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UNIVERSITÀ TELEMATICA GUGLIELMO MARCONI

MACCHINE A FLUIDO

SPUNTI DI RIFLESSIONE
QUESITI RISOLTI
D: Il numero di giri caratteristico è un invariante?

R: L’ns è un invariante nel caso di macchine motrici e operatrici a fluido incomprimibile (ρ


= costante)
Nel caso dei compressori dinamici invece ricordiamo che ns non è più un invariante legato
alla forma della corrente, perché nel fenom
eno entra anche la compressibilità del fluido. Definiamo comunemente una pressione ridotta
Π = p/pref una temperatura ridotta Θ = T/Tref, una portata massica ridotta mrid = m (RΘ)1/2/Π una
velocità ridotta ωrid = ω/(RΘ)1/2 ed un corrispondente numero specifico ridotto ns,rid = ns/(RΘ)1/2,
dove spesso la costante del gas "R" viene omessa. Quindi non sarà possibile attribuire un
singolo valore del numero caratteristico ad una certa forma di corrente (individuata da
un certo set di triangoli di velocità), poiché il fenomeno fisico di compressione non è indipendente
dallo stato del fluido all'inizio della compressione stessa. Inoltre, per Ma ≥ 0.3, i fenomeni legati
alla compressibilità introducono effetti che scalano in similitudine sonica, cioè non possono scalare
in similitudine cinematica (vale a dire solo con U). Per questa ragione, il concetto di numero
caratteristico viene meno nei TC (ed in tutte le TM a fluido compressibile): altri invarianti saranno
stabiliti per correlare i risultati sperimentali. In particolare, sono usati molto i coefficienti derivanti
dalla teoria alare, cioè di lift e di drag, coefficienti di carico palare, portata ridotta, ecc. Vengono
inoltre impiegati nelle mappe operative dei TC, i gruppi m(RT)1/2/(D2p) ("portata massica ridotta")
e ωD/(RT) ("numero caratteristico ridotto"), proporzionali rispettivamente al numero di Mach “Ma”
e (a parità di forma e di temperatura) alla sollecitazione massima σ.

D: Cosa è la cavitazione

R: Sia in una TP che in una turbina idraulica (TI) il miglior rimedio contro la cavitazione consiste
nell'applicazione di un criterio progettuale volto ad evitare il verificarsi di condizioni che siano
favorevoli al suo insorgere. Si tratterà quindi di evitare in sostanza che in qualsiasi punto della TP
la pressione scenda a valori inferiori a quelli di saturazione. Per ogni geometria di TP si può
individuare un punto di minima pressione all'aspirazione: in generale, tale “punto" (che in realtà è
una "zona" di estensione finita) si troverà nel condotto di aspirazione, in un tratto curvo e in
prossimità di una parete esterna (perché la velocità del liquido è maggiore), ed anzi probabilmente
sarà localizzabile poco dopo l'ingresso in girante, sul lato dorsale della pala (che risulta in
depressione rispetto al ventre). Considerando per completezza una TP ad asse orizzontale, si
consideri il carico totale disponibile sulla flangia di aspirazione: conglobando le perdite di carico
(per attrito, valvole, filtri, grate, curve, etc.) in un unico termine ΔHp dall'applicazione
dell'equazione dell'energia per un liquido tra le sezioni di pelo libero nel bacino di aspirazione
{indicata con "i") e la flangia di aspirazione, si ottiene:

Hasp = pasp/(ρg) + (z0 –Dasp/2) + Vasp2/2g = Hi – ΔHp = pi/(ρg) + i + Vi2/2g - ΔHp

Dopo la flangia di aspirazione, il liquido subirà un ulteriore decremento di carico, dovuto alle
perdite nel primo tratto del canale fisso, nel primo tratto del canale mobile curvo, e nel primo
tratto di cammino percorso dal liquido stesso sul dorso della pala: tali perdite sono funzione della
geometria del tratto iniziale della TP e delle sue condizioni operative, e si denotano
convenzionalmente con hdt (sono anch'esse espresse in metri di colonna fluida!). Questa hdt è una
caratteristica della TP in condizioni operative (nel senso che non esiste se la TP non sta
funzionando), e si chiama infatti depressione dinamica totale della girante. Se si indica con pv la
pressione di saturazione alla temperatura del liquido all'aspirazione, la condizione limite di
cavitazione incipiente sarà raggiunta quando:

Hasp -hdt ≤ pv/(ρg) (2-5)

cioè:

Hi – ΔHp – hdt = pi/(ρg) + zi + Vi2/(2g) -ΔHp - hdt ≤ pv/(ρg) (2-6)

che può essere riscritta separando hdt, che è una caratteristica della TP, dagli altri termini che
dipendono dall'impianto e dalla natura del liquido:

pi/(ρg) + zi + Vi2/(2g) – ΔHp – pv/(ρg) ≤ hdt (2-7)

che esprime il seguente semplice fatto fisico: se la depressione dinamica della TP è uguale al
(e a maggior ragione, se è maggiore del) carico residuo del liquido alla flangia di
aspirazione diminuito della pressione di saturazione del liquido a quella temperatura,
possono insorgere fenomeni di cavitazione.
Il termine a primo membro della (2-2) si chiama convenzionalmente carico netto residuo
all'aspirazione (NPSH, da Net Positive Suction Head), ed è una esclusiva caratteristica delle
condizioni impiantistiche all'aspirazione (non dipende dalla TP); la hdt dipende solo dalla TP (ed è
indipendente dall'impianto): è quindi chiaro che l’equazione fornisce un criterio per legare la
progettazione (o la scelta) della TP alle condizioni impiantistiche all'aspirazione. In fase di progetto
e di verifica ci si pone in condizioni limite, e si riscrive come condizione di incipiente cavitazione:

NPSH = hdt

La depressione dinamica totale si può legare a parametri geometrici e cinematici della TP nella
sezione d'ingresso:

hdt = α V12/(2g) + βW12/(2g)

[con a = α/(2g) = 0.06÷0.08 e b = β/(2g) = 0.01÷0.02] ed è quindi è una grandezza che risulta
individuata quando siano individuate le velocità e gli altri parametri geometrici e cinematici sulla
sezione di ingresso della TP: ma questo significa che hdt è un parametro caratteristico di certe
forme di TP, e che quindi se si conosce la forma della TP all'aspirazione, hdt è univocamente
determinato.

D: Definizione di stallo nei compressori

R: STALLO
Lo stallo è il nome collettivo che si dà ad un insieme di fenomeni il cui effetto finale macroscopico
è quello di diminuire la parte utile del lavoro di Eulero, di aumentare le dissipazioni e di innescare
fenomeni di ricircolo macroscopici (surge o pompaggio) che deteriorano rapidamente la struttura
meccanica della macchina (cuscinetti, alberi, palettature). Dal punto di vista fluidodinamico lo
stallo è il distacco della vena fluida dalla superficie della pala, che avviene sul dorso (lato in
depressione). Questo distacco è causato dall'ispessimento dello strato limite, e dalla sua seguente
separazione, e può avere diverse cause:
ƒ un aumento dell'angolo di incidenza al bordo d'attacco della pala, che porta sempre ad
deterioramento del coefficiente di portanza della singola pala e della schiera, e se supera certi
limiti causa l'immediata separazione (subito a valle del bordo d'attacco)
ƒ un'eccessiva o non corretta curvatura della pala, che porta alla formazione di una forte scia
dissipativa immediatamente a valle del bordo di uscita: il "bloccaggio" esercitato dalla scia si
risente a monte con un effetto di gradiente di pressione avverso sul dorso pala
ƒ una solidità di schiera troppo bassa, per cui il fluido non è più ben guidato e non riesce a
seguire il profilo della pala
Mentre le ultime due cause dipendono evidentemente da un progetto errato del TC, e
produrrebbero malfunzionamenti già a punto nominale, e quindi non sono qui di interesse, la
variazione di incidenza è causata dalla diminuzione della portata, e quindi di V1m . Al diminuire di
ϕ, si raggiunge prima o poi il punto ϕ1s in cui il primo stadio entra in stallo.
In realtà, non entra mai in stallo l’intero stadio: appena uno dei canali stalla, il conseguente
bloccaggio del canale dovuto al distacco dello strato limite sul dorso della pala causa una
deflessione del flusso stesso, che -grosso modo- risulta in una diminuzione della portata nel vano
palare immediatamente a monte di quello stallato, nel senso della rotazione della schiera.
Come ulteriore effetto, la scia del nuovo vano in stallo "risucchia" lo strato limite del vano che
aveva stallato per primo, facendolo riattaccare alla parete e ripristinando condizioni "normali" nel
primo canale.
Questo fenomeno è detto "stallo rotante" , e consiste nella rapida successione di due o tre canali
che stallano uno dopo l'altro nel verso di -U (la velocità di rotazione dello stallo è compresa tra -0.1
e -0.9 U), e l'uno dopo l'altro riassumono condizioni operative normali. Se il problema è causato da
una riduzione della portata (massica) all'aspirazione del primo stadio, l’effetto globale di questi
fenomeni dissipativi sarà quello di aumentare progressivamente (ma con rapidità) il numero dei
canali stallati, finché non si raggiungono condizioni di stallo sull'intera circonferenza.
A questo punto si verificano ricircoli globali con macroscopiche interazioni tra aspirazione e
mandata ed immediata rottura (entro poche centinaia di giri) dei cuscinetti e spesso anche delle
palettature: questo "stallo totale" si chiama surge o -impropriamente- pompaggio.
Ma, anche se non si raggiungono effetti così dirompenti, lo stallo anche parziale del primo stadio
ha come effetto immediato l'aumento del rapporto di compressione di stadio (e la diminuzione del
rendimento, che però per il momento non ci interessa): quindi, il fluido che entra nel secondo
stadio avrà portata minore (per le inevitabili perdite dovute ai ricircoli) e volume specifico minore
(per la pressione leggermente maggiore).
Di conseguenza, il secondo stadio stalla anche se il primo non ha stallato, e così via: quindi lo
stallo incipiente di uno dei primi stadi porta con certezza allo stallo globale prima, ed al surge poi,
dell'intera macchina.
Lo stallo incipiente è una condizione da evitare assolutamente: perciò, una volta determinato
sperimentalmente (con prove su prototipo) il limite di stallo per i singoli stadi e per l'intera
macchina, si raccomanda come limite operativo inferiore un valore di ϕmin = 1.1÷1.3 ϕstallo.

D: Il fenomeno del SURGE


SURGE:
Si consideri un TC funzionante a punto nominale, con condizioni all'aspirazione e numero di giri
costanti, e si immagini di aumentare la "resistenza" del circuito di valle (ad esempio, chiudendo
gradualmente una valvola): il TC sposterà il proprio punto operativo da A a B (Figura) e di
conseguenza invierà nel circuito di valle una portata QB < QA (e con un rendimento ηB < ηA).
Continuando ad aumentare la pressione richiesta a valle, il punto operativo si sposterà infine in C,
ed a questo punto qualsiasi altro aumento di resistenza del circuito a valle non potrà più essere
fronteggiato dal TC. In queste condizioni, il TC è già in stallo rotante (se assiale) o comunque in
stallo avanzato (se radiale): un aumento della resistenza a valle produrrà un brusco riflusso del gas
da valle a monte, attraverso le zone di ricircolo so pala; la conseguente caduta di pressione a valle
riporta il TC a funzionare in un punto E diverso dal nominale: se non si intraprendono azioni
correttive, il fenomeno si ripete rapidamente e ciclicamente. È da tener presente che l'improvviso
riflusso ed il corrispondente brusco decremento della pressione hanno una durata di 0.02÷0.1
secondi (e quindi di pochissimi giri del rotore), e che il passaggio da C a D ad E comporta
un'inversione del verso della reazione del fluido sulle pale, per cui successivi episodi di surge
provocano delle vibrazioni di ampiezza elevata le cui frequenze variano rapidamente e causano la
rottura dell’albero o dei cuscinetti.

Fenomeno del pompaggio (surge)

Il miglior rimedio per evitare il surge è quello di controllare che il punto operativo non si avvicini
mai troppo a C (che viene detto limite di stallo a quel numero di giri). Per raggiungere questo
scopo, la mappa del compressore viene memorizzata dal sistema di controllo, che apre opportune
valvole anti-surge nel circuito a valle del TC (in genere, nella voluta di un TC radiale o nel
collettore di un TC assiale).
Dato che è di interesse industriale il disporre di TC che possano subire forti variazioni di portata
senza entrare in pompaggio, notevoli risorse sono dedicate allo studio del surge. Allo stato attuale
della tecnica, sono state definite due linee di intervento:
a) dato che il surge è provocato dall'incapacità del circuito di accoppiarsi con un
componente (il TC) di bassa impedenza in condizioni pre-surge, si può inserire tra TC e
circuito un elemento di tipo capacitivo (a bassa impedenza) e dissipativo, che assorba parte
del flusso "di ritorno" evitando riflussi nel TC. È stato dimostrato sperimentalmente che
l'inserzione di serbatoi dotati di un sistema di smorzamento viscoso permette di funzionare
in condizioni di surge incipiente senza danni per il TC (ma con bassi η);
b) dal punto di vista della prevenzione, si è notato che nei TC assiali il surge è preceduto
da una onda di pressione a bassa frequenza, detta precursor wave, che può essere
rilevata ed usata come "allarme" per intraprendere azioni correttive. La precursor wave si
propaga in direzione opposta a quella di rotazione, a velocità all'incirca uguale a quella
dello stallo rotante, e continua per un notevole intervallo di tempo (centinaia di giri) prima
che insorga lo stallo rotante completo ed il surge. La precursor wave è molto meno
chiaramente individuabile nei TC radiali, dove il passaggio dallo stallo parziale allo stallo
totale e infine al surge avviene in meno di un centinaio di giri.

D: Cavitazione nelle Turbine Idrauliche

R: Anche nelle turbine, come per le pompe, si cerca di evitare il fenomeno della cavitazione. Nelle
turbine a reazione il punto in cui si verifica la pressione più bassa si trova di solito sul dorso della
pala in prossimità del bordo di uscita, dove si raggiunge la velocità maggiore e quindi, per il
teorema di Bernoulli, la pressione minore. Il fattore più critico è rappresentato dalla distanza
verticale zsc [m], tra uscita della girante e il pelo libero del canale di scarico. Viene così definita
l'altezza massima di scarico zsc max [m] a cui può essere posta la girante sopra il pelo libero del
canale di scarico:
Il parametro di cavitazione di Thoma σ∗ viene dato in funzione della velocità specifica ns; il valore
di σ∗ condiziona pesantemente l'altezza massima di scarico (e quindi l'installazione) della turbina
assiale, mentre risulta meno critico per la turbina radiale.

Nelle turbine idrauliche a reazione, a meno che non si tratti di turbine lente (cioè a bassa velocità
specifica), il limite per la velocità periferica U [m/s] è posto dalla cavitazione e non dalla
sollecitazione per forza centrifuga, come avviene invece nel caso della Pelton. In conclusione, gli
aspetti che occorre valutare nella scelta della turbina sono:

1 .assenza di cavitazione;
2. rendimento ragionevolmente elevato;
3. dimensioni non troppo grandi.

D: L’importanza del grado di reazione nelle Turbine Idrauliche a reazione

R: Nelle turbine a reazione, la pressione di ingresso p1 nella girante è maggiore di quella di uscita
p2 in quanto nei condotti rotorici la caduta di pressione viene trasformata in energia cinetica. Al
contrario, nelle turbine ad azione, la pressione di ingresso è uguale a quella di uscita (p1 = p2) e
tutta l'energia disponibile viene trasformata in energia cinetica nel distributore. A causa della
caduta di pressione che ha luogo nella girante, la turbina a reazione va dimensionata in modo tale
che il fluido riempia completamente tutti i condotti rotorici: dunque il liquido proveniente dal
distributore viene ammesso sull'intera periferia del rotore (ammissione totale). Dal momento che
lavora l'intera circonferenza della turbina a reazione, il suo rotore è più piccolo, a pari livello di
potenza, di quello di una turbina ad azione.
Il grado di reazione Rρ, rapporto tra la frazione di energia ancora disponibile a valle del
distributore (energia che va poi trasformata in energia cinetica nella girante) e l'energia totale
disponibile, è espresso da:


D: Quali sono i parametri caratteristici di un motore a combustione interna

R: Le definizioni principali concernenti le caratteristiche geometriche dei motori alternativi a


combustione interna:

- Corsa C [mm], distanza percorsa dallo stantuffo fra le posizioni di PMS (Punto Morto Superiore)
e di PMI (Punto Morto Inferiore) e pari a, due volte il raggio r [mm] della manovella (C = 2,)

- Cilindrata V [cm3], volume generato dallo stantuffo e pari al prodotto dell'area spazzata πd/4
(con D [cm] alesaggio) per la corsa C [cm]

V = (πd/4)⋅ C

- Cilindrata totale i V [cm3] data dalla cilindrata unitaria moltiplicata per il numero di cilindri i del
motore;

- Volume di spazio morto Vm [cm3] volume compreso fra la testa e lo stantuffo quando questo
si trova al PMS;

- Rapporto volumetrico di compressione ρ, rapporto fra il volume della camera V + Vm [cm3]


quando lo stantuffo si trova al PMI e il volume della camera Vm [cm3] quando lo stantuffo si trova
al PMS (ρ = 1 + V / Vm);

- Velocità di rotazione dell'albero motore n [giri/s] oppure, meglio, ω [rad/s]


- Velocità media dello stantuffo vm [m/s] pari a due volte il prodotto della velocità di rotazione
n [giri/s] per la corsa C [m]
vm = 2nC

D: Il ciclo Otto: definizione e rendimento

R: Il ciclo Otto, ciclo ideale caratteristico dei motori ad accensione comandata, è com. posto dalle
seguenti trasformazioni reversibili:

□ adiabatica 1 - 2 (compressione del. l'aria, allo stato di gas perfetto, contenuta nel cilindro)
□ isocora 2 - 3 (con assorbi. mento istantaneo al PMS del calore q23 dalla sorgente esterna)
□ espansione adiabatica dell'aria 3 - 4
□ isocora 4 - 1 (con cessione istantanea al PMI del calore dell'aria q41 all'ambiente esterno)

Il suo rendimento è, per un gas avente un determinato rapporto tra le capacità termiche cp e cv,
tanto più elevato quanto maggiore è il rapporto volumetrico di compressione ρ.
Il rendimento è dato da:

ηOtto = 1 – (1/ρ)γ-1

D: Il ciclo Diesel nei motori a combustione interna

R: Il ciclo Diesel, ciclo ideale caratteristico dei motori ad accensione spontanea, è composto dalle
seguenti trasformazioni reversibili:

□ compressione adiabatica 1 - 2 dell'aria, allo stato di gas perfetto, contenuta nel cilindro
□ isobara 2 - 3 durante la quale viene fornito all'aria il calore q23
□ espansione adiabatica 3 - 4
□ isocora 4 - 1 con cessione istantanea (al PMI) del calore dell'aria q41 all'ambiente esterno

Il suo rendimento non varia solo in funzione del rapporto di compressione ρ, come accadeva per il
ciclo Otto, ma anche in funzione del rapporto di combustione a pressione costante τ’ = T3/T2
Il rendimento è definito come:

D: la potenza nei MCI

R: la potenza utile Pu [kW] è data da:

Pu = ηu λv ρ (Hi/α) iV ½ n (per motori a 4 tempi)


Pu = ηu λv ρ (Hi/α) iV n (per motori a 2 tempi)

Introducendo la pressione media effettiva pme [MPa] definita come:

pme = ηu λv ρ (Hi/α)
le due potenze diventano:

Pu = pme iV ½ n (per motori a 4 tempi)


Pu = pme iV n (per motori a 2 tempi)

D: caratteristiche dei ventilatori

R. I ventilatori sono macchine che hanno la funzione di accelerare l'aria e di superare le eventuali
perdite di carico del condotto; per tale motivo lavorano con un rapporto di compressione β
inferiore a 1,2. È perciò possibile trascurare le variazioni di massa volumica del gas e utilizzare i
medesimi criteri seguiti nel progetto delle macchi- ne idrauliche e in particolare delle turbopompe.
La compressione va considerata quindi a volume costante; inoltre, a differenza dei compressori,
non è possibile trascurare la variazione di energia cinetica, perchè per i ventilatori questo termine
ha lo stesso ordine di grandezza di quello relativo alla differenza di pressione. La prevalenza
manometrica di un ventilatore [m di colonna di fluido] è rappresentata dall'equazione:

D: quali sono i prodotti derivanti dalla combustione in un MCI ad accensione


comandata?

R: Come risultato della combustione incompleta della miscela aria-benzina, abbiamo la formazione
di inquinanti quali il monossido di carbonio (CO) e gli idrocarburi combusti (HC) e, come prodotto
inevitabile delle reazioni che avvengono durante la combustione, abbiamo gli ossidi di azoto
(indicati con NOx per esprimere sia NO che NO2). Il parametro più importante nel determinare la
concentrazione degli inquinanti presenti allo scarico del motore è la dosatura α.
Il monossido di carbonio (CO) è praticamente assente nel campo delle miscele povere, mentre
aumenta rapidamente, al diminuire del rapporto aria/combustibile, nel campo delle miscele ricche
via via che si fa più sentire la mancanza dell'ossigeno (O2) necessario per la combustione
completa.
Gli ossidi di azoto (NOx) sono tanto maggiori quanto più elevata è la temperatura di
combustione (la temperatura massima si raggiunge nella regione delle miscele leggermente ricche)
e quanto più alta è la concentrazione dell'ossigeno (regione delle miscele povere), che reagendo
con l’azoto, forma l’ossido di azoto NO; il massimo degli NOx si verifica per una miscela
leggermente povera da dove viene raggiunto un compromesso tra temperatura di combustione
ancora elevata e la presenza di ossigeno in eccesso.
Gli idrocarburi incombusti (HC) hanno un minimo nella regione delle miscele povere; nel
campo delle miscele ricche sono naturalmente più alti in quanto viene a mancare l'aria per
l'ossidazione completa del combustibile, mentre, per miscele molto povere che danno luogo a
temperature di combustione piuttosto basse, ricominciano ad aumentare in quanto si formano
delle zone locali di assenza di reazione tra combustibile e aria, e la propagazione della diventa via
via più difficile. Le condizioni che danno luogo alla minore concentrazione di HC sono anche quelle
che determinano, per gli stessi motivi, il consumo di combustibile più basso.

D: la produzione di inquinanti nei motori ad accensione spontanea

R: La produzione di inquinanti nei motori ad accensione spontanea o per compressione è


caratterizzata da: fumo, monossido di carbonio (CO), idrocarburi incombusti (HC) e ossidi di azoto
(NOx). L'uniforme diffusione del combustibile iniettato nel volume d'aria a disposizione viene
ottenuta agendo su due fattori: le caratteristiche con cui viene iniettato il combustibile (livello di
nebulizzazione) e il movimento relativo tra aria e combustibile (livello di turbolenza}.
Nel motore Diesel a iniezione diretta l'incontro tra aria e combustibile, che dà origine alla
combustione, viene affidato sia alla nebulizzazione del combustibile che alla turbolenza dell'aria
assicurata dalla geometria dei condotti di aspirazione e della camera di combustione. AI contrario
nel motore Diesel a iniezione indiretta, l'incontro tra aria e combustibile è più basato sull'altissimo
livello di turbolenza dell'aria e meno sulla nebulizzazione del combustibile tenuta a livello modesto;
la combustione avviene infatti in una precamera in cui l'aria, proveniente dal cilindro, entra con
altissima velocità generando turbolenza.
Nel motore ad accensione per compressione la formazione di idrocarburi incombusti (HC) è
dovuta al fatto che in certe zone della camera di combustione o del cilindro, il combustibile non
trova la giusta quantità d'aria per bruciare. Critiche risulta- no sia la parte superficiale della nube di
goccioli ne ottenute polverizzando il combustibile, dove l'aria è presente in quantità elevate, sia la
parte interna, dove invece l'a- ria scarseggia.
La formazione del monossido di carbonio (CO) risente in maniera determinante della mancanza
di ossigeno. Nei motori ad accensione per compressione, dove il rapporto aria/combustibile è
molto più basso di quello nei motori ad accensione comandata, l'emissione di ossido di carbonio
sono estremamente basse.
La concentrazione degli ossidi di azoto (NOx) è particolarmente elevata al massimo carico del
motore, condizione per cui si raggiungono le massime temperature in camera di combustione.
Due diversi tipi di fumo possono venire emessi da un motore ad accensione compressione: il fumo
bianco nell'avviamento del motore a bassa temperatura fumo nero quando il motore viene fatto
funzionare in prossimità del massimo carico. l composti organici ricchi di carbonio e di solfati
derivati dallo zolfo contenuto nel gasolio che danno origine al fumo nero costituiscono delle
particelle inferiori a 0,2 μm (articolato) su cui condensano altri prodotti della combustione
incompleta del gasolio e in primo luogo gli idrocarburi incombusti. La trappola di particola è quindi
un sistema che consente di ridurre fino al 90% il particolato attraverso la filtrazione dei gas
scaricati dal motore Diesel.

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