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Geogra a

politica ed
economica
IL SISTEMA MONDO
Oggi viviamo in un mondo globalizzato e la
parola “sistema” richiama immediatamente al
fatto che tutte le attività dell’uomo sono
collegate, quindi è necessario studiare i sistemi
di interconnessione tra le attività umane.

Questo nuovo ordine mondiale nasce dalla


dissoluzione dell’unione sovietica: con il crollo
del muro di Berlino il nuovo centro mondiale di
sviluppo non è più l’atlantico, ma il paci co e
tutte le aree che vi si a acciano.

A questo punto il mondo è diviso in due: da


una parte c’è il nord sviluppato, e dall’altra c’è
il sud in via di sviluppo nel migliore dei casi.

L’altra caratteristica del sistema mondo è il


dominio della nanza, e il dominio
dell’informazione e della cultura, in entrambi
i casi si tratta di ussi di informazioni
immateriali, ussi non tangibili.

L’ultima caratteristica del sistema mondo è che


ci sono ancora degli spazi indivisi, cioè gli
oceani, che spesso vengono sottovalutati, ma
che negli anni futuri ci garantiranno molte
risorse vitali, e lo spazio, casa dei satelliti di
ogni genere che sono fondamentali per la vita
umana.

Come si è arrivati alla con gurazione attuale


del mondo? Ci sono grandi tappe da
considerare:

- Medioevo, prima del medioevo la società


era caratterizzata da un economia di
sussistenza, ogni individuo era in grado di
procurarsi solo le risorse utili alla propria
sussistenza, senza creare un surplus,
fondamentale per l’economia. La vita
dell’uomo era soggetta a molte situazioni
impreviste, come le carestie, che portavano
a una decimazione della popolazione; se il
nucleo familiare non aveva messo da parte
delle derrate, rischiava di andare in contro
alla morte. Dal medioevo in poi invece il
singolo agricoltore era in grado di produrre
di più, riuscendo a vendere i prodotti in
eccesso o a metterli da parte. Nel 1550
quindi nasce il capitalismo mercantile. Una
delle spinte più importanti verso il primo
capitalismo mercantile fu la scoperta del
nuovo mondo, nel 1492, che aveva portato
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ad uno sviluppo del commercio
internazionale via mare da parte soprattutto
dei paesi del Nord-Europa, che grazie alla
loro posizione geogra ca favorevole furono i
primi ad appro ttare delle nuove tratte
commerciali.

- Rivoluzione industriale, 1760, partita in


Inghilterra, quando si passò da una
soluzione latifondista all’a damento del
terreno ai singoli agricoltori, consentendo di
aumentare la produzione. L’altro motivo per
cui la rivoluzione nacque in Inghilterra fu lo
sfruttamento dell’energia idroelettrica che
consentì di muovere i macchinari industriali.
La forza lavoro che si libero dall’agricoltura
divenne mano d’opera disponibile per
l’industria, questo fatto portò ad un grande
sviluppo dell’urbanesimo, perché le
persone erano molto interessate a vivere
vicino alle industrie, che inizialmente erano
situate vicino alle fonti di energia, cioè vicino
alle miniere (motivo della nascita delle città
minerarie). Le persone si trasferivano nelle
città minerarie, almeno no a quando non si
svilupparono le infrastrutture e i sistemi di
trasporto che consentirono alle industrie di
svincolarsi dalla necessità di stare vicino alle
miniere per trasferirsi vicino alle città, dove
c’era più mano d’opera.

- Fino a quarant’anni fa la civiltà veniva


chiamata “civiltà industriale”, perché
l’industria era alla base della crescita
economica, ora siamo diventati una
“società post-industriale”, nella quale
l’industria ricopre ancora un ruolo
importantissimo, e la società non è ancora
certa di cosa la spetta in futuro.

- Due sfere di in uenza, dalla seconda


guerra mondiale in mondo si divise in due
grosse frazioni spaziali: una occidentale e
una dominata dall’unione sovietica. Queste
due sfere d’in uenza si sono dissolte solo
dopo il crollo del muro di Berlino e la
dissoluzione dell’URSS.

- Dopo la dissoluzione tra est e ovest prende


piede la distinzione tra nord e sud, nel quale
tutti gli stati del nord erano ricchi mentre
quelli del sud erano poveri, e dopo si
sviluppò il modello centro/periferia, nel
quale tutti gli stati ricchi sono gli stati
centro, mentre tutti gli stati poveri erano
considerati stati periferia, anche questo
sistema diventa obsoleto con lo sviluppo
economico di molti stati che prima erano
periferici.

- Verso un unico sistema, in ne


l’interconnessione tra le diverse aree dovuta
al progresso tecnologico, che porta

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all’internazionalizzazione dei processi
produttivi.

Dopo l’interconnessione di queste aree nasce il


sistema mondo, basato sulla struttura
gerarchico spaziale, sulla centralità dei
luoghi, sulla globalizzazione e sul
superamento economico dei con ni
nazionali. Questo nuovo ordine mondiale non
si basa sull’equilibrio delle diverse aree, ma
sullo squilibrio, che è particolarmente evidente
in campo demogra co ed economico-sociale.

I con ni che sembrano spariti tornano ad


esistere spesso, basti pensare al Covid-19 o
alle migrazioni, fenomeni entrambi che hanno
portato i vari stati ad evidenziare nuovamente i
limiti territoriali. Questo evidenzia come la
nostra società sia e ettivamente fragile e
sensibile.

Il primo squilibri su qui si basa il mondo è lo


squilibrio demogra co:

Il mondo ad oggi conta 7,2 miliardi di persone:


il primo miliardo è stato raggiunto nel 1850,
grazie ad un aumento dell’igiene e della
consapevolezza, solo allora abbiamo imparato
a combattere molte malattie che decimavano
la popolazione e solo dal 1900 nel paesi in via
di sviluppo c’è stato un aumento esponenziale
della popolazione, non compensato però da
una crescita altrettanto esponenziale delle
risorse necessarie per sostenere la
popolazione.

Gli squilibri demogra ci sono anche aggravati


dal fenomeno delle migrazioni internazionali,
per motivi volontari (lavoro) o forzati (rifugiati),
che possono portare allo sfruttamento della
forza lavoro immigrata e alla perdita della
popolazione attiva (più importante per
l’economia del paese).

Il problema economico e sociale, misurabile


con gli indici di PNL(prod. naz. lordo)/
popolazione e di sviluppo umano (basato su
alfabetizzazione, speranza di vita e reddito), è
dato dall'interconnessione tra risorse e
popolazione, in quanto mentre la popolazione
aumenta, le risorse aumentano ma in misura
minore. Nei Paesi in via di sviluppo si assiste
ad un paradosso per cui il miglioramento delle
condizioni sanitarie fa salire la speranza di vita
ma ha come conseguenza la diminuzione del
PIL pro-capite facendo precipitare l’economia
del paese e le condizioni di vita della
popolazione.

Al termine della 2WW i paesi in via di sviluppo


escono dal periodo del “colonialismo”, nel
quale i paesi europei dominavano e sfruttavano
le risorse dei paesi colonizzati. Negli anni 70
questi paesi ex-colonizzati reclamarono aiuti
economici per compensare le perdite subite

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durante il periodo coloniale, e i paesi europei
risposero fornendo grandi quantità di denaro
alle ex-colonie. Molti dei governanti di questi
paesi però non fecero un buon uso di questi
fondi, di conseguenza i fondi non fecero
decollare lo sviluppo negli stati, inoltre gli stati
che avevano prestato i soldi avevano messo
dei tassi di interesse molto alti sui prestiti di
denaro, creando una situazione ancora più
insostenibile e portando le ex-colonie a
chiedere la cancellazione del debito.

Anche il dominio emergente della nanza,


favorisce i paesi più sviluppati rispetto ai PVS,
e allo stesso modo il dominio dell’informazione
rimane nelle mani dei paesi sviluppati,
accrescendone sempre di più il potere.

IL CONCETTO DI GLOBALIZZAZIONE
Il sistema mondo è caratterizzato dalla
presenza della globalizzazione, che ha
cambiato le relazioni umane e geogra che
(ricordiamoci che la geogra a studia il rapporto
uomo/ambiente). Queste relazioni si sono
espanse su una scala geogra ca senza
precedenti, ma non solo, c’è stata anche una
accelerazione importante nel campo della
trasmissione di informazioni, che ha reso il
mondo molto più interconnesso, anche dal
punto di vista materiale (viaggio aereo/viaggio
in nave).

I soggetti e le società sono sempre più


interconnessi in reti e sistemi di portata
globale: oggi è possibile per esempio
identi care reti di comunicazione, di ussi
commerciali o di transazioni nanziarie di
portata planetaria.

Quindi a livello geogra co la globalizzazione


può essere immaginata come un
cambiamento di scala nell’organizzazione di
molti fenomeni: la globalizzazione tende a
ridurre l’importanza della distanza sica, anche
se ovviamente quest’ultima rimane in molti
casi, basti pensare il fenomeno delle
migrazioni, che richiede di coprire una distanza
sica importante.

1) Globalizzazione come processo sociale:

La globalizzazione cresce in maniera


squilibrata, ad esempio l’integrazione
economica procede a velocità di erenti in
luoghi di erenti, e di erente sono le risposte e
gli esiti della globalizzazione nelle diverse
regioni del mondo.

Possiamo considerare la globalizzazione


come un esperienza sociale perché:

- Il mondo è accelerato e sempre più piccolo;

- Si sta costruendo un immaginario globale


per il quale tutti hanno un’immagine simile
dello stesso avvenimento e degli stessi fatti,
perché la comunicazione globale ci propone
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delle immagini e dei modelli che noi
acquisiamo, nendo per vedere tutti la
stessa cosa ( lm, tv, etc.);

- Percepiamo di vivere in un mondo


interconnesso;

Ora iniziamo a chiederci se l’approccio


neoliberista sia l’unica alternativa per il futuro
della globalizzazione, e in molti ora sostengono
che non sia cosi, anche se di fatto non ci sono
alternative valide.

2) Globalizzazione come fenomeno


multiforme:

La globalizzazione è un fenomeno multiforme


perché non si limita al settore economico, ma
interesse anche la sfera sociale e la sfera
ambientale, basti pensare alla globalizzazione
del sapere scienti co-tecnologico, o alla
globalizzazione ambientale (e etto serra), alla
globalizzazione culturale, per la quale
assumono un ruolo molto importante i media,
o alla globalizzazione geopolitica, come nel
caso della interdipendenza delle decisioni e
degli avvenimenti.

Nonostante tutto ciò il divario centro/periferia


continua ad aumentare: il 15% della
popolazione mondiale ha l’85% della ricchezza
mondiale.

Impresa multinazionale e liera produttiva


Le multinazionali oggi sono l’attore principale
dello scenario economico mondiale e del
fenomeno conosciuto come globalizzazione
economica.

La divisione del lavoro non pi collegata al


potere o alle scelta di un governo nazionale,
ma viene fatta direttamente dalle imprese sulla
base di scelte tecniche, come l’opportunit di
localizzare determinate fasi della produzione in
un luogo piuttosto che in un altro
(delocalizzazione).

Le liere produttive diventano sempre pi


transnazionali, quindi diventa impossibile
de nire cosa produca ogni singolo paese
perché ogni prodotto il risultato di fasi
industriali localizzate in molti luoghi.

Anche se l’industrializzazione si di usa


ovunque, anche grazie alla delocalizzazione,
permangono centri e periferie, con diverse
situazioni di esclusione e marginalit .

Infatti la societ sempre pi «liquida»


(Bauman), ovvero caratterizzata da con ni
incerti, da categorie ibride, che sono il
risultato di commistioni.
Quindi di cile catalogare alcuni paesi come
periferici, anche se presentano alti tassi di
povert e disagio economico come l’India e la
Cina, che allo stesso tempo sono dei centri
dell’economia mondiale. Anche in italia non c’è

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un’omogeneità di benessere e ricchezza (sud
Italia).

Oggi quindi è di cile parlare di una geogra a


de sottosviluppo concettualmente distinta, in
questo senso l’idea del sistema mondo di
Wallerstain riveste grande attualit «esiste un
solo sistema globale, e per comprendere le sue
traiettorie evolutive, occorre analizzare i
molteplici meccanismi di funzionamento della
globalizzazione».

FILIERE INDUSTRIALI
Il termine industria si riferisce al settore
secondario, cioè l’insieme delle attività
manifatturiere di trasformazione di prodotti
primari (agricoli, minerari, forestali,
dell’allevamento) in beni destinati al consumo
dalle imprese.

Parlando di Industria in senso stretto ci


riferiamo all’attivit manifatturiera che si
articola in tre fasi distinte:

- Approvvigionamento: Ad esempio
l’industria conserviera ha bisogno solo di
materie prime, mentre l’industria
automobilistica ha bisogno di centinaia di
semilavorati;

- Produzione: di solito, pi lungo/complesso


il processo di trasformazione pi alto il
valore aggiunto, cioè la di erenza tra il
valore dei prodotti alla ne del ciclo
produttivo e ciò che si è speso per produrli.
La produzione pu essere ad alta intensit
di lavoro (impiego prevalente di mano
d’opera, es. industria tessile) o capitale
(preponderante utilizzo di macchinari). Non
si tratta di una divisione rigida ma dipende
dalla realt economica diversa tra Nord e
Sud del Mondo, abbiamo visto che
solitamente nel sud del mondo ci sono le
produzioni ad alta intensità di lavoro, mentre
al nord ci sono quelle ad alta intensità di
capitale;

- Distribuzione sul mercato (o al


consumatore nale o imprese nel caso dei
semilavorati): beni niti / beni intermedi;

Le relazioni industriali
Se l’attivit manifatturiera in senso stretto
corrisponde solamente alla 2° fase
(produzione), esistono i rapporti tecnico-
funzionali a monte e a valle di un ciclo
produttivi.

I rapporti tecnico-funzionali possono essere


schematizzati come segue:

- Verticali: processi produttivi che sono legati


l’uno all’altro in successione nello stesso
luogo;

Esempio, industria siderurgica: in prima
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battuta c’è la fusione del ferro e poi la
trasformazione in acciaio seguita dalla
produzione di altri prodotti. Si parler di
integrazione verticale quando l’intero ciclo
produttivo si realizza nella stessa imprese;
disintegrazione verticale quando le fasi sono
realizzate in di erenti impianti o imprese;

- Laterali: quando gli output di pi imprese


con uiscono in un’unica impresa nale
come nel caso delle aziende
automobilistiche, dove i vari pezzi delle
automobili sono prodotti in posti diversi e
lontani e poi vengono assemblati in un luogo
nale (Toyota);

- Di servizio: quando le imprese utilizzano un


servizio o un processo comune fornito in
una determinata area, come nel caso dei
servizi logistici (ad esempio il porto a
Genova);

La complessa rete di relazioni che interessa


varie imprese all’interno di uno o pi settori
economici de nisce una liera, cioè una catena
produttiva che genera valore, come la liera
alimentare.

Le economie nelle relazioni industriali

La concentrazione di industrie comporta la


trasformazione dell’area e la sua dotazione di
infrastrutture e servizi. Bisogna distinguere:

- Economie interne (all’impresa): che


riducono i costi di produzione come nel
fordismo grazie all’aumento delle dimensioni
degli impianti e dei volumi di produzione;

- Economie esterne:
1)Economie di agglomerazione: le imprese
sono vicine e usano un unico sistema di
infrastrutture, reputazione acquisita dai
prodotti provenienti da una determinata area
(marmo di Carrara/ ori di Sanremo, etc…)

2)Economie di urbanizzazione: prossimit a


un centro cittadino che favorisce l’acceso a un
mercato del lavoro di erenziato (per sesso,
et , quali che, specializzazioni), vasto mercato
per i prodotti, prossimit a servizi collettivi di
livello superiore, la possibilit di relazionarsi
con un’ampia gamma di servizi per la
produzione e attivit collaterali per le imprese
(universit , centri di ricerca, servizi nanziari,
etc.);

L’inerzia localizzativa (tendenza a rimanere


nello stesso luogo nel tempo)
Storicamente:

- La geogra a economica dei primi centri


industriali, che si formano nel 18° secolo, è
stata determinata dalla vicinanza alle
materie prime e alle fonti di energia,
quindi vicino ai umi e alle miniere. In Italia
non c’erano grandi miniere di carbone quindi

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le prime imprese si collocarono nelle basse
valli alpine, per sfruttare l’energia idrica. Con
l’evoluzione dei processi industriali però il
sistema cambia, portando le imprese verso i
bacini di manodopera e verso i consumatori
(anche se con l’e-commerce questa
vicinanza ha perso importanza). A tal
proposito la teoria di Weber del triangolo
localizzativo ci dice che queste vicinanze
non devono essere misurate in termini
assoluti, ma vanno misurate in termini del
“costo di trasporto”: quanto costa
trasportare la materia prima, i prodotti niti,
e la mano d’opera? (anche se la vicinanza
alla mano d’opera rimane ancora importante
perché non si può pensare di spostare la
mano d’opera per più di una certa distanza
ogni giorno). Poi, a partire dal secondo
dopoguerra, lo sviluppo industriale si
di onde anche in altre regioni. Il periodo di
pace aveva dato lo spazio per costruire le
infrastrutture e inoltre ci furono scoperte e
innovazioni in molti campi, che contribuirono
a questi movimenti. Tuttavia, quelle che per
prime si erano industrializzate hanno spesso
mantenuto solide strutture produttive. Il
processo di localizzazione industriale opera
con un certo grado di inerzia, ovvero
vantaggi localizzativi.

I processi di decentramento e di de-


agglomerazione
Oltre una certa soglia di agglomerazione
tendono a sorgere diseconomie, cioè squilibri
economici all’interno dello stato (ad esempio,
se abbiamo un distretto con già molte aziende,
quando queste diventano troppe allora
nascono una serie di problemi: manca lo
spazio, mancano i servizi, etc.), per risolvere
questi problemi ci sono alcune soluzioni:

- Rilocalizzazione (o decentramento
territoriale): avviene nelle aree periferiche a
corto raggio (10/20/40 km), e si tratta di un
fenomeno tipico del Nord del Mondo e ha un
duplice obiettivo: -costi di insediamento
meno elevati, -conservazione dei vantaggi
derivanti dalla prossimit al centro urbano,
come in città con poco spazio come Genova

- Decentramento produttivo: consiste nella


scomposizione in segmenti delle attività
dell’impresa, e nell’a dare i segmenti ad
imprese pi piccole non sempre localizzate
nella medesima area geogra ca.

- Formazione di sistemi industriali


periferici: a seguito del decentramento
produttivo si crea una periferia industriale
caratterizzata da distretti industriali formati
da piccole e medie imprese (es. Centro
Italia, Nord est)...le piccole imprese possono
sopravvivere perch utilizzano un mercato
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del lavoro essibile e facilmente manovrabile
e possono anche accrescere la propria
produzione.

Tipologie di impresa
- Grande impresa: potendo acquisire
vantaggi sui mercati in grado di attuare
strategie di sviluppo che travalicano i con ni
di una ristretta area geogra ca e hanno la
capacit di dialogare con soggetti molto
di erenti (fornitori, pubblica
amministrazione);

- Piccola impresa: hanno modeste


potenzialità nanziarie ed esprimono una
limitata capacit di azione strategica nei
confronti del mercato e di altri soggetti
operanti nel settore. Producendo poco le
piccole aziende non possono in uenzare i
prezzi, ma non è detto che non siano dotate
di grandi potenzialità tecnologiche;

Per l’OCSE:

Grandi imprese: + 500 addetti

Medie imprese: 50-100 addetti

Piccole imprese: meno di 50

La grande impresa e le strutture a rete


La grande impresa ha rappresentato una
grossa «innovazione organizzativa», infatti
alcuni giganti industriali incorporano molteplici
unit produttive, sia nel paese di origine che a
livello internazionale, assicurandosi
l’approvvigionamento delle materie prime dei
semilavorati e della distribuzione dei prodotti
sul mercato.

Dopo aver spostato le unita produttive la


grande impresa di solito assume una struttura
reticolare basata sul coordinamento di attivit
di pi stabilimenti industriali distribuiti su scala
regionale, nazionale o sovranazionale e

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realizzando così una divisione funzionale del
lavoro fra sede centrale, che coordina le varie
divisioni, le sedi centrali delle singole
divisioni e le unit operative, che si occupano
dell’attivit produttiva. Quindi non abbiamo più
un grande monolito, ma più impianti sparsi in
una vasta area geogra ca governati dalla sede
centrale, che è il cervello della azienda e si
occupa del processo decisionale e molto
spesso della ricerca e dello sviluppo (la
ricerca e lo sviluppo non vengono mai
delocalizzati, perché è di cile trovare tecnici
quali cati nei paesi in cui solitamente si
delocalizza la produzione).

Mentre le funzioni produttive, che richiedono


lavoro quali cato e infrastrutture speci che,
vengono solitamente localizzate nelle aree
intermedie, già dotate di una base industriale
ma caratterizzate da costi di esercizio inferiori.
In ne le produzioni standardizzate e a basso
contenuto tecnologico vengono situate in
localizzazioni di terzo livello, sensibili al
costo del lavoro.

Le imprese industriali multinazionali


Le imprese multinazionali sono organizzazioni
economiche che hanno il potere di coordinare
e controllare operazioni in pi di un paese,
richiedendo delle forze direzionali situate in
loco (è di cile per un europeo andare a
dirigere un impianto produttivo in India, quindi
spesso il compito viene a dato a soggetti
autoctoni).

L’espansione al di l dei con ni nazionali


stata resa possibile da una serie di
trasformazioni:

-nuove condizioni istituzionali: il libero


commercio e la deregolamentazione. Dagli
Stati Uniti all’Europa;

-innovazioni tecnologiche: parcellizzazione


processi produttivi, sviluppo dei trasporti e
delle comunicazioni materiali ed immateriali
(sia a livello di merci che a livello nanziario);

-rivoluzione verde: liberazione della


manodopera che prima era impegnata nelle
attività agricole;

Dagli anni 80 le multinazionali sono cresciute


ancora, diventando imprese “multinazionali
globali”, cioè hanno di erenziato ancora di più
l’area geogra ca di interesse, hanno cercato
alleanze e accordi di cooperazione con altri
soggetti in svariate parti del pianeta. Inoltre
hanno aumentato la essibilità organizzativa,
rendendo più indipendenti e autonome le liali
e rinforzando la struttura a rete. In ne le grandi
multinazionali hanno iniziato ad o rire sia
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produzioni basate solo sulla logica quantitativa
che produzioni specializzate.

Un esempio di quanto detto è il sistema di


assemblaggio di Toyota, che si avvale della
collaborazione di 41 stabilimenti diversi
localizzati in tutto il mondo.

Geogra a della nutella


Cosa e chi sta dietro la produzione della
nutella?

La Ferrero è nata in Piemonte nel 1964 da


Michele Ferrero, che rivisitò le ricette del padre
Pietro, pasticcere di Alba. Nel 2009 Forbes
inserisce Michele Ferrero al primo posto tra i
Miliardari italiani, e ad oggi il glio Giovanni
rimane l’italiano più ricco.

La Ferrero ha sede in Italia, mentre la Ferrero


International S.A. ha sede a Findel, nel
Granducato di Lussemburgo e dispone di
stabilimenti in tutto il mondo: 4 in Europa, 1 In
Russia, 1 in Nord America, 1 In Australia e 2 in
Sud America; la Ferrero produce 250.000 di
Nutella ogni anno e la vende in 75 paesi.

La produzione a data a 18 fabbriche con


22.000 dipendenti e in giro per il mondo conta
41 societ operative e la Nutella rappresenta a
la fonte maggiore dei ricavi della Ferrero: 7,8
miliardi di euro l’anno su un totale di 11,4
miliardi di euro nel 2019.

Le materie prime della Ferrero


Latte e uova sono acquistate a livello locale
ovvero nelle aree di produzione, mentre le altre
materia prime sono importate da luoghi
speci ci: le nocciole vengono importate dalla
Turchia, dall’Italia e dalla Georgia; l’olio di
palma dalla Malesia e dalla Nuova Guinea; il
cacao dalla Nigeria, lo zucchero da alcuni stati
europei (Irlanda, Francia, Belgio, Germania), e
del continente americano come Canada e
Brasile; in ne l’aroma di vaniglia viene
importato dalla Francia.

Quindi le materie prime provengono


soprattutto dalle economie emergenti, come
America Latina e Africa, mentre gli stabilimenti
di produzione sono prevalentemente in stati
che dispongono di catene di produzione
moderne.

Di usione della Nutella


La Nutella in Asia e in Cina, dove non esistono
stabilimenti di produzione, scarsamente
di usa, questo è dovuto a molti fattori, tra i
quali il fatto che essendo un prodotto
voluttuario, la sua di usione dipende molto dal
paese preso in analisi.

De Backer e Miroudot a ermano che: “per


quanto riguarda la disponibilit di materie, si
nota soprattutto la presenza delle economie in
via di sviluppo e di Paesi emergenti, come
America Latina e Africa, mentre il settore
produttivo forte in stati gi industrializzati”.

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La Nutella il simbolo della globalizzazione in
campo agro-alimentare, e mostra in modo
chiaro i passaggi necessari per produrre e
di ondere un alimento nel mondo.

GLI SPAZI AGRICOLI


Gli obbiettivi di questa parte del corso sono:

- Qual’è il ruolo dell’agricoltura nel mondo


attuale?

- Conoscere le principali regioni agricole


naturali e le loro caratteristiche;

- Conoscere la di erenza tra agricoltura


intensiva ed agricoltura estensiva;

- Conoscere le riforme agrarie;

- Conoscere la geogra a del commercio dei


prodotti agricoli e le problematiche che
presenta;

Concetti e parole chiave: competizione per


l’uso del suolo; limiti latitudinali delle
culture; agricoltura transgenica, biologica,
di sussistenza, di piantagione.

L’agricoltura
Meno del 5% della popolazione trova la propria
occupazione nel campo agricolo.

L’agricoltura comprende, in senso lato, tutte


attivit umane strettamente legate ai processi
naturali:

- Le coltivazioni agricole

- L’allevamento,

- L’economia forestale

- La pesca

l’agricoltura viene in uenzata dal clima, dalla
conformazione dei terreni e dalla qualit dei
suoli. Ma su tutti questi fattori l’uomo ha
imparato a mitigare gli e etti negativi della
natura sull’agricoltura: irrigando, costruendo
serre, spianando il terreno e costruendo delle
terrazze; quindi non si parla sono di “condizioni
naturali”, ma di “condizioni ambientali”,
in uenzabili dall’uomo.

Circa un terzo dei 13,1 miliardi di ettari di terre


emerse oggi coltivato (11,3%) o utilizzabile
per il pascolo (24,3 %). Un altro terzo
occupato da foreste e boschi e il restante terzo
improduttivo (opere umane, rocce, deserti,
terre ghiacciate, etc…).

In Europa le terre coltivate stabilmente


occupano circa il 30% del territorio, in USA e
Canada il 13%, in Africa e Oceania il 6%, infatti
le regioni temperate dell’emisfero
settentrionale sono quelle dove la super cie
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coltivata maggiore grazie alle temperature
favorevoli. 

Però negli ultimi decenni lo spazio coltivato
procapite diminuito, quindi ci chiediamo: lo
spazio coltivato nel mondo è su ciente per
sfamare tutta la popolazione? Teoricamente la
disponibilit di alimenti sarebbe su ciente ad
oggi, ma in realt vi sono alcune gravi
contraddizioni, come i con itti e le
competizioni per l’uso dei prodotti e del suolo,
o la questione dei biocarburanti, prodotti in
Brasile dalla barbabietola da zucchero, che
prima veniva usata per produrre lo zucchero
ma ora è usata per produrre i biocarburanti.

L’agricoltura l’attivit economica pi


di usa sulla super cie terrestre: anche se
occupa meno del 5% della popolazione attiva
dei paesi del Nord del mondo; mentre la
principale attivit e fonte di sostentamento per
circa la met della popolazione del sud.

Le condizioni ecologico-ambientali
L’uomo grazie al progresso tecnologico si è
dimostrato di grado di controllare e trasformare
le condizioni naturali, con i fertilizzanti, con
l’irrigazione e con la boni ca del territorio.
Inoltre ha imparato a conoscere i limiti del
clima, studiando nuove variet di culture, come
il mais ibrido, che consentono di coltivare
anche a temperature prima proibitive.

Ogni coltivazione ha comunque i suoi limiti


latitudinali: l’orzo, la segale e l’avena arrivano
ad esempio no a 70° di latitudine nord, le
olive invece arrivano no a 50°, e l’uomo
di cilmente riesce a modi care questi
parametri, soprattutto su grande scala, mentre
è possibile farlo su piccole scale, attraverso
l’uso delle serre.

Anche il ciclo vegetativo non può essere


cambiato eccessivamente, la temperatura del
ciclo infatti deve essere superiore ai 10°
celsius;

Sulle condizioni ecologico-ambientali


in uiscono anche il suolo e l’altitudine:

La fertilità di un terreno è data dalle sostanze


minerali e organiche presenti, solitamente il
terreno più fertile è quello a fondo valle, dove si
depositano le sostanze minerali lavate dalla
pioggia e trasportate dai umi, se questi
elementi non sono presenti l’uomo modi ca il
terreno con i fertilizzanti.

L’altitudine è altrettanto importante, infatti la


temperatura diminuisce di 0,5° ogni 100 m.,
inoltre più si sale più aumentano le
precipitazioni, a causa delle montagne che
fanno da bacino, e si intensi ca il vento, tutti
questi fattori fanno si che la stagione
vegetativa si riduca.

Anche in collina si coltiva, perché il terreno è


ancora su cientemente lavorabile, mentre in
montagna il terreno è prevalentemente
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roccioso e troppo inclinato, rendendo di cile
la coltivazione. Una soluzione all’eccessiva
pendenza dei terreni può essere costituita da i
terrazzamenti, molto sfruttati nell’entroterra
ligure e generalmente nelle coste
mediterranee. A tal proposito le cinque terre,
che sono un parco naturale, sono state
incredibilmente plasmate dall’uomo, infatti da
millenni l’uomo ha scavato le colline del luogo
per consentire la coltivazione, da cui i famosi
muretti a secco, importanti per consentire il
drenaggio dell’acqua.

Le combinazione dei diversi tipi di suolo e


clima danno origine a varie regioni:

1) Regioni equatoriali: sono le regioni più


caldo-umide ed hanno una scarsa
escursione termina, quindi non c’è una
grande variazione di temperatura tra il
giorno e le notte e neanche a livello
stagionale;

2) Regioni della savana: presentano


temperature elevate e precipitazioni
stagionali. Le condizioni consentono di
praticare attività quali la pastorizia
nomade, cioè pastori che si muovono per
cercare cibo e acqua per le bestie.

3) Regioni desertiche: presentano forte


aridità, quindi consentono solo
l’allevamento nomade, che obbliga gli
allevatori a spostarsi con il bestiame per
trovare delle oasi, consentendo alle bestie
di nutrirsi e abbeverarsi;

4) Regioni monsoniche: sono simili alla


savana, ma presentano una tta
vegetazione naturale. Sono adatte per

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l’agricoltura intensiva nella stagione umida,
come il riso, men tre nella stagione secca
consentono di coltivare altri prodotti;

5) Regioni mediterranee: presentano un clima


mite, con estati calde e inverni con copiose
precipitazioni. Nelle regioni mediterranee sono
presenti piccole attività intensamente coltivate;

6) Regioni temperate: sono le principali aree


del mondo (Europa, Nord America, Argentina),
nelle quali vengono coltivati sopratutto ortaggi
e cereali;

7) Regioni della taiga e del freddo: sono


ricoperte principalmente di boschi e foreste,
quindi non presentano coltivazioni;

Sistemi colturali e societ rurali


Partendo dall’aratura profonda, nel quale
veniva usato l’aratro trainato dalla forza
animale, dalla rotazione delle colture, che
hanno consentito di cambiare coltivazione a
seconda del periodo dell’anno, dall’avvio del
commercio, all’uso dei fertilizzanti siamo
arrivati, nei paesi del Nord del mondo, alla
separazione sica fra luogo di produzione e
luogo di consumo.

Anche nel Sud del mondo, nonostante l’utilizzo


di tecnologie e macchinari non è equiparabile a
quello fatto nel Nord, la produzione viene in
misura crescente rivolta alla vendita e sempre
meno alla sussistenza, che comunque
ancora largamente di usa. È abitudine, nel sud
del mondo, trovare delle agricolture di
piantagioni, che vengono impiantante spesso
dal mondo occidentale, che compra a prezzi
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molto convenienti (a causa della povertà dei
proprietari terrieri) il terreno, e lo coltiva con
ca è, cacao, cotone etc. I contadini che prima
vivevano dei prodotti del proprio
appezzamento vanno a lavorare in piantagione,
e i pochi soldi che guadagnano li usano per
acquistare gli stessi prodotti che prima
coltivavano in autonomia.

Forme di organizzazione economica


dell’agricoltura
- Agricoltura intensiva: caratterizzata dalla
massima produttività per ettaro (10’000 metri
quadrati). Inizialmente si basava sulla fertilità di
alcuni suoli, associata a climi favorevoli, acqua
per l’irrigazione e manodopera per la raccolta il
che rendeva possibile ottenere elevate rese.
Un esempio classico di coltura intensiva di
questo tipo si è avuto nei tempi degli antichi
egizi nella valle del Nilo. L'a ermazione
generalizzata della coltura intensiva arriva in
Inghilterra dal XVII secolo con la nascita delle
aziende agrarie capitalistiche durante la
rivoluzione agricola e da lì si di use anche
nelle altre nazioni europee.

Nell'agricoltura intensiva moderna il maggiore


sfruttamento è dato dall'utilizzo di innovazioni
tecnologiche, di fertilizzanti e antiparassitari
chimici, oltre all’uso di macchinari adatti a
rendere più rapidi i processi di lavorazione.
Nella quale la cultura viene “robotizzata”, per
aumentare al massimo livello il rendimento del
terreno.
- Agricoltura estensiva: è l'insieme di tecniche
agricole che tende ad ottenere il massimo di
produzione per unità di persona impiegata. Per
questo motivo le rese per unità possono essere
basse, ma il pro tto è assicurato dalla vastità
dei terreni messi a coltura.

Super ci aziendali, propriet della terra e


riforme agrarie
Nel mondo la super cie media delle aziende
agricole molto variabile: in Europa
occidentale un terreno di 50 ettari coltivato da
una famiglia considerato grande impresa,
mentre negli Stati Uniti lo se supera i 500
ettari. Ma è molto importante anche il tipo di
coltura: per le oricolture e i vigneti pregiati, 3
ettari sono tanti in relazione alla redditivit ,
mentre 3 ettari di campo coltivato a tuberi non
garantiscono un buon reddito.

L’ineguale distribuzione della propriet


fondiaria tipica delle campagne del Sud del
mondo, dove ci sono grandi propriet terriere
derivate dal colonialismo (sopratutto in
America Latina). Nel caso del latifondo il
vantaggio va esclusivamente al proprietario,

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anche se tutti gli studi in materia concordano
sul fatto che il latifondo non sia la miglior
organizzazione della terra, quindi gli stati,
soprattutto a partire dall’ultimo dopoguerra, si
sono posti l’obiettivo di trasformare la
distribuzione della propriet terriera attraverso
le riforme agrarie. Esse hanno solitamente
obiettivi di ordine economico (aumento
produttivit ) e di ordine sociale (redistribuzione,
attenuazione della povert ): infatti suddividere
il territori in appezzamenti più piccoli
aumentano la produttività del terreno, e inoltre i
coltivatori diretti possono guadagnare di più
rispetto ai braccianti dei latifondisti.

In Cina, ad esempio, l’oggetto della riforma


furono le grandi proprietà feudali, e l’obbiettivo
era dapprima a instaurare delle comuni
popolari, poi anche queste sono state
smantellate. Mentre in Giappone l’oggetto
della riforma era il regime di a ttanza (cioè
grandi latifondi a ttati in parte a coltivatori
diretti), e l’obbiettivo era quello di privatizzare i
terreni smantellando i latifondi.

In italia il principale obbiettivo delle riforme


agrarie fu quello di boni care i terreni non
adatti alla coltivazione, come i terreni paludosi
(adatti alla coltivazione perché ricchi di
sostanze nutritive, ma essendoci troppa acqua
stagnante non possono essere coltivati). Il
nostro paese ha quindi conosciuto grandi aree
di boni ca: il delta del Po, la Sardegna, la
Maremma, il Fucino, la Puglia e il Molise. L
’aera sottoposta a boni ca viene dapprima
prosciugata, poi
vengono
costruite le strade
e i territori
vengono divisi in
lotti delimitati
dalle strade, poi
vengono
costruite delle
case, perché a
di erenza dei
braccianti dei
latifondi, che
venivano portati a
lavorare ogni giorni, è più usuale che i
coltivatori diretti vivano nelle vicinanza delle
proprie terre. Le case vengono costruite
solitamente in prossimità degli incroci stradali,
cosi che ci siano piccoli agglomerati.

Il commercio dei prodotti agricoli


Nell’ultimo secolo ci sono stati profondi
cambiamenti, soprattutto nel Nord del mondo,
nel mondo di consumare i prodotti alimentari.
Ad oggi possiamo consumare una grande
varietà di prodotti che non vengono più
coltivati nelle vicinanze del luogo di consumo.

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Le derrate agricole destinate ai paesi del
Nord, comprendono sia prodotti tropicali
(frutta, cacao, ca , oleaginosi ecc.) sia
prodotti che provengono dai paesi a clima
temperato con vaste super ci (Stati Uniti,
Canada, Argentina, Australia) dove le vaste
super ci consentono l’allevamento e la
coltivazione cerealicola estensivi ma anche da
Sudafrica, Brasile e Francia. La maggioranza
delle terre emerse è nell’emisfero
settentrionale, di conseguenza la maggioranza
della popolazione vive nel settentrione. Quindi
la maggior parte dei consumi avvengono nel
nord del mondo.

Mentre i ussi verso le economie del Sud del


mondo sono meno consistenti e riguardano
essenzialmente i cereali, principali componenti
della dieta di questi paesi. (il Frumento o
grano; il Riso; l'Orzo; il Mais; l'Avena; la
Segale).

Il commercio di prodotti agricoli tropicali ha


rilevanti conseguenze sull’equilibrio economico
dei paesi del Sud del mondo, molti di questi
infatti basano le proprie economie in buona
parte sull’export di prodotti agricoli, di
conseguenza se per un qualsiasi motivo il
commercio di questi prodotti dovesse entrare
in crisi, anche il paese esportatore entrerebbe
in crisi. (I prodotti agricoli non sono solo
alimentari, anche il cotone e la Canepa sono
prodotti agricoli).

I grandi ussi commerciali di prodotti agricoli


sono gestiti da un numero limitato di grandi
imprese come Carrefour (Francia), Metro
(Germania), Wal-Mart (USA) e Tesco (Regno
Unito).

Le strutture territoriali dell’agricoltura


contemporanea
Il modo di organizzare il territorio per l’attivit
agricola è molto vario:

In alcuni casi ci sono agricolture, pi


“tradizionali”, dove le relazioni verticali sono
nettamente dominanti (sussistenza, poco
commercio), ciò vuol dire che i coltivatori
comprano i sementi, coltivano, e consumano,
esaurendo il ciclo agricolo.

In altri casi l’organizzazione del territorio, pur


restando importanti le relazioni verticali,
molto segnata da relazioni orizzontali (con il
mercato), in questi casi i coltivatori producono
un surplus che viene ceduto al mercato.

L’e cacia delle strutture agricole non


assoluta: “produrre beni da portare sulla
tavola; non beni da vendere a chi ha i soldi per
comprali” – Petrini). Carlo Petrini sostiene che
bisognerebbe produrre per portare i prodotti
sulle tavole di tutti, non solo per venderli
guadagnando denaro.

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Problema della fame e dell’autosu cienza
alimentare: la semplice adozione di moderni
sistemi di coltivazione del Nord ha fallito nel
sud del mondo, bisognerebbe proprio
cambiare il sistema di distribuzione delle
risorse agricole, per mettere in grado tutti di
usufruirne.

Le forme di organizzazione degli spazi


agricoli (2 tipiche del nord – 2 del sud)
1) Agricoltura di sussistenza: non prevede
scambi di prodotti, perché non c’è un surplus
di produzione. È presente dove ci sono più
culture che allevamenti, e il territorio, sebbene
sfruttato sistematicamente, comunque
ridotto se rapportato alla elevata densit della
popolazione. L’agricoltura di sussistenza è
destinata alla sopravvivenza della famiglia
contadina, questo tipo di agricoltura è ancora
molto in uso nelle zone meno sviluppate del
mondo, dove non vengono fatti investimenti
per aumentare la produzione.

- Agricoltura di sussistenza intensiva:


comporta una possibile evoluzione verso il
mercato, perché viene aumentata la
produzione, consentendo di mettere sul
mercato una parte di prodotto

- Agricoltura di sussistenza itinerante:


quando la terra che si sfruttava inizialmente
non è più su ciente o non è più fertile si
amplia il terreno a disposizione abbattendo le
aree forestali e si aumenta il terreno a
disposizione.

2) L’agricoltura di piantagione nei paesi del


Sud del mondo
Forma di agricoltura del Sud del mondo
specializzata nella coltivazione di prodotti tipici
delle regioni a clima tropicale umido - America
centrale e caraibica, Sud-Est del Brasile, Africa
occidentale e golfo di Guinea, Asia sud-
orientale (Malaysia e Indonesia).

Si tratta di un’agricoltura interamente volta


all’esportazione, quindi predilige la
localizzazione lungo le coste e le vie navigabili
interne. Le regioni dove c’è agricoltura di
piantagione sono solitamente altamente
specializzate, viene fatto uso di mano d’opera
a basso costo (multinazionale arriva, compra i
terreni, assume i lavoratori che prima
lavoravano quei terreni).

Questo tipo di agricoltura causa dei movimenti


di migrazione di larga scala e interni.

3) L’agricoltura capitalistica dei grandi spazi


È caratterizzata dalla grande distanza che
separa i luoghi di produzione dai centri di

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mercato e di consumo. Inoltre questo tipo di
agricoltura è spesso legata alla grande impresa
agroindustriale e alla globalizzazione dei
mercati agricoli.

Principalmente è localizzata in regioni a clima


temperato anche non densamente abitate.

Ha carattere estensivo e scarsa quantit di


manodopera impiegata, che per utilizza un
gran numero di macchinari. Dalle coltivazioni di
queste regioni agricole provengono oggi
enormi quantit di cereali e prodotti
dell’allevamento, sui quali gli agricoltori non
esercitano praticamente prelievo per i loro
consumi personali, ciò signi ca che ci coltiva
queste grandi estensioni non usa i prodotti del
proprio territorio, ma acquista in separata sede
le derrate alimentari.

4) Agricoltura commerciale contadina


È presente soprattutto nei paesi ricchi e
densamente popolati della fascia climatica
temperata, come il Giappone, l’Italia etc.
Essendo un agricoltura intensiva produce
consistenti quantità di surplus e questo le
consente di vendere la merce sul mercato.
Spesso è situata in prossimità di zone
urbanizzate.

LA PRODUZIONE MINERARIA ED ENERGETICA


Le materie prime minerarie sono state
fondamentali per rendere possibile la
rivoluzione industriale, basata principalmente
sul carbone. La centralità delle materie prime
ha avuto anche l’e etto di incrementarne la
ricerca, che portò l’industria nel sud del
mondo, con la conseguente colonizzazione.

La distribuzione dei minerali sulla crosta


terrestre è molto disomogenea: i giacimenti
dipendono dalla conformazione geologica del
territorio, ci sono infatti paesi privi di materie
prime (Italia). l’Italia è chiamata paese
trasformatore, perché ha una grande capacità
di ra nazione delle materie prime energetiche.
L’estrazione avviene grazie alle miniere, che
hanno uno scarso e etto sul paesaggio
essendo costruite sotto terra, e grazie alle
cave, che invece modi cano profondamente il
paesaggio.

È importante la di erenza tra le risorse e le


riserve:

Fino al 1973, anno della crisi energetica (Quella del


1973 non è stata una crisi economica in senso proprio. L’interpretazione
più di usa è quella che vede con uire in essa tre crisi parziali, che insieme
crearono una situazione di crisi di usa. È stata una crisi petrolifera, cioè
una crisi settoriale, come era accaduto in passato con crisi agricole e
industriali che avevano accompagnato lo sviluppo, senza tuttavia
determinare una crisi complessiva. Così nel 1973 entrò in so erenza un
settore molto importante per l’economia, quello energetico e petrolifero.
Fu anche in qualche modo una crisi economica o meglio la spia di una
crisi economica, diversa tuttavia da quella del 1929. Fu un momento di
passaggio e di di coltà, perché appena due anni prima, nel 1971, c’era
stata la grande svolta della ne del sistema di Bretton Woods, che aveva
accompagnato complessivamente i rapporti nanziari e monetari dal
dopoguerra. Fu anche una crisi militare, infatti nel 1973 inizia la guerra del
Kippur, che fu un momento di quel lungo con itto arabo israeliano che
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costituisce, insieme a quello del Kashmir la più lunga dinamica di guerra
presente nel mondo dopo il 1945. Sono le due aree in cui ancora oggi vi
sono tensioni e con itti. Sono anche guerre a bassa intensità rispetto ad
altre, ma la loro durata nel tempo, soprattutto il con itto arabo israeliano,
ha un signi cato politico da tenere in considerazione),
le risorse,
incluse l’acqua e l’aria pulita, erano
considerate illimitate, nel 1973 l’OPEC si
accordò per alzare il prezzo del greggio, in quel
momento si prese coscienza del fatto che le
risorse avevano un termine.

In molti a quel punto pensavano che entro una


certa data i giacimenti di risorse sarebbero
esauriti, di fatto ad oggi l’estrazione di questi
prodotti è aumentata molto, perché ci sono
stati avanzamenti tecnologici che hanno
consentito di sfruttare nuove risorse prima
sconosciute.

Di erenza tra risorse e riserve:

Le risorse sono tutti i volumi che siamo in


grado di estrarre a livello di costi, ma che di
fatto per motivi politici, economici e tecnologici
non sfruttiamo;

Le riserve sono invece tutti i volumi disponibili


che al momento attuale, considerati tutti i
fattori economici, tecnologici e politici siamo in
grado di estrarre immediatamente;

Spesso succede che l’estrazione diventa


sconveniente economicamente, perché il costo
di produzione non consente di rientrare dalle
spese di estrazione.

Relazioni geo-economiche e geopolitiche


La geogra a degli spazi minerari fortemente
selettiva, e vede spesso una netta separazione
fra luoghi di estrazione delle materie prime e
luoghi di trasformazione e produzione
industriale, in parte secondo il modello della
divisione internazionale del lavoro: di fatto i
luoghi di produzione non possono essere
“spostati”, mentre la posizione degli impianti di
trasformazione dipende da molti fattori, quindi
spesso i due impianti sono molto distanti.

Circa il 40% dei giacimenti di materie prime


localizzato nei paesi del Nord del mondo; il
25% si trova nel sottosuolo della Russia e della
Cina e la restante quota nei paesi del Sud del
mondo (35%).

Nel gruppo dei paesi ricchi, Stati Uniti,


Canada, Australia e Sudafrica detengono la
quasi totalit delle risorse accertate.

Elevate concentrazioni anche in pochi paesi


del Sud del mondo (nel resto “deserti
minerari”) inoltre le economie industrializzate
sono relativamente dipendenti da paesi con le
maggiori quote di minerali.

Ma i paesi esportatori sono esposti alla


dipendenza commerciale dalle multinazionali e
alla uttuazione dei prezzi, infatti la
maggioranza dei prodotti minerari e dei
prodotti energetici sono quotati nei mercati
azionari, quindi il prezzo dipende anche dalle

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speculazioni azionarie, rendendo incerti i
guadagni dei paesi esportatori.

Ci sono anche molti squilibri nel consumo, ad


esempio gli Stati Uniti, che hanno il 6% della
popolazione mondiale, consumano circa 1/4
dei prodotti minerari e delle fonti di energia
mondiali, il Giappone invece, pur non
disponendo di riserve ingenti, consuma il 10%
della produzione mondiale.

Geogra a mineraria, 4 tipologie regionali:


1) L’Europa occidentale e il Giappone sono
aree altamente consumatrici e scarsamente
produttrici, quindi consumano
principalmente i prodotti dell’Africa e del
Paci co;

2) Gli stati Uniti invece, grandi consumatori di


minerali, importano principalmente
dall’America latina;

3) Sino a pochi decenni fa Russia ed Est


europeo costituivano un’area chiusa. Gli
accordi di fornitura di prodotti minerari
verso l’Europa occidentale e il Giappone
hanno mutato questa realt , e le
esportazioni di questi paesi sono per circa
due terzi materie prime.

4) I paesi del Sud del mondo,


tradizionalmente esportatori, devono
essere suddivisi al loro interno: gran parte
delle riserve concentrata in un numero
limitato di paesi, mentre altri paesi sono
costretti ad importare le materie prime.

Ri-localizzazione mineraria
I costi del trasporto di materie prime dal
dopoguerra in poi hanno subito una costante
riduzione, la conseguenza più importante è
stato l’abbandono dei giacimenti localizzati
nelle vecchie regioni industriali, a favore dei
giacimenti più produttivi situati in zone più
distanti, che no ad allora non venivano
sfruttate per il costo eccessivo del trasporto.

Le risorse e gli spazi dell’energia


Tutte le risorse fossili vengono considerate
“non rinnovabili”, perché hanno un tempo di
formazione di centinaia di migliaia di anni. A
di erenza di queste, le risorse “rinnovabili”
sono tutte quelle che non sono soggette ad
esaurimento.

Dal 1973 al 2007 la produzione di energia


proveniente da fonti rinnovabili e rimasta
invariabile, mentre il consumo del petrolio è
diminuito, a causa della sua sostituzione con il
gas, l’energia nucleare e il carbone, molto
utilizzato in Cina.

tipi di energia:

1) Energia idroelettrica: è caratteristica de


paesi ricchi di fonti idriche: Svezia,
Norvegia, Austria. Le aree di maggior
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produzione industriale sono il Québec e
l’Ontario in Canada, i grandi umi della
Russia orientale, come l’Ob sono stati
fondamentali per lo sviluppo produttivo di
quelle zone. Nei paesi dell’area
intertropicale spiccano i grandi complessi
idroelettrici costruiti lungo il corso dello
Zaire, sul Paran e lungo i corsi d’acqua
delle Ande peruviane.

2) Energia nucleare: viene prodotta


utilizzando i minerali di uranio e di torio. Le
fasi di produzione necessitano di impianti
che richiedono investimenti molti ingenti e
tempi molto lunghi di costruzione, possono
passare addirittura 30 anni tra la
progettazione di una centrale nucleare e la
ne della costruzione. Le tecnologie di
costruzione delle centrali nucleari sono in
mano a pochi paesi, creando tensioni a
livello geopolitico, di fatti si presume che
una volta costruita una centrale nucleare un
paese possa essere anche in grado di
costruire una bomba. Inoltre l’impatto
ambientale delle centrali nucleari è molto
importante, perché la produzione di energia
nucleare comporta anche la produzione di
scorie, le quali vanno smaltite in depositi
sigillati che garantiscono una protezione
dalle radiazioni, ma ad oggi non sappiamo
ancora se i depositi progettati
appositamente garantiscano una
protezione sul lungo periodo, e inoltre
abbiamo molti esempi di come le centrali
nucleari possano causare danni enormi in
caso di malfunzionamento.

3) Carbone: il carbone è facile da trasportare,


ma allo stesso tempo è altamente
inquinante, ha una resa energetica minore
rispetto agli altri combustibili fossili e i
giacimenti necessitano di molto lavoro. La
Cina è il principale produttore (47% della
produzione mondiale) e consuma buona
parte della sua produzione. Il secondo
produttore sono gli stati uniti (17%), seguiti
dalla Russia e da alcuni paesi dell’ex
blocco sovietico. Nelle vecchie aree
carbonifere dell’Europa occidentale il
parziale esaurimento dei depositi e l’alto
costo di estrazione limita molto l’impiego,
come succede in Germania.

4) idrocarburi: Le aree di estrazione degli


idrocarburi si sono notevolmente di use
sulla super cie del globo in seguito al
perfezionamento delle tecniche di
prospezione, e di perforazione, che hanno
consentito lo sfruttamento di giacimenti
sempre pi profondi: all’inizio degli anni
Ottanta la produzione di gas naturale era
cresciuta da cinque a otto volte rispetto ai
livelli dell’immediato dopoguerra.

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5) Petrolio: nonostante la crescita sensibile
dei prezzi energetici durante gli anni
settanta e nell’ultimo decennio, il consumo
mondiale di energia non sostanzialmente
diminuito (n si prevede diminuir ), anche
se i rapidi aumenti di prezzo hanno
rallentato i consumi. Il Medio Oriente
fornisce quasi un terzo del petrolio
commercializzato nel mondo e possiede
due terzi delle riserve (di cui il 23% in
Arabia Saudita, primo produttore mondiale,
che infatti mantiene buoni rapporti con gli
Stati Uniti). I paesi costieri del Mediterraneo
costituiscono un’importante area di
importazione e trasformazione del greggio
di provenienza mediorientale. Gli Stati Uniti,
con il 4% circa delle riserve, denunciano
una costante riduzione del loro ruolo di
produttori (nel 2008 fornivano il 7,6% della
produzione mondiale). La Russia nel 2008
era il secondo produttore mondiale, mentre
in Europa occidentale l’estrazione
petrolifera è rilevante soltanto nel Mare del
Nord. Le restanti regioni del pianeta
producono proporzionalmente alle proprie
riserve. In Africa le riserve sono
concentrate in Libia, Nigeria e Algeria (circa
12% produzione mondiale). America latina:
13% circa delle riserve e 8,8% della
produzione mondiale. L’area del Paci co
(Indonesia e, a distanza, Australia) produce
il 4% circa del greggio mondiale
disponendo del 3% delle riserve accertate.
La Cina produce il 4,8%, infatti basa il suo
sviluppo industriale sul carbone.

Prezzi, mercati, manovre speculative


Le dinamiche sono collegate alle uttuazioni
nel mercato mondiale dei prezzi delle materie
prime e delle risorse energetiche. Il crollo nel
prezzo di un materiale pu determinare
situazioni di crisi per vaste regioni geogra che
specializzate in una data industria estrattiva;

I prezzi delle materie prime sono soggetti alle


oscillazioni di lungo periodo (es. aumento
prezzi anni 70) e alle oscillazioni di breve
periodo determinate da operazioni sui mercati
a termine e da manovre speculative. il settore
petrolifero presenta un sistema di quasi-
monopolio (le Sette Sorelle nel dopoguerra e in
seguito l’OPEC).

TRASPORTI E TELECOMUNICAZIONI
Lo spostamento delle persone e lo scambio di
beni su distanze superiori all’ambito locale
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sono stati possibili grazie allo sviluppo dei
trasporti, in particolare l’economia mondiale si
potuta sviluppare nel tempo anche grazie, in
ordine cronologico, a:

- Porti della Grecia antica;

- Strade Romane, che hanno collegato buona


parte del continente europeo, del medio-
oriente e del nord Africa;

- Navigazione transoceanica;

- Linee ferroviarie e stradali, durante la prima


e la seconda rivoluzione industriale;

Gli aspetti quali canti dei trasporti sono molti:

- Il primo aspetto importante dell’incremento


dei trasporti è stata l’intensi cazione delle
relazioni spaziali, soprattutto coinvolgendo
aree del pianeta in precedenza isolate, si
sono cos moltiplicati gli spostamenti di
merci, persone, capitali, informazioni (triade:
Nord America - Europa - Asia);

- Il ruolo dei trasporti divenuto ancora pi


strategico essendo, insieme alle
telecomunicazioni, il mezzo per e ettuare
questi spostamenti, ha inoltre un ruolo di
primaria importanza nel processo di
globalizzazione;

- Riduzione dell’attrito della distanza grazie


all’avvicinamento, anche se restano fuori
molte aree del Sud del mondo (si parla di
marginalizzazione) che non hanno ancora
sviluppato delle infrastrutture;

- Si produce la convergenza spazio-


temporale: la distanza sica invariata ma
la distanza funzionale diminuisce sempre di
più. Si dice che le distante sono “annullate”
appunto perché ciò che prima costituiva un
limite invalicabile ora è facilmente
superabile: la distanza sica tra le coste
europee e quelle americane è invariata, ma
si è ridotta molto la distanza funzionale,
oggi infatti i costi di viaggio e le tempistiche
sono in nitamente minori rispetto a quelle di
30 anni fa, e ancora minori rispetto ai tempi
in cui si utilizzava la nave per viaggiare. Le
variabili che incidono sui tempi e sui costi
possono essere tecniche e economiche
(velocit del mezzo, modernit della rete,
etc.), politiche (con ni politici «chiusi», leggi
restrittive sulla velocit , etc.), naturali (ad
esempio vincoli sici come ghiaccio o
nebbia, parlare dei programmi che mostrano
la di coltà di spostamento dei treni in
Canada) o costituite dalla generale
organizzazione economica e sociale di una
regione che pu facilitare o meno le relazioni
tra luoghi.

Vie di trasporto e reti

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Le vie di trasporto sono il tramite grazie al
quale si e ettuano le relazioni tra Localit ,
Soggetti e Imprese.

La distribuzione delle strutture di trasporto sul


territorio di tipo particolare, si tratta di una
localizzazione a rete sulla quale si inseriscono
dei nodi.

Sulla rete circolano ussi di diversa intensit ,


che determinano l’importanza del nodo.

Nel caso delle ferrovie, ad esempio, la rete si


sviluppa su porzione pi o meno vaste del
territorio e ha come nodi le stazioni ferroviarie.
Queste stazioni hanno in uenza diversa a
seconda dei ussi di treni che convergono su
di esse. Sul territorio pertanto la rete ferroviaria
si con gura con maglie pi o meno larghe nelle
varie regioni e con nodi pi o meno importanti.

Le linee di trasporto pi importanti vengono


de nite assi di trasporto e gli assi pi
frequentati a loro volta sono chiamati corridoi
(o direttrici) di tra co.

Le reti e i nodi
Le reti e i nodi possono assumere forme e
caratteristiche diverse:

1) Struttura polarizzate: un centro ha


l’accessibilità privilegiata e quindi
rappresenta l’elemento dominante. Un
esempio è rappresentato dalla rete dell’alta
velocità ferroviaria francese, che ha come
centro focale Parigi.

2) Gerarchica decentralizzata: la rete è


modellata in modo che più di un nodo
abbia un buon livello di importanza e
accessibilità. Un esempio importante è
rappresentato dalla rete autostradale
tedesca, dove ci sono molti nodi ad elevata
accessibilità: Monaco di Baviera,
Stoccarda, Francoforte, Amburgo, Berlino.

3) Struttura distribuita interconnessa:


nessun centro ha un livello di accessibilità
molto diverso dagli altri. Sio tratta di un
modello quasi esclusivamente teorico, ma un
tentativo di somiglianza è presentato dalla rete
autostradale dei Paesi Bassi, dove tutte le
principali città sono egualmente accessibili.

Il sistema del trasporto aereo si è molto


orientato verso la struttura polarizzata, nel
quale c’è un nodo centrale molto importante
collegato a varie destinazioni. In italia il sistema
aeroportuale ha due grandi hub: Fiumicino
(RM) e Malpensa (MI).

Il sistema dei trasporti rappresenta una grande


liera di attività, che rappresenta un motore
dell’economica. Esso infatti comprende:

- La costruzione dei mezzi di trasporto;

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- La distribuzione e la manutenzione dei
mezzi di trasporto;

- L’utilizzo e la gestione dei nodi (porti,


aeroporti, stazioni);

- L’utilizzo e la gestione dei ussi di merci e


persone (attività di logistica e ricezione);

Si tratta di una catena di attività che


rappresenta il 10% del PIL mondiale e in alcuni
stati raggiunge anche il 15%.

La politica dei trasporti


Si è evoluta molto nel tempo: dalla rivoluzione
industriale i trasporti erano gestiti per massima
parte da compagnie private che operavano in
funzione di un immediato pro tto e costruivano
le reti ove risultasse pi conveniente, per
questo motivo la con gurazione delle reti di
trasporto era molto squilibrata: densa nelle
aree pi sviluppate e rada e incompleta nelle
altre.

Nel ‘900 si impone invece in Europa il concetto


di trasporto come servizio collettivo, di
interesse pubblico, quindi l’intervento dello
Stato si intensi ca, soprattutto attraverso la
nazionalizzazione delle compagnie private. Pi
recentemente si provveduto alla costruzione
di vie di

comunicazione in alcune aree marginali al ne


di stimolarne lo sviluppo economico o
comunque per attenuare gli squilibri (Sud Italia,
aree interne del Brasile e Russia siberiana).

La politica delle infrastrutture di trasporto non


solamente rivolta alle aree in ritardo di
sviluppo, anzi spesso il momento pi
rilevante di tutta la politica territoriale;

Gli interventi di sviluppo delle reti di trasporto


comportano diversi aspetti:

- Il miglioramento dell’integrazione tra reti


internazionali e locali, è la logica dell’Unione
Europea che incentiva sia la costruzione di
reti transazionali, sia il collegamento tra reti
di trasporto ad alta velocit .

- Deregolamentazione, nei paesi del Nord in


atto una deregulation che vede una minor
presenza dello Stato nella gestione e nella
propriet dei vettori nazionali, dei porti, degli
aeroporti. Ci ha dato origine all’emergere di
imprese multinazionali che disciplinano il
usso globale dei trasporti (aerei, marittimi,
ferroviari, terrestri). La deregolamentazione
non implica la cessione della proprietà delle
infrastrutture, ma implica solamente cederne
la gestione per aumentare l’e cenza del
sistema.

- Aspetti politico-militari e geo-strategici: lo


Stato esercita potere sul proprio territorio
anche attraverso il controllo delle vie di
comunicazione e dei nodi che assumono
valore strategico (aeroporti, scali
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internazionali). Anche nella politica estera i
trasporti rappresentano un elemento di
geopolitica strategico: le infrastrutture di
trasporto vanno controllate in quanto
permettono l’accesso a risorse e mercati: si
pensi al ruolo dei canali interoceanici (Suez e
Panama), e ai danni causati se Egitto o
Panama ne impedissero l’attraversamento.

- Processi di di erenziazione selettiva, è molto


presente nell’evoluzione della rete ferroviaria
del Nord del Mondo, comporta la
forti cazione di alcuni assi e dell’alta velocit
anche se in generale si sta assistendo a una
riduzione della grandezza della rete
(Australia e Canada fanno eccezione in
quanto ancora poco infrastrutturali) poich
ritenuta in certi tratti antieconomica. Questi
processi vanno contro quello che dovrebbe
essere il principio dello stato di fornire i
servizi alla totalità della popolazione, anche
nelle tratte che non rendono
economicamente.

Le innovazioni tecnico-organizzative e la
scelta del mezzo di trasporto
Le imprese e gli individui hanno a disposizione
vari mezzi di trasporto, ma questa possibilità di
scelta si restringe più ci si allontana dalle zone
pi sviluppate e abitate verso territori marginali:

Nel Nord del mondo i vantaggi che o rono i


diversi mezzi di trasporto possono riguardare:

- La rapidità

- L’economicit
- La sicurezza

- La capillarità

- La portata

Ciascuna modalit di trasporto possiede


comunque dei vantaggi commerciali
particolari:

Le strade sono elastiche e adattabili,


consentendo una capillarità della rete. Queste
ragioni rendono le strade particolarmente
adatte per il trasporto di persone e merci a
breve e medio raggio in quantità elevate. La
ferrovia è altresì adatta per il trasporto delle
persone in sicurezza e comodità, inoltre alcune
linee garantiscono anche la rapidità del
servizio, e in ne le ferrovie sono poco
inquinanti paragonate al trasporto su strada o
via aerea. Queste caratteristiche rendono la
ferrovia adatta per il trasporto di merci e
persone sul raggio medio e medio-lungo. Il
trasporto su acqua presenta bassi costi
rispetto alla ferrovia e al trasporto su ruota,
inoltre consente di trasportare grandi quantità
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di merce. Il trasporto su acqua è adatto
quando la velocità non è un fattore
particolarmente rilevante, oppure quando non
ci sono altri modi per trasportare la merce in
questione. Le vie aeree garantiscono un
elevata velocità, e un tragitto molto lineare,
sono particolarmente adatte per lo
spostamento di merci di valore, quando la
velocità è un fattore centrale oppure quando la
merce è deperibile. In ne i condotti
presentano costi bassi su medie e lunghe
distanze e la presenza di un usso continuo,
inoltre consentono di collegare zone separate
dal mare e sono un mezzo di trasporto molto
sicuro. Vengono usati per il trasporto di
idrocarburi liquidi e gassosi.

I sistemi di trasporto integrati


Il trasporto integrato è stato reso possibile da
due grandi innovazioni organizzative:
intermodalit e logistica:

L’intermodalit stata possibile grazie


all’utilizzo del container. Si tratta di un modulo
di carico di dimensioni standardizzate che ha
permesso l’integrazione tra i mezzi di trasporto
(pu essere trasferito su treno, nave, autocarro,
aereo ) con costi e tempo di carico e scarico
molto ridotti rispetto al passato e con un
impiego pi contenuti di manodopera (i
container possono essere lunghi 1 TEU o 2
TEU, equivalenti a 20 piedi e 40 piedi).

L’intermodalit ha prodotto una concentrazione


del tra co nei luoghi in cui sono presenti
impianti di sollevamento per lo spostamento
dei container da un mezzo all’altro e una serie
di servizi di supporto (in particolare le navi
porta container e le petroliere sono state le
grandi protagoniste dell’incremento dei tra ci
marittimi), ma non tutti i porti sono attrezzati
per ricevere le portacontainer, per questo
motivo esistono navi in grado di di trasportare
direttamente i camion con sopra i container,
questo tipo di navi è detto Ro-Ro, da Roll-on
Roll-o , delle quali è composta principalmente
la otta della compagnia marittima Messina,
che serve principalmente dei paesi in via di
sviluppo che non hanno ancora sviluppato le
infrastrutture necessarie a ricevere le
portacontainer.

La logistica e l’organizzazione territoriali


Un’altra innovazione organizzativa nel campo
dei trasporti delle merci deriva
dall’organizzazione geogra ca dei ussi di
merci e di persone.

Gran parte dei porti costituisce una piattaforma


di interscambio nella rete dei trasporti: i
container trasferiti via mare possono essere in
questi luoghi trasferiti su treni o autocarri per
raggiungere varie destinazioni regionali.

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La logistica dal punto di vista dell’impresa
diventata fondamentale perch rende possibile
il funzionamento della rete impresa, basata su
una forte intensit di relazione, di essibilit e
di specializzazione e inoltre risponde alla
crescente domanda di produzioni just-in
time, nelle quali la riduzione delle scorte ha
portato s alla riduzione del capitale investito
nei depositi e nei capannoni, ma anche la
necessit di un approvvigionamento sempre
pi elastico e tempestivo (esempio della
Toyota).

Logistica come “risorsa distributiva”


In Europa operano diversi network logistici di
portata internazionale, in particolare nei paesi
che ospitano grandi porti (Francia, Paesi Bassi,
Belgio e Germania) e che puntano su un nuovo
vantaggio competitivo legato a grandi
piattaforme logistiche per la distribuzione
europea, collocate vicino a porti, aeroporti, ai
grandi bacini viari, ecc. (nelle Fiandre
localizzato il primo centro di distribuzione
europeo, una piattaforma logistica di nuova
generazione che o re ai propri clienti servizi di
trasformazione, etichettatura, smistamento,
pezzatura, controlli di qualit ).

Le esigenze di logistica hanno prodotto una


nuova organizzazione territoriale nella rete dei
trasporti di vaste aree. Ad esempio per ci che
riguarda il tra co merci e persone per via
aerea i maggiori aeroporti mondiali fungono da
nodi centrali, chiamati hub, per lo smistamento
o il raccordo verso destinazioni pi periferiche,
chiamate spoke:
Si tratta di un sistema che struttura in maniera
gerarchica i ussi aerei: ad esempio in Europa,
aeroporti come Londra, Parigi, Francoforte
svolgono la funzione di hub nei confronti di
altre destinazioni continentali – un fenomeno
che è ben riferibile anche al tra co passeggeri.

La rete di trasporti veloci ha alcuni nodi


centrali, le piattaforme di interconnessione
(hub) che grazie alla contemporanea presenza
di terminal aerei, stradali, ferroviari e alla
possibilit di un rapido spostamento da un
mezzo all’altro fungono da nodo per tutta la
rete mondiale dei trasporti.

I trasporti nel mondo


Le principali linee di tra co marittimo e
terrestre sono nei paesi del Nord del Mondo, e
il principale usso di tra co si svolge tra
Europa Occidentale e America Settentrionale: il
trasporto marittimo unisce le due coste per
quasi tutto il tra co merci, che poi prosegue
via terra tra costa Est e Ovest degli Stati Uniti e
tra Europa atlantica e mediterranea.

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Anche le rotte aeree rivestono un ruolo
importante per gli spostamenti tra queste due
aree.

La seconda direttrice di tra co importante


quella che collega l’America settentrionale ai
paesi paci ci (Giappone e Cina), mentre la
terza direttrice del tra co mondiale quella
che dall’Europa Occidentale, attraverso il
Medio Oriente e l’Asia Meridionale, arriva in
Cina e Giappone. In ne la quarta direttrice
che dal Giappone e dalla Cina, attraverso la
Russia e l’Europa Orientale e arriva in Europa
Occidentale (trasporto aereo e line terrestri).

Nel Sud del Mondo i trasporti sono spesso pi


sviluppati nelle aree costiere, che hanno un
e etto polarizzante per lo sviluppo economico
del paese: infatti nei paesi del sud pochi nodi
di tra co partecipano agli scambi
dell’economia globale, e spesso aree interne
sono raggiungibili solo con l’aereo o
percorrendo piste sterrate (esempio
dell’Amazzonia e Sud-Est del Brasile). Ma le
di colt e la lentezza nei collegamenti sono
caratteristiche anche delle regioni meno
sviluppate del Nord del Mondo, basti pensare
ad esempio alla di usione o meno dell’alta
velocit .

Le telecomunicazioni nell’economia globale


Le societ moderne sono caratterizzate non
solo dall’intensa circolazione delle merci, ma
ancor pi dalla circolazione di informazioni,
sotto forma di dati, notizie, suoni e immagini.

Anche una parte consistente dei capitali che


circolano nel mondo si sposta attraverso le
telecomunicazioni.

L’informazione quindi si aggiunge alle materie


prime tradizionali diventando il terzo elemento
del binomio “capitale e lavoro”.

Attualmente intorno alle telecomunicazioni si


sta formando una liera produttiva che crea
approssimativamente il 10% del PIL mondiale
ed formata da vari soggetti economici:

- I costruttori di reti e/o apparecchi per


telecomunicazioni, le imprese che
gestiscono i media (editoria, reti TV) oppure
le reti di comunicazione (telefonica,
radiotelevisiva),

- le imprese che o rono attivit di servizio per


l’utilizzo delle reti e delle telecomunicazioni
(x imprese, famiglie; provider).

- Si pensi per es. all’e-commerce, reso


possibile dallo sviluppo delle
telecomunicazioni.

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POLITICHE DELLO SVILUPPO E SVILUPPO
SOSTENIBILE

Il concetto di sviluppo è un concetto


arti ciale, socialmente costruito in relazione
alle di erenti ideologie e visioni del mondo,
quindi è soggetto a interpretazioni diverse a
seconda del contesto (sviluppo secondo un
attivista del WWF o secondo un industriale).
“Sviluppo” non è né un concetto naturale né
un concetto statico, ma cambia a seconda del
periodo storico e del contesto: ad esempio
negli anni ’50 il termine sviluppo era utilizzato
come sinonimo di industrializzazione, e la
politica di sviluppo era una politica di crescita
industriale, poi molti autori e organismi
internazionali hanno evidenziato i limiti
dell’approccio esclusivamente economico: è
di cile considerare sviluppo un processo di
forte crescita economica ottenuta attraverso la
distruzione dell’ambiente naturale o lo
sfruttamento dei segmenti pi deboli della
popolazione, inoltre considerare lo sviluppo
unicamente nei termini della crescita del
prodotto interno lordo potrebbe rappresentare
una semplice aberrazione tipicamente
occidentale, derivante dal primato della
prospettiva economica sopra ogni altra
dimensione sociale e naturale.

Critica agli approcci puramente economici


- Critica marxista: tesa ad analizzare i
meccanismi di squilibrio economico
intrinsecamente legati al modo di
regolazione della societ di tipo capitalistico;

- Il concetto critico pi celebre quello di


sviluppo sostenibile, che come vedremo
ricomprende problematiche ambientali,
sociali ed economiche;

- Le dottrine di derivazione religiosa


(buddismo, cristianesimo, islam) sono
apertamente critiche nei confronti di una
visione materialistica dominata dal primato
dello sviluppo economico;

- Autori ancora pi radicali come Latouche


denunciano l’idea di sostenibilit che nisce
spesso con tentativi di conciliazione della
crescita economica a tutti i costi con un’idea
spesso vaga di ritorno alla natura. Latouche
introduce il termine “decrescita”, in
particolare “decrescita felice”, intesa come
un radicale cambiamento di tendenza
rispetto al concetto economico in atto;

- Le critiche alle concezioni pi tradizionali e


materialistiche dello sviluppo, sono spesso
indicate come approccio al post-sviluppo:
superare l’idea stessa di sviluppo e aprirsi a
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concetti apertamente provocatori come
quello di decrescita, intesa come radicale
cambiamento di tendenza rispetto al
modello economico in atto.

Approcci allo sviluppo di tipo qualitativo


L’idea di sviluppo deve essere associata a
quella di : Progresso, Miglioramento, Aumento
dei gradi di libert e felicit delle persone
(Come evidenziato dal Nobel, Amartya Sen).

Politica per lo sviluppo del territorio: ogni


azione strumentale a un miglioramento
qualitativo della societ insediata in un
determinato spazio geogra co
(perfezionamento infrastrutture, supporto
all’occupazione, riquali cazione urbana, etc.
(Ognuna di queste cose implica anche la
produzione, ma la produzione non è il ne
ultimo);

Sviluppo pu signi care cose diverse per


soggetti di erenti, perci la concreta
de nizione di qualsiasi obiettivo di sviluppo del
territorio strettamente politica:

- sviluppo dal basso, secondo cui le priorit e


le trasformazioni del territorio dovrebbero
essere de nite dalla popolazione locale, dai
soggetti radicati sul territorio e non dai poteri
alti, spesso esterni al territorio. Potrebbe per
esservi il rischio di una eccessiva
parcellizzazione del territorio.

Le politiche a scala globale


Vi sono grandi organismi internazionali che
operano nel campo dello sviluppo economico

- Fondo monetario internazionale (FMI):


prestiti a lungo termine. Il fondo monetario
internazionale è soggetto a critiche da chi
sostiene che i nanziamenti del fondo
monetario abbiano lo scopo di migliorare
l’economia dei paesi del nord, perché i paesi
che ricevono i fondi comprano macchinari
ed altro prodotti al nord;

- Banca Mondiale: nanzia progetti nel Sud


del mondo. Risultati scadenti.
Riorientamento alla lotta alla povert ;

- I Millenium Goal https://it.wikipedia.org/


wiki/Obiettivi_di_sviluppo_del_Millennio

- Organizzazione mondiale del commercio


(WTO): riconosciuta da quasi tutti gli stati;
critiche su questioni ambientali, diritti dei
lavoratori ecc.

- Ma anche ONU, FAO,UNICEF, le ONG.

Sta anche emergendo il fenomeno del


regionalismo, per il quale vengono fatti
accordi come NAFTA (Canada-Usa-Messico), o
AFTA (paesi dell’est asiatico). L’Unione
Europea certamente un buon esempio di
integrazione economica attraverso politiche di
tipo:

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- Settoriali (agricole, trasporti, ricerca e
sviluppo)

- Orizzontali (o trasversali – politica di


coesione, ambientale)

- Principale strumento di cui si serve l’Unione


Europea sono le politiche regionali, con
obiettivo di ridurre i divari economici,
attraverso:

- convergenza ✓competitivit e occupazione


✓cooperazione territoriale.

L’IMPORTANZA DEI DATI PER COMPRENDERE


IL TERRITORIO

Censimenti, stime e proiezioni statistiche


I censimenti ci consentono di ottenere dati sui
caratteri socio-demogra ci ed economici della
popolazione, sulla struttura territoriale delle
industrie e dell’occupazione e sulle
caratteristiche dei centri urbani. Questa
conoscenza del territorio fornisce al Governo e
alla Pubblica Amministrazione gli strumenti per
le scelte di politica economica.

Già nell’antichità si sentiva la necessità di


censire la popolazione e le attività del territorio,
ad esempio nell’antico Egitto i funzionari
iniziarono a svolgere censimenti della
popolazione per motivi scali, militari ma anche
per conoscere la consistenza della
manodopera per realizzare le opere volute dal
faraone. Gli egizi cercarono di esprimere
quantitativamente i fenomeni sociali ed
economici ed attribuirono agli Dei la facoltà di
eseguire operazioni statistiche; riconoscevano
infatti una speci ca Dea dei libri e dei conti
-Sefchet- (la Dea è attualmente rappresentata
sulla porta d’ingresso del palazzo dell’ISTAT a
Roma).

Anche nell’antica Roma veniva svolto un


censimento denominano “lustrum” perché
doveva inizialmente svolto ogni lustro (5 anni),
ance se nella pratica vennero attuati ad
intervalli diversi per la di colta in termini
economici e sociali. Il censimento più noto
attuato nell’impero romano è quello
rammentato da San Luca nel suo Vangelo e
che narra la nascita di Cristo e Betlemme.

In Italia è l’ISTAT a realizzare i censimenti,


questo ente di ricerca pubblico è nato nel 1926
ed è il principale produttore di statistica
u ciale. Dal 1989 l’ISTAT svolge un ruolo di
indirizzo, coordinamento, assistenza tecnica e
formazione all’interno del Sistema Statistico
Nazionale -Sistan-. Il sistema è stato istituito
con il decreto legislativo 322/1989 per
razionalizzare la produzione e di usione delle
informazioni e ottimizzare le risorse destinate
alla statistica u ciale.

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Fino al 2018 i censimenti dell’ISTAT si
svolgevano ogni 10 anni, dal 1° ottobre 2018
però il sistema è cambiato, infatti è partito il
nuovo censimento della popolazione e delle
abitazione che da decennale diventa
permanente (annuale). Da censuario diventa
campionario, ma i dati ottenuti sono di tipo
censuario: è fatto a campione ed è basato sia
su fonti amministrative, sia sull’utilizzo di big
data che su rilevazioni campionarie e sfrutta i
dati disponibili in modo più e cace,
risparmiando il 50% dei costi di indagine. Con i
nuovi censimenti permanenti le informazioni
sulle principali caratteristiche socio-
economiche del Pese sono sempre più
dettagliati e continuamente aggiornate. Grazie
all’integrazione di dati amministrativi con quelli
forniti dalle rilevazione, si riducono
notevolmente i costi rispetto al passato e si
ottengono informazioni più utili a piani care
interventi e servizi più e cienti.

I big data
I big data comprendono i dati generati dal web
che spesso sono dati semi-strutturati o non
strutturati: i post sui blog, i commenti sui social
media, i documenti di testo, audio, video
disponibili in diversi formati. Sono dati che, per
quantit e variet , non possono essere gestiti
con gli strumenti di database tradizionali, ma
richiedono l’impiego di tecnologie adeguate
per la memorizzazione e l’analisi dei dati.
l’ISTAT ad esempio utilizza i dati di telefonia
mobile per studiare gli spostamenti delle
persone nel territorio in diverse fasce orarie e
giorni della settimana, riuscendo cos a
classi care i movimenti della popolazione, da
quelli tipici dei pendolari ad altri spostamenti
pi occasionali, e potendo cos ottenere
informazioni importanti e tempestive sulla
mobilit , utili per la gestione delle infrastrutture
dei servizi di trasporto.

Popolazione e abitazioni
La prima edizione del censimento
permanente della popolazione e delle
abitazioni si è svolta nel 2018. Le rilevazioni
sono diventate annuali e “a campione”: ogni
anno coinvolgono 1 milione e 400mila
famiglie e circa 2800 comuni.

Entro il 2021, tutti i comuni d’Italia avranno


partecipato almeno una volta alle rilevazioni.

(In italia ci sono: -20 regioni -7900 comuni -107


provincie).

Al primo censimento hanno risposto circa


1.250.000 famiglie, oltre il 92% di quelle
coinvolte (la partecipazione al censimento è un
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obbligo di legge, la violazione prevede una
sanzione).

Nel 2020 il censimento non è stato fatto, per


garantire la salute pubblica, dal momento che
le interviste possono essere o in presenza o
on-line. Oltre al censimento delle abitazioni
esistono altri tipi di censimento sulle imprese,
istituzioni pubbliche, organizzazioni no-pro t,
agricoltura.

I dati ISTAT
La banca dati dell’Istat in realtà è un data
warehouse, cioè una banca dati in continuo
aggiornamento.

All’interno del data warehouse ci sono altre


banche dati su categorie speci che:
immigrazione, giovani, anziani, capitale umano,
congiuntura economica e una sezione dedicata
alla violenza sulle donne…

I dati sono presentati sotto forma di tavole


multidimensionali che gli utenti possono
esportare in formato xls, cvs. Inoltre è possibile
creare tabelle personalizzate agendo sulle
variabili, sul periodo di riferimento e sulla
disposizione di testate e ancate.

Stime

La stima pu essere realizzata prendendo a


campione una o alcune porzioni del territorio,
generalmente urbanizzate, valutandone l’entit
della popolazione ed estendendone poi il
valore medio a tutto il paese. I risultati derivano
dalla correttezza delle tecniche di rilevazione,
dalla conoscenza reale del territorio e molto
spesso dalla volont politica di fornire dati
veritieri.

Proiezioni statistiche
Le proiezioni statistiche vengono usate quando
i costi e le di coltà di attuare indagini
sistematiche sono troppo alti.

Le proiezioni statistiche sono utilizzate anche


per avere un’idea di come potranno evolvere le
caratteristiche demogra che, sociali ed
economiche dei territori.

Si realizzano assumendo come base di


partenza i dati di rilevazioni precedenti, siano
essi derivati da censimenti o da stime, poi
attraverso una serie di elaborazioni
matematiche (tenendo conto dei movimenti
naturali e migratori e/o dell’evoluzione dei
possibili tassi di crescita) si prospettano
valutazioni sulle dimensioni della popolazione.

Le proiezioni possono essere soggette ad


errori, perché possono capitare fatti
imprevedibili (covid-19), quindi le proiezioni
non sono totalmente a dabili, sopratutto nel
mondo attuale che è soggetto a cambiamenti
molto rapidi.

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Statistica internazionale
Anche a livello internazionale ci sono molti enti
e istituti che raccolgono dati statistici:

- Organizzazione delle Nazioni Unite -ONU:


organizzazione intergovernativa
internazionale che produce una gamma
molto ampia di pubblicazioni a carattere
statistico, sia direttamente presso l’U cio
Statistico, sia attraverso i suoi vari
Organismi/Dipartimenti. Tra le principali
pubblicazioni si ricorda lo Statistical
Yearbook (https://unstats.un.org/unsd/
publications/statistical-yearbook/)

- Organizzazione per la cooperazione e lo


sviluppo economico -OCSE:
un'organizzazione internazionale di studi
economici alla quale a eriscono 35 paesi;
essa pubblica dati statistici sui singoli paesi
membro articolati su dodici materie
principali (https://stats.oecd.org/).

- Banca Mondiale -BM: include la Banca


Internazionale per la Ricostruzione e lo
Sviluppo (BIRS) e l'Agenzia Internazionale
per lo Sviluppo (AID o IDA) e ha come scopo
statutario promuovere il progresso
economico nei paesi in via di sviluppo
(https://data.worldbank.org/).

Fonti statistiche locali


Prendiamo ad esempio il Comune di Genova.

l’Istat presenta dei dati a livello comunale, che


vengono presentati all’istituto di statistica
dall’u cio statistico del Comune preso in
considerazione.

Nel caso del Comune di Genova i dati sono


organizzati in tabelle, che presentano un
problema: non sono molto aggiornate, l’ultimo
aggiornamento rispetto alla popolazioni di
Genova risale al 2017.

LA POPOLAZIONE MONDIALE
Quali sono i dati che permettono di
quanti care la popolazione? Questi dati sono:

- Il numero di nati vivi

- Il numero di decessi

- Il numero di migranti

La di erenza tra numero di nati vivi e il numero


di decessi è detta saldo naturale della
popolazione.

Mentre il saldo totale della popolazione è


dato dalla somma del saldo migratorio e il
saldo naturale.

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La popolazione mondiale oggi è prossima ai 7
miliardi e 800 milioni, e gli aumenti più
importanti si sono registrati a partire dallo
scorso millennio. Infatti circa 2000 mila anni fa
gli abitanti della terra erano solamente 250
milioni, e impiegarono circa 1650 per
raddoppiare. Mentre il secondo raddoppio
arrivo dopo soli 170 anni: nel 1820 infatti la
popolazione globale raggiunse il miliardo.

Dopo 110 anni, nel 1930, la popolazione


raddoppio di nuovo, raggiungendo i 2 miliardi.
Nel 1975 gli abitanti della terra toccano i 4
miliardi; in questo caso il raddoppio arriva in
soli 45 anni. Mentre a partire dalla metà degli
anni 80 la crescita della popolazione ha
registrato una battuta di arresto, infatti i tempi
del raddoppio sono aumentati, a circa 54 anni,
questa battuta d’arresto è dovuta al fatto che
anche nei paesi sottosviluppati o in via di
sviluppo sono migliorante le condizioni
igienico-sanitarie e sociali ed anche nelle
società moderne non si hanno più molti gli.

Riguardo alla crescita della popolazione non si


può parlare di un’esplosione tale da minare gli
equilibri a livello planetario, gli studiosi infatti
sono d’accordo nel considerare irragionevoli le
previsioni eccessivamente catastro che, il
comportamento demogra co dei paesi
sviluppati infatti ha indotto un rallentamento,
che in alcuni casi si è tradotto in una vera e
propria decrescita. L’espansione tuttavia
avverrà ancora per un trentennio.

Uno dei fautori delle previsioni catastro che in


merito alla crescita esponenziale della
popolazione fu Malthus, che pensava che
l’aumento della popolazione fosse un processo
senza ritorno e senza soluzione, perché non
era accompagnato da un miglioramento delle
tecniche produttive. Ma Malthus non aveva
considerato gli e etti dello sviluppo
tecnologico, sopratutto in campo agricolo, e la
possibilità di colonizzare nuove aree.

Le stime delle Nazioni Unite


Secondo le stime delle Nazioni Unite
(contenute nel The World Population Prospects
2019: Highlights), nel 2050 la popolazione
toccher i 9,7 miliardi per arrivare, entro la ne
del secolo, a quasi 11 miliardi, e l’India
mostrer il pi alto aumento demogra co entro
il 2050, superando la Cina come paese pi
popoloso del mondo. Gli altri 8 paesi che
dovrebbero registrare l’aumento maggiore
sono Nigeria e Pakistan, seguiti da Repubblica
Democratica del Congo, Etiopia, Tanzania,
Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America.

Nel complesso, la popolazione dell’Africa sub-


sahariana dovrebbe praticamente raddoppiare
entro il 2050, perché questi popoli si trovano in
una fase di sviluppo intensivo dal punto di vista
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sanitario, economico e tecnologico, ma non
hanno ancora adottato il cambio di mentalità
che fa si che la popolazione smetta di
crescere.

Il movimento naturale della popolazione


La popolazione mondiale aumenta o
diminuisce in ragione della di erenza tra nati e
morti, in merito abbiamo due indici:

- Indice di natalit misura la frequenza delle


nascite di una popolazione in un
determinato lasso di tempo ed dato dal
rapporto tra il numero di nati vivi nell’anno e
l’ammontare medio della popolazione
residente, moltiplicato per 1000;

- Indice di mortalit misura la frequenza delle


morti di una popolazione in un determinato
lasso di tempo ed dato dal rapporto tra il
numero di decessi nell’anno e l’ammontare
medio della popolazione residente,
moltiplicato per 1000;

Quando il tasso di natalità e il tassi di mortalità


si eguagliano si veri ca il fenomeno della
crescita zero, comune nei paesi sviluppati, ciò
signi ca che non si arriva al tasso di
sostituzione, cioè 2,1 gli per donna, tale da
consentire il mantenimento della popolazione.

La transizione demogra ca

Nel 1934 Adolphe Landry precisa il concetto di


“rivoluzione demogra ca”, che verra reso
noto più tardi con il nome di transizione
demogra ca dalla scuola dei demogra di
Princeton. Con il concetto di transizione
demogra ca viene a ermato il principio che la
società disponga di un meccanismo
automatico di ritorno all’equilibrio.

La transizione demogra ca può essere


analizzata con questo schema:

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Nel regime demogra co antico abbiamo
altissimi livelli di natalità, perché in questa
fase la società era prevalentemente rurale e i
gli erano considerati come forza lavoro, e
altissimi livelli di mortalità, a causa delle
scarse condizioni igieniche e delle scarse
conoscenze mediche. Dopo il regime
demogra co antico si è passati alla 1° fase di
transizione demogra ca, causata dalla
rivoluzione industriale, che porta un
miglioramento delle condizioni igienico-
sanitarie, e al trasferimento della popolazione
verso le città, causando un forte calo della
mortalità, mentre il tasso di natalità rimane
elevato perché a livello sociale non ci sono
ancora stati cambiamenti rilevanti. In seguito,
durante la 2° fase di transizione demogra ca
la natalità inizia a calare per ragioni mediche
(contraccettivi) e per uno sviluppo sociale, che
pone i gli nell’ottica di costo e non più di
guadagno. L’ultima fase è quella di regime
demogra co moderno, nel quale cala anche
la natalità, riportando i valori di natalità e
mortalità ad un livello simile.

Quindi la transizione demogra ca è il momento


di passaggio da un regime demogra co antico
ad uno moderno, ed è suddiviso nelle due fasi
di cui sopra.

ALTRI TASSI DEMOGRAFICI


Tasso di fertilit : indica il numero medio di gli
per donna in et fertile (15-49 anni). A nch
possa avvenire la sostituzione siologica della
popolazione, il tasso di fertilit deve essere
uguale a 2,1 gli per donna: per sostituire una
coppia di genitori sono infatti necessari due
bambini. In Italia il tasso di fecondità è stato
vicino a 2,1 gli per donna no al 1975, poi è
iniziato a scendere ed oggi si aggira intorno ad
1,3. In generale il tasso di fertilità è maggiore
nei paesi in via di sviluppo, perché l’età media
è bassa e ci sono più donne fertili, e inoltre
perché il ruolo della donna è ancora molto
legato alla famiglia e alla cura dei gli.

- Tasso di fecondit : un tasso pi generico


e si riferisce al numero medio dei gli in
rapporto a tutti gli individui di sesso
femminile, senza considerare l’età fertile.

- Tasso di mortalit infantile: numero di


bambini morti (tra il primo o entro i primi
cinque anni di vita) sul numero di bambini
nati nel corso del medesimo anno per 1000
– esso aumenta o diminuisce in funzione
delle condizioni socio-economiche di una
popolazione. In italia il tasso di mortalità
infantile è 6 su mille, a Monaco e Singapore
è 2 su mille, mentre in Afganistan è 120 su
mille.

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- Speranza di vita, è il numero di anni che
vivrà un neonato. Varia a seconda del luogo
e anche a seconda del tempo. Trattandosi di
un dato medio è naturale che ciascun
individuo viva di più o di meno a seconda
della situazione economica, sociale e
sanitaria del proprio paese. 

La speranza di vita è cambiata molto nel
tempo, a partire dalla ne del 19° secolo la
speranza id vita ha iniziato ad aumentare
notevolmente grazie a una alimentazione più
equilibrata, una maggiore igiene personale e
alle scoperte in campo scienti co e
sanitario. È passata dai 20/30 anni al tempo
dell’antica Roma e del medioevo, poi a
40/50 nelle epoche successive e in ne
intorno ai 70 anni odierni. Anche la speranza
di vita varia molto: nel principato di Monaco
la speranza di vita è di 89,5 anni (4 anni di
di erenza dal secondo classi cato), in Chad
invece è di 50,2, l’Italia è tra i paesi più
longevi, con una speranza di vita di 82,2. Le
donne vivono mediamente più a lungo
rispetto agli uomini, passando da una
di erenza tra uomo e donna molto alta nel
paesi più longevi, dai 5 agli 8 anni, a una
di erenza minore nel paesi meno longevi,
dai 2 ai 4 anni. Non c’è una spiegazione
condivisa unilateralmente per questi dati,
una delle più condivise è data dal fatto che,
per lo meno nei paesi sviluppati, gli uomini
sono più predisposti a malattie di tipo
cardiovascolare. 

In generale i paesi più longevi sono quelli del
nord del mondo, sempre includendo
l’Australia e la Nuova Zelanda, inoltre nei
paesi con minor speranza di vita i dati sulla
speranza di vita sono molto uidi, questo è
dovuto al fatto che molti di questi sono
paesi soggetti a un periodo di grande
sviluppo e di grande crescita, quindi è
possibile pensare che l’aumento della
speranza di vita sarà molto più rapido di
quanto non lo sia stato per i paesi del nord.

Dinamiche demogra che, emancipazione


femminile e invecchiamento
L’emancipazione femminile pu essere un
fattore determinante per comprendere le
dinamiche demogra che di un paese.

Nel XX secolo si formata, per lo meno nel


mondo sviluppato, una societ nella quale
uomini e donne godono dello stesso diritto a
svolgere una vita sociale e un lavoro
soddisfacenti. Il modello familiare classico
entra in crisi, le donne non sono pi destinate
al matrimonio e alla procreazione, ma
acquisiscono un ruolo anche al di l delle mura
domestiche.

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Questo fenomeno unito a quello
dell’invecchiamento della popolazione cambia
notevolmente gli equilibri; le famiglie da
orizzontali diventano verticali sono pertanto
costituite da un numero assai ridotto di
bambini (in prevalenza gli unici con
pochissimi cugini) e un crescente numero di
anziani.

Si tratta di una realt assai di usa in Europa, in


Nord America e Giappone ove, sempre pi
spesso, la percentuale di anziani (pi di 65
anni) supera quella dei giovani (meno di 15
anni), avviene cioè il cosiddetto fenomeno del
papy boom e baby crack (in opposizione al
termine baby boom, coniato negli anni
Sessanta del secolo scorso per indicare
l’esplosione demogra ca che aveva
caratterizzato quel periodo), ovvero di quella
condizione che ha sovvertito il rapporto tra la
popolazione attiva e inattiva.

INDICE DI SVILUPPO UMANO - ISU


L’Indice di Sviluppo Umano-ISU (o Human
Development Index - HDI) un indice
composito che raccoglie tre altri indicatori:

- il Prodotto Interno Lordo -PIL, ovvero la


possibilit di condurre una vita accettabile;

- la Speranza di vita alla nascita, ovvero la


possibilit di condurre una vita lunga e sana;

- l’Istruzione, misurata attraverso


un’interazione tra il tasso di alfabetizzazione
e quello di scolarizzazione primaria;

La sua composizione ricalca la citata tendenza


a scollegare lo sviluppo dalla mera crescita
economica: il peso dell’economia nel calcolo di
questo indicatore infatti un terzo del totale,
mentre gli aspetti sociali pesano per i due terzi.

Quali sono i limiti dell’ISU?

L’Indice di Sviluppo Umano si nel tempo


imposto come uno degli strumenti pi utilizzati
a livello internazionale per misurare il
benessere sociale ed economico dei paesi del
mondo, ma non mancano le critiche:

La prima viene addirittura dallo UNDP (United


Nation Development Program) stesso, e
riguarda la qualit dei dati statistici alla base
della costruzione dell’indice. I dati statistici
utilizzati non sono rilevati direttamente dallo
UNDP ma sono presi cio dai rapporti di altre
agenzie Onu o direttamente dai governi, infatti
la maggior parte dei paesi si dedica soprattutto
alla pubblicazione di statistiche sulla crescita
economica trascurando altri tipi di dati. Per
questi paesi mancano quindi i dati di base
relativi a indicatori fondamentali, come
istruzione, genere, salute. Inoltre nella
maggioranza dei casi i dati disponibili sono
solo parziali, nendo cos per mascherare, in
modo anche intenzionale, gravi disparit
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distributive che possono presentarsi in diversi
paesi.

Un altro problema che spesso intercorre un


grande lasso di tempo tra il momento in cui i
dati sono rilevati e quello in cui sono
comunicati alle organizzazioni internazionali.
L’Indice di Sviluppo Umano quindi sovente
costruito con dati non aggiornati, fornendo un
quadro non attuale della situazione dello
sviluppo umano.

Un paese con una popolazione analfabeta, un


PIL alto e un’elevata speranza di vita avrebbe
un Indice di Sviluppo Umano molto simile a
quello di un paese con un PIL basso ma con
una popolazione totalmente istruita e longeva.
Per ponderare questa problematica
bisognerebbe assegnare pesi diversi alle tre
componenti.

In ne nella costruzione dell’Indice di Sviluppo


Umano vengono omessi fattori molto
importanti:

- la presenza di elezioni libere

- una stampa indipendente

- un sistema politico multipartitico, garanzie di


libert di espressione

- un sistema di indicatori relativi alla


sostenibilit ambientale, allo sviluppo
tecnologico, alla cultura.

Indicatori relativi alla composizione della


popolazione
L’et e il sesso sono gli indicatori chiave della
composizione della popolazione:

Sapere quanti sono e dove si distribuiscono gli


abitanti della terra certamente un dato
necessario, ma non basta per delineare le
caratteristiche demogra che di un certo
territorio. Se un paese molto popoloso
abitato da un numero elevato di giovani avr
problemi piuttosto diversi rispetto a quelli di un
paese con una componente maggioritaria di
abitanti anziani, ciò signi ca che bisogna
implementare o ridurre determinati servizi a
seconda della composizione della popolazione:
ad esempio noi sappiamo che le donne in italia
vivono in media circa 5 anni di più rispetto agli
uomini, per questo motivo possiamo pensare
di creare più reparti ospedalieri che curino le
malattie più comuni tra le donne durante
l’invecchiamento.

Per visualizzare il fenomeno della distribuzione


della popolazione per sesso e fasce di et gli
studiosi utilizzano le piramidi della
popolazione (o dell’et , o demogra che), cioè
istogrammi a canne d’organo, che danno una
interpretazione della popolazione per fascia
d’età sia per quanto riguarda il sesso. La
rappresentazione della popolazione italiana per
sesso e fasce d’et del 1861 ha e ettivamente
la forma di una piramide, mentre quella del
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2011 ha una forma diversa, assai simile a
quella di una botte in quanto il numero dei
bambini diminuito mente quello degli adulti
aumentato.

Tale forma la rappresentazione gra ca dalla


quale si pu dedurre la riduzione del tasso di
natalit e l’allungamento della vita media. La
piramide dell’et acquisisce una forma
piramidale o a botte, a seconda delle
caratteristiche demogra che di una
popolazione:

Quando la popolazione pi consistente


quella delle fasce d’et pi elevate (ovvero, gli
anziani e gli adulti superano abbondantemente
i bambini e i giovani) assomiglia a un imbuto.

- Piramidale: paesi sottosviluppati e in via di


sviluppo

- Botte: paesi sviluppati

- Imbuto: paesi sviluppati nelle proiezioni


future

La piramidi della popolazione sono modelli che


possono rappresentare la situazione di una
popolazione nel passato, fotografare quella del
presente e prevederne i comportamenti futuri a
parit di condizioni.

Il caso giapponese

Dalla rappresentazione della popolazione per


sesso e per et del Giappone 2005 si pu
dedurre e rappresentare l’andamento della
popolazione nel 2050. La piramide relativa al
2055 se ne deduce una piramide con una
forma a imbuto o piramide rovesciata in quanto
nel 2005 vi erano pi adulti che bambini
situazione che fa suppore un progressivo calo
della fertilit e un conseguente e progressivo
invecchiamento della popolazione.

Se per le condizioni di partenza negli anni


cambiassero, ad esempio con
l’implementazione di politiche che stimolano la
natalit grazie ai sussidi, probabilmente i

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risultati di tali politiche si leggerebbero anche
nel gra co la cui forma sarebbe molto meno
regolare.

FOCUS SULL’INVECCHIAMENTO DELLA


POPOLAZIONE
L’invecchiamento della popolazione ha
importanti ripercussioni sull’organizzazione
economica e sociale dei paesi, quindi per i
politici è importante sapere quali saranno le
conseguenze sulla domanda di servizi e beni
per il sistema sanitario.

Per far fronte al fenomeno necessario


valutare anche le condizione della popolazione
anziana, infatti il problema principale non il
“quanti sono” ma piuttosto “in che condizioni
sono”.

Gli over 65 sono piuttosto eterogenei da diversi


punti di vista (economico, della salute, sociale).

La presenza di un gran numero di anziani


provoca infatti problemi di tipo collettivo, come
l’organizzazione di strutture socio-sanitarie e
strumenti terapeutici per fronteggiare le
sempre pi di use malattie cronico-
degenerative;

Le reti familiari diventano piccole e complesse


a causa delle numerose generazioni
coesistenti, nei paesi occidentali il ridotto
numero di giovani fa s che di cilmente
possano fungere da sistema di sostegno per la
famiglia;

Gli indici che misurano l’invecchiamento:

Indice di invecchiamento demogra co


Indice invecchiamento= P+65/Ptot x 100
Il valore 65 scelto per motivi di tipo economico;
di solito l’et in cui si esce dal mercato del
lavoro ed l’et utili per l’accesso alla
pensione.

Oggi, in alcuni casi l’indice di invecchiamento


si calcola rapportando gli over 85 alla
popolazione totale: Indice invecchiamento=
P+85/Ptot x 100

Indice di vecchiaia
Iv = P+65/P0-14 x 100

Indice di dipendenza
Indice di dipendenza= (Popolazione dagli 0 ai
14 + popolazione over65)/Popolazione dai
15 ai 64 x 100

Come tutti gli indici ha una valenza teorica


perché non tutta la popolazione «dipendente»
inattiva e non tutta quella «indipendente»
attiva. Valori sopra il 50% indicano uno
squilibrio.

Spesso risulta pi corretto calcolare l’Indice di


Dipendenza Anziani (IDA)

Indice di dipendenza anziani= Popolazione


over65/Popolazione dai 15 ai 64 x100.

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In italia la quota di popolazione over65 è molto
alta, ed aumenterà no a superare il 23% in
tutte le regioni nei prossimi 10 anni. Per porre
rimedio a questa situazione bisognerà
compiere anche degli studi di tipo qualitativo,
oltre che quantitativo come quelli visti nora.

FOCUS SULLA CINA

Nella piramide dell’et della Cina dell’anno


2015, si leggono gli e etti della politica del
glio unico, iniziata a partire dal 1979: la
popolazione con un’et compresa tra i 30 e i
40 anni mostra una diminuzione assai pi
marcata rispetto a quella delle fasce
precedenti, soprattutto per quanto riguarda la
componente femminile (in modo pi
accentuato nella fascia 35-39).

La politica del glio unico stata una delle


politiche di controllo delle nascite attuata dal
governo cinese per contrastare il fortissimo
incremento demogra co del paese.
L’applicazione di tali provvedimenti ha causato
spesso abusi dei diritti umani in quanto vietava
alle donne la possibilit di avere pi di un glio
(nelle campagne due), pena l’incarcerazione.
La legge fu poi modi cata negli anni Novanta
con l'introduzione di sole sanzioni pecuniarie,
per essere abolita nel 2016. La preferenza
verso i gli maschi una tradizione consolidata
nella cultura cinese ed legata alla struttura
familiare di discendenza patrilineare; sono i gli
maschi insieme alle mogli a prendersi cura dei
genitori, le glie invece sposandosi escono
dalla famiglia. Proprio per questo molte coppie
sono ricorse all’infanticidio delle bambine o
all’interruzione di gravidanza selettiva dei feti di
sesso femminile; per tale ragione dal 1995 la
pratica dell’ecogra a prenatale in gravidanza
stata vietata. Indubbiamente la politica del
glio unico ha frenato la crescita demogra ca,
ma ha anche prodotto e etti sociali ed
economici gravi e perversi: in alcune fasce di
et si ha infatti una popolazione maschile
squilibrata rispetto a quella femminile, cui
consegue una oggettiva di colt di creare una

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famiglia a causa dell’assai ridotto numero di
donne.

I demogra sono comunque concordi


nell’a ermare che, anche in assenza del
controllo delle nascite, il rallentamento
demogra co in Cina vi sarebbe stato
ugualmente grazie al livello di sviluppo
raggiunto in un breve lasso di tempo in campo
sia economico sia sociale, evitando inoltre un
cos rapido invecchiamento della popolazione
e di tutti i problemi ad esso connessi.

LA DISTRIBUZIONE DELLA POPOLAZIONE


Possiamo dividere la terra in tre categorie:

Ecumene: quella parte della Terra dove l’uomo


trova condizioni ambientali che gli consentono
di ssare permanentemente la sua dimora e di
svolgere le sue attivit . Il concetto di ecumene
risale all’antichit classica, quando alla
porzione di terra abitata allora conosciuta
erano contrapposti oceani e regioni deserte.

Anecumene: complesso delle terre emerse


che per le loro condizioni di suolo, di clima e di
posizione sono inabitabili dall’uomo (buona
parte delle regioni artiche, delle zone
desertiche, delle fasce pi elevate delle
montagne).

In ne ci sono delle terre che rappresentano


una via di mezzo, sono le cosiddette zone

sub-ecumene: zona territoriale di transizione,


intermedia tra l’ecumene e l’anecumene, nella
quale l’uomo trova condizioni pi o meno
sfavorevoli che consentono un’abitabilit non
continua ma saltuaria (vita nomade).

Alcuni dati:

L’ecumene vero e proprio si estenderebbe sul


50% della super cie terrestre, il sub-ecumene
comprende tutte quelle aree che in qualche
misura sono raggiunte e abitate dall’uomo.
Esso si estende su una super cie pari a circa il
40% della super cie terrestre. In ne le aree
anecumeniche ammonterebbero a circa il 10%
e comprenderebbero solo calotta polare artica,
l’Antartide e i grandi deserti. Secondo alcuni
autori potrebbero invece aggirarsi introno al
18% delle terre emerse.

La massima parte della popolazione mondiale,


80%, vive nella zona temperata, tra il 20° e il
60° grado di latitudine nord, infatti si tratta
della fascia che dal punto di vista sico
presenta le migliori condizioni per
l’insediamento umano. Tali condizioni si hanno
soprattutto nella fascia compresa tra il 20° e il
40° parallelo nord, ove insediata circa la
met della popolazione mondiale.

Il fatto che l’emisfero nord contenga la maggior


parte delle terre emerse però non è su ciente
a spiegare la situazione, ci sono infatti fattori di
tipo ambientale e di tipo culturale che
condizionano il popolamento:

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a) Fattori di tipo ambientale: clima /
vicinanza al mare / altitudine (a seconda
della latitudini l’altitudine un fattore di
richiamo o di repulsione della
popolazione) / qualit dei suoli

b) Fattori di tipo culturale: accessibilità /


indirizzi agroalimentari / scelte tecniche di
produzione / motivi storici.

Popolamento e zone anecumeniche


L’uomo pu vivere nelle regioni polari artiche,
nelle steppe semi-aride dell’Africa o sopra i
4.000 m (Tibet, Ande) grazie all’adattamento
siologico e attraverso gli accorgimenti esterni,
come l’abbigliamento e l’alimentazione.

Le zone anecumeniche quindi non sono


completamente spopolate, ma il loro
popolamento dovuto in larga misura
all'esistenza di ricchezze minerarie, o alla
piani cazione politica.

Nelle aree anecumeniche di solito sono


completamente assenti grandi citt , e la
popolazione nomade o seminomade.

Principali aree scarsamente popolate

Zone polari: Artide e soprattutto Antartide, a


causa del clima e conseguentemente
dell’assenza di vegetazione, etc. sono quasi
completamente spopolate;

Alte latitudini: taiga della Siberia e del


Canada, tundra ricoperta dai ghiacciai
dell’Eurasia, terre australi del Cile e
dell’Argentina (Patagonia);

Foreste pluviali: nelle aree equatoriali e


subequatoriali dei tre continenti attraversati
dall’equatore. Amazzonia in America Latina,
foresta congolese in Africa e le foreste insulari
del Paci co (Giava, Borneo, Sumatra, Nuova
Guinea e Australia settentrionale);

Deserti: la vita resa impossibile dall’elevata


aridit : nel Sud-Ovest degli Stati Uniti
(Arizona), in gran parte della costa paci ca e
America meridionale (Sechura e Atacama) , in
Africa (Sahara, Kalahari, Dancali), in Arabia
(Rud al’Khali), in Asia (Gobi), in Australia ( gran
deserto sabbioso);

Zone di alta montagna: Montagne Rocciose e


Sierra Madre in America del Nord, le Ande in
America del Sud, L’Atlante in Africa, i Pirenei in
Spagna, le Alpi in Europa, l’Himalaya in
Asia....cos come la maggior parte dei massicci
o catene montuose mondiali;

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Dove si concentra la popolazione?
La popolazione si concentra principalmente
nelle zone popolate sin dall’antichità, ovvero
nella regione cinese, nella Penisola indiana e
in Europa occidentale, ed anche in un area di
più recente popolamento, cioè nel nord-est
degli Stati Uniti; queste 4 aree contengono i
3/4 della popolazione mondiale:

- Regione cinese o Sud-est asiatico: Cina,


soprattutto il settore sud orientale, ma anche
Corea, Vietnam e i tanti arcipelaghi: Malesia,
Tailandia, Indonesia, Filippine e Giappone
(contraddistinti da zone rurali di alta densit
e soprattutto con le loro citt altamente
popolate;

- Regione indiana o Asia


centromeridionale: arte del Pakistan e
buona parte dell’India, soprattutto la zona
del Golfo del Bengala includendo il delta del
Gange e la maggior parte dei paesi della
zona come Sri Lanka, Bangladesh e
Birmania, che registrano un’elevata
popolazione sia in aree rurali sia in aree
urbane;

- Europa occidentale: soprattutto la parte


chiamata triangolo dello sviluppo europeo,
ove con uiscono e sboccano i grandi umi
come la Senna, la Mosella, il Reno e la Ruhr.
Olanda, Belgio, Germania e Francia, ma
anche pianure sedimentarie come quella
Padana specialmente le coste, in particolare
quelle che si a acciano sul mediterraneo e
sul mare del Nord, e la cosiddetta Old
England, intorno a Londra e alle grandi e
medie citt inglesi;

- Megalopoli nordamericana: de nita da


Gottman nel 1961, una regione quasi
esclusivamente urbana che include le
principali citt della costa nord-orientale
degli Stati Uniti: Boston, New York,
Filadel a, Baltimora e Washington, questa
regione prende il nome di BosWash da
Boston-Washington, ed un termine coniato
da Herman Kahn e Anthony Wiener nel
1967, spingendosi verso l’interno no alla
regione dei grandi laghi;

Vi sono altri poli secondari di concentrazione


demogra ca, si tratta normalmente di zone pi
compatte, vicine alle grandi metropoli, che
mostrano diversi gradi di a ollamento,
soprattutto nei paesi meno sviluppati. Tra
questi:

- Costa californiana: una tta serie di citt ,


da Sacramento sino a Tijuana, includendo
San Francisco, Oakland e Los Angeles;

- Grandi aree metropolitane dell’America


latina: intorno a citt plurimilionarie come

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Citt del Messico, Bogot , Caracas, San
Paolo, Rio de Janeiro, Lima, Santiago de
Cile, Buenos Aires;

- Golfo di Guinea: in Africa, dal Senegal no


al Gabon e al Congo, accorpa una
quindicina di paesi come Nigeria e Costa
d’Avorio, con importanti citt e aree costiere
ad alta densit ;

- Delta del Nilo e Medio Oriente: soprattutto


la conurbazione de Il Cairo e la regione del
basso delta nilotico, includendo parte di
Israele, Giordania, Siria, Iraq e Iran (e
Turchia, anche se in termini strettamente
geogra ci il paese non pu considerarsi
appartenente al Medio Oriente);

- Africa centrale e orientale: regioni interne


di Uganda, Kenya, Ruanda, Repubblica
Democratica del Congo, Burundi, Tanzania e
Mozambico, e citt come Kampala
(Uganda), Nairobi (Kenya) e Dar es Salaam
(Tanzania);

- Africa del Sud (Sudafrica): lungo le coste e


soprattutto intono alle grandi citt come
Cape Town, Durban, Pretoria e Port
Elizabeth, ma anche in estese zone
minerarie (Johannesburg e Soweto) e rurali
all’interno dell’area;

- Costa meridionale e orientale


dell’Australia: con forti concentrazioni
intorno alle principali citt , da Adelaide e
Melbourne, no a Canberra, Sidney e
Brisbane e, in misura pi ridotto, l’isola di
Tasmania intorno alla capitale, Hobart;

Esiste anche una forte correlazione tra


popolamento e il mare: le zone costiere so no
normalmente molto più popolate di quelle
interne, infatti quasi il 70% della popolazione
mondiale vive a meno di 500km dal mare, sia
in termini di valori assoluti che in termini di
densità, e inoltre la maggior concentrazione di
popolazione vive entro una fascia non più
distante da 20 km dalle coste.

I litorali sono sempre stati molto attraenti per


gli insediamenti della popolazione, ovviamente
tralasciando i casi di deserti costieri, zone
paludose o presenza di parassiti, e questa
attrattiva è dovuta in buona parte alla
accessibilità, sopratutto nei periodi delle
grandi conquiste e dei movimenti migratori, al
ruolo geopolitico e alle attività legate al mare
come la pesca e il commercio (a proposito di
mare anche l’insularità è un forte fattore di
attrazione, infatti sono molti gli stati sovrani
che si sono sviluppati in ambienti insulari).

Un altro fattore che in uisce sul popolamento è


l’altitudine, solitamente l’altitudine ha una
relazione inversa rispetto al popolamento,
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tranne per quanto riguarda alcune eccezioni,
come l’Africa centrale e orientale nella quale
vive una popolazione numerosa insediata nelle
regioni interne dei grandi laghi (dai 1000 ai
2000m), l’Altopiano etiopico (dai 1000 ai
3000m), e la parte settentrionale della
cordigliera andina. Infatti nella fascia
intertropicale l’altitudine può trasformarsi in un
fattore favorevole, mentre lungo le coste
tropicali umidit e elevate temperature
possono essere un fatto negativo per
l’insediamento, nelle terre alte il clima pi
secco e mite, quindi pi favorevole
all’insediamento. Sono diversi i casi di citt
interne:

• Citt del Messico (2.300)

• Quito (2.850)

• La Paz (3.640)

• Adis Abeba (2.360)

• Nairobi (1.660).

In ogni caso nelle terre alte (15% delle terre


emerse) è insediato circa il 7% della
popolazione, con una densità media di circa 20
ab/km2. L’insediamento in queste aree risulta
piuttosto complicano, infatti solitamente
l’acqua scarseggia e inoltre l’altitudine può
causare problemi siologici dovuti alla
rarefazione dell’aria.

La densità aritmetica e siologica


Se la popolazione viene misurata in termini di
spazio occupato si parla di densità di
popolazione, la densità è il numero di abitanti
in media presenti in un chilometro quadrato di
super cie, la densità calcolata in questo modo
è detta anche densità grezza o aritmetica,
perché non esprime situazioni reali, ma
situazioni teoriche: viene calcolata rispetto a
con ni di carattere amministrativo e non tiene
conto di situazione geomorfologiche e
ambientali.

Per questo motivo risulta molto utile la densità


siologica, cioè il numero di abitanti
rapportato all’unita di super cie delle terre
agricole produttive, ma anche questo
indicatore ha grandi margini di errore e quindi i
risultati sono discutibili, infatti in ogni paese del
mondo ci sono terre pio o meno produttive e
inoltre la produttivit agricola strettamente
correlata all’a ollamento della popolazione e
allo sviluppo tecnologico che consente di
ottenere rese sempre pi elevate.

Per l’Egitto si evidenziano risultati piuttosto


di erenti se si osserva la densit aritmetica o
quella siologica: nel primo caso, con una
popolazione di 78,6 milioni di abitati, si registra
una densit aritmetica pari a 78 ab/kmq,
guardando invece alla densit siologica, si
ottiene un valore pari a 2.616 ab/kmq.
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Questo dato rispecchia molto pi fedelmente
la pressione demogra ca presente sul
territorio, nonostante gli sforzi compiuti dal
paese stesso per aumentare le terre agricole
irrigate.

Optimum di popolamento,
sovrappopolamento e sottopopolamento
L’optimum di popolamento è la situazione di
un paese che presenta un solido equilibrio tra
abitanti e risorse, nel quale c’è una piena
occupazione degli individui in età lavorativa, la
garanzia di più di 2500 calorie al giorno, la
struttura demogra ca consente di ripartire le
spese in misura non troppo gravosa per le
persone attive e inoltre c’è una razionale
utilizzazione delle risorse. Mentre il
sovrappopolamento è lo squilibrio tra
popolazione e risorse che si veri ca se c’è un
aumento naturale popolazione comporta
caduta del tenore di vita, un incremento dei
lavoratori che provoca la diminuzione della
produttivit e se le tecnologie si sviluppano
lentamente. 

In ne il sottopopolamento è dato da uno
squilibro tra le risorse e la popolazione dovuto
al minimo economico, cioè un numero di
abitanti insu ciente per valorizzare le risorse, e
al minimo biologico, cioè ad una società
chiusa con pochi scambi demogra ci e un
numero ridotto di abitanti.

Grado di densità
Noi riconosciamo cinque zone in base alla
densità di popolazione:

1) Zone a bassissima densità: meno di 1 ab/


kmq, come le foreste boreali di conifere in
Canada o in Russia, la foresta amazzonica
o le steppe sub.desertiche africane e
asiatiche;

2) Zone a bassa densità: da 1 a 10 ab/kmq,


come in Scandinavia o in zone della Russia
come la Siberia, o le praterie del West negli
USA;

3) Zone a debole intensità: da 10 a 50 ab/


kmq, come la Meseta spagnola o
l’Anatolia;

4) Zone a media densità: dal 50 ai 100 ab/


kmq, come alcune aree marginali di
Francia, Italia e Svizzera, o molte zone di
Cina, India e Filippine;

5) Zone ad alta densità: oltre 100 ab/kmq


come le pianure e le vallate di Cina, India e
Giappone, la Fascia costiera del
mediterraneo o l’Europa centro-atlantica;

POPOLAZIONE, URBANIZZAZIONE E
CEMENTIFICAZIONE
Crescita della popolazione e urbanizzazione
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Un altro e etto evidente della crescita della
popolazione l’intensi cazione del processo di
urbanizzazione.

La citt ha origini antichissime, ma la sua


struttura con il passare degli anni si
fortemente modi cata; nel passato
corrispondevano a uno Stato oggi invece
fanno parte di uno Stato.

Dal secondo dopoguerra la popolazione


urbana è aumentata molto, e ciò ha stimolato
la crescita di agglomerazioni multimilionarie
con tassi di incremento senza precedenti;
molte sono le citt che hanno raggiunto la
dimensione di:

• metropoli: termine, derivante dal greco


meter (madre) e polis (citt ), nell’antica
Grecia indicava la citt madre rispetto alle
colonie. Attualmente utilizzato per indicare
la citt principale o capitale di uno Stato,
notevolmente estesa e popolata (solitamente
supera il milione di abitanti) e caratterizzata
da una vita sociale, economica e culturale
molto dinamica; le metropoli presentano
anche un altro aspetto interessante: le aree
metropolitane, cioè zone circostanti ad una
agglomerazione che dipendo dalla metropoli
per i vari servizi, esse sono un sistema
economico-funzionale e per fare si che
esistano queste aree è necessario che ci sia
una rete di trasporti che collega tra loro i
diversi abiti urbani e la presenza di forti
interazioni economiche e sociali all’interno
dell’area stessa;

• megalopoli: un centro abitato formatosi


per estensione di una metropoli, inglobando
aree esterne e in continua espansione. Nasce
dall’unione di diverse aree metropolitane che
si amalgamano in un continuum di grande
dimensione. Il nuovo insieme assume i
caratteri di una diversa e pi ampia struttura
urbana legata e interconnessa. Le megalopoli
hanno dimensioni variabili comprese tra gli 8
milioni e i 40 milioni di abitanti (ad esempio la
Grande area di Tokyo);

Popolazione urbana e crescita


La popolazione urbana è in continua crescita,
anche se in modo di erente rispetto al
passato, e dal 2020 rappresenta circa il 55% di
quella totale. Il superamento della popolazione
urbana rispetto a quella rurale è avvenuto nel
2007, e le conseguenze di di questo
cambiamento sono molte: stanno cambiano le
strutture produttive, il mercano del lavoro e
l’ambiente sociale (modi candone gli standard
di sicurezza: in città infatti ci sono aree meno
sicure rispetto alle altre).

La prima esplosione urbana, introdotta dalla


rivoluzione industriale, interess prima l’Europa
e poi Stati Uniti e Giappone: le fabbriche si
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svilupparono intorno ai centri urbani che
proprio per questo registrarono una crescita
rapida e intensa. Nell’Ottocento in Europa solo
23 citt superavano i 100.000 abitanti, mentre
all’inizio del secolo successivo erano ben 135,
le città che crescevano di più erano quelle che
rappresentavano il centro di determinati servizi
(portuali, economici, etc.). In Germania il
processo di inurbamento colp principalmente
la regione mineraria della Ruhr, mentre in Italia
colpì le città del Nord Ovest, sopratutto quelle
del triangolo industriale, cioè Genova, Milano
e Torino. Negli Stati Uniti d’America le aree che
si svilupparono maggiormente furono quelle
nelle vicinanze delle risorse minerarie come
Chicago, che tra il 1840 e il 1890 pass da
5.000 abitanti a 1 milione per superare i 3,6
milioni nel 1950, o quelle che ospitavano porti
come ad esempio New York e New Orleans.

La seconda esplosione urbana iniziò è partita


dal dopoguerra e non è ancora nita, ha
caratteristiche diverse dalla prima e riguarda
principalmente i paesi in via di sviluppo e quelli
economicamente emergenti dell’Asia,
dell’Africa e dell’America Latina.

Nei paesi in via di sviluppo l’urbanizzazione


generalmente non stata a ancata da uno
sviluppo economico e sociale (non c’è stata
una rivoluzione industriale), ma stata il frutto
di un esodo incontrollato dalle campagne di
frange poverissime della popolazione, che, una
volta arrivate in citt in assenza di competenze
speci che, non riescono a trovare un lavoro e
nella maggior parte dei casi vivono di
elemosina. Si parla di e etto backwash. Si
stima che quest’esodo coinvolga
quotidianamente circa 200.000 persone, in
prevalenza giovani e con comportamenti
demogra ci tipici delle societ rurali
caratterizzate da alti tassi di natalit .

Molte citt dell’Africa sub-sahariana versano in


queste condizioni, ma si tratta di centri urbani
che non sono pronti ad accogliere una
popolazione in costante crescita a causa della
quasi totale assenza di piani cazione: vivere in
una grande citt non sempre signi ca poter
accedere a servizi primari, come l’acqua
corrente, l’elettricità, il sistema fognario e i
servizi ospedalieri pubblici.

Questa situazione ha inoltre causato per un


gran numero di persone il problema degli
alloggi, spesso delle vere e proprie
baraccopoli. Ad esempio a Lagos in Nigeria
due persone su tre vivono in slum, termine
usato localmente per indicare le baraccopoli.
Anche in Italia ci sono zone simili, ad esempio
in Campania.

Il paesaggio ha perso quasi completamente la


propria connotazione naturale lasciando spazio
a una sempre pi di usa e incontrollata
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cementi cazione, la citt di Shenzhen in Cina
ne un esempio eclatante: alla ne degli anni
Settanta era un centro rurale con circa 20.000
abitanti, nel 2016 è un vero e proprio centro
urbano con una popolazione prossima ai 13
milioni;

Il minor costo del lavoro di Shenzhen rispetto


alla vicina Hong Kong ha contribuito al
sostenuto sviluppo economico (basato
sull’industria e sull’espansione del porto
mercantile) della citt , oggetto anche di un
piano sperimentale volto a trasformare il
modello economico cinese tradizionale in un
modello aperto a investimenti provenienti
dall’estero che ha concorso a cambiarne il
volto.

Secondo i dati di usi dalla rivista londinese


International Cement Review e dall'U.S.
Geological Survey - agenzia scienti ca del
governo statunitense - la Cina nell’ultimo
trentennio ha utilizzato pi di 6 miliardi di
tonnellate di cemento. Per capire la portata di
tali cifre, basti pensare che l'utilizzo e ettuato
dagli Stati Uniti nell'intero '900 stato pari a
poco meno di 4,5 miliardi di tonnellate. Un
motivo della cementi cazione massiccia
dovuto senza dubbio

al radicale processo di urbanizzazione che ha


interessato la Cina negli ultimi 30 anni. Basti
pensare che, se nel 1978 la percentuale di
cinesi che viveva nelle citt era inferiore al 20%
del totale, il valore si triplicato nel 2020. Un
tale a usso verso le citt ha dunque reso
indispensabile - nonch inevitabile - il
processo di progressiva cementi cazione,
portando nel 2009 il Dragone ad avere oltre
100 citt con almeno 1 milione di abitanti.

La seconda esplosione urbana ha comunque


coinvolto anche i paesi avanzati, ma in molto
diverso, infatti le metropoli e le megalopoli
stanno lasciando il posto ai piccoli centri
urbani, ben collegati con quelli maggiori, e in
grado di o rire una buona qualit della vita a
costi contenuti rispetto alle grandi citt . Vi
stata una ridistribuzione della popolazione
legata all’esigenza di vivere in modo meno
stressato e frenetico rispetto a quanto non
avvenga nei centri urbani multimilionari. Si
parla di e etto e etto spread.

Cementi cazione come causa di dissesto


idrologico: cenni sul caso Genova
Nel territorio di Genova le zone di pertinenza
dei numerosi corsi d'acqua (Polcevera,
Bisagno) risultano densamente abitati e
impermeabilizzati. In Liguria alcuni eventi
metereologici hanno provocato importanti
dissesti idrogeologici, il territorio è fragile e
impreparato a resistere alla «furia delle acque».
Ci avvenuto principalmente a causa di una
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distribuzione incontrollata della
cementi cazione.

Da sempre la Liguria una regione piovosa e


per conformazione ad alto rischio
idrogeologico.

Immaginiamo di urbanizzare un ettaro di suolo,


costruiamo edi ci, marciapiedi scivoli e quel
che resta lo asfaltiamo in modo da poterlo
attraversare in auto senza schizzi di fango. Alla
ne di questa trasformazione il 75-95% del
suolo divenuto impermeabile, la stessa
pioggia che cadeva anche prima non produce
pi gli stessi e etti: l’acqua non viene pi
immagazzinata e rilasciata lentamente, ma
corre velocemente e appena esce dal suolo
impermeabile arriva velocemente al termine
della corsa e provoca vistose variazioni del
livello di umi e torrenti.

LE MIGRAZIONI
Il tasso migratorio totale il rapporto tra il
saldo migratorio e l’ammontare medio annuo
della popolazione residente in una determinata
area, per mille.

Per parlare di migrazione bisogna conoscere il


concetto di mobilità, che è sempre stata una
delle caratteristiche salienti della specie
umana: l’uomo si è sempre spostato e ha
colonizzato nuove terre, cercando di migliorare
le proprio condizioni di vita e modi cando
l’organizzazione dello spazio terrestre. 

Le migrazioni si veri cano in presenza di
determinate condizioni, quali:

- Aree ricche e debolmente popolate che


attraggono gli spostamenti;

- Aree povere e densamente popolate;



Infatti le migrazioni sono indotte prima di
tutto da ragioni di ordine economico,
demogra co (emigrare per allontanarsi da
dove si è in troppi) e di sicurezza (in questo
caso però è più corretto parlare di rifugiati e
profughi).

Negli ultimi decenni la mobilit notevolmente


aumentata. La mobilit pu essere locale o
globale, e il movimento pu essere giornaliero
o unico nell’arco della vita.

I movimenti possono essere di tre tipi e variano


in funzione del tempo in cui si sta lontano da
casa:

- Ciclico: implica periodi di lontananza brevi,


ad esempio il pendolarismo, i movimenti
stagionali (caso degli Stati Uniti settentrionali
e del Canada verso i paesi del Sun Belt), il
nomadismo;

- Periodico: implica lunghi periodi di


lontananza, ad esempio la forza lavoro
migrante (spesso ussi transfrontalieri che si
trasformano in migrazione), la transumanza
(Alpi orientali e centrali, Corno d’Africa);

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- Migratorio: implica una lunga permanenza
all’estero; di cilmente previsto il ritorno in
patria;

Il termine rifugiato ha un signi cato giuridico


ben preciso. Lo status di rifugiato sancito e
de nito nel diritto internazionale dalla
Convenzione di Ginevra del 1951 e viene
riconosciuto a quelle persone che non
possono tornare a casa perch per loro
sarebbe troppo pericoloso e hanno quindi
bisogno di trovare protezione altrove.

Le Nazioni Unite e le leggi internazionali


distinguono tra:

- Rifugiati (refugees), che hanno trovato


scampo in un paese diverso dal proprio;

- Profughi o rifugiati interni (IDP, internally


displaced person);

Le Nazioni Unite aiutano ad assicurare che i


rifugiati e i rifugiati interni o profughi non siano
ricondotti a forza in un luogo nel quale
proseguano le persecuzioni.

Dopo che le violenze si sono placate e le


condizioni sono migliorate, l’UNHCR aiuta a
riportarli nei paesi d’origine, con un processo
detto rimpatrio.

Che cosa sono le migrazioni?


Con il termine migrazione si intende lo
spostamento permanente (o comunque per un
lungo arco di tempo) di una persona o di un
gruppo, da un’area geogra ca a un’altra,
determinato da mutamenti delle condizioni
ambientali, demogra che, siologiche, etc.

La migrazione costituita da due componenti:

- L’emigrazione, la partenza dal luogo di


origine;

- L’immigrazione, l’ingresso nel luogo di


destinazione;

Nel mezzo c’ spesso un viaggio lungo e


pericoloso, ci nonostante la storia dell’uomo
da sempre stata contraddistinta da
spostamenti:

Circa 65.000 anni fa l’Homo sapiens -per


cause non del tutto chiare- si sarebbe spostato
dall’Africa all’Europa e dall’Arabia all’India e in
tutto il continente asiatico per giungere

in Australia.

Nel periodo glaciale le popolazioni dell’Asia


nord orientale, oppresse dalle condizioni
climatiche proibitive iniziarono a spingersi
verso il continente americano utilizzando quasi
come un ponte naturale: lo stretto di Bering e
la dorsale costituita dalle isole Aleutine (il
livello del mare era all’epoca pi basso di una
settantina di metri).

In circa 10.000 arrivarono a popolare


interamente le Americhe dalle estreme regioni
subartiche dello scudo canadese, alla

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Groenlandia alla Patagonia, agli stessi
arcipelaghi caraibici occupando gli spazi
disponibili pi idonei e mostrando di erenti
livelli di adattamento e sviluppo.

Nel periodo in cui dell’Impero romano


dominava l’occidente, intere popolazioni
nomadi e seminomadi si spostarono verso
l’Europa centro meridionale, determinando
quella serie di e etti noti come invasioni
barbariche, che furono determinate da
motivazioni semplici quali la necessita di nuovi
pascoli o terre fertili per far fronte al
progressivo inaridimento delle loro regioni di
origine. Pur essendo gruppi piccoli non
sfuggivano dalla logica del rapporto tra
popolazione e risorse, molti spostamenti
furono infatti determinati da periodi di
particolare aumento demogra co: una
popolazione divenuta stanziale facilmente
poteva registrare incrementi del tasso di
natalit .

La crescita demogra ca portava quindi allo


scontro con altre popolazioni stanziate altrove
determinando:

- Fusione con altri gruppi

- Deviazione del percorso

- Occupazione di terre altrui

Nell’XI secolo, il ra orzamento dell’Impero


carolingio determin un miglioramento delle
condizioni di vita e un conseguente aumento
della popolazione che non riusciva per ad
essere riassorbito anche a causa dell’auto-
sostentamento legato a un modello di sviluppo
di tipo feudale.

Non potendo individuare terre «utili» all’interno


dell’Europa, le masse crescenti di popolazione
vennero incanalate verso la liberazione dei
Luoghi Santi: la prima crociata del 1096
aveva infatti mobilitato centinaia di migliaia di
individui (secondo alcune stime 600/800.000).

Successivamente il Vecchio Continente riusc a


neutralizzare le spinte demogra che no alla
scoperta dei Nuovi Mondi che videro per un
movimento pi moderato, mentre un’altra
ondata di movimenti migratori si ebbero
all'inizio dell’Ottocento a seguito
dell’importante sviluppo demogra co che
segn l’Europa.

Caratteristiche delle migrazioni


Le migrazioni non avvengono solo dalle aree
pi arretrate del mondo verso quelle pi
sviluppate, ma anche all’interno del proprio
paese, come avvenuto, ad esempio,
nell’Italia postbellica, quando il Nord
industrializzato inizi ad accogliere ussi
crescenti di contadini meridionali, o comunque
di individui provenienti dalle aree pi povere
del Paese.

I ussi migratori possono essere:

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- interni quando gli spostamenti avvengono
entro i con ni di uno Stato (da una parte
all’altra del paese o dalle campagne alle
citt , oppure dalle citt di grandi dimensioni
a quelle di medie dimensioni) ancora oggi
c’è un fenomeno migratorio da sul al nord:
quello degli insegnanti, motivato
principalmente da una questione
economica;

- esterni (o internazionali) quando il


trasferimento avviene da un paese all’altro;

- transoceanici quando gli spostamenti


avvengono tra un continente e l’altro;

Migrazione volontaria e forzata


La migrazione pu essere:

Volontaria se avviene dopo che il migrante ha


valutato le opzioni, anche se spesso spinto
pi dalla disperazione che dalla razionalit ;

Forzata o Involontaria quando implica


un’imposizione. Ricade in questo caso la
deportazione; in questo caso la migrazione
non frutto di una decisione libera e
autonoma. Ci sono vari esempi di migrazioni
forzate:

- La tratta degli schiavi verso la regione


caraibica, nell’America centrale costiera e in
Brasile (non tanto negli Stati Uniti Sud
Orientali) per lavorare nelle piantagioni. Si
tratta della migrazione forzata pi
consistente della storia;

- Nel XIX secolo il governo statunitense si


appropri delle terre di migliaia di Nativi
americani e li trasfer in altre terre del paese;

- Negli anni Trenta i nazisti furono responsabili


di una grande migrazione forzata
(deportazioni forzate in campi di
concentramento) di ebrei e di altre
minoranze discriminate (politiche, religiose,
etniche, sessuali);

Percezione dei luoghi


I potenziali migranti tendono ad avere
percezioni pi corrette ed articolate dei luoghi
vicini.

L’intensit dell’attrattivit diminuisce


all’aumentare della distanza dall’origine, in
caso di destinazioni lontane si pertanto meno
propensi a raggiungerle. Ma oggi la distanza
sica spaventa meno rispetto a un tempo,
questo perché viviamo in un mondo
globalizzato, quindi realtà prima molto distanti
diventano più vicine e meno estranee.

La migrazione a tappe
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Si parla di migrazione a tappe (o per gradi)
quando lo spostamento avviene in modo
graduale:

Ad esempio una famiglia di contadini brasiliani


tender a trasferirsi prima in un villaggio, poi in
una piccola citt vicina, poi in una grande citt
e in ne in una metropoli come San Paolo o Rio
de Janeiro. A ogni tappa della migrazione
interviene una nuova serie di fattori
d’attrazione, non tutti i migranti comunque
compiono le stesse tappe, infatti lungo
qualsiasi via di migrazione un migrante valuta i
fattori di esplosione e attrazione. Un esempio è
quello degli afroamericani che dopo la prima
guerra mondiale negli Stati Uniti migrarono
verso Nord per cercare lavoro a Chicago o
Cleveland, molti per trovarono occupazione
lungo il percorso e rimasero a Saint Luis e a
Cincinnati.

Fattori di espulsione e fattori di attrazione


Quanto si decide di emigrare possono
intervenire fattori di:

- Espulsione: le percezioni che inducono un


migrante a decidere di abbandonare un
luogo. I fattori di espulsione sono pi
facilmente percepiti in quanto noti, ad
esempio le condizioni di lavoro, il costo della
vita, la sicurezza personale, etc.;

- Attrazione: un migrante pu essere attratto


verso un certi luoghi per svariati motivi e/o
circostanze. I fattori di attrazione tendono ad
essere pi vaghi in quanto costruiti in base a
«cose» udite e lette;

La decisione di migrare da un luogo deriva da


una combinazione di fattori di espulsione e di
attrazione; questi fattori operano in misura
diversa secondo le circostanze e la scala di
misurazione.

I fattori attrattivi possono essere di tipo:

- sico (vicinanza e raggiungibilit );

- personale (presenza di familiari e di


connazionali);

- culturale (comunanza di lingua e/o usi e


costumi);

- economico (possibilit di trovare un lavoro,


etc.);

Spesso per le informazioni che i migranti


acquisiscono sono decisamente soggettive e
quindi corrispondenti solo in minima parte alle
loro aspettative, cos come alle condizioni
oggettive nella destinazione prescelta. Si tratta
di un problema piuttosto importante che
talvolta contribuisce al di cile inserimento
presso la comunit di accoglienza.

Alcune «leggi» o comportamenti associati


alle migrazioni
Pi di un secolo fa il cartografo inglese di
origine tedesca Ernst Ravenstain studiando le
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migrazioni interne in Inghilterra propose alcune
«leggi sulle migrazione» tutt'oggi in parte
valide:

1) Ogni usso migratorio genera una


migrazione di ritorno (questo oggi non è del
tutto vero, perché chi oggi lascia un
territorio tendenzialmente non ha
intenzione di tornare indietro);

2) La maggior parte dei migranti si sposta a


breve distanza;

3) I migranti che si spostano a una distanza


maggiore tendono a scegliere come
destinazioni le grandi citt ;

4) Gli abitanti delle aree urbane hanno una


tendenza a migrare minore rispetto a quelli
delle aree rurali;

5) Le famiglie hanno minore tendenza a


compiere migrazioni internazionali rispetto
agli adulti giovani;

L’immigrazione prevede dei modelli di


integrazione socio-culturale:

- Assimilazione: adattamento alla cultura


della societ ospitante. I migranti si devono
conformare al paese di arrivo mettendo in
atto processi di desocializzazione, cioè la
cancellazione delle culture di origine e di
risocializzazione rispetto agli usi e costumi e
alle norme dei medesimi paesi di arrivo.
L’integrazione intesa come uguaglianza di
trattamento nella neutralit e nella laicit
dello Stato. Questo modello è stato
applicato in Francia;

- Pluralista: l’alterit viene ammessa e


tollerata. All’interno della medesima societ
convivono pi culture. Vengono attivati
processi di inclusione progressiva dei diversi
gruppi etnici che peraltro possono
conservare i propri usi e costumi a
condizione che tengano unita l’intera societ
e non ne contraddicano i valori sociali;

- Fusione o Melting pot: la societ


assimilata a una pentola in cui si mescolano
varie comunit . Si tratta di una societ
omogenea frutto della fusione di molteplici
culture che coesistono. Il rischio che la
societ sia intesa come somma di comunit
incapaci di entrare in contatto e confrontarsi.
È il modello adottato negli Stati Uniti;

- Funzionalista o esclusione di erenziale:


siccome raggiungere livelli anche solo
accettabili di integrazione un’operazione
di cile, la gura del migrante viene inserita
solo in alcuni ambiti sociali e si tende a
scoraggiare lo stanziamento de nitivo. Ad
esempio, al migrante viene riconosciuto lo
status di lavoratore e la sua permanenza
vincolata alla realizzazione di tale attivit ... In
Germania vi la gura del lavoratore
ospite...non ha diritto alla cittadinanza, alla
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vita politica, ecc. Tale situazione piuttosto
negativa e insostenibile qualora sul territorio
vi siano anche le seconde generazioni;

il fenomeno migratorio oggi


I paesi delle aree in via di sviluppo registrano
un aumento di popolazione assai pi
consistente rispetto a quello dei paesi
industrializzati, spesso in fase di stagnazione o
decremento demogra co. Le condizioni sono
pertanto favorevoli per determinare uno
spostamento di massa dai paesi poveri a quelli
ricchi, è importante però creare delle norme in
tema di immigrazione, perché altrimenti il
fenomeno rischia di destabilizzare molto il
paese d’arrivo.

Inoltre la migrazione è un fenomeno in forte


crescita:

- 1960: circa 75 milioni di migranti nel mondo

- 2000: circa 175 milioni di migranti nel mondo

- 2010: circa 200 milioni di migranti nel mondo

- 2015: circa 244 milioni di migranti nel mondo

- 2019: circa 272 milioni di migranti nel mondo

Secondo le Nazioni Unite il continente che


ospita il maggior numero di migranti l’Europa
(circa 82 milioni).

Dal secondo dopoguerra si infatti trasformata


da area di emigrazione in area di immigrazione,
e a partire dalla ne degli anni Ottanta del
secolo scorso la stessa sorte toccata al
nostro Paese; si trattato di un cambiamento
repentino e inaspettato per il quale l’Italia non
era pronta soprattutto a livello legislativo, non
abbiamo avuto una struttura normativa
adeguata, ed è mancato anche il
coordinamento sia con gli altri paesi di
accoglienza sia con quelli che generano i
ussi.

Riguardo al genere oggi c’è un certo equilibro:


circa la metà dei migranti è costituita da
donne, ciò dipende essenzialmente dai
cambiamenti del mercato del lavoro, indotte a
loro volta dai cambiamenti nella composizione
del lavoro. Ad esempio l’invecchiamento della
popolazione ha stimolato una sempre
maggiore richiesta di personale in grado di
accudire gli anziani (o badanti) e
conseguentemente una domanda di donne
disposte a farlo. Si tratta infatti di un ruolo che,
per lo meno no a pochi anni fa, stato
appannaggio quasi esclusivo della
componente migratoria femminile.

Immigrazione e mercato del lavoro


Nella maggior parte dei paesi sviluppati i
migranti svolgono lavori che la popolazione
nativa non desidera pi svolgere (camerieri,
muratori, etc.), un’eccezione rappresentata
dagli indiani che negli Stati Uniti molto spesso
sono occupati in lavori altamente specializzati.

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Nella maggior parte dei paesi sviluppati i
migranti rappresentano una percentuale di
lavoratori che oscilla tra il 10% e il 15%; vi
sono poi alcune eccezioni come il
Lussemburgo in cui gli immigrati
rappresentano il 45% degli occupati.

In alcuni settori economici i migranti sono


divenuti necessari e lo saranno sempre di pi
anche a causa del citato invecchiamento
demogra co, in molte realt essi sono ormai
divenuti indispensabili non solo per il
contributo che danno al mercato del lavoro, ma
anche per la crescita numerica in quei paesi
caratterizzati da un evidente declino
demogra co, come ad esempio l’Italia (in Italia
il tasso di fertilità delle donne Italiane è circa
1,25, mentre quello delle donne straniere
ammonta a 1,8).

LINGUE
Nel mondo si pensa che ci siano circa 6/7000
lingue, in un range che va da 3000 a 12000.

A nch all’interno di uno Stato la popolazione


si senta coesa e si riconosca come Nazione
sono necessari alcuni elementi distintivi e di
coesione, solo in questo modo i diversi gruppi
si possano distinguere da altri gruppi consimili.
Alcuni di questi elementi distintivi sono la
consistenza numerica (decine di milioni),
vivere in un territorio percepito come
proprio, ovvero come terra d’origine o patria e
una lingua comune. Mentre tra gli elementi di
coesione più comuni troviamo il senso di
appartenenza, la cultura i costumi e le
tradizioni comuni, la religione, le origini
comuni e la storia condivisa.
La lingua un elemento fondamentale della
cultura sia locale sia nazionale:
l’interconnessione e l’interazione tra chi vive in
una stessa regione o in diverse regioni del
mondo dipende in buona parte dalla capacit
di comunicare. Nonostante ciò spesso
l’importanza del linguaggio viene data per
scontata, anche perché oggi il linguaggio si è
un po’ appiattito, ad esempio i giovani spesso
usano un linguaggio molto più diretto rispetto a
quello usato dalle generazioni precedenti, ciò
signi ca che il linguaggio è in continua
evoluzione.

I fattori socio-culturali, legati alla cultura


materiale, possono in uire moltissimo
sull’utilizzo e sullo sviluppo di una lingua, ad
esempio alcune culture devono inserire
all’interno del proprio vocabolario parole che
esprimono concetti che non erano per propri
di una determinata tradizione ( ad esempio il
termine “forchetta” in Giappone non era
presente, lo hanno inserito dopo che c’è stata

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una contaminazione culturale, oppure sempre
parlando di posate, a tavola nei paesi orientali
non si trova mai il coltello, questo perché
l’alimentazione è diversa, quindi non avevano il
termine “coltello”).

In alcuni casi l’assenza di una parola speci ca


per esprimere un concetto in una lingua pu
indurre ad utilizzare delle perifrasi.

Volendo suddividere il mondo in aree o regioni


culturali diverse tra loro, l’indicatore pi
semplice ed e cace quello delle lingue:
quando due o pi persone parlano la stessa
lingua si innesca un processo di
comunicazione fondato sul fatto che i parlanti
sanno quali signi cati attribuire alle parole e
utilizzarle per costruire concetti complessi.

Ogni lingua presenta al suo interno delle


varianti geogra che o sociali detti dialetti.

Lingue e dialetti
Le lingue in genere sono dei dialetti che si
sono imposti sugli altri in un’area pi vasta, per
motivi:

- letterari: avere una forma scritta e una


letteratura;

- sociali: adozione dal parte delle classi colte;

- politici: diventare la lingua u ciale di uno


Stato;

Alcuni dialetti dal punto strettamente


linguistico sono considerati tali solo perch
parlati in aree ristrette, mentre hanno caratteri
di erenziali che li potrebbero far considerare
come vere lingue

In altri casi vi sono lingue assai simili tra loro


(ad esempio il serbo e il croato) e i loro parlati
si capiscono quasi perfettamente, ci
nonostante costituiscono lingue di erenti in
quanto gli stati di appartenenza sono due
diversi.

Le lingue possono essere anche distinte in


naturali e arti ciali:

- Le lingue naturali sono nate e si sono


evolute nel corso della storia delle comunit
umane

- Le lingue arti ciali invece sono state


inventante intenzionalmente dall’uomo per la
comunicazione internazionale o nazionale.

Alcune lingue arti ciali sono nate con il


proposito di creare una lingua universale che
potesse essere compresa e parlata in tutto il
mondo, come il caso dell’esperanto: il fatto
che l’esperanto non si sia imposto come lingua
dell’umanit una prova di come i linguaggi
non possano essere facilmente separati dalle
culture, infatti potrebbe esservi un linguaggio
universale solo a fronte di una cultura
universale.

L’esperanto è una lingua elaborata alla ne


dell’Ottocento dal lavoro di un oculista polacco
di origine ebraica, il dottor Zamenhof, l’idea di
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base dell’autore era quella di un idioma
universale che facilitasse la comunicazione e
appianasse le incomprensioni tra gli uomini. Il
nome deriva dallo pseudonimo di Zamenhof
che amava de nirsi doktor esperanto, ovvero
«dottor speranzoso».

L’esperanto dest notevole interesse e nel


periodo tra le due guerre molti paesi ne
caldeggiarono l’idea attraverso l’istituzione di
apposite societ , questo fu per anche il
motivo per il quale la lingua rimase circoscritta.
All’interno dei movimenti che caldeggiavano
l’esperanto nacquero anche nuovi progetti di
lingue internazionali (latino sine exione,
occidental, novial, interglossa, interlingua, etc.)

Lingua franca e Pidgin


Il termine lingua franca deriva da «franchi»,
vocabolo con il quale nel mondo arabo erano
genericamente identi cati gli europee.

La lingua franca pu essere una sola lingua o


una mescolanza di pi lingue (pidgin).

La conversazione tra pi lingue di erenti


produce una combinazione di lingue che crea
un idioma fortemente sempli cato (nella
struttura e nel lessico) detto pidgin.

La stessa parola pidgin nasce in Cina dalla


pronuncia errata del vocabolo inglese
business, ci ne sottolinea la spiccata funzione
commerciale. Si tratta di lingue spesso
destinate ad avere una durata breve, infatti
tendono a scomparire quando vengono meno
le motivazioni che le hanno generate, oppure si
possono trasformare in lingue creole.

La prima lingua franca ampiamente usata fu un


pidgin. Nel XIII secolo le varie lingue parlate dai
naviganti nel bacino Mediterraneo erano il
portoghese, lo spagnolo, il francese, l’italiano
ed il greco mentre i mercanti arabi e turchi non
parlavano queste lingue. Ebbe cos origine un
processo di convergenza in cui le lingue
europee si mescolarono all’arabo, dando
origine a un idioma convenzionale in uso tra i
mercanti di quell’area.

Oggi il termine lingua franca ancora in uso


per intendere un idioma comune per gli scambi
commerciali (inglese), durante l’espansione
dell’islam, l’arabo divenne lingua franca, cos
come per molte aree nel periodo coloniale lo fu
l’inglese.

Una lingua franca oggi ampiamente utilizzata


lo swahili, idioma dell’Africa orientale. Si
sviluppata da una «mescolanza» tra la lingua
africana bantu, il persiano e l’arabo. E’
caratterizzato da un lessico ed una struttura
complessa. Nonostante siano molti coloro che
utilizzano come prima lingua lo swahili, lo
swahili continua ad essere un idioma locale.

Quando la lingua pidgin diventa la prima lingua


appresa dai bambini diventa lingua creola,
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sviluppa una struttura e un lessico complessi,
diventando lingua nativa.

La prima lingua creola venne utilizzata nei


Caraibi e si gener dal connubio tra inglese,
francese, portoghese e le lingue degli schiavi
africani. Nelle Filippine, una delle lingue u ciali
deriva dalla lingua creola Tagalog ed parlata
da 30 milioni di persone.

Il termine lingua creola si riferisce a tutti gli


idiomi di origine europea in America, Asia e
Africa, che in comune avevano l’esigenza di
comunicazione tra persone di origine diversa.

Lingue minoritarie
le lingue minoritarie sono lingue
tradizionalmente usate all’interno di un dato
territorio di una nazione, da cittadini che
formano un gruppo numericamente meno
numeroso del resto della popolazione che
parla lingue di erenti da quella u ciale dello
stato. Non includono n i dialetti delle lingue
u ciali, n le lingue parlate dai migranti».

Di usione delle lingue


La propagazione linguistica (di usione nello
spazio), pu avvenire in molti modi:

- per migrazione;

- per espansione, se la lingua viene adottata


da soggetti che ne parlano un’ altra;

- per di usione gerarchica, quando


l’adozione avviene prima presso le lite, per
poi propagarsi alle classi pi basse, in uno
stesso ambito spaziale, o prima nei centri
urbani, poi nelle periferie e campagne
(esempio per ambedue i casi: lingue coloniali
in Africa);

Se si prova a raggruppare le lingue in


categorie costruite in base al numero di
parlanti, ci si accorge che vi sono moltissime
lingue parlate da un numero esiguo di persone,
mentre sono assai poco numerose quelle che
possono essere considerate lingue di grande
di usione.

La grande di usione di queste lingue un


evento abbastanza recente, imputabile a fatti
storici, ma in qualche misura anche
all’incremento della popolazione;

Le famiglie linguistiche
Le popolazioni e le lingue si sono irradiate
parallelamente attraverso una serie di
migrazioni della nostra specie (Cavalli-Sforza).
Hanno avuto origine dall’Africa orientale e
hanno portato al popolamento del pianeta.

L’espressione “famiglie linguistiche” esprime il


fatto che molte lingue condividono una lontana
origine storica comune, al punto che si
possono individuare novanta famiglie
linguistiche delle quali le sei maggiori

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comprendono la maggior parte dei parlanti al
mondo.

Quasi la met degli abitanti della terra parla


una lingua che appartiene alla famiglia indo-
europea, della quale fanno parte sei delle nove
lingue pi di use al mondo.

Le lingue indo-europee, suddivise in diversi


gruppi, rappresentano la famiglia linguistica
con il maggior numero di parlanti: uno dei
gruppi pi importanti quello delle lingue
romanze, derivante dal latino, una lingua italica
che inizi ad essere parlata dagli abitanti di
Roma nel VI secolo a.C.

La crescita e l’espansione dell’impero romano


in gran parte dell’Europa meridionale e
occidentale svolsero un ruolo fondamentale
nella di usione della lingua latina.

Si ritiene che la famiglia delle lingue indo-


europee abbia avuto origine nell’area a nord
del Mar Nero e del Mar Caspio, oppure in
Anatolia, intorno al 5.000 a.C. ed anche se
probabilmente la Turchia la terra di origine o
comunque di prima di usione delle lingue
indo-europee, il turco non appartiene a questa
famiglia: il turco venne introdotto dai
Selgiuchidi che nell’XI secolo espansero il
proprio impero in Asia centrale verso l’Anatolia
e introdussero una lingua della famiglia altaica
dalla quale deriva il turco.

La lingua latina allora si suddivideva in:

- Latino classico con una forma scritta


standardizzata;

- Latino volgare, non standardizzato parlato


dalla gente comune;

Il latino volgare, in mancanza di regole scritte,


veniva parlato in modo diverso in ogni regione
dell’impero, ci port alla nascita di numerosi
dialetti che, nel corso del tempo, divennero le
diverse lingue romanze;

I dialetti italiani
I dialetti sono idiomi derivati da altri,
generalmente simili, che in un certo momento
della storia si sono imposti come lingue sovra-
regionali, di regola nazionali. in Italia stato
scelto il toscano, era stato usato come lingua
letteraria gi nel medioevo da autori come
Dante, Petrarca e Boccaccio.

L’italiano lingua u ciale in Italia, a San


Marino, in Svizzera e in Vaticano, è anche una
delle lingue u ciali dell’Unione Europea;

Il 44% degli italiani parla esclusivamente


italiano, il 51% lo alterna con un dialetto, il 5%
parla esclusivamente un dialetto o fa parte
delle minoranze linguistiche.

I toponimi
La toponomastica è l’in uenza della lingua sul
rapporto tra uomo e territorio ed evidenziata
dai toponimi, nomi di luogo che testimoniano
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la presenza di determinate popolazioni
insediate in un territorio;

L’attribuzione di un nome a una parte della


super cie terrestre l’espressione di una
cultura e insieme un prodotto sociale, che
identi cando i singoli luoghi permette alla
collettivit di individuarli e di costruire una
geogra a simbolica del proprio territorio.

La scelta dei toponimi esprime in modo chiaro


il senso di appartenenza di un gruppo nei suoi
confronti.

I toponimi tendono a sopravvivere, seppure


modi cati, alle lingue che li hanno originati.
Negli USA, ad esempio, molti toponimi sono di
origine francese, sebbene tale lingua sia
pressoch scomparsa in tale Stato, mentre in
Italia sopravvivono toponimi delle lingue
soppiantate dal latino.

RELIGIONI
Le religioni sono sistemi di idee, di regole e di
pratiche, normalmente organizzati in strutture
di servizio e di potere, che rispondono
all’esigenza delle persone di dare un senso al
mondo e al proprio ruolo al suo interno,
solitamente attraverso la devozione nei
confronti di una o pi entit che si pongono al
di l della nostra esperienza del mondo
sensibile. Le religioni o rono spiegazioni circa
l’origine del mondo, o «cosmogonia», inoltre
hanno importanti implicazioni per quanto
riguarda i codici di comportamento, la morale e
l’etica in quanto o rono ai propri fedeli verit
assolute e valori non negoziabili.

In alcuni casi le pratiche devozionali e le regole


di comportamento assumono un valore
prevalentemente sociale e possono essere
separate dal credo religioso, dando origine al
fenomeno degli «atei devoti», che fanno della
religione uno strumento di credo politico, in
questo caso la religione diventa uno
strumento. In italia la religione ha un ruolo
importante a livello politico, questo dipende
dalla presenza dello stato Vaticano.

Luoghi sacri e paesaggio


Un luogo sacro un luogo a cui viene attribuito
un signi cato religioso e che per questo,
merita, agli occhi dei fedeli, devozione e
rispetto. I luoghi sacri solitamente sono le
destinazioni di viaggi, i pellegrinaggi. Nella
maggior parte dei casi sono viaggi compiuti dai
fedeli volontariamente, non invece un’azione
volontaria quella dell’haji, cioè il
pellegrinaggio alla Mecca previsto dalla
religione musulmana (in realtà non è proprio
obbligatorio, se non ci sono tutte le condizioni
necessarie per realizzare questo viaggio ciò
non pregiudica la buona condotta del fedele).

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I luoghi sacri si distinguono in principali e
secondari in base al grado di sacralit che ad
essi viene attribuito, al numero di pellegrini, e
all’estensione della loro provenienza, ad
esempio il santuario di Madonna della Guardia
è un pellegrinaggio di tipo secondario, ma la
visita alla Madonna della Guardia non ha più
un signi cato solo religioso, infatti viene
visitato anche per motivi turistici, data la
posizione geogra ca, è nel verde, ci sono dei
ristoranti, etc./allo stesso modo il cammino di
Santiago de Compostela viene visitato e
percorso anche per motivi turistici.

Un’altra dimostrazione dell’uso turistico dei


luoghi di culto è Santa So a, a Istanbul, che fu
dapprima chiesa per 916 anni, poi moschea
per 482, poi venne sconsacrata per ordine di
Atatürk, e in ne oggi è un museo. Anche la
visita a Gerusalemme oggi non è solo motivata
da ragioni di culto, infatti è diventata una meta
turistica per tutto il patrimonio storico e
turistico presente in città.

I luoghi religiosi di culto possono essere


tradizionali o meno:

nel caso della religione cristiana i luoghi


tradizionali sono:

- Roma

- Terra Santa

- tutte le localit Mariane (Lourdes, Santiago


de Compostela, S. Giovanni Rotondo,
Loreto)

Mentre ci sono luoghi non tradizionali ma legati


a personalit come

- l’Argentina per Papa Francesco

- la Polonia per Papa Giovanni Paolo II

- la Baviera di Benedetto XVI e

- la Turchia di S. Paolo

La religione nel corso dei secoli ha anche


avuto come destinazione i cosiddetti luoghi
“sostitutivi” come i monti sacri soprattutto in
Piemonte e in Lombardia che, a partire dal
1400 a seguito dell’instabilit politica europea,
diventano una destinazione sostitutiva della
Terra Santa.

Come si dividono le religioni


- Monoteistiche: venerano un solo dio o una
sola divinit

- Politeistiche: venerano pi di una divinit

- Animiste: fedi religiose che credono nella


presenza di divinit ed entit spirituali e nelle
manifestazioni della natura. Tra le religioni
animiste si ricordano quelle degli aborigeni
australiani e di molte popolazioni dette
«primitive» che uniscono la venerazione per
entit spirituali o divine a quella per gli
elementi naturali, come rocce, montagne,
alberi o umi, facendo dell’ambiente un vero
e proprio regno spirituale;

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- Sincretiche: basate sulla mescolanza di
credi e pratiche religiose dovute al contatto
tra fedi diverse in una certa area, come nel
caso della fusione tra la tradizione africana e
il cattolicesimo, che ha generato le religioni
sincretiche della «Santeria», a Cuba, e del
«Candombl », in Brasile, in seguito alla
tratta degli schiavi;

Possiamo anche dividere le religioni in


universali e etiche:

- Universali: Cristianesimo, Islam,


Buddhismo, Sikhismo – sono caratterizzate
per la presenza di un fondatore, che
rappresenta un riferimento spirituale per i
fedeli;

- Etiche: Ebraismo (odierno), Induismo,


Scintoismo e molte religioni indigene – sono
caratterizzate da una appartenenza
determinata per nascita, tanto che
raramente esse usano dei missionari per
di ondere il proprio credo e aumentare il
numero di fedeli;

Le religioni abramitiche e vediche


- Vengono de nite «abramitiche» l’Ebraismo, il
Cristianesimo e l’Islam, per l’importanza, pur
con molte di erenze, che attribuiscono ad
Abramo, che si pensa sia vissuto in Medio
Oriente nel XIX secolo a.C.;

- Vengono de nite «vediche» Buddhismo e


Induismo, in rifermento ai Veda, i pi antichi
testi sacri indiani, che a partire dal 2000 a.C.
hanno in uenzato la nascita dell’Induismo,
dal quale poi derivato il Buddhismo;

Il Sikhismo non appartiene a nessuno dei due


gruppi anche se ha tratto ispirazione dall’Islam
de all’Induismo.

Dati sulle religioni

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La di usione globale del cristianesimo il
frutto delle conquiste europee, del
colonialismo e dell’azione dei missionari, che
continua ancora oggi.

- Anche se comunemente il Medio Oriente


viene identi cato con la religione islamica, il
40% dei musulmani vive in quattro stati
dell’Asia Meridionale: Indonesia, Pakistan,
India e Bangladesh.

- In India la religione principale l’Induismo,


ma nel paese vive un numero di musulmani
doppio rispetto a quelli presenti in Egitto.

- Il Buddhismo invece largamente di uso in


Asia Orientale, spesso mescolandosi con
altre tradizioni religiose e dando vita a un
sistema che alcuni studiosi classi cano
come etico e religione civile.

Ebraismo
• Oltre 13 milioni di ebrei: la maggior parte
distribuiti tra Stati Uniti ed Israele, circa 5
milioni di fedeli a testa. Solo in Israele
rappresentano la maggioranza.

• Religione monoteista, originaria della regione


mediorientale riconosce in Abramo il proprio
profeta.

• La Torah, una delle sacre scritture ebraiche,


descrive due degli episodi pi importanti
della tradizione ebraica: la fuga di tutta la
popolazione dalla schiavit in Egitto, guidata
da Mos , e l’accordo tra Dio e Abramo,
secondo il quale gli ebrei sarebbero il popolo
prescelto a custodire e a mettere in atto la
legge di Dio.

• La religione ebraica non interessata al


proselitismo attivo e non incoraggia, anche
se non esclude del tutto le conversioni.

Cristianesimo
• Religione pi di usa al mondo con oltre 2,3
miliardi di fedeli, si basa sulla tradizione
contenuta nei libri sacri del Vecchio
Testamento (in comune con gli ebrei) e nei
quattro Vangeli che raccontano la vita e gli
insegnamento di Ges e degli Atti degli
apostoli, i primi seguaci di Ges .

• Il cristianesimo nella sua storia ha vissuto


molte divisioni interne, cominciate tra il
cristianesimo occidentale e orientale, a
seguito della sua di usione in Europa:

1) Cattolicesimo romano: ha il suo centro a


Roma e riconosce l’autorit del Papa;

2) Cristianesimo ortodosso: Costantinopoli


era la sua citt di riferimento, suddividendosi
successivamente in 15 chiese indipendenti
quali, tra le altre: chiesa ortodossa greca,
chiesa ortodossa russa;

• La spaccatura pi importante avvenne nel


XVI secolo, in seguito alla Riforma

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Protestante che ri ut alcuni dogmi e alcune
pratiche del Cattolicesimo;

• Cattolicesimo, Protestantesimo e Chiesa


Ortodossa raccolgono circa l’80% dei
seguaci anche se la di usione delle chiese
minori sta diventando una questione sempre
più rilevante.

Islam
• Dopo quella Cristiana la seconda religione
pi di usa al mondo, nonch quella che cresce
a maggior velocit .

• Dal punto di vista geogra co l’Islam la


religione dominante in un’area che si estende
dal Nord Africa, attraverso il Medio Oriente no
all’Asia Meridionale.

• Maometto, nato intorno al 570 d.C. a La


Mecca , il fondatore. Durante le proprie
meditazioni avrebbe ricevuto pi volte
rivelazioni direttamente da Dio (chiamato Allah
dai musulmani).

• Il Corano il libro sacro per i musulmani;


esso contiene le rivelazioni fatte da Allah a
Maometto. Per i musulmani la fede molto
importante e deve venire espressa tramite
azioni.

• Gli islamici si dividono in sunniti e sciiti: I


sunniti rappresentano l’orientamento pi
numeroso e geogra camente di uso (circa
l’80%). Per i sunniti il successore di
Maometto poteva essere eletto. Per gli sciiti
(circa il 15%) gli unici successori legittimi di
Maometto sono Al (quarto cali o dell’islam)
e i suoi discendenti imam. Gli sciiti
rappresentano la maggioranza della
popolazione di 4 stati: Iran, Iraq, Azerbaigian
e Bahrein, mentre il restante 5% appartiene a
correnti minoritarie. Dal punto di vista
dottrinale, la principali di erenza tra sunniti e
sciiti consiste nel fatto che questi ultimi
aggiungono alle cinque verit fondamentali
una sesta: la gura dell’imam, cui si
riconosce l’autorit assoluta perch custode
diretto del sapere di Maometto.

• I cinque pilastri sono: la professione di fede,


la preghiera rituale che deve essere
esercitata cinque volte al girono rivolti verso
la Mecca, l’elemosina sociale e puri catrice,
il digiuno nel mese di ramadan, il
pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta
nella vita.

Induismo
• Gli induisti nel mondo sono circa 900 milioni;
si tratta della religione etica pi grande nel
mondo ed di usa soprattutto in India e nel Sud
dell’Asia.

• L’induismo non ha un fondatore, non forma


una chiesa e non ha una autorit centrale,

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storicamente si rif ai testi sacri
dell’antichissima tradizione, Veda.

• Racchiude convinzioni e pratiche religiose


molto diverse, ma esistono dei tratti comuni
che permettono di identi carlo come una
religione unitaria.

• Ha una visione ciclica dell’esistenza ed


contraddistinta dalla fede in un’anima
immortale, soggetta ad un ciclo di
reincarnazioni causa di grandi so erenze
spirituali ed controllata dal karma, l’azione
mentale e sica che modi ca noi stessi e ha
e etto sul resto del mondo. L’obiettivo
quello di raggiungere il moksha, ovvero la
liberazione dal ciclo di nascite e morti,
rappresentato come uno stato di completa
libert o felicit .

Buddhismo
• La religione buddhista legata alle culture
dell’Asia Orientale e Sud-Orientale ed la
religione di stati come Cina, Giappone, Hong
Kong, Taiwan e Singapore, dove si mescola
con altre tradizioni, quali ad esempio il
confucianesimo.

• Il fondatore del buddhismo Siddhartha


Guatama (vissuto nel VI secolo a.C.), un
principe induista, che durante la meditazione
venne raggiunto dall’illuminazione in seguito
alla quale divenne Buddha (illuminato).

• Per i buddhisti la so erenza dovuta al ciclo


delle reincarnazioni alle quali tutti siamo
obbligati e da cui necessario sottrarsi,
raggiungendo il nirvana attraverso gli
insegnamenti di Buddha.

STATO E NAZIONE
Gli elementi costitutivi dello stato sono: il
popolo, il territorio e il potere politico
sovrano.

C’è una forte di erenza tra popolo e


popolazione:

Popolo: esprime una collettivit di persone.


Dal pinto di vista giuridico il termine fa
riferimento al complesso di persone che, in
base al diritto positivo di uno Stato, risultano
essere cittadini dello Stato medesimo, sia che
vivano all’interno dei suoi con ni sia che
risiedano all’estero;

Popolazione: esprime un concetto aritmetico


che serve a designare la massa di individui
viventi in un dato momento in uno Stato,
indipendentemente da ogni rapporto etico,
politico o giuridico che tra essi intercorre (ad
esempio il censimento stabilisce quanti
individui sia cittadini, sia stranieri, sia apolidi si
trovino in un dato momento in uno Stato);

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Territorio
Quando si parla di territorio si fa riferimento
anche a:

- Soprassuolo
- Sottosuolo
- Mare Territoriale
L’estensione del Territorio dal punto di vista
della costituzione dello Stato irrilevante, la
grandezza non incide. L’estensione invece
rilevante se si considerano il pro lo geogra co
o politico: l’espansione o l’arretramento dei
con ni pu infatti causare problemi di capitale
importanza. Quindi l’esistenza dello stato non
è vincolata alla sua grandezza, ma la
grandezza può essere correlata al potere dello
stato.

Sovranità o potere sovrano

Il concetto di sovranità venne introdotto da


Jean Bodin (1529-2596) come potere assoluto
e perpetuo dello Stato. Con la Pace di Vestfalia
(1648) verranno riconosciute la parit giuridica
e la reciproca indipendenza di tutti gli Stati e si
getteranno le basi della Comunit
internazionale.

La potest dello Stato originaria e trova la


sua fonte nella stessa volont dello Stato.

La sovranit un concetto giuridico e consiste


nel potere di emanare comandi e di farli
attuare, una potest che spetta allo Stato sia
in ordine alle persone sia riguardo al territorio,
oggi sono in atto diversi tentativi volti ad
erodere la sovranit dello Stato.

Come nascono gli stati?


Gli Stati come tutte le istituzioni umane
nascono, cambiano, muoiono.oggi non
essendovi pi territori di nessuno non pi
possibile una creazione originaria di Stati ma si
possono avere soltanto formazioni derivate da:

- distacco (o secessione): una parte del


territorio costituisce il nuovo Stato. Ad
esempio Timor Est tramite distacco
dall’Indonesia o l’Eritrea a danno dell’Etiopia
nel 1999;

- disgregamento: se il vecchio Stato si


disgrega in pi Stati. Ad esempio la Ex
Jugoslavia, Ex Unione Sovietica,
Cecoslovacchia;

- fusione: se il vecchio Stato si fonde con altri


Stati e nasce un nuovo Stato distinto dal
precedente. Ad esempio Tanganika con
Zanzibar da cui nel 1964 nacque la Tanzania;

- incorporazione: quando uno Stato viene


incorporato in un altro. Lo Stato incorporato
si ingrandisce, l’altro si estingue. Ad
esempio Germania Est a Germania Ovest,

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Yemen del Sud nello Yemen del Nord
riuni catisi anch’essi nello Yemen (1990);

Ci sono stati predisposti per andare incontro a


modi che, questi stati sono tutti quelli che
presentano situazioni instabili a livello sociale e
politico (molti stati dell’Africa).

Dimensione degli stati

Le dimensioni variano enormemente, gli Stati


possono essere:

- Giganteschi: Russia (17 MM kmq), Canada


(9,9 MM kmq), Cina (9,7 MM kmq), USA (9,3
MM kmq), Brasile (8,5 MM kmq), Australia
(7,7 MM kmq)

- Minimi: una trentina (San Marino, Vaticano,


Lichtenstein, Andorra…);

Le dimensioni di uno Stato non sono


necessariamente importanti, ad esempio non
sempre un grande paese ha una dotazione di
risorse proporzionata alle proprie dimensioni.

La posizione, le caratteristiche siche e la


forma di uno Stato accrescono o riducono il
valore delle dimensioni, grandi o piccole che
siano;

La popolazione di una regione pu essere


bene o mal distribuita, etnicamente omogenea
o eterogenea, indipendentemente dalle
dimensioni.

Se lo Stato aumenta le proprie dimensioni e si


scollega dal nucleo centrale diventa vulnerabile
e rappresenta un problema (Sudan, India).

Forma degli stati


È l’altra caratteristica morfologica che insieme
alla dimensione pu in uire sul funzionamento
e sul comportamento internazionale dello
Stato.

La forma degli Stati non condiziona la vista


dell’osservatore, ma pu avere e etti sulle
popolazioni

Gli Stati possono essere:

- Allungati: Si dice allungato uno Stato


almeno sei volte la sua larghezza, il Cile ne
un ottimo esempio. A questa categoria
appartengono anche come l’Italia, la
Norvegia, la Svezia, il Gambia e Panama. La
lunghezza pu comportare un certa
divisione interna, ad esempio la divisione tra
Nord e Sud permea tutta la vita italiana e
pu essere messa in relazione con la diversa
esposizione delle due regioni agli sviluppi
culturali e sociali europei (anche le
caratteristiche siche accentuano le
di erenze). Il Cile si divide tra tre di erenti
regioni climatiche: il Centro di tipo
mediterraneo, il Sud di tipo oceanico
occidentale e il Nord desertico. La capitale
nel Centro e gli e etti della distanza sono
notevoli a Nord con il con ne del Per e
della la Bolivia a Sud con la Terra del Fuoco.
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- Compatti: sono stati che hanno una forma
pi o meno quadrata o rotondeggiante:
Uruguay, Belgio, Polonia, Zimbabwe e
Cambogia ne sono un esempio. Anche in
questo caso sono possibili delle
generalizzazioni. Siccome tutti i punti del
con ne di uno Stato compatto si trovano alla
stessa distanza a livello teorico i vantaggi
sono numerosi: La linea di con ne la pi
breve possibile / Le comunicazioni sono pi
agevoli che in qualsiasi altro stato perch
non vi sono penisole e/o rientranze / Il
controllo del territorio dovrebbe essere pi
facile. Bisogna per tenere conto che la
capitale pu essere localizzata lontana dal
centro cos come anche le regioni pi
produttive. In ne anche lo Stato compatto
come quello allungato pu trovarsi in una
zona di transizione climatica e/o climatica e
quindi presentare divisioni interne.
- Frammentati: Gli Stati che consistono di
due o pi parti separate da terre (polimerici),
come il Pakistan, o da acque internazionali.
Come conseguenza i contatti tra la
popolazione dei due diversi settori sono pi
di cili che negli Stati contigui e il senso
dell’unit necessario per forgiare una
nazione, pu svilupparsi molto lentamente,
la capitale inoltre sar collocata per forza in
una delle due parti, ed anche il controllo
potr essere pi attenuato come avviene in
Indonesia. Un esempio di Stato polimerico
era il Pakistan, in questo caso la
frammentazione si risolta in secessione: da
una parte il Pakistan attuale dall’altra il
Bangladesh;
- Articolati: Stati che presentano estensioni
territoriali sotto forma di penisole e cunei
(becchi d’anatra) che si distaccano dal
corpo centrale.

Gli Stati di questo tipo possono avere grossi
problemi interni perch spesso l’appendice
la parte pi importante dello Stato o la pi
di cile da amministrare.

Il migliore esempio la Repubblica
Democratica del Congo che consiste di un
corpo compatto e due cunei, entrambi
importanti per la vita del paese. La capitale,
Kinshasa, si trova in quello occidentale, che
rappresenta un corridoio verso l’Oceano
grazie al porto di Matadi. La regione pi
ricca di risorse invece quella situata
nell’appendice di Sud-Est (Katanga oggi
divisa in 4 province). Fra queste due regioni
si estende il bacino del Congo, che per molti
punti di vista per lo Stato rappresenta pi
una passivit che una ricchezza.
- Perforati: Stati che contengono al loro
interno altri Stati, che quindi non possono
comunicare con l’esterno senza attraversare
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il territorio o lo spazio aereo dello stato
contenitore. Un esempio lo Stato di San
Marino che perfora l’Italia, ma ha poca
importanza politica, maggior peso ha invece
il Lesotho (1,500,000 abitanti e super cie di
oltre 30,000 kmq) che perfora il Sudafrica.

Exclave ed enclave
Esistenza di piccole sacche territoriali
appartenenti ad altri Stati. Solitamente sono
molto piccole e non ha senso parlare di stati
perforati (al max 12 kmq).

Queste sacche si chiamano enclave se riferite


allo Stato ospitante, exclave se riferite allo
Stato di appartenenza, e la loro sopravvivenza
dipende dalla madrepatria.

Le exclaves sono possono essere classi cate


in relazione al livello di separazione dalla
madrepatria:

- normali quando sono completamente


circondate dal territorio di uno Stato estero,
ad es. Campione, exclave italiana in
Svizzera;

- Pene-exclaves piccoli cunei di territorio


collegati da tratti impervi;

- Exclaves-virtuali, quelle temporanee che


risultano dalla frammentazione dello Stato in
seguito ad armistizio, le zone di occupazione
o quelle smilitarizzate possono diventare
exclaves-virtuali;

Quanti stati ci sono?


Oggi si contano 208 stati, e di questi 196 sono
stati sovrani a livello internazionale.

- 193 sono membri ONU, 2 sono osservatori


permanenti -Citt del Vaticano (intrattiene
rapporti internazionali con 180 paesi) e Stato
di Palestina (riconosciuto da 120 paesi)- e
Taiwan ex ONU (riconosciuto da 21 stati
ONU + Vaticano);

- 10 vantano una sovranit territoriale ma non


sono riconosciuti dagli altri Stati sovrani;

- 2 stati in libera associazione con la Nuova


Zelanda, come l’isola di Niue;


Vi sono anche i territori dipendenti, privi del


requisito della sovranit , si tratta in prevalenza
di entit per le quali il processo di
decolonizzazione previsto dalla Carta delle
Nazioni Unite non ancora stato compiuto:

- Per volere dello stesso popolo cui


indirizzato (Samoa Americane, Isole
Bermuda, Isole Tokelau);

- Per resistenza - nella maggior parte dei casi-


pi o meno palese dello Stato
amministratore (Isole di Guam da parte degli
Stati Uniti, Nuova Caledonia da parte delle
Francia);

Solitamente si tratta di territori di dimensioni


non eccessive ma popolati da un discreto
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numero di persone. Fanno eccezione il Sahara
e la Groenlandia (nazione in seno al regno di
Danimarca, geogra camente appartiene al
territorio americano, aree comunque di cili da
abitare per le caratteristiche geomorfologiche).

Alcuni paesi inseriti tra i non autonomi fanno


parte di un elenco stilato dalle Nazioni Uniti in
forza del quale lo Stato amministratore ha
l’obbligo di avviare il processo di
autodeterminazione previsto a nch la
popolazione locale decida liberamente del
proprio futuro, sia politico sia economico.

Quando si estingue uno stato?


Lo Stato si estingue quando viene meno uno
dei suoi elementi costitutivi, ad esempio:

- Viene distrutto il suo territorio a seguito di un


cataclisma;

- Viene distrutta la sua popolazione a seguito


di un eccidio totale o deportazione;

- Viene distrutta la sua organizzazione politica


a seguito di una perdurante anarchia (Viene
meno anche il soggetto internazionale da
esso incarnato);

Tipi di stato
In base al rapporto che si realizza tra Sovranit
(chi governa) e Popolo (chi governato) si
distinguono:

- Stati Democratici (la Sovranit appartiene


al popolo) caratterizzati da stato di diritto,
su ragio universale, elezioni libere,
pluralismo, metodo democratico;

- Stati Non Democratici.

il sentirsi Nazione
Un gruppo umano per sentirsi Nazione deve
avere una numerosit minima? Non c’
risposta.

Oggi esistono Nazioni molto numerose e molto


piccole, infatti il fattore pi critico non la
consistenza numerica quanto piuttosto se il
gruppo si consideri esso stesso una Nazione.

Il sentirsi Nazione di un gruppo pu assumere


una valenza politica, infatti pu stimolare il
desiderio del gruppo di avere uno Stato
proprio.

Pu anche accadere che un individuo si


identi chi con lo Stato in cui risiede anche
senza esservi nato, o con uno Stato diverso da
quello di cui possiede la cittadinanza.

Alla associazione del sentimento di Nazione ad


un’entit politica chiamata Stato si applica il
termine nazionalismo, in assenza di un
termine pi esatto.

Il nazionalismo può essere un sentimento


molto positivo quando incoraggia le
persone a identi carsi con un gruppo pi
grande della propria famiglia, quando fa
interessare gli individui ad occuparsi anche

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fattivamente delle vicende della societ , o
quando stimola un popolo a creare, in unione
con altre nazioni, nuove idee e istituzioni utili al
progresso dell’intera societ , ma può anche
essere un sentimento molto negativo,
quando diventa troppo forte può spingere
gruppi sempre pi piccoli a chiedere
l’autodeterminazione, contribuendo alla
frammentazione della societ invece che alla
sua uni cazione, pu diventare irredentismo,
ovvero desiderio di incorporare nello Stato
tutte le regioni che un tempo ne facevano parte
o nelle quali vivono persone che appartengono
alla propria Nazione e non al proprio Stato, pu
diventare sciovinismo, forma estrema di
nazionalismo che pu essere de nito come un
senso di superiorit sugli altri popoli e paesi,
eccessivo e bellicoso.

L’essenza di una nazione una questione di


atteggiamento, le manifestazioni tangibili della
distinzione culturale sono signi cative solo nel
grado in cui contribuiscono al senso di unicit .

Nel passato -prima delle rivoluzioni borghesi-


si dava pi rilevanza ai fattori etnoculturali,
oggi invece a quelli politico giuridici.

Stato nazionale o stato-nazione


E’ la forma ideale a cui aspira la maggior parte
degli Stati.

Uno Stato nazionale una Nazione che ha il


suo proprio Stato, uno Stato nel quale non
esistono gruppi minoritari troppo numerosi o
comunque non desiderosi di costituirsi in uno
Stato proprio o di associarsi a un altro Stato e
nemmeno di ottenere una forte autonomia
all’interno dello Stato in cui vivono. E’ inoltre
piuttosto di cile stabilire quali siano gli Stati
che possono essere considerati Stati nazionali,
occorrerebbero de nizioni esatte e
informazioni adeguate, esistono infatti molti
casi incerti. Sicuramente vi sono pochissimi
Stati nazionali tra quelli che hanno acquisito
l’indipendenza dopo la seconda guerra
mondiale.

LE CITTÀ CAPITALI
Il ruolo delle capitali
Le capitali contribuiscono notevolmente alle
de nizione dell’attivit politica di uno Stato:

Secondo Vallaux «non vi Stato senza


capitale, indispensabile organo del paese,
punto di concentrazione delle risorse, di
irraggiamento del pensiero e della volont
direttrici».

A prescindere dalle origini, le capitali sono


destinate a incarnare la natura del nucleo
centrale e a rispecchiare la ricchezza,
l’organizzazione e la potenza dello Stato.

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In alcuni casi gli Stati hanno investito cifre
ingenti per creare un’immagine della propria
potenza futura, in altri casi queste citt
diventano delle maschere per nascondere la
miseria del paese (ad esempio in alcuni paesi
dell’America Latina o in Africa - Addis Abeba
ne un ottimo esempio);

Vi sono anche Stati che per diversi motivi


hanno investito somme enormi per costruire
capitali

ex novo, ad esempio Brasilia che ha sostituito


Rio de Janeiro nel ruolo di capitale del Brasile
(in questo caso l’operazione stata fatta per
attirare l’attenzione verso l’interno).

In Pakistan invece la capitale è stata spostata


da Karachi a Islamabad perché Islamabad è
situata in una regione di frontiera, in prossimità
di un territorio che è oggetto di dispute tra
Pakistan, India e Afghanistan. In questa nuova
sede il governo in posizione strategica per
decidere la sua politica estera.

Alcune ex colonie hanno deciso si sostituire la


capitale creata o sviluppata dagli europei con
una citt pi rappresentativa della tradizione
nazionale o meglio localizzata: Eè il caso del
Malawi che ha trasferito la capitale da Zomba
a Lilongwe, che in posizione pi centrale; Il
trasferimento della capitale in posizione pi
centrale avvenuto anche a in Tanzania, da
Daer es Salam a Dodom.

Le funzioni delle capitali


Le capitali esercitano numerose funzioni, tra le
altre:

- Ospitano il Parlamento, il Governo, il Capo


dello Stato;

- Ospitano le Ambasciate estere;

- Spesso ospitano anche i quartieri generali


delle grandi aziende nazionali ed estere;

Nella maggior parte dei casi la citt capitale


anche quella pi cosmopolita.

La capitale ha anche funzione di collante in


Stati federali come il Brasile.

Quando il Paese caratterizzato da una forte


diversi cazione interna, la capitale pu essere
l’unico luogo in cui il popolo cerca un
orientamento comune.

Spesso la capitale degli Stati federali sorge in


un territorio speci co, non appartenente a
nessuno degli Stati componenti per evitare
pericoli, o anche solo sospetti di favoritismi:
l’esempio pi noto il Distretto di Columbia,
negli Stati Uniti, che ospita la Capitale
Washington.

La tipologia
Alcuni geogra parlano di capitali «naturali»
(cio sviluppatesi per forze proprie) ,
«arti ciali» (create per decisione esterna), altri
geogra sostengono invece che tutte le capitali
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sono «naturali» in quanto sono sempre il
risultato di una pressione interna al sistema. Ad
esempio, del tutto naturale che il Belize abbia
inaugurato nel 1970 una nuova capitale,
esattamente al centro del Paese, Belmopan al
posto di Belize City: la prima spinta al
trasferimento avvenne nel 1961 a seguito
dell’uragano Hattie, che distrusse Belize City.

La necessit di costruire un secondo centro


urbano e di sviluppare l’interno, a rettarono
una decisione che comunque non era stata
assolutamente arbitraria.

In molti Paesi la citt pi grande anche la


capitale, ma non sempre cos , infatti in
Pakistan la vecchia capitale quando ha perso
le funzioni politiche non ha perso il primato
rispetto alla grandezza. Anche alcuni Stati
federali come il Canada e l’Australia hanno
citt pi grandi e culturalmente pi espressive
delle capitali.

In altri Stati, come la Spagna e l’Ecuador,


nessuna citt , nemmeno la capitale domina
abbastanza il paese da poter essere de nita
come «citt primato». Mentre lo status di
capitale conferisce alla citt il potere politico,
altre citt , grazie alle dimensione, alla
ricchezza e alla concentrazione di personaggi
in uenti, possono essere altrettanto in uenti
dal punto di vista politico e anche economico.

Classi cazione delle capitali rispetto al


nucleo centrale o all’intero territorio dello
Stato
In base a questa caratteristica troviamo tre tipi
di capitale:

- Storiche: sono quelle che hanno guidato il


paese economicamente e culturalmente il
paese per secoli. Ad esempio Parigi, Atene e
Roma.

- Create: Tokyo rientra tra le capitali create


anche se era gi una grande citt prima di
diventare capitale, in realt dovrebbero
rientrare in questa categoria solo quelle
create ex novo per sostituire le capitali
esistenti. Dovrebbero svolgere nuove
funzioni oltre ad essere sede del governo.
Talvolta le capitali vengono create anche per
risolvere con itti, ad esempio in Australia
venne scelta Canberra a causa della rivalit
tra i singoli Stati;

- Divise: in alcuni Stati le funzioni della


capitale sono distribuite fra due o pi città,
spesso si pensa che ci sia dovuto pi a un
compromesso che a una vera necessit .

L’esempio pi noto quello dei Paesi Bassi

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il cui parlamento ha sede all’Aja (capitale
legislativa) e il palazzo reale ad Amsterdam
(capitale u ciale). In Bolivia la forte rivalit
fra La Paz (capitale politica) e Sucre (capitale
legislativa) all’origine della divisione delle
funzioni governative tra le due citt . In ne
anche in Sudafrica boeri e britannici si
accordarono per assegnare le funzioni
amministrative alla boera Pretoria, quello
legislativo alla britannica Citt del Capo,
quello giudiziario alla boera Bloemfontein. Ai
ni internazionali Pretoria a essere indicata
come capitale dello Stato.

La situazione dell’Unione Europea


Al momento di scegliere la capitale dell’Unione
Europea non sono mancati i contrasti. In
questo caso la divisione delle funzioni tra
Lussemburgo (che ospita il Segretariato del
Parlamento europeo), Strasburgo (sede del
Parlamento Europeo) e Bruxelles (che ospita
la Commissione, il Consiglio e il Consiglio
europeo) stata una soluzione di
compromesso.

CONFINI
De nizione di con ne
I territori degli Stati sono separati da con ni
internazionali.

Il con ne costituito da una serie di punti uniti


da segmenti di retta, ma non soltanto una
linea ideale tracciata sul terreno, anche un
piano verticale che taglia entro limiti ben
de niti il sottosuolo no al centro della terra e
lo spazio aereo sino ad una certa quota.

I con ni che vediamo sulle carte rappresentano


l’intersezione di questo piano con la super cie
terrestre.

Il con ne indica un limite comune, una


separazione tra spazi contigui: stabilisce in via
paci ca il diritto di propriet . E’ la
materializzazione dei limiti dello Stato, la sua
articolazione si basa su accordi internazionali
che ne impediscono i cambiamenti unilaterali.

Il concetto di con ne è di erente dal


concetto di frontiera: a seconda dei luoghi e
dei tempi pu assumere ruoli ben diversi. Il
termine frontiera racchiude nella loro
etimologia l’idea di stare di fronte: a di erenza
del con ne la frontiera lascia intendere un’idea
di mobilit , un qualcosa in costante
trasformazione. La frontiera una realt
geogra co-storica, economico-sociale di una
fascia territoriale, mentre il con ne
un’astrazione politica che si materializza sul
terreno per scopi pratici.

Il fronte non disegna una linea, ma de nisce


una fascia pi o meno amplia in base ai
rapporti che intercorrono tra una parte e l’altra.
La frontiera un qualcosa in continua
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evoluzione, instabile. Il con ne una linea
sicura e stabile a meno che non si modi chino
le condizioni che lo hanno determinato. Separa
due entit in maniera netta, la frontiera con le
sue frange, grandi e piccole, crea spazi che il
con ne tende a ridurre al minimo.

La terra di nessuno
La terra di nessuno un qualcosa che sta tra i
margini di due paesi, tra due di erenti realt .

Si tratta di una fascia marginale per lo pi


disabitata e inutilizzata, che non viene
reclamata o controllata n dall’una n dall’altra.

Nella terra di nessuno le prassi stabilite dallo


studio scienti co dei con ni non valgono,
infatti talvolta la terra di nessuno la
conseguenza dell’impossibilit di determinare
limiti in zone desertiche, forestali o palustri,
mentre in altri casi pu essere uno spazio
neutrale che due o pi parti stabiliscono
reciprocamente. La dimensione varia in
funzione dei rapporti tra gli Stati: in caso di
tensione, lo spazio sar maggiore. Ad esempio
con il cessate il fuoco del 1953 che ha fermato
la Guerra di Corea, la penisola coreana fu
divisa da una Linea di demarcazione militare,
una fascia smilitarizzata (DMZ) sul 38°parallelo,
lunga 248 chilometri e profonda 2 km, è la
striscia di terra tra Corea del Nord e Corea del
Sud.

La quasi completa assenza di esseri umani per


un periodo cos lungo nella zona ha avuto un
interessante e etto secondario: il risultato
quello di una riserva naturale dove alcune delle
specie oro-faunistiche in pericolo di
estinzione vivono e oriscono.

I precedenti storici
I con ni non sono un istituzione recente, infatti
sono antichi quanto la stessa civiltà, ma il loro
signi cato è notevolmente cambiato nel
tempo.

Le delimitazioni nel passato spesso avevano


carattere tecnico, ci avveniva ad esempio
nell’antico Egitto, nel mondo greco e in quello
romano: si trattava di con ni interni, ragionati
in funzione della propriet terriera, erano un
qualcosa pi simile a una frontiera che
separava da un mondo esterno, soprattutto
poco conosciuto e spesso considerato ostile.
Questo anche quando i con ni erano resi
manifesti da opere architettoniche come i
limes romani o la grande muraglia cinese: i
romani solitamente mettevano i propri con ni
lungo i umi (Reno e Danubio, in particolare)
integrandoli con mura e terrapieni, o valli.
Erano opere poco e caci dal punto di vista
militare, ma il loro scopo era quello di
monitorare le trib barbare dall’altra parte.
Anche la grande muraglia, seppur assai pi
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strutturata, aveva come compito principale
quello di separare quanto era civilt cinese e
quanto non lo era.

Il trattato di Verdun stipulato nell’843 d.C. tra


Ludovico il Germanico, Carlo il Calvo e Lotario,
bench sia considerato come esempio di
divisione territoriale, in realt si rif a un
concetto di sovranit -quella della societ
feudale- molto diverso rispetto al nostro. Il
sovrano medievale non conosceva il territorio,
quanto piuttosto le popolazioni a lui fedeli che
lo abitavano. Solo in alcuni tratti i con ni erano
segnati in modo chiaro e distinto. Un
approccio nuovo verso la con nistica si avr a
seguito della nascita di una coscienza
nazionale, ovvero, quando gli Stati moderni
iniziarono a costituirsi in modo sistematico
considerando cos anche l’opportunit di
de nire in modo puntuale i con ni dello Stato.

Alcuni problemi
- Sottosuolo: Molti con ni sono stati stabiliti
prima che si conoscesse l’estensione o
l’importanza delle risorse del sottosuolo: i
giacimenti di petrolio e gas possono
estendersi oltre i con ni di uno Stato, cos
pu essere necessaria una suddivisione;

- Soprassuolo: l’interpretazione dei con ni


come super ci verticali pu avere
implicazioni rilevanti soprattutto in caso di
con itti in atto;

Un esempio di problema legato al sotto suolo


sono i giacimenti di carbone che si trovano nel
sottosuolo del Belgio, dei Paesi Bassi e del
Bacino della Ruhr in Germania. subito dopo
l’inizio dell’estrazione mineraria, a met del XIX
secolo i tre paesi iniziarono ad accusarsi
reciprocamente di estrarre carbone al di fuori
del territorio nazionale, i rilevamenti sotterranei
dell’epoca non erano per in grado di
individuare con precisione la propriet di ogni
giacimento. negli anni 50 e 60 dello scorso
secolo vi fu una polemica tra i Paesi e Bassi e
la Germania per un giacimento di gas situato a
cavallo del con ne: i tedeschi accusavano gli
olandesi di prelevare tanto gas per farlo
spostare verso il proprio lato del con ne, e
pretendevano un indennizzo per il gas perduto.

Una delle cause dell’invasione del Kuwait da


parte dell’Iraq nel 1990 fu il petrolio del
giacimento di Rumaila, situato nel sottosuolo
del deserto a cavallo del con ne tra i due Stati:
secondo gli iracheni i kuwaitiani perforavano
troppi pozzi attingendo troppo rapidamente dal
giacimento. Li accusavano inoltre di perforare
pozzi obliqui per penetrare oltre il con ne.
Quando fu tracciato il con ne tra i due paesi
non si sapeva dell’esistenza di questo enorme
giacimento petrolifero.

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Creazione dei con ni
La creazione del con ne implica quattro stadi:

- De nizione: avviene attravers un


documento giuridico nel quale si de niscono
i punti nel paesaggio, per esempio linee di
cresta, umi o strade, o punti di latitudine e
longitudine;

- Delimitazione: è la trascrizione sulla carta di


quanto de nito. Si tratta di una operazione
che pu avere più o meno problematiche in
relazione alla maggiore o minore
conoscenza e copertura cartogra ca dei
luoghi, che comunque seppur precisa non
riesce a rappresentare tutte le realtà
possibili;

- Demarcazione: pu essere e ettuata se


uno dei due Stati o se entrambi lo
desiderano. Si realizza utilizzando pali
d’acciaio, pilastri, recinzioni, muri o altri
mezzi visibili per marcare il con ne sul
terreno. Si tratta di una azione costosa
(vengono ingaggiati militari, topogra , ecc.) e
di cilmente viene realizzata sulle alte
montagne, nei deserti vasti, nelle terre polari
o in zone con pochi insediamenti
permanenti;

- Amministrazione: si tratta di una procedura


atta mantenere il con ne e a regolare il
usso di persone e merci attraverso esso;

Classi care i con ni


Una delle classi cazioni pi consueta dei
con ni quella che li riparte in:

- Fisici o naturali, ovvero tendono a


conformarsi con evidenti richiami al
territorio;

- Arti ciali o geometrici, ovvero che


poggiano su costruzioni teoriche;

Con ni naturali: Si tratta di una teoria nata


nell’Ottocento basata sulla convinzione che la
natura stessa potesse fornire agli uomini i limiti
e le direzioni entro cui muoversi;

Tra i migliori esempi di con ne vi erano i


Pirenei e le Alpi...nel XIX secolo Malte-Brun
assegnava ai Monti Urali il ruoli di limite
orientale dell’Europa, trovava per
modestissimi riconoscimenti in termini
geogra ci, culturali e politici, fu infatti accettato
solo nell’uso didattico.

La storia insegna per che non vi sono barriere


naturali che non possono essere violate: le
catene montuose pur opponendosi agli
spostamenti umani in alcuni paesi sono state
luogo di popolamento e civilt (le Ande e
anche le Alpi- sono state il luogo dei walser e
dei mochedoni, occupavano una porzione
montana estesa dalla Savoia al Tirolo).

I umi rappresentano una sorta di anacronismo


con nario in quanto rappresentano un motivo
di coesione pi che di divisione. Il bacino
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idrogra co rappresenta inoltre un esempio di
regione naturale omogenea.

I monti presentano tre buoni motivi per essere


assunti come elemento di con ne: sicurezza
contro attacchi improvvisi di nemici, ambiente
di di cile popolamento, semplicit nella loro
designazione.

Un primo criterio per la designazione del


con ne sui monti potrebbe essere il
congiungimento delle vette pi alte –linee di
vetta o di cresta-, ma siccome non soddisfa il
requisito dell’unit economica delle zone
con narie non viene utilizzato cos spesso.

solitamente si utilizza la linea spartiacque,


de nita come linea topogra ca pi elevata
esistente tra due sistemi drenanti non
comunicati. Si tratta di una linea non
facilmente individuabile in quanto le catene
montuose oltre ad avere una lunghezza hanno
anche una profondit .

Vi sono diversi esempi di con ni problematici


sui sistemi montuosi, ad esempio sono note le
controversie tra Cile e Argentina per la
spartizione delle Ande.

I con ni uviali nel passato assumevano il


compito di interrompere la continuit del
terreno impedendo una rapida avanzata degli
eserciti nemici. I problemi sorgono in quanto
quasi mai vi coincidenza tra i umi e la
divisone etnica, linguistica, culturale o
economica.

I umi sono inoltre soggetti a regimi di forte


instabilit (erosioni, piene e deviazioni) che
determinano deviazioni pi o meno marcate
del percorso. Vi sono diversi metodi per
tracciare i con ni lungo i umi:

- linea mediana: individuazione dei punti


equidistanti dagli elementi pi sporgenti
delle due rive per unirli con segmenti
rettilinei;

- Linea del Talweg: il primo accenno si trova


nel trattato di Vestfalia (1648) per la
spartizione del Reno tra Francia e Germania.
Si tratta della linea di massima profondit
delle acque;

- Linea lungo la riva: si stabilisce che tutto lo


specchio d’acqua del ume competa a solo
uno dei due Stati con nanti. Si applicano
per una serie di tutele riguardanti
l’utilizzazione delle via d’acqua o la
costruzione unilaterale di infrastrutture come
i ponti. Il vecchio con ne tra Iran e Iraq sullo
Shatt el Arab (corso d’acqua alla con uenza
del Tigri e dell’Eufrate) ne era un esempio;

- Linea lungo le due rive: viene tracciata una


doppia linea di con ne . La sovranit degli
stati con nanti si ferma lungo le rispettive
sponde ....le acque del ume diventano res
communis. Adottato occasionalmente per
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alcuni tratti della Mosa e della Mosella tra
Francia e Lussemburgo e tra Lussemburgo e
Germania;

- Per i con ni lacustri solitamente si sceglie la


linea mediana anche se gi di per s
soggetta a diverse interpretazioni. Il lago
deve essere diviso in due parti uguali o deve
congiungere una serie di punti equidistanti
dalle sponde o ancora unire i punti centrali
di un certo numero di linee tirate da una riva
all’altra;

Deserti e paludi
I deserti sabbiosi non presentano una
morfologia stabile tale da potervi demarcare
una linea di con ne, l’unico vantaggio consiste
nel fatto che solitamente sono privi di
insediamenti.

Nei deserti rocciosi è più facile delimitare dei


con ni anche se alcuni elementi geomorfologia
possono modi carsi con il tempo a causa
dell’erosione. Di solito si individuano dei punti
vertici il successivo appoggio a meridiani e
paralleli.

Le paludi spesso separano zone ad intenso


insediamento, di solito rappresentano una terra
di nessuno pi che un’area dove tracciare linee
di con ne. Solitamente non vi sono dispute per
tracciare i con ni...possono avvenire solo se la
zona stata oggetto di boni ca come nel caso
delle paludi del Runn of Cutch da parte di India
e Pakistan.

Con ni arti ciali


Si tratta di con ni che non poggiano su
elementi naturali del paesaggio geogra co,
sono de niti geometrici o matematici, secondo
alcuni studiosi sarebbero con ni arbitrari:

- Il criterio di far passare i con ni su


determinati meridiani/paralleli o su linee che
uniscono punti noti molto lontani tra di loro era
generalmente basato sulla scarsa conoscenza
dei territori, durante la Conferenza di Berlino
(1884-85) le grandi potenze europee si
spartirono il continente africano in base a
criteri quantitativi e di reciproco equilibrio, lo
fecero tracciando dei con ni rettilinei tra un
punto noto e un altro seguendo talvolta oggetti
geogra ci sulle carte imprecise dell’epoca.
Non si teneva conto della realtà antropica
dei luoghi: gruppi etnicamente omogenei
vennero divisi, tribù ostili tra loro vennero
forzosamente messe insieme.

Molte popolazioni furono separate dalle zone


di pascolo (Africa orientale) cos come delle
risorse idriche che di per s costituivano un
elemento critico delle economie locali. Tra Stati
Uniti e Canada i con ni vennero decisi a
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tavolino prima per che i coloni si
insediassero, questi infatti si adattarono senza
di colt ad una situazione gi determinata.

Tra i con ni arti ciali alcuni inseriscono anche


quelli materializzati con opere umane (valli
romani, grande muraglia cinese).

Classi cazione genetica dei con ni


In questo caso per classi care i con ni si
prende in considerazione la loro formazione
rispetto al paesaggio umano esistente sul
territorio. Un geografo statunitense (Hartshore)
identi c le seguenti tipologie:

- Con ni antecedenti: tracciati in zone non


ancora popolate che precedono la maggior
parte delle caratteristiche del paesaggio
antropico. Come quelli tra USA e Canada,
Alaska e Canada, Malesia e Indonesia
(Borneo, nella foresta pluviale).

- Con ni susseguenti: tracciati quando gi si


formato il paesaggio culturale senza per
stravolgere in maniera drastica le realt
socioeconomiche esistenti. Ad esempio
quello tra India e Pakistan che corrisponde a
una divisione culturale esistente.

- Con ni sovrimposti: tracciati all’interno di


un paesaggio antropico omogeneo senza
tenere conto delle diversit etniche e
culturali esistenti. Tra questi i con ni
coloniali africani.

- Con ni relitti: non rivestono interesse


politico; possono per riemergere se
vengono enfatizzati da sentimenti
nazionalisti. Si tratta di con ni che quando
furono tracciati furono accompagnati da
signi cativi spostamenti della popolazione
residente. Ad esempio con ne tra Germania
e Polonia antecedente alla seconda guerra
mondiale ove ancora oggi si notano
signi cavi cambiamenti del paesaggio
agrario.

I con ni marittimi
Gli Stati che non hanno uno sbocco al mare
nel 2011 erano 47, mentre 2 sono gli Stati
doppiamente senza sbocco sul mare: si tratta
di Stati che oltre a non avere uno sbocco sul
mare con nano con Stati che non hanno
sbocco sul mare: Liechtenstein (racchiuso tra
Svizzera e Austria) e Uzbekistan (con na con
Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan,
Afghanistan, Turkmenistan).

Gli Stati insulari nel 2009 erano 47. Essere uno


Stato insulare non signi ca necessariamente
non avere con ni terrestri (si pensi al Regno
Unito che con na con l’Irlanda), alcuni Stati
insulari sono dislocati su 2 isole maggiori, altri
invece su centinai di migliaia di isole minori.

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Alcuni Stati senza sbocco al mare possono
risentire di una condizione di forte disagio:

La Bolivia ha so erto moltissimo a seguito del


divieto di poter utilizzare i porti della Costa
Paci ca, anche per gli Stati africani senza
sbocco al mare i problemi generalmente sono
acuti: ad esempio gli Stati del Sahel (Mali,
Burkina Faso, Niger, Ciad) raramente hanno
sbocchi sicuri al mare, mentre l’Uganda ha
invece un collegamento ferroviario con la
costa. In Repubblica Ceca l’isolamento
attenuato da una tta rete di collegamenti
uviali e comunicazioni via terra.

Gli stati quasi senza sbocco al mare sono gli


stati in cui il litorale rappresenta una piccola
parte della loro frontiera:

- RD del Congo (oceano Atlantico) 0,3% (37


km)

- Bosnia ed Erzegovina (Mare Adriatico) 1,4%


(26km)

- Giordania (Mar Rosso via Aqaba) 1,6% (20


km)

- Iraq (Golfo Persico) 1,6% (58 km)

- Rep. del Congo (oceano Atlantico) 3,0%


(167 km)

- Togo (oceano Atlantico) 3,3% (56 km)

- Slovenia (Mare Adriatico via Capodistria)


3,4% (47 km)

Il con ne marittimo con considerato il miglior


limite politico possibile, infatti il mare agevola
sia la difesa sia i contatti con l’esterno, inoltre
le fasce costiere in genere danno luogo a
insediamenti, strutture sociali ed economiche,
ovvero paesaggi, di erenziati rispetto a quelli
interni ubicati in uno stesso Stato con analogie
a quelli costieri posti invece in Stati diversi.

Storia
L’idea del con ne politico collocato sulla riva
del mare o nelle acque antistanti ha origini
antichissime, nei tempi in cui l’isolamento
liquido era massimo.

La prima teorizzazione e codi cazione vi


stata a partire dagli inizi dell’Et Moderna,
quando l’uomo aveva dimostrato di essere in
grado di attraversare gli Oceani, persero
pertanto la funzione di ostacolo e di barriera.

Agli inizi del XVII secolo cominci a essere


sancita e riconosciuta la libert dei mari, allora
intesa come libert di navigazione (e poi anche
di pesca) anche nelle acque aperte del largo.
Contemporaneamente si era anche posto il
problema del limite da attribuire alla fascia
immediatamente adiacente alla costa, riservata
alla sovranit dei vari Stati rivieraschi.

Risale a circa la met del XVIII secolo


l’a ermazione «terrae potestas nitur ubi nitur
armorum vis», mentre i primi trattati

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internazionali che la applicano sono posteriori
di qualche decennio.

sempre stato ammesso che la Sovranit


dello Stato si estenda su una fascia di acque
antistanti, che costituiscono il mare territoriale,
sono invece state di erenti le opinioni circa la
sua ampiezza.

Il riferimento alla armorum vis attesta che n


da allora prevaleva una preoccupazione
difensiva rispetto a un’eventuale o esa allo
Stato che potesse provenire dal mare. Questa
si tradusse in un valore di distanza e quindi di
ampiezza delle acque territoriali,
corrispondente alla gittata delle artiglierie
poste in difesa del territorio, che vari molto a
seconda dell’evoluzione della tecnologie
militari e balistiche.

Varie vicende quali accordi unilaterali, bilaterali,


plurilaterale e pi recentemente convenzioni
internazionali stabilirono in un primo momento
2 o 3 km, poi 3 miglia per arrivare a 4 e 6 miglia
e persino a 12 miglia (superando pertanto i 20
km!).

Acque territoriali e piattaforma continentale


La piattaforma continentale si estende con una
modesta, talora inavvertibile, inclinazione di
pendenza, attorno alle terre emerse, per una
ampiezza media -a partire dalla linea di costa-
di 200 km (ma di fatto tra i 10 e gli oltre 1.000
km) e termina laddove –a una profondit di
circa 200 m (valore convenzionale)- l’orlo (o
scarpata) continentale scende, di solito in
modo brusco, verso profondit abissali, essa
pu contenere ingenti risorse di tipo minerario
che gli Stati hanno interesse a sfruttare.

Proprio per quanto a ermato nel punto


precedente, parecchi Stati hanno iniziato ad
avanzare richieste per utilizzare e controllare
piattaforma ci signi cherebbe dilatare
l’estensione dei mari territoriali -in taluni casi
no a 200 miglia dalla costa- riducendo di
parecchio il mare liberum extra-territoriale.

Per far fronte alla situazione delineata e per


cercare di risolvere i problemi di ordinaria
amministrazione volti a controllare gli scarichi
nocivi delle navi, specie delle grosse petroliere,
e per garantire cordoni sanitari di protezione
agli Stati gli studiosi di diritto internazionale
hanno proposto delle soluzioni, tra esse la
Convenzione di Montego Bay (in Giamaica)
del 1982.

La Convenzione di Montego Bay ribadiva


come limite minimo di ampiezza del mare
territoriale di 3 miglia e quello massimo di 12
miglia. Gli Stati che si attengono alla
Convenzione sono circa 120, altri invece
riconoscono fasce di maggiore ampiezza, no
a 200 miglia, riconoscendo la libert di

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navigazione e per altre speci che materie si
rifanno a norme ed accordi speci ci.

Alcuni stati che non aderiscono alla


Convenzione estendono il limite del proprio
mare territoriale no a 200 miglia, superando lo
stesso limite della piattaforma continentale,
riconoscono per la libert di navigazione e
per speci che materie prevedono accordi e/o
norme.

Ad esempio l'Italia estende il suo mare


territoriale no a 12 miglia dalla costa, ma
a erma il suo controllo sui giacimenti di
idrocarburi no al punto (anche al di l della
piattaforma) in cui la profondit delle acque
permette lo sfruttamento delle risorse naturali
sottostanti (salvo accordi diversi ad esempio
come quelli del nostro paese e la ex-
Jugoslavia).

Nel Mare del Nord invece gli Stati rivieraschi


-Gran Bretagna, Paesi Bassi, Germania,
Danimarca e Norvegia- si sono accordati per la
totale spartizione della piattaforma (attraverso
una sentenza della Corte Internazionale di
Giustizia) in base al criterio della
proporzionalit dei rispettivi tratti della costa
bagnati da quel mare.

In funzione dell’evoluzione delle tecnologie e


delle economie oggi si parla anche di zone suis
generis adiacenti al mare territoriale, nelle quali
lo Stato costiero gode di speci ci diritti in
relazione a determinate materie prime, ma non
di piena sovranit , la convenzione di Montego
Bay riconosce zona contigua e zona
economica esclusiva.

Zona contigua
La zona contigua ha profondit doppia, 24
miglia dalla linea di base della costa (quindi per
12 miglia marine oltre il limite delle acque
territoriali, rispetto alla massima estensione del
mare territoriale) e consente allo Stato di
esercitare il controllo necessario per prevenire
e reprimere le infrazioni: doganali, scali,
sanitarie e legate all’immigrazione.

Non sono molti gli Stati che hanno istituito la


zona contigua (nel mediterraneo solo Francia,
Marocco, Malta ed Egitto, alcuni di essi tra
l’altro lo hanno fatto con un limite meno ampio

L’Italia non ha ancora provveduto a istituirla.

Zona economica esclusiva


La zona economica esclusiva pu arrivare no
a 200 miglia dalla costa ed assicura allo Stato
tutti i diritti relativi alle risorse naturali,
biologiche delle acque, dei fondi marini e del
loro sottosuolo nonch ad altre attivit con ni
economici, la competenza in materia di isole
arti ciali, di installazioni scienti che rivolte
all’ambiente marino.

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Agli altri Stati spettano la libert di navigazione
e tutti i restanti diritti previsti dal mare extra-
territoriale. Oltre 70 Stati hanno adottato le
zone economiche esclusive di 200 miglia
(quasi 1⁄4 di questi con riferimento a zone di
pesca di analoga ampiezza), si tratta di un’area
adiacente alle acque territoriali in cui lo Stato
costiero ha la prerogativa di «esplorare,
sfruttare, conservare le risorse naturali
nell'acqua, nei fondali e nel sottosuolo, agli altri
Stati spetta invece la libert di navigazione, di
sorvolo, di posa di cavi e di condotte
sottomarine, nonch di utilizzare il mare ad altri
ni internazionalmente leciti.

La convenzione di Montego Bay entr in vigore


in Italia nel 1992.

Alto mare
Il rispetto della libert di navigazione ha fatto s
che ci si preoccupasse di a ermare che l’alto
mare costituisce un patrimonio comune (res
communis omnium) sul quale nessuno Stato
pu a ermare la propria sovranit .

Si attiene alla stesso regime giuridico anche il


fondo del mare liberum, fatto che pu creare
dei problemi nel caso in cui sia possibile e
conveniente utilizzare i polimetallici presenti nei
fondali oceanici.

Nel caso in cui a seguito di un’eruzione


vulcanica dovesse emerge un’isola, essa
considerata res nullius che conseguentemente
cedit primo ocupandi, nel caso in cui avvenisse
nel mare territoriale non vi dubbio che essa
appartenga a uno degli Stati rivieraschi.

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