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autore : Emily Dickinson

TUTTO IMPARAMMO DELL'AMORE Tutto imparammo dell'amore Alfabeto, parole. Il capitolo, il libro possente
Poi la rivelazione terminò. Ma negli occhi dell'altro Ciascuno contemplava l'ignoranza Divina, ancora più che
nell'infanzia: L'uno all'altro
autore : Gustavo Adolfo Becquer
COME UN LIBRO APERTO Come un libro aperto leggo nel fondo dei tuoi occhi. Perché la bocca sorride se gli
occhi la smentiscono? Piangi, non vergognarti di confessare che mi amasti. Piangi. Nessuno vede. Guarda.
Io sono un uomo, eppure piango.
autore : Olindo Guerrini
NELL'ARIA DELLA SERA Nell'aria della sera umida e molle Era l'acuto odor de' campi arati E noi salimmo
insieme su questo colle Mentre il grillo stridea laggiu' nei prati. L'occhio tuo di colomba era levato. Quasi
muta preghiera al ciel stellato;
autore : Pablo Neruda
Mi piaci silenziosa, perché sei come assente mi senti da lontano e la mia voce non ti tocca. Par quasi che i
tuoi occhi siano volati via ed è come se un bacio ti chiudesse la bocca. Tutte le cose sono colme della mia
anima e tu da loro emergi, colm
autore : Galileo Galilei
Il sonar l'organo non s'impara da quelli che sanno far organi, ma da chi gli sa sonare; la poesia s'aimpara
della continua lettura de' poeti.
“Il metodo patristico della Lectio divina èsemplicissimo. Fondamentalmente prevede tre
grandi gradini o momenti successivi.
La Lectio consiste nel leggere e rileggere la pagina della scrittura, mettendo in rilievo gli elementi
portanti. Per questo consiglio di leggere con la penna in mano, sottolineando le parole che colpiscono,
oppure richiamando con segni grafici i verbi, le azioni, i soggetti, i sentimenti espressi o la parola–
chiave. In tal modo la nostra attenzione viene stimolata; l’intelligenza, la fantasia e la sensibilità si
muovono facendo sì che un brano, considerato magari arcinoto, appaia nuovo. A me che da tanti anni
leggoil vangelo succede, ad esempio, che riprendendolo in mano scopro ogni volta delle cose nuove
proprio attraverso il metodo della Lectio.
Questo primo lavoro può occupare parecchio tempo, se siamo aperti allo Spirito: si colloca il racconto
letto nel contesto più vasto, sia dei brani vicini, sia dell’insieme di un libro, sia dell’intera Bibbia, per
capire che cosa vuol dire.
La meditatio è la riflessione sui valori perenni del testo. Mentre nella lectio assumo lecoordinate
storiche, geografiche, culturali anche, del brano, qui si pone ladomanda: Che cosa dice a me? Quale
messaggio in riferimento all’oggi vieneproposto autorevolmente dal brano come parola del Dio
vivente? Come vengoprovocato dai valori che stanno dietro alle azioni, alle parole, ai soggetti?
La contemplatio è difficilmente esprimibile e spiegabile. Si tratta di dimorare con amore nel testo,
anzi di passare dal testo e dal messaggio alla contemplazione di colui che parla attraverso ogni pagina
della Bibbia: Gesù, Figlio del Padre, effusore dello Spirito. Contemplatio è adorazione, lode, silenzio,
davanti a colui che è l’oggetto ultimo della mia preghiera, il Cristo Signore della morte, rivelatore del
Padre, mediatore assoluto della salvezza, donatore della gioia del vangelo”.
(Carlo Maria Martini, La gioia del vangelo, Piemme, 1988, pp. 12ss.)
Maggio 2005 </opchieri/f_roberto/lectio/lectio_int.htm>
PARABOLA DELLA ZIZZANIA
(Mt 13, 24 – 30)
Il Testo </opchieri/f_roberto/lectio/maggio05testo.htm>
Una delle tante parabole che parlano di un seme buono, seminato, e che deve portare frutto, ma
che viene disturbato nel suo sviluppo.
È importante capire in quale contesto ecclesiale (prima comunità a cui scrive Mt) viene situata la
parabola. Essa è risposta ad una domanda che scaturisce dall'esperienza di comunità cristiana:
come mai da un seme buono si trova appesantito da tante esperienze di fallimento.
Ma c'è un'altra domanda: come mai il Padrone, che è buono e saggio, non interviene in modo
drastico a togliere la zizzania, cioè le persone sbagliate ma lascia che si sviluppi insieme alle
persone buone.
E la domanda conseguente , è: qual è la bontà del fondatore, se non sa sciogliere le durezze di
queste realtà.
Analizziamo il testo: un'altra parabola disse loro: è una formula introduttoria abituale in Mt
(cfr.31,33), così come Il regno dei cieli si può paragonare a.
Dividiamo la parabola secondo la dinamica interna del discorso stesso: da 24b a 26 abbiamo un
quadro molto semplice, agricolo. Un contadino che semina del buon seme nel suo campo e poi va a
riposare: giornata di lavoro. Ha già selezionato il seme buono da quello cattivo, e poi dopo averlo
seminato va a dormire. Passaggio agli uomini (quindi è un padrone che ha affidato tutto ai suoi
dipendenti) e la semina notturna del nemico.
26 comincia a manifestarsi il frutto dei due lavori: dell'uomo buono e del suo nemico: grano buono e
zizzania. Notare come la zizzania si manifesta solo quando il seme buono gettato porta frutto:
quando colui che ha seminato dovrebbe gioire, in quel momento scatta il dramma.
Questa è la constatazione della comunità: cose belle, ma anche tante cose negative: cominciano ad
agitarsi gli operai, coloro che hanno lavorato, e che vedono svilupparsi la zizzania
Notare il passaggio al Signore (nome di Dio=Kurios) e servitori. L'interrogativo dei servi è
pleonastico: certamente era buono il seme che seminasti (c'è un tono di rimprovero nella domanda).
Per cui, domanda legittima: da dove viene la zizzania. La risposta del Signore è illuminante: un
uomo nemico.
L'attualizzazione è chiara: divisioni, i limiti, nella comunità non vengono da Dio, dall'Uomo con U
maiuscola, ma dal nemico (satana, il male). Non attribuite a Dio gli sbagli e i limiti dell'uomo
Passiamo alla terza parte: osservazione molto logica; andiamo a togliere la zizzania per salvare il
grano: qui abbiamo il senso di tutta la parabola. In ogni parabola, il cuore della stessa sono le parole
di Gesù, che danno il senso di ogni cosa. Ma molte volte esse vengono messe al centro di tutta una
serie di preparazione. Prima si spiega l'origine della zizzania, poi cosa farne della stessa.
La risposta del Padrone lascia sconcertati: non coglietelo, per non danneggiare il grano. Lasciate
che cresca fino alla mietitura, e al tempo opportuno et. et.
Cerchiamo nelle parole di Gesù la risposta:
primo momento: lasciatela crescere fino al momento della maturità
secondo momento al tempo opportuno la raccoglieremo (nessuno nella comunità si arroghi
il diritto di dire: basta, bisogna far pulizia: solo il Padre sa quando è il Kairos, tempo
opportuno).
terzo momento: il giudizio prima verrà fatta la cernita, poi verrà bruciato ciò che è sbagliato,
e conservato ciò che vale.
A questo punto deve seguire l'attualizzazione nella propria realtà, singola e comunitaria, del
senso della parabola. Innanzitutto ciascuno di noi sente in se la compresenza di due tensioni, di
due dimensioni buona e cattiva (cfr. Rm 7, 14-25), e lo coglie anche nella vita della comunità.
La risposta della parabola è chiara: il male non viene da Dio, ma solo dall'uomo: la creazione è
sempre una cosa buona e positiva. Ma la risposta va avanti: non fatevi prendere dalla fretta di
sradicare il male perché rischiate di amputarvi anche nelle cose buone.
Ricordati però che la prospettiva del giudizio non viene persa: ci sarà alla fine, e sarà tremendo.
Importante è non canonizzare il male, non definire buono ciò che non lo è, e viceversa, ma
convivere anche con il male, nella prospettiva del giudizio che tutto rimetterà al suo posto.
Ciò vale per il singolo come per la comunità, e come sappiamo accettare il male nella comunità,
cosi dobbiamo saperlo accettare anche nella nostra vita individuale. È un invito preciso alla
pazienza, come virtù che sostiene il nostro cammino. Quanti problemi vengono chiamati in
causa, e quante pseudo difficoltà, vengono risolti dalla chiarezza di questa soluzione. Bisogna
aver pazienza, saper accettare anche il limite del male, e puntare positivamente verso il bene.
SPIEGAZIONE DELLA PARABOLA (13,36-43)
A questo punto la parabola sembrerebbe compresa nella sua interezza, invece i discepoli
chiedono ulteriore spiegazione; segno che la parabola può essere interpretata in più modi, e
quindi a queste interpretazioni va riferita la diversa attualizzazione.
Da una parte la risposta di Cristo è un'interpretazione della parabola, ma anche amplificazione
del discorso, ed una proiezione nella divinità del Cristo. In più giudizio solenne del Figlio
dell'Uomo è inquadrato in un contesto escatologico. Il campo è il mondo (mondo o chiesa?).
Nella prima lettura il campo era la comunità: qui invece si parla del mondo intero. Il buon seme
sono i figli del Regno, coloro che riconoscono il Signore: sono tutti santi, i puri, non è all'interno
della comunità che c'è questa discrepanza, ma tra loro e il mondo.
Il male è il diavolo, che si getta (dia-ballein)per spaccare il bene dal male, e tra la chiesa e il
mondo La mietitura diventa il giudizio universale. E ancora lo scontro tra spazio e il tempo:
tempo di tutta la storia, in cui appare l'azione forte degli angeli.
Approfondimento personale sui tre livelli: interno (me stesso), interno-interno(comunità), interno
-esterno (chiesa-mondo), per cogliere l'azione negativa dal male, e la lotta tra il male e il bene.
Attenzione a non fare una spiegazione allegorica, se prima non si possiede il vocabolario. Cristo
usa il vocabolario, e solo allora anche noi potremo farlo, per non rischiare di fare interpretazioni
molto personali.
Giustamente gli esegeti moderni ci ricordano che solo quando Matteo, o il testo stesso, ci
offrono il vocabolario, possiamo avventurarci nella lettura allegorica, quando non c'è bisogna
cogliere il senso delle parabole nella loro semplicità.
Le due letture di questa parabola possono venire proposte come metodo di lettura di tutte le
parabole, il passaggio dei tre piani, personale, comunitario, esterno. Ma l'indicazione per sapere
se le nostre interpretazione allegorica è corretta oppure no, è data dal punto di riferimento dato
dalla morte e resurrezione di Gesù: il criterio è se l'allegoria sta in piedi alla luce della morte e
resurrezione, accettabile, e in caso contrario no.
Ogni nostra spiegazione deve seguire lo stesso criterio vale per tutte le nostre interpretazioni
spirituali, che vanno valutate nel confronto con il mistero della morte e resurrezione del Signore.
Es. esodo = liberazione politica e sociale di oggi. Se dimentichiamo il mistero della croce, quella
lettura non è accettabile.
Così rischiamo di fare una lettura clericale, o farisaica: piegare cioè la Parola alle proprie
esigenze, e non viceversa. Noi leggiamo tante volte la Parola solo come conforto delle nostre
esigenze. È la psiche che comanda sullo spirito, non viceversa.
Dopo il v.40 si ha il confronto tra prima e dopo, tra la realtà comunitaria e quella del mondo.
Nella prima lettura il contesto è storico: contadino, servi etc. Nella seconda parte si passa ad
una visione metastorica: angeli che raccolgono buoni e cattivi, nel suo regno. Segno che in
questo regno, luogo dove si trovano coloro che hanno riconosciuto il mistero della regalità di
Cristo, tuttavia tra loro ci sono alcuni che proseguono ad essere scandalo per gli altri, e non solo
nella comunità, ma anche fuori. Ci sono alcuni che non vivono alla luce della torah del Signore,
non gli sono fedeli.
Il giudizio ritorna dall'esterno all'interno della comunità: anche tra i 'fedeli' ci sono degli infedeli,
dei traditori della parola, pur riempiendosene la bocca. Saranno tremendamente giudicati.
Dal V.43 si comprende come anche il regno si divide in due parti: il regno di coloro che
accolgono la parola, e quello di coloro che giudicati dalla Parola ne fanno veramente parte. Alla
fine dei tempi ci sarà un'opposizione tra i figli del bene e quelli del male, ma anche all'interno
della comunità stessa. Siamo partiti dalla comunità, e ci siamo ritornati alla fine del cammino.
Se all'inizio il padrone di casa consigliava prudenza, e attesa, adesso la Parola di Matteo, quindi
di Gesù, diventa una parola dura, di giudizio senza appello.
Dunque, nel regno dell'uomo sussistono scandali e iniquità: nessuna meraviglia per questo; ma
non si dimentichi che nel regno del Padre solo i giusti entreranno, e quindi non perdere di vista il
senso del giudizio.
Questo è il senso profondo della parabola: ma possiamo interpretarla ulteriormente
confrontandola con Mt 7,15-20 (albero buono da frutti buoni, albero cattivo frutti cattivi) ma
anche con Mt 7,1-5 (atteggiamento del Padre che manda la sua pioggia sui buoni e sui cattivi),
così che queste testimonianze ci servano per illuminare la prima parte della Parabola, e il nostro
atteggiamento personale.
Ma anche Mt 25,31-46 (giudizio universale, con la separazione alla fine dei buoni e dei
cattivi=grano buono dalla zizzania).
Domanda è: perché siete giusti, siete degni di entrare nel Regno del Padre : perché non siete
stati di inciampo per coloro che avevano bisogno, e così facendo avete scoperto in loro qual era
la Torah che dovevate seguire. n loro ero presente io che vi interpellavo a seguirmi su quella
strada.
A questo segue poi il giudizio di condanna a coloro che sono stati di scandalo, e che verranno
quindi avviati al supplizio eterno.
Ultima osservazione è riscoprire il contesto ecclesiale in cui si pone il racconto della parabola: è
una comunità in cui ci sono scandali, tempi lunghi, persone limitate. è un invito chiaro a non
pretendere di giudicare, di ergersi a giudice degli altri, di chi spacca il capello in quattro, che
vorrebbe tutto e subito, che si arroga il diritto di sbattere fuori chi non è degno.
In particolare ci ricorda che l'atteggiamento di chi vuol costruire comunità è quello del 'duloi',
cioè del servitore, che mette la sua ricchezza al servizio degli altri , non per ergersi a giudizio,
ma per poterne essere momento di approfondimento.
Ancora la comunità necessità di radicalità, rispettosa, non nella pretesa di spaccare tutto in due,
buoni o cattivi, ma sapendo accettare ogni persona come segno di Dio e della sua presenza in
mezzo a noi. L’atteggiamento di chi vuol costruire comunità è la capacità di accogliere
veramente chi ci viene incontro nel nostro camino, per poterlo accompagnare, stimolandolo con
forza, ma anche aspettando i suoi tempi di crescita, di ciascuno.

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