Sei sulla pagina 1di 13

I Cristalli liquidi

Ingrandimento sotto luce polarizzata di un cristallo liquido nematico

Ingrandimento sotto luce polarizzata di un cristallo liquido smectico

I cristalli liquidi, o per meglio dire "le proprietà liquido-cristalline possedute da alcuni composti
organici", furono scoperti nel 1888 dal botanico austriaco Friedrich Reinitzer.
Reinitzer si accorse che riscaldando del benzoato di colesterile questo dapprima diventava opaco,
per poi schiarirsi al progressivo alzarsi della temperatura. Una volta raffreddato, il liquido diventava
bluastro e poi cristallizzava.
In pratica tali sostanze non passano direttamente dallo stato liquido a quello solido, ma in particolari
condizioni sono in grado di organizzarsi in fasi intermedie (mesofasi) che presentano caratteristiche
sia dello stato liquido cristallino che di quello solido. Questo dualismo giustifica il termine con cui
si indicano questi composti: cristalli liquidi.
Proprietà
I cristalli liquidi possono essere definiti come fluidi altamente anisotropi che esistono fra la fase
solida cristallina e quella liquida isotropa. L'esistenza di queste mesofasi è dovuta ad una certa
organizzazione che le molecole possono assumere passando dall'ordinata disposizione cristallina
dello stato solido alla disposizione casuale dello stato liquido. Numerosi cristalli liquidi possono
essere osservati in base alla loro birifrangenza ottica al microscopio con filtri polarizzatori
incrociati. Alle proprietà tipiche dello stato solido (anisotropia ottica ed elettrica) e dello stato
liquido (fluidità e mobilità molecolare) si aggiungono caratteristiche peculiari dei cristalli liquidi: ad
esempio la possibilità di variarne il grado di ordine per mezzo di campi magnetici ed elettrici, o la
facoltà che essi hanno di cambiare colore al variare della temperatura. Questo ha fatto dei cristalli
liquidi una classe di composti che sono oggi largamente usati per la costruzione di oggetti di uso
quotidiano.

Classificazione
I composti che formano mesofasi (mesogeni) quando disciolti in un opportuno solvente in un certo
intervallo di concentrazione, vengono detti cristalli liquidi liotropici. Quelli in grado di generare
mesofasi al variare della temperatura vengono chiamati termotropici e generalmente sono dotati di
una struttura molecolare a forma di disco (cristalli liquidi discotici), oppure a forma di bastone
(calamitici).

Uno stesso composto, nel percorso fra lo stato cristallino e quello liquido isotropo, può passare
attraverso varie mesofasi contraddistinte da un grado di ordine decrescente. Alla classe dei cristalli
liquidi liotropici appartengono numerose sostanze, alcune delle quali di grande interesse biologico,
che si aggregano in mesofasi quando vengono disciolte in un opportuno solvente. È possibile
osservare differenti mesofasi liotropiche al variare della concentrazione, ed esiste un valore critico
al di sotto del quale la soluzione è isotropa.
Mesofasi termotropiche
Le mesofasi calamitiche possono mostrare i seguenti tipi di organizzazione supramolecolare:

Mesofase nematica

L'aspetto di un campione liquido-cristallino nematico al microscopio ottico con filtri polarizzatori


incrociati ricorda un insieme di fili.
I cristalli liquidi in fase N sono fluidi come i liquidi isotropi, ed i centri di massa delle molecole
sono ripartiti senza ordine nello spazio, ma è presente una direzione preferenziale di orientamento
delle molecole stesse.

Mesofase colesterina

Una mesofase nematica formata da una molecola chirale assume un orientamento ad elica chiamata
colesterica (Ch) dato che fu osservata per prima nei derivati del colesterolo.
Il passo dell'elica varia al variare della temperatura, e le mesofasi colesteriche sono in grado di
diffrangere la luce che ha una lunghezza d'onda pari alla lunghezza del passo.
Al variare della temperatura si nota quindi una variazione di colore del cristallo liquido.
Mesofasi smectiche stratificate

Immagine di una transizione di fase SA – N

Come nel caso della fase nematica, nelle mesofasi smectiche gli assi lunghi sono orientati
preferenzialmente nella stessa direzione. A questo ordine orientazionale si aggiunge un ordine
posizionale mono o bi-dimensionale dovuto al fatto che in queste fasi le molecole si organizzano in
strati.
A seconda delle varie configurazioni possibili esistono numerose fase smectiche, ciascuna
identificata da una lettera (ad esempio SA significa mesofase smectica di tipo A).

Sono stati caratterizzati molti composti che mostrano più mesofasi.

La sequenza in riscaldamento (determinata dal grado di ordine che progressivamente diminuisce) da


un cristallo (K) ad un liquido isotropo (I) è la seguente:

K -> SE o SG -> SB -> SF -> SC -> SD -> SA -> N -> I

Analogamente a quanto descritto per le mesofasi calamitiche, in cui sono presenti mesofasi
nematiche e smectiche, anche le discotiche possono essere classificate in nematiche (o discotiche
fluide) e colonnari, analoghe alle fasi smectiche.
Mesofasi liotropiche
Una mesofase liotropica è generata da mesogeni che disciolti in un appropriato solvente, ed in
determinati intervalli di concentrazione, si aggregano in strutture liquido-cristalline.
Spesso i mesogeni liotropici sono molecole anfifiliche (ovvero contengono sia gruppi funzionali
idrofobici che idrofilici). Al variare della concentrazione del solvente (acqua in questo caso) le
proprietà idrofiliche o idrofobiche possono variare, modificando il modo in cui le molecole si
aggregano fra di loro e in rapporto alle molecole del solvente.

Il grado di ordine di aggregazione di queste molecole aumenta all'aumentare della concentrazione,


ed esistono numerose possibilità di aggregazione micellare, fra cui per esempio:

 Sferica
 Colonnare
 Cubica
 Lamellare

Numerosi tensioattivi mostrano questo tipo di comportamento e si organizzano in micelle quando


disciolti in acqua. Il funzionamento di molti saponi si basa su questa capacità di organizzarsi in
micelle sferoidali che inglobano il grasso rimuovendolo dalla superficie trattata.
Anche in biologia si incontrano mesogeni liotropici: per esempio numerose sostanze coinvolte nel
meccanismo delle membrane biologiche, le proteine che costituiscono la tela del ragno, alcuni virus,
i fosfolipidi e lo stesso DNA.

Applicazioni
I cristalli liquidi trovano largo uso negli schermi a cristalli liquidi, che sfruttano le proprietà ottiche
di determinate molecole liquido-cristalline. Queste molecole in presenza di un campo elettrico si
allineano con esso, alterando la polarizzazione della luce in un determinato senso. Sfruttando questa
capacità è possibile filtrare la luce che passa entro appositi pannelli polarizzati.

Un'altra applicazione, che sfrutta le proprietà dei cristalli liquidi colesterici, la si trova in alcuni
termometri per la misura della temperatura corporea o dei circuiti elettrici.
Schermo a cristalli liquidi
Lo schermo a cristalli liquidi, in sigla LCD dalla corrispondente espressione inglese liquid crystal
display, è una tipologia di display a schermo piatto utilizzata nei più svariati ambiti, con dimensioni
dello schermo che variano da poche decine di millimetri a oltre 100 pollici.

I maggiori produttori a livello mondiale di pannelli LCD sono AU Optronics, Chi Mei Innolux
Corporation, LG Display, Panasonic Corporation, Samsung Electronics, S-LCD e Sharp
Corporation.

Da circa trent'anni in particolare gli LCD sono utilizzati anche in ambito video, inizialmente nei
computer portatili, in seguito anche nei monitor e nei televisori (inizialmente in televisori portatili
con schermo di pochi pollici, in seguito anche nei normali televisori con schermi di varie decine di
pollici) riuscendo, all'inizio del secolo, insieme allo schermo al plasma, a mandare in pensione il
quasi centenario display CRT.

Il primo utilizzo dei cristalli liquidi per uno schermo fu opera di George Heilmeier nel 1965.

Funzionamento

Componenti di un LCD twisted nematic riflettevo


1) Polarizzatore verticale
2) Schermo di vetro con maschera delle zone scure
3) Strato con i cristalli liquidi
4) Strato di vetro con elettrodi
5) Polarizzatore orizzontale
6) Superficie riflettente
Funzionamento di un elemento a "cristalli liquidi" trasmissivo: a sinistra il pixel/schermo/segmento
è spento e la luce (polarizzata) transita, mentre a destra, la rotazione dei "cristalli liquidi" dovuta
all'applicazione di una differenza di potenziale impedisce il passaggio della luce.

L'LCD è basato sulle proprietà ottiche di particolari sostanze denominate cristalli liquidi. Tale
liquido è intrappolato fra due superfici vetrose provviste di numerosissimi contatti elettrici con i
quali poter applicare un campo elettrico al liquido contenuto. Ogni contatto elettrico comanda una
piccola porzione del pannello identificabile come un pixel (o subpixel per gli schermi a colori), pur
non essendo questi ultimi fisicamente separati da quelli adiacenti come avviene invece in uno
schermo al plasma. Sulle facce esterne dei pannelli vetrosi sono poi posti due filtri polarizzatori
disposti su assi perpendicolari tra loro. I cristalli liquidi torcono di 90° la polarizzazione della luce
che arriva da uno dei polarizzatori, permettendole di passare attraverso l'altro.

Prima che il campo elettrico sia applicato, la luce può passare attraverso l'intera struttura, e, a parte
la porzione di luce assorbita dai polarizzatori, l'apparecchio risulta trasparente. Quando il campo
elettrico viene attivato le molecole del liquido si allineano parallelamente al campo elettrico,
limitando la rotazione della luce entrante. Se i cristalli sono completamente allineati col campo, la
luce che vi passa attraverso è polarizzata perpendicolarmente al secondo polarizzatore, e viene
quindi bloccata del tutto facendo apparire il pixel non illuminato. Controllando la torsione dei
cristalli liquidi in ogni pixel, si può dunque regolare quanta luce far passare. Si noti però che in
questo modo un pixel guasto apparirà sempre illuminato. In realtà alcune tipologie di pannelli
funzionano all'opposto, cioè sono trasparenti quando accesi ed opachi quando spenti per cui un
pixel guasto resta sempre opaco.

Parlando di schermi a colori per PC o TV, l'unità di misura delle dimensioni dello schermo è
comunemente il pollice (un pollice corrisponde a 2,54 cm), ed è la distanza misurata in diagonale
tra due angoli opposti del pannello. Le dimensioni variano oggi da 12 a oltre 100 pollici, con
risoluzioni che, nelle TV, vanno da 640 x 480 a 1920 X 1080 pixel ed anche oltre per applicazioni
speciali.

Una delle caratteristiche principali dei pannelli a cristalli liquidi (fatta salva la retroilluminazione) è
il basso consumo di potenza elettrica, che li rende di per sé particolarmente indicati per applicazioni
in apparecchiature alimentate da batterie elettriche. Gran parte del consumo è invece attribuibile alla
retroilluminazione: ad esempio nelle TV, a causa della particolare luminosità richiesta, i consumi
elettrici complessivi sono piuttosto elevati, solo lievemente inferiori a quelli dei tubi corrispondenti
(un TV 32" ha potenze di circa 120-180W, ma attenzione: è circa 30" effettivi), anche se le ultime
generazioni di TV hanno consumi abbastanza contenuti ed un 46" recente consuma circa quanto un
40" della generazione precedente.

Schermi trasmissivi, riflettivi e transriflettivi

Tipico esempio di display a "cristalli liquidi" riflettevo

Ingrandimento di uno schermo LCD a colori trasmissivo (cioè dotato di retroilluminazione). Come
si vede, in uno schermo a colori ogni pixel è in realtà suddiviso in 3 subpixel dotati di filtro rosso
verde o blu: variando la luminosità di ogni sezione si può ottenere una vasta gamma di colori.

Gli schermi LCD possono essere usati in due modalità denominate trasmissivo e riflettivo. Gli
schermi di tipo trasmissivo sono illuminati da un lato e vengono visti dall'altro. In pratica una luce
viene posizionata sul retro dello schermo e i cristalli liquidi agiscono da filtro facendo passare solo
la componente cromatica desiderata. In questo modo si ottengono schermi molto luminosi, d'altro
canto, però la fonte di luce spesso consuma più energia di quella richiesta dallo schermo in sé.
Questi schermi hanno una buona leggibilità in condizioni di scarsa luce ambientale, mentre
diventano poco visibili in condizioni di forte illuminazione, risultando adatti per l'uso in interni.

Gli schermi LCD di tipo riflettivo usano la luce presente nell'ambiente che viene riflessa da uno
specchio posto dietro lo schermo. Questo schermo ha un contrasto più basso rispetto al LCD
transmissive, infatti la luce è costretta a passare due volte attraverso il filtro. Il vantaggio principale
di questo tipo di schermo è che l'assenza di una fonte di luce artificiale mantiene i consumi
energetici molto bassi. Un piccolo schermo LCD consuma così poco che può essere alimentato da
una semplice cella fotovoltaica. Questi schermi hanno una buona leggibilità in condizioni di forte
illuminazione ambientale, mentre risultano sempre meno leggibili al diminuire dell'illuminazione
esterna.

Gli schermi transriflettivi cercano di unire le caratteristiche migliori dei trasmissivi e dei riflettivi.
Hanno un semi-specchio posto dietro il display, in grado di riflettere la luce frontale (come i
riflessivi), ma di far passare la luce proveniente da un illuminatore posto nella parte posteriore
(come i riflessivi). Questo tipo di display si va diffondendo rapidamente, soprattutto negli
apparecchi mobili (telefoni cellulari e computer palmari), per la sua buona leggibilità in tutte le
condizioni di luce.

Schermi attivi e passivi


Gli schermi LCD con un numero modesto di segmenti, come quelli usati nelle calcolatrici o negli
orologi digitali, sono provvisti di un contatto elettrico per ogni segmento. Il segnale elettrico per
controllare ogni segmento è generato da un circuito esterno. Questo tipo di struttura diventa
improponibile man mano che il numero di segmenti aumenta.

Gli schermi di medie dimensioni, come quelli delle agende elettroniche, hanno una struttura a
matrice passiva. Questo tipo di struttura ha un gruppo di contatti per ogni riga e colonna dello
schermo, invece che una per ogni pixel. Lo svantaggio è che può essere controllato solo un pixel
alla volta, gli altri pixel devono ricordare il loro stato finché il circuito di controllo non si dedica
nuovamente a loro. Il risultato è un contrasto ridotto ed una certa difficoltà a visualizzare bene le
immagini in rapido movimento. Il problema chiaramente va peggiorando man mano che il numero
di pixel aumenta.

Per gli schermi ad alta risoluzione, come i monitor per computer, si usa un sistema a matrice attiva.
In questo caso lo schermo LCD contiene una sottile pellicola di transistor (Thin Film Transistor -
TFT). Questo dispositivo memorizza lo stato elettrico di ogni pixel dello schermo mentre gli altri
pixel vengono aggiornati. Questo metodo permette di ottenere immagini molto più luminose e nitide
rispetto agli LCD tradizionali.

La durata media degli schermi LCD si attesta al giorno d'oggi intorno alle 50.000 ore. Questo dato,
unitamente alla notevole e costante riduzione del loro prezzo, rende questa tecnologia una valida
alternativa agli schermi a tubo catodico (ormai quasi abbandonata).

Parametri di caratterizzazione di un pannello LCD


I principali parametri che caratterizzano un recente schermo LCD a matrice attiva (TFT) per TV o
PC sono contrasto, luminosità (o più propriamente luminanza), linearità dei grigi, angolo di visuale,
tempo di risposta e resa cromatica. Inoltre per la televisione, pur non facendo parte del pannello
vero e proprio, anche l'elettronica di scalatura dell'immagine è fondamentale nel determinare la
qualità video.

Contrasto nativo e contrasto dinamico, retroilluminazione fluorescente o a led

Il rapporto fra la luminosità del bianco e la luminosità del nero è definito contrasto. Si tratta quindi
di un parametro -tipico del pannello- dipendente dalla capacità dei cristalli liquidi di bloccare la
luce proveniente dalla retroilluminazione. Il cosiddetto "contrasto dinamico" viceversa non dipende
solamente dai cristalli liquidi ma anche dalla retroilluminazione: è infatti il rapporto fra il bianco,
misurato con la retroilluminazione alla massima intensità, ed il nero, misurato con la
retroilluminazione al valore minimo. I valori di contrasto dinamico sono pertanto formalmente
molto più alti di quello nativo dei pannelli, mediamente di un rapporto di almeno 1 a 5. Oggi i
migliori pannelli vantano contrasti nativi dello stesso ordine di grandezza di quelli dinamici dei
pannelli più vecchi; in genere comunque i contrasti dinamici sono dell'ordine di grandezza delle
diverse migliaia:1, se non delle decine di migliaia:1, mentre quelli statici ormai partono da attorno
ai 1000:1 a salire.[senza fonte] Una immagine che abbia sia parti chiare che scure mette tuttavia in
difficoltà un pannello che vanta alti contrasti dinamici in quanto la luminosità della
retroilluminazione è unica, per cui il reale contrasto sarà quello nativo del "cristalli liquidi" e non
quello dinamico.

Si sta velocemente affermando la retroilluminazione a LED,[senza fonte] distinguendo due diversi


metodi per il loro posizionamento, sensibilmente diversi tra loro: la retroilluminazione "laterale",
costituita da LED posti sul bordo dello schermo e controllabili "in blocco", e quella "a tappeto
luminoso", una tecnica più recente, la quale per mezzo di un microprocessore dedicato, permette il
cosiddetto "local dimming", una funzione che agisce dinamicamente sulle varie porzioni di
retroilluminazione, ottimizzandole in base ad ogni singolo fotogramma in riproduzione,
migliorandone pertanto sensibilmente il contrasto.

Forti contrasti sono tuttavia necessari solo per l'uso in piena luce dello schermo; si rileva infatti che
il contrasto realmente percepito dipende anche dall'illuminazione dell'ambiente e dalla finitura
superficiale dello schermo (lucido/riflettente od opaco/diffondente). Poiché in ogni caso lo schermo
non è un corpo nero e riflette una parte della luce che lo colpisce, è intuitivo che la luminanza del
nero venga alterata se lo schermo è colpito da una forte luce ambiente. Viceversa, ad esempio per la
visione di un film in un ambiente scuro (il tipico soggiorno alla sera),[senza fonte] contrasti elevati sono
in genere fastidiosi in quanto le parti di immagine più luminose hanno un effetto abbagliante,
riducendo la percezione dei dettagli nelle parti più scure ed aumentando l'effetto scia percepito.

Tempi di risposta bianco-nero, grigio-grigio, tempo percepito ed effetto scia [modifica]

Come noto il meccanismo di funzionamento di uno schermo a "cristalli liquidi" si basa sul fatto che,
orientati in modo opportuno, i "cristalli liquidi" possono consentire o meno il passaggio della luce
proveniente dalla retroilluminazione del pannello; il tempo di risposta totale è in genere definito
come il tempo necessario ai "cristalli liquidi" per passare da uno stato "tutto chiuso" (nero) ad uno
"tutto aperto" (bianco), per poi tornare al "tutto chiuso". Tuttavia alcuni produttori misurano solo il
passaggio bianco>nero (o viceversa) a cui conseguono quindi valori di tempo più bassi. Inoltre, non
è detto che il passaggio bianco>nero abbia la stessa durata del passaggio nero>bianco. In realtà,
questo valore spesso vantato dai produttori non è davvero significativo, in quanto è rarissimo che in
un filmato si passi dal bianco al nero (o viceversa): ben più frequente è che si passi da una
sfumatura di grigio ad un'altra e i tempi per le transizioni grigio-grigio (G2G) sono generalmente
più lunghi di quelle bianco-nero.[1] Oggi si è in parte corretta questa lentezza sul grigio-grigio
mediante tecniche di "overdrive" (sovratensione) dei pannelli "cristalli liquidi", al costo però di un
aumento del rumore delle immagini e/o talvolta -specie sui pannelli più vecchi- di una riduzione dei
colori riproducibili (6 bit anziché 8, simulati poi attraverso tecniche di dithering).

Il cosiddetto "effetto scia" che spesso viene attribuito ai pannelli LCD è in realtà ormai solo in parte
riferibile al tempo di risposta dei "cristalli liquidi": in parte è infatti da imputarsi alla persistenza
della visione sulla retina, cioè dipende dalla fisiologia dell'occhio umano. Infatti, la percezione
dell'effetto scia è anche legata al fatto che i pannelli LCD mantengono l'immagine fra un frame e
l'altro e sono retroilluminati in continuo, a differenza di un tradizionale tubo a raggi catodici in cui
l'immagine è "ricostruita" alla frequenza di refresh dello schermo (50 o 100 Hz la TV; da 60 fino a
120 Hz un monitor per PC). In altre parole, mentre i fosfori di un CRT tendono da soli a "spegnersi"
subito dopo il passaggio del pennello di elettroni, in un LCD-TFT (come in tutti gli schermi a
matrice attiva, plasma o LED) i pixel conservano la luminosità "fino a nuovo ordine", cioè fino al
successivo fotogramma del filmato. Questo è un grande vantaggio per uno schermo PC (l'immagine
è stabile e non sfarfalla), ma diventa un problema con immagini in movimento (TV, film): ciascun
fotogramma risulta infatti in parte sovrapposto al precedente a causa sia della lentezza dei "cristalli
liquidi" a cambiare stato, sia alla persistenza della visione sulla retina. Di fatto anche con un teorico
LCD con tempo di risposta istantaneo sarebbe sempre presente un certo effetto scia. Le soluzioni
attualmente sul mercato sono sostanzialmente tre, commercialmente spesso accomunate (anche
impropriamente) da diciture tipo 100 Hz: paradossalmente tali varie soluzioni non hanno sempre a
che fare con i 100 Hz dei CRT ed anzi talune cercano di imitare il funzionamento di un classico
CRT a 50 Hz. Tale effetto viene ottenuto mediante l'intercalamento di quadri completamente neri (o
con luminosità ridotta), quadri intermedi interpolati "calcolati" dall'elettronica dello schermo oppure
mediante spegnimenti sequenziali brevissimi delle lampade di retroilluminazione (realizzando una
sorta di "scansione" luminosa dello schermo); per ovvi motivi i costruttori sono restii -in alcuni
casi- a fornire precise indicazioni sul funzionamento preciso di queste tecniche. Alcune di queste
soluzioni potrebbero determinare un aumento della percezione di sfarfallamento dello schermo
LCD.

Luminosità e resa cromatica della retroilluminazione

Diagramma dello spazio dei colori CIE 1931 (gamma percepibile dall'occhio umano) e gamut del
modello di colore sRGB (il triangolo nero contenente i colori riproducibili con l'RGB).

Gli schermi LCD "televisivi" sono oggi caratterizzati da una luminosità molto elevata, dell'ordine
delle centinaia di candele al metroquadro (cd/m²): questa elevata luminosità li rende ben visibili
anche con una forte luce ambientale ma può risultare persino fastidiosa per la visione in un
ambiente buio o semi-buio. Il motivo per cui i costruttori adottano retroilluminazioni così forti può
essere spiegato con l'effetto che tale forte luminosità ha sul "contrasto dinamico". Come già detto
esso è, a parità di pannello "cristalli liquidi", tanto più elevato quanto maggiore è il rapporto fra il
bianco, misurato con la massima retroilluminazione, ed il nero, misurato con la minima
retroilluminazione. Si comprende bene che l'aumento della luminosità massima è il modo più
semplice per pubblicizzare valori di contrasto dinamico molto elevati. Inoltre, una forte luminosità
tende ad aumentare la persistenza della visione sulla retina incrementando il tempo di risposta e
l'effetto scia percepiti.

Discorso a parte merita la resa cromatica del pannello, ovvero la capacità di riprodurre una vasta
gamma di colori. Premesso che nessun genere di schermo di alcun tipo è in grado di riprodurre tutti
i colori percepibili dall'occhio umano, la resa cromatica dipende in buona parte dalla
retroilluminazione, e nella fattispecie dalla monocromaticità dei colori RGB (rosso verde e blu) dei
subpixel. Con le attuali lampade di retroilluminazione a scarica si ottengono risultati discreti ma
l'uso di led permette di migliorare ulteriormente il livello di monocromaticità dei tre colori
fondamentali, con il conseguente effetto di aumentare la superficie del gamut, cioè del triangolo
avente per vertici i tre colori RGB e che rappresenta le sfumature di colore riproducibili dallo
schermo. Tuttavia, non è detto che le sorgenti video (compresa l'alta definizione, HD DVD e Blu-
ray) possano davvero sfruttare efficacemente questi gamut più estesi, essendo comunque codificate
ad 8 bit per canale. Va detto che comunque lo spazio colore delle sorgenti in HD come il BluRay è
ben più ampio di quello delle sorgenti in SD, anche e soprattutto in ripresa.

Angolo di visuale in relazione a luminosità e contrasto

Variazione di luminosità e contrasto al variare dell'angolo di visuale.

L'angolo di visuale è un altro parametro importante: anche in questo caso esistono diverse modalità
di misurazione. Gli angoli di visuale pubblicizzati si riferiscono in genere all'angolo massimo sotto
cui si può guardare lo schermo mantenendo una luminosità ed un contrasto "accettabili": il grado di
"accettabilità" può essere liberamente stabilito dai produttori, per cui è possibile che i dati forniti da
produttori diversi abbiano significati diversi. Ad esempio, il limite è in genere individuato da un
contrasto di 10:1, per cui si ottiene un certo angolo di visuale; se si considera invece 5:1, l'angolo di
visuale aumenterà, pur riferendosi allo stesso identico pannello "cristalli liquidi" con le stesse
identiche caratteristiche.

Si noti inoltre che i valori dati dai produttori riguardano l'angolo estremo (in verticale ed in
orizzontale) a cui si ha un decadimento del contrasto ai valori sopra citati, ma tale numero nulla dice
riguardo a come questo valore decade al variare dell'angolo, a quali valori si hanno con angoli non
orizzontali/verticali ma diagonali, né alle differenze fra angolo verso l'alto o verso il basso (per
taluni pannelli fortissime). Indicazioni di questo genere possono essere ricavate da analisi polari
come quelle rappresentate nella figura a lato, da cui si evince chiaramente che l'uniformità non è un
punto di forza degli schermi lcd.
Imperfezione della scala dei grigi

Come noto nel sistema RGB adottato da PC, DVD, DVB, alta definizione, ecc. il grigio [1] può
assumere 256 livelli pari alle combinazioni possibili con 8 bit. Un valore 0 corrisponde al nero
mentre 255 corrisponde al bianco. È intuibile quindi che, se uno schermo ha una luminosità
massima -ad esempio- di 400 cd/m², tale livello di luminosità corrisponderà al bianco, cioè ad un
valore di 255 sulla scala dei grigi. Molto meno esplicito è il fatto che al valore di 128 (metà scala)
non corrisponda il valore di 200 cd/m²: il valore reale di luminosità è generalmente molto più basso
ed il parametro che correla il segnale d'ingresso all'emissione luminosa è denominato correzione di
gamma. In altri termini, la scala di grigi non è affatto lineare, ma segue un andamento esponenziale
con dilatazioni e compressioni: come già detto -ad esempio- il nero (valore 0) non è completamente
buio, e inoltre al crescere dei valori RGB l'andamento della luminosità cresce meno marcatamente
di quanto ci si potrebbe aspettare, per poi aumentare notevolmente verso il fondo della scala. È
quindi possibile che alcuni valori di grigio vicini non siano in pratica distinguibili fra loro, specie
agli estremi della scala (basse ed alte luci). Va altresì notato che la variazione di luminosità e
contrasto in genere non è lineare con l'angolo di osservazione, per cui questo tema si connette con
quanto prima detto a proposito dell'angolo visuale. Alcune tipologie di pannelli (le famiglie *VA)
addirittura presentano una scala dei grigi migliore (ovvero una miglior resa e distinzione delle
diverse tonalità di grigio, in particolare sulle basse luci) se guardati in posizione leggermente
angolata piuttosto che centralmente.

Difetti

Oltre ai suddetti parametri prettamente tecnici, è opportuno accennare al problema dei pixel
bruciati, cioè impossibili da controllare a causa di una difettosità al film di transistor tipico delle
matrici TFT. È importante osservare che, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, non vale
sempre l'equazione "pixel acceso = pixel bianco". Infatti in alcune famiglie tecniche di pannelli lo
stato acceso del pixel corrisponde al bianco, mentre in altre corrisponde al nero (cioè nero=acceso,
bianco=spento). Ne consegue che un guasto potrà risultare in un pixel (o più probabilmente un
subpixel R, G o B) perennemente acceso oppure perennemente spento a seconda del tipo di
pannello "cristalli liquidi" installato.

Potrebbero piacerti anche