportamenti altrui si fonda
sulla coercizione, per altri il “potere” può riguardare anche rapporti non coercitivi.

Però ciò che è fondamentale è formulare una chiara nozione della determinazione intenzionale o
interessata della condotta altrui e individuare la specie della determinazione della condotta altrui
fondata sulla coercizione.

La coercizione è la minaccia di privazioni siche (interventi violenti). In altri casi è considerata


come un alto grado di costrizione (o minaccia di privazioni di qualsiasi genere).

Le alternative di comportamento a cui si trova di fronte B (che la subisce) sono alterate dalla
minaccia di sanzioni di A (che la esercita) in modo talmente grave che il comportamento di B che
A desidera è considerato il meno penoso da B (es. rapinato (B) cede la borsa per salvarsi la vita).

Nel concetto di coercizione c’è anche un grado di allettamento (promessa di vantaggi): In questo
caso B accetta un lavoro degradante perché si trova in una situazione di povertà. C’è una
di erenza tra il primo e il secondo caso: nel primo il rapinatore mette il rapinato nella situazione di
cedere alla minaccia, mentre nel secondo caso non è detto che l'allettatore metta l'allettato nello
stato di inferiorità che lo porta ad accettare il lavoro.

È molto rilevante anche il problema della con ittualità del potere: prendiamo, per esempio,
delle relazioni di potere fondate sull'intenzione; e cominciamo dicendo che si può parlare di
con itto tra la volontà di A e quella di B quando A inizia il tentativo di esercitare potere su B, o
quando B tiene il comportamento voluto da A. È evidente che c’è un con itto iniziale tra le volontà
di A e di B: se non ci fosse infatti B avrebbe agito diversamente dalla volontà di A. Il problema è
quello di capire se c’è necessariamente un con itto tra la volontà di A e quella di B anche nel
momento nale. Precisata in questo modo, la domanda non può che avere una risposta negativa.
La con ittualità o non con ittualità dipende dal modo di esercizio del potere. Consideriamo un
esercizio di potere basato sulla persuasione da un lato, e un esercizio di potere basato sulla
minaccia di una punizione dall'altro lato. In entrambi casi, B avrebbe tenuto -in assenza
dell’intervento di A- un comportamento (chiamiamolo a) diverso da quello che tiene in
conseguenza dell'intervento di A (chiamiamolo b). Ma nel caso del potere di persuasione B,
dopo l'intervento di A, preferisce lui stesso a rispetto a b, e tenendo b si comporta come desidera
comportarsi. In altre parole B dà maggiore importanza al comportamento che tiene dopo
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l'intervento di A che al comportamento che avrebbe tenuto in assenza di tale intervento: di
conseguenza, possiamo dire che non c'è con itto di volontà tra A e B.

Al contrario, nel caso del potere basato sulla minaccia di una punizione B, dopo l'intervento di
A, continua a preferire a a b, e tiene il secondo comportamento perché lo preferisce non già al
primo, ma il primo diminuito della punizione minacciata da A (a-p). In altre parole B attribuisce
minor valore al comportamento che tiene dopo l'intervento di A che al comportamento che
avrebbe tenuto in assenza di tale intervento: quindi in questo rapporto di potere c'è un con itto di
volontà tra A e B.

Bisogna dire che l’antagonismo può nascere anche da altri aspetti del potere, per esempio:

Nel rapporto di manipolazione non sorge immediatamente un con itto, ma vi è un con itto
potenziale che diventa attuale quando B scopre che la sua condotta è stata manipolata da A,
questo con itto può derivare dal risentimento di B nei confronti di A.

O quando c’è una disuguaglianza delle risorse il con itto può nascere dal fatto che B si sente
ferito e ha risentimento per la disuguaglianza tra le proprie risorse e quelle di A e A sfrutta la
situazione a suo vantaggio. Quanto più la disuguaglianza delle risorse è risentita da B tanto più la
relazione di potere genera un antagonismo degli atteggiamenti che può sfociare in un con itto
aperto.

La disuguaglianza delle risorse è una causa potenziale di con itto.



La disuguaglianza delle risorse: 

- in un rapporto di potere continuativo e asimmetrico può non essere percepita dai soggetti
passivi; 

- Inoltre i sottoposti al potere possono rendersi conto della disuguaglianza ma accettarla come
giusta e legittima sulla base di una dottrina politica o sociale; 

- Quando è percepita e giudicata ingiusta, può essere attribuita a soggetti o entità diversi dai
detentori del potere, e inoltre il senso di ingiustizia e il risentimento sociale possono non sfociare
in un con itto aperto perché soppressi dai sottoposti.

1.6 misurazione del potere


Un modo per misurare il potere è quello di determinare le diverse dimensioni che può avere la
condotta che ne è oggetto.

Per misurare il potere, si possono considerare diversi criteri: 


1. Probabilità: la probabilità che si veri chi il comportamento di B desiderato da A: tanto più è


la probabilità che il comportamento di B si veri chi quanto più è il potere di A su B.

2. Numero di uomini sottoposti al potere: ci sono poteri che riguardano una sola persona
(padre verso il glio) e poteri che riguardano milioni di persone (Biden verso gli Americani).

3. Sfera del potere: cioè l'ambito in cui si esercita il potere e il grado di modi ca della
condotta di B che A può provocare entro una certa sfera di attività. (es. è più ampio il
campo di potere di Obama o del Papa? Il potere di Obama è ampio, in ambito economico e
militare, mentre la sfera di Papa Francesco è meno ampia, perché il suo settore è limitato ai
valori religiosi, che non riguardano la politica, etc..).

4. Grado di modi cazione (Peso del potere): è il settore di attività a cui il potere si riferisce.
In base alla scala dei valori di una certa cultura si può de nire se un potere che riguarda una
certa sfera è maggiore o minore rispetto ad un altro potere che riguarda una sfera diversa.

5. E cacia del potere: riguarda il grado della corrispondenza tra il comportamento di B e


l'intenzione o l'interesse di A. (es. Comando obbedito con più o meno accuratezza).

6. Costi del potere: I costi riguardano le risorse che A deve impiegare per tentare di esercitare
potere su B.

7. Forza del potere: E' il costo eventuale che sostiene B se ri utasse di obbedire ad A.

1.7 Il potere in politica


Il campo nel quale il potere assume il ruolo più cruciale è quello della politica.

Secondo Weber le relazioni di comando e obbedienza che si ritrovano nel rapporto politico si
basano su fondamenti materiali ed sopratutto si basano su uno speci co fondamento di
legittimità. Di questo potere legittimo (autorità) Weber individua tre tipi:

1. Potere legale

Il potere legale è quello tipico dei sistemi politici moderni, si fonda sulla credenza nella
legittimità di ordinamenti che de niscono espressamente il ruolo di chi detiene il potere.

La fonte del potere è la legge. Alla legge sono sottoposti sia coloro che comandano sia
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coloro che obbediscono, per questo si chiama potere legale razionale. 

L'apparato amministrativo del potere è quello della burocrazia moderna (struttura
gerarchica di superiori e subordinati, gli ordini sono impartiti dai funzionari che hanno
competenze speci che).

2. Potere tradizionale 

Il potere tradizionale si fonda sulla credenza nel carattere sacro di un potere esistente da
sempre. La fonte del potere è la tradizione che impone dei vincoli sia a chi detiene l'autorità
sia i sottoposti (es. il Re non può intaccare la tradizione e non può cancellarla). Il sistema di
amministrazione del potere è di tipo patriarcale, composto di servitori legati al signore.

3. Potere carismatico 

Il potere carismatico si fonda su tutte le caratteristiche peculiari, come la forza eroica o il
valore, che contraddistinguono lo stesso capo in modo eccezionale.

C'è il bisogno di trovare gure eccezionali (es. nel caso di Hitler) che rappresentano la
soluzione a tutti i mali. La fonte del potere si connette con ciò che è nuovo e non è esistito
in precedenza e perciò è un potere che spezza l'ordine costituito, è completamente
rivoluzionario e quindi non sopporta vincoli predeterminati. Crea nuove religioni, Stati,
Imperi. In politica emerge il Leader carismatico nei momenti di grande crisi sociale ed
economica. Il problema della leadership carismatica è il passaggio al potere carismatico al
potere o tradizionale o legale. La morte del leader carismatico spesso porta alla conclusione
del potere stesso. In altri casi, invece, si istituzionalizza (es. Papato). 


Dopo Weber, l'interesse degli studiosi per il potere è aumentato:



Lasswell, ad esempio, concentrò l'analisi politica sullo studio del potere come fenomeno
empirico, per fare ciò costruì uno schema concettuale per lo studio dei fenomeni di potere
nell'ambito della vita sociale e utilizzando concetti psicoanalitici, esaminò i rapporti tra potere e
personalità. Lasswell individuò la personalità politica orientata verso la ricerca del potere, ne
studiò la dinamica di formazione fondata sul trasferimento su oggetti pubblici di impulsi privati
repressi.

Una teoria più recente è la teoria di politica generale di Parsons, secondo lui il potere politico è la
capacità generalizzata di assicurare l'adempimento delle obbligazioni vincolanti in un sistema di
organizzazione collettiva, in cui le obbligazioni sono legittimate dal fatto che sono necessarie ai
ni collettivi e possono quindi essere imposte con sanzioni negative.

Il potere ha quindi una connotazione relazionale, diventa una proprietà del sistema (mezzo
circolante politico), ancorata sia alla istituzionalizzazione e alla legittimazione dell'autorità, sia alla
possibilità e ettiva del ricorso alla minaccia e all'uso della violenza.

1.8 Metodi di ricerca empirica


Sono stati sviluppati diversi metodi di ricerca del potere;

- Il primo è il metodo posizionale. Il metodo posizionale consiste nell’identi care le persone più
potenti in coloro che hanno una posizione di potere nelle gerarchie pubbliche e private più
importanti di una comunità. 

Il problema principale di questo metodo, però, è il potere occulto, Infatti chi detiene il potere
potrebbe essere manovrato da altre persone.

In un'analisi realistica, quindi, non si deve confondere il potere formale con quello
sostanziale. (es. il sindaco di una cittadina formalmente ha potere ma in realtà si fa in uenzare
dal vicesindaco o da persone malavitose che in questo senso, detengono il potere e ettivo).

- Un altro metodo più a dabile è il Metodo reputazionale, che si fonda sul giudizio di alcuni
membri della comunità studiata che sono considerati buoni conoscitori della vita politica della
comunità stessa.

Con questo metodo, si sottopongono questionari a chi ritiene di essere una fonte attendibile a
valutare il potere in un determinato contesto.

Il potere reputazionale può essere confuso con il potere reale. Infatti questo metodo non è così
preciso per il fatto che i testimoni potrebbero avere una visione distorta della realtà oppure
possono essere non molto informati e fornire informazioni sbagliate.

Questo metodo non accerta il potere e ettivo, ma accerta il potere reputato che può
corrispondere o meno al potere reale.Questo metodo è utilizzato come tecnica di rinforzo o di
integrazione, per veri care se ci sia o meno potere occulto.

- L’ultimo è il Metodo decisionale, che è molto più preciso rispetto ai primi due perché veri ca
direttamente il potere quando si veri ca. Questo metodo si basa sull'osservazione o sulla

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ricostruzione dei comportamenti e ettivi che si manifestano nel processo decisionale pubblico. 

Il metodo decisionale richiede tempo, uomini e denaro e l'unità di analisi è dinamica. Infatti
occorre esaminare il processo decisionale e occorre analizzare dall'inizio alla ne gli attori del
processo decisionale. In ne occorre valutare e confrontare gli esiti e la corrispondenza della
politica concreta e i diversi oggetti considerati.

Il metodo decisionale ha anche sollevato critiche:

- alcuni hanno sostenuto che dallo studio di pochi settori decisionali non si può ricostruire in
modo attendibile la distribuzione generale del potere nella comunità;

- Inoltre il potere decisionale pubblico non è la sede di tutto il potere, ma solamente di una parte. 

Il processo decisionale infatti ha luogo dentro un determinato contesto organizzativo e occorre
considerare i condizionamenti strutturali, che molto spesso sfuggono ma sono decisivi. 

Queste critiche quindi osservano che il metodo decisionale non può accertare da solo la
distribuzione generale del potere. 

Quindi per studiare empiricamente il potere occorre utilizzare diverse tecniche di ricerca
indirizzate sia all'accertamento dei dinamismi del processo decisionale, sia all'accertamento dei
poteri strutturali che condizionano quei dinamismi. 


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CAPITOLO 2 POTERE, INTENZIONE, INTERESSE

2.1 Causazione sociale, potere, intenzione


Il potere sociale è un rapporto di causazione sociale. Il nesso causale può essere attuale o
potenziale, dal momento che è potere tanto l'avvenuta determinazione di comportamenti altrui
quando la capacità di determinarli. Nel primo caso (potere attuale) c'è un nesso causale tra due
comportamenti compiuti di A e B; nel secondo caso (potere potenziale) c'è un nesso causale
potenziale tra un comportamento di A possibile e probabile, e un comportamento probabile di B.

Noi prendiamo in considerazione, per semplicità, solo il potere attuale. È generalmente accettato
che il potere sia un rapporto di causazione sociale, ma da questa connessione nascono due ordini
di problemi:

1. Il primo riguarda le di coltà inerenti al modo di interpretare il nesso causale tra i due
comportamenti: come condizione su ciente, come condizione necessaria e come
condizione necessaria e su ciente.

2. Il secondo ordine di problemi riguarda l'estensione della nozione di potere rispetto a quella
di causazione sociale, ci si chiede cioè se sono potere tutti i rapporti di causa e etto tra
comportamenti o conviene restringere il campo solo a quei rapporti in cui i comportamenti
sono associati a stati della mente degli individui? E quali sono gli stati della mente da
selezionare? → Occorre considerare lo stato della mente di chi esercita potere. 


Secondo Robert Dahl, potere e causazione sociale sono sinonimi, infatti sosteneva che A ha
potere su B nel grado in cui può portare B a fare qualcosa che non farebbe.

Questa formulazione però non considera gli stati della mente. La concezione più classica del
potere considera lo stato della mente (intenzione), quindi si può de nire il potere come un
rapporto di causazione sociale intenzionale.

Quindi a nché vi sia potere, occorre che il comportamento di B sia quello voluto da A, ma il
grado di questa corrispondenza può variare (es. B può eseguire la direttiva in modo meno
preciso), ciò signi ca che l'esercizio di potere non è sempre e cace al 100%, ma si parla di
esercizio di potere n quando c’è anche una minima corrispondenza tra il comportamento a di A
che provoca il comportamento b di B.

(Esempio di distinzione tra causazione sociale e causazione sociale intenzionale → un


governo decide un piani cazione economica rigorosa ma fallisce, allora ci saranno movimenti di
protesta, fuga di capitali etc.. il governo ha provocato quegli e etti, ma non voleva provocarli.
Quindi non vi è intenzione e questo è causazione sociale)

Possiamo quindi dire che: La causazione intenzionale di un comportamento altrui è potere,


mentre la causazione di un comportamento altrui contrario all'intenzione di chi lo causa
NON è potere. 


2.2 Insu cienza del criterio dell'intenzione


Analizziamo un caso ipotizzato da Dahl: un capu cio è sempre di cattivo umore, allora la
segretaria, che si accorge cattivo umore, si comporta in modo più gentile rispetto al solito. In
questo senso, il capu cio controlla il comportamento della segretaria in modo non intenzionale.
Se invece la segretaria si comporta in modo sgradevole, non vi è analogia tra controllo
intenzionale e controllo non intenzionale.

L'analogia resta valida solo se nel rapporto di causazione sociale non intenzionale c'è una
propensione favorevole a produrre il risultato (anche se questo risultato manca).

Secondo White, si ha esercizio di potere quando la persona che provoca una condotta altrui ha
un atteggiamento favorevole verso gli e etti rilevanti del rapporto.

L'atteggiamento favorevole può consistere in un'intenzione, un desiderio, una speranza, un
voto... Stoppino è in parte d'accordo con questa teoria, ma pensa che l'atteggiamento favorevole
sia un requisito troppo debole e vago per identi care il potere, un termine ampio.

- Imitazione

L'imitazione è un altro tipo di rapporto che ha fatto sorgere la questione delle relazioni tra potere
e intenzione. L'imitazione è la riproduzione spontanea da parte di altri di un comportamento
iniziato da un membro del gruppo senza che quest'ultimo abbia intenzione di farsi imitare.

Questo caso è stato distinto dall'in uenza diretta, ovvero quando l'attore che tiene un
comportamento vuole farsi imitare da altri. L'analogia tra la determinazione intenzionale della
condotta altrui ed il rapporto dell'imitazione del comportamento regge nché l'attore, preso come

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modello, abbia un atteggiamento favorevole; chiamato interesse, e in questi limiti si può parlare di
relazione di potere.

Quando invece non c’è interesse, o c’è un atteggiamento negativo, il nesso è una relazione
causale, ma non una relazione di potere.

- Reazioni previste
Nelle relazioni previste, B assume un comportamento b nel senso desiderato da A, senza che A
manifesti direttamente una propria intenzione, ma perché prevede che A adotterebbe reazioni per
lui spiacevoli se egli non tenesse quel comportamento oppure prevede che A gli darà
grati cazioni future se B terrà quel comportamento questo può dedurlo da precedenti casi
analoghi o dal fatto che A persegue un interesse. (Ad esempio: l’assistente che porta il ca è al
capo tutte le mattine, lo fa sia perché pensa che se non gli portasse il ca è il capo si potrebbe
arrabbiare, sia perché pensa che portandogli il ca è il capo potrebbe dargli delle grati cazioni)

In questo tipo di rapporto manca il requisito dell’intenzione da parte di A.

I rapporti fondati sulle reazioni previste sono relazioni di potere se A, di cui B anticipa le reazioni,
ha un interesse al comportamento risultante di B.

2.3 Che cos'è un interesse? (Noi siamo interessati all’interesse soggettivo)



Nelle scienze sociali, la parola "interesse" è una parola sospetta perché, utilizzandola si può
ricadere nella trappola degli interessi “oggettivi” in contrapposizione a quelli “soggettivi”, cioè
agli interessi che gli individui o i gruppi nutrono di fatto.

Per poter accertare gli interessi oggettivi, occorre una scala di valori universalmente valida, che
però non esiste, quindi il ricercatore costruisce il concetto di interesse oggettivo sulla base della
propria scala di valori.

Il concetto di interesse ha avuto un ruolo centrale nella “teoria dei gruppi” di Bentley e Truman ma
sono stati molto vaghi nel de nirlo. 

Per Lasswell l'interesse è un modello di domande e aspettative che sostengono tali domande
mentre per Deutsch l'interesse signi ca sia una distribuzione di attenzioni, sia un'aspettativa di
ricompensa. Queste due de nizioni hanno un elemento in comune, cioè l’aspettativa e un
elemento diversi cato, cioè la domanda (per Lasswell) e la distribuzione di attenzioni (per 

Deutsch).

Se si combinano le due de nizioni si ottiene una de nizione triadica: l'interesse verso un certo
oggetto comporta l'aspettativa di una ricompensa o una grati cazione, la domanda e
l'applicazione selettiva dell'attenzione rispetto a quell'oggetto. 


Gli interessi hanno due dimensioni:
• Dimensione cognitiva: Lasswell a erma che l’interesse non è un “desiderio cieco”, perché
l’aspettativa di una grati cazione può essere fondata o meno, e ottimistica o pessimistica,
ma di per sé è una previsione di accadimenti e rientra nel gruppo dei giudizi di fatto.
Possiamo distinguere l’interesse da: 

➢  gli impulsi emotivi, cioè le spinte che nascono da uno squilibrio siologico 

➢  bisogni generali della personalità, cioè le energie interne all’organismo che spingono
verso un certo tipo di azione piuttosto che un altro. Un bisogno generale della personalità
può essere soddisfatto in diversi modi (es. attraverso lo sport, attività letteraria, etc..). I
bisogni generali della personalità non presuppongono una speci ca dimensione cognitiva e
spingono verso un tipo generale di condotta. 

L'interesse è connesso ad un oggetto, ad un'esperienza speci ca.

• Dimensione direttiva

L'interesse non è solo aspettativa, ma comporta anche una spinta ad agire in vista
dell’oggetto che provoca l’interesse.

La di erenza tra preferenza e interesse è che la preferenza è una disposizione passiva,
mentre l'interesse è attivo e dinamico e spinge ad agire, a cercare qualcosa.

La di erenza tra atteggiamento favorevole e interesse è che l'atteggiamento favorevole
indica una disposizione a reagire in senso positivo in presenza di un certo oggetto mentre
l'interesse indica una disposizione ad agire.

(es. Mi piacciono i gatti e quando ne vedo uno per strada mi fermo e lo accarezzo →
atteggiamento favorevole.

Mi piacciono così tanto i gatti che a casa ne ho 25→ interesse)

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2.4 Interesse e potere
La nozione di potere si può estendere anche alle relazioni in cui, in mancanza di un'intenzione, sia
presente, in chi provoca un comportamento altrui, un interesse per l'e etto del rapporto.

Di erenza tra intenzione e interesse


Come abbiamo visto, l'interesse comporta una disposizione ad agire per ottenere qualcosa
mentre l'atteggiamento favorevole comporta soltanto una disposizione a reagire positivamente
quando si veri ca un evento. Alla volontà di ottenere il comportamento di B (intenzione) si avvicina
la disposizione ad agire seriamente per ottenere il comportamento di B (interesse). L'analogia
però diminuisce se si considera, da una parte, il proposito deliberato di provocare il
comportamento di B (intenzione) e, dall'altra, la tendenza a reagire in modo positivo al veri carsi
del comportamento di B (atteggiamento favorevole).

In sede empirica il ricercatore deve accertare un nesso causale tra un comportamento di A che
non è diretto a determinare il comportamento di B, ma che è associato con uno stato mentale tale
che da esso B può capire che A reagirà in un certo modo, e il conseguente comportamento di B,
volto a ottenere reazioni positive o evitare reazioni negative di A.

La di coltà sta nell'individuare il comportamento rilevante di A, e questa di coltà è molto più alta
se non si conosce in anticipo l'identità di A, questo signi ca che tutti gli attori partecipanti ad un
sistema possono esercitare potere attraverso le reazioni previste.

Le possibilità di successo dell'indagine empirica cambiano a seconda che il ricercatore adotti
come criterio di ordinamento l'atteggiamento favorevole o l'interesse:

• Atteggiamento favorevole → è praticamente impossibile descrivere tutti gli atteggiamenti


favorevoli di tutti gli attori partecipanti al sistema.

• Interesse → si esprime in un'attività. Si possono veri care gli interessi degli attori
studiando le azioni in cui si impegnano seriamente e in modo più o meno continuativo.
Quindi una “mappa degli interessi” è molto più fattibile rispetto alla “mappa degli
atteggiamenti favorevoli”. 

L'interesse (NON l'atteggiamento favorevole) può fornire un nuovo orientamento per l'analisi
del potere.

L'interesse è la faccia nascosta del potere e si trova nelle NON decisioni.

Le scelte pubbliche o politiche si trasformano nella capacità di far sì che certi temi/
problematiche non vengano trattati. (NON decisioni).

Queste non decisioni sono il frutto della faccia nascosta del potere. 


2.5 Alcune conseguenze per la ricerca


L'allargamento della nozione di potere fatto nora cambia i tipi di fenomeni sui quali indirizziamo
la nostra attenzione cercando il potere.


Vediamo quale sarà il modo di procedere di un ricercatore che accoglie il concetto allargato di
potere:

oltre alla tecnica decisionale adotterà come canale per cercare il potere anche il criterio
dell’interesse. Per mezzo della loro attività, ricostruibile empiricamente, il ricercatore accerterà
l'interesse dei principali gruppi e organizzazioni della città e in base a questo accertamento,
cercherà i nessi causali tra i comportamenti e gli outputs decisionali pubblici.

È chiaro che in questo caso l’attenzione del ricercatore è concentrata:

1) sull’ambiente esterno al processo decisionale pubblico;

2) Su comportamenti che ne restano ugualmente fuori, ma che possono limitare o orientare il


processo decisionale anche in modo non intenzionale.

A questo diverso orientamento sono collegate anche altre di erenze di accentuazione: la tecnica
decisionale tende ad indirizzare maggiormente lo sguardo

• verso gli individui che sono i protagonisti del processo decisionale pubblico

• verso comportamenti aperti che si manifestano nell'arena politica pubblica

• verso gli aspetti dinamici del potere, poiché nel processo decisionale si esprimono i
problemi che di volta in volta vengono sul tappeto e le coalizioni mutevoli che si formano su
tali problemi.


L'approccio che si àncora al concetto dell’interesse tende a indirizzare maggiormente lo
sguardo verso i gruppi e le organizzazioni, perché sono prevalentemente questi a incarnare
gli interessi più consistenti verso dei comportamenti meno aperti e verso degli aspetti più
stabili del potere.

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Questo concetto allargato di potere è adatto per lo studio delle NON decisioni che sono
esercizi di potere che non si attuano nell'ambito del processo decisionale pubblico ma che
lo limitano dall'esterno. 

Il potere infatti, si veri ca anche nell'impedire che certe proposte “entrino” nel processo
decisionale. Questo tipo di potere opera attraverso le reazioni previste, nel senso che i
protagonisti della scena pubblica non formulano una data proposta, perché anticipano le
reazioni di gruppi o individui che restano fuori dal processo decisionale che non
apprezzerebbero la proposta. 

Un secondo modo in cui si esercita il potere nel senso delle “non decisioni” consiste nel
minacciare direttamente o in iggere sanzioni a coloro che intendono avanzare proposte
“inammissibili”. In questo caso l'esercizio del potere non è individuabile per mezzo della
tecnica decisionale perché resta al margine dell'arena pubblica MA è maggiormente
individuabile se si studiano gli interessi principali nella comunità e ltra il processo
decisionale attraverso questi interessi. 

Se il ricercatore dispone di una mappa di interessi è in grado di sapere se certi individui
prevalgono in certi settori decisionali ed è anche in grado di selezionare i settori decisionali
da studiare in rapporto agli scopi della ricerca.


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CAPITOLO 3 VIOLENZA
La violenza è un fatto terribile che colpisce l'incolumità sica e alimenta la paura. Per questi
motivi la violenza non è stata mai studiata, ma anzi, respinta: la riluttanza dei sociologi, dei
politologi e dei loso politici a studiare la violenza e le sue funzioni è stata per molti anni tenace.
Il forte disinteresse per la violenza nel secolo scorso è ancora più sorprendente se si pensa che
durante lo stesso periodo di tempo si conducevano molte indagini riguardo al potere, con il quale
la violenza è molto legata.

La violenza è connessa ai fenomeni politici ed è un fattore politico sempre rilevante ma è


considerata un tabù sociale.

per iniziare, quando si parla della violenza, occorre evitare due pregiudizi che nascondono giudizi
di valore:

1) Pregiudizio del Conservatore: che vede la violenza come un male enorme, perché distrugge
l'ordine e la convivenza, e quindi che la condanna; d’altra parte il pregiudizio conservatore
tende a minimizzare il ruolo della violenza nell'ordine sociale e politico: quindi la violenza è
vista come un fatto estraneo alla società politica che interrompe l'ordine naturale delle cose e
per questo motivo è un male, l’unica eccezione è la violenza legittima da parte dello Stato che
viene denominata “forza”.

2) Pregiudizio del Ribelle: si contrappone al pregiudizio del conservatore: il ribelle tende a


esaltare la violenza ché è vista come un fatto positivo perché contribuisce a spezzare le
catene dello sfruttamento sociale e pone le basi di una società rinnovata. Secondo i ribelli,
anche i rapporti di potere che sono apparentemente paci ci nascondono violenza perché la
violenza è alla base della struttura della società.Questa visione di violenza onnipresente
ra orza la convinzione di ricorrere ad una ribellione violenta per abbattere lo sfruttamento del
gruppo dominante e così dare vita ad una nuova società.

Questi pregiudizi possono essere superati esaminando la violenza in modo razionale e distaccato.


3.2 Che cos'è la violenza?


La violenza è l'intervento sico di un individuo o di un gruppo contro un altro individuo o
gruppo o anche contro se stesso. Perché si veri chi, occorre che l'intervento sico sia volontario
e che abbia lo scopo di distruggere o o endere. (es. è violenza se Giovanni spara a Marta, ma
non è violenza se il medico opera il paziente).

Di solito la violenza è esercitata contro la volontà di chi la subisce ma esistono eccezioni,


come nel caso del suicidio o degli atti di violenza provocati dalla vittima per scopi
propagandistici.

La violenza può essere diretta, quando si esercita direttamente sullo stato sico della
persona o indiretta, quando altera l'ambiente sico in cui la persona si trova oppure opera

attraverso la distruzione, il danneggiamento, o la sottrazione di risorse materiali.

In entrambi i casi si veri ca una modi cazione negativa dello stato sico dell'individuo o del
gruppo che subisce l'azione violenta.

In questo senso il termine “violenza” diventa sinonimo di “forza” ma la distinzione tra violenza e
forza si basa su giudizi di valore, infatti si può caricare positivamente la “forza”, perché quali cata
come lecita dall'ordinamento giuridico, e negativamente la "violenza", perché illecita o distruttrice
del bene comune; e si può caricare positivamente la "violenza" vista come mezzo di liberazione
della maggioranza dallo sfruttamento dei pochi, e “negativamente la “forza” giudicata strumento
del dominio autoritario della minoranza; tutti questi giudizi di valore però non sono legittimi in un
discorso scienti co e descrittivo come quello politologico.

Anche il politologo però ha bisogno di distinguere tra gli interventi sici che sono creduti legittimi
da quelli che non lo sono, ma lo studioso non esprime giudizi di valore, perché si limita a
descrivere il “senso” che quelli che appartengono ad un dato contesto sociale attribuiscono a
certi rapporti, in questo modo può distinguere tra quello che viene considerato omicidio e quello
considerato esecuzione capitale in una data società.

L'impiego dei termini “forza” e “violenza” è spesso fuorviante, perché l'impiego di due termini
diversi rende troppo rigida la divisione, quindi bisogna impiegare i termini “violenza” e “forza”
come sinonimi, o impiegare uno dei due per designare interventi sici e distinguere, invece, tra
violenza o forza “creduta legittima” da quella non creduta tale.

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3.3 Violenza e potere
La violenza si distingue dal potere perché l'azione del potere NON è di tipo sico, ma ha come
oggetto la volontà di chi subisce il potere (ottenere un'azione o omissione altrui dotata di almeno
un minimo di volontarietà):

Mentre il potere cambia la volontà dell'altro, la violenza cambia lo stato del corpo o
l'ambiente sico intorno al corpo, anche i risultati che si possono ottenere dalla violenza e dal
potere sono diversi: 

Grazie al Potere si può ottenere qualsiasi condotta interna o esterna, azione o omissione;

Grazie alla Violenza si può solo ottenere un omissione, ovvero alterando lo stato sico dell'altro,
non si può far credere qualcosa e neppure impedire di credere in qualcosa;

La distinzione tra violenza e potere coinvolge anche il potere coercitivo (basato su sanzioni
siche), occorre perciò distinguere tra violenza in atto e minaccia di violenza.

Nei rapporti di potere coercitivo la violenza interviene, sotto forma di punizione, quando la
minaccia di violenza non ha raggiunto il suo scopo (es. martire che si fa uccidere piuttosto che
rinnegare il suo dio → esprime sia la superiorità della forza del persecutore, ma anche l'impotenza
delle minacce più gravi a piegare la volontà del martire). 

Occorre anche distinguere dalla violenza i rapporti di potere costrittivo basati su sanzioni diverse
dalla forza (es. danno economico, ritiro di a etto di una persona amata, la destituzione da una
carica...) Nel linguaggio comune, si impiega il termine “violenza” riguardo ai rapporti coercitivi,
costrittivi e manipolatori perché sono relazioni nelle quali chi esercita potere forza l'altro,
apertamente o nascostamente, a tenere una condotta sgradita, e perciò, in qualche modo, fa
violenza alla sua volontà, ma l’uso del termine “violenza” per questi rapporti crea confusione
perché mette in una stessa categoria rapporti di erenti tra loro; quindi continuiamo a chiamare
“violenza” solo la parte ristretta e tecnica e NON i rapporti coercitivi, manipolatori e costrittivi. 

La connessione tra minaccia di violenza e violenza in atto sta nel fatto che in un rapporto
coercitivo, basato su sanzioni siche e sull'uso della violenza come punizione per una
disobbedienza, vi è l'ine cacia della minaccia in caso di disobbedienza che, allo stesso tempo,
può accrescere l'e cacia della minaccia (potere coercitivo) per il futuro. 

L'e cacia della minaccia dipende sia dal grado di brutalità dell'intervento sico minacciato,
sia dalla sua credibilità, ad esempio se il minacciante ha già messo in atto la punizione in casi
simili, allora la minaccia è credibile.

Questa dimensione dimostrativa della violenza in atto si può usare anche al di fuori del caso della
punizione, con azioni chiamate “dimostrazioni di forza”, usate in anticipo per rendere credibile
una minaccia, e che hanno una funzione di avvertimento generale che tende a ra orzare tutte
le possibili minacce future. 


3.4 Violenza e potere politico


Il ricorso alla violenza è un tratto caratteristico del potere politico.

Infatti la de nizione di potere politico più di usa è quella per cui il potere politico si basa sul
monopolio della violenza legittima (prima Hobbes, poi Weber).

La sicurezza sica infatti è il valore fondamentale per tutti gli uomini e quindi se togliamo alle
persone il valore fondamentale della sicurezza sica sarà facile controllarne la condotta.

La funzione deterrente della violenza è indispensabile per mantenere le condizioni esterne che
garantiscono la coesistenza paci ca, anche perché senza coesistenza paci ca il potere politico
non può operare.

Quindi è indispensabile la minaccia della violenza da parte dello Stato nei casi di disobbedienza.

Si può parlare di monopolio della violenza (Weber) negli stati moderni e contemporanei di
matrice europea, perché vi è uno sviluppo intorno al potere centrale di governo, mentre non se
ne può parlare nei sistemi politici dell'antichità e del Medioevo, perché anche se dotati di un
centrale potere di governo, non sono mai arrivati ad una paci cazione del corpo sociale, e
nemmeno nelle società “primitive” che non avevano un potere centralizzato.

Comunque anche nelle comunità politiche moderne il monopolio della violenza non è mai
assoluto perché ci sono altri usi della violenza che non appartengono al potere politico, questi
usi sono:

• “illegittimi”, come le rapine, risse, violenze di bande di gangster, che sono contrastati dal
governo con la violenza legittima;

• consentiti dai suoi detentori (violenza di un padre su un glio, in caso di legittima difesa). Il
governo, riguardo a questi usi della violenza, fa valere il suo monopolio con determinati
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comportamenti caratteristici;


Inoltre bisogna sottolineare che la violenza non è mai il mezzo esclusivo de potere politico,
che si fonda in buona parte anche sul consenso.

Il consenso a sua volta si basa:

• in parte sul conseguimento dei propri interessi più o meno tangibili,

• in parte sulla credenza in determinati valori (democrazia, diritto divino dei re, comunismo 

etc..).

• in parte sugli atteggiamenti a ettivi (identi cazione con un capo carismatico, la bandiera, 

l'inno etc..).


Quindi solo la ricerca empirica può stabilire quanto il potere politico si basa sulla violenza.

In merito a questo aspetto i dati empirici dimostrano che tra i sistemi politici che conosciamo, la
violenza ha il ruolo più importante in quelli che la impiegano sia per punire, sia per seminare il
terrore.

La violenza che alimenta una situazione di terrore è smisurata e imprevedibile, e si distingue
dalla violenza che sostiene l'e cacia continuativa di un potere coercitivo perché questa è
misurata e prevedibile.

Nel caso del semplice potere coercitivo le condotte colpite dalla violenza sono prestabilite e la
violenza è proporzionale alla gravità della disobbedienza, invece nel caso di terrore la violenza
colpisce a caso dei comportamenti non pre ssati e genera nelle persone una paura irrazionale.

L'unica modo per sentirsi relativamente al sicuro è astenersi da qualsiasi accenno di critica o
opposizione; questo è il ne principale della violenza terroristica: stroncare in anticipo ogni
opposizione potenziale.

Inoltre nei regimi di terrore si combina la violenza terroristica con un sistema di incentivi che
stimolano la competizione, in questo modo si ferma l'opposizione potenziale e si ra orza
l'adesione al regime dei membri passivi della comunità. Spesso questo regime mette
l'individuo di fronte a due possibilità: diventare vittima o carne ce.

In questo modo l'adesione al regime diventa il metodo più sicuro per evitare di diventare il
bersaglio della violenza terroristica e la violenza terroristica ottiene il risultato di trasformare in
collaborazione attiva quello che sarebbe stato un comportamento di passività.

La monopolizzazione della violenza spiega la di erenza tra politica interna e internazionale:


nella politica interna il monopolio della violenza è riservato ai detentori dell'autorità legittima,
mentre la politica internazionale accetta che ci siano più centri di forze armate.

3.5 Sulle cause della violenza politica


Esistono diverse teorie sulle cause che determinano l'insorgere della violenza politica e che
cercano di spiegare la violenza all'interno dello Stato, le più signi cative sono:

1. Teoria della privazione relativa (Gurr)



Secondo questa teoria la violenza politica ribelle e rivoluzionaria nasce dalla percezione da
parte dei membri di un gruppo che esista un gran tra le loro aspettative e la loro situazione
reale.

Le aspettative e la situazione reale sono de nite in termini di “valori” (cose ricercate dagli
uomini: beni, servizi, condizioni di vita..). Si ha la “privazione relativa” quando esiste un divario
tra ciò che un soggetto crede di aver diritto di ottenere (aspettative) e ciò che il soggetto crede
di poter e ettivamente ottenere (situazione reale). Di conseguenza, la privazione relativa può
derivare: 

- dalle aspettative che si alzano e diventano più esigenti.

- dal fatto che la situazione percepita si deteriora ma le aspettative rimangono inalterate.

- dalla combinazione di innalzamento delle aspettative e del deterioramento della 

situazione.

Più la percezione della privazione relativa è intensa e di usa tra i membri del gruppo, più si
genererà scontento e risentimento sociale, quindi i membri del gruppo saranno più disposti
a usare la violenza contro altri gruppi o contro il regime politico vigente. Quindi per Gurr la
violenza nasce da una condizione di frustrazione e risentimento psicologico.

La teoria della privazione relativa ha due limiti: 

Parzialità → la teoria è parziale perché esamina solo una parte della società, e riguarda solo
la violenza ribelle e rivoluzionaria, e non la violenza politica. 

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Matrice potenziale di violenza→ Il risentimento e la frustrazione sono una Matrice potenziale
ma non su ciente della violenza: non è detto che dal risentimento e dalla frustrazione si sfoci
nella violenza perché può esserci un'accettazione ideologica che giusti ca la condizione (es.
sono uno s gato e perciò mi adeguo agli s gati). 


2. Teoria di Charles Tilly



Tilly riconduce le cause della violenza alla lotta per il potere politico.

In ogni sistema politico diversi gruppi lottano per avere più potere e per ottenere più risorse
sociali. In questa lotta i gruppi mobilitano le loro capacità e i loro mezzi politici per esercitare
in uenza sul governo.

Tra i gruppi che lottano per il potere:

• alcuni sono membri interni al potere, ovvero membri del regime politico vigente che hanno
capacità di accedere e in uire sul governo e questa capacità è difesa dagli apparati pubblici
specializzati nell'uso della violenza (esercito e polizia);

• alcuni sono membri esterni al potere (challengers= s danti), e sono esclusi dalla capacità
di in uenzare le scelte (essi non possono diventare senatori, etc..), perciò il loro ruolo
principale è cercare di forzare le barriere del regime per entrarne a farne parte a pieno
titolo. 


Quando c’è questa situazione c’è una lotta che coinvolge entrambi i membri: chi è fuori
cerca di entrare, e chi è dentro cerca di difendersi.

Se il gruppo esterno non può usare i metodi democratici, sarà indotto a utilizzare metodi
alternativi, e perciò può ricorrere alla violenza, quindi Tilly vede la violenza come un mezzo
alternativo nella lotta al potere.

I vantaggi della teoria di Tilly (rispetto a quella di Gurr) sono che la teoria di Tilly è più
completa, perché prende in considerazione sia la violenza ribelle che la violenza
rivoluzionaria e la violenza politica in generale; inoltre mentre per Gurr ciò che scatena
violenza è psicologico (irrazionale, l’emotività), per Tilly la violenza è legata alla razionalità, i
gruppi interni e esterni calcolano razionalmente che si può sfociare nella violenza.

In realtà le due teorie non si escludono a vicenda.

3.6 funzioni politiche della violenza


Le funzioni politiche della violenza dipendono dai punti di vista:

1. Gruppi che sono oggetto della violenza

2. Gruppi esterni, che osservano dall'esterno fenomeni di violenza

3. Gruppi che ricorrono alla violenza


1. Gruppi che sono oggetto della violenza


Da questo punto di vista, lo scopo più ovvio dell’uso della violenza è di distruggere gli avversari
politici o metterli nell'impossibilità sica di agire con e cacia.

L'uso della violenza più comune è però quello di piegare la resistenza e la volontà degli
avversari politici (es. tortura); i rapporti più importanti in questo senso sono quelli in cui la
presenza della violenza è da entrambi i lati della relazione: 

- Nei rapporti di aggressione tra gruppi o bande, 

- Nei rapporti tra Stati, sfociare nella guerra; ma in questo caso la violenza è usata per 

imporre all'altro Stato le proprie decisioni e perciò entrambi avranno interesse a mantenere 

i canali di comunicazione aperti durante il con itto; 

- Negli atti di ribellione di un gruppo all'interno di un sistema politico e gli atti di repressione 

della polizia e dell'esercito.
In tutti questi casi, la violenza tende a minare la coesione e la combattività del gruppo
avversario e a imporgli un'alterazione in proprio favore rispetto alla situazione di potere
precedente.


2. Gruppi esterni che osservano dall'esterno fenomeni di violenza → Spettatori



Un e etto degli atti violenti nei riguardi degli spettatori consiste nell'attivazione dell’attenzione:

La violenza, infatti, richiama l'attenzione che permette di pubblicizzare la rivendicazione
attraverso i mezzi di comunicazione di massa (es. dirottamenti aerei, stragi etc..). Un'altra
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funzione della violenza di un gruppo ribelle nei confronti degli spettatori ha carattere simbolico;
ovvero il ricorso alla violenza esprime la gravità di una situazione di ingiustizia e la legittimità
delle rivendicazioni del gruppo ribelle, perciò la violenza sospende le regole dell'ordine sociale
costituito.

In linea di massima però lo scopo principale della violenza ribelle o rivoluzionaria nei confronti
dell'ambiente sociale (spettatori) è di modi carne i comportamenti, cioè di acquistarne il
sostegno che è molto importante per l'esito del con itto. 

Però bisogna anche dire che: 

- Gli atti violenti possono trasformare il consenso potenziale in sostegno attivo MA possono
anche mutare l'ostilità latente in opposizione attiva; 

- la violenza non può determinare la direzione che prenderà il sostegno esterno, perché nella
maggior parte dei casi le violenze di un gruppo ribelle generano un maggior sostegno esterno a
favore del gruppo aggredito; oppure potrebbe succedere la repressione violenta esercitata dal
governo può suscitare l'indignazione dei gruppi esterni che possono spostare il loro sostegno
verso il gruppo ribelle o rivoluzionario.


3. Gruppi che esercitano la violenza 

la violenza favorisce la formazione della coscienza del gruppo che ne fa uso e stabilisce l'identità
e i con ni del gruppo stesso.

Gli atti violenti dotati di una grande carica simbolica di a ermazione della legittimità hanno i
presupposti per promuovere una coscienza di gruppo tra tutti coloro che hanno uguali
risentimenti. In questo modo, la violenza separa il gruppo dalla comunità e lo contrappone al
gruppo antagonistico di cui contesta la legittimità. 

Nella ricerca della propria identità, l'individuazione del nemico ha un ruolo importante: secondo
Sorel, il con itto violento contro la borghesia poteva salvaguardare i caratteri distintivi del
proletariato, rendendo i suoi membri coscienti della propria identità di classe. 

All'interno di un gruppo, la violenza collettiva tende ad accentuare la centralizzazione e
consolidare l'unione tra i membri. Queste due conseguenze non sono sempre presenti insieme
perché l'azione della violenza esterna dipende in parte dal grado di coesione dei membri e di
solidarietà presente nel gruppo prima dello scoppio del con itto e in parte dalle dimensioni del
gruppo stesso:

- maggiore è la coesione del gruppo precedente al con itto, maggiore è la sua intensi cazione
mentre l'aumento della centralizzazione si mantiene entro certi limiti (Piccoli gruppi);

- minore è la coesione del gruppo precedente al con itto, più è probabile che il gruppo si
disgreghi di fronte alla violenza esterna e che la centralizzazione aumenti (Grandi gruppi) no a
instaurare una struttura di potere autoritaria o dittatoriale. (es. Le conseguenze della Seconda
Guerra Mondiale sono state diverse in Francia e Gran Bretagna. In Gran Bretagna la
centralizzazione organizzativa per fronteggiare la guerra restò moderata perché aumentò la
coesione sociale, mentre in Francia i gravi pericoli di dissoluzione del sistema politico
causarono l'autoritarismo del regime di Petain perché diminuì notevolmente la coesione
sociale).


4. Dirottamento delle ostilità

Un'altra funzione politica della violenza è il dirottamento delle ostilità contro i capi politici o tra
diverse componenti della comunità, mediante l'attacco contro un nemico esterno o contro un
capro espiatorio. Il meccanismo del capro espiatorio può servire sia ad alleggerire una tensione
esterna, sia ad attenuare contrasti interni e investe un gruppo interno contro il quale già esistono
delle ostilità e che si rivela adatto al ruolo di agnello sacri cale rispetto alle principali tensioni
esistenti. Entrambi gli elementi ra orzano la coesione del gruppo che esercitano la violenza.

(es. Ebrei erano il capro espiatorio dei nazisti). 


CAPITOLO 4 AUTORITÀ

Le proprietà dell'autorità sono: 



- Stabilità → L'autorità è un potere stabile, continuativo nel tempo e al quale i sottoposti prestano
entro certi limiti, una obbedienza incondizionata. 

- Obbedienza incondizionata → non signi ca che il soggetto passivo annulla le sue capacità di
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critica, si può obbedire in modo incondizionato anche se si è critici.

- Credenza nella legittimità →La credenza nella legittimità è un giudizio di valore positivo nei
confronti della fonte del potere (colui o coloro da cui viene il comando).

(es. io ho un genitore e accetto la sua legittima fonte del potere, non per una convenienza
qualsiasi, ma perché era giusto così). 

Si forma quindi la credenza che chi ha l'autorità ha il diritto di comandare e i sottoposti hanno il
dovere di obbedire.

4.1 l’autorità come potere stabilizzato


Il concetto di autorità è quasi sempre messo in rapporto con quello di potere.

A volte i due termini sono usati come sinonimi, altre volte l'autorità è vista come una fonte del
potere, ma la tesi più rilevante è quella che considera l'autorità una specie del genere potere.

Uno dei primi criteri per individuare l’autorità è capire se il soggetto passivo del rapporto di potere
adotta come criterio del proprio comportamento il comando del soggetto attivo senza valutare il
contenuto.

Nel tentativo di de nire l’autorità molti studiosi hanno sviluppato un proprio pensiero: Secondo
Lewis, il principio di autorità consiste nell'adottare la credenza di altri senza considerare le
particolari ragioni sulle quali la credenza possa basarsi. Secondo Easton, invece, vi è autorità se
A manda un messaggio a B e B adotta questo messaggio come base del proprio comportamento
senza valutarlo. 

Da entrami i pensieri quindi capiamo che si ha autorità quando il soggetto passivo del rapporto
non chiede le ragioni del messaggio e obbedisce indipendentemente dal suo giudizio di valore.
Inoltre al fatto che il soggetto passivo non chiede le ragioni di dover adottare un certo
comportamento si unisce il fatto che il soggetto attivo spesso non da le proprie ragioni e si
aspetta che venga eseguito, questo aspetto tra l’altro evidenzia la di erenza tra l’autorità e la
persuasione, nella persuasione infatti il soggetto attivo avanza argomenti a favore della sua
volontà nei confronti di B e “B” adotta il comportamento suggerito da “A” perché accetta e
condivide l’argomentazione di “A”. Nell’autorità invece “A” non argomenta favorevolmente la sua
volontà e “B” adotta il comportamento o l'opinione indicata da “A” indipendentemente.

Il potere infatti diventa autorità ogni volta che “B” è disposto a tenere il comportamento voluto da
“A” indipendentemente da una sua valutazione del contenuto. 


Amitai Etzioni ha classi cato le forme di autorità e di organizzazione analizzando il potere e gli
orientamenti dei sottoposti verso il potere.

Etzioni distingue a tal proposito tre tipi di potere: 

- potere coercitivo → basato sulla minaccia o sull'applicazione di sanzioni siche 

- potere remunerativo → basato sul controllo delle risorse materiali 

- potere normativo → basato sulla concessione di premi e di privazioni simboliche. 


Gli orientamenti dei sottoposti verso il potere sono:

- alienato: intensamente negativo



- calcolatore: negativo o positivo di intensità moderata 

- morale: intensamente positivo 


Combinandoli insieme Etzoni trova tre casi congruenti di autorità e altri casi incongruenti o
misti. I casi congruenti di autorità sono: 

- potere coercitivo + orientamento alienato → autorità e organizzazioni coercitive
- potere remunerativo + orientamento calcolatore → autorità e organizzazioni utilitarie 

- potere normativo + orientamento morale → autorità e organizzazioni normative

Coleman, invece, distingue tra sistemi di autorità congiunti, nei quali i sottoposti si aspettano dei
bene ci intrinsechi dal suo esercizio, e disgiunti, nei quali i sottoposti accettano l'autorità per
ottenere vantaggi estrinsechi (es. salario).


Coleman distingue anche tra sistemi di autorità semplici e complessi: 

- nei sistemi di autorità semplici l'autorità è esercitata dal suo detentore. 


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- nei sistemi di autorità complessi l'autorità è esercitata da agenti delegati dal detentore. 


4.2 L'autorità come potere legittimo


Abbiamo visto che non basta che un potere sia stabilizzato per considerarlo autorità, ma
possiamo dire che ogni potere stabilizzato in cui la disposizione ad obbedire è fondata sulla
credenza nella legittimità del potere è autorità.

Però per considerare come legittimo un potere l’autorità presuppone che ci sia un giudizio di
valore positivo nei confronti del potere da parte di chi partecipa al rapporto di autorità.

Quindi la credenza nella legittimità dell’autorità nasce da un giudizio di valore, e questi giudizi di
valore possono essere di diversi tipi;

per esempio, Weber distinse tra tre tipi di legittimità:

• Legittimità legale-razionale, che si fonda sulla credenza della legittimità degli ordinamenti
che de niscono il ruolo di chi ha il potere;
• Legittimità tradizionale, che si basa sulla fede nei valori tradizionali;
• Legittimità carismatica, che riguarda il carattere sacro di un capo;


Ferrero, invece, individua quattro principi di legittimità:

• principio democratico
• principio elettivo
• principio aristocratico-monarchico
• principio ereditario

Questi principi si collegano tra loro in due coppie: Il principio democratico con quello
elettivo e il principio aristocratico-monarchico con quello ereditario, ma nella democrazia
diretta il principio democratico ripudia quello elettivo; e il principio elettivo ripudia quello
ereditario, mentre il principio aristocratico-monarchico può accogliere quello elettivo, come
è successo per il Doge di Venezia o per il Papa. 


Dopo che viene accettata l'autorità di A come potere legittimo, B tende ad adottare come
criteri del proprio comportamento tutti i messaggi che provengono da A dentro la sfera di
attività nella quale A ha l’autorità, ma con il tempo la credenza nella legittimità del potere di
A potrebbe svanire, per evitare questo problema occorre che ogni tanto venga ria ermata
la legittimità del potere. Per esempio, nel rapporto d'autorità fondato sulla legittimità
democratica vengono rinnovate le elezioni.

4.4. E cacia e stabilità dell’autorità


Il tipo ideale di autorità è fondato esclusivamente sulla credenza nella legittimità, ma è di cile che
la credenza nella legittimità basti come fondamento esclusivo del potere, quindi il detentore del
potere pretende obbedienza non solo perché il suo potere è legittimo ma anche, per esempio,
perché ha la possibilità di premiare o punire. Detto ciò, la credenza nella legittimità rimane molto
importante, perché rende e cace il potere sia dal lato del comando che dal lato dell’obbedienza:

• dal lato del comando chi detiene il potere crede nella legittimità del proprio potere e
questa fede dà al comando certi caratteri che contribuiscono alla sua e cacia (es.
convinzione, determinazione, energia). Quando viene meno questa sicurezza è possibile
che il potere crolli. In più la credenza nella legittimità del potere aumenta anche la coesione
all’interno del gruppo che lo detiene, rendendo più e cace e stabile il potere.

• Dal lato dell’obbedienza invece la credenza nella legittimità crea una disposizione a
obbedire incondizionatamente e quindi la relazione di potere diventa più e cace
perché i comandi vengono eseguiti senza che chi li dà debba ricorrere ad altri mezzi.

A questo punto bisogna trasformare la credenza nella legittimità in autorità, e per fare ciò
bisogna che chi è sottoposto al potere accetti il potere creduto legittimo, perché la sola
credenza nella legittimità del potere non porta necessariamente ad un'accettazione pratica del
potere. Più si di onde la credenza nella legittimità del potere, più chi è sottoposto alla autorità
sarà disposto ad obbedire migliorando l'e cacia e la stabilità del potere.


4.6 Le ambiguità dell'autorità: l'autorità apparente, autorità attenuata e l'autoritarismo


L'autorità ideale comporta che il potere sia creduto legittimo sia da chi comanda sia da chi
obbedisce. Ma può succedere che la legittimità nel potere sia creduta solamente da un lato del
rapporto di potere.

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- si parla di Autorità attenuata quando il potere è riconosciuto legittimo solamente da chi è
sottoposto. 

Per esempio, l'obbedienza incondizionata del popolo nei confronti del presidente, fondata sul
valore che il popolo fornisce all'elezione popolare del presidente, costituisce un rapporto di
autorità, anche se il presidente non crede nella legittimità democratica. Ma se il presidente vuole
mantenere il potere su questa base, deve mostrare di crederci o almeno non deve mostrare i
sentimenti antidemocratici. In ogni caso, se il detentore del potere non crede nella sua legittimità,
l'e cacia e la stabilità del potere sono indebolite perché vengono meno gli e etti psicologici e di
coesione prodotti dalla credenza nella legittimità e anche perché coloro che sono sottoposti al
potere possono accorgersi dei sentimenti del detentore e perdere la loro fede nella legittimità.

- Autorità apparente: si veri ca quando il titolare del potere creduto legittimo (autorità) NON ha il
potere e ettivo. Secondo Lasswell, l'autorità in questo caso è solo un potere formale.

I comandi che vengono obbediti incondizionatamente, provengono formalmente dal titolare del
potere creduto legittimo, ma in realtà sono imputabili a centri di volontà che si mantengono
nell'ombra.

l’autorità apparente c’è quando il titolare di una certa autorità non ha il potere che in apparenza
esercita nel rapporto di autorità. Esempio: Caio, obbedendo al potere legittimo di Tizio, sta in
realtà obbedendo al potere non legittimo di Sempronio.
- Autoritarismo: si veri ca quando la credenza nella legittimità del potere è presente solo dal
lato del comando.

In questo caso non è un rapporto di autorità perché non si obbedisce ai comandi o
comunque l'obbedienza non è fondata sulla legittimità. Da questo punto di vista, l'autorità può
trasformarsi in autoritarismo senza che il comportamento del detentore del potere cambi,
basta che i sottoposti smettano di credere nella legittimità del potere, che può veri carsi perché
i sottoposti non credono più che la fonte del potere abbia le qualità che aveva prima (es. la
legittimità non viene “provata” o viene considerata “ideologica”) o perché i subordinati
smettono di credere nella legittimità di chi detiene il potere perché hanno iniziato a credere nella
legittimità del potere detenuto da qualcun altro.

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CAPITOLO 5 CLASSIFICAZIONE FORMALE DEL POTERE

Classi cazione formale del potere 



si può formulare una classi cazione formale del potere in base ad alcuni criteri:

1. potere aperto / nascosto

• se il potere è aperto allora A non vuole nascondere il proprio potere a B, e chiede il


comportamento di B attraverso la persuasione, la remunerazione o la costrizione. B
è consapevole di essere oggetto del potere di A.

Se A agisce in maniera indiretta su B, intervenendo sulla situazione ambientale, è il
caso della condizione. 

Se A esercita potere non intenzionalmente su B, allora il potere è una causazione
sociale interessata: come nel caso dell'imitazione o del condizionamento interessato.

• se il potere è nascosto, A vuole celare il proprio esercizio del potere a B (Se il


potere è celato, si hanno diversi poteri di manipolazione) e B è inconsapevole di
subire il potere di A. 


2. oggetto del potere 



Ci sono 4 oggetti del potere:

• alternative di comportamento → quando A interviene sulle diverse possibilità di 



comportamento di B per modi care i costi o i bene ci legati a ciascuna alternativa di 

comportamento attraverso premi o punizioni.

• meccanismi psicologici inconsci → si interviene su questi meccanismi psicologici


in modo da indurre la persona a comportarsi in un certo modo.

• intervento sulle conoscenze di fatto e sulle credenze di valore. Il potere


interviene sullo stato emotivo e dei valori per convincerle a fare o non fare qualcosa.

• contesto ambientale


3. forma di potere interessata oppure forma di potere intenzionale → riguarda solo le


forme di potere aperto e consente di discriminare tra forma di potere intenzionale o
interessata (già esplicato cap.2). 


5.1. Manipolazione (potere nascosto)


La manipolazione è un tipo di potere nascosto nel quale A cerca di nascondere il proprio esercizio
del potere a B e B non sa di subire il potere di A.

nella manipolazione c’è un divario tra il carattere attivo e intenzionale dell'intervento del
manipolatore e il carattere passivo e inconsapevole della condotta risultante dal manipolato.

Il manipolato ignora di essere oggetto del potere del manipolatore e crede di comportarsi in un
determinato modo per scelta.

La manipolazione è sempre una causazione sociale intenzionale perché l'intenzione di A è
doppia: 

1) A cerca intenzionalmente di nascondere l'esercizio del proprio potere a B. 

2) A cerca intenzionalmente di ottenere un comportamento desiderato di B. 

Ci sono diversi tipi di manipolazione: 

-Si ha manipolazione dell'informazione

-Si ha manipolazione psicologica

-Si ha manipolazione situazionale


5.1.1. Manipolazione dell'informazione
È la manipolazione che opera sulle conoscenze di fatto, cioè tutte le nozioni di fatti singoli e tutti
i pensieri basati sul collegamenti tra i fatti singoli, e sulle credenze di valore, cioè tutti quei valori
come la ricchezza, l’onesta e in benessere e tutte le relazioni tra questi valori.

L'insieme delle nozioni dei fatti è l'orizzonte fattuale nel quale l'attore sceglie la propria
condotta, mentre l'insieme dei valori è l'orizzonte valoriale entro il quale l'attore seleziona la
propria condotta.

Ogni comportamento dell’attore è guidato sia dall'orizzonte fattuale che da quello valoriale, quindi
il manipolatore può manipolare la condotta dell'attore modi cando le comunicazioni che l'attore

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riceve.

Esistono diversi tipi di manipolazione dell'informazione:

1. menzogna: quando A fornisce a B delle informazioni false riguardo agli eventi


rilevanti per le scelte di B, B prende le informazione per vere e crede di scegliere
liberamente. (es. propaganda dei regimi totalitari)

2. soppressione dell’informazione: semplicemente non si rendono pubbliche


determinate notizie, restringendo la base delle conoscenze e quindi diminuendo le
alternative di scelta di chi viene manipolato (es. censura politica dei mezzi di
comunicazione pubblica per inibire l'opposizione potenziale).

3. eccesso di informazione: avviene quando vengono rilasciate troppe informazioni


confuse e in contrasto tra loro portando il soggetto manipolato a diventare
indi erente. Questo fenomeno è stato rilevato sui mezzi di comunicazione di massa
e nelle assemblee e nei comitati politici.

4. Indottrinamento: L'insegnamento della scuola, se diventa indottrinamento, è diretto


a far credere, per creare strumenti della società, della nazione o della rivoluzione. La
condizione che in uenza più decisivamente l'e cacia della manipolazione
dell'informazione è il regime nel quale l'emittente opera:

L’e cacia della manipolazione dipende molti dal regime nel quale opera il manipolatore:

– pluralismo competitivo → la competizione tra le diverse emittenti produce una pluralità di


descrizioni che rende possibile il riconoscimento e la correzione delle distorsioni e quindi limita la
possibilità di ciascuna emittente di esercitare una manipolazione e cace.

– monopolio dell'informazione → aumenta la vulnerabilità dei destinatari dei messaggi perché


essendo l'unica emittente informativa può ricorrere con piena e cacia alla manipolazione.

5.1.2. Manipolazione psicologica


La manipolazione psicologica opera sui meccanismi psicologici inconsci: B si impegna in
un'azione scelta da lui stesso, ma la scelta di B a sua insaputa, è determinata da A, perché A
controlla i dinamismi psicologici di B e lo indirizza verso una scelta.

L'e cacia della manipolazione psicologica può essere ricondotta a due fattori:

1. Gli impulsi emotivi inconsci motivano molte scelte e molte azioni umane;

2. Ci sono simboli e immagini che hanno una forte capacità di stimolare gli impulsi 

emotivi inconsci. 


Il compito del manipolatore è:

- associare il simbolo/immagine all'oggetto sociale su cui si vuole portare l'interesse del soggetto
manipolato (es. prodotto da acquistare, un capo politico da amare e obbedire etc);

- ripetere continuamente l'associazione no a quando il collegamento tra l'emozione e l'oggetto


diventa automatico.


L’appello diretto agli impulsi emotivi inconsci è molto e cace quando viene indirizzato ad una
folla di persone perché in una folla l’autocontrollo e il senso della responsabilità delle persone
diminuisce, rendendo gli individui più vulnerabili. 

Questa situazione è stata sfruttata molto dai demagoghi politici (es. Germania nazista).

Una forma intensa e prolungata di manipolazione psicologica, combinata ad interventi violenti,
è rappresentata dai casi di disintegrazione dell'intero sistema dei valori e delle idee acquisite di
un soggetto, e anche da un indottrinamento estremo, che prendono il nome di lavaggio del
cervello (es. tribunali dell'inquisizione che strappavano confessioni alle streghe e tecniche
impiegate per ottenere le confessioni delle vittime dei processi staliniani). 

Il lavaggio del cervello è caratterizzato da un massiccio intervento sico (isolamento sociale,
privazione del sonno, riduzione del cibo, tortura) che porta all’inibizione dei ri essi acquisiti
(idee, principi morali, identità del soggetto passivo che spesso vengono sostituiti) del soggetto.

Nel soggetto, scatta quindi un meccanismo di autodifesa confessando pienamente atti mai
compiuti e ri utando le idee e i principi morali del suo passato. 


5.1.3. Manipolazione situazionale


La manipolazione situazionale opera sul contesto sociale in cui B è collocato.

Con la manipolazione situazionale è possibile manipolare il comportamento di un attore agendo in
modo nascosto sulla sua situazione ambientale in modo da pilotarne l'azione, cioè intervenendo
di nascosto sulla distribuzione delle risorse. 


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Esempio: una coppia di genitori, per correggere la condotta del glio, fanno si che i parenti e gli
amici manifestino verso il glio un determinato atteggiamento comune (giudizio morale o
un'attitudine di ri uto) che gli fa cambiare modo di comportarsi. 

Il tipo di manipolazione situazionale più frequente è quella in cui A possiede di nascosto il
monopolio di un certo tipo di risorse e può guidare la condotta di B che ha un bisogno intenso di
tali risorse.

La manipolazione situazionale si adatta meglio a contesti sociali piccoli, dove A può tenere sotto
controllo date condizioni ambientali al meglio, mentre nei contesti sociali globali la manipolazione
situazionale ha un ruolo secondario perché l'ambiente sociale è il risultato dell’ insieme di molti
attori sociali e quindi la situazione ambientale assume molto di più la forma aperta del
“condizionamento” al posto di quella nascosta della “manipolazione”. 


5.2. Potere aperto
Nel potere aperto A non cerca di nascondere il proprio potere a B e B sa di essere oggetto del
potere di A.

Le forme più dirette di potere aperto si hanno quando A chiede a B di tenere un comportamento,
o cerca di convincerlo che è l'azione migliore per lui, o gli promette una ricompensa, o lo minaccia
di una punizione in caso di non conformità, e B tiene il comportamento perché persuaso, allettato
dalla ricompensa o intimorito dalla punizione, ma esiste anche una forma meno diretta del potere
aperto, che si veri ca quando A ottiene una condotta di B senza richiederla direttamente, ma
intervenendo sul contesto sociale di B.

Sono “aperte” anche le forme di potere interessate, cioè le reazioni previste e l'imitazione, nelle
quali A non vuole ne esercitare potere ne nasconderne l’esercizio a B.


5.2.1. Remunerazione e costrizione (forme di potere più di use)
Sia la remunerazione che la costrizione intervengono sulle “alternative di comportamento”,
modi cando la valutazioni dei costi e bene ci che B dà ad ogni alternativa di comportamento;

Remunerazione
Ad esempio: B associa costi e bene ci a 5 alternative di comportamento (1-2-3-4-5), se l'attore A
vuole che B adotti il comportamento 3 aggiungerà un bene cio al comportamento 3 (premio);
questo è l'intervento remunerativo da parte di A.

Costrizione

La costrizione adotta una logica diversa: per far si che B scelga l’alternativa 3 A aggiungerà dei
costi a tutti le alternative (1-2-4-5), tranne che all'alternativa 3. L'intervento costrittivo (minaccia di
una punizione) aggiunge un costo ulteriore a tutti i corsi d'azione diversi da quello desiderato.

Tutte le principali risorse di potere operano solitamente come sanzioni negative o positive:

• strumenti di violenza → sanzione negativa per eccellenza

• beni economici → sanzione negativa se sono ritirati / sanzione positiva se hanno una
funzione remunerativa

• beni simbolici o normativi:

• Nella religione ricompense come la salvezza dell'anima o punizioni come la


dannazione eterna.

• Nei rapporti tra genitori e gli o tra coppie, la punizione del ritiro dell'a etto etc. 


5.2.2. Reazioni previste


Le reazioni previste sono un tipo di potere aperto interessato che interviene sulle alternative di
comportamento.

In questo caso B tiene un comportamento desiderato da A, senza che A esprima l'intenzione di
ottenerlo; ma B lo tiene perché prevede che A adotterebbe reazioni per lui spiacevoli se non
tenesse il comportamento.

le reazioni previste rientrano nell'ambito del potere solo se la previsione di B che lo induce a
tenere un determinato comportamento è causata da un precedente comportamento di A, dal
quale B deduce che A reagirà in un dato modo dalla sua azione o omissione e se il
comportamento x di A è associato a un interesse di A verso certi risultati che sono più facili da
raggiungere se B adotta un certo comportamento.

L'unica cosa che manca nelle reazioni previste è la promessa o la minaccia ESPLICITA di A, che è
sostituita dalla probabilità della reazione positiva o negativa (intenzione sostituita con interesse).

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5.2.3. Persuasione
La persuasione è una forma di potere aperto intenzionale che interviene sulle conoscenze di fatto
e sulle credenze di valore.

Nella persuasione A determina la condotta di B modi cando le conoscenze di fatto e/o credenze
di valore che formano quella condotta, attraverso argomentazioni aperte, che non contengono né
promesse di ricompense, né minacce di punizioni.

Le argomentazioni del persuasore possono contenere sia ragionamenti sui fatti e sulle loro
connessioni, incluse presentazioni di evidenze e prove, sia ragionamenti sui valori e sulle loro
connessioni, incluse invocazioni di doveri e sentimenti. L'elaborazione simbolica delle
argomentazioni può essere più o meno articolata e improntata a diversi stili persuasivi.

La linea di con ne tra persuasione e remunerazione o costrizione è molto sottile: nella


persuasione, A vuole apertamente portare B a tenere un comportamento, e più A vuole che B
tenga quel comportamento più sarà propenso a ricorrere ad altri mezzi (minacce o promesse) per
ottenere la condotta desiderata di B; se la persuasione fallisce, l'esercizio di potere si trasforma in
remunerazione o costrizione.

La persuasione può sfociare anche nella manipolazione dell'informazione, perché nei messaggi
persuasivi che A indirizza a B ci possono essere distorsioni o soppressioni delle informazioni.
Inoltre è sottile anche il con ne tra persuasione e manipolazione psicologica, perché la
manipolazione psicologica adopera messaggi persuasivi aperti la cui e cacia reale è nascosta.

5.2.4. Imitazione
L'imitazione è una forma di potere aperto interessato che interviene sulle conoscenze di fatto e
sulle credenze di valore.

Il rapporto tra imitato e imitatore resta fuori dall'ambito di potere quando l'imitato nono vuole o
non è felice di farsi imitare, ma quando A vuole intenzionalmente farsi imitare allora il rapporto di
potere si converte in persuasione, nella quale A usa l'esempio come mossa persuasiva chiara.

Quindi l'imitazione è la versione interessata della persuasione.

A volte l'imitazione è meglio della persuasione perché imitare un atteggiamento lo rende più facile
da assimilare e da imparare rispetto all’apprendimento attraverso la comunicazione e
l’argomentazione.

5.2.5 Condizionamento intenzionale


Il condizionamento intenzionale è una forma di potere aperto intenzionale che interviene sulla
situazione ambientale (rileggere le caratteristiche della situazione ambientale).

Il condizionamento è un tipo di potere che ha carattere indiretto perché A non interviene
direttamente sulle alternative di comportamento di B, ma A interviene direttamente soltanto sulle
condizioni ambientali di B, modi cando l'orizzonte fattuale e valoriale di B, e in ne, la sua
condotta nale.

5.2.6. Condizionamento interessato


Il condizionamento interessato è una forma di potere aperto interessata che interviene sulla
situazione ambientale (rileggere le caratteristiche della situazione ambientale).

La condotta di B è causata dal cambiamento delle condizioni ambientali provocato da A quando
A non aveva lo scopo deliberato (intenzione) di ottenere la condotta conseguente di B, ma nel suo
orientamento c'era un interesse verso certi risultati dei quali il comportamento di B è parte.

E' di cile distinguere il condizionamento interessato dal condizionamento intenzionale, infatti
molti pensano che la forma interessata agisce come una sorta di prolungamento di quella
intenzionale.

(es. L'imprenditore decide di collocare l'impresa in un determinato territorio e in quel territorio dà
lavoro a molte persone. Questa impresa, però, produce emissioni nocive per l'ambiente e perciò
interviene l'autorità giudiziaria che chiude provvisoriamente la fabbrica. Allora gli operai si
sollevano contro questa decisione manifestando e perciò difendendo gli interessi dell’azienda).

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CAPITOLO 6 POTERE, SCAMBIO E DOMINIO

6.1 Classi cazione sostanziale del potere


Il potere può essere classi cato anche dal punto di vista sostanziale, adottando come criterio la
classe delle risorse sociali sulle quali si fonda il potere.

Quindi a ciascun potere sono attribuite risorse; e a ciascuna risorsa corrisponde un bene cio a cui
gli uomini tengono particolarmente.

Nella classi cazione sostantiva del potere si possono trovare: 



-Potere coercitivo, è fondato sulle risorse di violenza: strumenti, uomini e tecniche a cui
corrisponde il bene cio della sicurezza.

I valori sono relativi all'integrità sica, attraverso le risorse di violenza si può garantire o non
garantire la propria integrità sica. 

-Potere economico, è fondato sulle risorse economiche: a cui corrisponde il bene cio del
benessere.

-Potere simbolico, è fondato sulle risorse simboliche: a cui corrisponde il bene cio dell'identità
etico sociale (sia etico-religiosa che etico-politica).

L'identità etico-religiosa comprende valori come la salvezza dell'anima, mentre l'identità etico-
politica comprende beni come la gloria derivante dall'impegno politico e l'identi cazione con il
gruppo. 


Tutte e tre le forme sostantive di potere operano attraverso la remunerazione e/o la costrizione.

6.2 scambio di vantaggi e il dominio economico


La remunerazione economica può essere ridotta a uno scambio di potere basato sull'erogazione
di vantaggi per entrambi gli attori (es compravendita), ma può succedere che tra gli attori ci sia
una forte disuguaglianza di risorse e di potere economico e quindi che il debole sia più vulnerabile
rispetto ai vantaggi economici, in questo caso la relazione remunerativa tende a trasformarsi in
costrizione, se il divario tra risorse diventa estremo nasce una situazione di dominio economico,
nel quale chi è in posizione di dipendenza obbedisce a chi è nella situazione di dominio per
evitare una sanzione.

Questo dominio economico c’è se vengono soddisfatte 3 condizioni interne e 1 esterna.

Condizioni interne:

1) Le risorse di A devono essere importanti per B (es. se B è diabetico, gli interesserà A che
vende l'insulina).

2) A è l'unico che possiede la risorsa che serve a B.

3) B è privo di risorse economiche salienti per A

Condizione esterna:

1) B non possiede risorse di violenza e non può ricorrere alla coercizione. 




B può cercare di uscire dalla sua posizione di dipendenza modi cando la propria scala di
preferenze, rendendo meno rilevanti le risorse di A, cercando dei surrogati della risorsa di A (ad
esempio tè al posto del ca è) o trovando qualcosa che modi chi la sua posizione nei confronti di
A, ad esempio inventare una tecnica di produzione che possa interessare ad A o unire delle unita
di produzione che da sole non hanno potere ma che insieme possono bilanciare le risorse di A.

6.3. Lo scambio di sicurezza e il dominio coercitivo


Quando vengono usate le risorse di violenza nel rapporto allora il potere costrittivo si veri ca
come in izione di danni emergenti, cioè come un rapporto di coercizione.

La minaccia della violenza e la violenza in atto sono la sanzione negativa più intensa perché
l'integrità sica è un bene fondamentale; solo nei rapporti dove la componente simbolica è molto
forte o l'interdipendenza economica è molto accentuata la violenza può risultare ine cace.

La violenza può dimostrarsi rilevante anche per gli attori sociali che non sono direttamente
coinvolti nel rapporto di coercizione, un esempio è la violenza protettiva:

Nella violenza protettiva l'intervento coercitivo di A su B è nalizzato a salvaguardare l'integrità
sica di C.

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Dominio coercitivo (es. schiavitù, lavoro forzato)

L'attore che subisce una coercizione si sottomette al potere per evitare la violenza, senza ottenere
ricompense in cambio della sua obbedienza (danni emergenti).

il dominio coercitivo si veri ca quando c’è la rilevanza per B delle risorse di A e il monopolio di A
sulle risorse salienti per B, nel caso del dominio coercitivo l’emancipazione dalla rilevanza è
di cile, perché ride nire la propria scala di valori vuol dire essere disposti a subire violenze
importanti come l’omicidio o la prigionia, e anche uscendo dal monopolio non è scontato che la
situazione di B migliori, infatti anche se non è più dipendente da B ci saranno molti altri attori che
vogliono imporre il proprio dominio su B, quindi B potrebbe anche passare ad una situazione
peggiore. Neanche la ricerca di surrogati è applicabile alle risorse di violenza perché essendo
risorse distruttive e non remunerative surrogarle provocherebbe un danno per l'attore sottoposto
a dominio coercitivo!!!


Di erenze tra dominio coercitivo (soggezione) e dominio di dipendenza (economico e


simbolico)

La di erenza risiede nella natura delle sanzioni in itte nelle due relazioni, che rendono diversa la
posizione dell'attore sottoposto al dominio:

- nel dominio coercitivo l'attore sottoposto al dominio è colpito da danni emergenti;

- nel dominio di dipendenza economico e simbolico l'attore sottoposto al dominio è colpito da
vantaggi cessanti;


6.4 Scambio di riconoscimento e dominio simbolico 


Le risorse simboliche consentono di identi carsi con un gruppo o una comunità valorizzata
eticamente, quindi sono remunerative. Se si vuole utilizzarle il funzione costrittiva allora bisogna
trasformarle in negativo, ovvero in sospensione o ritiro parziale dell'identità, no all'espulsione. 

La di erenza tra risorse simboliche e economiche si vede nella diversa intensità della carica
emotiva connessa a queste risorse, perché le risorse economiche de niscono un campo dove
prevalgono gli interessi, mentre le risorse simboliche de niscono un campo dove prevalgono le
passioni. Inoltre la natura non materiale delle risorse simboliche le contrappone sia alle risorse
economiche che a quelle distruttive, perché esse simboleggiano valori e principi connessi a
credenze: le risorse simboliche chiave, come ad esempio gli oggetti sacri di una religione (un’
ostia consacrata), hanno un signi cato che non solo non può essere ridotto semplicemente alla
con gurazione sica, ma che è anche costituito da un valore immateriale.


Da ciò si deduce che il bene che viene perseguito attraverso l’uso delle risorse simboliche
presuppone sempre l’esistenza di una dottrina religiosa, politica o sociale il cui nucleo centrale
consista nella ra gurazione-avvaloramento di un gruppo sociale (chiesa, partito, setta, ceto) nel
quadro di una visione complessiva della società, della storia o dell'intero cosmo. 


L'identità etico-sociale può essere analizzata in due parti:

1)Etica→ L'identità etica è l'insieme dei valori morali della dottrina perseguita, come il sacri cio e
la genuinità:

-Sacri cio: più i precetti morali della dottrina sono elevati, più il perseguimento dell'identità etica
richiede il sacri cio di valori meno elevati (benessere e sicurezza). Il perseguimento dell'identità
etica comporta autodisciplina e un certo grado di accettazione di una scala dei valori che frena
alcuni impulsi e desideri più di usi. 

-Genuinità: la genuinità della condotta morale signi ca credere nei valori che non possono essere
comprati o estorti con la forza, proprio perché sono genuini.


2)Sociale→ parliamo di identità sociale perché la qualità etica non è riconosciuta al singolo in
quanto tale, ma in quanto membro di una comunità o un gruppo. Anche la componente “sociale”
può essere organizzata intorno a due temi principali: la comunione e il riconoscimento:

La Comunione delle credenze e dei valori è alla base di qualsiasi gruppo simbolico e aiuta a
instaurare legami intimi tra i suoi membri. La comunione ha diversi caratteri intrinsechi: 

- carattere intrinseco dei bene ci dei seguaci

I bene ci dei seguaci sono la conseguenza diretta del perseguimento degli scopi simbolici da
parte dei capi, come il bene cio che un fedele trae da un rito religioso in seguito alla cerimonia
religiosa condotta dal capo religioso;

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- carattere intrinseco del fondamento del potere dei capi

Anche Il potere dei capi non poggia su un fondamento estrinseco, come le risorse di violenza, ma
si basa sulla capacità del capo di impersonare, esprimere e produrre beni simbolici che trovano
fondamento nelle credenze dei seguaci, il potere simbolico dura nché dura la credenza dei
seguaci nella dottrina corrispondente. 

- I beni simbolici sono beni comuni

I beni simbolici NON sono beni individuali ne beni pubblici, I beni simbolici sono beni comuni
perché si godono in comune in quanto si partecipa alla cerimonia, al rito o all'evento che li
produce.


La modalità principale attraverso la quale gli attori godono del bene identità etico-sociale è il
Riconoscimento, esistono vari tipi di riconoscimento: 

- Riconoscimento attuato dai seguaci verso i capi. Si veri ca attraverso la partecipazione,
l’approvazione e il consenso dei seguaci. 

- Riconoscimento attuato dai capi verso i seguaci. È molto importante perché da questo (e dal
disconoscimento) dipende l’acquisizione (o la perdita) del signi cato di sé e del proprio posto nel
mondo. Da questa importanza deriva la solennità delle cerimonie di inclusione ed esclusione dal
gruppo simbolico, come il battesimo.

- Riconoscimento attuato dai seguaci verso i seguaci: tra i seguaci l'intensità del riconoscimento
produce una condizione di uguaglianza simbolica che annulla e sospende le disuguaglianze in
termini di altre risorse (ad esempio risorse economiche).

Nelle relazioni simboliche c’è sempre un certo grado di scambio di riconoscimento, e il modello
puro di scambio di riconoscimento presuppone che la forza strategica delle risorse simboliche
degli attori sia uguale, quando invece c’è disuguaglianza si veri ca il dominio simbolico.

Le condizioni interne a nché vi sia un dominio simbolico sono:

1. A detiene risorse (o svolge funzioni) simboliche salienti per B 



La salienza per B delle risorse detenute da A dipende dal grado in cui la scala dei valori di B
è imperniata sopra valori che fondano l'identità etico sociale corrispondente. Più intensa è la
credenza di B in tali valori maggiore è per B la salienza dei bene ci prodotti da A e di
conseguenza la condizione di dipendenza simbolica. 

Emancipazione → Per emanciparsi, B deve smantellare la vecchia identità etico sociale e si 

deve elaborarne una nuova e diversa.

2. A ha il monopolio delle risorse (o funzioni) simboliche salienti per B 



Il monopolio delle risorse simboliche avviene mediante “conversione”, ovvero mediante la
conquista delle credenze degli uomini, da qui l'importanza della propaganda per il potere
simbolico.

Emancipazione → ricerca di surrogati (es. creazione di nuove chiese o nuovi partiti).

3. B non detiene risorse (o svolge funzioni) simboliche salienti per A 



Lo stato di dipendenza è dovuto al fatto che B svolge una funzione passiva, di semplice
partecipante.

Emancipazione → La quali cazione creativa urta le prerogative dei capi e può sfociare in
un movimento ereticale. 


La condizione esterna è che inoltre B non deve avere accesso alla violenza nei confronti di
A.


6.5. Contrattazione, con itto e cooperazione


Tutti i beni che gli uomini desiderano possono essere conseguiti se un certo numero di attori
collabora, ciò signi ca tramite la conformità, cioè la disponibilità a rispettare la volontà e il
comando di un altro soggetto, e tramite il potere.

Entrambi gli attori della relazione cercano di far valere reciprocamente le proprie risorse in modo
da ottenere il massimo possibile di conformità da parte dell’altro attore, utilizzando il minimo
possibile delle risorse. In questo modo mirano ad ottenere la massimizzazione della ragione di
scambio, che è il rapporto tra “beni ottenuti” e “risorse spese”. Su questa strategia poggia la
Contrattazione, cioè un rapporto comunicativo tra attori nel quale ciascun attore formula
argomentazioni con lo scopo di ottenere ragioni e scambi favorevoli (massimo grado di conformità
possibile da altri). Spesso la contrattazione scon na nel con itto, ciò succede perché la
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comunicazione magari non è e cace e gli attori coinvolti hanno valutazioni diverse sulla forza
strategica delle risorse in gioco.

Il con itto serve a:

1. provare la reciproca capacità di resistenza di ciascun attore di fronte al ritiro della 



conformità (beni erogati dalla controparte) quando sono in gioco risorse economiche e
simboliche. Nel caso di con itto economico si ricorrerà alla sospensione dell'erogazione
di un servizio o un bene cio (serrata, sciopero).

Nel caso di con itto simbolico/ideologico si ricorrerà al ritiro del riconoscimento.

2. provare la reciproca capacità difensiva-distruttiva delle armi dei due attori quando si
nisce a ricorrere alle risorse di violenza (scontro armato, guerra). 


Una cosa diversa dal con itto è l'azione con ittuale, che consiste nell’in iggere
intenzionalmente dei mali da parte di un attore contro un altro. L'azione con ittuale si converte in
con itto quando la controparte si impegna in atti di ritorsione e contro aggressione e quindi il
rapporto diventa bilaterale.

Le azioni con ittuali, in ordine di intensità delle azioni (escalation), sono:

1. Ritiro della conformità → sciopero, serrata, ritiro del riconoscimento, dell'a etto..

2. Ostruzione → lo scopo è impedire la cooperazione tra altri attori sociali (occupazione delle 

vie di comunicazione, di edi ci etc..)

3. Violenza sulle cose → atti di sabotaggio etc...

4. Violenza sulle persone → sequestro, reclusione, ferimento, uccisione... etc.. 


Esistono anche delle situazione nelle quali gli attori operano insieme per ottenere risultati
vantaggiosi per entrambi, come nel caso della cooperazione sociale.

La cooperazione sociale può essere scomposta in in tre componenti elementari:

1. Compatibilità → scambio di sicurezza in cui gli attori sospendono l'erogazione di violenza


reciproca. (astenersi dal danneggiare).

2. Complementarietà → quando gli attori si scambiano vantaggi economici o riconoscimenti


simbolici senza interferire con la violenza nella condotta dell'altro.

3. Convergenza → gli attori perseguono insieme un obiettivo comune. (es. comportamenti


congiunti strategici per vincere una partita di pallavolo). 


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CAPITOLO 8 CHE COS’È LA POLITICA? 


La politica intesa come lotta per il potere permette di analizzare le arene politiche nei quali il
potere garantito è ricercato, conteso, prodotto e distribuito.

Le arene politiche sono 2:

1) Arene naturali (prive di governo), nelle quali il potere garantito di ciascun attore dipende solo
dalla forza strategica delle sue risorse, e nelle quali l'azione politica consiste nella ricerca e
nell’accumulo di risorse per mantenere o migliorare il proprio rango di potenza.

Nell'arena naturale non vi è un governo, ne un'istituzione specializzata nella produzione e
distribuzione di potere e conformità (es. relazioni internazionali) 

Secondo Hobbes nelle arene naturali non c'è politica ma invece secondo Stoppino si. 

2) Arene monetarie (dotate di governo) nelle quali il potere garantito attribuito a ciascun attore
dipende anche dalla funzione politica di un terzo attore che è insediato in una istituzione politica.
Nell'arena monetaria c’è un governo, ovvero ci sono istituzioni specializzate nella produzione di
potere. 


8.2 L'azione politica: la ricerca di conformità garantita


Si può comprendere il signi cato dell’azione politica facendo alcune considerazioni:

1) Prendiamo un campo sociale, nel quale ci sono attori più o meno interagenti), poi escludiamo
da questo campo tutte le istituzioni politiche e di governo;

2) Supponiamo che le risorse sociali siano disperse tra gli attori, quindi ciascun attore ha una
certa quantità di risorse economiche, simboliche e di violenza.

3) Supponiamo anche che tra gli attori vi è un alto grado di interdipendenza: ciascun attore,
per conseguire i valori nali (beni desiderati), ha bisogno della collaborazione degli altri attori
dello stesso campo sociale. Inoltre ciascun attore non può ne“uscire” né “defezionare”
perché sarebbe svantaggioso o impossibile.
4) Supponiamo anche che gli attori agiscono in modo razionale, quindi cercano una ragione di
scambio favorevole (Ricerca del massimo dei valori nali con il minimo di erogazione di
risorse). 

Gli attori, per conseguire i valori, devono ottenere la collaborazione, e quindi la conformità,
di altri attori. Per ottenere questa collaborazione devono impiegare parte delle loro risorse
sociali allo scopo di persuadere, costringere o remunerare.

L’azione sociale principale degli attori del nostro campo sociale consiste in un’azione
potestativa, un esercizio di potere.

5) In ne, per sempli care il ragionamento, supponiamo che non ci siano coalizioni tra gli attori. 


In questo campo sociale si veri ca un processo costante di contrattazione e di con itto, in più
ogni attore in gioco vuole ottenere il massimo dei valori con il minimo erogazione di risorse, per
questi motivi tutti gli attori vivono in uno stato di perenne incertezza e insicurezza.

La ragione di questo stato di incertezza per tutti gli attori è la conformità, perché essa può essere
indebolita o ritirata nell'ininterrotto processo di contrattazione e di con itto.

Se invece supponiamo che un attore NON abbia bisogno della conformità degli altri attori e che
gli basti sfruttare le sue risorse, allora troviamo un’azione economica “robinsoniana” dove la
razionalità risiede nel miglior utilizzo delle risorse scarse (mezzi) per il conseguimento dei
valori ( ni), come si vede nello schema: A————>R————>V

Attore Risorse Valori ( ni)

Ma nel nostro campo sociale non è cosi cosi scontato il rapporto tra l’attore, le sue risorse e i ni
che vuole conseguire, perché l’attore deve passare attraverso la conformità degli altri attori. In più
mentre nell’azione robinsoniana non si considera il problema della sicurezza, mentre nel caso
dell’azione nel campo sociale c’è sempre la possibilità che si ricorra alla violenza e al
combattimento.

Lo scopo dell'azione politica è fermare e stabilizzare la conformità per eliminare lo stato di
incertezza e insicurezza.

l’azione politica quindi deve spezzare l’esercizio di potere che dall’attore A, attraverso le risorse R
e la conformità C, arriva no ai valori V, e si ferma a C (conformità), perché cerca di stabilizzare la
conformità.

Quindi si veri ca duplicazione della strategia razionale dell’attore:

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Da una parte c’è sempre il desiderio di ottenere valori nali, ma, dall’altra, questi valori possono
essere stabilizzati e tutelati verso una pluralità di attori, questo solo se viene garantita la
conformita.

In tal modo la conformità da mezzo diventa ne.



L'azione politica è ricerca di conformità stabilizzata e generalizzata / potere stabilizzato e
generalizzato (conformità e potere sono due facce della stessa medaglia).

Per sempli care si usa dire che lo scopo dell'azione politica è quindi ottenere la conformità
garantita o il potere garantito.

8.3. L'azione politica: illustrazioni


Nella politica naturale e nella politica monetaria possiamo ricondurre ogni azione politica alla
de nizione generale di “ricerca di conformità garantita”:

1) Nelle arene politiche naturali ricercare conformità garantita signi ca usare le proprie risorse
per ottenere il mantenimento o l'ingrandimento della forza strategica di tali risorse. quindi nella
politica naturale la ricerca di conformità garantita è ricerca di potenza, dove la potenza è la
capacità di o esa e difesa dello stock di risorse che un attore ha a disposizione in relazione
agli stock di risorse a disposizione degli altri.

2) Nelle arene politiche monetarie invece la conformità degli altri è garantita da un terzo attore
dotato di autorità politica (governo) e dai suoi agenti.

Questa garanzia è costituita da “titoli” che conferiscono ad un dato attore poteri stabilizzati e
generalizzati nei confronti degli altri attori e che gli consentono di ricorrere all'autorità garante
per assicurargli la conformità. 

Nella politica monetaria la ricerca di conformità garantita è ricerca di diritti o di posizioni
di autorità, ciò signi ca usare le proprie risorse per ottenere “diritti” o “posizioni di autorità”. 


Se, per esempio, si prendono in considerazione cinque azioni politiche, si può osservare come
esse ricercano tutte la conformità garantita:

1) una prima azione politica è l’azione di un attore in un’arena politica naturale in presenza di
un grado più o meno elevato di dispersione delle risorse: per esempio la condotta politica di
un governo nei confronti degli altri governi di un’arena intestatale: in questo caso ciascun attore
vuole mantenere o ingrandire il proprio territorio, in modo da ingrandire il proprio rango di
potenza;

2) la seconda azione politica, anch’essa naturale, è l’azione politica del detentore di un


«dominio naturale»: ad es. il dominio territoriale del signore feudale fondato sul monopolio della
terra e sul monopolio della violenza: In questo caso l'azione politica del dominante sta nel
mantenimento del proprio rango di potenza cioè nella difesa del monopolio delle risorse sociali
(terra e armi);

3) azione politica tesa ad una lotta per il potere, cioè l’azione politica dei leader delle diverse
forze politiche, che sono impegnati in una competizione più o meno permanente: lottare per il
potere signi ca lottare per conquistare e conservare la conformità garantita;

4) azione politica dei gruppi dirigenti e dei gruppi di pressione che di solito non cercano di
conquistare i ruoli di governo ma comunque si occupano molto da vicino di politica: la loro azione
di pressione ha lo scopo di conseguire dei diritti, quindi anche questi gruppi cercano la conformità
garantita;

5) azione politica degli attori che non sono impegnati nella lotta per il potere e non hanno a
disposizione risorse su cienti per fare pressione sul governo, ma dispongono solo della risorsa
del proprio organismo, delle energie e delle attività che sono in grado di fornire. Questa è l’azione
politica chiamata solitamente partecipazione politica: anche la partecipazione politica
rappresenta una ricerca di conformità garantita, come ottenere migliori condizioni di vita dei
cittadini;

8.4. Produzione politica e arene politiche naturali


La produzione politica è l’insieme di molti investimenti al potere (l’investimento al potere è
l’azione politica, perché viene considerata come un investimento sul potere garantito, cioè il
potere che si può ottenere in futuro).

La produzione politica è molto diversa dalla produzione economica: infatti la produzione


economica è simile all’azione robinsoniana, dove un’attore necessità solo delle sue risorse
(scarse) per ottenere ni ottimali, mentre la produzione politica ha bisogno dell’interazione tra

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almeno due attori, uno che cerca di garantire il proprio potere e l’altro che si conforma al potere
del primo;

I punti essenziali della produzione politica che possono adattarsi sia all'arena naturale che a
quella monetaria sono che:

1) La produzione politica è produzione di garanzia di cooperazione sociale: signi ca che


l’ordinamento dei poteri garantiti a una pluralità di attori in un dato campo sociale rende
possibile la previsione delle azioni degli altri, e delle proprie.

Per questo motivo, gli attori hanno la possibilità di iniziare relazioni sociali reciprocamente
vantaggiose. Questa è la “cooperazione sociale”.

2) La produzione politica opera attraverso ordinamenti vincolanti: vuol dire che i singoli attori
non possono sfuggire agli ordinamenti vincolanti, perché altrimenti non ci sarebbe la
cooperazione e quindi neanche la produzione politica.

1) nelle arene naturali dove vi è dispersione delle risorse gli ordinamenti vincolanti sono
rappresentati da accordi tra gli attori o da patti impliciti o taciti.

2) nelle arene naturali dove le risorse sono concentrate nelle mani di un monopolista
dominante, gli ordinamenti vincolanti sono stabiliti dal monopolista dominante. 

3)Nelle arene monetarie la produzione politica è messa in atto da decisioni collettive prese
dai governanti, le decisioni collettive sono valide per tutti gli attori del campo sociale, anche se
non sono d’accordo.

3) la produzione politica è anche distribuzione politica: la produzione politica implica la


distribuzione di una quota di conformità garantita ad ognuno di essi.

In politica produrre signi ca necessariamente distribuire, perché non è possibile produrre
garanzia di cooperazione senza distribuire conformità e poteri garantiti.

A di erenza delle arene naturali, nelle arene monetarie la produzione di garanzia di
cooperazione richiede l'instaurazione e il consolidamento di una “forma di governo” (regime
politico).

8.4.1 Dominio naturale


Si veri ca quando un attore monopolizza tutte le risorse e tutti gli altri attori non ne hanno: c’è un
monopolio naturale di risorse.

Un esempio di dominio naturale è il dominio del signore feudale fondato sul monopolio della terra
(risorse economiche) e sul monopolio della violenza (risorse di violenza/distruttive). Una situazione
di monopolio è una situazione relativamente stabile, perché l'azione politica del dominante è
proprio quella di cercare di mantenere il proprio monopolio.

Gli assoggettati al dominio non hanno risorse rilevanti ma hanno la risorsa minima che consiste
nel possesso dell’organismo indispensabile per il monopolista (il monopolista ha bisogno del
lavoro dei servi). Per i contadini è quindi impossibile organizzarsi e cercare di far valere la loro
capacità di lavoro, l'unica azione che possono compiere è quella di tener relativamente basso il
proprio numero (es. abbandono dei gli, soprattutto le femmine). Questa pratica può essere
considerata azione politica, perché è mirata a far valere le proprie risorse e a migliorare la quota di
conformità garantita. Nel dominio naturale c'è anche la Funzione pubblica della protezione
esterna, che è la difesa delle proprie risorse da parte del monopolista (es. contadini ricevono
protezione verso gli attacchi nemici).

La funzione pubblica della protezione esterna è un sottoprodotto della ricerca del mantenimento
del proprio dominio da parte del signore dominante.

8.5 Arene politiche monetarie e istituzioni politiche


Nelle arene politiche monetarie la conformità per ciascun attore in gioco è garantita sia dalle sue
risorse sia dall'opera di un terzo attore. Quindi la garanzia di conformità risiede in “titoli” o “diritti”
che sono la moneta politica.

Le decisioni vincolanti che la produzione politica richiede sono prese da un singolo attore
(individuale o collettivo), come avviene nel dominio naturale, e la capacità di prendere queste
decisioni vincolanti si basa sul possesso e sulla conservazione di titoli e “autorità politica”.

Allo stesso tempo la capacità nel prendere decisioni dipende dalla funzione politica, cioè l'opera
di produzione politica dell'attore che ha l’autorità nell’arena monetaria.

Ogni funzione politica viene svolta grazie alle organizzazioni chiamate istituzioni politiche:

- la funzione di protezione esterna è svolta dall’esercito;

- la funzione di giurisdizione viene svolta dalle corti e dai tribunali;



- la funzione di protezione interna è svolta dalle forze di polizia; 

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Tutte le istituzioni hanno bisogno di risorse e collaborazione sociale che gli attori politici
specializzati ricavano dalle mobilitazioni politiche degli attori sociali, che a loro volta prestano le
risorse a sostegno delle istituzione e degli attori politici specializzati.

Con l'intensi cazione della dimensione “monetaria” la possibilità degli attori di assumere una
posizione di autorità politica non si basa più sul loro stock di risorse, ma sul sostegno che
ricevono dagli altri attori, quindi il sostegno è diventato fondamentale, mentre lo stock di
risorse dell’attore diventa importante per esercitare la funzione politica, infatti nelle poliarchie, gli
attori che detengono l’autorità politica (governanti) non sono quasi mai quelli che detengono gli
stock di risorse economiche e simboliche maggiori.

Mentre gli attori che hanno gli stock maggiori di risorse (es. grandi imprenditori o capi di chiese
importanti) non sono interessati all'acquisizione “dell'autorità politica”, ma all'acquisizione e alla
conservazione di “diritti” che gli consentano di utilizzare in modo vantaggioso le proprie risorse.

8.5.1 Come nascono e persistono le funzioni e le istituzioni politiche (ovvero una forma di
governo)?

Esistono due teorie:

1. Teorie contrattualistiche 

Queste teorie vedono il governo come un'agenzia creata e tenuta in vita da un contratto
sociale stipulato dagli attori sociali, che ricercano conformità garantita sotto forma di tutela
di beni, ossia sotto forma di diritti;

2. Teorie elitistiche 

Le teorie elitistiche sottolineano l'elemento del comando e del dominio enunciando che i
governanti costituiscono una minoranza organizzata che domina la maggioranza dei
cittadini. In questo caso lo scopo è cercare supremazia (autorità politica) per sé ovvero per
la classe politica. 


Secondo Stoppino, queste due teorie sono insu cienti perché hanno una visione unilaterale. Per
l’autore infatti la funzione-istituzione politica può essere spiegata solo attraverso il collegamento
oggettivo che unisce tra di loro entrambe le azioni che costituiscono i rispettivi presupposti in
base ai quali le due teorie sono costruite.

Le teorie contrattualistiche e la ricerca di beni (diritti) da una parte e le teorie elitistiche e la ricerca
di supremazia (autorità politica) dall'altra convergono per creare le basi dell'instaurazione di una
data funzione-istituzione.

Finora abbiamo visto il Processo politico costituente, nel quale gli attori che occupano le
posizioni stabilite di "autorità politica" garantiscono la cooperazione sociale attraverso la
produzione e la distribuzione di certi tipi di diritti per il campo sociale di riferimento. Ma nel
periodo temporale che costituisce la durata di un governo, si succedono diversi gruppi, cioè
diverse formazioni di governo, le quali interpretano in maniera più o meno di erente la produzione
e la distribuzione di diritti per il campo sociale.

Quindi, in modo più o meno ristretto a seconda del tipo di regime, diverse fazioni o gruppi politici
competono preso in cui stare e conservare i ruoli di governo. E, d'altra parte, restando stabile la
forma di governo, diversi gruppi sociali si impegnano in una contesa per premere sui gruppi
politici per ottenere alcune decisioni politiche, che confermano o accrescono certi diritti.

In tale processo, che chiamiamo processo politico normale, il collegamento tra le condotte dei
gruppi politici e quelle dei gruppi sociali è simile a quello descritto nel processo politico
costituente, ma con due di erenze:

- Da una parte il sostegno che un gruppo sociale presta o ritira nei confronti dei gruppi politici e
selettivo: quindi non si indirizza verso le autorità in quanto tali, ma si indirizza verso uno o alcuni
gruppi politici nella speranza di ottenere decisioni politiche favorevoli in termini di diritti;

- Dall'altra parte, le decisioni politiche di un dato gruppo politico sono, in grado maggiore o
minore, orientate, nel senso che si indirizzano in favore di certi gruppi o classi sociali più che in
favore di altri, nell'intento di ottenere il sostegno su ciente per conquistare o mantenere la
posizione di governo.

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CAPITOLO 9 POTERE POLITICO

9.1. Introduzione
Fino ad ora abbiamo introdotto la distinzione tra le due forme generali che la politica può
assumere: a seconda che si concreti in arene politiche «naturali» o in arene politiche “monetarie”
ovvero in arene dotate di istituzioni di governo.

Nelle arene politiche monetarie, il termine "governo" de nisce le istituzioni che incorporano un
potere generalmente stabilizzato o istituzionalizzato.

dopo le osservazioni di Lasswell bisogna considerare che intorno al potere di governo ci sono
anche altri poteri sociali (economici, simbolici, etc.), che spesso sono e caci quanto il governo e
che infatti intrattengono con il governo delle relazioni di in uenza e di potere. In base a ciò
dobbiamo distinguere tra:

- potere politico per eccellenza, cioè il potere di governo.

- poteri politicamente rilevanti (altri poteri sociali che in uenzano il governo). 




Esistono diverse de nizioni di "potere politico”. Leoni, Bobbio e Albertini tentano di dare una
de nizione: 

1 Bruno Leoni

Per Leoni Il potere politico è la possibilità di ottenere rispetto, tutela o garanzia dell’integrità e
dell’uso dei beni che ogni individuo considera fondamentali ed indispensabili alla propria
esistenza. 

2 Norberto Bobbio

Secondo Bobbio il potere politico è sempre collegato all’uso della forza ed è inoltre: 

-un potere esercitato su un gruppo abbastanza numeroso di persone; 

-ha lo scopo di mantenere nel gruppo un minimo di ordine; 

-tende ad essere esclusivo, cioè a eliminare tutte le altre situazioni di potere. 

3 Mario Albertini

Per Albertini Il potere è «potere cercato per se stesso» che è carattere essenziale della vita
politica. 


Secondo Stoppino non si possono accettare tutte queste nozioni di potere politico, anche se tutte
possono essere utilizzate per individuare aspetti importanti della vita politica. L’unica delle 3
de nizioni che si riferisce direttamente a ciò che possiamo chiamare «potere politico» è quella di
Bobbio.


9.2. Tentativi di de nire il potere politico 

E' di cile dare una de nizione di “potere politico”, perché le opinioni dei politologi sono
spesso diverse tra loro, quindi il modo più semplice per avvicinarsi ad una de nizione di “potere
politico” è quella di esaminare i modi principali nei quali gli studiosi hanno provato a de nirlo: 


1) Identi carlo sulla base del numero di uomini su cui viene esercitato

Secondo Bobbio, il potere politico è esercitato su un gruppo numeroso di persone, ma questo


carattere è comune a altri tipi di potere. Per speci care diciamo che il potere politico è esercitato
su tutti i membri della società e quindi è diverso dagli altri tipi di potere che sono esercitati solo su
alcuni membri della società.

Questa classi cazione però non è su ciente a distinguere il potere politico e quindi bisogna
individuare la sfera di attività alla quale il potere politico si riferisce.

2)  Identi carlo sulla base della sfera di attività alla quale si riferisce 

ma la sfera di attività a cui il potere politico si riferisce cambia a seconda delle situazioni storiche
quindi non ci sono de nizioni soddisfacenti del potere politico sulla base della sfera di attività. 

3)  Identi carlo sulla base del ne per il quale è esercitato 

La de nizione più seguita tra le de nizioni di questo tipo è quella per il quale “il potere politico è il
potere che ha lo scopo di perseguire il «bene comune», ma il concetto di bene comune dipende
dalla scala di valori delle persone, quindi questa de nizione di “potere politico” si riferisce allo
scopo che, in base a una certa concezione di “bene comune”, i detentori dovrebbero perseguire
ma non si riferisce allo scopo che i detentori del potere politico perseguono di fatto. 

4)  Identi carlo sulla base dello scopo 

L’unica de nizione riguardo ai ni del potere che può essere accettata sul piano descrittivo e
quella di Bobbio, che dice che il potere ha lo scopo di mantenere nel gruppo un minimo di
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“ordine”, inteso come coesistenza paci ca; ma non è comunque un ne esclusivo del potere
politico. 


Noi possiamo dare una de nizione del potere politico dicendo che è:

• Un potere stabilizzato esercitato ed obbedito con continuità. 



Nelle società politiche moderne è anzi un potere istituzionalizzato, cioè detenuto e 

esercitato da una pluralità di persone.

• Un rapporto di comando e obbedienza la relazione di potere politico si traduce 



normalmente in un rapporto di comando ed obbedienza.

• Esercitato su una pluralità di uomini che convivono e cercano di soddisfare tutti i requisiti
essenziale per il mantenimento della vita sociale.
• ha lo scopo minimo di mantenere la coesistenza paci ca, almeno nei confronti degli
elementi rilevanti per il gruppo. questo scopo minimo è 

fondamentale per perseguire altri ni.


Queste indicazioni però non sono su cienti ad identi care il potere politico, perché una
de nizione soddisfacente deve tenere conto della sua funzione, perché è la sua funzione,
cioè ciò che esso produce, che distingue il potere politico da ogni altro potere sociale. In
base a questo possiamo dire che il potere politico è il potere stabilizzato e generalizzato
(potere garantito) sotto forma di autorità, che produce poteri garantiti sotto forma di
diritti per il campo sociale o per la società di riferimento. 


9.3. Monopolio tendenziale della violenza 



Un'altra de nizione del potere politico (più di usa) è quella che lo associa al monopolio
tendenziale della violenza (violenza “legittima”).

Questa de nizione nasce da Hobbes e viene precisata da Weber. 

La de nizione che associa il potere politico al monopolio della violenza (violenza “legittima”) si
basa sul fatto che i detentori del potere politico usano il monopolio della violenza per far eseguire i
loro comandi, quindi la violenza è il mezzo speci co del potere politico.

Questa visione del potere politico è sostenuta anche da Bobbio, secondo cui il potere politico:

• “è sempre collegato all'uso della forza” e

• “tende a essere esclusivo, cioè a eliminare o sottomettere tutte le altre situazioni di potere” 

Anche se secondo Stoppino questa a ermazione non è accettabile perché non è scontato
che chi ha il potere politico tenda sempre a eliminare o subordinare ogni altro tipo di potere.
Questo dipende dalla sfera d'attività a cui il potere si riferisce.

Invece, per Stoppino, l’a ermazione di Bobbio è accettabile se si intende che la tendenza
ad escludere tutte le altre situazioni di potere riguarda quelle situazioni che fanno uso della
violenza.


La de nizione di potere politico basata sul monopolio tendenziale della violenza è stata però
oggetto di diverse critiche. Le più importanti sono che:

1. Non tutti i poteri che hanno il monopolio della violenza sono poteri “politici”, infatti se si il
monopolio della violenza fosse il carattere distintivo del potere politico, allora anche una
banda di gangster può essere una società politica dato che al loro interno esiste un capo
che ha il monopolio della violenza nei confronti di coloro che ne fanno parte.

Questa critica però non coglie nel segno perché il potere politico si oppone all'impiego della
violenza da parte dei gangster e poi perché il capo della banda non ha un reale monopolio
della violenza sui suoi seguaci dato che i gangster e il loro capo sono comunque soggetti ai
comandi che provengono da coloro che detengono il potere politico nella società alla quale i
gangster appartengono.

2. Non tutti i poteri “politici” sono associati ad un monopolio della violenza, infatti il monopolio
della violenza c’è solo negli Stati moderni e contemporanei di matrice europea, ma non nelle
società politiche precedenti come quelle dell'Antichità o del Medio Evo, infatti la violenza era
presente ovunque nelle società antiche e per questo motivo non fu mai sviluppato un
e cace monopolio tendenziale della violenza da parte del governo. 

Solamente negli ultimi tre secoli gli stati europei costruiscono apparati di polizia che danno
luogo al monopolio tendenziale della violenza.

Quindi per de nire in modo e cace il potere politico bisogna determinare in modo più speci co il
carattere del monopolio tendenziale della violenza.

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L'espressione “monopolio tendenziale della violenza” signi ca che i detentori del potere
politico impiegano tipicamente e con continuità la violenza, attraverso l’apparato specializzato di
cui dispongono che viene considerato legittimo, inoltre regolano in modo esclusivo l’uso della
violenza e si oppongono fermamente agli usi non consentiti della violenza 

da parte dei privati. Inoltre i detentori della violenza non la possono usare quando e come
vogliono, perché l’uso della violenza è regolato e limitato a delle funzioni speci che.

9.4. Il potere che produce potere


Abbiamo visto che il potere politico si distingue da ogni altro potere sociale organizzato per la sua
funzione, cioè ciò che produce. In base a questo possiamo dire che Il potere politico è il potere
garantito sotto forma di “autorità politica” che produce e distribuisce poteri garantiti sotto
forma di “diritti” per il campo sociale e assicura in esso la cooperazione sociale.

Questo signi ca che il potere politico è potere che produce potere per una società politica.

Nei sistemi liberal-democratici contemporanei, le persone hanno 4 tipi di diritti principali, e a


ciascun diritto, corrisponde un obbligo di conformità di altri individui e gruppi:

• libertà (es. libertà di spostarsi nel territorio dello Stato etc..)

• facoltà (es. ottenere una data quantità di cose o erte al pubblico pagando il prezzo 

corrispettivo).

• potestà (es. direttore di azienda ha la potestà sopra i lavoratori dipendenti)

• spettanze diritti a determinate cifre di denaro o servizi sociali (es. diritto a avere una 

certa pensione). 


Inoltre negli ultimi tre secoli si sono sviluppati anche i “diritti di cittadinanza” che appartengo ad
ogni cittadino adulto dello Stato a prescindere dalle sue risorse.

I diritti di cittadinanza possono suddividersi in:

1. diritti civili, cioè i diritti necessari alla libertà individuale (es. libertà personali) e il diritto ad
ottenere giustizia.

2. diritti politici, come il diritto di esercitare potere politico sia come membro eletto di un
organo, sia come elettore passivo.

3. diritti sociali, cioè i diritti che riguardano la sicurezza economica e la partecipazione ai


bene ci del patrimonio delle società.

La funzione di produzione e di distribuzione di poteri garantiti (diritti) è ciò che distingue il


potere politico da ogni altro tipo di potere sociale organizzato, come il potere economico, quello
etico-sociale e quello coercitivo, perché:

- Il potere economico produce beni e servizi e il bene nale è il benessere.

- Il potere etico-sociale produce beni di identità etico-religiosa e il bene nale è l’identità etico-
sociale.

- Il potere coercitivo è basato su risorse di violenza e produce danni alle persone e bene 

nale integrità sica. 


In più questi tre poteri sociali producono beni nali, mentre il potere politico produce solo
diritti, che stabilizzano e tutelano l'acquisizione di beni nali.


Però tra il potere politico e i poteri sociali si instaurano delle relazioni importanti, infatti il potere di
governo ha bisogno delle risorse economiche, di violenza e simboliche per sostenersi e per
procedere alla produzione politica:

- Dalla risorse di violenza il governo ricava la protezione esterna necessaria per difendere il
proprio campo sociale dalle aggressioni esterne, e la protezione interna necessaria per garantire
l'integrità sica di uomini e cose all'interno del campo sociale di riferimento. 

- Le risorse economiche vengono usate da governo per sostenere le istituzioni e gli apparati
pubblici.

- Dalle risorse simboliche Il governo ricava la “legittimazione” nelle credenze dei membri del
campo sociale di riferimento. 


Se il governo si basa esclusivamente su risorse di violenza sarà un governo militare;

Se il governo si basa esclusivamente su risorse economiche sarà un governo patrimoniale;

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Se il governo si basa esclusivamente su risorse simboliche sarà una teocrazia o una ideocrazia. 


E come i detentori del potere politico hanno bisogno di chi ha le risorse sociali anche i detentori
delle risorse sociali hanno bisogno del governo per trasformare le loro risorse in diritti riconosciuti
e generalmente validi nel campo sociale di riferimento, ad esempio la chiesa ha bisogno di una
garanzia della non interferenza nelle sue attività (es. concordati, libertà religiosa, di pensiero...) 


Ora vediamo quali solo le diverse forme di produzione politica, sotto forma di diritti:

1. Regolazione: emanazione di regole vincolanti più o meno generali riguardanti gli 



intercorsi sociali e la cooperazione complessiva.

2. Protezione esterna: garantisce la difesa delle persone e dei loro beni dalle aggressioni
provenienti dall’esterno; mediante l'esercito.

3. Giurisdizione: garantisce l’ottemperanza delle prestazioni dovute tra i diversi individui o


gruppi, anche se manca la conformità spontanea.

4. Piena giurisdizione e piena protezione interna: a questi nuovi aspetti è connesso il


monopolio tendenziale della violenza che si oppone alla violenza criminale sia in funzione
repressiva che preventiva.

I governi moderni e contemporanei garantiscono sia la coesistenza paci ca, sia la
«cooperazione sociale».

5. Facilitazione: produce generalmente diritti-facoltà, che agevolano la cooperazione sociale


(es. costruzione e manutenzione strade pubbliche, ferrovie etc).

6. Allocazione: produce diritti-spettanze che riguardano determinate quote di denaro, ovvero i


vantaggi erogati dagli apparati del welfare state.

Per fare in modo che la produzione politica operi con successo devono intervenire anche le
attività strumentali, che non producono diritti, ma sono necessarie al corretto funzionamento
della funzione politica, le attività strumentali sono:

• l'organizzazione delle istituzioni degli apparati;

• l’estrazione di risorse dalla società (risorse economiche tramite l'imposizione scale e le


risorse di violenza tramite il servizio militare obbligatorio);

• l’alimentazione della ducia (es. in un governo di coalizione). 


9.5. Violenza e consenso

Sappiamo che tutti i poteri politici dispongono di risorse di violenza e che in certi casi il governo
ha il monopolio tendenziale della violenza nella società.

Ma abbiamo visto che la violenza NON è l’unico fondamento del potere politico.

Secondo Stoppino nelle società politiche concrete il potere di governo poggia sempre anche sul
consenso, oltre che sulla violenza.

La parola “consenso” ha due signi cati diversi, perché si riferisce sia ai comportamenti di
obbedienza basati su certe motivazioni, sia alle credenze che possono motivare i
comportamenti di obbedienza.

Nel nostro caso ci riferiamo al secondo signi cato, per il quale il consenso è un tipo di fonte
dell'obbedienza e per il quale esso si riferisce a certe credenze che possono motivare i
comportamenti di obbedienza, anche se non possiamo stabilire esattamente quali siano queste
credenze possiamo indicare alcune grandi categorie:

1. Ragioni di interesse
2. Valori
3. Atteggiamenti a ettivamente favorevoli al potere (es. emblemi, inni, bandiere, riti etc..) 


Tra queste forme di consenso, è molto importante quella che riguarda la fonte del potere, cioè la
credenza nella legittimità del potere, che può essere fondata su:

• la persona del governante → il potere è creduto legittimo perché è il potere di quella


persona;

• regime → il potere è creduto legittimo perché deriva dalla fonte stabilita dal regime;

• comunità politica → lo si ritiene legittimo perché derivato della comunità politica;

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CAPITOLO 10 STRUTTURA POLITICA

10.1 Premessa
La de nizione di potere politico, o di governo, ha dei limiti: prima di tutto tutto non ci dice niente
delle attività umane che consentono di formare il governo, di consolidarlo o eliminarlo;

Per spiegare questo processo infatti bisogna distinguere tra la struttura politica, cioè lo studio
del quadro, dei limiti e delle regole nei quali si svolge il processo politico normale, e il processo
politico, cioè lo studio dei movimenti che si veri cano all'interno della struttura, o 

che la modi cano; 


Il potere politico, considerato come un potere garantito che produce poteri garantiti (diritti), è un
elemento costitutivo della struttura politica, ma considerato da solo non riesce a interpretare e
descrivere il processo politico, per farlo bisogna considerare anche i “poteri politicamente
rilevanti”, che in uiscono in modo signi cativo sul potere politico.

In tutti i sistemi politici, i poteri politicamente rilevanti si raggruppano in due gruppi fondamentali:

1. Poteri politicamente in uenti (gruppo della classe dirigente)



Si basano sulla disponibilità di risorse materiali o ideali di grande importanza per il
funzionamento della società (es. azienda in un paese dà lavoro alle persone del luogo) e
condizionano con continuità e in modo rilevante il potere politico.
2. Poteri minimi politicamente rilevanti (gruppo della classe diretta=membri della società)
Sono basati sulla necessità di collaborazione continuativa degli individui per il
funzionamento della società e condizionano con continuità e in modo limitato il potere
politico (es. l'obbedienza continuativa alle leggi dello Stato da parte della classe diretta è
una risorsa fondamentale per la stabilità del regime politico). 


Questi due tipi di potere condizionano e limitano il potere politico, e la loro e cacia varia a
seconda delle diverse comunità politiche e a seconda del tempo storico.

10.2 Poteri politicamente in uenti


Tra i “governati” ci sono individui e gruppi che dispongono di risorse di grande importanza per il
funzionamento della società ed esercitano un potere molto rilevante sui “governanti”.

Questi individui o gruppi sono la classe dirigente. Anche se non si può stabilire a priori quanti e
quali sono i gruppi dirigenti in tutte le comunità politiche possiamo dire che, in tutti i sistemi
politici, i poteri politicamente in uenti presentano alcune caratteristiche fondamentali:

1. poggiano sempre sulle disponibilità di risorse di grande importanza per il funzionamento


della società nel suo complesso (risorse ideali, materiali, umane)

2. l'impiego delle risorse ha una forma organizzata. 


Inoltre il potere politico e i poteri politicamente in uenti si in uenzano reciprocamente:

• da una parte, chi ha il potere politico ha bisogno della collaborazione e del sostegno dei
gruppi dirigenti per portare a esecuzione le direttive vincolanti per la società.

• dall'altra parte, i gruppi dirigenti hanno bisogno degli ordinamenti vincolanti (diritti) 

prodotti dal potere politico per impiegare le risorse. 


Modalità con le quali i gruppi dirigenti in uenzano il potere politico


I poteri politicamente in uenti limitano l'azione di chi ha il potere politico dentro un'arena nella
quale gli interessi permanenti dei gruppi dirigenti non possono essere messi in grave pericolo.
Perciò, i poteri politicamente in uenti sono poteri stabilizzati e prevalentemente negativi, nel
senso che hanno come oggetto un “non fare”;

Tuttavia, questi poteri non costituiscono solo un limite al potere politico, perché possono anche
in uenzarlo in modo positivo, infatti l'utilizzo paci co e continuativo delle risorse comporta,
normalmente, l'intervento del potere politico.

Di conseguenza, i gruppi di dirigenti tendono a esercitare stabilmente sui governanti un potere
che ha per oggetto la presa di decisioni politiche atte a garantire il mantenimento dell'utilizzo
paci co, continuativo e redditizio delle risorse.

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10.3 Regime
(A) Che cos'è un regime politico

Un regime politico è un insieme di istituzioni politiche che funzionano in un dato paese in un
dato momento.

Un regime politico è composto da 3 elementi:

1. I Valori politici dominanti nel regime che limitano in negativo e orientano l'azione di
governo, e inoltre in uenzano le altre due componenti del regime, cioè le regole del gioco e
l'organizzazione delle istituzioni.

2. Le Regole del gioco politico, stabiliscono le regole da rispettare nella lotta per il potere
politico e possono essere sia norme giuridiche sia regole di fatto. Senza le regole infatti del
gioco ci sarebbe una battaglia senza esclusione di colpi che renderebbe instabile il
funzionamento del sistema politico.

3. L’Organizzazione delle istituzioni del potere politico, che è importantissima per


determinare le istituzioni e il modo in cui vengono coordinate.


(B) Il condizionamento dei poteri politicamente in uenti


Tra il regime politico e i poteri politicamente in uenti c’è una connessione importante:

1. In primo luogo i valori politici dominanti del regime lavorano nello stesso modo del regime
politico, cioè attraverso il condizionamento sostanziale (positivo o negativo) dell'azione
dei detentori del potere politico.

Questo condizionamento è determinato dall'assetto stabile dei poteri politicamente
in uenti, in relazione al rapporto di potere reciproco tra gruppi dirigenti e gruppi che lottano
per la conquista del potere politico (gruppi politici). 

Ed è in questo rapporto che si trova la fonte dei valori politici dominanti del regime.

2. E anche i poteri politicamente in uenti e le altre due componenti del regime (regole del
gioco e struttura organizzativa) sono connessi in modo importante:

I gruppi dirigenti hanno interesse che le regole del gioco e la struttura organizzativa siano
dell'uno o dell'altro tipo.

Per veri carlo, bisogna considerare due modelli stabili dei poteri politicamente in uenti:
quello della classe dirigente monolitica chiusa e quello della classe dirigente aperta ed
articolata in più gruppi

1)Classe dirigente monolitica chiusa 

In questo caso la classe dirigente vuole che le regole del gioco impediscano agli altri
individui di conquistare il potere politico, in più vuole anche che la struttura organizzativa
evidenzi l'unità e l'e cacia dell'azione di governo. 

Di conseguenza, tenderà a formarsi un regime politico con queste caratteristiche.

2)Classe dirigente aperta e articolata in una pluralità di gruppi (nessuno prevale
sull'altro) In questo caso invece gruppi dirigenti vogliono che le regole del gioco diano anche
agli altri individui la possibilità di conquistare il potere politico, inoltre vogliono che la
struttura organizzativa si articoli in una pluralità di istituzioni che si limitino e controllino
reciprocamente.

un dato assetto stabile di poteri politicamente in uenti non determina le regole del gioco e
l'organizzazione del potere politico in tutti i loro aspetti, perché dipendono anche dalla
con gurazione dei gruppi politici e dalla loro capacità di "invenzione" e costruzione
costituzionale.
Inoltre bisogna ricordare che un dato numero stabile di poteri in uenti non consente numerosi tipi
di regime. (es. Tentativo fallito di introdurre la democrazia parlamentare in paesi ex coloniali e
sottosviluppati, l'assetto relativamente stabile dei poteri politicamente in uenti non è tale da
consentire l'instaurazione del regime democratico).

(C) Sostegno strutturale del potere politico



I gruppi dirigenti appoggiano il potere politico in due modi: attraverso il condizionamento (vedere
paragrafo B) e attraverso il sostegno, che consiste sia in azioni come il sostegno economico, che
in atteggiamenti favorevoli al regime, come la disposizione ad obbedire ai governanti, e ci sono
molti motivi che giusti cano la disposizione a obbedire, come l’interesse nei vantaggi che ci
sono se si obbedisce, il timore della violenza che i detentori del potere politico potrebbero usare

se non si obbedisse e la credenza nella legittimità basata sul regime.


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(D) Valori che fondano la “legittimità” del regime

I valori che fondano la credenza nella legittimità in uenzano in linea generale la parte delle regole
del gioco che riguarda l'acquisizione del potere politico, senza entrare nello speci co.

Bisogna distinguere anche tra la funzione dei valori che fondano la credenza nella legittimità e le
funzioni delle altri due componenti del regime:

- i valori che fondano la credenza nella legittimità stabiliscono la fonte dalla quale il potere 

politico deve provenire per essere riconosciuto legittimo; 

- i valori politici dominanti stabiliscono la sfera di attività e l'orientamento in cui i detentori 

del potere politico (legittimo) possono e devono impartire i loro comandi; 

- le regole dell'organizzazione del potere, (le sue forme di esercizio), stabiliscono la legalità 

dei comandi e delle direttive provenienti dai detentori del potere. 


Detto ciò non tutti i regimi sono riconosciuti come legittimi, un esempio che fa Stoppino è quello
delle comunità politiche che sono sottoposte alla dominazione straniera: anche in queste
comunità ci sono i valori politici dominanti che limitano la sfera dell’azioni di governo, ma può
succedere che il regime non sia riconosciuto come legittimo dai gruppi dirigenti autoctoni, che
magari obbediscono al regime perché temono che venga usata la violenza dai detentori del potere
politico, quindi la legittimità, quindi, NON è una componente necessaria del regime politico. 


(E) Sostegno strutturale dei gruppi politici 

Anche i gruppi politici sono importanti in relazione al sostegno fornito al regime politico, che
consiste sia nella disposizione ad accettare i comandi impartiti dai governanti, sia nella
disposizione a rispettare le regole del gioco relative ai comportamenti per ottenere potere
politico.

I motivi che fondano il sostegno al regime da parte dei gruppi politici sono gli stessi dei gruppi
dirigenti, ma questi si presentano sotto un aspetto particolare:

- L'interesse per i gruppi politici è l'opportunità che il regime gli o re di conquistare potere
politico, mentre per i gruppi dirigenti riguarda il fatto che alcuni dei loro bisogni fondamentali
relativi all’uso delle risorse che hanno a disposizione sono incorporati nel regime;

- Il timore dell'impiego della violenza che per i gruppi politici si manifesta anche nei confronti
dell’opposizione, nel senso che il gruppo politico quando è al governo teme che un suo
comportamento contrario provochi una ribellione e il ricorso alla violenza da parte dei gruppi
politici all’opposizione, mentre nel caso dei gruppi dirigenti il timore dell’uso della violenza si
manifesta solo nei confronti del governo; 


(F) Regime, classe politica, classe dirigente e classe diretta


Per individuare la base e il sostegno di un regime bisogna considerare i gruppi politici e i gruppi
dirigenti perché loro condividono largamente i valori politici dominanti e condividono anche i
motivi che stanno alla base del sostegno fornito dal regime politico e la credenza nella legittimità.

La legittimità del regime va innanzitutto ricercata nei gruppi dirigenti e nei gruppi politici
perché la classe diretta, composta dalle singole persone, spesso non ha una percezione chiara
dei valori politici dominanti e solitamente non cambia neanche i suoi atteggiamenti in merito al
potere politico neanche quando cambia il regime. 

Considerare i gruppi dirigenti e i gruppi politici non basta solo quando il regime mette in pericolo
gli interessi fondamentali della classe diretta, come la sicurezza. In questo caso bisogna
considerare quanti gruppi politici e dirigenti credono che il regime sia legittimo:

Se tutti i gruppi dirigenti e politici credono nella legittimità del regime, il regime è legittimo, ma se
una parte rilevante dei gruppi dirigenti e politici contesta la legittimità del regime, il regime è
illegittimo o semilegittimo.

Se le divisioni tra i gruppi dirigenti e i gruppi politici sono troppo profonde allora possono nascere
dei con itti di legittimità e si potrebbe sfociare in un regime semilegittimo o in una rivoluzione, che
porta a un cambiamento importante dei poteri politicamente in uenti e quindi del regime. 



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10.4 Poteri minimi politicamente rilevanti
I poteri minimi politicamente rilevanti appartengono alla classe diretta e limitano in modo più o
meno stabile la libertà d'azione dei governanti dall’esterno.

Il loro scopo è fare in modo che i detentori del potere politico rispettino una certa sfera di interessi
materiali e ideali considerati fondamentali e indispensabili dai membri della classe diretta, e non è
detto che la grandezza della sfera di interessi sia uguale in tutta la società, ci possono essere
gruppi della classe diretta che hanno una sfera di interessi più grande e al contempo un gruppo
che ne ha una più piccola.

I detentori dei poteri minimi politicamente rilevanti sono gli individui non organizzati che non fanno
parte né dei gruppi politici né dei gruppi dirigenti e il fondamento di questi poteri è costituito dalla
indispensabilità della collaborazione tra i membri della classe diretta al funzionamento della
società. 


I poteri minimi politicamente rilevanti hanno due modi di operare:

1. In uenzano il governo in senso negativo limitando la sfera dell'azione di governo in modo


che non metta in pericolo gli interessi dei membri della classe diretta. Se il governo infrange
questo limite, i membri della classe diretta reagiscono con proteste, disobbedienze e
ribellioni per ristabilire il limite.

2. In uenzano il governo in senso positivo reagendo contro il potere politico quando


l'azione di governo è ine cace e lo fanno attuando in modo continuo delle misure di
produzione politica che garantiscono il rispetto delle sfere degli interessi fondamentali della
classe diretta. 


La classe diretta non sono limita e condiziona il potere politico, ma gli fornisce anche il
sostegno: 

Da un lato infatti la classe diretta infatti è disposta alla partecipazione politica ad esempio, nei
sistemi democratici, partecipando alle elezioni; 

Dall’altro è disposta ad obbedire con continuità ai comandi impartiti dai governi; questo
sostegno dipende dal fatto che il potere politico rispetti i diritti fondamentali, ma non dipende dal
fatto che il potere politico operi nel quadro di un regime determinato, nel senso che la
disposizione ad obbedire rimane anche se cambia il regime. 

E i motivi che favoriscono il sostegno alla classe politica sono molti: in primo luogo bisogna
considerare che la classe diretta vuole che i governanti rispettino e facciano rispettare stabilmente
le sfere dei beni fondamentali. Un altro motivo è il timore della violenza che potrebbe essere
impiegata da chi detiene il potere politico. Poi c’è l’abitudine che porta ad obbedire senza che vi
sia una precisa motivazione, il conformismo, che porta i componenti della classe diretta ad
obbedire perché la maggioranza obbedisce, e in ne c’è la credenza nella legittimità del potere
politico, cioè la classe diretta crede che il potere politico sia legittimo perché rappresenta il
potere espresso dalla comunità politica, cioè la fonte del potere. 


Inoltre ci sono tre tipi di credenza nella legittimità del potere politico:

1. credenza nella legittimità personale 



riguarda le caratteristiche personali del governante ed è di usa nei gruppi politici, dirigenti e
nella classe diretta.

2. credenza nella legittimità del regime 



Essa riguarda la fonte del potere stabilita dal regime e tende a essere di usa nei gruppi 

politici e dirigenti.

3. Credenza nella legittimità fondata sulla comunità 



cioè quella credenza che riguarda la comunità politica ed è di usa soprattutto a livello della
classe diretta. 


Tutti e tre questi tipi di credenza nella legittimità sono spesso presenti nei sistemi politici
concreti. La credenza nella legittimità è una forma di consenso orientato secondo valori e tende a
suscitare una disposizione a obbedire razionale rispetto al valore.


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CAPITOLO 11 PROCESSO POLITICO
Il processo politico è l'insieme dei comportamenti dinamici che modi cano la struttura
politica, e può essere di due tipi:

• costituente → cioè quello che comporta delle trasformazioni strutturali;

• normale → che entra nella struttura senza modi carla. 




Il processo politico normale si può de nire in base ai suoi esiti, che sono:

La formazione e sostituzione dei governi, cioè tutti i comportamenti che selezionano e 

rinnovano i governanti, e le decisioni politiche sostantive (leggi, provvedimenti esecutivi e
amministrativi etc..), cioè i comportamenti che conducono alla presa di decisioni politiche.


In questo caso prendiamo in esame il processo politico normale e usiamo come quadro di
riferimento i sistemi politici liberal-democratici. 

Nel processo politico normale si trovano tre tipi di comportamento: 

- Comportamento della classe politica

Le condotte della classe politica sono molto più articolate e ricche rispetto a quelle nella
struttura e si esprimono in una grande varietà di azioni, come le tattiche per la formazione di
coalizioni di governo, la elaborazioni di programmi o la propaganda etc;


- Comportamento della classe dirigente, che è molto più ampia nel processo rispetto alla
struttura, perché non è più composta solo dai gruppi che condizionano stabilmente il potere
politico, ma anche dai gruppi di pressione, che non hanno risorse rilevanti ma sono
interessati ai contenuti delle decisioni politiche;


- Comportamento della classe diretta, che non cambia rispetto a com’era nella struttura
politica, la di erenza è che nel processo politico normale i comportamenti politici della
classe diretta non vengono considerati.


11.2 Lotta per il potere: la posta in gioco


La principale attività della classe politica è “lotta per il potere” nella quale i gruppi politici
combattono conquistare, mantenere e ingrandire il proprio potere.

La posta del gioco politico infatti è il potere garantito (autorità) che produce poteri garantiti
(diritti) per la comunità e che è associato al monopolio tendenziale della violenza.

Inoltre la lotta per il potere è indipendente dal programma politico, che a sua volta può essere
attuato solo se ci si impegna nella lotta per il potere.

La lotta per il potere contraddistingue le poliarchie, dove il potere è in mano a molti che
competono per conquistarlo e mantenerlo, mentre ovviamente non è presente nei regimi nei quali
il potere è in mano a un solo gruppo.

Inoltre nelle poliarchie la competizione ha diverse caratteristiche:

1. è aperta, perché si possono formare liberamente gruppi politici che partecipano alla
competizione e il gruppo politico al governo può essere contestato senza ripercussioni.

2. la regola del gioco (che decide chi vince e chi perde) è il voto popolare.

La via per conquistare il potere di governo è la vittoria nelle elezioni (maggioranza dei
su ragi dell'elettorato).

3. La competizione politica è espansiva, cioè capace di attirare nuove forze e interessi sociali,
e strutturata in un quadro di aspettative relativamente stabile. 


Esistono anche due forme di lotta per il potere meno comuni:

1. Politica di corte, nella quale la competizione è chiusa, perché i gruppi politici non hanno la
possibilità di appellarsi a nessuno e perciò i soggetti che possono entrare nella
competizione sono molto limitati e il titolo di accesso di solito è determinato in base a dei
criteri ascrittivi (di iscrizione). Inoltre nella politica di corte la regola del gioco non sono le
elezioni popolari, ma è l’apprezzamento del sovrano, il che rende il tutto molto incerto
perché il sovrano può cambiare idea da un momento all’altro.

2. Politica burocratica entro un partito unico, nella quale la competizione è chiusa perché la
classe politica burocratica non può appellarsi al pubblico e alle elezioni partecipa un solo
partito, infatti le elezioni sono usate come mezzo per ottenere legittimazione. Come nella
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politica di corte la regola del gioco non sono elezioni, ma il livello di gradimento dimostrato
dai burocrati dirigenti. Nella politica burocratica in un partito unico c’è un grado moderato
di permeabilità nei confronti dell'ambiente sociale, perché nel partito sono presenti
numerose unità specializzate nei settori (scuola, industria..); in ne c’è un regime di
incertezza per quanto riguarda la competizione al vertice della burocrazia perché di solito
non c’è un criterio di rinnovo periodico delle cariche, che scadono o cambiano sono per
motivi particolari.


Il carattere comune dei tre tipi di competizione politica è che in tutte bisogna ottenere il
consenso o il sostegno di altri attori (elettori, sovrano, burocrati) per conquistare potere. Inoltre è
molto importante ottenere anche il sostegno delle forze sociali che hanno un'elevata capacità di
condizionare e di in uenzare il potere politico (ovvero dei gruppi di pressione).


11.4 Pressione sul potere


Nel processo politico, oltre ai gruppi dirigenti ci sono anche varie organizzazioni e associazioni
chiamati gruppi di pressione. I gruppi di pressione operano esercitando pressione su uno o più
gruppi della classe politica per promuovere o difendere i loro diritti, e per fare questo cercano di
in uenzare i contenuti delle decisioni politiche chiedendo di emanare o meno una determinata
legge;

Quando chiedono di emanare una domanda possono ra orzare la loro richiesta unendo alla
domanda il conferimento o il ritiro del proprio sostegno politico a uno o più gruppi della classe
politica. In caso di sostegno i gruppi di pressione si impegnano nel trasferimento a un
determinato gruppo della classe politica delle risorse sociali che i gruppi di pressione
detengono.

In questo modo prende forma il processo della conversione politica delle risorse sociali, nel
quale le risorse sociali diventano risorse politiche, ad esempio nel caso della NRA che nanzia un
partito politico, solitamente il partito repubblicano, o un determinato politico che sostiene i suoi
interessi, trasformando le proprie risorse sociali, come il denaro, in risorse politiche come la
produzione di leggi a favore delle armi. Quindi quando i gruppi di pressione conferiscono o ritirano
le risorse sociali stanno agendo per ottenere o evitare determinati contenuti delle decisioni
politiche.

Il conferimento e il ritiro di risorse sociali, e quindi di sostegno politico, che i gruppi di
pressione operano nei riguardi delle diverse frazioni della classe politica, vanno interpretati come
mosse per ottenere e per evitare determinati contenuti delle decisioni politiche (diritti). 


11.5. Scambio politico 

Lo scambio politico è la sostanza del processo politico normale.

Lo scambio politico è lo scambio tra sostegno politico e decisioni politiche, ovvero: 

–  da un lato i gruppo politici scambiano decisioni politiche per ottenere sostegno, 

–  dall'altro lato, i gruppi di pressione scambiano sostegno per ottenere decisioni politiche. 


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