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Indice

1 Relazioni internazionali alla vigilia 2

2 Lo scoppio della guerra 3


2.1 L’opinione pubblica allo scoppio della guerra . . . . . . . . . . . 4

3 Le prime fasi 4

4 Le caratteristiche della guerra 5

5 La guerra in Italia 5
5.1 Dalla neutralità alla guerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

6 Lo stallo del ’15 e del ’16 6

7 L’anno della svolta: 1917 7


7.1 Crollo e ritirata russa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
7.2 La disfatta di Caporetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

8 Fase conclusiva e fine della guerra: il 1918 9


8.1 Germania . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
8.2 Austria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
8.3 I 14 punti Wilson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
8.3.1 La Società delle Nazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10

9 Le conferenze di pace del 1919 10


9.1 Il Trattato di Versailles . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
9.2 Questione italiana: il mito della vittoria mutilata . . . . . . . . . 11

Sommario
La prima guerra mondiale fu un conflitto che coinvolse le principali
potenze e molte di quelle minori tra il 28 luglio 1914 e l’11 novembre
1918.
Inizialmente definita "guerra europea" dai contemporanei, con il coin-
volgimento successivo delle colonie dell’Impero britannico e di altri paesi
extraeuropei, tra cui gli Stati Uniti d’America e l’Impero giapponese, prese
il nome di guerra mondiale o Grande Guerra: fu infatti il più grande con-
flitto armato mai combattuto fino alla successiva seconda guerra mondiale.
[1]

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Prima guerra mondiale
(Sarajevo, 28 luglio 1914 -
Compiègne, 11 novembre 1918)

Pietro Grassi
Gennaio 2022

Le premesse a un conflitto di così grande portata vanno ricercate nella sta-


bilità solo apparente dell’Europa degli inizi del ’900, accompagnata da un forte
sviluppo economico-industriale, nelle tensioni coloniali dovute al prestigio ed
estese nel Vecchio Continente e alla noia di benessere e pace che scaturì soprat-
tutto tra i più giovani e che fece sì che la guerra venne accolta con entusiasmo
da un’opinione pubblica bellicista e nazionalista.

1 Relazioni internazionali alla vigilia


In Europa, gli accordi tra gli stati fanno sì che da una parte vi sia la Triplice Al-
leanza di Italia, Austria e Germania e dall’altra la Triplice Intesa di Inghilterra,
Francia e Russia, nata nel 1904 come Intesa Cordiale antitedesca per il controllo
di Egitto e Marocco tra le due potenze atlantiche ed estesa successivamente alla
Russia.
Oltre a tali schieramenti, vigono ulteriori assi di tensione, tra i quali si
annoverano:
• Germania vs Francia: è il fenomeno del revanscismo francese, dovuto all’u-
miliante disfatta nella guerra Franco-Prussiana del 1870 e alla successiva
incoronazione dell’imperatore Guglielmo II nella Sala degli Specchi a Ver-
sailles, nonché alla sottrazione di Alsazia e Lorena e agli scontri per le
rivendicazioni imperialistiche tedesche sul Marocco. Infatti, il Marocco si
era ribellato al dominio francese nella Prima crisi marocchina, durante la
quale la Germania intervenne in supporto degli usurpati ma la Conferen-
za Internazionale convocata per risolvere la disputa si espresse a favore
della Francia, riconoscendole il Protettorato in Marocco nel 1905. Nel
1911 la Germania intervenne nuovamente inviando una nave bombardie-
ra dopo l’occupazione francese in Marocco, per affrontare gli avversari e
dare dimostrazione della propria potenza. Gli alleati inglesi della Francia,
tuttavia, sventarono l’attacco, dimostrandosi militarmente più forti dei

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tedeschi. Ne seguì ulteriore diplomazia, tramite la quale la Germania ot-
tenne possedimenti in Congo e alla Francia fu riconosciuta definitivamente
la conquista del Marocco;
• Germania vs Inghilterra: tale disputa è di tipo imperialistico ed economico
e principalmente basata sull’intento tedesco di costruire una flotta più forte
di quella inglese;
• Italia vs Austria: lo scontro riguarda le terre irredente, quali Venezia-
Giulia, Istria e Dalmazia;
• Russia vs Austria: la divisione tra questi due grandi imperi dell’Europa
orientale fu cruciale nello scoppio della guerra e affonda le sue radici nella
Questione Balcanica. Nel 1908 l’Austria annette la Bosnia che però vuole
l’indipendenza, sposando il progetto panslavista. L’esito di tali divergenze
è la Prima guerra balcanica del 1912 durante la quale la Bosnia si scon-
tra con gli ex-usurpatori ottomani, approfittando dello spazio lasciato dai
turchi, indeboliti da sud dall’Italia durante la conquista della Libia, e uti-
lizzando le tensioni balcaniche come casus belli, e parallelamente l’Austria
ottiene il Protettorato in Albania. La Seconda guerra balcanica del 1913
coinvolge gran parte degli stati balcanici e vede in particolar modo Bulga-
ria e Austria schierate contro Serbia (che annette il Montenegro) e Russia,
e costituisce soprattutto un pretesto per uno scontro in campo neutro tra
le due potenze imperiali. Nell’ambito del secondo conflitto balcanico, il
serbo Gabrilo Princip, membro della Mano Nera, un’associazione studen-
tesca segreta che lottava per l’annessione della Bosnia alla Serbia, uccide
Francesco Ferdinando, Duca di Sarajevo ma soprattutto erede al trono
austriaco, il 28 giugno 1914, vendicando l’annessione della Bosnia all’Au-
stria operata dal Duca, è la «goccia che fa traboccare il vaso», la causa
dello scoppio della Prima guerra mondiale.

2 Lo scoppio della guerra


Dopo l’uccisione del Duca Francesco Ferdinando, l’Austria accusa la Serbia di
esser stata la mandante dell’assassinio, inviando un ultimatum e chiedendo alla
Serbia di sottomettersi al potere austriaco. Tale mossa pseudo-diplomatica è or-
chestrata dall’Austria in modo che risulti inaccettabile per uno stato di diritto
come la Serbia (tra le condizioni dell’ultimatum vi è il lasciapassare all’Austria
per indagare sull’omicidio del Duca e la repressione di qualsiasi atteggiamento
anti-austriaco e anti-asburgico), poiché l’impero asburgico vuole un rifiuto della
Serbia per avere un pretesto formale per dichiararle guerra, consapevole che la
Russia sarebbe immediatamente intervenuta, inoltre la Germania di Guglielmo
II, alleata austriaca, supporta l’iniziativa, interessata a fare guerra a Inghil-
terra e Francia, alleate della Russia, confidando nell’effetto a catena innescato
dall’invasione della Serbia.

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Constatato informalmente l’appoggio militare russo, di cui la Serbia necessita
per affrontare una potenza come l’Austria, l’ultimatum viene rifiutato e l’im-
pero asburgico dichiara guerra, è il 28 luglio 1914, esattamente un mese dopo
l’uccisione di Francesco Ferdinando; è l’inizio della Prima guerra mondiale.
Come atteso, si verificano le reazioni a catena: la Russia supporta la Serbia,
la Germania dichiara guerra a Russia e Francia, che deve intervenire perché
legata dall’Intesa. La Germania progetta una guerra-lampo in Francia per poi
affrontare la Russia che ha bisogno di tempo per mobilitare l’esercito. Pertanto,
i tedeschi attaccano da nord-est, invadono il Belgio neutrale e si dirigono a
Parigi: l’Inghilterra è costretta a intervenire, benché auspichi una soluzione
diplomatica, come firmataria dell’Intesa e come garante del Belgio neutrale,
costretto a schierarsi con Francia e Inghilterra. Il Giappone si affianca all’Intesa,
interessato ai territori tedeschi nel pacifico, le successive entrate, sempre a favore
dell’Intesa, sono quelle dell’Italia nel ’15, di Portogallo e Romania nel ’16, e
quella decisiva degli Stati Uniti nel ’17. Con gli imperi centrali si schiereranno
l’Impero Ottomano e la Bulgaria, che rimarranno tuttavia isolati.

2.1 L’opinione pubblica allo scoppio della guerra


Nelle fasi iniziali, sono pochi i cittadini a opporsi a una guerra da tutti vista come
un’opportunità, da un lato economica, dall’altro glorificatrice, degli individui e
delle nazioni.
Infatti, sia gli alti borghesi, interessati a lucrare dalla produzione bellica
che necessitava di macchinari e del settore metallurgico per le materie prime,
avendo lo Stato come cliente di divise, armamenti e beni in generale legati alla
guerra, sia i giovani, travolti dall’entusiasmo bellicista e dalla ricerca di stimoli
e che correvano ad arruolarsi con l’ideale di eroismo dei conflitti ottocenteschi,
sia naturalmente i nazionalisti furono i sostenitori e fautori della guerra.

Si poteva percepire l’ebrezza della formidabile esaltazione: essere o


non essere nazione tedesca. (A. Hitler)

Contrari alla guerra, in un primo momento, erano i soli movimenti socialisti,


interessati a una lotta tra le classi e non tra gli stati capitalisti. Tuttavia,
soprattutto in Francia e Germania, furono in un secondo momento coinvolti
anch’essi dalla spinta popolare.

3 Le prime fasi
Il piano tedesco Schlieffen, che prevedeva di invadere la Francia violando la
neutralità del Belgio e passando anche per il Lussemburgo, fu interrotto presso
Parigi, dove si aprì il primo fronte: la prima battaglia della Marna chiarì da
subito che la guerra, sebbene pensata come una classica guerra di movimento,
si stava trasformando in una guerra di posizione, per la priva volta nella
storia dell’uomo.

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La Germania dovette così raddoppiare gli sforzi, impegnata sul fronte occi-
dentale con la Francia e su quello orientale con la Russia.

4 Le caratteristiche della guerra


Presto l’obiettivo della guerra divenne evidentemente il mantenimento dei propri
possedimenti territoriali, dai quali semmai sferrare l’attacco per far cadere la
resistenza nemica. La principale strategia consisteva nel logorare in tutti i modi
la capacità difensiva dell’avversario, per cui si parla di guerra di logoramento.
Quest’ultimo aspetto segna un netto distacco dagli ideali di eroismo, cau-
sando enorme sofferenza per i soldati e il fenomeno della psicosi di guerra,
da cui originarono molte automutilazioni per essere rispediti a casa. Tuttavia,
l’aumento di casi simili costrinse i generali a prendere provvedimenti all’interno
del proprio esercito, reprimendo con fucilazioni e decimazioni il fenomeno.
Un altro elemento, poi, che deriva dal tentativo di logorare il nemico è la
creazione di trincee parallele dove rifugiarsi e a delimitare la «terra di nessuno».
Una siffatta guerra ebbe un grande impatto sulla vita urbana quotidiana: le
industrie furono riconvertite, causando una mancanza dei beni primari, e la chia-
mata alle armi diminuì sensibilmente la manodopera, affidata alla popolazione
femminile.
Per la prima volta furono utilizzate le armi chimiche, tra cui si ricorda il
gas mostarda dal forte potere corrosivo, i carri armati, i sommergibili, gli aerei,
sebbene solo per ricognizione.
In definitiva, si noti come l’obiettivo non era più la sottomissione del passato,
bensì l’annientamento e la distruzione del nemico, per eliminare un concorren-
te imperialistico. Tra le evidenze di questo intento vi è l’impiego delle mine
anti-uomo, per mutilare senza uccidere i soldati avversari e renderli un peso
economico-sociale per il loro Stato.

5 La guerra in Italia
Inizialmente, la Penisola si mantiene neutrale: la Triplice Alleanza la lega, sep-
pur solo difensivamente, agli imperi centrali, tuttavia le tensioni con l’Austria e
gli interessi territoriali nell’impero asburgico portano il governo del Belpaese a
una fase di osservazione.
Tra i neutralisti si collocano i socialisti, i cattolici, sia per ragioni umanitarie,
sia per motivi economici, poiché i contadini e gli operai non vogliono ridurre la
forza-lavoro, sia perché la Santa Sede è consapevole che un intervento italiano
sarebbe a fianco dell’Intesa, tra cui scorge un avversario politico-religioso negli
anglicani inglesi e nei laicisti francesi. Anche i giolittiani, consci dell’inadegua-
tezza dell’esercito italiano e della scarsa disponibilità economica per sostenere
le ingenti spese militari, rifiutano l’ingresso in guerra.
Gli interventisti sono invece formati dai sindacalisti rivoluzionari, ispirati alla
corrente socialista di George Sorél che auspicava l’indipendenza dei lavoratori

5
dallo Stato e una rivoluzione attuata dai sindacati tramite lo sciopero generale;
speravano pertanto in una crisi sociale derivata dalla guerra, come terreno fertile
per la rivoluzione. Al loro fianco, tra i sostenitori della guerra, gli irredentisti, i
grandi industriali, i nazionalisti, aizzati dalla violenta propaganda di Mussolini
e D’Annunzio contro i neutralisti, e i liberali antigiolittiani di destra, eredi
di Pellù e Rudinì, che desideravano uno stato autoritario col potere esecutivo
prevalente rispetto a quello legislativo, vedendo nel regime bellico un pretesto
per realizzarlo.

5.1 Dalla neutralità alla guerra


Tra le figure di rilievo, si dichiararono interventisti il Presidente del Consiglio
Salandra, il Ministro degli Esteri Sonnino e il re. Tuttavia, la prima votazione
parlamentare per l’entrata in guerra dell’Italia vide la vittoria dei neutralisti.
Così, gli interventisti scesero in piazza per dare l’idea al Parlamento di una
spinta dal basso per l’entrata in guerra. Il Governo trattò allora in segreto coi
due schieramenti e il 25 aprile 1915 firmò segretamente il Patto di Londra con
l’Intesa, garantendo l’ingresso in guerra dell’Italia entro 30 giorni, dopo aver
ricevuto la promessa delle terre irredente.
Un’ulteriore votazione, però, vide ancora la vittoria neutralista, e ad essa se-
guirono le Radiose Giornate di Maggio, proteste interventiste, ma anche la terza
mozione per l’entrata in guerra fu respinta. Salandra allora rassegnò le dimis-
sioni, ma il rifiuto ad esse del re dimostrò il suo volere: l’ingresso della nazione
nel conflitto mondiale. Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria.

6 Lo stallo del ’15 e del ’16


Dopo i fallimentari tentativi di una guerra lampo, i fronti si stabilizzarono e così
rimasero durante il secondo e il terzo anno di guerra. Tuttavia, le condizioni dei
soldati peggiorarono ulteriormente e i morti furono innumerevoli, aumentando
il logoramento psicologico delle truppe di tutti gli eserciti europei.
Sul fronte occidentale meridionale si svolgono intanto le battaglie d’Isonzo
(un fiume del Friuli) tra Italia, guidata dal Generale Cadorna, figlio del Generale
della Breccia di Porta Pia, e Austria, che esitano in sanguinose sconfitte per la
Penisola.
Sul fronte occidentale settentrionale, nel luglio 1916, la battaglia di Verdun
tra Francia e Germania è la più disastrosa, in quanto a densità di morti, dell’in-
tera guerra. I grandi investimenti tedeschi su tale battaglia portano a un’iniziale
prevalenza dell’impero, ma l’esercito inglese, intervenuto in supporto degli allea-
ti francesi, apre un secondo fronte sul fiume Somme, per deconcentrare le truppe
nemiche. Questa battaglia costituisce un primo momento di consapevolezza dei
cittadini dello stallo e dell’inutilità della guerra.
Nel frattempo, l’Austria orchestra un’offensiva all’Italia, la strafe expedition,
un’azione punitiva contro gli ex-alleati traditori italiani: l’esercito austriaco pe-
netra profondamente sull’altopiano di Asiago, in Trentino, e fa indietreggiare di

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molto il fronte. La Russia interviene, consapevole che una conquista austriaca
avvicinerebbe l’impero asburgico alla vittoria della guerra, e permette all’Italia
di riconquistare Gorizia, facendo però emergere l’inadeguatezza dell’esercito di
Cadorna, additato come grande responsabile delle disfatte.
A sua volta, però, il Generale incolpa le proprie truppe e la tensione interna pro-
voca la caduta del Governo Salandra, succeduto dal liberale moderato Boselli,
in un esecutivo di unità nazionale. Tuttavia, il nuovo Presidente del Consiglio
conferma Cadorna, creando un forte malcontento, noto come fronte interno, e
cioè lo scontro tra i soldati semplici, molti dei quali erano contadini, supportati
dai civili, e i generali, affiancati dai borghesi.
Cadorna e gli ufficiali, allora, accusano il Paese intero di non appoggiare la guer-
ra, dando la colpa delle tante sconfitte all’avversità del popolo, nel fenomeno
del disfattismo. Dall’altra parte, però, c’è un popolo che soffre per i tanti
cari caduti o bloccati in trincea, per la fame e le dure condizioni di vita che
esperiscono i civili stessi.
In Svizzera, paese neutrale, si tengono varie conferenze socialiste per trovare
una linea comune. Ne esce l’idea di una pace immediata senza annessioni né
indennità: un ritorno allo status ante bellum. Il rappresentante del partito
socialista russo, Vladimir Il’ič Ul’janov, detto Lenin, è però contrario a questa
soluzione, convinto che il conflitto globale sia l’apice del capitalismo, e dunque
l’inizio della sua fine, intendendo sfruttare il malcontento popolare per attuare
la rivoluzione proletaria.
Sul fronte orientale, si decreta la conquista austriaca della Serbia, mentre la
Germania avanza, spingendo la Russia oltre l’attuale Polonia. L’Inghilterra ten-
ta allora di intervenire, sbarcando fallimentarmente nello Stretto dei Dardanelli:
l’Impero Ottomano annienta l’esercito inglese.
Sul fronte occidentale, però, l’Intesa ottiene alcune vittorie e l’Inghilterra
mette in atto un blocco navale contro la Germania, per impedirle di approvvi-
gionarsi dagli Stati Uniti. Inizia dunque una guerra sottomarina illimita-
ta da parte dei tedeschi, verso qualsiasi sommergibile capitasse sotto tiro, che
provoca la distruzione anche di alcuni mezzi statunitensi.
Il Governo di Washington capisce allora che non otterrà mai il pagamento
dei debiti contratti con gli Stati Uniti dagli inglesi, prossimi alla sconfitta anche
a causa dei problemi interni della Russia, che non garantisce più un supporto
efficace.

7 L’anno della svolta: 1917


La consapevolezza di star andando incontro a una grossa perdita economica e
la guerra sottomarina illimitata pongono gli Stati Uniti di fronte a un dilemma,
tra l’interruzione dei rapporti con l’Intesa, che ne provocherebbe però ulteriore
sofferenza, portandola alla sconfitta e all’impossibilità di pagare il debito, e la
prosecuzione dei commerci, accettando tuttavia le grosse perdite navali e di vite
umane.
L’unica alternativa è dunque l’ingresso in guerra, che avviene, al fianco del-

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l’Intesa, il 6 aprile 1917, presentato all’opinione pubblica statunitense come
un’esportazione della democrazia di USA, Francia e Inghilterra negli imperi au-
toritari.
L’entrata in guerra degli Stati Uniti è contemporanea alla crisi interna del-
la Russia, e senza i militari americani gli Imperi avrebbero sferrato l’attacco
decisivo.
In Europa cresce il malcontento e si moltiplicano i fronti interni, mentre i
governi perdono sempre di più il sostegno e il consenso popolare. In particolare,
Guglielmo II si trova ad affrontare il problema del consenso interno, che scar-
seggiava sia tra il popolo, sia tra le alte sfere, e anche un problema di consenso
internazionale, poiché la Germania era vista come la principale artefice del con-
flitto.
Alla fine del 1916, propone strategicamente la fine della guerra e la pace ai pae-
si europei, consapevole che verrà rifiutata, in tal modo si potrà scindere dalla
responsabilità di essere fautore e continuatore della guerra. In effetti, l’Intesa
rifiuta, determinata ad annientare la Germania.

7.1 Crollo e ritirata russa


Nel 1917 la Russia è scossa da due rivoluzioni interne, quella di Febbraio, che
esiterà nella caduta dello zarismo, causando disorientamento militare e relativi
ammutinamento e diserzione, e quella di Ottobre, passata alla storia come ri-
voluzione comunista, che porterà al potere i bolscevichi di Lenin e la Russia ad
abbandonare la guerra (in realtà i mesi sono quelli di Marzo e Novembre, ma il
calendario giuliano-ortodosso è disallineato).
Nel dicembre 1917 la Russia firma l’armistizio e gli imperi centrali concen-
trano le loro truppe sul fronte occidentale.
Nel marzo 1918 la Russia riconosce la vittoria austro-germanica sul fronte
orientale con la pace di Brest-Lauk e sancisce la sua uscita dalla guerra,
nonché l’indipendenza di Ucraina, Finlandia, Estonia, Polonia e Bielorussia.

7.2 La disfatta di Caporetto


Nell’autunno 1917 l’esercito austriaco travolge quello italiano sul fronte trentino-
friulano: è una totale disfatta, la rotta dell’esercito di Caporetto, poiché gli
austriaci spaccarono il fronte italiano sulla linea dell’Isonzo, facendolo arretrare
di 150km verso sud-ovest, fino al Piave, e causando una ritirata confusionaria
dei soldati di Cadorna, che perfino abbandonarono gli armamenti, facili prede
dei nemici.
Le cause della disfatta vanno ricercate nello spostamento di tante truppe au-
striache dal fronte orientale a quello occidentale, nel logoramento di un eserci-
to italiano che già partiva sfavorito e nell’acuirsi del malcontento interno, con
conseguenti scontri tra ufficiali e soldati semplici.
La disfatta esitò nella caduta del Governo Boselli, rimpiazzato da Vitto-
rio Emanuele Orlando, e nella sostituzione di Cadorna alla guida dell’esercito

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italiano col Generale Armando Diaz. Nel tentativo del nuovo esecutivo di ricon-
quistare credibilità e appoggio del popolo, Diaz allentò la disciplina dell’esercito,
istituendo dei giornali militari, e lavorò molto sull’aspetto motivazionale. Una
volta ristabilita, almeno in parte, la giusta condizione e la fiducia dei soldati
verso gli ufficiali, Diaz sferrò la controffensiva che permise di recuperare alcuni
territori e mantenere la posizione strategica sul Monte Grappa del Piave.

8 Fase conclusiva e fine della guerra: il 1918


8.1 Germania
Dopo la chiusura del fronte orientale, la Germania tentò la controffensiva ad
ovest, ma fallì e subì pesanti sconfitte da francesi e statunitensi nella seconda
battaglia della Marna.
La serie di sconfitte che seguirono spinsero i generali e i leader politici tedeschi
a chiedere l’abdicazione di Guglielmo II, consapevoli dell’imminente sconfitta
definitiva e della colpevolezza dell’imperatore nell’aver perpetrato il conflitto.
Tuttavia, Guglielmo II rifiuta la richiesta, mantenendo la sua posizione, scelta
che fa scoppiare la rivolta del popolo tedesco a Berlino, il 9 novembre 1918.
L’imperatore è messo in fuga e la Germania è dichiarata repubblica. Solo due
giorni dopo, l’11 novembre 1918, la Germania firma l’armistizio con l’Intesa,
sancendo la chiusura del fronte occidentale settentrionale.

8.2 Austria
Il malcontento legato alla guerra fece scoppiare anche in Austria rivolte antim-
periali, che portarono all’indipendenza dell’Ungheria e alla nascita di Cecoslo-
vacchia e Jugoslavia. Inoltre, sul fronte con l’Italia, il Generale Diaz conduce
l’offensiva definitiva: il 24 ottobre 1918, a Vittorio Veneto, l’esercito della Pe-
nisola è vittorioso. Il 4 novembre 1918 l’Austria firma l’armistizio con l’Italia,
con la definitiva chiusura del fronte occidentale meridionale.

8.3 I 14 punti Wilson


Il 18 gennaio 1918, a guerra ancora in corso, il presidente degli Stati Uniti
Woodron Wilson individua 14 punti per lo stabilimento di una pace postbellica
duratura. Quanto da lui affermato è alla base delle conferenze di pace del 1919:
• Le nuove relazioni economiche: la riforma democratica del capi-
talismo e dell’imperialismo. Wilson propone un accordo tra gli Stati
che permetta un equo e omogeneo sfruttamento delle colonie, per limitare
la concorrenza imperialistica e scongiurare futuri scontri, come l’apertura
permanente degli stretti di Bosforo e Dardanelli;
• La riorganizzazione dei territori indipendenti dagli imperi. Il pre-
sidente statunitense auspica l’autodeterminazione dei popoli e la nascita
di realtà nazionali basate sull’identità popolare.

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• Relazioni internazionali. Si incentiva la diplomazia, per rifuggire a
tutti i costi la guerra, con relazioni diplomatiche permanenti e trasparenti,
tra cui rientra l’abolizione della diplomazia segreta (punto I) e l’istituzione
della Società delle Nazioni (SDN, punto XIV).

8.3.1 La Società delle Nazioni


Nel 1919, i paesi accolsero il quattordicesimo punto Wilson (unico accordato),
aggregandosi nella SDN e impegnandosi così a non ricorrere alla guerra come
strumento di risoluzione delle controversie internazionali ma alla diplomazia,
mediata dalla SDN stessa. Furono inoltre stabilite sanzioni per i paesi che
dichiarassero guerra, e in particolare l’embargo, cioè l’isolamento commerciale.
Tuttavia, sin da subito la SDN si rivelò inefficace. Infatti, sia la Germania
sconfitta che la Russia comunista furono escluse in un primo momento dall’asso-
ciazione (i tedeschi furono poi ammessi nel 1920 ma uscirono quando al potere
salì Hitler). Inoltre, anche gli Stati Uniti, fautori della SDN e maggior poten-
za economica e militare mondiale, restarono al di fuori a causa del voto dei
Repubblicani, che per motivi politici osteggiarono la proposta del presidente
democratico.
L’assenza dei ricchi Stati Uniti dalla SDN, e di conseguenza da eventuali
sanzioni economiche in caso di guerra, rendeva tale provvedimento inefficace.
Altro elemento che minacciava l’utilità e l’autorevolezza dell’organizzazione
fu l’assenza di un esercito proprio, dovuta alla sua natura diplomatica, che non
permetteva un rapido intervento in caso di necessità.
Infine, il fatto che le decisioni dovessero esser prese all’unanimità annullava
ogni azione contro un paese membro, che poteva in ogni momento porre il veto,
generando situazioni di stallo.

9 Le conferenze di pace del 1919


Nel gennaio 1919 le sole potenze vincitrici (fatto mai accaduto) si riunirono a
Parigi per stabilire le condizioni della pace. I capi del governo di Stati Uniti,
Francia, Inghilterra e Italia, rispettivamente Wilson, Clemenceau, Lloyd George
e Orlando, detti i quattro grandi, trattarono una resa incondizionata, inedita
e molto umiliante per i paesi sconfitti, limitati solo a firma e ratifica degli atti,
fatto che diverrà elemento centrale della propaganda hitleriana.
A ogni paese fu destinato uno specifico trattato, con caratteristiche ad hoc:
il Trattato di Versailles per la Germania, quello di Saint-Germain per l’Austria,
di Trianon per l’Ungheria, di Nevilly per la Bulgaria e di Sevre per la Turchia.

9.1 Il Trattato di Versailles


Se la linea di Wilson prevede una pace duratura, e non il totale annientamento
della Germania, e dunque un trattamento non eccessivamente duro né oneroso,
quella di Clemenceau esige un trattamento punitivo, che comprenda una vendet-
ta fatta di annientamento della Germania, ancora troppo esposta da un punto

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di vista imperialistico. Quest’ultima soluzione ebbe la meglio e la Germania
perse tutte le colonie in Africa e Asia, Alsazia e Lorena, i territori ad est, tra cui
quelli sul corridoio di Danzica, dove nacque la Polonia, rivendicata poi da Hitler
col primo atto della seconda guerra mondiale, subì una significativa riduzione
dell’esercito, in cui rimasero meno di 100mila uomini e che fu privato di avia-
zione e marina, e le furono inflitti pesanti debiti di guerra, pari a 6.6 miliardi
di sterline, che la Germania non riuscirà a sostenere, generando un profondo
malcontento, terreno fertile per l’affermazione del nazismo.

9.2 Questione italiana: il mito della vittoria mutilata


L’Italia ottenne Trento, Trieste, Bolzano, Gorizia e l’Istria, senza tuttavia rice-
vere la pattuita Dalmazia, data alla Jugoslavia per garantire stabilità e solidità
alla situazione balcanica.
Il Presidente del Consiglio Orlando abbandonò perciò le conferenze e si ini-
ziò a diffondere un sentimento di amarezza e insoddisfazione verso l’esito della
guerra, ritenuto ingiusto, su cui farà leva il fascismo.

Riferimenti bibliografici
[1] Wikipedia, Prima guerra mondiale, https://it.wikipedia.org/wiki/
Prima_guerra_mondiale

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