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Il discorso di Giolitti

In seguito alla chiusura della camera del lavoro di Genova, Giolitti fa un discorso come ministro
dell’interno, cercando di far abbattere i pregiudizi anacronistici del governo, nei confronti delle
camere del lavoro. A favore della sua tesi, Giolitti in primis, a erma che l’organizzazione di queste
camere, avrebbe comportato progresso, dal momento che se migliorando le condizioni lavorative,
gli operai sono invogliati a lavorare di più, facendo aumentare il capitale degli imprenditori
promuovendo indirettamente il progresso.

In seguito, Giolitti, formula un’alternativa allo stato conciliatore a ermando che queste non
rappresentavano un nemico per lo stato, come i pregiudizi volevano, ma lo Stato doveva guardare
ad esse in modo imparziale, considerandole alla stregua della altre corporazioni. Il governo, infatti,
doveva dimostrarsi sia imparziale che equidistante, al ne di assicurare l’ordine pubblico.

Le camere di lavoro, secondo il primo ministro, non devono essere considerate illegittime, dal
momento che avevano come ne ultimo quello di preservare i diritti delle classi operaie, con il ne
di migliorare le condizioni lavorative dei lavoratori. Di fronte a questa realtà, il governo non può,
quindi, utilizzare gli abituali metodi repressivi, che sono ormai assolutamente inadeguati e
anacronistici.

In ne, per Giolitti, il mantenimento dell’ordine pubblico si può avere avendo a che fare con forze
organizzate, come i sindacati, piuttosto che con movimenti inorganici e non organizzati.
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