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Machiavelli lascia intende e suggerisce idee rivoluzionarie. Egli si rende conto di essere un intellettuale che sta
stravolgendo la cultura e il modo di pensare contemporanei. Il secondo passo tratto da una biografia di Machiavelli ci
racconta del sogno che è diventato un aneddoto dell’autore che suggerisce l’idea di un uomo che supera le barriera della
convenzione, la cultura universalmente diffusa e riconosciuta per essere un uomo si pone come anticonformista e dotato
di una forza e di un’energia che non gli impediscono di andare contro le convenzioni di una cultura da tutti riconosciuta.
Biografia
Nasce a Firenze il 3 maggio del 1469 da una famiglia borghese di modesta agiatezza e di ottime tradizioni culturali: il
padre e la madre si distinsero per la composizione di opere letterarie: madre autrice di rime sacre e il padre
Bernardo,dottore in legge, disponeva di una ricca biblioteca con testi di autori classici, inoltre egli scrisse un’opera
“Ricordi Familiari” che rientra nella tradizione tipica del ceto borghese fiorentina. Questa passione per la letteratura e
per la cultura dei genitori di Machiavelli fece sì che egli ebbe la possibilità di avere nella propria dimora una ricchissima
biblioteca in cui potè leggere un libro che gli sarà per sempre caro: “La storia di Roma” di Tito Livio; inoltre egli
trascrisse il “De rerum natura” di Lucrezio e questo testimonia l’interesse e la passione di Machiavelli per la cultura
umanistica e scientifica epicurea (Lucrezio sulla scorta di Epicuro, recupera il meccanicismo di Democrito) e allo stesso
tempo influenzò La trascrizione di Machiavelli avvenne negli anni in cui a Firenze trionfa lo spiritualismo e il governo
di Girolamo Savonarola, frate intransigente che riporta il rigore della religione nel governo di Firenze. La lettura del “De
Rerum Natura” influenza Machiavelli verso un’ideologia laica e materialista. Machiavelli fu influenzato inoltre da
storici greci come Plutarco e latini come Tacito e Livio. Tra gli autori considerati “moderni” Machiavelli apprezza Dante
e Boccaccio di cui Machiavelli apprezza il Decameron per lo spirito irriverente e il gusto della beffa.
Machiavelli si pone come un individuo e un intellettuale che ha il coraggio di andare oltre alle idee diffuse e
riconosciute. Machiavelli sulla scorta di questa approfondita cultura di stampo laico, nel 1498 si candida per la
cancelleria del comune di Firenze (Firenze era ancora una Repubblica Comunale, oltre alla parentesi Medicea), però non
riuscì ad ottenere questa carica poiché fu conquistata dal candidato del partito di Savonarola.
Alla morte di Savonarola, Machiavelli conquistò la carica di cancelliere del comune di Firenze e iniziò, a partire dalla
fine del 1498, la sua carriera politica che lo vide a capo del governo della repubblica di Firenze con grande
responsabilità sia in politica interna sia in politica estera e in politica militare. Egli diventa Secondario alla seconda
Cancelleria e il suo ruolo era quello di un “osservatore politico” col compito di fornire al governo della Repubblica
informazioni dettagliate su aspetti militari e politici grazie al sostegno di un'equipe di assistenti. Nell’incarico di
Segretario era implicita la necessità di viaggiare, infatti nei quattordici anni in cui Machiavelli fu Segretario compì
diverse missioni diplomatiche sia in territorio italiano sia in territorio estero incontrando personaggi come Luigi XII,
l’imperatore Massimiliano e Papa Giulio II
La sua posizione implica stretti rapporti con gli altri stati italiani e con gli stati europei: dal 1498 al 1512, per 14 anni
Machiavelli rimase a capo del governo di Firenze: anni molti preziosi per la sua formazione, per la sua carriera e gli
consentirono di acquisire esperienze dirette della realtà politica e militare del tempo da cui trarrà spunto per le
riflessioni, le teorie e le analisi che troviamo nella sua opera. L’esperienza reale, la conoscenza della realtà, dei
meccanismi della “grande politica”e delle dinamiche politiche e civili sono alla base dell’ideazione e della produzione
del “Principe” e dei “Discorsi”
- Nel 1502 Machiavelli si recò presso Cesare Borgia (“il duca Valentino”): Machiavelli si recò nel ducato di Urbino nel
momento in cui Cesare Borgia, con l’appoggio del padre il papa Alessandro VI, si era impadronito del ducato di
Urbino (territorio strategico e centrale in Italia) e mirava alla costruzione di uno stato forte nel centro Italia che potesse
comprendere i territori pontifici fino alla Toscana. Machiavelli rimase profondamente colpito dalla figura del Valentino
poiché Cesare Borgia rappresentava la figura di un politico audace, coraggioso e molto spregiudicato. Machiavelli,
profondamente colpito da questa figura politica, presenta Cesare Borgia nel suo trattato “IL PRINCIPE” come
esempio di Virtù, caratteristica fondamentale che deve avere un principe che voglia costruire una compagine statale
forte e stabile capace di affrontare la crisi politica che sta affrontando l’italia
- 1502-1503 Machiavelli si recò da Cesare Borgia e qui divenne testimone di importanti azioni politiche condotte da
questo duca. Quando muore Alessandro VI (padre di Cesare Borgia), il Valentino perde ogni appoggio e ogni forza
politica andando alla rovina poiché al soglio pontificio sale al potere il suo acerrimo nemico. La parabola politica del
Valentino si concluderà con la sua stessa morte
- 1503 Machiavelli si reca a Roma nel momento del conclave da cui uscirà come Pontefice Papa Giulio II (avverso a
Cesare Borgia)
- Nel 1506 Machiavelli propone di istituire una milizia cittadina per porre fine all’utilizzo di milizie mercenarie (criticate
duramente da Machiavelli nel trattato sull'Arte della Guerra”), tuttavia il progetto risulta fallimentare perché la nuova
milizia cittadina subisce una sconfitta a Prato
- 1507-1508 Machiavelli si reca in Francia e poi in Germania. Durante il viaggio da Firenze alla Germania, Machiavelli
attraversò la Svizzera e parte della Germania e rimase colpito e ammirato dalla compattezza e dall’unione di quei
popoli e dalle forza tradizioni civili e militari che i popoli avevano e che gli rammentano i tempi della Roma
Repubblicana (momenti che Machiavelli ritiene essenziali nella storia Italiana)
- 1511 Si profila lo scontro tra la Francia e Lega Santa capeggiata dal Papa. Firenze era alleata della Francia e con la
Battaglia di Ravenna del 1512, i francesi vengono sconfitti dagli spagnoli e le truppe fiorentine sono sconfitte dalle
milizie pontificie e spagnole (unite)
- 1512 la repubblica cade e i Medici tornano nuovamente a Firenze,e nel 1513 Giovanni de’ Medici (figlio di Lorenzo il
Magnifico) viene eletto papa con il nome di Leone X. La restaurazione del potere mediceo portò al licenziamento di
Machiavelli con la rimozione dal suo incarico di Segretario. Machiavelli è obbligato a versare una somma come
garanzia, venne incarcerato e torturato con l’accusa di aver partecipato ad una congiura contro i Medici
Da questo momento la carriera politica di Machiavelli si interruppe e seppur otterrà altri ruoli politici, egli non riuscirà
mai più ad occupare posizioni di rilievo e visse in modo doloroso l’esclusione dalla vita politica ritirandosi in esilio
volontario in un podere presso San Casciano (da lui descritto come il podere dell’Albergaccio) luogo lontano dagli affari
pubblici in cui Machiavelli, forzatamente costretto all’inattività, si dedicò alla gestione del podere agricolo, agli studi e
mantenne sempre viva una corrispondenza epistolare con Francesco Vettori. Attraverso queste lettere (che fanno parte
dell’epistolario di Machiavelli) è possibile conoscere la condizione in cui viveva, le riflessione elaborate negli anni e
l’idea di ideare il trattato “Il Principe” (nel 1513), “I Discorsi”, “La Mandragola” (nel 1518) oppure alcuni scritti
letterari che chiamava “Badalucchi”.
Il principe, per Machiavelli, rappresenta il tentativo di rientrare in vita politica: in primo luogo egli dedica il trattato a
Lorenzo de Medici, successivamente cambia il dedicatario poiché voleva riavvicinarsi alla famiglia medicea per ottenere
nuovi incarichi, speranza che venne fortemente delusa. Tuttavia durante gli anni dell’emarginazione dalla vita Politica,
Machiavelli intrattiene rapporti con amici importanti come Vettore e a partire dal 1515 inizia a frequentare le riunione
del cenacolo umanistico di Firenze nei giardini di Palazzo Rucellai, gli Orti Oricellari, luoghi in cui ci si ritrova per
dialogare, discutere e confrontarsi. Nel 1519, quando il governo di Firenze venne assunto da Giulio de Medici (futuro
papa Clemente VII) , Machiavelli ottiene un incarico come storico ufficiale di Firenze col compito di scrivere una storia
di Firenze sotto adeguato compenso, esperienza da cui nasceranno le “Istorie Fiorentine”
Nel 1523 Giulio de Medici divenne papa con il nome di Clemente VII e il rapporto con Machiavelli si fece sempre più
stretto ed egli cominciò a poco a poco incarichi di carattere militare e diplomatico, tuttavia nel 1527 i medici vengono
scacciati, la repubblica viene restaurata e Machiavelli spera di ottenere il ruolo di cancelliere che aveva tenuto per 14
anni, ma egli venne visto con ostilità perché si era avvicinato alla signoria dei medici e quindi non gli venne dato
l’incarico di cancelliere e venne escluso definitivamente da ogni tipo di coinvolgimento politico di firenze. La delusione
fu molto amara per Machiavelli che si ammalò e morì il 21 giugno del 1527. Molte furono le opere storiche e politiche
scritte da Machiavelli.
Genesi de “Il Principe”
Il capolavoro di Machiavelli è “Il Principe”, trattato politico rivoluzionario attraverso il quale Machiavelli presenta una
nuova visione della politica. Machiavelli, il 10 novembre del 1513, scrive a Francesco Vettori una lettera in cui afferma
di aver intrapreso la composizione di un trattato politico durante il soggiorno all’Albergaccio. Più precisamente
Machiavelli fa riferimento ad un “opuscolo” (riferendosi al fatto che il trattato che sta scrivendo sia molto breve e
conciso) dal titolo “De Principatibus” (Il titolo dell’opera è espresso il lingua latina come riferimento all’uso letterario
della lingua latina, lingua ideale per un pubblico colto , di specialisti ed esperti a cui si parla di argomenti elevati). A
partire da questa lettera possiamo dedurre il periodo di composizione dell’opera ovvero tra il mese di luglio e il mese di
dicembre del 1513, circa sei mesi, periodo molto breve per la composizione di un trattato; Machiavelli impiegò un
periodo di tempo molto breve poiché la tematica politica era a lui cara e aveva vissuto 14 anni molto intensi nella vita
politica di Firenze. Sempre da questa lettera noi apprendiamo che in un primo momento Machiavelli volle dedicare il
trattato al figlio di Lorenzo il Magnifico, successivamente fu indirizzo al nipote di Lorenzo (figlio di Giuliano) come
tentativo di avvicinamento alla famiglia medicea per essere inserito nuovamente nelle mansioni politiche. L’opuscolo
non fu mai dato alle stampe e circolò solamente sotto forma di manoscritto e diffuso in una cerchia piuttosto ristretta.
Venne dato alle stampe solo alla morte di Machiavelli nel 1527 e venne pubblicata nel 1532 a Firenze e a Roma
suscitando forte scalpore nel contenuto rivoluzionario dell’opera
Modelli di riferimento
Per quanto riguarda la trattatistica politica, nel Medioevo erano diffusi gli “SPECULA PRINCIPIS” ovvero delle opere
che fornivano al governare una sorta di specchio in cui riflettersi da cui il principe avrebbe appreso quali dovessero
essere i suoi comportamenti: erano un esempio di come il principe dovesse comportarsi e agire. Nel corso del 1400 gli
SPECULA PRINCIPIS ottennero enorme successo con l’affermarsi delle signorie e dei principati poiché era viva la
necessità di comprendere come governare una signoria. Machiavelli riprende questi esempi del 1400 con l’intento
tuttavia di ribaltare questi modelli da un punto di vista differente, proclamando di voler far riferimento alla “VERITÀ’
EFFETTUALE DELLA COSA” poiché Machiavelli non vuole partire dalla figura ideale del principe (ideale è qualcosa
di perfetto col limite di rimanere nella sfera dell’immaginario senza una reale connessione alla realtà. Gli specula
principis mostravano un ideale perfetto, ma lontano dalla realtà), ma vuole delineare la figura del principe come un
governante che non necessariamente deve avere tutte le virtù morali più elevate (poiché il governante è un uomo
concreto e reale), ma che abbia le virtù necessarie per conquistare uno stato e mantenerlo e quindi non si deve
preoccupare se talvolta i propri comportamenti non rispondono agli ideali morali. In questa concezione rientra la novità
fondamentale che Machiavelli apporta nella concezione politica: la morale e la poetica vengono scisse e separate
completamente a differenza della trattatistica greca e latina (Seneca e Cicerone) in cui l’agire politico deve essere
indirizzato alla morale, ecco perché l’opera di Machiavelli suscitò molto scalpore: egli ribalta la concezione dell’agire
politico.
Struttura
Il principe presenta 26 capitoli molto brevi o molto estesi e tutti presentano un titolo in latino che riassume
sinteticamente il contenuto, il latino viene utilizzato da Machiavelli come caratteristica tipica del trattato politico. La
materia de “Il Principe” è divisa in 3 sezioni a cui si aggiungono i capitoli finali
● Prima parte (cap 1-11): In seguito alla presentazione della materia del trattato, Machiavelli esamina
le diverse tipologie di principati e individua i mezzi che consentono di conquistare il principato e
mantenerlo. Machiavelli distingue 3 tipologie di principati: ereditari (principati ereditari di
generazione in generazione), nuovo (principati conquistati da qualcuno, principati che interessano a
Machiavelli che pensa che solo attraverso un principato nuovo si potrebbe rimediare alla presente
“ruina” d’Italia) oppure misti (stati nuovi a cui vengono aggiunti altri stati ereditari). Questa prima
sezione è chiusa con la presentazione dello Stato della Chiesa, anch’esso considerato principato
● Seconda parte (cap 12-14): Nella seconda parte viene trattato il problema delle milizie che
Machiavelli fortemente critica e indica come problema della crisi territoriale ed economica
dell’Italia poiché i mercenari sono soldati che combattono per un compenso e non sono mossi da
spirito patriottico, ma prima combattono per uno stato e successivamente possono lottare per lo
stato nemico senza nessun interesse economico. Per Machiavelli è necessario contare su armi
proprie su un esercito formato da cittadini in modo tale da contrastare il nemico
● Terza parte (cap 15-23): Machiavelli affronta la parte più rivoluzionaria dell’opera perché descrive i
comportamenti più adatti che il principe deve saper assumere nei confronti dei sudditi anche se
contrari alla morale: un principe virtuoso deve saper operare per il bene dello stato
- Capitolo 24: In questo capitolo la riflessione si sposta sull’analisi della politica fallimentare dei
principi italiani che ha portato alla decadenza dell’Italia. Machiavelli esamina le cause per cui i
principi italiani hanno perso i loro stati
- Capitolo 25: In questo capitolo Machiavelli affronta il rapporto tra virtù e fortuna e afferma come il
principe regnante debba arginare la fortuna
- Capitolo 26: Nell’ultimo capitolo de “Il Principe” Machiavelli si allontana dall’analisi politica e
conclude la propria opera con un’esortazione alla casata medicea a guidare il riscatto dell’Italia e a
liberarla dai barbari
Nella genesi e nella produzione letteraria de “Il Principe” si sovrappongono tre intenti differenti
1) Intendo trattatistico → Machiavelli delinea le diverse tipologie dei principati
2) Intendo pragmatico → Machiavelli dà consigli ai pl principe, suggerisce strategie politiche e
militari che consentono al Principe di costruire uno stato moderno, di affrontare i grandi stati
europei e di risolvere la crisi italiana sempre più acuita dalla discesa di Carlo VIII in Italia nel 1494
3) Intento utilitaristico e personale → Il principe vuole essere un lasciapassare per Machiavelli per
rientrare nella scena politica
Pensiero politico
❏ Fusione tra teoria e prassi: In primo luogo bisogna considerare che Machiavelli non è un puro teorico, il suo
fine non è quello di creare una teoria politica a tavoli, ma il suo pensiero scaturisce dalla realtà storica a lui
contingente, la Repubblica fiorentina, che rappresenta l’occasione per applicare le sue teorie politiche. Il fine di
Machiavelli è quello di creare una teoria politica che possa essere messa in pratica nella realtà. Alla base del
pensiero di Machiavelli c’è la consapevolezza che l’Italia sta vivendo un periodo di crisi politica (l’Italia è
frammentata in diversi stati, mentre alcune nazioni europee hanno raggiunto un forma politica stabile come la
monarchia assoluta. Essendo l’Italia frammenta è oggetto delle miri espansionistiche delle altre potenze europee),
di crisi militare (l’Italia non ha ancora un esercito proprio, ma si base delle truppe mercenarie) e una crisi morale
poiché valori come il senso civico, l’amor di patria, l’orgoglio e il senso dell’onore sono venuti meno. Per
Machiavelli la soluzione a questa crisi è la presenza di un principe capace di costruire uno stato abbastanza forte
da contrastare le mire espansionistiche degli altri stati.
❏ Scissione etica e politica: Nel costruire la propria idea politica, Machiavelli parte dalla realtà che egli conosce
per dar vita ad una teoria politica che non trova soluzione ad una situazione momentanea, ma che sia in grado di
assumere una portata universale. Machiavelli può essere considerato il padre della scienza politica in quanto
distingue questa disciplina da tutte le altre: egli parte dal presupposto che la politica sia una scienza autonoma
che deve essere svincolata da qualsiasi altra disciplina (come l’etica). La teoria politica nel medioevo era
subordinata all’etica: il criterio con cui si giudica l’operato del governante era subordinato alla distinzione tra
bene e male in senso morale. Machiavelli rivendica in modo netto l’autonomia dell’azione politica dall’etica: la
politica possiede un proprio metodo di indagine, delle proprie leggi specifiche e l’agire dell’uomo di stato deve
essere valutato esclusivamente se egli abbia saputo raggiungere i fini della politica come il rafforzamento e il
mantenimento dello stato oppure come la capacità nel garantire il benessere dei cittadini e l’efficienza dello stato.
Nell’ottica del Principe la bontà, la liberalità, il mantenimento della parola data e tutti quei valori che venivano
considerati moralmente come “virtù” se nuocciono allo stato diventano qualità negative, al contrario possono
diventare delle virtù anche dei comportamenti come la crudeltà, il tradimento della parola dato e l’uso della
violenza.
❏ Realtà effettuale della cosa: Machiavelli per elaborare la propria teoria politica parte dall’esperienza e dai dati
empirici che egli raccoglie dall’osservazione con la realtà (proprio come avviene per un fenomeno naturale: si
osserva, si estrapolano dei dati empirici per poi elaborare una teoria: questo è il metodo di Galileo Galilei
conosciuto come il metodo scientifico, introdotto da parte di Machiavelli un secolo prima nell’ambito della
scienza politica. Gioberti nell’800 definisce Machiavelli il Galileo della politica ). Machiavelli parte
dall’esperienza che può essere di due tipi:
1. EXPERIENTIA DELLE COSE MODERNE: ovvero l’esperienza diretta che gli uomini vivono con la
partecipazione diretta degli eventi
2. EXPERIENTIA DELLE COSE ANTIQUE: ovvero l’esperienza indiretta ricavata dagli autori
dell’antichità. Per meglio comprendere questa forma di esperienza è necessario fare riferimento alla
CONCEZIONE NATURALISTICA di Machiavelli per cui l’uomo essendo un fenomeno naturale assume
sempre gli stessi comportamenti che non variano nel tempo così come non variano i fenomeni naturali e
quindi se l’uomo non cambia le leggi politiche hanno una validità universale, per questo motivo è
necessario prendere come esempio gli antichi “uomini dotati di straordinaria virtù” considerati come
grandi modelli del passato che possono essere presi in considerazione per analizzare la realtà presente
Da questa visione scaturisce una TEORIA RAZIONALE DELL’AZIONE POLITICA per cui esistono delle leggi a cui i
fatti politici devono corrispondere e Machiavelli per formulare queste leggi deve partire dalla considerazione
pessimistica che l’uomo è un essere malvagio, Machiavelli non vuole comprendere le cause, non indaga se l’uomo sia
malvagio per natura o per una conseguenza di una colpa, ma ritiene che l’uomo sia un essere malvagio ed analizza
empiricamente gli effetti di questa malvagità nella realtà
L’uomo è malvagio (non opera mai nulla bene se non per necessità, degli uomini si può dire questo, generalmente, che
sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi del guadagno) perché è spinto ad agire
per un interesse materiale ed egoistico, l’uomo non agisce in base a dei valori nobili ed altruisti, ma per i propri interessi
e quindi chi assume il potere deve essere consapevole di non avere a che fare con un’umanità ideale nobile e generosa,
ma profondamente malvagia pertanto il principe non dovrà sempre seguire la virtù in senso morale, ma dovrà essere
anche non “buono” e deve essere duttile nel sapersi adattare alla realtà, per questo motivo Machiavelli afferma che il
principe debba essere un “centauro” (figura mitologica che rappresenta un essere mezzo uomo e mezzo bestia) perchè
l’uomo deve saper usare la sua metà umana e mettere in evidenza le proprie virtù (ad esempio la saggezza, la
magnanimità, la dedizione o l’amore nei confronti dei sudditi), ma quando è necessario deve essere crudele e malvagio
andando incontro alla morale poiché dal punto di vista dell’efficacia morale se la malvagità è indirizzata al benessere
dello stato e dei cittadini, deve essere esaltata ed utilizzata. In relazione a ciò Machiavelli non segue più il criteri del
bene e del male, ma usa l’utile e il danno, novità rivoluzionaria rispetto agli SPECULA PRINCIPIS perchè l’agire
politico è vincolato solamente dalla legge dell’efficienza e infatti si parla di “Assolutezza della politica”
Il rimedio per la malvagità dell’uomo è lo stato che, essendo l’istituzione che si pone come fine l’interesse e il bene
comune,deve trovare un farmaco alla malvagità dell’uomo che può essere messa a freno attraverso:
- La religione che rappresenta uno strumento di potere molto forte perché obbliga i cittadini al rispetto e alla fede
della parola data
- Le leggi che rappresentano il deterrente per la malvagità perché il principe attraverso le leggi garantisce la
convivenza civile attenuando le spinte egoistiche e personalistiche dell’uomo
- Le milizie rappresentano le istituzioni in grado di rispondere alle aggressioni esterne, ma rappresentano anche lo
strumento per mantenere l’ordine all’interno dello stato
❏ RAPPORTO VIRTÙ’ E FORTUNA: Fin dal primo capitolo Machiavelli introduce due parole chiave
dell’intera opera: virtù e fortuna
●Il termine virtù viene laicizzato da machiavelli e lo fa ricondurre nell'accezione latina classica per cui virtù era
sinonimo di energia e forza vitale. Nel campo politico, il principe “virtuoso” è colui che sa sfidare le difficoltà e
affermare con forza il proprio progetto mettendolo in atto, colui sa operare scelte funzionali e colui che sa
decidere ciò che è meglio per lo stato. Machiavelli indica due tipologie di virtù: la virtù eccezionale del singolo
(il politico che deve emergere e brillare grazie al suo operato) e la virtù del buon cittadino (che opera nelle
istituzioni dello stato e si adatta alle norme e alle leggi)
L’uomo deve possedere la virtù del saper prevedere e calcolare i rischi per intervenire e predisporre gli interventi
necessari: nel 25° capitolo Machiavelli fa un paragone: così come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi
(poiché in caso contrario, la sua piena distruggerebbe tutto ciò che lo circonda) allo stesso modo l’uomo politico deve
prevedere i rischi e predisporre i rimedi prima che gli eventi accadano, il principe deve essere duttile e quindi capace di
adattarsi ai tempi alle condizioni
La virtù di cui Machiavelli parla è un complesso di tante altre qualità come
1) La conoscenza delle leggi che determinano l’agire politico derivante dall’esperienza diretta e indiretta
2) L’applicazione delle leggi per prevedere i comportamenti degli avversari, gli sviluppi delle istituzioni e i casi
della fortuna che si possono presentare
3) La decisione energica e coraggiosa nel mettere in pratica tutto ciò che è stato organizzato
La virtù fa acquisire nell’uomo grande forza e di conseguenza Machiavelli ha una considerazione molto alta delle
possibilità che la virtù dà all’uomo di affrontare ogni situazione, tuttavia l’uomo ha dei limiti e deve fare i conti con
una serie di fattori esterni che non dipendono dall’uomo, limiti che vengono chiamati col nome di “fortuna”:
Machiavelli si pone il problema di come l’uomo possa e debba affrontare la fortuna concepita in modo laico e
immanentistico, in questo modo esclude la presenza della provvidenza come disegno preordinato e indirizzato ad una
fine.
●Il termine fortuna nella cultura latina viene personificato come la dea bendata in grado di condizionare il
destino degli uomini, mentre per Machiavelli la fortuna è una serie di circostanze imprevedibili che possono
favorire o danneggiare la capacità politica del principe. Per Machiavelli la fortuna è la combinazione forze del
tutto accidentali e svincolate da qualsiasi volontà trascendentale. In linea con la visione rinascimentale, l’uomo
è in grado di fronteggiare la fortuna in modo vittorioso: per Machiavelli la fortuna è arbitra del 50% delle cose
umane, l’altra metà è regolata dagli uomini e dalle loro capacità.
Machiavelli concepisce il significato di virtù in relazione con l’occasione: egli afferma che la virtù dell’uomo debba
essere in grado di combinarsi con l’occasione: le virtù dell’uomo rimangono potenziali se l’uomo non trova l’occasione
per affermare le proprie virtù oppure se non le sfrutta al meglio.
Il ruolo della fortuna sulle cose umane è un soggetto tradizionale, particolarmente presente nella trattatistica
quattrocentesca, ma diventa sempre di più importante al tempo di Machiavelli in relazione al corso mutevole e
imprevedibile degli eventi. La fortuna viene configurata come “occasione”: una serie di eventi e situazioni che il
principe deve saper sfruttare a proprio favore attraverso le proprie capacità decisionali. Nel “PRINCIPE” prevale una
concezione negativa della fortuna, spesso paragonata ad un fiume in piena, e descritta come un insieme di forze terrene,
imprevedibili che possono travolgere i progetti del principe. Tuttavia un principe virtuoso deve saper affrontare i limiti
che la fortuna impone e le occasioni che si presentano per affermare le proprie virtù, ma spesso il problema più grande
che un principe può riscontrare nella gestione del proprio stato è la natura dei suoi comportamenti che non accordano
con il variare dei tempi: l’atteggiamento ideale, per Machiavelli, è una perfetta adattabilità alle situazioni.
Strategie espositive ed espressive nel “Principe”
Il trattato di Machiavelli può essere considerato come un vero e proprio testo argomentativo in cui le tecniche e le
strategie retoriche sono finalizzate ad ottenere il consenso da parte del lettore e da parte della casata dei Medici di cui
Machiavelli breva fortemente il supporto. Alcuni elementi dello stile di Machiavelli sono:
❖ Il coinvolgimento del lettore attraverso l’uso del “tu”, l’autore utilizza il pronome di seconda
persona singolare per rivolgersi ad un interlocutore interno per costruire una comunicazione
dialogica molto efficace sul piano comunicativo costruendo un’intesa tra un “io” autorevole e un
“tu” disposto alla comprensione
❖ L’utilizzo di un’argomentazione “necessitante” come definita dal critico Giorgio Inglese che
insieme ad altri critici analizza gli scritti di Machiavelli e trova una serie di termini come
“conviene”; “bisogna”; “è necessario”; “si deve” che vengono racchiusi nel “vocabolario della
necessità”
❖ L’utilizzo da parte dell’autore di parole, immagini metaforiche e simboliche di forte impatto.
Machiavelli utilizza anche espressioni colloquiale i immagini tratte dalla realtà naturale come “il
centauro”, “la volpe,” e il leone”
❖ L’utilizzo di connettivi testuali soprattutto causali e conclusivi con lo scopo di rendere incalzante
l’argomentazione e di far succedere le varie argomentazioni a favore della tesi
❖ L’utilizzo del procedimento dilemmatico: Machiavelli individua due alternative possibili (spesso
messe in contrapposizione attraverso la congiunzione copulativa disgiuntiva “o”), di queste ne
prende in considerazione una sola escludendo l’altra per poi trovare altre due opzioni
dell'alternativa prescelta. Un esempio lampante di questa tecnica è visibile nel 1 capitolo del
Principe per cui secondo Machiavelli è possibile distinguere gli stati in repubbliche o in principati,
esclude l’analisi delle repubbliche per portare avanti quella dei principati che possono essere
ereditari oppure nuovi, successivamente annulla l’analisi dei principati ereditari per trovare altre
due alternative alla questione dei principati nuovi che possono essere conquistati con armi altrui o
con armi proprie, con la fortuna o con la virtù
Machiavelli sceglie di utilizzare la lingua volgare e abbandona l’utilizzo del latino usato nel trattato politico umanistico
e che rimane solamente nei titoli dei capitolo. Egli vuole che la sua opera sia apprezzata per l’importanza dei contenuti e
non per la presenza di una prosa “ampollosa e magnifica” abbandonando quindi espedienti retorici troppo elevati. Dal
punto di vista morfologico, Machiavelli adotta il fiorentino parlato del suo tempo (di cui abbiamo testimonianza
nell’articolo maschile el, nel plurale e, nel possessivo plurale sua oppure nel participio passato del verbo essere in suto)
unito a termini colti e latinismi, termini del linguaggio popolare e permeando di significato politico alcuni termini di
linguaggio comune.
Capitolo I: Quot sint genera principatuum et quibus modis acquirantur
Il primo capitolo è molto breve e serve a Machiavelli per definire la materia del suo trattato in modo molto rigoroso e
lineare. Questo capitolo ha la funzione di un indice che presenta una semplice definizione elencatoria delle diverse
tipologie di principati e i diversi modi con cui si conquistano.
Nel capitolo possiamo osservare la logica argomentativa del principe che tende ad utilizzare una modalità definita dalla
critica “dilemmatica” basata su una struttura ad albero secondo uno schema binario oppositivo. Machiavelli semplifica
la complessa materia che si prepara ad affrontare al fine di conquistare il lettore mostrando le proprie capacità
argomentative. Questo capitolo è anche significativo dal punto di vista linguistico poiché è chiaro come Machiavelli si
allontani dalla prosa classicheggiante dalle parole “ampullose e magnifiche” privilegiando uno stile incisivo e funzionale
Schema dialettico
Secondo Machiavelli è possibile distinguere gli stati in:
1) Repubbliche
2) Principati che possono essere
- Ereditari
- Del tutto nuovi che possono essere
● Del tutto nuovi: Machiavelli prende come esempio il ducato di Milano con
Francesco Sforza che riuscì a diventare signore di Milano dopo la morte di Filippo
Maria Visconti, duca di Milano, di cui aveva sposato la figlia
● Stati nuovi aggiunti a principati ereditari: Machiavelli prende come esempio il re di
Spagna Ferdinando il Cattolico che aveva conquistato il regno di Napoli nel 1503
❖ Che possono essere acquistati con armi proprie o con armi altrui
➔ Che possono essere ottenuti per fortuna o per virtù
Machiavelli analizza la condizione di coloro che ottengono il potere per virtù (come i personaggi citati sopra) che
acquistano il potere nel principato con difficoltà, ma lo mantengono con facilità poiché egli incontra la diffidenza degli
uomini verso le cose nuove che ancora non conosco, in più chi e favore alle nuove istituzioni sostiene il nuovo regime in
modo debole, mentre trova l’opposizione di chi traeva vantaggio con la forma di governo e il principe precedente. Di
fronte a questa analisi Machiavelli pone due comportamenti contrastanti nella gestione del principato nuovo;: da una
parte chi prega troverà sempre grande difficoltà, dall’altra chi riesce ad imporsi non corre pericoli affermando come
“tutti i profeti armati vinsero, e quelli disarmati furono travolti”. Visto che la natura dell’uomo è mutevole, è facile
ottenere la loro fiducia, ma è difficile mantenerlo e quindi il principe deve essere organizzato, di fronte a questa
affermazione Machiavelli analizza due comportamenti differenti: il primo, quello dei quattro illustri esempi, che
utilizzarono anche le proprie armi per far osservare ai loro sudditi le leggi, mentre Girolamo Savonarola non ebbe le
armi e appena il popolo iniziò a non credergli più, venne condannato come eretico. In conclusione il ragionamento di
Machiavelli ci conduce al fatto che nessuna forza poetica e nessuna giustizia ideale può sostituire l’uso della forza, unica
e vera risorsa per un'efficace azione politica
Capitolo XV: De his rebus quibus homines et praesertim principes laudantur aut
vituperantur
Il capitolo rappresenta il nucleo più rivoluzionario dell’opera per il quale il “Principe” venne definito “libro scandaloso”:
in questo capitolo Machiavelli introduce il tema del comportamento del principe alla luce del rispetto della “verità
effettuale” andando contro a qualsiasi rappresentazione idealizzata dell’azione politica. Il capitolo introduce la terza
parte dell’opera in cui viene introdotto il metodo induttivo nel rispetto della verità effettuale della cosa privilegiando la
verità effettiva come punto di partenza per poi arrivare ad una teoria che deriva sempre dall’osservazione della realtà
- Machiavelli dopo aver analizzato le tipologie di principati e le modalità della loro conquista, inizia una nuova
sezione del “Principe” in cui prende posizione nei confronti della tradizione attraverso l’uso dell’espressione “Resta
ora a vedere”.
- Prima di procedere con la trattazione dell’argomento, fa una premessa poichè egli dice che “dal momento che io so
che molti hanno scritto di questo argomento prima di me”: Machiavelli riconoscere di non essere il primo a trattare
questo argomento perché egli ben conosce la trattatistica politica di Platone, Aristotele e Cicerone accomunati dalla
visione idealizzata dalla politica, contestata da Machiavelli. Machiavelli comunica fin da subito di essere in
disaccordo con ciò che è stato detto prima di lui e afferma di volersi discostare volontariamente dalla tradizione,
essendo consapevole che ciò potrebbe fruttare un giudizio negativo.
- Machiavelli non vuole parlare di un principe ideale, ma vuole scrivere una teoria che possa essere realizzato
seguendo la realtà contingente e non l’immaginazione. Machiavelli afferma che ci sono stati molti che si sono
immaginati repubbliche e principati che però non si sono mai realizzati perché c’è grande differenza tra la vita reale
e come si dovrebbe vivere (quindi un mondo astratto, ideale, non applicabile alla vita reale). Infatti colui che segue i
propri ideali senza rendersi conto di quanto essi siano costantemente traditi nella realtà, secondo machiavelli va
incontro alla propria rovina.
- Se un uomo vuole mostrarsi in qualunque circostanza buono, è inevitabile che giunga la sua rovina poiché si trova
in mezzo a persone che non sono buone poichè nell’umanità c’è una tendenza al male che non si sa se è causata da
una colpa o può essere innata. Machiavelli afferma che l’uomo dentro di sé ha la pulsazione al male e questo è un
dato di fatto. L’ideale è che tutti devono tendere soltanto al bene, ma visto che l’uomo tende al male se il principe
vuole essere sempre e soltanto buono, inevitabilmente cadrà in rovina
- Per dominare una massa di uomini “non buono” il principe deve ricorrere a comportamenti che non sono
moralmente positivi poiché se vuole mantenere il proprio potere è necessario che impari ad essere anche non buono
e ad usare questo in base alla circostanza e alla condizione in cui egli si trova
- Successivamente Machiavelli inizia una serie di contrapposizioni tra due qualità che sono una opposta all’altra e
dice che sarebbe bello tra gli aggettivi che egli propone avere solamente le caratteristiche positive e quindi
allontanarsi da quelle negative, ma sarebbe utopistico pensare che esista un uomo con tutte le qualità e in più che le
possa applicare sempre poiché l’uomo in realtà non è questo per cui il principe deve saper evitare la cattiva fama dei
vizi che gli farebbero perdere lo stato, ma non si deve preoccupare di incorrere nella cattiva fama di quei vizi che
non gli farebbero perdere la fama perchè esistono 3 categorie di vizi
a) I vizi da evitare perchè farebbero perdere lo stato
b) I vizi indifferenti a fini politici
c) I vizi utili alla conservazione del potere
Machiavelli afferma che esistono delle virtù che alla fine si rivelano essere negative e dei vizi che dal punto di vista
politico portano risultati positivi per il popolo. Si afferma in questo modo che la politica non ha nulla a che vedere
con la morala, l'utilità politica diviene il criterio assoluto che giudica l’opera del principe perchè ci possono essere
dei comportamenti viziosi che risultano necessari per la salvezza dello stato e in questo modo Machiavelli scinde
morale e politica
Capitolo XVII: De crudelitate et pietate et ans sit melius amari quam timeri vel e contra
2. Con quali tipi di argomenti (o prove) Machiavelli sostiene la propria tesi?
Nel XVII capitolo Machiavelli sostiene che il principe non si deve curare di essere considerato crudele se il suo operato
porta vantaggio al popolo e per un principe è più conveniente essere temuto piuttosto che essere amato. A sostegno della
propria tesi Machiavelli riporta l’esempio di Cesare Borgia: il duca Valentino era crudele e veniva temuto dal proprio
popolo, ma la sua crudeltà portò ad una situazione di pace e unità in Romagna a differenza dei cittadini di Firenze che,
per evitare di essere considerati crudeli, distrussero la città di Pistoia. Se la crudeltà del principe tiene i propri sudditi
fedeli e uniti il principe non deve preoccuparsi di essere considerato crudele: in questo modo il principe affligge poche
punizioni che sono d’esempio per tutti gli altri cittadini, mentre se si è troppo clementi si rischia di provocare eventi
disastrosi per la città. A supporto di questa tesi, le punizioni crudeli colpiscono un solo cittadino, mentre la troppa
clemenza coinvolge l’intera comunità. Per quanto riguarda l’essere temuti o amati, Machiavelli si sofferma sull’essere
temuti, condizione a cui il Principe deve aspirare perché gli uomini sono malvagi, ingrati, simulatori e dissimulatori e
avidi di denaro e se il principe si fida troppo dei propri cittadini, nel momento in cui avrà bisogno i sudditi si
rivolteranno e il principe perde il potere, mentre se il principe si fa temere verrà rispettato. Questo perché gli uomini
colpiscono di più il principe che si fa amare rispetto al principe che si fa temere poiché l’amore è un vincolo che viene
facilmente spezzato dai cittadini, mentre il timore spaventa gli uomini che pertanto rispettano il principe.
Il principe deve farsi temere per non farsi odiare e per perseguire questo obiettivo deve rispettare i beni dei propri sudditi
e non deve rubare il denaro al proprio popolo poiché l’uomo, essendo malvagio e desideroso di denaro, si dimentica
prima della morte del proprio padre rispetto alla perdita del patrimonio. Per questo motivo se il principe dovrà affiggere
pagamenti ai propri cittadini, quest’ultimo dovrà avere una giustificazione.
3. L’argomentazione proposta da Machiavelli in questo brano può essere un esempio del suo proposito di andare, con Il
Principe, “più […] drieto alla verità effettuale della cosa che alla immaginazione di essa?” Perché
All’interno del XVII capitolo Machiavelli afferma la sua volontà di andare oltre ad una descrizione utopica e
immaginaria della realtà per perseguire la descrizione della verità effettuale della cosa nel momento in cui afferma la
propria tesi: secondo il pensiero universale l’essere amati e l’essere clementi è sinonimo di giustizia, ma secondo la
realtà effettuale della cosa anche l’essere crudeli e odiati può portare a risultati negativi dal punto di vista dei risultati
che queste azioni possono causare sul piano politico. A supporto di questo pensiero Machiavelli riporta l’esempio di
Cesare Borgia che, seppur temuto e considerato crudele, portò unità e pace all’interno della Romagna, mentre i cittadini
di Firenze, per evitare di essere considerati crudeli, provocarono la distruzione della città di Pistoia. Successivamente
Machiavelli afferma che la condizione umana non permette all’uomo di essere sia amato che odiato, pertanto è
necessario essere malvagi e temuti se di fronte si ha un popolo di uomini malvagi, simulatori, dissimulatori, ingrati e
volubili anticipando la figura del Centauro che verrà presentata successivamente nel capitolo successivo, il diciottesimo.
A partire da questi esempi è chiara la visione che Machiavelli ha della figura del principe che non viene descritto come
un personaggio perfetto che si comporta in base a modelli etico e morali sulla base di ciò che è giusto per definizione,
ma è rappresentato come un Principe che, essendo duttile, si adatta ai sudditi che si trova dinanzi in modo da ottenerne la
fiducia e il rispetto per mantenere l’ordine nello Stato.
. Quale concezione della natura umana emerge dal brano proposto? Motiva la tua risposta con esempi tratti dal testo
Nel XVII capitolo de “Il principe” viene presentata la figura del popolo in relazione all’operato del principe per poi
concentrare l’attenzione, nella seconda, sugli uomini dando la possibilità all’autore di poter esprimere la propria
concezione della natura emana attraverso numerosi esempi. In primo luogo “si può dire questo generalmente: che sieno
ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno” riprendendo la concezione tipica
di Machiavelli per cui l’uomo è malvagio per natura. Una volta descritti gli uomini come esseri ingrati, volubili,
simulatori e dissimulatori, timorosi dei pericoli e avidi di denaro Machiavelli descrive anche i comportamenti di questi
uomini che quando il principe fa i loro interessi, questi lo supportano, mentre quando il principe necessità del popolo,
quest’ultimo si rivoltano. In aggiunta a ciò Machiavelli sottolinea come gli uomini colpiscono di più il principe che si fa
amare rispetto a quello che si fa temere perché l’amore è un vincolo che gli uomini sono soliti a spezzare, mentre il
timore di essere puniti limita i comportamenti degli uomini poiché “gli uomini hanno meno rispetto ad offendere uno
che si facci amare, che uno che si facci temere”. In conclusione l’autore afferma che il principe non debba rubare i beni
dei cittadini senza una motivazione poiché gli uomini si dimenticano prima della morte del padre rispetto alla perdita del
proprio patrimonio. L’uomo, per Machiavelli, è un essere malvagio per natura perché nella realtà è spinto ad agire per un
interesse materiale ed egoistico e non in base a sentimenti nobili e altruisti e per questo motivo il Principe deve essere
crudele e malvagio per relazionarsi con il proprio popolo.
7. Analizza la sintassi e il lessico: quali caratteristiche presentano? Come le scelte stilistiche riflettono il pensiero di
Machiavelli e le sue finalità?
Lo stile di Machiavelli predilige l’ipotassi rispetto alla paratassi nella presentazione della propria tesi con le relative
argomentazioni, infatti nel testo troviamo diverse subordinate con un’abbondanza di subordinate causali e frasi relative.
Sono molti i connettivi logici che legano tra di loro le argomentazioni ad esempio “per tanto” (riga 8), “non di manco”
(riga 4, 15), “in modo che” (riga 36) “ma” (riga 21,27,30,34), “quanto pure li” (riga 39), “di poi” (riga 43) e “per
avverso” (riga 45). L’argomentazione di Machiavelli venne definita dalla critica “necessitante” perché il lessico adottato
è caratterizzato da una serie di espressioni che la critica ha voluto raccogliere e catalogare in quello che viene definito il
vocabolario della necessità; ad esempio nel XVII capitolo viene ripetuto per diverse volte il verbo “dovere” coniugato
alla terza persona singolare del congiuntivo presente “dico che ciascun principe DEBBE desiderare di essere tenuto
pietoso e non crudele: non di manco DEBBE avvertire di non usare male questa pietà” (righe 2/3) – “DEBBE per tanto
uno principe non si curare della infamia di crudele, per tenere è sudditi sua uniti et in fede” (righe 8/9) – “Non di
manco DEBBE essere grave al credere et al muoversi” (righe 15/16) – “DEBBE non di manco il principe farsi temere
in modo che, se non acquista lo amore, che fugge l’odio” (righe 35/36). Il pensiero di Machiavelli si arricchisce anche
di numerosi esempi che l’autore utilizza per allontanarsi dall’immaginazione in direzione di una descrizione reale dello
Stato che sono espedienti che l’autore utilizza per organizzare un’argomentazione con lo scopo di persuadere il lettore.
A questo proposito l’autore utilizza il procedimento dilemmatico di cui troviamo esempio nel XVII capitolo a partire
dalla linea 32 in cui Machiavelli afferma che “E li uomini hanno meno respetto a offendere uno che si facci amare, che
uno che si facci temere” per poi analizzare due situazioni ben distinte: in primo luogo un principe che si fa amare subirà
la rivolta del popolo che romperà il legame d’amore, in secondo luogo un principe che si fa temere e otterrà la fiducia
del popolo che teme le ripercussioni del popolo.
La Mandragola
TRAMA
Messer Nicia è sposato con Lucrezia, ma da questi due non è ancora nato un bambino e di questa situazione approfittano
Callimaco e Ligurio; il primo è profondamente innamorato di Lucrezia (Moglie di messer Nicia) e vuole a qualsiasi
costo passare una notte di fuoco con la giovane donna. Callimaco e Ligurio allora organizzato una messa in scena per
ingannare Messer Nicia, in quale, seppur laureato e dottore, era uno dei personaggi più creduloni e stupidi di Firenze.
Ligurio fa credere a Messer Nicia che Callimaco sia un grande medico e che sicuramente sarà in grado di rendere
Lucrezia incinta. Successivamente avviene l'incontro tra Ligurio, Messer Nicia e Callimaco (che si è finto dottore) in
quale spiega al messer Nicia che la sua donna dovrà bere un intruglio di Mandragola prima di andare a letto, ma dovrà
passare la notte con uno sconosciuto dal momento che chiunque dormi con qualcuno che ha bevuto mandragola, morirà
(cosa non vera) ! Messer nicia coglie subito la palla al balzo e propone alla donna amata la soluzione, anche se lei non è
d'accordo, verrà spinta dalla madre e dal prete Timoteo, in quale diverrà un grande alleato per Ligurio e Callimaco, in
cambio di una grossa somma di denaro. Ligurio spiega a Messer Nicia che, per evitare che lui muoia, verrà scelta una
persona a caso che possa condividere la nottata con Lucrezia, ma anche questa è una scelta a favore di Callimaco perché
il giorno dell'inganno si presentano a Messer Nicia Ligurio, Siro (schiavo di Callimaco) e il prete (travestito da
Callimaco nelle vesti del medici) in modo tale che la persona che verrà scelta per passare una notte con Lucrezia sia
CASUALMENTE Callimaco. I due vivono un'intensa notte di fuoco. Alla fine della storia Messer Nicia si ritrova con la
Moglie, felice del futuro figlio, e di fronte alla chiesa si ritrovano Ligurio e Callimaco che verranno ricompensati da
Messer Nicia e poco dopo fuoriesce il prete Timoteo che pretende il pagamento (per aver convinto Lucrezia) e per
celebrare una nuova messa.